FRATELLO DI LATTE
Monologo
di ALDO NICOLAJ
PERSONAGGI
PELAGIA
Commedia formattata da
PELAGIA
(sulla cinquantina, vestita con un abito contadino del cinquecento)
Fu il caso a farci vivere anni sotto lo stesso tetto e lui a questo paese è fedele. Se ne va per il mondo tra i lombardi, negli stati pontifici ed in altri lontani paesi, ma quando ritorna, se non può venire a Vinci devo essere io ad andare da lui a Firenze, in via dei Ghibellini, nella casa del padre, dove abita coi suoi allievi. Vuole vedermi. Non per affetto, per consuetudine. Mi racconta della sua vita, perché della mia ho poco da dire, se non che continuo ad affaccendarmi per la casa. Non credo nemmeno abbia affetto per me, sarà capace di grandi passioni, ma non certo di affetti. E nemmeno di odio. È, come dire, un poco abulico, pieno di capricci e non ha un carattere forte. Entrai in fasce in casa loro perché mia madre, contadina in queste campagne, ingravidò. Di chi mai me lo disse, perché pensava che per me non aveva interesse alcuno. Ero al mondo e per colpa o merito di chi non importava. Mi aveva fatta nascere, sotto un leccio, in un fosso, con un parto facile come fosse una giovenca ed aveva i seni pieni di latte. Più o meno nello stesso periodo Caterina, una servetta del borgo di Anchiano, aveva partorito un pargoletto, poiché il notaro Ser Piero l’aveva ingravidata. Scarsa di latte perché giovane e primipara, la meschina non riusciva a nutrire quel pargolo sempre affamato, che invece di crescere deperiva giorno per giorno, malgrado cercassero di aiutarlo le poppate alle mammelle della capretta di casa, di nome Guendalina. Siccome a Vinci si sa tutto l’uno dell’altro e non importa che segreto vien subito messo in piazza, fu riferito a messer notaro che mia madre di latte tanto ne aveva da potere nutrire oltre al suo anche altro fantolino Così lui mandatala a chiamare, le propose di far da balia anche al suo rampollo, orgoglioso com’era di questo maschio che gli assicurava la discendenza. Il di lui padre, non volendo tra i piedi Caterina, la diede in moglie ad un contadino, si fece lasciare il bambino ed assunse mia madre come fantesca e balia. Così che diventai sorella di latte di quel bambinello chiamato Leonardo ed alla morte di mia madre presi il suo posto, per cui ancora sono qua. E non mi lamento perché meglio far la serva dentro una casa che sfiancarsi dall’alba al tramonto nei campi e nelle vigne, sotto il sole, la pioggia ed il vento. Mi considerarono di famiglia e Leonardo ed io fummo allevati insieme. Messer Piero, che non aveva figli dalla moglie, adorava il frugoletto. E quando la moglie morì si prese una donna che non partorì nemmeno lei. Solo la terza moglie, dopo la morte della seconda, mise al mondo uno dopo l’altro due maschi, Antonio e Giuliano, che essendo legittimi non videro mai di buon occhio il fratello bastardo, cercando sempre di metterlo in cattiva luce col padre. Ma questo avvenne più tardi. Trovata la balia, Leonardo poppò con tanta avidità che se mia madre non mi avesse dato la precedenza, nonostante i suoi seni strapieni di latte, lui se lo sarebbe ciucciato fino all’ultima goccia ed io sarei morta di fame. Mangiava come un lupo. ”Per forza, diceva mia madre orgogliosa del suo latte, è maschio”, mentre il notaro s’inorgogliva vedendo il figlio crescere forte e robusto. E non voleva che mia madre smettesse di allattarlo, tanto è vero che se lo portò al seno fin quando aveva cinque anni, mentre io dopo un anno già ero bell’e che svezzata. Ma quando lo staccarono dal seno, nulla gli andava. Rifiutava la carne di pollo, quella di maiale, quella di tutti gli animali. Neanche il prosciutto gli piaceva e nemmeno i salami. Un boccone di vitella bastava a farlo vomitare per giorni. Si diceva fosse perché neonato aveva bevuto latte di Guendalina, la capra indemoniata. Invece era la sua natura a fargli rifiutare la carne. Forse l’ammazzamento di qualche bestia, lo aveva troppo impressionato, per cui si è sempre cibato e si ciba soltanto di latte, uova, verdura e frutta. E, contrariamente a quando era in fasce, non è mai stato di grande appetito. A tavola, allora come oggi, gli basta pane, un tocco di formaggio ed un bicchiere di vino. Subito in paese trovarono a ridire su quel bambino, dicendo che non era molto normale e certo avevano le loro ragioni Già era mancino, che non era un segno positivo. Si possono immaginare i commenti dei fedeli quando lo vedevano farsi il segno di croce con la mano sinistra. Un gesto che lo stesso Tribunale della Santa Inquisizione condannava. E, poi, non è che fosse come gli altri bambini. Intelligente sì, ma stravagante, pieno di idee strampalate. Faceva giuochi inconsueti, chissà come gli venissero in mente. Già allora, come adesso, portava a casa tutto quello che trovava. Riempiva la stanza di sassi, ossa, pezzi di legno, funghi ed anche bruchi, lucertole, vermi, topi e ragni. Vivi e morti. Costruiva gabbiette e metteva insieme specie diverse di bestiole per studiarne il comportamento. Una volta trovai il mio pagliericcio pieno di scarafaggi. E lui che, tranquillo, mi diceva di star calma, che gli scarafaggi non mi avrebbero fatto alcun male, lui voleva solo osservarne le abitudini. Ma nel mio pagliericcio li aveva deposti, non nel suo. E come si adirava se rifiutavo di partecipare ai suoi giochi. Una volta quasi mi fece annegare perché buttandomi nell’acqua fonda voleva vedere come me la sarei cavata essendo inesperta del nuoto. Un’altra, mi mise ignuda e voleva introdurre una manciata di vermi nel mio sesso per vedere cosa avrebbero fatto quando attraverso il mio orifizio sarebbero entrati nel mio corpo. La paura che ebbi di quei vermi che minacciavano la mia natura più segreta fu tanta che mia madre fece intervenire messer notaro, che lo sgridò severamente, credendo la sua fosse una malizia per scoprire i segreti del sesso, dicendo che per i peccati della carne bisognava aspettare l’età giusta, ci sarebbe stato tempo per commettere peccati mortali. Neanche accennò ai vermi. Le sue parole non fecero né caldo né freddo a Leonardo, che quando si mette qualcosa in testa, deve andare avanti, per lo meno fino a quando un’altra idea non meno bizzarra prende il posto di quella. Incostante e volubile, già allora, passava da un giuoco all’altro continuamente, come una farfalla da fiore a fiore. Estroso, ma discontinuo e instabile. Bisogna riconoscere che già allora sapeva fare di tutto, imparava in un attimo ogni mestiere. Piccolissimo, già sapeva di matematica, falegnameria, disegno, astronomia, forgiava il ferro, suonava, cantava, disegnava. Una volta, entrato in chiesa, era salito all’altare per dire lui la messa. Ed al signor prevosto che glielo aveva impedito, lui così mite, aveva fatto pervenire un biglietto di insulti. Che il sant’uomo non riuscì a decifrare perché già allora aveva preso il vezzo di scrivere a rovescio la sua scrittura, di modo la si potesse leggere soltanto riflettendo l’immagine in uno specchio. Come gli fosse venuta questa balzana idea nessuno potrà mai dirlo. I suoi fogli sono pieni di progetti, schizzi indecifrabili, appunti, che può leggere solo lui, scritti alla rovescia, disegni mescolati l’un l’altro, in un disordine completo. Ma nessuno ha cercato di correggerlo ed insegnargli l’ordine. Lo hanno sempre lasciato fare, questo è stato il guaio. Vista la predisposizione che aveva per il disegno, il padre pensò di farne un pittore e portò i suoi schizzi al grande Verrocchio, che si entusiasmò e lo volle subito nella sua bottega, dove già c’erano pittori famosissimi come il Botticelli, il Perugino, il Pinturicchio. Per la sua abilità, la sua intelligenza ed anche per la grazia e la bellezza, conquistò compagni e maestro Aveva un bel fisico, capelli lunghi ed inanellati, occhi luminosi, un gentile sorriso. Il Verrocchio, gli si affezionò talmente che lo volle anche come compagno Uscivano insieme dopo il lavoro, passeggiavano per il lungarno, andavano a bere nelle taverne. E mai furono visti con donzelle. Credo che Leonardo non sentisse attrazione per l’altro sesso. Io, per esempio, ero carina e logicamente ero innamorata di lui. Ci sarebbe voluto poco per conquistarmi. Lui non ci provò mai. Ed anche una notte che, per l’arrivo improvviso di ospiti, ci toccò dormire insieme, non ci fu tra noi alcuna intimità. Io trepidante avevo il batticuore aspettandomi una sua qualche sollecitazione. Lui, invece, non fece che parlarmi della nidificazione dei fagiani. Poi ad un tratto si zittì e mi accorsi che si era addormentato. Possibile che a diciotto anni non avesse inclinazione per l’amore? Girava però voce che tra lui e quel bell’uomo del Verrocchio, ci fosse qualcosa di più dell’amicizia. Furono addirittura accusati di sodomia, ma vennero assolti. Sodomia Io non sapevo cosa quel termine significasse. Qualcuno mi spiegò che era un modo di fare l’amore senza che la donna restasse incinta. Perché avrebbe dovuto essere un peccato? Poi mi venne spiegato che era diffuso in quel periodo a Firenze un rapporto amoroso, che era stato molto praticato dai greci, dal quale erano escluse le donne ed i colpevoli, se scoperti, potevano finire sul patibolo Ma quel rapporto era talmente diffuso, che si sarebbero dovuto giustiziare chissà quante personalità del governo e del clero, nonché giovani appartenenti alla corte del Magnifico, per cui si preferiva chiudere un occhio e condannare ogni tanto un disgraziato a morte per dare un esempio, fingendo poi di non vedere il diffondersi di quel peccato. Bisogna dire che Leonardo aveva qualcosa di femminile, il tratto dolce, un fascino non certo virile ed una voce sottile ed affascinante come se a donna e non a uomo appartenesse Però mai diede impressione di ambiguità nel vestire e nel comportamento. In un periodo in cui la moda era piuttosto eccentrica per le fogge, le stoffe ed i colori, vestiva sempre sobriamente di colori scuri e mai sgargianti. Però, non è un mistero che usasse accompagnarsi sempre a bellissimi giovani che pittori erano, od aiutanti o modelli. Dovevano divertirsi assai in quelle loro botteghe. Cosa succedesse non si sa, ma essendo giovani avevano voglia di spassarsela e con la scusa della pittura ne inventavano di gagliarde, arrivando anche a vestire uomini da donna ed in tal guisa dipingerli. E sghignazzavano quando gli altri ammiravano la bellezza femminea della figura dipinta, ignorando che non di donna si trattasse ma di giovinetti. Una volta Leonardo mi fece vedere la copia di un quadro del suo amico Sandrino con tre belle fanciulle che si davano la mano danzando Li riconobbi subito: erano tre ragazzotti che aiutavano in bottega. Ma tranne noi che li conoscevamo, nessuno avrebbe mai potuto supporre che quelle Grazie dipinte dal Botticelli fossero maschi È stato un bel periodo per Leonardo, quello. Giovane, seducente, spensierato, pareva votato al successo Ma un carattere Mai un poco di entusiasmo, di allegria, di vivacità Bravo era bravo, non lo discuto, ma lento, indeciso, sempre esitante. Mentre i suoi compagni in poco tempo licenziavano un dipinto, lui lo portava avanti per anni ed anni. E spesso neppure lo terminava perché sedotto da altra ispirazione, interessato a altri problemi, soprattutto scientifici. Si dice che il Botticelli rispondesse alla moglie che lo chiamava a desinare di buttare la pasta, perché nel tempo in cui coceva lui avrebbe dipinto una tela. Leonardo, invece, per dipingere una tela impiega anni ed anni perché sempre interrompe la pittura per altre cose inutili, con la presunzione di carpire i segreti dell’intero globo terracqueo. Se non mi ha mai fatto un ritratto? Decine e decine. Ma non lo accontentavano mai, per cui grattava via il disegno o la pittura e sulla tela tornata bianca faceva altre cose. O a volte, dopo averne cominciato uno, lo lasciava per altri soggetti o calcoli aritmetici Una volta vi dipinse una Santa Vergine nel deserto che disegnava sulla sabbia figure geometriche per insegnare la geometria al Figlio. Come se Gesù Cristo, un dio che sa tutto, fosse venuto al mondo perché la madre, che in fondo non era che una povera ignorante come me, gli insegnasse la geometria. Per fortuna che anche quel dipinto lui lo distrusse, altrimenti non se la sarebbe passata liscia con la Santa Inquisizione. Virtù ne ha, ma altrettanti difetti. La presunzione, l’incostanza, il disordine. Sa fare tante cose, ma lui crede saper fare di tutto, andiamo. Così sciupa il suo tempo. Le sue stanze a Firenze ed a Vinci fanno paura, Un puzzo un fetore. Per forza, lì dentro c’è di tutto, animali vivi e morti, sassi, pezzi di terra, radici di piante, pezzi di legno, ossa, resti trovati chissà dove. E migliaia e migliaia di fogli con appunti scritti con quella sua scrittura rovesciata, concetti mescolati l’uno all’altro, bozzetti, schizzi, figure geometriche, disegni di ponti e di fortificazioni, di macchine, di armi. Sì, anche di armi. Lui che sfida la morte per salvare un uccellino od un insetto, progetta armi mostruose per sterminare la gente. Cannoni, bombarde, attrezzi micidiali che fanno paura solo a guardarli. Ma perché , gli dico io, che bisogno c’è d’inventare armi, voi siete nato pittore. Scrolla le spalle e non mi dà retta, come non ha mai dato retta a nessuno. Fa soltanto quello che gli garba e nel momento stesso in cui gli garba. Certo che per dipingere nessuno sarebbe alla sua altezza, se fosse più costante. Pare che l’ultima cena dipinta nel cenacolo del convento delle Grazie a Milano sia un capolavoro. Ma quanto tempo è occorso per finirlo?. Più di dieci anni. Mi pare esagerato. Quanti quadri od affreschi un pittore fa in dieci anni? Ma è la sua natura quella di non essere mai contento, trova sempre qualcosa da fare o ritoccare, mette in discussione l’impasto dei colori, la prospettiva o l’espressione dei volti. Io, poi, non mi spiego come abbia permesso alla soldataglia francese di distruggere nel cortile del palazzo sforzesco a Milano l’abbozzo della scultura del suo capolavoro, il famoso Colosso, di cui dappertutto si parlava? Per vigliaccheria? Per un atto di sfiducia verso se stesso? Michelangelo non glielo ha mai perdonato e ogni volta che l’incontra, trova l’occasione per rinfacciarglielo. Anche se, in fondo, si compiace che un capolavoro, che avrebbe potuto mettere in ombra le sue sculture sia scomparso Vero è che tra i due non è corso mai buon sangue. Contrariamente alla simpatia che nacque subito, invece, con Raffaello, da cui Leonardo fu conquistato fin dal primo incontro. Purtroppo, diventato pittore del Papa, Raffaello dimenticò l’affettuosa amicizia che li aveva legati. Leonardo sarebbe il più grande pittore del momento, se nel suo mestiere dimostrasse continuità e costanza. Ma a lui non importa niente dei suoi capolavori. La battaglia di Anghiari, per esempio, commissionatagli dalla Signoria, è andata perduta e lui non se n’è nemmeno rammaricato. E pare fosse un capolavoro. Per dimostrare la sua superiorità basterebbe citare il ritratto di Monna Lisa del Giocondo, un quadro piccoletto, ma di cui tutti parlano, Io quando lo vidi rimasi di molto impressionata. Se non altro, per quel sorriso che mi ricordava non so chi quel sorriso misterioso di cui tutti discutevano dove già l’avevo visto? E chi era quella monna Lisa del Giocondo che nessuno conosceva? Alla fine ci arrivai. Quello era il sorriso di Caterina, la madre di Leonardo, cui lui fu sempre molto legato. Ed era anche il sorriso di Leonardo stesso, che dalla madre lo aveva ereditato. Per cui monna Lisa era inesistente e quel ritratto era nato in Leonardo dal ricordo della madre e forse anche dalla raffigurazione di se stesso in abiti femminili. Ecco il perché di tanta ambiguità. Più che un ritratto reale, è una figura che lega madre e figlio in una sola persona. Per questo non lo cedette mai a nessuno ed ogni viaggio che intraprende lo sistema tra i suoi bagagli non volendo separarsene mai. Anche adesso, andando dal Re di Francia, se l’è portato dietro, legato alla sella del cavallo, Vuole sempre averlo sotto gli occhi per documentare la sua ambigua individualità. Io sempre fui dalla sua parte e lo difesi dalle calunnie e dagli attacchi che gli venIvano da ogni parte. A chi parlava contro di lui non credevo, non volevo credere. E sempre negai le infamità di cui la gente lo faceva responsabile. Poi dovetti soccombere di fronte ai fatti reali. Perché lui stesso mi ha tranquillamente confidato le sue infamità. Accompagna al patibolo i condannati a morte per carpire sul loro volto atterrito, l’ultima espressione o smorfia, e fissarlo sul cartone con un carboncino. E non prova alcuna pietà per quegli esseri la cui vita sta per essere stroncata. Questo dimostra che ha cuore di un mostro! E, peggio ancora, compra cadaveri per squartarli in casa. Ecco il perché del fetore che si sente nelle sue stanze Ed ho anche la prova che estrae feti dal ventre di donne incinte per fare su di essi i suoi studi. Lui, uomo così mite, così sensibile alla sofferenza di un passerotto o di un gattino di strada Ecco il perché della sua calma, del suo controllo Un uomo che non sa reagire ad un insulto o ad un’offesa e che lascia che si distruggano i suoi capolavori senza reagire non è normale Aveva ragione la gente di Vinci, che fin dalla sua prima infanzia lo aveva capito e non si fidava di lui, aveva capito la sua follia, la sua personalità diabolica. Dipinge delicate e dolcissime Madonne e nello stesso tempo crea macchine diaboliche che possono portare allo sterminio decine e decine di innocenti. Ha due nature, il genio del bene ed il genio del male, angelo e demonio nella stessa persona. Ecco perché non ha pace e passa da un padrone all’altro, serve Ludovico il Moro e si offre al Duca Valentino, accetta di servire la Signoria e poi il Papa, ed ora il re di Francia. E pensare che io l’ho amato perché, pur conoscendo le sue stranezze, credevo nella sua bontà. E nella sua intelligenza. Ma ho realizzato in pieno la sua pazzia, è stato quando mi fece vedere le ali che si era costruite per volare nel cielo. Non è una burla, lui ci crede, ci crede davvero. Vuole librarsi in volo come un uccello, Ed ha permesso ad un suo allievo di tentare il volo col risultato che è precipitato al suolo fratturandosi non so quante ossa. E avrebbe voluto farle provare anche a me. Come può pensare che una creatura umana possa librarsi nell’aria come un uccello? Grande talento ha questo mio fratello di latte, ma è un pazzo, che si crede capace delle cose più impensabili Come pensare di far volare uomini con ali di uccello? Invece di dipingere, perde il suo tempo a sventrare cadaveri, costruire armi spaventose, accompagnare condannati al patibolo, far navigare navi sott’acqua come pesci. Il suo cervello è dominato dalla pazzia, che è responsabile di tutte le sue azioni. E così, un artista di grande talento come lui, non lascerà al mondo che pochissimi dipinti, forse una decina, per cui sarà dimenticato mentre altri pittori molto meno bravi, verranno ricordati per le tante opere d’arte che avranno lasciato al mondo. La verità è che non ci tiene a dipingere, lui vuole volare povero Leonardo. Per vergogna finirò per rinnegare anche di essere sua sorella di latte, preferisco essere considerata solo una serva. E dire che gli ho voluto tanto bene a quel disgraziato di Leonardo.
FINE