Francesca da Rimini

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FRANCESCA DA RIMINI

Parodia goliardica in tre atti, in vernacolo pisano

di

GIORGIO CASINI

Personaggi

I Prenci

LANCIOTTO                     de' Malditesta

FRANCESCA                     la 'occa di su' pa'

PAOLINO                         bello d'epoca

GUIDO DA POLENTA     …gialla

I Famigli

ARGANTE                         servitore part-time

MENESTRELLO                 Ugola d'oro

OPPRESSA                         Vergine ancella

L'Intrusi

DANTE                             Bònanima

IL SUGGERITORE             Nella bùa

La Forza

PRIMO GUERRIERO         Audace

SEÒNDO GUERRIERO         Inclito

TERZO GUERRIERO         Valoroso ?

E artri centoquarantadue che 'un ve li rammento a uno a uno perche' tanto 'un si vedano e 'un si sentano mai

A' tempi che Pisa era "la 'ova de' guerrieri" e la benzina gostava du' bicci

Ditte fornitrici:

Scenari: TUTTUNBUO - Parrucche: SPELATI - Calzari: PUZZOLINI

Abiti: MONTEDIPIETÀ - Becchi: SIAMPARECCHI - Sciabole: SPUNTATI

Elettricista: ENELINO BOLLETTI - Macchinista: F.S.

N.B.- Persone, fatti e localita' segnate con (*) possono essere sostituiti con soggetti locali

= PROLOGO =

DANTE- (A sipario chiuso, esce in ribalta)

O cittadino, pieno di sapienza,

sappi che in questo gobbo mondo d'oggigiorno,

a vivere ci vuol tanta pazienza.

Di Pavolo e Francesca scrissi un giorno

alto sermon, che celebre ne fui,

ma oggi ahime', ne sento appien lo scorno,

che' li dottori, rovistando i bui

t'hanno scoperto che la gran fortuna,

non sta nell'impuntassi come ciui

o mettesi a canta' sotto la luna:

che' loro, cor far ride' fan cassetta

e a me che cosi' ben seppi cantare,

'un mi rimane che una gran bolletta!

Però, la corpa e' mia, 'un ti da' pena

Perche' con tutto 'r mi' pensiero estremo,

invece di scrive' l'immortal poema,

dovevo fa' le 'anzoni di San Remo!

Ma non ci voglio piu' stare a pensare! Vi diro' solamente in versi sciolti, come i sepolti tornin giulivi ad esser vivi… Vi parra' strano che un òmo come me non parli come prima in terza rima… e glie' che 'r mondo s'e' cambiato e anch'io, mondo ceino, mi son civilizzato!

Mi par d'udir laggiu' in poltrona: "Ma è propio lui? Dante, l'Alighiero?"… Sissignora, son io quer Dante, un pòo piu' pedante, un pòo piu' severo, che vòle risarciti all'istante i su' diritti d'autore! Perché ner regno d'oltretomba udii la diceria che questa comnpagnia presenta una Francesca piu' bella, piu' rotonda, piu' fresca di quella gia' vissuta. Ond'io uccisi quarche morto, e suppricai Caronte di fammi 'r passaporto!

Ora, anch'io mi seggero' laggiu' in poltrona, per vedere se valga o no la pena di tenere o di deporre la 'orona. Ma prima mi rivorgo cogli attori: fate bene attenzione che 'ncomincia la tenzone! Ma se perderete in tal periglio; o mi date la Cecca… o me la piglio! (Rientra, dal centro del sipario)

= BIMBE DI PISA =

Il Menestrello sporge la testa dall'apertura centrale del sipario e canta "Bimbe du Pisa", musica originale. Una seconda volta, viene cantata da tutti gli attori con la sola testa fuori dal sipario.

Siamo un crocchio di bravi ragazzi,

trallerallera, pizzi e pazzi

e male avvezzi, trallerallà.

Ad un vile ed abietto milione, trallerallera,

preferiamo la vostra attenzione, tralleralla'.

Lo studente vagabondo,

ormai noto in tutto il mondo,

prima d'incominciare

si fa sentimental… trallerallàaa.

Bimbe di Pisa

siete come il profumo dei fior,

a voi vola la nostra canzone

da cui scatta un'ardente passione:

quella di non poter fare a meno,

prima d'incominciar,

gettare a tutte, belle o brutte,

dopo l'inchin un bel bacin!

Si apre il sipario.

= PRIMO ATTO =

Sala nel castello di Lanciotto. Due uscite: a destra verso l'esterno, a sinistra, alle altre stanze. Poltrone, armature, stendardi; a sinistra un tavolino, dietro al quale sta seduto Lanciotto, che cinge la spada. Il drappo che copre il tavolino non lascia vedere le gambe di Lanciotto

SCENA 1 - LANCIOTTO, ARGANTE

ARGANTE- (Entra da destra, chiama urlando). Lanciotooo!… Lanciottoooo!… Lanciotto sarve!

LANCIOTTO- O Argantino, mi dici un po' dove vai? Ma 'un ti riesce di sta' du' menuti 'n casa?

ARGENTE- Devo andà' alla Coòppe (*) a comprà' 'r cavolo. C'è l'offerta: pigli due e paghi tre!

LANCIOTTO- Io vorrei sape' dove vai tutte le sere verso 'r vespro… Anco l'artra sera t'ho visto dar verone: glieri nell'orto a scavà' una bùa per terra! O cotesta?… 'Un cercherai mïa 'r petrolio?

ARGANTE- O Lanciottooo… e mi sono fidanzato…

LANCIOTTO- Cosa c'incastra esse' fidanzati, collo scava' una bua per terra?

ARGANTE- E sono fidanzatooo…

LANCIOTTO- Nato d'un cane, e' piu' duro luilì d'uno studente! Mi vòi spiegà' che relazione ci passa fra l'esse' fidanzati e lo scavà' una bua per terra?

ARGANTE- Lanciottooo… Ma lo vòi propio sapé'?

LANCIOTTO- Son du' ore 'he te lo 'hiedo!

ARGANTE- La mi' fidanzata… gliè gobba!

LANCIOTTO- Cotesta 'ostì gliè vecchia, ber mi' Argantino.

ARGANTE- O Lanciotooo… ma la mi' fidanzata gliè gobba, sì… ma di davanti!

LANCIOTTO- Figliol d'un sette, ce n'ha sempre una nòva!... Ora però sbrigati: passa dar macellaio (*) e digni di mandà' un po' di trippa, du' frattaglie e du' rognoni che speciarmente di quest'urtimi ce n'è un fottìo di bisogno.

ARGANTE- O Lanciotto… dice 'r macellaio (*) che se 'un lo paghi 'un ti dà più nulla.

LANCIOTTO- Lo pago, lo pago. Pianino, ma pago. Digni che domenïa gni mando un acconto.

ARGANTE- Ma domenïa gliè chiuso!

LANCIOTTO- Appunto! Ora vai… Ah, mandami 'r menestrello: ho voglia di senti' una 'antatina.

ARGANTE- Lanciottooo… E t'ho capito… e t'ho ca… (Esce)

SCENA 2 - LANCIOTTO, MENESTRELLO

MENESTELLO- (Entra da sinistra). Mio signore, me ne stavo cola', mollemente appollaiato sul sofa', quando mi giunse notizia del tuo desiderio di vedermi quivi secoteco. Anch'io bramavo vederti secomeco e percio' immantinente eccomi qua secoteco per averti secomeco.

LANCIOTTO- Ir sego, per piacé' lassalo sta'. T'ho fatto chiamà' perché mi devi fa' un piace'.

MENESTRELLO- Sempre pronto a servirti alla bisogna.

LANCIOTTO- O bravo topo! Pero', 'un ti riesce di chiacchera' come ll'omini? Tiri fòri certi paroloni, che per istatti dreto mi s'intrafuna tutte le vene varïose der cervello! Ma si pole sape' di dove vieni?

MENESTREELLO- Madre mi fu quella erbosa, cupa, solinga e pur ubertosa e ridente landa che dall'Alpe declina e si giace fin sulle sponde del maggiore italico fiume. Terra di poeti, scienziati e industrialotti; genitrice di armenti, opifici e grandi inquinamenti.

LANCIOTTO- Ho capito: siei di que' posti 'ndove 'un ci batte 'r sole!… Per via della nebbia, capimosi. Stai a senti': stasera mi garberebbe anda' a fa' una bella passeggiatina digestiva; se vado a letto subito doppocena, 'un digerisco, mi rigiro, tiro quarche fiatata… di dove 'un dovrei e la mi' moglie letica. Sicché voglio anda' a fa' una bella girata e te mi devi prepara' 'r camioncino: ci stiocchi un par di litri di benzina, magari senza 'r piombo così si va d'accordo anco so' verdi, si parte e si riva… fin'a Marina. Si sta un po' a molle 'ndell'acqua, ci si sciacqua 'nfin'alle vergogne… eppoi si ritorna a casa. Eh? Cosa ne dici, topo?

MENESTELLO- Il fumogeno e scoppientante camioncino? Oimè, padron mio: tu non sai quale maligna sorte gravita sul capo di colui che si accinge a trarre dalla rimessa un cotale mezzo di locomozione! Esso si conviene gelosamente custodire, avvolto in gran segreto; avulso dalle occhiute brame di quei famelici segugi che si qualificano sotto il bieco nome di agenti della stradale polizia.

LANCIOTTO- Boia! 'Un c'ho mica 'apito nulla. Com'esse', cosa vorreste di'?

MENESTRELLO- Volli significare alla tua mente, il grande periglio che ti sfida se sali su quella scatola ferrea, ansimante, sculettante che ti ostini a chiamare camioncino e assai più opportuno sarebbe nomare: "Càadadi"!

LANCIOTTO- Cosa c'incastra la càadadi?

MENESTRELLO- Ma non sai tu, quale tortura ha stabilito il bargello per gli automobilisti?

LANCIOTTO- O chi e' 'r bargello?

MENESTELLO- Colui che sovrintende al piano circolatorio. Questo bieco individuo, ha escogitato la tortura della cintura! Pensa, mio signore: se sali in auto devi cingerti i fianchi ed il petto con una sorta di cilicio penitenziale: una corda che ti tiene avvinto come l'edera al sedile. Sudi, dài in ismanie, ti agiti ma non puoi liberarti perché il segugio poliziotto è lì: beffardo, accigliato, inesorabile.

LANCIOTTO- Certo 'he se ci devo sta' legato 'om'un salame, 'un mi ci diverto punto.

MENESTRELLO- Inoltre, pensa, hanno escogitato un certo palloncino che soffiandoci si dilata, si ingrossa, si colorisce. Dal ché possono vedere se hai ingurgitato bevande che con la loro generosa possanza son capaci di ottenebrare il normale volgere dei pensieri nella tua mente. Insomma: se hai bevuto vino, liquori, acqua di malva, in quantità tale da renderti, diciamo, un po' allegro.

LANCIOTTO- Oddìo, quarche bicchierotto di vino, in corpo ce l'ho messo… Te credi 'he me lo possan controlla'?

MENESTRELLO- Tutto sanno, costoro e solo pochi sorsi del nettare che dall'uva emana, possono bastare per condurti alla galera.

LANCIOTTO- Vai! Semo der gatto! 'Un si pòle più be'! o allora, cosa mi 'onsigli?

MENESTRELLO- Invece di trarre sulla strada la ferrea carrozza, adopera ancora una volta il mai obliato calessino. Elegante, aperto, ecologico. Attacchero' alle stanghe quel focoso destriero che tutti appellano "Freccia di Boccadarno": un ciuchino grigio che se ne va lemme lemme, piano piano, per farti godere la frescura serotina e la brezza notturna.

LANCIOTTO- O bravo topo, mi garbi! Perché devi sape' che anch'io, glie' un pezzo 'he c'ho la voglia der ciuo! 'Un m'era mai riescito di sfogammi ma ora 'he ci sei te, mi pare 'he quarche cosa si possi fa'…

MENESTRELLO- Posso farti ascoltare il madrigale che ho all'uopo preparato? (Lanciotto fa cenno di sì. Menestrello canta sull'aria di "La Carrozzella"

Oggi il camioncino lascia stare,

la benzina costa, troppo in verita',

la contravvenzion ti posson fare

senza la patente dell'autorita'.

Attaccherem piuttosto il calessino,

e cosi' pian piano lieti ce ne andrem

a fare il consueto merendino,

poi tutti sbronzati a casa tornerem.

Com'è delizioso andar

Sopra il calessino, sopra il calessino

Sottobraccio a Lanciottino,

a cassetta sta il panier, colla merendina:

c'è l'insalatina, pollo arrosto in galantina.

Il ciuchino sa, che c'è da pigliar

lieti una sbronzetta,

lieto se ne va, colla coda in ar'

spara una doppietta.

Com'è delizioso andar,

con quell'odorino, con quell'odorino

sgranocchiando il merendino.

(Menestrello esce)

SCENA 3 - LANCIOTTO, ARGANTE, GUIDO

LANCIOTTO- Luilì 'un mi sfagiola mïa punto… Gliè proprio vero: da un pezzo 'n qua, in questa 'asa voglian fa' tutti 'ome gni pare… e io da padrone, son doventato scucchia. Ma… se si va avanti di 'vesto passo… (Si alza ed esce, claudicante, da dietro il tavolo in modo da far vedere le gambe piene di bitorzoli) gnene levo io 'r ciucco dar capo!… Però, se si deve esse' sinceri, l'esigentone sono io. Anco 'r mi' Argante, in fondo 'n fondo gliè un bòn ragazzo: c'ha l'anima sensibile, 'r temperamento spiritoso… con tutto quer che beve! Come l'artro giorno: te lo vedo riva' a casa piangeva 'om'un vitello. "O cos'hai fatto? Ti siei buato?". E lui: "Padrone, sono ito alla stazione! Tu vedesse 'osa c'è davanti ar passaggio a livello!". E giù lacrime, pareva uno sciacquone. "O cosa c'è, Argantino? E' rimasto quarcuno sotto 'r treno?". "Peggio padrone, peggio!". C'è un deragliamento?". "Peggio padrone, peggio!". E li pianti da fatti piglia' lo gnocco: "Ma 'nsomma mi vòi di' cosa c'è davanti ar passaggio a livello, per fatti piange' a cotesta maniera?". E lui: "O padrone… o padrone… c'è un binario morto!"

ARGANTE- (Dal fondo della sala). Lanciottooo… c'è un vecchio ti vòleee!

LANCIOTTO- Mandalo ar reusorio, 'un ce n'ho quarini!

ARGANTE- Ma 'un vòle mïa la limosina. Dice d'esse' 'r tu' socero Guido!

LANCIOTTO- 'R mi' socero?… Ce l'ha 'r naso da briao?

ARGANTE- Sì!

LANCIOTTO- Allora glie' lui! Fallo passa'!

GUIDO- (Attraversa la platea con Argante, rivolgendo agli spettatori frasi a soggetto. Ha un ombrello d'incerato verde ed una gabbia per uccellini). Bònasera gente… Signora, la vedo sempre più migliore… Gua, ci siei anco te? O la tu' moglie dove l'hai lasciata? Cor ganzo?… (Arrivato sul palco, al quale accede da una scaletta in ribalta).Lanciotto, sarve! Appena seppi 'he la mi' figliola mi voleva vede' lassai 'r Lupeavo* e viensi via d'un frullo! Te lo sai: voglio più bene a quella bimba che alle mi' palle dell'occhi.

LANCIOTTO- Lo so, lo so, ber mi' Guido da Pulenda… gialla… E ddïo 'he po' po' di lucche! Anco te ti servi alla buticche "vo' 'omprà'?". Guarda li: anche l'ombrello l'ha vorsuto firmato: c'è una croce, dev'esse' quer sarto che 'un sa scrive'.

GUIDO- (Ad Argante che gli prende la gabbia e l'ombrello). Bimbo, fai ammodino perché der mi' uccello son geloso!

LANCIOTTO- Mi sembri un po' accardato, ti vorrai rinfresca': ti cianderebbe una Coca Cola?

GUIIDO- Ma ci 'redi: mi fa rutta'!

LANCIOTTO- Allora un ber gotto di birra?

GUIDO- Sortanto 'r puzzo mi fa veni' l'aonco.

LANCIOTTO- Mamma mia 'ome ti siei fatto delïatino! Dicevano 'he chi beve birra 'ampa cent'anni.

GUIDO- Ma chi beve vino 'un moie mai!

LANCIOTTO- Ho capito. Sei sempre 'r solito. O Guido, ma che piacé' che m'hai fatto a venimmi a trovà'! (Fra se). Pero' era meglio se restavi a casa tua… A proposito: quant'è che 'un ci si vede?

GUIDO- Da prima della guerra.

LANCIOTTO- Appunto, te lo volevo chiede': te, cor passaggio della guerra, siei rimasto sinistrato?

GUIDO- No, perché quando ar mi' paese ci rivonno i marrocchini… io mi misi a sede'…

LANCIOTTO- O la tu' moglie?

GUIDO- Povera donna… devi sape' che 'n casa c'era una seggiola sola…

LANCIOTTO- Pazienza, Guido, pazienza… ora ci si beve. Ma lo sai 'he con tutta 'vesta crisi 'he c'è 'n giro, m'è rimasto tutte le 'antine piene; sicché lo pòi sceglie': lo vòi bianco o lo vòi nero?

GUIDO- Ne' bianco ne' nero…

LANCIOTTO- Ho capito: a strisce! (Ad Argante). Bimbo, portane un fiasco der pecciolese! (Argante esce e rientra subito con un fiasco di vino). Stioccati a sede', Guido. Assaggia un po' 'vesto vino 'he qui eppoi sappimi di' se glie' bbono. (Mesce. Durante il dialogo seguente, Guido beve, mescendosi continuamente e vuotando il bicchiere senza interruzione. Argante segue con invidia la bevuta). Vedi Guido, te 'un lo pòi 'api' com'è cambiato 'vesto 'astello antico da quando presi moglie. Piu' non si sente 'anta' per le strade sulla 'hitarra e piu' non trovi un cane che di me dica: felice ar mondo 'ome Lanciotto 'un c'è nessuno! Te n'arrïordi, m'invidiavano tutti, m'invidiavano; ora fo compassione. Io nun dirro': Cecca a' su' tempi trapanava ' 'ori perché e' simpatïona anco se piange. Ma e' questo piange che mi sciupa mezzo!… Bimbo, in cucina! (Argante esce). Chi mi dice 'he dipende perché ha lassato 'r su' 'astello antïo, chi dalla vergogna 'he c'hanno le ragazze quando piglian marito e nun ci sono avvezze… Poi, doppo un po', com'esse' s'acqueto': stava 'on me piu' volentieri, spesso mi veniva a chiama' per anda' a letto, faceva la limosina a parecchi e mi diceva: sai, ti voglio bene perché siei giusto e regni 'un c'è malaccio.

GUIDO- O 'un mi fareste piange'… (Beve)

LANCIOTTO- E si vede!

GUIDO- Da bimbetta gliera tutt'un artra 'osa. Sempre allegra, bianca e rossa 'on du' nei neri pareva un tassello di coomero. Chi ciavrebbe dato a anda' a pensa'! Tutt'a un tratto ti prese lo gnocco e 'un s'è più riavuta. Malidette le guerre! Er su' fratello Beppe andiede a guerreggia' con Garibardi e un brutto giorno, com'è come nun è… e n'ebbe a tocca'… E Cecca a piange' (Beve)

LANCIOTTO- E te a be'!

GUIDO - A anda' a Montenero* a di' le requie per quer su' fratello morto.

LANCIOTTO- Viemmelo a di' a me! O se 'un fa artro 'he piange' per quer su' fratello morto… Lassamo anda' che gni sdrucinno 'r còre. Chi 'un la 'onosce 'un lo potrebbe crede': nun pòr soffri' chi n'ammazzo' Beppino. (Leva il fiasco di tavola e lo nasconde). Io gnene dïo: i nostri vecchi padri si tiravano, er mi' fratello Pavolo un fratel t'ammazzo', ma lealmente, in guerra, e credi ni dispiacque anco dimorto… In fondo 'n fondo 'un e' mïa 'attiva, ma vagni a di' Pavolo… vagni a di' Pavolo e lei principia a piange' guasi fusse 'r diavolo! (Guido ha recuperato il fiasco e ripreso a bere). Ci 'redi, Guido, c'è delle vorte 'he gni darei un golino!!… (Cambia tono). O Guido… ci bevicchi, eh?

GUIDO- Ma ci 'redi, stasera 'un ci sono!

LANCIOTTO- 'Un ci sei?! Te ci sei ma 'un ci ritorni piu'! Te 'n un'ora m'asciughi le 'antine! Se ti becca la stradale, per vedé? Se siei brïao, invece che ner palloncino ti fa soffia'' nella mongorfiera!

GUIDO- Aspetta, fammelo assaggia'. Sì, come vino gliè bòno: si sente che un po' d'uva ce l'hanno strizzata, ma c'ha quarcosa 'he ti raspa 'vì alla gola.

LANCIOTTO- Glie' corpa d'Argante: tappa ' fiaschi colla 'arta vetrata!

GUIDO- Però, glie' meglio di 'vello 'he piglio io alla 'operativa: lì cianno 'r vino sordato!

LANCIOTTO- Sordato? Come sarebbe a di'?

GUIDO- Senza gradi! Me, te, questo vino 'he qui lo 'ompri ar menuto?

LANCIOTTO- Sì, io lo 'ompro ar menuto e te lo, bevi all'ingrosso!… Insomma, m'ha scritto Pavolo 'he ritorna a Pisa. Io, subito 'ontentone gnen'ho detto a lei che 'un mi facesse scompari'. S'è messa a urla' che nun lo vòr vedé'. Poi cascò 'n terra guasimente morta… Boia! 'Scramai, qui gliè bell'e ita! E arrabbiato giurai che la su' morte, io vendïato avrei 'nsur mi' fratello!

GUIDO- Chetati! Enno 'ose che 'un si dïano neanco per burletta!

LANCIOTTO- Feci 'osì per di'. O che ci 'redi?

GUIDO- Allora 'un e' vero? Allora ci si ribeve!(Esegue)

LANCIOTTO- Affogatici!! Lo senti' di' Francesca e gni dispiacque; in ginocchioni m'agguanto' una mana: giura, 'scramo', che gni vorrai sempre bene anche 'vando saro' ner camposanto… Vòr che gni voglia bene e poi patillo non po’, quella smorfiosa! E vòr tornà' ne' su' monti, e vòle andà' ar mare a fa' le bagnature… Anco 'vest'anno, lì a Tirrenia, per esse' più bellina, s'era 'omprata perinfino 'r tanga!

GUIDO- Appena mi rivò la 'artolina postale 'he m'hai mandato colla posta… parrocchiale… sì, der priore: prioritaria… 'Nsomma lassai 'r Lupeavo* e viensi via d'un frullo! T'ho una paura di 'ampà' più di lei… te mi 'apisci…

LANCIOTTO- Lo so, lo so… Ma tornamo un passo addreto: per falla divertì', che si svagasse, la portai a ballà' ar Babalù *. C'era l'elezione di Misse Chiccolo di Rena, che poi l'hanno fatta vedé' alla televisione, ar Canale 50. L'hai visto?

GUIDO- No. Io alla televisione guardo sortanto le recrami. Ma 'un c'è più gusto nemmen con quelle: ogni poïno ti ci stioccano ner mezzo un pezzetto di firme e… addio Carola! Viene fòri una 'onfusione fra dadi per er brodo, culini asciutti, ciuccingomma, purghe per andà' e dieci piani di morvidezza!

LANCIOTTO- 'Nsomma, 'un ci fu basto 'he gni potesse entrà'. Gliè un po' bigotta, te lo sai, allora gni feci fa' 'r campanile storto da una parte; te l'hai visto: gliè bello? S'è messa a urlà' e a piange che lo vòr diritto! O valle a ccontentà' te, le donne! Ci 'redi, Guido, alle vorte mi vien dell'ideacce: se ci fusse un rivale?! (Guido fa cenno di no). Hai ragione vecchio: 'un pòle sta', perché la su' persone trasparisce bianca 'ome di vetro.

GUIDO- Gliè la mi' figliola.

LANCIOTTO- 'Un lo sai mïa

GUIDO- Ora dov'è?

LANCIOTTO- Dev'esse' di là che telefana a quarche chiromante… Oggi gliè martedì, c'è la Gina* alla televisione … ce l'hai bell'e levata! Oh, tutti ' giorni gliè così: quando 'r chiromante, quando ' tappeti persiani, quando la macchinetta per insecchì'… mi ci finisce tutta la pensione!

SCENA 4 - ARGANTE, FRANCESCA, OPPRESSA, LANCIOTTO, GUIDO

ARGANTE- Lanciotooo… (Canta sull'aria de "La Romanina")

La devo faar passaare

la bella Franceschiina,

che tutti fa arrapare

quando la si dimeena.

Ti fa provare il solletico,

come la poorveriina,

la bella Franceschiina,

la devo faa' passà'.

LANCIOTTO- Oh, l'ha presa 'anterina stasera. Gliè di là? O vai, giù.

TUTTI- Lasciatilaa passaare,

la bella Fraanceschiina,

che tutti fa arrapaare,

quando la si dimeena.

Ti fa provare il solletico,

come la poorveriina,

la bella Franceschiina,

lasciatilaa passà'… Pa-pa-pà.

Entra Francesca con Oppressa che si fa abbracciare pudicamente da Argante.

FRANCESCA- Babbo babbo, stai bene? Me lo dài un bacione? (Lo abbraccia, poi lo guarda). Mamma mia 'ome sei bello! Mi pài 'r regio a còri!

GUIDO- Qua! Qua tutt'e due! (Abbraccia Francesca e Lanciotto). Vi voglio abbraccià'… ve l'arrïordate, si stiede 'osì anco 'ver giorno 'he si mangiò ballotte e zucherini per er vostro matrimonio.

FRANCESCA- Povero babbo: quer giorno eri 'ontento.

LANCIOTTO- Cosa vorreste di', che solamente babbo è soddisfatto? E te 'un lo siei? Sentimo.

FRANCESCA- Te 'un lo pòi capì' perché 'un lo sai. Da una donna sonnambula comprai 'r pianeta della sorte e ci lessi che sarei stata tanto 'nfelice ner maritammi. E n'ebbi anco la prova, perché ' numeri che erano 'nsull'oroscopo: ventotto, trentadue, sessantavattro, l'ho gioati sette sulla ròta di Firenze… ma 'un vorsan sortì'! 'Un vorsano!

LANCIOTTO- Avevi a gioà' quelli der monco.

FRANCESCA- Poi, te lo sai, volevo andà' a fammi 'appuccina… Ma te ti metteste a urlà' e a piange', così viensi dar prete.

GUIDO- Sïuro! Bene! Belle prudezze! Andassi a rinserrà' drent'a un convento e 'un dammi neanche un nipotino! Belle prudezze! O cosa c'hai ner còre: le bullette?!

FRANCESACA- E 'un s'intendemo… e 'un si… Io vorsi di' che sono nata male e 'un faccio artro 'he piange'… Sono noiosa, lo so, ma 'un posso mïa rifammi nòva, ti persuade? Se 'un t'avessi preso e fussi sola, vorrei di' ar Signore: fammi 'r piacé', levami dar mondo! Ma 'un posso. Se campo, la minestra sur dado 'un ti fa pro, se pòi mòio 'un capisci più nulla.

LANCIOTTO- Siei buffa, Cecca ma fai 'ome ti pare: ammazzami magari, ma te campa. (A Argante e Oppressa). Vi levate, voi due, da fa' franella! (I due escono).

FRANCESCA- Lo so che mi vòi bene; e per questo sto sempre 'olla paura che un giorno o l'artro, tu perda 'r cervello e tu m'ammazzi. Sei geloso anche di Platinette* figuramosi dell'artri.

LANCIOTTO- A dilla giusta, 'un la volevo di', ma mi ci sforzi: te mi vorreste amà' ma 'un ti riesce. No: rea 'un ti tengo, ma enno 'ose 'he seguano; alle vorte, senza volello, si vòr bene a un artro!!

FRANCESCA- Babbo, 'vesta 'vì gliè trippa… gliè troppo, accidenti alle papere. Dignene te che 'un ha mïa sposato una di 'velle.

GUIDO- No! Una di 'vell'artre!

LANCIOTTO- Perdona. Amor è di sospetti fabbro.

FRANCESCA- Parla 'ome l'òmini, citrullo. Siei nato a Portammare* e fai l'ingrese?

LANCIOTTO- Alle vorte mi son detto, fra me e me: se anco da ragazza si fosse 'nnamorata, e rïordasse quer ber tipo anch'oggi…

FRANCESCA- Ma come?

LANCIOTTO- Pratonïamente! Pratonïamente, s'intendemo bene. Perché dovrei rammentagni una 'osa che 'un si sa, per poi sapé' cos'è?… Ma te lo devo di'? m'insospettiedi un giorno 'he rïordavo 'r tu' fratello Beppe, benevormente, così per consolatti. Mezza ammattita ti metteste a urlà': dove gliè ito quer ragazzo fiero, che quand'andava a Lucca mi portava… (A Guido) gni portava… un buccellato di du' 'hili e mezzo!!

FRANCESCA- 'Un è vero! 'Un lo dissi 'otesto!

LANCIOTTO- Sissignora! E non dicevi per er tu' fratello Beppe; perché lui, a Lucca, 'un c'indava… e 'unci…

FRANCESCA- In sin quando 'un s'ha la testa a posto, voglian sapé' cosa si dice! 'Un basta esse' 'nfelici, 'un basta esse' malati; bisogna esse' marvagi a tutti ' 'osti! Dimmi un po' po': ti son venuta a noia? Dammi sur capo e bònanotte!

GUIDO- Cecca! O che ti va: 'r cervello 'n prucessione?

LANCIOTTO- Perché mi tratti 'osì male? Si pòr sapé cosa t'ho fatto?

FRANCESCA- Come di' che la 'orpa 'un è tua! Perché portammi via dar tu' paese? Lì ciavevo l'amici, lì i parenti e mi potevo scordà' delle 'ose dolorose… qui 'nvece, tutto me le fa rïordà'! (Fra sé). Cosa dïo, dove vado 'or capo.

LANCIOTTO- (Fra sé). Allora me l'ha fatte prima di sposammi. (Forte). Ar tu' paese te ne ritornerai con tu' pa' cane!

GUIDO- Ferma! Carmìno! Io me la son puppata fin'a ora, ora rivogatela un poïno te!

LANCIOTTO- 'Un me ne 'mporta de' diritti mïa. Te, chi non pòi patì' gliè 'r tu' marito, che ti vòle dimorto e poi sodone bene. Ma non lo rivedrai, sarvo che tu ritorni 'n diligenza, sola… ma allora forse, 'un mi rïonoscerai, perché 'r dolore m'avrà fatto brutto… Mentre ora, o Guido, lassamo andà': son discretoccio?

GUIDO- M'assomigli a Franchestain! *

LANCIOTTO- E cor cannocchiale ti vedrò da lontano, ma 'un iscenderò 'nsulla strada de' Bagni a riscontratti… Margherita Gautierre!*

GUIDO- Se mi vòi fa' un piacé', bimba, guarda di volegni un po' più di bene ar tu' Lanciotto. Mi parrà di stacci meglio ar camposanto, se tu verrai 'nsulla lapida a dimmi che n'hai regalato un ber maschio, ar tu' Lanciotto.

FRANCESCA- Quello se 'un lo fai te…

GUIDO- E te, Lanciotto, digni alla mi' figliola che 'un s'agganghisca tanto.

SCENA 5 - ARGANTE, FRANCESCA, GUIDO, LANCIOTTO

ARGANTE- (Entra da destra). Lanciottooo… C'è uno lì fòri ti vòle!

LANCIOTTO- Er nome?

ARGANTE- 'Un ci fu cristi di sapello!

FRANCESCA- Vieni, babbo, ti vòi aggiaccà' un po' po' sur letto?

GUIDO- A zanzare 'ome stai?

FRANCESCA- Caso mai ci s'accende 'r fornellino.

GUIDO- Ti piaccian cotte? (Escono, a sinistra, Francesca e Guido)

LANCIOTTO- Dov'è colui che dimanda udienza?

ARGANTE- Di là ner corridoio. L'arme, lo scudo, le 'orna di tu' pa' bònanima appiccïate ar muro, ei rïonobbe!

LANCIOTTO- Dev'esse' 'r mi' fratello! Lassatilo passà'!

ARGANTE- (Introduce Paolo). Deccolo!

LANCIOTTO- Gliè lui! (Entra Paolo, esce Argante)

SCENA 6 - LANCIOTTO, PAOLO

PAOLO- Lanciotto, fratel mio, per poté' piange' dammi un lenzolo e un po' di segatura! (Si abbracciano)

LANCIOTTO- L'unïo amïo di 'vand'ero 'n fasce! Da che ti diedi a balia non t'ho più rivisto.

PAOLO- L'urtima vorta che ritornai da Gello*, te n'arrïordi, c'era sempre babbo… E di di' che 'un lo dovevo più rivedé'… Ma te che gni fusti vicino, prima di mori', dimmi: s'arrïordò di me, der su' Pavolo?

LANCIOTTO- Er su' Pavolo lontano lui crepò chiamando… Ma prima di mori'… prima di mori' 'scramò… "Poero brodo!!" E poi spirò!

PAOLO- Parce e sepurto. Di lassù ci vede e n'ha a piacé'! staremo sempre assieme, armeno rispiarmo que' pòï per er mangià'; perché t'ho a di' che a sòn di guerreggià' ce l'ho finiti. T'averò preso una ventina di nazione, un'ottantina fra città e paesi. Da urtimo combattiedi anche per l'amerïani, ma ci rimettiedi. Mi diedero un pugnaletto storto e tre marron glassé.

LANCIOTTO- Alla barba di Bonné!

PAOLO- Striscio busso e porto tre.

LANCIOTTO- Oggi a me domani a te.

PAOLO- Tre via otto ventitré.

LANCIOTTO- A te 'r latte a me 'r caffè.

PAOLO- E lo scemo qui sei te!

LANCIOTTO- Ma che 'un ti riesce d'andà' avanti? Siei venuto a fa' la rima?

PAOLO- Insomma mi disgustiedi e andiedi 'on Garibardi, armeno 'on lui si faceva 'ome si pareva: se si vinceva s'agguantava d'ugni 'osa. Ma un giorno gni viense un'ideaccia: voleva venì' a piglià' Pisa! N'andiedi sur muso e gni dissi: "Senti Beppe, te Pisa 'un la pigli!" e lui: "O perché?" "Perchée? Perché a Pisa ci sto di 'asa io e 'n casa mia 'un ci vo' nimo! E poi… e poi, gni dissi… e poi c'ho 'r cane! Ebbe paura e se n'andiede! Aih Pisa, vita e imperio delle genti, stavi benino com'è vero 'r sole, se ci veniva luilà con quer barbone. Pisa, la 'ova de' guerrieri, la patria de' granocchi e delle cèe, dov'è nato 'r Baccelli, 'r Galilei, io, te e tutti 'vell'artri brodi che 'un ti dïo; dov'enno morti tutti ' mi' parenti!!… Sono un guerriero o sono un cetriolo?!

LANCIOTTO- Ascortatti sentitti vedetti guardatti rimiratti contempratti e nun amatti, credimi Pavolino mio, 'un si pòle! (Lo abbraccia). Meno male, 'un t'averà antepatïo lei.

PAOLO- Lei chi?

LANCIOOTTO- Già, te 'un lo sai: ho messo su famiglia!

PAOLO- Hai preso moglie?

LANCIOTTO- E che po' po' di bimba! Una fatalona… L'hai presente le Ferilli?* Tutt'un artra 'osa.

PAOLO- anch'io faccio all'amore. Ma tira avanti.

LANCIOTTO- Devi sapé' che prima di morì', babbo mi 'omandò di piglià' moglie; per politïa, te mi 'apisci… e io l'ho presa ma… 'un son soddisfatto…

PAOLO- (Contento). 'Un ti vòr bene?

LANCIOTTO- (Scatta. Poi si calma).Ehh!… Cotesto 'un si pòr di' né te né io! Però mi 'ontenterei 'he ti volesse la metà der bene 'he vòle a me!… Pol'esse', caro Pavolino, ma questa vorta l'hai fatta bassa. Gao! E gni sbuzzaste 'r fratello… e gni sbu…

PAOLO- Ma chi è?

LANCIOTTO- Nella 'asa du Guido… t'arrammenti?…

PALO- Fursi, vòi di'… Francesca!

LANCIOTTO- C'hai dato drento… Cecca, la bimbetta di Guido.

PAOLO- E ti vòr bene a te? E t'ha sposato te, con coteste po' po' di patate nelle gambe?!

LANCIOTTO- Si vede, l'amore è cèo.

PAOLO- Ma lei ci deve avé' le 'ateratte!… E' vero: gni trucidai 'r fratello.

LANCIOTTO- E si dispera perché siei a Pisa, e 'n tutti ' modi se ne vòle andà'.

PAOLO- E… ha dimorta paura di me?… Avevo fatto tutti ' mi' 'onti: restavo 'vì e 'un ispendevo una palanca… Me n'anderò, pazienza, me n'anderò. (Si siede)

LANCIOTTO- Gliè un ber modo d'andassene 'otesto… Hai a di' cosa ti pare, ma di 'vì, te 'un te ne vai!

PAOLO- No, vado via: è meglio 'he tu stii solo 'on Cecca. (Si alza). Lanciotto: dammi la spada tua che ha l'ersa d'oro… e piglia 'vesta 'vì che l'ha di latta, per mi' rïordo eterno. (Fa il cambio).

LANCIOTTO- E l'ho fatto 'r mi' guadagno: pare una sega!

PAOLO- Addio Lanciotto! Fra quarche anno, se saremo vivi, forse si rivedremo. Er tempo è galantòmo e io… e io no. Cecca averà scordato di volemmi male. Prima d'andà' con Garibardi, anch'io ciavevo una ragazza!

LANCIOTTO- O che t'è morta?

PAOLO- No, 'un è morta; ma per me è l'istesso!

LANCIOTTO- Credimi, Pavolino, mi si stianta 'r còre. Se l'hai perduta 'un ci pensare più. Cecchina ti vorrà bene l'istesso. Gnamo.

PAOLO- Dove mi porti?

LANCIOTTO- Davanti a lei!

PAOLO- No! Davanti a lei mai! Senti Lanciotto. (Lo trascina violentemente al proscenio)

LANCIOTTO- Piano! Piano… lo vedi vado più piano io dell'aumenti a' pensionati.*

PAOLO- Ti voglio da' un consiglio da amïo, da fratello a fratello: sfuggimole l'occasioni der peccato! (Con la mano, dietro la testa di Lanciotto, fa il segno delle corna). Addio Lanciotto! (Esce)

SCENA 7 - LANCIOTTO, ARGANTE, FRANCESCA, GUIDO, voce del MENESTRELLO

ARGANTE- (Entra ubriaco). Lanciotooo… e t'ho portato 'r vino.

LANCIOTTO- O dove glie'?

ARGANTE- Tutto 'vì drento! (Si batte sulla pancia)

LANCIOTTO- Facciamosi a capissi, ber mi' Argantino: se si va a vanti di 'vesto passo, alla fine der mese, invece di datteli te li levo, l'assegni famigliari! Ora vai a letto e chiudi bene l'uscio der pollaio; anco l'artra notte t'hanno grattato ventisette tori! E spengi tutte le luci der castello! Che quando riva la bulletta mi tocca pagalla a me!… Argantino… (Lo chiama vicino a sé) se mi fai l'urtimo piacerino, te le perdono tutte… Che tu sappi, stasera, Cecchina, 'un va mïa fòri? (Argante fa cenno di no). Rimane 'n casa? (Cenno di sì). Allora mi devi preparà' un ber bagno all'amido!

ARGANTE- O perché?

LANCIOTTO- Spero d'esse' io di turno, stasera! (Escono)

MENESTRELLO- (Voce d.d. canta sull'aria degli stornelli)

L'avete li riicceettii fatti a moollaa,

dentro c'è 'r pidocchietto che ci baallaa.

Drento c'è r pidocchiettooo che cii baallaa,

e 'r cimicio ci faa la sentineeellaa.

FRANCESCA- (Entra sul canto. scolta estasiata). Eppure 'vesta voce la 'onoscio… Dev'esse' Zuppa Lombarda 'he fa la serenata alla su' bella… Uh. Decco mi' pa'! (Si nasconde in quinta)

GUIDO- (In camicia da notte, traversa la scena. Alla finestra fa cenni di minaccia. Esce)

MENESTRELLO- (c.s.) E me ne voglio andaaare, verso Livoornoo,

dove le bimbe bellee me la daaannoo.

Dove le bimbe beeellee e me la daaannoo

prima la bònaseera e poi 'r bòngiooornoo.

FRANCESCA- (Rientra sul canto). Anco 'r controanto mi ci fanno!… Uh, ridecco mi' pa'! (Esce)

GUIDO- (Rientra con un vaso da notte che va a rovesciare fuori di finestra)

MEMESTRELLO- (c.s. Interrompe il canto). Cor piscio, è da maiali!!

GUIDO- Addio Narciso!! (Esce ridendo)

SIPARIO

= SECONDO ATTO =

A sipario ancora chiuso, gli attori si portano al proscenio tenendo le mani nascoste dietro la schiena. Ognuno, a turno, canta il proprio couplet; al ritornello, tutti cantano mostrando in una mano una scodella, nell'altra un cucchiaio, battendoli ritmicamente.

FRANCESCA- Gentili signore,

mariti giocondi,

bambine vezzose

dagli occhi profondi,

servotte rissose

udite frementi

dei baldi studenti

i cantici del còr… Eeeehh…

TUTTI- Ritornello Eeeehhh… Brodo e sempre brodo,

la pastasciutta 'un la fai mai,

mi dici come mai, la pasta 'un la fai mai.

E brodo e sempre brodo,

la pastasciutta 'un la fai mai,

mi dici come mai la pasta 'un la vòi fa'!

PAOLO- Paolino guerriero

d'ingegno e di fama,

venduto ha il cimiero,

per Cecca che ama.

Venduto ha la spada,

venduto ha gli sproni,

ed ora al terz'atto,

gli rompono…

i cordoni… Eeeehhh…

TUTTI- Ritornello

LANCIOTTO- Viveva Lanciotto

nell'epoca antica,

in una casetta

ben linda e pulita,

in via del Montone,

al numero cento;

sposata la Cecca…

ar ventotto tornò… Eeehhh...

TUTTI- Ritornello

GUIDO- Così che Lanciotto,

per certi dolori

avuti sur capo,

piuttosto acutini,

recossi filato

a Montecacatini,

per fare la cura;

ma becco restò… Eeehhh…

TUTTI- Ritornello

ARGANTE- La vispa Teresa

l'avea tra l'erbetta,

a volo sorpresa

gentil farfalletta;

e tutta giuliva,

signori, che cosa?

Seondo e terz'atto,

ciò sempre da fa'… Eeehhh…

TUTTI- Ritornello due volte. Sulla seconda rientrano - apre il sipario, stessa scena.

SCENA 1 - FRANCESCA, GUIDO

FRANCESCA- Qui si respira un po' po' meglio, vero babbo?

GUIDO- O cosa giri, brontolando 'osì?

FRANCESCA- 'Un ti pareva di sentì' parla' Pavolo?

GUIDO- 'Un avé' più paura d'incontrallo. Se vòi, nun si farà più vedé'.

FRANCESCA- Cosa n'hanno detto, che 'un lo posso patì'? N'è rincresciuto?

GUIDO- Di certo, ni va di traverso. Ma Lanciotto 'un vòr che vada.

FRANCESCA- Perché, se ne vòle andà'?

GUIDO- (Si siede sulla poltrona. Francesca gli s'inginocchia accanto). Vieni 'vì, ora 'he siei un po' più carma. Oggi, Lanciotto spera che 'un abbi a fatti tanto schifo la ghigna der su' fratello.

FRANCESCA- O babbo, senti 'he capriole mi fa 'n petto 'r còre! Fin'a stamani, a sta' a Pisa mi pareva d'esse' ar camposanto, e 'n questa 'asa all'inferno; ora 'nvece… Babbo, 'un andà' via: con te posso sfogammi a piange' e a ride'. Te mi 'ompatireste facirmente se…

GUIDO- O cosa dici?

FRANCESCA- Tu sapesse 'ome ci sto marvolentieri a Pisa. Bisogna 'he rinserri tutto drento la pina der còre; e io 'nvece son di quelle che han bisogno di discorre'… E se mi scappa detto quarche cosa… che po' po' di spicinìo!! Te invece, se principio a sdruciolà', m'agguanti e mi riporti a sarvamento.

GUIDO- Nòe, nòe. Te, 'r còre 'un devi rimpiattallo; i segreti 'un enno più segreti quando stai 'on tu' pa' cane, che ti vòr dimorto e poi sodone bene!

FRANCESCA- Tutto, ti voglio arracconta'… No. Mi vergogno…

GUIDO- Gnamo, discorri, 'un ista' più a fa' a rimpiattarelli 'olle parole.

FRANCESCA- Come si fa a racconta' a un babbo che crede d'avé' dato alla su' figliola un marito decente, e 'nvece si trova a avella rovinata.

GUIDO- Dio der cèlo! O che tu' pa' dev'esse' anche 'r tu' boia!?

FRABCESCA- No, babbo, 'un lo di' cotesto. Mi va via 'r capo e te solo siei ar caso di sarvammi… Finora mi son retta… ho resistito… Ma ora 'un ce la faccio mïa più. Lanciotto, che 'un è tanto scemo 'ome pare, cià dato drento. Ma der male 'un n'ho anche fatto. Anzi, voglio esse' tutta di lui. (Guido si accascia sulla poltrona, dando calci in aria). Babbo, cos'hai?

GUIDO- Nulla, Cecca… racconta.

FRANCESCA- Babbo, ti piglia 'r tiro secco?

GUIDO- 'Un è nulla, ti dïo. Dev'esse' un po' po' di 'apogatto ar budello pappone: si vede, averò bevuto troppi ponci stasera… (La abbraccia). Però, che bella 'osa poté' poggia' le membra stanche sopra a quelle de' figlioli… Ma te mi dai troppi pensieracci!

FRANCESCA- Hai ragione: du' manate sarebbe 'r mi' avé'.

GUIDO- O chi è quer mascarzone che ti fece venì' cotest'idee?

FRANCESCA- Mascarzone 'un lo devi di' perché 'un è 'r caso: 'un mi vòr bene.

GUIDO- Me l'hai detta tutta! E te, per rivedello volevi ritornà' ar tu' paese. Belle figure gni fai fa' a tu' padre: gni fai regge' anco 'r candeglieri!

FRANCESCA- Anzi, per 'un vedello.

GUIDO- Per 'un vedello? O dov'è?

FRANCESCA- Sii bòno; hai promesso d'un arrabbiatti. Gliè a Pisa.

GUIDO- A Pisaaa? (D.D. Si sente la voce di Lanciotto che canticchia). Zitta, decco Lanciotto.

SCENA 2- LANCIOTTO, GUIDO, FRANCESCA

LANCIOTTO- (Entra lustrando una scarpa. Canticchia sul motivo di una canzone anni '30)

La 'onoscete, la signorina della quinta strada,

che quando canta fa, du dudu

dudu duddu dùu…

(si accorge dei due). O voiartri, o cos'avete? Dianzi eri sani 'ome pesci, e ora…

GUIDO- Domani se n'andiamo!

LANCIOTTO- Dici sur serio?

GUIDO- Cecca vòr così! (A Francesca, piano). Te, se tu discorri, ti do un golino!

LANCIOTTO- Meglio! Due di meno da mantenenne!… E ora, brutto vecchiaccio, come ar solito, vai in giro a ripescà' ner torbido.

GUIDO- A proposito di pescà': stai a sentì' cosa t'ho pescato.

STROFETTE DEI PESCATORI

Ciascun attore, ne canta una. Al termine, gli altri gli chiedono: "Chi hai pescato?". Lui risponde con il nome di una persona del luogo. Il ritornello è cantato da tutti.

Pei pisan c'è il campanile,

per Livorno i Quattro Mori.

A Firenze il bel Biancone,

a Cremona il buon torrone.

A Bologna le sartine,

in Piemonte il Grignolin;

ma mi han detto che anche qua

c'è una grande rarità.

Chi hai pescato?……………….

Ritornello Oh com'è bello il pescar…

Trallalà trallallà…

Oh, com'è bello il pescar.

Questi prossimi Dottori,

han dei bravi pescatori,

che per fare qualcosa di nuovo

ti vanno a pescare il pelo nell'uovo!

Oh, com'è bello il pescar!

Poveretti, straccioncelli,

coi milioni sotto il letto,

mangian rape e ravanelli

nelle case senza tetto.

L'altro dì ne ho visto uno,

smunto smunto dal digiuno,

che per fare più quattrini

risparmiava perfino i cerini.

Chi hai pescato?……………..

Ritornello

L'altro giorno, qui in paese,

un miracolo è avvenuto:

sono nati tre figlioli

nello spazio di un minuto.

La ragazza, intervistata,

così a me l'ha raccontata:

cotta fui sull'istante

dallo sguardo di un gagà.

Chi hai pescato?……………..

Ritornello

Pio-ppio-ppiove,

è un gran disastro

come fa-farò a parlare.

Lo spuntar sarà un po' aspro,

Mi potrò impa-paperare.

Po-po-po po-porco mondo

Parlicchiando l'altro giorno,

se sapeste che diceva

che fo-fo fo-fori pioveva

Chi hai pescato?………………..

Ritornello

Ho ammazzato mille tordi,

cinquecento beccaccini,

otto lepri, tre fagiani

e un milione d'uccellini.

Così dice un cacciatore

tanto celebre qui intorno.

Ma si sa che tutte quelle

son bugie o sono… padelle!

Chi hai pescato?……………………

Ritornello

Alla fine dell'ultimo ritornello, tutti escono. Rimangono in scena Lanciotto e Francesca.

SCENA 3 - LANCIOTTO, FRANCESCA

FRANCESCA- Ma 'r più 'nfame di tutti gliè mi' pà'!

LANCIOTTO- Mi dici un po' po', Pallina. Prima 'un mi volevi più lascià'; e ora?… Se è per Pavolo pòi restà', perché se ne va lui.

FRANCESCA- Va via? Dunque ha preso lo gnocco proprio a bòno. e 'un c'è da di' che 'un ti voglia bene.

LANCIOTTO- E questo, appunto, mi fa piglià' lo gnocco. Gliè come me: 'un istà troppo bene. Sarà di certo innamorato… solo!

FRANCESCA- Lui? Innamorato?

LANCIOTTO- Ti farebbe piange' a sentignene racconta': pare un acquaio!

FRANCESCA- Allora cosa ci viene a fa' da queste parte? Di fratelli 'un ce n'ho mïa un'artra mezza dozzina, per vedé' di sbudellammene quarched'un artro.

LANCIOTTO- Qui, Cecca, siei vigliacchina. Lui m'ha detto 'he prima d'anda' via ti vòr vedé'. Pensa 'he gliè 'r tu' 'ognato, che va 'ndelle 'Merïe, e furzi furzi 'un lo vedremo più… Abbi una vorta un po' di 'òre. A me mi pare che se ciavessi anche un nemïo, che andasse putaàso alla Gorgona, gni stringerei la mana volentieri… Ti 'apacita?

FRANCESCA- O via, Lanciotto, smetti!… Ti 'hiedo scusa. O cosa vòi di più!

LANCIOTTO- A me mi pare, sbaglierò nun dïo, ma all'idea che sortanto doppo morto lo potrai rivedé'. Pensa che di lassù non lo potrai abborrì'. Te lo 'hiamo?… e te lo 'hiamo. (Chiama in quinta). Pavolino.

SCENA 4 - PAOLO, FRANCESCA, LANCIOTTO

PAOLO - (Entra immediatamente). Oh!

LANCIOTTO- Nato d'un cane, è sempre dreto ll'usci.

PAOLO- C'è anco Francesca?

LANCIOTTO- Sì, e pòi restà' perché siamo tutti 'n famiglia.

PAOLO- No, vado via. Digni che gni perdono se mi vorse male; capisco, gni trucidai 'r fratello, ma 'un c'ebbi mïa corpa. Stai a sentì' com'andiede: gni fui addosso colla spada arzata, per dagni un gran fendente 'nsulla chiorba! Ma 'un gni volevo mïa fa' male… lui ebbe paura, si vortiede, gni feci uno sdrucìo ner fondo de' 'arzoni, ci sortì un fiato e cascò 'n terra morto… Dillo te: c'ebbi 'orpa? (Piange)

LANCIOTTO- No… fu corpa de' funghi velenosi.

FRANCESCA- Dimmi, Lanciotto: è ito Pavolo alla stazione? Sento piange'. Chi è che piange?

PAOLO- Son io 'he piango, Cecca, da tanto 'he sono disgraziato. 'Un bastava 'he perdessi quella tale; anche la 'asa mia, 'r mi' fratello…

FRANCESCA- No, 'un sii mai detto che v'abbiate a lascià' per corpa mia. Vado via io, te pòi restà'. D'artronde, Lanciotto, d'un amïo n'ha di bisogno.

PAOLO- (Sono uno di fronte all'altra. Lanciotto, nel mezzo, incrocia le braccia e si dondola avanti e indietro, nel vedere le occhiate tenere fra i due).Hai ragione di volegni bene. Anch'io gni voglio bene ar mi' fratello, e quand'ero laggiù con Garibardi e ' sordati mïa volevano sciupà' quelle ragazze, benché fussano nere 'ome la pece, io mi mettevo davanti e nun volevo, perché pensavo 'he luilì, a sapé' che avevo fatto le 'ose ammodino avrebbe detto: lo voglio di' a tutte le ragazze per vedé' se quarcuna me lo sposa… Ma 'un l'ho 'ndovinata! In questo mondo, a fa' der bene, oramai si sa: ci si rimette!

LANCIOTTO- O ragazzi, me ne posso andà?

FRANCESCA- Mamma mia 'ome siei permaloso; o 'un si 'hiacchera…

LANCIOTTO- Voi due chiaccherate e io sto qui a dondolammi sull'ottovolante!

FRANCESCA- Rispondi a me, Pavolino: donque, 'ndell'Amerïe, 'un l'ammazzavi tutte? E quarche vorta, ti sentivi anche 'ommove'?… E, l'hai 'ncontrata fra ' servaggi la tu' sposa?… (Fra sé). Mamma mia dove vado cor capo. (Forte). No! Vai via! 'Un ti posso patì', brutto aguzzino, vigliacco, infame, farabutto… consummè!!… Per 'un ditti brodo.

PAOLO- Ora poi me ne vado 'nsur siero! Addio, Gianfresca! (Esce. Francesca piange, seduta)

LANCIOTTO- (Prende un oliatore da meccanici, si lubrifica i ginocchi e attraversa di corsa la scena, arrestandosi alle spalle di Francesca. L'apostrofa violentemente). Dimmi un po' po' o cosina: fai la burletta o n'hai pietà 'n sur siero?! La fai finita a piange' o, dio m'accèi, voglio vedé' quer che armanacchi 'ndella 'hiorba!! Un po' sta bene!! Un po' sta bene!! Ma così si scoppia!! (Calmissimo). Toh, e 'ntanto gnen'ho detta…

FRANCESCA- (Si alza e investe Lanciotto che, impaurito, cerca di rabbonirla). In fin de' 'onti, mi siei venuto a noia, a sentitti abbaià' tutti ' momenti!! Ma che per te, non gira la l'accalappiacani?!! Didigià, se ti porto ar manïomio, mi danno tre matti di resto!! Lassami sta', scansati, fammi andà' via!! (Esce, seguita da Lanciotto)

Scena vuota. Si sente la voce del MENESTRELLO che da fuori canta SIEPE FIORITA. Musica originale

Siepe fiorita.

Ti sogno nell'alcova

addormentata,

bellezza ambita

sei la dolce fata

della mia vita, della mia vita.

E nel silenzio

delle notti belle,

brillano nel cielo

tremule le stelle,

e la mandola canta

il suo stornello

ma va perduto

lieve il ritornello.

Siepe fiorita…

… della mia vita

della mia vita sei

siepe fiorita.

Sull'ultimo accordo, si sente un fracasso di vetri rotti. Paolo entra trafelato.

SCENA 5 - PAOLO, FRANCESCA

PAOLO- La voglio rivedé' a tutti ' 'osti! E di di' che c'è 'r perïolo di Lanciotto… e poi, 'un istà' mïa gran cosa bene, fa' di 'veste 'ose ar mi' fratello. Ma 'n fin de' 'onti è meglio 'he sia io, armeno rimane 'vì tutto 'n famiglia. Tanto, con quella donna lì, o prima o doppo quarcuno di certo gnene fa! Com'era bella! Come m'ha guardato! Mi s'è rimuginato tutto drento! E di di' che Lanciotto me l'ha fatta, con quella ghigna 'he fa' ride' ' bèci. E ora gliè contento com'una ricertola 'he si sgrogiola ar sole! Ma che 'un si pol'esse' contenti a spese der fratello?! (Voce di Francesca). Deccola! Ora o mai più, Pavolino. (Si nasconde)

FRANCESCA- (Entra sfogliando un cavolo a mo' di margherita). M'ama… nun m'ama… m'ama… nun m'ama… m'ama… mamma mia c'è un bào! (Getta via il cavolo). Dov'è ito mi' padre… vorrei sapé' se 'r mi' 'ognato Paolo gliè partito… Eppure a questa 'asa ni voglio bene e ci voglio morì'; qui, in questa stanza dove l'ho visto piange'… Cosa dïo, dove vado cor capo!

PAOLO- (Si affaccia. Fra sé).Discorre da sé sola e gestrisce. (Si ritira)

FRANCESCA- Gliè meglio andassene, sennò quarcosa nasce. (Si avvia per uscire)

PAOLO- (Le taglia la strada). Cecca, permetti una parola?

FRANCESCA- 'Un si pòle, 'un c'è nemmen mi' padre. Starei benino! Vado via.

PAOLO- Dove vai?

FRANCESCA- Gliè meglio 'un dittelo sennonò mi 'orri dreto… Vado ar mi' paese, nella 'appella di mi' padre.

PAOLO- Davanti alla 'appella di tu' padre ci verrei anch'io dimorto volentieri. Staremo a respirà' tutt'e due assieme; te pregherai 'he mi pigli un coccolone, io pregherò che pigli anche a Lanciotto e che tu ti 'onservi bella e fiera.

FRANCESCA- Con cotesti discorsi m'avvelisci. 'Un ciavrei mïa a piacé´ che tu morissi.

PAOLO- O se 'un mi pòi patì'.

FRANCESCA- Cosa t'importa. 'Un ti son mïa montata sur un callo.

PAOLO- No, 'un è 'r callo 'he mi stiacci: è 'r còre! Te, Cecca mia, te che siei bella come 'r mare la sera a Boccadarno; te che nell'occhi c'hai le paranzelle…

FRANCESCA- …e però che ci vedevo un po' annebbiato. Devan'esse' le vele.

PAOLO- Te, parlà' di morì'! io, che dovetti andà' fra 'r servaggiume e fui anco ferito, qui nella 'oscina: quarantanove punti mi ci diedero.

FRANCESCA- Che po' po' di scarogna! Per un punto hai perso la mucca Carolina!*

PAOLO- E quando ritornai trovai mi' padre bell'e liquidato. Io che speravo di riabbracciallo…

FRANCESCA- Di chi discorri, della tu' 'nnamorata? O che di lei 'un ne pòi fa' a meno? Per un òmo serio 'ome te c'è 'r Giòo der Ponte, ll'urtrà der Pisa, ll'enalotto. Divertiti 'on quelli e 'un ti sconsumà' dreto le donne.

PAOLO- Vieni alla fede. Mi vorreste un briciolo di bene se, armato di targa e di cimiero, sònassi la grancassa 'nsu' gropponi? Dimmi 'osa ti pare e t'obbedisco! Vòi 'he vada a fa' "Giòi Senza Frontiere"?* Faccio anche 'vello! Vòi 'he vada a rubbà' ' cignali 'n Sarrossore?* Faccio anche 'vello! E se poi anderò a finì' 'n galera 'un me ne 'mporta! Mi basta 'he tu vienga 'n tribunale e mi facci 'apì' che siei 'ontenta.

FRANCESCA- Madonna benedetta der reusorio! Cosa dirrai Pavolino?

PAOLO- T'amo, Francesca, t'amo e disperato credi, gliè un fottìone e mezzo l'amor mio per te!

FRANCESCA- O santi tutti delle litanie, va a finì' che dovento matta!

PAOLO- Ti voglio bene!(L'abbraccia e la bacia con veemenza, ovviamente parodistica)

FRANCESCA- Gnamo, Pavolino! I baci ner gargherozzolo? (Si ricompone). Guarda 'vì: in du' menuti m'hai sbulonata tutta! O che hai preso fòo tutto d'un tratto? Lo sai 'he son la moglie der tu' fratello e che sono 'ntoccabile come ' fili della luce… Eppoi, quell'artra l'hai digià mandata a spasso?

PAOLO- 'Un n'ho mandate a spasso delle donne. Ma 'un lo 'apisci: quell'artra glieri te! Ti voglio bene dovessi sprofondà' drent'all'inferno!

FRANCESCA- (Paolo cerca di abbracciarla). Pavolino, 'un rinviamo cor massaggio…

DUETTO DELLE CAMPANE - Musica originale

PAOLO - Non senti, dolce amore,

il rintoccar della campana?

FRANCESCA - O come sei sentimental…

PAOLO - Non ti elettrizza il suo din dan?

L'amore mio è a tutta prova.

FRANCESCA - Bimbino mio, con me 'un fai òva.

Se ci vedesse la mi' mamma…

PAOLO - Non pensarci e ascolta me:

Ma va là che l'amor

Non è un gran male, mio tesor,

E' un incanto sottil,

E' della vita l'abbiccì.

Chi ne vuole di più,

A chi basta di men,

Ma persuadersi convien

Che un po' d'amor fa sempre ben!

E' questo un dolce ritornello

Che calza qui proprio a pennello

Per queste belle signorine

Qui venute ad ascoltar…

A DUE - Ma va là che l'amor……

……………………..

Ma persuadersi convien

Che un po' d'amor fa sempre ben!

FRANCESCA- O come fu che ti diedi nell'occhio? E sì, la ròta 'un me l'hai mïa mai fatta.

PAOLO- Seggiolati! Te lo narro. (Francesca si siede sulla poltrona, Paolo le sta inginocchiato accanto). Quando viensi a parlà' con tu' padre ar Lupeavo*, udii una banda e viddi uno straporto. Dreto c'eri te. Com'eri bella! Avevi una grillanda e un cero 'n mano…

FRANCESCA- Sì, io porto sempre quarcosa 'n mano… Vai avanti.

PAOLO- M'accodai; si rivò ner camposanto, e ti buttaste a piange' sulla 'assa. Io dimandai ar becchino: "Chi è quella ragazza?" E lui: "O 'un è Cecca, la bimbetta di Guido". "E quella 'assa?". "Gliè quella di su' ma'!"

FRANCESCA- La tua!… Scusa, 'un c'ero cor capo; vai avanti.

PAOLO- Avevi 'r velo e non ti viddi bene ma da quer giorno, credi Cecca mia, t'ho ritrattata 'vì, drento, ner còre.

FRANCESCA- Ritrattata ner còre? Sarò venuta presa bene?… E poi? E poi?

PAOLO- In sur principio 'un m'azzardavo a fattelo 'onosce'. Ma un giorno mi guardaste 'n un certo modo… Te n'arrïordi?… Glieri nell'orto a governà' ' maiali, e ner frattempo leggevi Sorrisi e Canzoni* e ci piangevi…

FRANCESCA- Il giornalino è una 'osa seria.

PAOLO- Sortii di fra ' 'arciofi…

FRANCESCA- …così ce ne rimase uno di meno.

PAOLO- … e m'accostiedi. Glieri a quer punto quando riva lei, lui c'era già tutto vestito 'n fracche, e ni si butta ar collo… Io ti guardai, te mi guardaste, poi doventaste rossa, scappaste 'n casa e io ti 'orsi dreto!

FRANCESCA- (Improvvisamente ricorda). Dïo bene, Pavolino: ti rimase 'r giornalino!

PAOLO- L'ho di là, 'un te l'ho mïa rubbato. C'è sempre la patacca der tu' pianto.

FRANCESCA- Dove, sur giornalino?… (Con molta passione). Senti Pavolino, ti voglio di' una 'osa seria, dimorto seria, dimortone seria, un fottìone seria… (Si alza e, con una spinta lo manda a gambe levate). Con me, 'un si fa' òva!! Fursi fursi, se 'un avevi ammazzato 'r mi' fratello…

PAOLO- Diciamo allora, gliera sempre vivo! E 'r tu' marito, ora 'un sarebbe 'r tu' marito!

FRANCESCA- Via, sii bòno, 'un mi 'ompromette'. 'Un ti ci fa' più vedé' da queste parte.

PAOLO- Cotesto scordatelo! Se una vorta ogni tanto 'un ti vedo, stianto alle fatte fine!

FRANCESCA- Bravo! Fassi portà' per bocca da tutto 'r vicinato! Eppoi, Lanciotto te 'un lo 'onsideri? Poverino: gliè zoppo, ma 'un poteva mïa rifassi nòvo; ti persuade?

PAOLO- E va bene: me n'anderò. Sarò ridotto a guadagnammi 'r pane colle cicche…

FRANCESCA- Se 'un ismettano di fa' le sigarette cor filtro, 'un le trovi mïa più.

PAOLO- Ma te, Cecca, guarda di scordammi.

FRANCESCA- Farò di tutto… cercherò di scordatti…

PAOLO- Anzi no: 'un mi scordà'

FRANCESCA- Ma come faccio a scordatti…

PAOLO- …ma forse, sarà meglio 'he tu mi scordi.

FRANCESCA- Allora ti decidi! Cosa devo fa'?

PAOLO- Vogliamoci bene e restiamo 'osì come siamo.

SCENA 6 - PAOLO, FRANCESCA, GUIDO, LANCIOTTO, ARGANTE, OPPRESSA

LANCIOTTO- (Entra con Guido). O Guido, mi dici un po' dov'eri? Dice t'hanno visto alla Stanzina* a stroncà' un par di gotti di vino.

GUIDO- Hai sbagliato. Ero ne' tu' 'ampi a vedé' ' raccòrti.

LANCIOTTO- L'hai visto 'he po' po' di spicinìo.

GUIDO- Toh, o l'insalata?

LANCIOTTO- Tutta mangiata dalle rufole.

GUIDO- O le fave?

LANCIOTTO- Quelle sì, tutte marce.

GUIDO- O le patate?

LANCIOTTO- Mi pigli 'n giro? Se 'un me le 'ortivo sulle gambe…

GUIDO- Ma mi dici un po': te, tutti ' tu' 'varini, con cosa l'hai fatti?

LANCIOTTO- Co' finocchi!

GUIDO- Allora ci devi avé' ' miliardi!

PAOLO- Lanciotto me ne vado.

LANCIOTTO- O cotesta?

PAOLO- E 'un mi sta' tanto a tirà' per elle farde. Oramai gliè deciso!

LANCIOTTO- T'ha dato di barta 'r ceppïone?

PAOLO- No, me ne vado! Gliè 'r destino 'he vòr così! Addio Francesca!

FRANCESCA- No! Pavolino!… Rimani 'vì! (Sviene. Tutti le si fanno d'intorno)

GUIDO- Boccheggia pare un luccio!

LANCIOTTO- Dio de' dei! Gn'ha detto Pavolino!

GUIDO- (A Oppressa che entra). Sciognini 'r busto! Argante!

Argante entra con la macchinetta del clistere bene in vista. Tutti si danno da fare intorno a Francesca. Gran confusione mentre cala il sipario.

= TERZO ATTO =

Strofette del PARAPONZI

A sipario chiuso, gli attori entrano al proscenio e cantano, ciascuno la propria strofetta, musica originale. Il ritornello viene cantato da tutti.

FRANCESCA- Io sono la Francesca-sca

Mi vergogno poverina-na

Da che messa alla gogna-gna

Io fui dall'Alighier.

Io son l'infedel sposa-ssa

Che con Paolino tresca-sca,

La perfida Francesca-sca

Che il marito rincornò…

O-o-o. O-o-o- Eeee…

Ritornello- Pa-ra-ponzi ponzi ponzi

Paraponziponzi po.

Paraponzi ponzi ponzi

Paraponziponzi po!

PAOLO- Io sono Pavolino-nno

Fratello di Lanciotto-tto

Innamorato cotto-tto

Io della Cecca son.

Però giunti ar terz'atto-tto

Succede un gran fattaccio-ccio

Ed alla fin dell'atto-tto

Lui ci sbudellerà…

O-o-o O-o-o… Eeee…

Ritornello- ………………………

LANCIOTTO- Io sono il sor Lanciotto-tto

Un po' disgraziatotto-tto

E innamorato cotto-tto

Io fui della Frances.

Ma venne Pavolino-nno

Il caro fratellino-nno

A farmi un cornettino-nno

Ma io lo sbuzzerò…

O-o-o O-o-o… Eeee…

Ritornello- ……………………….

GUIDO- Io sono messer Guido-ddo

Il babbo della Cecca-cca

Ormai son nella tresca-sca

Mi toccherà ballar.

E ballerò il rtrescone-nne

Con questo mio pancione-nne

E poi sur ceppïone-nne

Una lecca mi darò.

O-o-o O-o-o… Eeee…

Ritornello- ………………………

ARGANTE- Il paggio brïaone-nne

Va a letto a mezzanotte-tte

Di vin ce n'ha una botte-tte

Di prima qualità.

Col bere e col mangiare-rre

Io ruzzolai le scale-lle

Mi feci tanto male-lle

Ma la sbornia 'un mi passò.

O-o-o O-o-o… Eeee…

Ritornello- (2 volte) ……………………..

Sull'ultimo ritornello, tutti rientrano. Si apre il sipario: stessa scena, a destra mobiletto con telefono.

SCENA 1 - LANCIOTTO, ARGANTE

ARGANTE- (Seduto, sbracato, canta sull'aria di "Valencia" - canzone in voga negli anni trenta). Valenciaaa… ciò una puce sulla pancia che ci balla 'r tippe tapp… Valencia… ciò una puce…

LANCIOTTO- O Argante, ma ti vòi chetà'! gliè tutta la notte 'he mi rompi ' timpani 'on cotesta 'antilena! Se hai fame, vai 'n cucina, ci dev'esse' un po' po' di baccalà avanzato da venerdì! (Argante si avvia). Aspetta: prima chiamami la signorina der centralino.

ARGANTE- (Al telefono). Otto… quattro…dodici… trecentotrentatré!… Pronto, signorina? Allora me la daa?… Ma come 'osa? La 'omunïazione, nòo!… Pronto? C'è 'r mi' padrone la vòr vedere… Cosa? Mi puzza 'r fiato? A lei ni puzzerà… (Lanciotto gli toglie il ricevitore. Esce cantando). Valencia… ciò una po' po' di puce sulla pancia…

LANCIOTTO- Se ce l'hai, mangia di magro! (Al telefono). Pronto, signorina… Mi passa 'r corrispondente mondano di Canale 50*… Pronto, gliè lei sor Paradossi?*. Qui parla Lanciotto de' Marditesta… con Moment passa? No, guardi, ci vorrebbe un Momentone… ma di 'velli… Stii a sentì', gni volevo chiede' un piacé'. Quando domattina saprà della 'arneficina successa 'n casa mia… sì sì, ammazzo tutti, anche 'r gatto! Ecco, gni volevo chiede' d'un falla apparì' tanto palloccolosa; insomma, mi tratti un po' benino… ha capito. O cosa vòle: oramai a Pisa, come dappertutto, di becchi siamo 'n parecchi… Ha capito?… Allora ci 'onto, eh, sor coso. Arrivedegliela, mi stii bene. (Posa il telefono, passeggia claudicando per la scena). O vatti un po' a fidà' der tu' fratello! Brutto mondaccio pieno di delitti! O quella donna?! Chi ciavrebbe dato a andà' a pensà' che non facea sur serio… Povero Beppe, non piangea per te; perché non c'era Pavolo piangea! E fursi fursi dev'esse' stata lei a digni di ritornà' a Pisa per vedé'… Se sto dell'artro a ripensacci sopra, stronco ll'universo! (d.d. Guido tossisce).Decco su' padre, quello sì che gliè bòno! Vieni avanti 'atarrone! (Entra Guido col fiasco). Sicché la tu' figliola vòr partì' senza fami sapé' come gliè ita, e te ci siei d'accordo!

SCENA 2 - LANCIOTTO, GUIDO

GUIDO- E 'un se ne pòle fa' a di meno.

LANCIOTTO- Donque gliè vero! Ecco perché da un pezzo 'n qua mi sente 'r capo da 'un tenello ritto! Però la 'orpa è mia. Me lo dicevano quando venivo a fa' all'amore a seggiola ar tu' paese: di qua si bucignava, di là si vociperava… bada Lanciotto, bada a quer che fai, perché 'r su' sangue gliè guasto… e anche su' ma'…

GUIDO- Cosa?! Vorreste di' che son di 'velli anch'io?

LANCIOTTO- No, rea 'un la tengo. Ma 'nsomma: mi ribolle 'r fòo drento!

GUIDO- Ma ni dispiace anco dimorto. E giorno e notte mi s'arraccomanda perché la porti via… Aveva ripreso a malapena 'r respiro, io l'agguantai, la strascïai di là, mi scordai perinsino d'esse' su' padre, tirai fòri 'r curtello per castrà' ballotte e gni dissi: vorrei doventà' un cane se 'un ti sgargàno e 'un ti maledïo se 'un mi dici 'r vero! Lei stiede un pezzo zitta singhiozzando a quello Ddio… poi mi rispose.

LANCIOTTO- O cosa ti rispose, quell'ipocrita?

GUIDO- Ci 'redi mi vien da piange' a raccontallo. Sporse 'r capo guasi volesse di': toh, fai 'ome ti pare. E mi guardava 'ome la vacca quando va ar macello… L'hai fatto cresce', gni gridai, l'hai fatto cresc' 'r capo di Lanciotto! Rispondi! Lei dar gran singhiozzo nun potea aprì' bocca… O cosa vòi: mi sentii 'ascà' du' lacrimoni e mi vortai di là per 'un vedella… E lei in terra a piange', a strascïassi, a dimmi: babbo sono 'nnucente quant'è vero 'r sole. E io: giuralo! lei: vorrei perde' la vista delle palle dell'occhi se 'un è vero… Mi 'ommosse, buttai via 'r curtello e l'abbracciai perché, sarò 'nfelice, m'averanno offeso, 'un dïo… ma su' pa' mi crederei d'essilo: quella sera, c'ero anch'io!

LANCIOTTO- E fa l'innocentina! E vòr tornà' ne' su' monti assieme a lui… O Guido: prima dell'arba, in questa 'asa fo paniccia!

GUIDO- Porta rispetto a' mi' 'apelli bianchi. (Raccoglie il fiasco e si dispone ad uscire)

LANCIOTTO- Bòni per levà' l'olio a' fiaschi: son di stoppa!

GUIDO- Insomma gliè la mi' figliola (accarezza il fiasco) e me la porto via. Gliè 'nutile 'he tu facci tanto 'r Dodda!*

LANCIOTTO- Sì sì, portatela via!

GUIDO- E che po' po'!

LANCIOTTO- T'ho detto di portattela via!

GUIDO- E che po-pone! (Esce a sinistra)

LANCIOTTO- Porta via la figliola ma lascia 'r fiasco!

SCENA 3 - LANCIOTTO, PAOLO

LANCIOTTO- (A Paolo che è entrato da destra). Guà, decco 'r prai-boi! Vieni avanti mascarzone!

PAOLO- Bada Lanciotto, 'un invià' a fa' tanto 'r brigadieri! Potreste esse' mi' padre e ti rispetto, che 'nsennonò n'avreste già toccate! Parli ar tu' servitore o ar tu' fratello?

LANCIOTTO- Ar mi' fratello. Ar mi' fratello! E 'un fa' tanto 'r Cacini*. Ascorta, taci e nun parlà', buffone! Se la mi' moglie fosse la tu' moglie, e se quarcuno ti sciupasse 'r capo, e putaàso fusse 'r tu' fratello. Che gni fareste te?… Dillo, bugliolo!

PAOLO- Er mi' fratello fammi di 'oteste 'ose? E s'averebbe a provà', e s'averebbe! Gni farei tanti bùi cor curtello nella pancia, da vedecci attraverso 'r firmamento!

LANCIOTTO- Anch'io… mi vorrei sfogà' a gonfiatti la ghigna da' 'azzotti! Ma 'un lo faccio perché, prima di tutto ho paura di toccanne, e poi perché sono 'r maggiore; ma credi ce ne vòle. Siei venuto apposta a Pisa per portà' via Francesca?

PAOLO- Fareste meglio a dammi una labbrata, piuttosto che di' coteste 'ose ar tu' fratello! Io portà' via la Cecca? E se anche l'avessi avuto nella 'hiorba, basta guardalla per capì' che con quella donna lì, 'un ci si fa òva!

LANCIOTTO- Siei spudorato più te di non so chie. Venissi anche a vantà' der su' delitto!

PAOLO- Vedi, Lanciotto: io son sempre carmo, ma coll'offese 'un t'hai tanto a sbilancià'. Se fussi spudorato starei zitto, ma quer bene che voglio alla tu' moglie gliè stietto e puro come l'acquavite. Ma nun vo' 'asi e mene voglio andà'!

LANCIOTTO- Ah no! Mondo biribillo! Gliè stietto e puro? Gliè stietto e puro! Come se 'r capo 'un mi si fosse arzato in sempiterna asseula! Ma te lo dïo io: mi scorderò di te, der mi' fratello, ma lei però nun ti potrà scordà'. Non lo dirà ma si 'apisce bene: 'un mi potrà più vedé'… e per tu' 'orpa: Uccello di Rovo!!*

PAOLO- Cotesti, Lanciotto, son discorsi a viaggio d'acqua perché Francesca gliè casta e pura come Sarranieri!

LANCIOTTO- A' cèi! A' cèi lo devi di', brutto lecchino! T'ho capito, sai: te hai na mezza paura 'he t'abbi a ammazzà' Francesca. E guasi guasi n'ho una mezza voglia! E tanto ci spenderei dimorto. Sono 'r governo e 'n casa mia 'omando io! E 'un me ne 'mporta un corno della storia! Di me, dïa 'ver che gni pare, ma di voartri dirrà che siete stati…

PAOLO- Cosa?

LANCIOTTO- Du' maiali!

PAOLO- Questi son discorsi a pipa! La storia dirrà che 'un c'ebbi 'orpa se da bimbetto fui mandato da babbo ar Lupeavo* e mi scardai della più meglio bimba 'he ci fusse ner mondo! Di te, piuttosto dirrà che fusti un animar maligno a sposà' con quer grugno di bezzùa, quer ber visino di pera andata a male.

LANCIOTTO- Ma 'un ti vòi chetà', vigliacco 'nfame? Allora, ti voglio sbudellà' com'un granocchio! (Estraggono le spade e cominciano a duellare)

SCENA 4 - FRANCESCA, GUIDO, LANCIOTTO, PAOLO, GUERRIERI

FRANCESCA- (Dal fondo, ha visto tutto). Babbo! Corri, si dànno!

GUIDO- (Entra con il suo ombrello che apre, a mo' di scudo fra i due). Fermi tutti! Giù li spiedi! O che ciavete drento 'r sangue: un drago?

PAOLO- Sgozzami! M'hai rubbato d'ugni 'osa e 'un me ne 'mporta niente di morì'!

FRANCESCA - Tira piuttosto a me, che t'ho 'nsurtato!

LANCIOTTO- Hai ragione che quer porcospino di tu' pa' ti sta davanti, e tienlo stretto che 'un ti lassi, perché se ti lassa, 'un so ma ti rovino! Superbioso è 'r còre, e te lo sai che certi scherzi nun li pòle ammette'! Ma didigià, a ditti onore a te è come dà' da be' un gelato a un ciùo!

FRANCESCA- Io 'un conosco l'unore? Se ho vorsuto bene a Paolo 'un era mïa un delitto. Era pieno di fegato di merluzzo, era ito 'on Garibardi e gni voleva bene tutta Pisa… No, hai ragione. Ma cor còre 'un si pòle mïa fa' come ci pare. Tira presempio un coomero ner muro, cosa si spacca? Er coomero! Anch'io feci quer che potiedi ma 'un ci fu versi di potello scordà' questo sempatïone.

LANCIOTTO- Ma io sì, lo so cosa vòr di' l'unore; e quando mi dice: ammazza, ammazzo senza tanti 'omprimenti! (Guido si intromette con l'ombrello). Nato d'un cane te e chi ti c'ha portato!

FRANCESCA- Babbo, 'un ci voglio più sta' 'n questo mondaccio.

GUIDO- O 'un ciò l'ombrello.

FRANCESCA- E giacché luilì 'un si decide, piglia un curtello e tagliami la gola.

LANCIOTTO- Falla finita, sennonò fai ripiove'. Ascorta te Guido, te che siei 'r più vecchio e 'r più 'mbecille: sarò rimpinconito e vecchio anch'io, e rivedrò questa giornata 'nfame e questa donna che nun ha prudore. Anche 'n quer giorno, te lo posso di', tanto mi bollirà ner seno 'r sangue, che stianterò d'un accidente a ombrello. Ma certo nun ci rivo. Oggi Francesca, cor su' delitto m'ha guastato 'r fiele e fin quando sarò laggiù, morto e seporto, mi parrà di vedella cor su' drudo venimmi a sbeffeggià' fin sulla tomba.

PAOLO- Povera donna.

FRANCESCA- Nun li tené' 'r muso. Pensa che 'n fondo 'n fondo gliè sempre 'r tu' fratello.

LANCIOTTO- Hai a pregà' per lui, gliè proprio 'r caso! (Gli altri si dispongono per uscire). Ah, perché voi, vi 'redete di poté' andà' via?

FRA - GUI - PAO - Perché, 'un si pòle?

LANCIOTTO- E 'un lo potete, be' mi' brutti musi!

PAOLO- Le pensa tutte 'r vile!

LANCIOTTO- Anche der vile, mi vorreste da'?… S'affogherà ner sangue! Tanto per principià'… (cominciano a duellare). Fermati! Gao, ce l'hai più lunga!… Guardieee!

1° GUERRIERO- (D.D.). Protone: avanti per tre!

2° GUERRIERO- (D.D.). 'Un si pòle, siamo 'n due!

1° GUERRIERO- (D.D.). O 'r terzo dov'è?

3° GUERRIERO- (D.D.). Alla latrina!

1° GUERRIERO- (D.D.). Allora avanti per quattro 'n fila 'ndiana, uno dreto l'artro! (Entrano)

LANCIOTTO- Sono 'r su' re. Levatigni 'r curtello e stioccatigni le manette.

PAOLO- Le manette a questo prode? Venite avanti, coppia di leoni! (Lo immobilizzano)

1° GUERRIERO- Guardieeeeeee; gnamo. (Trascinano via Paolo che oppone resistenza)

PAOLO- (Passando davanti a Lanciotto). Delinguente, assassino, usuricida… ciù! (Gli sputa in faccia. Esce con i guerrieri)

LANCIOTTO- (Accecato). Guido, portami via perché 'un ci vedo più. (Guido lo conduce fuori, guidandolo con l'ombrello puntato sul fondo schiena)

SCENA 5 - FRANCESCA, GUIDO

FRANCESCA- Santi der cèlo, datimi la forza; quer becco di Lanciotto me l'ammazza!

GUIDO- (Rientra subito).Credi, bella mi' Cecca, lo sai cos'ho concruso 'n tutto 'vesto canaio: ripiglio 'r mi' uccello e ritorno ar Lupeavo!* E te vieni via 'on me!

FRANCSCA- Ma andammene 'osì, credi babbo, mi dispiace anco dimorto. Lui ha 'r sangue nero 'on me.

GUIDO- No, di là t'ha perdonato. Anzi, ha giurato sur capo di su' pa' che avrebbe dato un bacio anche a Pavolino.

FRANCESCA- 'Un rammenta' più Pavolo. Sennò te lo 'apisci cosa va a succede'. D'ora 'n avanti voglio esse' sortanto der mi' Lanciotto. Poveròmo. Vallo a chiamà'. Anzi, no: prima mandami quer citrullo der menestrello, ho voglia di sentì' du' bischerate.

GUIDO- Se proprio 'un ne pòi fa' a dimeno, te lo 'hiamo. (Esce)

SCENA 6 - FRANCESCA, MENESTRELLO

FRANCESCA- Addio per sempre, arbergo avventurato. L'ho sentito 'antà' tante vorte sulla 'hitarra ma 'un credevo di dovello di' davvero. Addio bella mi' 'asa dove son nati loro… Sarranieri, questa è l'urtima grazia 'he ti 'hiedo: 'un perde' d'occhio questi du' fratelli. Poi, dar mi' paese ti mando un fiasco d'olio per la lampada… se cala. Ora gosta troppo.

MENESTRELLO- C'è qualcosa che ti turba, Frensis? Qual è il peso che ti opprime? L'anima tua è esulcerata dall'inimico fato? Il cuor tuo geme, forse oppresso da inappagato desio? O forse, cotesto desolato aspetto deriva da un travaglio fisico-corporale? Si tratta forse di imbarazzo intestinale, bruciori, dolori, calli, cispie, forfora, lentiggini, cefalea, otite, alito pesante, nausea, impotenza, vene varicose, malocchio, pulci, pidocchi, foruncoli, mal di denti, mal di pancia, mal di mare, mal di piedi… mal comune è mezzo gaudio… giramenti di testa…

FRANCESCA- Giramenti sì ma… di 'ordoni! Ma chi t'ha sciorto? Stai un po' bonino; 'un mi sente nulla. Ma ci vòr quarcuno 'he mi sollazzi un po' perché son parecchio abbacchiata.

MENESTRELLO- Tutta colpa delle stelle. Siamo in fase di luna calante e gli astri si comportano da veri monelli. Stanotte, con il mio telescopio, ho visto Giove rimpiattato dietro l'anello di Saturno, che faceva flanella con Venere. Nettuno non si era accorto di nulla perché faceva la corte alla Vergine… si credeva lui. Invece era entrato nel Capricorno, così soprappensiero; allora Marte arrabbiato, voleva la guerra! Si è alleato con i sette satelliti du Giove ma Mercurio, che è alquanto fumino, ha firmato un patto con l'Ariete e con il Toro per difendere l'entrata della Via Lattea! Altrimenti, ai Gemelli, cosa davano da mangiare? Quel povero Sagittario ha lanciato qualche freccia, subito intercettata dai radar; i Pesci, quei mascalzoni, stavano lì nell'Acquario, hanno visto tutto ma non hanno detto niente! Si sa: sono muti come pesci! Cosicché al timone del Carro c'è rimasto lo Scorpione, bestiaccia infida che non ha nemmeno la patente… Ecco la situazione stellare, mia deliziosa padroncina.

FRANCESCA- Ma a me, di tutte 'oteste 'ose 'ntrafunate, 'un me ne 'mporta mïa nulla. Io volevo sentì' se mi potevi cantà' una 'anzoncina, fammi un balletto, magari sulle punte o sennò raccontammi una barzelletta per fammi fa' du' risate.

MENESTRELLO- Per cotesta bisogna, esiste quello scatolone con la parete vitrea che la pleba chiama televisione. Lì, puoi trovare cose abbastanza divertenti che ti faranno obliare i malanni e ti indurranno alle risa più sfrenate. Potrai sollazzarti con Tribune Politiche, i vari Tiggì, il mondo di Quark, il notiziario del Paradossi* e quando non avremo più nulla da dirci… afferriamo il telefono e parliamo con i quiz. *

FRANCESCA- Ma armeno una 'anzoncina me la potreste 'antà'. Anche se siei un po' stonato, sarà sempre meglio 'he sta' a sentì' San Remo! Si potrebbe fa' anche un balletto.

MENESTRELLO- Proverò, Cecchina, proverò. Ma non prometto grandi cose.

Sull'aria di PRIMA DI DORMIR BAMBINA

Prima di ballar Cecchina,

chiedoti grato un favore:

lavati i pè pè,

strusciali ben ben

se tu vuoi ballar con me.

Poi danzeran gli amanti

nel valzer svolazzanti.

Moveremo il piè, Cecchina,

al ritmo d'un gran calore,

un pestotto a te,

un pestotto a me,

tutt'e due zoppicherem.

In quel sublime istante

ti stringerò tremante.

Così ballerem, Cecchina

la bella danza nostrana.

Fuori poi ne andrem

a far quel ballo che

va a finire sempre col casché.

FRANCESCA- Grazie, coso. Ora vatti a riposà'. (Menestrello esce). Sarà meglio 'he telefani a quarche quizze, 'un m'ha mïa sfagiolato punto luilì.

SCENA 7 - FRANCESCA, PAOLO

PAOLO- (Entra correndo). Cecca! Ti posso rivedé'! mi sento allargà' 'r còre!

FRANCESCA- O com'hai fatto a liberatti?

PAOLO- Mi son pentito, così è scattato l'artïolo di legge e m'hanno dato trent'anni di libertà vigilata. Ma ero pronto a comprà' mezza pretura!

FRANCESCA- Stai Sempre a 'nventà' nòvi delitti.

PAOLO- Io vengo per impedinne de' delitti. Quer boia der tu' marito, 'un si 'ontenta di tirammi. Vòle taglià' a fette anco te, com'una salama!

FRANCESCA- Ovvia. Pavolino, rientra 'n carreggiata e 'un insurtà' così senza ragione quer poveròmo che t'ha perdonato. Tanto, dove vòi rivà' te, 'un ci rivi!

PAOLO- Se 'un vedo te e tu' padre a sarvamento, 'un mi mòvo! Lanciotto dà le spade all'arrotino! Armeno dimmi se si rivedremo.

FRANCESCA- Io e te?… Quando saremo doventati vecchi e 'un s'avrà più 'r capo alle 'osacce.

PAOLO- Allora mai! Dammi la tu' manina bianca bianca e mettila 'vì 'nsur còre: ti parrà di senticci uno stantuffo, così a vedé passà' 'r trammino,* ti parrà di vedé' passà' 'r tu' Pavolo.

FRANCESCA- Mamma mia, ti piglia fòo 'r còre! Stammi a sentì' 'nsur serio: io sempre mi rïorderò come con me Lanciotto sii stato bòno; ciavrei vorsuto vedé' quarched'un artro ne' su' panni. E poi è bene 'ntendisi alla prima: se anco morisse 'r mi' Lanciotto, io marito 'un lo ripiglio! Gao! Perderei l'assegni familiari e la pensione!

PAOLO- Ma io 'un voglio mïa che lui mòia. Io voglio che tu vienghi in un deserto assieme a me, per istà' sera e Mattina a rimiratti.

FRANCESCA- In un deserto? Ner Sakara? Ci verrei dimorto volentieri e 'n quattro o cinqu'anni alla più lunga, ti darei una mezza dozzina di figlioli tutti 'ompagni a te, tutti 'ompagni!

PAOLO- O allòra? (Pronuncia la "O" aperta, molto esagerata)

FRANCESCA- C'hai messo un'O pare una ròta!

PAOLO- Cecca! (Le stringe il petto)

FRANCESCA- Via, Pavolino… Qui c'ho 'r latte… e qui c'ho 'r caffè. Se me li strizzi si fa 'r cappuccino… e poi, se Dio ne guardi ci vedesse mi' padre…

PAOLO- Tu' padre 'un ha 'r diritto di chiamassi tu' padre! Chi è che t'ha fatto sposà' Lanciotto? Tu' padre. Chi è che t'ha messo 'n queste 'ondizioni? Tu' padre. Chi è che… Cecca, me lo dai?

FRANCESCA- Cosa?

PAOLO- Un bacino.

FRANCESCA- Seeeh… (Fugge per la scena inseguita da Paolo). Via, Pavolino, stai bòno… (Al pubblico).Voartre ci ridete. Vi ci vorrei vedé' voi, qui sopra con luilì! (Altra fuga). Io 'un ce la faccio mïa più… Pavolino, beccami! (Si baciano comicamente)

SCENA 8 - FRANCESCA, PAOLO, GUIDO, LANCIOTTO, ARGANTE

LANCIOTTO- (Entra con Guido). Paolo! Francesca! E te, brutto 'mbecille, mi sei venuto anche a chiamà', per vedé' cotesti lavori! Apposta lei l'ha fatto. Ora l'ammazzo tutt'e due e faccio un bagno cardo ner su' sangue! (Sguaina la spada)

GUIDO- E quella gliè la mi' figliola? Ora gni tiro!

PAOLO- Deccoli 'velli forti! Ma digni che 'un ti tocchino, sennò gni stiocco ll'ossi drent'a un pianerino!

FRANCESCA- Lanciotto, vòi der sangue? Piglia 'r mio! (Offre il petto. Lanciotto la uccide)

MARCIA FUNEBRE

LANCIOTTO- E te, vigliacco 'nfame, avanzati se hai fegato!

PAOLO- Vòi vedé' se ho coraggio? Qui c'è 'r còre… no, gliè di 'và. (Lanciotto lo uccide)

MARCIA FUNEBRE

GUIDO- Lanciotto, ma così 'un fa a tempo neanche 'r prete. (Si siede e si addormenta)

ARGANTE- Lanciottoooo, di là c'è 'r brigadiere; cosa gni devo di'?

LANCIOTTO- Digni 'vesto. (Lo uccide)

MARCIA FUNEBRE

LANCIOTTO- E tre! Ora mi pare di sentimmi un po' po' meglio! O Guido, vai dar Pardi e Péori* a ordinà' la 'assa.

FRANCESCA- (Da terra). Paolo…

PAOLO- (Da terra). Francesca…

LANCIOTTO- O 'un eran morti?

PAOLO- Arrivedessi 'n Paradiso…

FRANCESCA- No, devi di' all'Inferno, quello è 'r nostro avere… Armeno, babbo… babbo… o babboo! (Guido in dormiveglia). Mi perdoni?

GUIDO- Vai giuliva e bada alle 'urve.

FRANCESCA- Allora mòio. Gioàte ventitré, sessantavattro, centootto sulla ròta di Putignano.* Pavolino, ristianto. (Muore)

PAOLO- Era destino di dové' andà' all'Inferno per 'un avé' più tra ' piedi quer beccaccio der tu' marito. Deccomi, Cecca. (Muore)

LANCIOTTO- anche all'Inferno volete andà' a fa' quelle 'osacce? Ma soli 'un c'indate perché toh, deccomi dreto! (Si uccide)

MARCIA FUNEBRE

GUIDO - (Si sveglia definitivamente). Che po' po' di spicinìo! E io, povero vecchio, dovrei finì' ar reusorio? Chè, vi vengo dreto anch'io! (Si toglie una scarpa, se la batte due volte in testa ma, non trovando il metodo efficace, l'annusa e muore)

MARCIA FUNEBRE

SUGGERITORE- (Esce dal cupolino con il copione e una candela accesa)

Rispettabile pubbrïo

Fra tanta strage e tanto spicinìo

Son morti tutti, vo' morì' anch'io.

(Mangia la candela e muore)

MARCIA FUNEBRE

Cala il sipario, che si riapre subito con la compagnia schierata al proscenio per cantare

INNO GOLIARDICO