Fuga dal castello in aria

Stampa questo copione

FUGA DAL CASTELLO IN ARIA

Commedia in tre atti

Di GHERARDO GHERARDI

PERSONAGGI

DICK OARA, 45 anni

CARLO OARA, 43 anni

DOTTOR WALDEN, 60 anni

ORIO OARA, 25 anni

CLOS, 27 anni

ANGELO, 27 anni

L’AVIATORE, 40 anni

CAMERIERE, ===

MIRIA LAMAR, 25 anni

PERLA, 30 anni

MARGA OARA, 50 anni

PEPE OARA, 22 anni

CLARA, 25 anni

STELLA, 25 anni

L’azione si svolge nell’isola di Koira a cento miglia marine da Porto Markus.

Commedia formattata da

ATTO PRIMO

La scena è unica per i tre atti: l'ampio salone centrale di una grande e signorile villa moder­na, situata nel centro dell'isola di Koira a cento miglia marine da Porto Markus, vale a dire sulla linea del tropico. Al fondo una porta­finestra che dà su una terrazza prospiciente un parco rigoglioso: la terrazza è piena di fiori. Alla destra dello spettatore una porta che dà agli appartamenti del piano terreno. Alla si­nistra un caminetto e, in fondo, una piccola scala praticabile con balaustra di legno, che sale agli appartamenti superiori. Mobili elegan­tissimi e semplici. Una biblioteca, la radio, un Piccolo mobile-bar, poltrone, divani. Ricche lampade di molti colori, anche sulla terrazza in fondo.

È mattina. Sole. Quando si alza la tela, intor­no al dottor Walden sono Carlo, Marga, Pe­pe, Orio tutti in piedi. Di quando in quando le voci tenderanno ad alzarsi, ma il dottore si affretterà ad ottenere un tono più sommesso. Evidentemente egli teme di disturbare qualcuno.

SCENA PRIMA

Walden                         - Io non voglio ripetere le cose cento volte e perciò aspetto che vengano gli altri.

Marga                            - Perla è di sopra da mio fratello. Pos­siamo chiamarla.

Carlo                             - Volete che vada io?

Walden                         - Perla è già perfettamente istruita. Io dico gli altri...

Orio                               - Sono già sbarcati. Li ho visti dalla ter­razza mentre scendevano alla darsena.

Pepe                              - Pur che si faccia presto.

Walden                         - Presto? Evidentemente non avete un'idea chiara di quello che c'è da fare.

Orio                               - Ma insomma, papà è guarito o no? È una bella seccatura.

Pepe                              - Senti come parla! Si tratta di nostro padre. Non ti vergogni?

Orio                               - Ipocrita!

Pepe                              - Io? Come ti permetti? Ripeti!

Walden                         - (con gesto sollecito) Per carità...

Orio                               - (a voce bassa, ma concitata) Ha più vo­glia lei di me di tornare a Porto Markus a divertirsi, con quei ventiquattro idioti che le fanno la corte...

Pepe                              - Mille volte meglio ventiquattro idioti, che un ubriacone come te.

Carlo                             - (con voce strozzata) Ma insomma, vo­lete smetterla? Non avete alcuna sensibilità.

Orio                               - Senti chi parla! Ti sta proprio bene que­sto atteggiamento compunto caro zio. Si di­rebbe che sei sempre stato terribilmente affe­zionato a papà.

Pepe                              - Questo è vero. (A Carlo) Papà era mor­to per colpa tua.

Walden                         - Ma che morto, che morto! Senti che discorsi! E poi, se mai, era morto per colpa di tutti...

Marga                            - Mia no. Io non gli ho mai dato una noia... Io non ho i vostri problemi...

Pepe                              - Sfido. Nessuno si è mai innamorato di te...

Marga                            - Che impertinente. (Commossa) Pen­sare che li ho sempre trattati come dei fi­gliuoli...

Orio                               - Cosa c'entra? Ci potevi anche trattare come dei caporali... Non saresti mica gene­rale, per questo...

Marga                            - Li sentite? Io mi domando... se è ri­spetto...

Pepe                              - Ma zia, tu pretendi troppo... Sei sem­pre vissuta alle spalle di papà.

Marga                            - Io sono una zitella. Devo pur vivere alle spalle di qualcuno.

Pepe                              - E allora sopporta queste piccole cose dolorose...

Orio                               - Invece di pagare la retta di pensione...

Carlo                             - (alzando la voce) Sapete che vi devo dire io?...

Walden                         - Prego!... C'è un malato...

Carlo                             - (fra i denti) Mascalzoni!...

Orio                               - (forte) Senti, zio! (A bassa voce) Certi aggettivi suonano male in bocca tua...

Carlo                             - Cerne sarebbe a dire?

Orio                               - Tu mi capisci molto bene. Se no, do­mandalo a tua moglie, o al cassiere di papà.

Carlo                             - (forte) Io ti copro di schiaffi...

Walden                         - Ma volete tacere, perdio? (Pausa). (Nel silenzio la voce di Marga piagnucolosa).

Marga                            - Barbari!

(Walden le impone silenzio con uno sguardo). (Altra pausa).

Cameriere                      - Le fidanzate del signorino e i fi­danzati della signorina.

Walden                         - Finalmente! Vengano. (A Carlo) An­date a chiamare vostra moglie. È bene che ci sia anche lei.

(Via Carlo dalla porta di sinistra, mentre dalla porta di destra entrano gli annunciati).

SCENA SECONDA

(Entrano Stella e Clara: la prima una ele­gante donnina, la seconda una ragazza piena di sussiego; dietro di loro Clos, giovanotto im­pomatato ed elegantissimo con qualche tocco di eccentricità, e Angelo, compitissimo giova­notto miope).

Walden                         - (andando incontro ai nuovi venuti) Avanti, avanti, vediamo se si può conclu­dere qualche cosa. Prego. Io sono il dottor Walden, medico curante di Dick Oara.

Pepe                              - Questo è il mio fidanzato, Clos. E que­sto (accennando ad Angelo) il fidanzato che mio padre vorrebbe affibbiarmi.

Angelo                          - Mi chiamo Angelo Pariol, procuratore della Banca Industriale.

Walden                         - (a Clos) E voi che cosa siete?

Clos                               - Io? Niente. Che devo essere? Non ho ancora trenta anni. La vita comincia a qua­ranta. Avete voglia...

Orio                               - La mia favorita, Stella, e la favorita di mio padre.

Stella                             - Io sono ballerina solista all'Opera. Anzi, devo dire che se la cosa è lunga, io non posso assicurare la mia presenza. Mi vo­gliono per la Salame.

Walden                         - Per me, signorina, potete andare an­che subito...

Orio                               - Cosa? Io ho promesso che accetto tutto, a patto di non essere costretto a rinunciare a Stella. (La bacia).

Clara                             - Io non sono venuta per assistere alle tue smancerie con quella lì... (Fa per andar­sene).

Walden                         - Ma dove va? Fermatela!

Pepe                              - (fermandola) Non vi muovete...

Walden                         - Voi siete?

Clara                             - Clara Vari.

Walden                         - E basta?

Clara                             - Dei conti di Montreu... Volete altro?

Walden                         - Vorrei che foste un po' più ragio­nevole.

Angelo                          - Fate come me, signorina. Per me questo signore (accenna a Clos) può baciare Pepe a suo bell'agio. Tanto, io so come va a finire.

Clos                               - Ah, sì? Allora comincio. (Bada Pepe).

SCENA TERZA

Perla                              - (bella e ancora giovane donna entra pre­cedendo Carlo, tutti si volgono verso di lei).

Walden                         - Come sta Dick?

Perla                              - Bene, a vederlo, ma non ha ancora parlato, salvo un momento mentre dormiva.

Walden                         - Parlava in sogno?

Perla                              - Sì, ha mormorato qualche parola...

Walden                         - Nervi, nervi, non mi sbaglio.

Marga                            - E che cosa diceva?

Perla                              - Non so... Un nome di donna, credo... Miria, o Mira, o Mara...

Orio                               - (sardonico) Ah, ah... Papà!...

Marga                            - Ma che, ma che!... Mio fratello da quando è morta quella santa donna di sua moglie non ha avuto il tempo di pensare a queste cose.

Perla                              - Può darsi che mi sia sbagliata... E questi signori?

Walden                         - Non vi avevo detto. .

Perla                              - Tutti e quattro? Non ce ne sono due di troppo?

Pepe                              - Siamo d'accordo così. Se Clos se ne va, me ne vado anch'io.

Perla                              - Ma se Dick li vede?

Walden                         - Non li vedrà... Ho la loro parola.

Carlo                             - Oh, allora!...

Pepe                              - Puoi dubitare della nostra parola?

Orio                               - È una diffidenza scusabile in lui!...

Carlo                             - (vivace) Dottore, vi avverto che se continua così, non rispondo di me.

Walden                         - Su, via, non fate il ragazzo anche voi.

Carlo                             - (con rabbia repressa) E va bene...

Walden                         - Io ho l'impressione che nessuno di voi si sia reso conto della gravità della situazione. Ho detto e ripeto che la vita di Dick C'ara è in pericolo.

Stella                             - Sì? Anche due mesi fa era in peri­colo.

Marga                            - Precisamente. Tanto è vero che morì...

Angelo                          - Però adesso è vivo, no?

Marga                            - Dieci professori lo diedero per morto.

Orio                               - Dieci becchini.

Walden                         - Io non sono un becchino, giova­notto.

Perla                              - Dottore, se anche voi correte dietro alle loro impertinenze...

Walden                         - (riprendendosi) Prima di tutto io de­sidero di sapere se siete tutti d'accordo nello stesso sentimento del dovere...

Perla-Carlo-Orio-Marga-Pepe       - Ma sì, certo, che domanda! C'è da dubitarne?

Stella                             - Che dovere?

Walden                         - (senza raccogliere l'interruzione) Pre­messo che ritengo il caso oltremodo grave, domando perentoriamente a tutti quanti: vo­lete aiutarmi a guarirlo?

Stella                             - Chi?

Orio                               - Papà, tesoro... Si tratta di lui

Stella                             - Oh, se è per questo, io non posso pro­prio dare la mia adesione. Non desidero il male di nessuno, ma siccome lui non ha mai avuto nessuna simpatia per me...

Walden                         - La signorina... Come si chiama?

Stella                             - Stella.

Walden                         - E anche il signor...

Clos                               - Clos. Deriva da Clodoveo...

Walden                         - Ecco... Non hanno diritto alla pa­rola. Sono qui per ragioni sussidiarie... Io parlo ai figli, ai fratelli, ai cognati.,. Pepe     - Potete dubitare del mio amore per pa­pà? Voi sapete bene quanto piansi il giorno che morì...

Orio                               - Però otto giorni dopo andasti a bal­lare...

Pepe                              - Non è vero. Io non ballai...

Marga                            - Non gli rispondere, tesoro. Non ebbe una lagrima, lui!

Orio                               - Io non sono un ipocrita... Dopo tutto, papà chi l'ha mai visto?

Marga                            - Orio! Ma se stava con voi un'ora tutti i sabati...

Walden                         - Non si può dire che fosse troppo,..

Marga                            - Lavorava, lavorava sempre, per accu­mulare denaro e fare la fortuna di tutti.

Pepe                              - Questo proprio non è esatto. Se fosse morto davvero, io sarei rimasta senza un sol­do, perché non c'era testamento e la legge dà tutto a quello lì (indica Orio).

Orio                               - Ah, ecco il sentimento!

Walden                         - Sentite, io non sono, lasciatemi dire fortunatamente un membro della famiglia.

Orio                               - Avete forse intenzione di insultarci, anche?

Walden                         - Io ho intenzione di affrontare la real­tà delle cose coraggiosamente. Se vi disinte­ressate della sua vita, ditelo. Io me ne vado. In fondo, il mio dovere l'ho fatto. Il pa­ziente è in piedi. Passeggia, fuma... Se non parla ancora, parlerà...

Perla                              - Dottore, ve ne prego...

Walden                         - Ma cara signora mia... come si fa a resistere? Sfido io che quel disgraziato quasi ci crepava. Dicevo, dunque, che, come estra­neo alla parentela, non ho alcun diritto di pesare i vostri sentimenti. Per me è lo stes­so. Che gli vogliate bene, come sarebbe na­turale, e augurabile; che abbiate carità della sua vita massacrata dal lavoro e dalle ama­ezze domestiche... Silenzio... o che conside­riate l'opportunità pratica di evitare che, dopo la sua morte, una dozzina di avvocati si mettano a lavorare alla divisione della ere­dità contestata, poco importa. Volete sal­varlo?

(Breve pausa).

Perla                              - Io non rappresento più nulla in questa casa, tuttavia credo di poter rispondere af­fermativamente per tutti.

Stella                             - Ma quella non è tua zia?

Orio                               - Era, la moglie di mio zio. Ma siccome lo zio non teneva una buona condotta...

Carlo                             - (irritato) Sapete che cosa faccio? Io me ne vado... Credo che potrete fare anche senza di me... ( Si muove).

Walden                         - (trattenendolo) No, no... Non si può... Ci debbono essere tutti.

Stella                             - Che cosa emozionante! Perché non mi avevi mai parlato della tua famiglia?

Walden                         - Ed ora, signori, posso contare su due minuti e mezzo di tranquillità?

La voce di Dick            - Perla! Perla!

Perla                              - È lui, andate via...

Walden                         - Sì, sì è meglio... Prego, signori..,

Perla                              - Ma mi raccomando, non fatevi sen­tire...

(Walden e tutti-gli altri, meno Perla, esco­no da destra)

SCENA QUARTA

(Dick compare sulla piccola balaustrata della scaletta: è ancora giovane per quanto brizzolato: non può avere più di 45 anni: magro, un poco stanco, è di un pallore quasi spettrale, ma solenne: scende lentamente, guardandosi intorno, curioso e stupito).

Perla                              - Come ti senti, Dick?

Dick                              - (non risponde subito: indugia a guardare, poi con voce velata, profonda) Che cosa è successo?

Perla                              - Che sei guarito, Dick... Siediti, non stancarti.

Dick                              - Questa è la mia villa di Koira...

Perla                              - Sì... Quando cadesti ammalato, i me­dici vollero che ti trasportassimo qui.

Dick                              - (si passa una mano sulla fronte) Dove è mia moglie?

Perla                              - Tua moglie? Ma... Dick... non ricor­di che...

Dick                              - Che è morta? Sì. Ma anche io, no?...

Perla                              - Tu?... No, Dick, tu...

Dick                              - Io ricordo perfettamente il mio trapas­so. Avevo letto qualche cosa di simile in un libro, ma non avrei mai immaginato che fos­se proprio così. La vita, tutta la vita in un attimo... dal principio alla fine... in un at­timo. È terribile questa anticipazione di eter­nità che il Signore dei cieli ci offre sul limite estremo dell'esistenza, quando ti mostra che la tua vita è stata... è stata una cosa da nulla... un minuto. . .una frazione del suo grande minuto.

Perla                              - Dick... che cosa dici?

Dick                              - È terribile. Ti senti proprio come se l'anima tua gettasse via il suo corpo a gam­be levate, in fondo a una cloaca nera, come un rifiuto... Come si butta via un mozzicone di sigaretta, mentre l'anima... (Si tasta il corpo, la cui concretezza lo turba) non ci ca­pisco niente.

Perla                              - Non tormentarti, adesso. Vedrai, che a poco, a poco...

Dick                              - Ecco, sì... a poco a poco... E tu quan­do sei morta?

Perla                              - Io, Ma Dick, tu non sei morto, grazie a Dio...

Dick                              - No? (Incredulo) Eppure, quando, nel de­lirio della febbre, pensavo al paradiso, io vedevo proprio questa villa, questo cielo, questa pace, che non riuscii mai a godere, nemmeno per un'ora in vita mia. Riapro gli occhi, ed eccomi qua. E, se potevo deside­rare di rivedere qualcuno della mia sciagu­rata famiglia, eri tu, Perla. Perché io ho sempre avuto dei rimorsi verso di te. La sola persona che avrebbe meritato...

Perla                              - Non ci pensare, calmati...

Dick                              - Mi hai perdonato se non ho fatto nien­te per te? Mio fratello è sempre stato uno scervellato. Rubacchiava il mio denaro e que­sto non ha importanza. Ma ti tradiva, ti of­fendeva con la sua vita viziosa... Quante vol­te l'ho scongiurato di emendarsi... Mi hai perdonato, se poi ho finito per lasciar cor­rere?

Perla                              - Dick... Carlo è buono!

Dick                              - Buono? Povera donna! Hai dovuto an­dartene e io non ho mosso un dito per trat­tenerti...

Perla                              - Questo sarebbe forse potuto accadere, ma per fortuna non è accaduto. Carlo sa es­sere tanto caro...

Dick                              - Carlo? (Guarda stupefatto Perla, poi si sorprende) E i miei figli?

 

Perla                              - Stanno bene. Pepe ha dovuto riman­dare il matrimonio...

Dick                              - A causa della mia morte?

Perla                              - Sì.

Dick                              - Ci ho gusto. Quel ribaldo di Clos non mi piaceva.

Perla                              - Ma Pepe sposerà Angelo.

Dick                              - Angelo? (Pausa) Non ho mai avuto il tempo di pensare ai grandi misteri... Per esempio, come il Creatore abbia organizzato il Paradiso. Quando si è al mondo, si pensa soltanto a come dovrebbero andare le cose laggiù... E vanno sempre a rovescio! Non si pensa a come potrebbero andare nei cieli sotto il diretto controllo del Padre Eterno... alle trasformazioni miracolose dei fatti... de­gli spiriti... al nuovo significato di tutte le apparenze... (il suo sguardo cade sulla libre­ria) Forse potrei aiutarmi con la parola di qualche maestro. (Va alla libreria) Ci vuole un filosofo o un poeta?

Perla                              - Penso che in questo caso tu possa ba­stare a te stesso. O, al più, se ricordi qual­che preghiera.

Dick                              - Preghiere? Non ne ricordo. (Sceglie un libro) Kant... Non ci capisco nulla. Pren­diamo Shakespeare... No. Del paradiso che ne può sapere? Sa troppe cose degli uomini. (Poi come uno che ha trovato) Dante! (Apre il libro) « O donna in cui la mia speranza vige.. ». (Alza gli occhi verso Perla) Hai conosciuto tu?... (Si ferma).

Perla                              - Chi? .

Dick                              - No, non puoi averla conosciuta. Del resto, io stesso l'ho vista una volta soltanto. È strano. Io non pensavo più a lei. Anzi, per essere esatto, mi pareva di non averle pensato mai. Ebbene, proprio nello staccarmi dalla terra, l'attimo della mia vita si è ac­ceso in lei improvvisamente. (Riprende a leg­gere) « E che soffristi per la mia salute in inferno lasciar le tue vestige ».. (Si arresta ancora e guarda Perla) Sai niente come va­dano le quotazioni delle Metallurgiche Ge­nerali? Minacciavano un crollo.

Perla                              - Io non ho mai saputo niente di queste cose... Ma se vuoi...

Dick                              - Oh, no... Curiosità retrospettive... Non me ne importa niente... Che ne diresti se an­dassi in giardino? C'erano dei fiori strani, in una aiuola... E una fontana azzurra...

Perla                              - Vai, vai... Se vuoi che ti accompagni...

Dick                              - No, lasciami andar solo. Posso? (Con disperazione) Lo sai che non sono mai stato in un giardino, solo, in una mattinata come questa e col cuore così puro?...

Perla                              - Sì, si... Vai...

Dick                              - (calmo) Grazie. Non mi stancherò, te lo prometto. (Apre il libro e ricomincia) « Di tante cose quante io ho vedute, dal tuo po­tere e dalla tua bontade.. riconosco la gra­zia »... (Esce).

Perla                              - (andando ad aprire la porta di destra) Dottore! Dottore!

SCENA QUINTA

Walden                         - (entra seguito da Carlo) Che cosa succede?

Perla                              - Sapete? Crede di essere morto.

Walden                         - Davvero?

Perla                              - Anzi, crede di essere in Paradiso...

Walden                         - Benissimo... Bisogna incoraggiarlo in questa illusione.

SCENA SESTA

Cameriere                      - (entrando dal fondo) Una signora desidera di essere ricevuta.

Perla                              - Una signora?

Cameriere                      - E’ arrivata col vaporetto...

Walden                         - Ma non vi ho detto che qui non deve entrare nessuno?

Cameriere                      - Sì, ma insiste tanto...

Carlo                             - Ho capito. Vi ha dato una buona mancia.

Cameriere                      - Signore!

Walden                         - Non vi ha detto chi è?

Cameriere                      - Dice che nessuno la conosce. Sol­tanto vorrebbe notizie del signore. È al can­cello del parco.

Perla                              - (preoccupata, allontanandosi) Dick è in giardino... (Esce).

Walden                         - Non deve vedere nessuno...

Cameriere                      - Ho tentato di mandarla via...

Walden                         - Levatela di là... Fatela entrare, dal­la porta di strada. (Cameriere via).

Walden                         - Bisogna affrettarsi a trovare le due sentinelle da mettere alla darsena... Così si eviteranno questi arrivi improvvisi...

Carlo                             - Si sono offerti due studenti bisognosi...

Walden                         - E dove sono?

Carlo                             - Avevano bisogno anche del biglietto per il postale. Arriveranno domani.

SCENA SETTIMA

(Il Cameriere entra dalla porta di destra e la­scia passare una bella donna elegante, che si dà un'aria disinvolta, ma tradisce la fatica di conservarla).

Miria                             - Vi prego di scusare la mia insistenza.

Carlo                             - (molto cavalleresco) Prego, signora...

Miria                             - Voi siete suo fratello, vero? Voglio dire il fratello del signor Oara.

Carlo                             - Carlo Oara, signora.

Miria                             - Piacere.

Carlo                             - (indicando Walden) Il medico cu­rante...

Walden                         - Walden.

Miria                             - Sono molto dolente... Del resto non mi tratterrò che pochi minuti. Io vengo da Nielson e ci devo tornare alla fine della settima­na... (A Carlo che le offre una sedia) Grazie! (Si siede) La notizia della morte, prima, e poi della guarigione di Dick Oara ha pro­dotto molta commozione a Nielson, dove Dick Oara ha tanti amici. Sapete? I Giammei, i Carlassy, i Martin... Forse li cono­scete.. .

Carlo                             - Sì, sì... .

Miria                             - Io sono qui per loro. Sapendomi in partenza per Porto Markus, mi hanno tanto pregato di passare di qui, per assumere in­formazioni dirette.

Carlo                             - Molto gentile. Il dottore vi dirà su­bito....

Walden                         - Che devo dire? Il mio cliente... (È interrotto da voci di alterco nella camera ac­canto: ha un gesto di disperazione) Oh, an­cora... Scusate... (Esce).

Miria                             - Che cosa accade?...

Carlo                             - Cose pazze... Complicazioni senza fine!

Miria                             - Cioè?

Carlo                             - Signora mia, quando uno è morto, do­vrebbe restarci... Perché, vedete, per quanto Dick oggi sia vivo, noi tutti abbiamo per lui quel sentimento tenero, confuso e miste­rioso, che si ha per i cari trapassati. E que­sto ci obbliga a sacrifici notevoli...

Miria                             - Ma che malattia ha avuto?

Carlo                             - Non si sa. Una sera mio fratello fu trovato svenuto sulla sua scrivania, in mezzo ai suoi telefoni. Trombosi. Spacciato. Rico­verato in una clinica. Agonia lunga, penosa. Quando non diede più segno di vita, fu fir­mato l'atto di decesso. Tutto finito. Se aves­simo dovuto seppellirlo a Porto Markus, sa­rebbe morto davvero.

Miria                             - Orribile!

Carlo                             - Invece si doveva portarlo qui, nella tomba di famiglia. Così fra una cosa e l'altra passarono tre giorni. Cerimonie. Fiori. Tele­grammi. Rappresentanze, Intanto il dottore si accorge che Dick non presenta alcun se­gno di corruzione. Sospetta la catalessi e so­spende tutto. Dopo altri otto giorni, Dick scende dal letto e si infila i pantaloni.

Miria                             - Guarito.

Carlo                             - Mah!.,. Su questo punto la scienza ma­nifesta dei dubbi... Ma è meglio che sentiate il dottore...

Miria                             - Oh... che stranezza...

Carlo                             - Siete venuta col postale?

Miria                             - Sì.

Carlo                             - Si viaggia male su quei trabiccoli, vero?

Miria                             - Sì, veramente...

Carlo                             - Se volete, al ritorno, vi accompagno col nostro yacht...

Miria                             - Molto gentile, ma non vorrei distur­bare.. .

Carlo                             - Anzi... Dopo tante settimane di an­sie... Una bella traversata con una signora di classe come voi.,.

 Miria                            - Per carità...

Carlo                             - Sapete che il vostro viso non mi è nuovo?

Miria                             - Può darsi che ci si sia incontrati in qualche luogo.

Carlo                             - Penso dove... Trovato! Voi frequenta­vate la Taverna Nera. Se non sbaglio, fum­mo presentati da un vecchio signore molto incline ai liquori forti... Dobbiamo anche avere ballato insieme qualche volta...

Miria                             - (impressionata si riprende subito) Signore... Voi equivocate certamente...

Carlo                             - Sarà... Quando è così, scusate...

Miria                             - Insomma, che si deve pensare della sa­lute di Dick Oara? Questo dottore che cosa vuole?

SCENA OTTAVA

(// dottore, rientrando, ode le ultime parole di Miria).

Walden                         - Che cosa voglio? Voglio guarirlo... Di solito i medici si contentano di curare, ma io sono un tipo strano.

Miria                             - Dai momento che è in piedi...

Walden                         - Perché è in piedi? Non dovrebbe es­sere. Dieci professori lo hanno spacciato. C'è un equivoco. Non si è mai capito nulla di questa faccenda...

Miria                             - Ma, come accettavate la morte, rasse­gnatevi ad accettare la vita...

Walden                         - È un sofisma. Si può non capire una morte, non c'è niente da fare. La morte è morte. Ma quando non si riesce a stabilire scientificamente perché uno sia vivo, si ha il diritto, anzi il dovere, di dubitare che sia guarito. Dick Oara è passato da una cata­lessi a un'altra. Ecco la verità. Da una morte apparente a una vita apparente... Bisogna andar cauti coi nervi.

Miria                             - E allora?

Carlo                             - (ironico) E allora vuol creare intorno a Dick un mondo ideale...

Walden                         - O almeno quel mondo ideale che Dick poteva sognare prima della sua malat­tia. (A Carlo) Ma voi perché andate a rac­contare queste cose?

Miria                             - Potete contare sulla mia discrezione, dottore...

Carlo                             - Non date retta. Ci tiene tanto alla sua trovata...

Walden                         - Ma che trovata! Mi prendete per un poeta? Io dico che basta un'imprudenza qua­lunque a compromettere il risultato della cura... Perché la mia è una cura... niente altro.

Miria                             - Mi incuriosite.

Walden                         - Premesso che questa sua guarigione potrebbe essere fittizia, penso che sia neces­sario risparmiare al malato qualunque con­trarietà e qualunque delusione. Le cause per le quali si ammalò debbono essere rimosse, distrutte. Tutto come egli vuole, tutto come egli desidera.

Carlo                             - (continuando la enunciazione) Nessuna cattiva notizia...

Miria                             - Capisco, capisco. Ma... fino a quando?

Walden                         - Chi lo sa? Dipende. Fino a che non si sia scientificamente sicuri che egli può af­frontare impunemente le cattive notizie del mondo. Pochi giorni, poche settimane, o sempre... Non si può dire.

Carlo                             - Sempre? E io dovrei restar qui a fare eternamente il bravo fratellino? Perché, si­gnora mia, dovete sapere che io... (È inter­rotto da Perla).

SCENA NONA

Perla                              - (entrando dal fondo) Carlo, a chi con­fidi le tue pene?

Carlo                             - Lo sai che il dottore dice che questo scherzo può anche durare sempre?

Perla                              - Se è necessario... (Con un cenno di sa­luto a Miria) Signora...

Walden                         - Un'amica di amici di Dick...

Miria                             - La vostra signora, forse?,..

Carlo                             - Era... era...

Miria                             - (a Perla) Mi scuserete, non è vero?-D'altronde me ne vado subito... Porterò agli amici di Nielsen buone notizie... o almeno buone speranze...

 

Perla                              - Grazie.

Walden                         - Noi facciamo il possibile...

Miria                             - Vi occorrerà molta, molta diligenza...

Perla                              - La signora sa?...

Miria                             - Sommariamente. Si tratta di farlo vi­vere, almeno per qualche tempo, in un'at­mosfera di sogno, mi pare.

Walden                         - Appunto....

Miria                             - Ecco. Il grande pericolo è che il mondo vero si faccia sentire all'improvviso. Può en­trare da tutte le parti.

Walden                         - Tutto preveduto.

Miria                             - Ma... Vedo là una radio,.

Walden                         - Quella radio comunica direttamene con un ufficio di trasmissione, che è situato nella cantina della villa.

Carlo                             - E l'annunciatore sono io.

Miria                             - Ah, capisco. Ma i giornali... Come fata ad abolire i giornali?

Carlo                             - (traendo di tasca un giornale) Ecco una copia del giornale che legge mio fra­tello, La Realtà. Lo facciamo stampare noi stessi in una tipografia di Porto Markus. Non ci sono che buone notizie.

Miria                             - Buone notizie proprio, o cattive no­tizie presentate come delle feste elettorali?'

Carlo                             - Buone, proprio buone... Guardate: an­che le necrologie sono ottimiste. Muoiono soltanto quelli che hanno superato i cento anni.

Miria                             - Ma che bel giornale!

Carlo                             - Non è mica una novità. Anzi è un pro­dotto della civiltà moderna. Noi abbiamo soltanto fatto un passo avanti.

Miria                             - E a che altro avete pensato?

Perla                              - Più di questo? Uomini trasformati, cose mutate... Che altro?

Miria                             - Ma, non so... l'amore...

Perla                              - Che cosa?

Walden                         - (preoccupato della trovata) Già...

Miria                             - Mi pare che in un mondo perfetto co­me quello che voi state costruendo, la man­canza dell'amore potrebbe costituire una de­ficienza molto grave.

Walden                         - E io non ci avevo pensato! Come mai non ci avevo pensato?

Carlo                             - Oh, dottore, alla vostra età certe fan­tasie.. .

Perla                              - Del resto non credo che Dick abbia avuto pensieri di questo genere.

Miria                             - Ne siete proprio sicura?

Perla                              - Lo conosco abbastanza, signora.

Miria                             - Quando è così, sia per non detto. Si­gnori...

Carlo                             - Non volete che vi accompagni in yacht?...

Miria                             - Temo di chiedere troppo.

Carlo                             - Per carità, anzi... il tempo per dare gli ordini... (Fa per muoversi),

Miria                             - Non c'è nessuna fretta. Vi aspetto alla darsena. Intanto spedirò qualche telegram­ma... Buon giorno signori. (A Perla) Potrò avere notizie di Dick Oara?

Perla                              - Senza dubbio.

Miria                             - Grazie. Telegrafate semplicemente a Miria Lamar, Nielsen. Basta così.

Walden                         - (all'udire questo nome si scuote) Co­me? Come?

Miria                             - Miria Lamar. Non potete conoscermi...

Walden                         - Un momento. Perla... Com'era quel nome che Dick mormorava nel delirio?

Miria                             - (emozionata) Dick?...

Perla                              - (a disagio) Non ricordo... Veramente...

Walden                         - Miria, o Mara, o Mira... Qualche cosa del genere.

Perla                              - Vi dico che non ricordo... Non mi pare nemmeno che fosse proprio così.

Carlo                             - E poi, anche se fosse?

Walden                         - (piano) Se fosse... (Poi prende una decisione) Volete lasciarmi solo, un momen­to, con la signora?...

Perla                              - (nervosamente) Ma, dottore, spero che non vorrete complicare le cose, per amore dell'arte. Già sono abbastanza imbrogliate e diffìcili.

Walden                         - Vi prego, Perla, siate gentile. (A Carlo) E voi...

Carlo                             - (a parte) Dottore, non fatevi infinoc­chiare da questa donna.

Walden                         - La conoscete?

Carlo                             - Non sono ancora certo, ma credo. Se è quella che credo, è meglio che me la porti via io. Non farebbe onore al Paradiso...

Walden                         - Sì, ma se fosse utile...

Carlo                             - Dottore!...

Walden                         - Andate, andate e lasciatemi fare. (Carlo esce con un gesto di compatimento per il dottore che, voltosi a Perla) Un mo­mento soltanto. State attenta che Dick non rientri all'improvviso...

Perla                              - Dottore... Io faccio come volete, ma...

Walden                         - State tranquilla... (L'accompagna alla porta e poi ritorna verso Miria che in­tanto emozionata si è seduta su una poltro­na) (Tornando a Miria) Eccomi a voi signo­ra. Scusate se affronto il problema con una certa brutalità, ma, come medico ho dei di­ritti.

Miria                             - Dite pure liberamente.

Walden                         - Siete la sua amante?

Miria                             - No! Perché? Se lo fossi?

Walden                         - Dovrei giudicare il vostro intervento come pericoloso... Contro indicato...

Miria                             - Oh bella! E la ragione?

Walden                         - Perché l'incontro con una vecchia amante non è mai del tutto una buona no­tizia.

Miria                             - E secondo voi, quanto tempo occorre ad un'amante per diventare... vecchia?...

Walden                         - Otto giorni…

Miria                             - È strano che un pessimista come voi intraprenda con tanta fiducia una cura che esige sopratutto dell'entusiasmo. No. Non sono la sua amante.

Walden                         - Sul serio? Badate che sono capace di sorvegliare il vostro primo incontro.

Miria                             - Vi ho detto la verità.

Walden                         - Ma allora, Dick non può avere pro­nunciato il vostro nome in sogno.

Miria                             - (sicura) Ha pronunciato il mio nome.

Walden                         - Come fate a dirlo?

Miria                             - Ci sono degli incontri fortuiti, dei col­loqui di poche parole che si fermano nel ri­cordo di due persone come e più assai di una storia d'amore.

Walden                         - (leggermente canzonatorio) Sì, lo so, il colpo di folgore... Ma...

Miria                             - Non si tratta esattamente di questo. Dottore, io non posso dire che, per averlo veduto quella volta casualmente, nell'atrio di un teatro, io sia poi vissuta in modo di­verso. Anzi: la mia vita non mutò. Però alla sua voce, alle sue rapide parole, al suo sguardo, io sono ritornata col pensiero molte volte. Vi sono ritornata sempre più spesso. Pareva un ricordo ozioso, disinteressato.. In­vece...

Walden                         - Voi. Ma lui?

Miria                             - Io non so nulla di lui. Tuttavia una donna sente e capisce cose misteriose. Io non mi sarei affatto meravigliata se, incontran­doci una seconda volta, egli avesse mostrato di non ricordarsi affatto di me. Ma nemmeno questo mi stupisce: che mi abbia invece ri­cordato, come me. Io sono certa, adesso, che ha pronunciato il mio nome. E vi dico: dot­tore, voi non avete pensato a tutto.

Walden                         - Già... quando è cosi... si tratterebbe di una cosa che incomincia.

Miria                             - Che può incominciare.

Walden                         - Una illusione.

Miria                             - Diciamo una speranza.

Walden                         - Benissimo. E allora, signora, forse voi siete giunta in un buon momento...

Miria                             - (con gioia) Si, lo credo... Anzi ora sono certa che potrò fare molto per lui, molto... Vi ringrazio, dottore, sono tanto contenta.

SCENA DECIMA

Perla                              - (comparendo al fondo) Badate!

Walden                         - Venite con me...

Miria                             - Ma non potrei?...

Walden                         - Dopo... Dopo... Venite…. (Escono),

Dick                              - (appena scomparsa Miria, entra) Ah... Che sole!... (Si passa una mano sulla fronte) Sai che sono un po' ebbro?

Perla                              - Sfido, sei rimasto troppo tempo all'aria...

Dick                              - Ma è bello! (Va a sedersi, dolcemente affranto) Vorrei saperti dire quel che provo...

Perla                              - Lo immagino, Dick!

Dick                              - Già... Tu l'hai provato prima di me... Ma io debbo riandare con la mente a certe mattinate della mia prima infanzia per ritro­vare un'ora così innocente. Mi pareva di re­spirare nei profumi dell'erba, nella pace dell'aria e del mare, un immenso buon umore... L'allegria di Dio...

Perla                              - Ringrazialo, Dick, di essere allegro per te... E dimmi: poco fa tu mi hai chie­sto se conoscevo... una persona... Una donna.

Dick                              - (attento) Ebbene?

Perla                              - Non desideri rivederla?

Dick                              - (Pausa) (poi quasi a sé) Qui non si può nascondere nulla... (A Perla) Chi sa chi è... Dove è?...

Perla                              - L'importante è di sapere se è.

Dick                              - Perla... Che ti posso dire? Io non so quello che ho meritato o non ho meritato...

SCENA UNDECIMA

Carlo                             - (entra con delle carte) Dick... Come sono contento, caro Dick!...

Dick                              - (lo guarda sorpreso) Oh... Sei tu?... (Guarda Perla) Hai visto?

Perla                              - Buon giorno, Carlo... (Gli porge la mano).

Dick                              - Gli hai perdonato'?... (A Carlo) Come hai fatto a farti perdonare?

Carlo                             - L'importante è che ci si voglia bene... Ma qui si tratta di te. Come ti senti?

Dick                              - Mi sento... come dire... rarefatto... Come se stessi per volatizzare... C'è un ter­mine chimico... Nascente, ecco, nascente. Che cosa sono queste carte?

Carlo                             - Non voglio affaticarti. Posso lasciar­tele qui, se vuoi, e tu con comodo... Quando ti sentirai in forze...

Dick                              - Bilanci?

Carlo                             - Sì. La pubblicitaria P.R.S. che ho ri­levato e che sto riorganizzando... Mi occorre­rebbe un tuo consiglio. Non adesso, ben in­teso.

Dick                              - (con lieta sorpresa) Hai rilevato la pub­blicitaria P.R.S.? Ti sei deciso, finalmente? Oh, come sono contento... Era un bel po' di tempo che ti dicevo: « Prendi la P.R.S., è un affare »... Bravo, bravo davvero... Ve­drai che altro senso ha la vita quando l'at­tacchi a qualche cosa di vero, di concreto... (Si arresta meditabondo come se fosse pen­tito di quello che ha dettò).

Carlo                             - Dick...

Dick                              - (con altro tono) Lascia qui... Guarde­rò... Studierò...

Carlo                             - E se vorrai riprendere quei tuoi vec­chi progetti...

Dick                              - Progetti? Ah, no! Io... Io non so an­cora chi sono e dove sono. Riprendo con molta fatica la coscienza di me. Tutto è an­cora cosi aereo... Ma, anche se io non fossi dove credo e spero di essere e voi foste delle creature vive, vere... io sono ben deciso a non ritornar mai più alla vita di prima. Il solo pensiero di ricominciare a combattere in mez­zo agli uomini, mi farebbe impazzire... E il clamore delle rivolte e il fragore delle guerre, e l'urlo della grande sofferenza umana, che non finisce mai, mai... mai... (Con angoscia) No, non ne posso più, non ne posso più...

Perla                              - Dick, calmati... Non ci sono più guerre.

Dick                              - Non ci sono più guerre? Eppure mi pa­reva di averne lasciata in corso una abba­stanza importante... Com'è finita, poi?

Perla                              - Io non so davvero... Carlo, tu ne hai sentito parlare?

Carlo                             - È un incubo del tuo delirio, Dick...

Dick                              - Un incubo lungo... Un delirio di anni...

Perla                              - Tutto finito.

Dick                              - (ha un moto d'impazienza: si dirige alla radio e l'apre ansioso) Voglio sentire...

Carlo                             - E presto ancora, per il notiziario.

Dick                              - (non risponde: attende; quasi subito la radio trasmette un pezzo d'orchestra: è il Momento musicale di Schubert: Dick ne è dolcemente stupito) Sentite? il Momento musicale...

Perla                              - Ti piace?

Dick                              - Molto... non amo che tre soli pezzi di musica... (Fa per enumerarli) questo... Ma state zitti, che me lo voglio godere.. (Accosta una sedia alla radio e volta le spalle agli altri).

Walden                         - (fa capolino alla porta) Come va?

Carlo                             - (gli fa cenno di tacere) (poi a Perla) Vai a dire che preparino subito il pezzo di Beethoven, (Perla via).

Walden                         - Io faccio entrare i ragazzi.

(Mentre la musica continua e Dick ascolta in estasi, alle sue spalle entrano Pepe, Orio, Angelo, Clara e Marga). (Carlo fa loro cenno di far piano: essi si avanzano in punta di piedi).

Orio                               - Dottore...

Dick                              - (seccato del rumore che sente alle spalle) Silenzio!

Orio                               - Dottore, come facciamo, se viene ad annusarmi il fiato?

Walden                         - E perché ti deve annusare il fiato?

Orio                               - Lo faceva sempre, per sentire se avevo bevuto...

Walden                         - (prende una pastiglia da una scatolina che ha in tasca) Menta. Speriamo bene. (Orio mastica m fretta la pastiglia). (La musica è finita e Dick si volta). (Deck vede il quadro che gli si offre e non ha un moto; come se vedesse dei fantasmi che forse s'aspettava di vedere, si avvicina ad essi).

Marga                            - (commossa) Fratello...

Walden                         - (le fa cenno perché non faccia scene).

Marga                            - (dominandosi) Che grazia, che grazia è stata. Sei guarito... Non mi par vero...

Dick                              - Nemmeno a me...

Marga                            - Che cosa?

Dick                              - Ma... niente... (Si avvicina a Orio).

Orio                               - Papà... vedi? Ti ho portato Clara... Ci sposiamo presto...

Clara                             - Felici!

Dick                              - (va ad annusare il fiato di Orio).

Orio                               - (coraggiosamente apre la bocca).

Dick                              - Menta. L'imballaggio dei cattivi odori e dei cattivi sapori...

Pepe                              - Papà, io volevo dirti...

Dick                              - No, non ditemi niente... So tutto...

Walden                         - Sapete tutto?

Dick                              - Oramai!... C'è intorno un'aria candida che mi confonde, e mi stordisce... Bravo dot­tore.. .

Walden                         - Cosa?

Dick                              - Sì, sì... Capisco... Pepe con Angelo... Orio con la menta... Mio fratello e Perla... I bilanci della P.R.S.... Non manca proprio altro che anche mia sorella trovi marito e tutto è perfetto...

Walden                         - Vostra sorella?

Marga                            - (audace) Sono fidanzata, Dick...

Dick                              - L'avrei giurato... E chi è?...

Marga                            - (incerta) Deve arrivare in questi gior­ni... Voglio farti una sorpresa...

Dick                              - (ridacchia) E va bene. (Poi con aria seccata) Volete levarvi tutti quanti di torno?

Marga                            - Dick... Che modi!

Dick                              - (irritato) Andate via! Via!

Orio                               - (a parte) Non la beve, non la beve...

Carlo                             - Dick...

Dick                              - Anche tu! Tutti... O volete che me ne vada io?...

Walden                         - No, no... Per carità... Ce ne andia­mo subito...

Dick                              - Voi, dottore, no... Voi mi farete la cor­tesia di restare...

Orio                               - Papà... perché?...

Carlo                             - Ma vieni via... (Trascina via Orio).

Pepe                              - Papà, devi credere che per farti felice noi siamo disposti a qualunque cosa.

Marga                            - A qualunque marito...

Walden                         - Ma tacete. Vi ha pregato di andar via... Lasciatelo solo... (Tutti sono usciti, salvo Walden).

SCENA DODICESIMA

Dick                              - (rimasto solo col dottore cerca di emer­gere dal mare di nebbia nel quale sta navi­gando) Dottore, dottore, non... non è vero.

Walden                         - Che cosa?

Dick                              - Niente di tutto questo... I miei figli che mi hanno tormentato per tanto tempo con le loro leggerezze, la loro mancanza di sen­timento, il loro disordine, non sono quelli che ho veduto poco fa.

 

Walden                         - Tuttavia, signor Dick, io vi assi-caro...

Dick                              - No, dottore non bisogna ingannarmi così. Io mi sono svegliato dal mio lungo le­targo che la stanza era piena di sole. Perla era accanto a me. Non ho potuto parlare perché la vita, superati chi sa quali argini misteriosi, dilagava in me con un fragore più forte di ogni voce. Eppoi c'erano i profumi troppo forti, che mi stordivano, e le cose, le cose che rivedevo come nuove e i pensieri che tor­navano a furia nella mia coscienza. Sono stato per soccombere di letizia... Mi sono te­nuto aggrappato a me stesso per non per­dermi... Mi capite? Se uno mi avesse detto che quello non era il paradiso, non avrei creduto. Eppoi la musica, la luce e'la illu­sione di cose impossibili. Insomma, dottore... fino a un certo punto tutto è andato bene...

Walden                         - E adesso?...

Deck                             - Adesso i miei parenti, con quelle facce ipocrite... mi fanno paura...

Walden                         - Ma perché?

Dick                              - Perché sono inverosimili anche in Pa­radiso! Dottore... Forse io non sono che un uomo guarito... Vale a dire pronto ad amma­larsi un'altra volta...

Walden                         - Ma che cosa vi viene in mente? Per quanto possa apparirvi strano tutto ciò che avete veduto e udito, è la verità. Paradiso o no, chiamatelo come volete, questo è il vo­stro mondo.

Dick                              - (eccitato, esasperato) Dottore, dottore, badate... Incomincio ad emergere da un de­lizioso mare di nuvole... Incomincio a ca­pire... Voi mi ingannate... e non dovete...

Walden                         - Ma sentite...

Dick                              - Q vorrebbe un miracolo...

Walden                         - Ma che miracolo?

Dick                              - Non lo so. Un miracolo senza trucco. Senza possibilità di trucco. Macché! La terra ritorna... Volete sentire la sua voce? (Corre alla radio e l'apre) Adesso sentirete almeno dieci scioperi, duemila cannonate, e una or­ribile canzonetta d'amore offerta da una fab­brica di brodo.

(Dalla radio esce il Chiaro di luna di Bee­thoven).

(Dick guarda stupito Walden, che le guarda con un sorriso leggermente trionfante).

Dick                              - (profondamente turbato) E che cosa si­gnifica? (Quasi a se stesso) Beethoven è di pubblico dominio e tutti possono eseguirlo a loro piacere...

Walden                         - Delizioso...

Dick                              - Ma se non fosse che un inganno?...

Walden                         - Ma come potrebbe essere? Incomin­ciate ad offendermi, signor Dick.

Dick                              - (eccitatissimo) Ma non sarebbe un'offesa più amara, più crudele la vostra, se tutto questo... (Si interrompe perché nel vano del­la porta-finestra del fondo è comparsa in tutta la sua bellezza Miria. Walden scivola via mentre Dick attratto dalla visione resta muto, immobile).

SCENA TREDICESIMA

Miria                             - (si avanza lentamente mentre l'altro non osa muoversi per timore di rompere l'incan­tesimo) Signor Dick... Signor Dick... Non mi riconoscete più?

(Dick raccoglie le proprie forze, fa un passo ipnotizzato verso Miria che si è fermata e lo attende con la mano leggermente protesa. Ma Dick non osa ancora. Si. passa una mano sulla fronte).

Dick                              - Non... non siete un'apparizione? Sono tanto abituato al delirio, che non so mai se quel che vedo è vero... Volete darmi la mano?

Miria                             - (gli abbandona la mano, che egli stringe troppo forte) Ah, non mi stringete così forte!

Dick                              - È vero! Ma... allora come si spiega?

Miria                             - Che cosa volete spiegare? Vi dispiace forse che io sia venuta a prendere notizie di voi?

Dick                              - No, anzi, ma...

 Meri a                           - E allora non spiegate. Se vi ho fatto piacere, sorridetemi...

Dick                              - Ma dovrò pure ringraziare qualcuno...

Miria                             - Ringraziate una speranza, che è stata più forte di cento ritegni... Dove preferite che io mi sieda?

Dick                              - Oh, scusate... Abbiate pazienza... Ma le fate non si siedono mai e allora... Qui, qui... (Le si siede accanto sul divano e la guarda con più confidenza) Ma sapete che è mera­viglioso!...

Miria                             - Che io sia qui? Non mi pare. Voi non siete un uomo che possa andarsene via dalla terra, senza lasciare rimpianti...

Dick                              - Avete sofferto... per me?

Miria                             - Molto... tanto più che non lo avrei creduto... Io non sapevo...

Dick                              - Che cosa?

Mirba                            - Avete proprio bisogno che io dica?

Dick                              - No, no. Scusate... Del resto anch'io quando vi ho riveduto, non qui, ora, ma tanti giorni fa, nel delirio... ho detto quasi a me stesso: to' guarda chi trovo dentro di me... (La musica finisce).

Miria                             - (cercando di distogliere lo sguardo da­gli occhi di lui che la divorano) Non so se le fate si permettano qualche volta di fumare una sigaretta...

Dick                              - Oh... sì certo, certo... (Premurosamente apre una scatola che ha a portata di mano, poi, trovandola vuota, si alza e va ad aprir­ne altre sulle mensole, qua e là) Volete scommettere che il dottore se le è portate via tutte? Perché, naturalmente, non vorrà che fumi... (Chiama) Dottore, dottore!..

SCENA QUATTORDICESIMA

Walden                         - (comparendo alla porta di destra con una prontezza miracolosa) Volete?

Dick                              - Stavate forse origliando?

Walden                         - Io? Vi pare? Stavo entrando...

Dick                              - E che cosa volevate?

Walden                         - Salutarvi. Mi avete accusato di mi­stificazione, di avere creato tante cose false...

Deck                             - (rapido) Vere, tutte vere!... Non parlia­mone più. Datemi una sigaretta.

Walden                         - Questo poi...

Dick                              - Non per me. Io non ho voglia di fu­mare. Per la signora.

Walden                         - (porgendo a Miria il suo portasigaret­te) Con tutto il piacere. (Dick accende la sigaretta di Miria).

Miria                             - Molto gentile. Grazie.

Walden                         - Volete altro?

Dick                              - Niente altro... E non ripensate più alle mie parole di poco fa.

Walden                         - Tutto vero?...

Dick                              - Tutto vero...

Walden                         - Grazie (Esce).

(Dick, restato solo con Miria, le si siede ac­canto con infantile letizia).

Dick                              - Che peccato che quella musica sia finita. Io vorrei che ricominciasse da capo... Non vorreste?

Meria                             - Magari. Ma purtroppo le stazioni radio­foniche non accettano mai i consigli del pub­blico intelligente.. Seguono la maggioranza. (Alla radio il pezzo di prima ricomincia).

Miria                             - (stupefatta) To'? !. ..

Dick                              - (come se si vantasse) E, qui non si può più essere scettici... Bisogna credere... Cre­dere e amare...

Miria                             - (difendendosi con grazia) No, Dick, non correte troppo.

Dick                              - Che cosa volete aspettare?

Miria                             - Di capire questa felicità.

Dick                              - La felicità non si capisce. Si accetta.

Miria                             - Lasciate almeno che la assapori, a poco a poco.

Dick                              - Qui non c'è bisogno di tanta parsimo­nia. Appena una gioia è cessata, eccone un'altra che spunta.

Mirba                            - Questo è poco piacevole per me.

Dick                              - Perché?

Miria                             - Perché sembrate disposto a consumare molto in fretta la gioia che può venirvi da me, per attenderne un'altra.

Dick                              - No, no... insieme, noi dobbiamo essere felici, insieme. Io vi amo. Forse siete nata quando io morivo...

Miria                             - Ne siete sicuro? Veniamo da due mondi così lontani.

Dick                              - Lo stesso mondo, Miria, lo stesso mon­do dei sogni, dove incominciano tutte le cose più belle.

Miria                             - Però non sapete chi sono.

Dick                              - E che importa? Ma dite, se volete. Rac­contatemi la vostra vita. I grandi amori par­tono sempre da due romanzi autobiografici, magari inventati, ma che hanno successo.

Miria                             - Non vi racconterò il mio...

Dick                              - Del resto io lo conosco... Volete che ve ne dica la trama? Voi avete sempre sognato l'amore, ma fino ad ora non l'avevate trovato mai. È così?

Miria                             - Non precisamente. Ho sognato l'amo­re... forse anche l'ho trovato.

Dick                              - Prima d'ora?

Miria                             - Prima d'ora.

Dick                              - (allarmato) Voi? Voi che mi siete apparsa a quella soglia come una fata, come una visione, avreste potuto amare qualcuno prima di me? (avvilito) Oh, questo non lo avrei creduto davvero...

Miria                             - (allarmata, in fretta) No, no... Avete ragione. Infatti è la prima volta che provo questo smarrimento. E... se anche avessi co­nosciuto illusioni e carezze... io le dimenti­cherei...

Dick                              - Ecco! Vedete! Voi avete a dimenticare delle carezze...

Miria                             - (con slancio sincero di verità) Ma, Dick, la vita, alle volte, ruba...

Dick                              - Ruba... Eh, già! Si capisce... (Si alza) Che sciocco... Chi sa che cosa pensate di me... Ma vedete... Io sono tornato come un ragazzo... ingenuo... e penso all'impossibi­le... E va bene. (Con rassegnazione) Cercate di dimenticare se potete... (Con vivacità) Sol­tanto mi domando perché mi siete apparsa così... Bastava che, entrando molto sempli­cemente, mi diceste: « Buon giorno, Dick, come va la salute? »

Miria                             - (corre di nuovo ai ripari) Ma no, ma no... non vi tormentate così... Venite qui. (Gli tende la mano che egli, come un fan­ciullo bizzoso, prende, per lasciarsi trasci­nare al posto di prima) Si ragionava no? Sentite quel che vi dico... Io non ho nulla da dimenticare...

Dick                              - Vero?

Miria                             - Vero.

Dick                              - (gioioso) Non mentite?

Miria                             - (dopo una lieve esitazione) No. Non ho alcun romanzo autobiografico da raccon­tarvi. Credetemi, Dick... Io non ho un passato...

Dick                              - Forse siete nata quando io morivo... e vi sognavo... Siete nata così.

Miria                             - Così come?

Dick                              - Perfetta. Miria Perfetta... per voi.

Dick                              - Si capisce. Perfetta per me.

Miria                             - Già... (Riflette un momento e poi, con grande malinconia) Voi siete felice e io devo essere perfetta...

Dick                              - Perché sospirate?

Miria                             - (si scuote e assume un'aria allegra e ca­rezzevole) Niente. Vuol dire che aspetto qualche cosa!..

Dick                              - Un bacio...

(Miria rovescia indietro la testa, offrendo la bocca, quando Dick è distratto dalla voce della radio).

Annunciatore                - (la voce di Carlo) Bollettino meridiano. Abbiamo il piacere di non tra­smettere oggi alcuna notizia ai nostri ascol­tatori, perché in tutto il mondo, non è ac­caduto assolutamente nulla. Ascoltate invece un concerto di campane.

Dick                              - (al colmo della felicità) Miria!

Miria                             - Caro!

Dick                              - Non mi svegliare!

(La bacia a lungo mentre l'aria si riempie di una festosa armonia di campane).

Fine del primo tempo

ATTO SECONDO

 Quando si alza la tela, sono in scena soltanto Dick Miria; il primo intento a leggiucchiare un giornale e l'altra a sfogliare un grosso vo­lume illustrato. Intorno è silenzio.

SCENA PRIMA

Dick                              - (continuando a leggere il giornale e con accento di affettuosità consuetudinaria) Cara.

Miria                             - Caro.

Dick                              - Non mi dici nulla?

Miria                             - Ti ho detto tutto. E tu?

Dick                              - Anch'io ti ho detto tutto.

Miria                             - E allora?

Dick                              - Allora non c'è più nulla da dire. L'amo­re è perfetto quando giunge al silenzio.

Miria                             - C'è qualche cosa di interessante nel giornale?

Dick                              - Le solite buone notizie. Il supercomitato mondiale degli affari umani ha negato il brevetto all'inventore di una macchina elet­trica per lo sterminio dei topi.

Miria                             - E perché?

Dick                              - Dice che bastano le vecchie trappole.

Miria                             - Che c'entrano i topi con gli affari uma­ni? Tra qualche anno non si salverà più un formaggio. la superproduzione del gorgonzola. Le guer­re nascono dalle cause più strane. E tu, che cosa leggi?

Miria                             - Guardo le illustrazioni del Paradiso Perduto di Milton.

Dick                              - (alzandosi, col tono di chi ricorda) Ah!.. Alcuni giorni fa, inseguendo una farfalla ac­ciuffai un'idea.

Miria                             - Forse era meglio una farfalla.

Dick                              - Chissà che non lo sia. Eccola: il para­diso non può essere uguale per tutti.

Miria                             - Vuoi dire che ognuno avrà la sua fe­licità come l'ha meritata, come se l'è co­struita, nella propria fantasia.

Dick                              - Brava. A ciascuno il proprio sogno. Mio figlio, come lo voglio io, mia figlia come la voglio io, i miei parenti, i miei affari, tutto come piace a me. Il migliore momento di tutti, per creare il migliore momento per me. E per sempre.

Miria                             - In sostanza, il regno dei cieli sarebbe un paradiso terrestre organizzato dagli uomini.

Dick                              - Precisamente.

SCENA SECONDA

(Entra Clara).

Clara                             - Buonasera. (E va diritta a cercar qual­che cosa dentro un mobile).

Dick                              - Che cosa cerchi, Clara?

Clara                             - La scatola degli scacchi. Eccola.

Dick                              - Con chi vuoi giocare?

Clara                             - Voi dite sempre che il gioco degli scacchi sviluppa l'intelligenza. Voglio inse­gnarla a Orio. (Esce ridendo).

Dick                              - (sardonico) Carina.

Mirea                             - Orio non poteva trovare una moglie migliore. Quando i figli si rimettono all'espe­rienza dei padri...

Dick                              - Veramente i padri con la scusa della esperienza pretendono di risolvere dei pro­blemi che non conoscono! (Vivo) Non capi­sco perché i figli non riescano a fare un po' di testa loro.

MirU                             - E sei tu che lo dici?

Dick                              - Io... io... io ho il dovere di guardare le cose da un punto di vista diverso, nei loro riguardi. Devo pensare alla serietà, alla posi­zione sociale. Se no, chi ci pensa? Ma al resto debbono pensare loro.

Miria                             - A che cosa?

Dick                              - Al... al resto... Ci sono anche i senti­menti, i gusti, la pelle... Che ne so io della loro pelle? Per esempio, quell'imbecille di Angelo sarà un bravissimo ragazzo e io non cesserò mai di dirmi che ho fatto bene a volere che Pepe se lo sposi, ma l'hai guarda­to un po'? Hai sentito che voce, che idee?...

SCENA TERZA

Angelo                          - Permesso? Disturbo? Se disturbo me ne vado subito...

Dick                              - (a Miria) Eccolo qua! (a Angelo) Pre­go, giovanotto prego, fai pure..

Angelo                          - (cercando nella libreria) Grazie. Cre­devo non ci fosse nessuno. Ecco perché mi sono permesso; del resto, si tratta di un mo­mento. Mi scuso ancora.

Dick                              - Ma, in nome di Dio chi ti ha insegnata l'educazione?

Angelo                          - Come, non ho educazione?

Dick                              - Troppa, figliolo, troppa...

Angelo                          - Ma, in Banca, o si è così o niente...

Dick                              - E va bene. Cosa cerchi?

Angelo                          - Pepe si è messa in capo che io le cer­chi i Salmi delle Lamentazioni di Geremia. (Cerca e trova) Ecco. Accipicchia, quanto s'è lamentato!

Dick                              - Povera figliola! A che punto!

Angelo                          - È una bella trasformazione, non è vero? Prima non faceva che cantare delle canzonette un po' scollacciate. Adesso... Il fatto è, signor Dick, che essa mi ama dav­vero, non per burla. E lo devo a voi.

Dick                              - (seccato si allontana verso il fondo e va sulla terrazza).

Angelo                          - (a Miria) Che cosa ho detto?

SCENA QUARTA

Pepe                              - (entra seguita dal cameriere e si rivolge ad Angelo) Be', che fai?

Angelo                          - (dandole il libro) Ecco... l'ho trovato!

Pepe                              - (prende il libro e si rivolge al cameriere) Avete veduto quell'ombra, quel fantasma dietro i cancelli?

Cameriere                      - Sì, signorina.

Angelo                          - Un fantasma?

Pepe                              - Clos! Clos che mi cerca! Si è stancato di aspettarmi.

Angelo                          - Sfido! Ti aspettava da venti giorni! Ti avevo detto...

Pepe                              - Non aver paura. Non oserà entrare. Ha avuto del denaro per questo. E se non basta, glie ne daremo dell'altro. (Al Cameriere) Portategli questo libro. E ditegli che gli auguro buona fortuna.

Cameriere                      - Sì, signorina. (Esce).

Pepe                              - (ad Angelo) Vieni, vieni, caro, a vedere Clos che dilegua nella notte con le lamen­tazioni. (Esce).

Angelo                          - (a Miria che legge) Signora...

Miria                             - Siete ancora qui? Buona sera, buona sera.

Angelo                          - Signor

Dick                              - (Dick si volta) Buona sera, signor Dick... Grazie, grazie ancora. Io sono felice... (Esce)

(Dick si mette a ballonzolare e a fischiettare come un ragazzo ozioso e infingardo).

Miria                             - Dick? Che fai?

Dick                              - Non vedi? Fischietto... Ballonzolo... Sono felice anch'io.

Miria                             - Davvero?

Dick                              - Come potrei non esserlo? Tutto perfet­to. Terribilmente perfetto...

Miria                             - E... Se tu trovassi qualche cosa di im­perfetto?

Dick                              - (con improvviso interesse) Per esempio?

Miria                             - Non so... Io! Se avessi qualche cosa da farmi perdonare...

Dick                              - Tu? E che mai? Conosco tutta la tua vita. Sei un angelo!

SCENA QUINTA

Walden                         - (entra) Sono le dieci signor Dick, vogliamo salire per la solita visita?

Dick                              - Ah no, no! Non è possibile! (a Miria) Lo sai che mi fa, quando mi visita? Mi batte dei colpetti sul ginocchio per misurate i ri­flessi... È una cosa che non sopporto.

Walden                         - Se si tratta di questo, possiamo evi­tarlo per qualche giorno.

Dick                              - E poi stasera non mi va di essere ta­stato, gonfiato, sgonfiato e di dire trentatre.

Miria                             - Sii buono, Dick...

Walden                         - Vediamo l'occhio, soltanto...

(Estrae una lente e, mentre Dick rassegnato si siede, accavallando le gambe, gli guarda l'occhio).

Miria                             - Torno subito, dottore...

Walden                         - Potete restare, se volete...

Miria                             - (con nervosismo mal celato) No, no... Un momento solo... (Esce dal fondo).

Dick                              - (mentre si lascia guardare l'occhio) Dot­tore, chi sono io?

Walden                         - Chi siete? O bella. Il signor Dick Oara.

Dick                              - Io sono Adamo. Adamo nel Paradiso terrestre.

Walden                         - Già... È vero... È un pensiero di cui vi sono molto grato.

Dick                              - Perché?

Walden                         - Ma... Dopo tutto non è un poco per merito mio?

Dick                              - Ma io vorrei sapere come fece ad uscire...

Walden                         - Adamo? Lo sanno anche i ragazzi. Si rese indegno della sua beatitudine e fu scacciato.

Dick                              - Ma per me la cosa è diversa... Perché Adamo si trovò in un paradiso che non avreb­be mai immaginato, mentre io, questo para­diso l'ho voluto...

(Walden in questo momento profittando del­la disattenzione di Dick, gli batte un col­petto sulle ginocchia, ottenendo una visibi­lissima reazione),

Dick                              - (balza in piedi infuriato) Ah... Ci siete riuscito! Questi medici! Non ascoltano mai quello che si dice... Guardano la rotula e appena voltate l'occhio, tac, il colpetto...

Walden                         - Scusatemi, ma io...

Dick                              - Basta così... Non voglio più scherzi di questo genere. Se no, una volta o l'altra... (Si pente) Scusate... (Pausa).Vi siete mai do­mandato se per avventura io non stia per impazzire?

Walden                         - Che diavolo dite?

Deck                             - Mi vengono certe strane idee... Poco fa mentre stavate esaminandomi l'occhio, mi è venuta la voglia di sputarvi sulla cravatta.

Walden                         - Ma non lo avete fatto.

Dick                              - No. E me ne pento.

Walden                         - I centri inibitori funzionano.

Dick                              - Stamattina ho durato fatica a resistere ad alcune curiose tentazioni: sfondare il vo­stro cappello duro, che stava in anticamera, mettermi a camminare a quattro zampe, ra­dermi i capelli come un forzato... Che ne dite dottore?

Walden                         - Bazzecole. Mi pare che non 6i sia proprio nulla di che preoccuparsi.

Dick                              - (polemico e collerico) Nulla, vero? Perché, secondo voi un uomo che si trova come me nelle condizioni di Adamo, non ha nulla dà pensare, nulla da risolvere, vero? Tutto chiaro. Tutto spiegabile. Tutto facile. Siete mai stato felice voi?

Walden                         - Eh, io purtroppo, no...

Dick                              - E allora  (che, ne sapete?

SCENA SESTA    

 (Entra Miria).

Miria                             - E così? Come va?

Walden                         - Molto bene, molto bene... (Ma il tono delle sue parole è preoccupante) (Se ne va).

Dick                              - (accennando a Walden) Contento lui...

Miria                             - Che si fa, Dick? Vuoi fare due passi?

Dick                              - Non lo so.

Mirea                             - Come vuoi.

Dick                              - E che cosa voglio? Non lo so io che cosa voglio. In paradiso non esiste un luogo nel quale si stia meglio di quello dove ci tro­viamo.

Miria                             - (paziente) Su, si va fino alla fontana azzurra e poi si ritorna.

Dick                              - Noi andiamo sempre alla fontana az­zurra come se fosse un luogo eccezionale. Cerchiamo qualche cosa, come dire... di meno letterario. Ecco: alla scala. Andiamo alla scala.

Miria                             - Dove vuoi, caro, dove vuoi.

Dick                              - No, non mi piace nemmeno alla scala. Andiamo alla serra. Ci sono i fiori... No! Andiamo alla fontana azzurra e non se ne parli più.

Miria                             - Ti mando a prendere il pastrano?

Dick                              - No, no. Tu va' innanzi e aspettami. Al pastrano ci penso io. Vedi? L'idea di dovere andare in camera mia a prendere un pa­strano, mi esalta... mi inebria... Vai avan­ti, vai avanti... (Sale in fretta la scala).

Miria                             - (appena sola si abbandona a uno scatto di impazienza) Oh, no, no, non è possi­bile...

SCENA SETTIMA

Perla                              - (entrando la trova in questo stato) Miria... Che c'è?

Miria                             - (prorompendo) C'è che non ne posso più, non ne posso più... Se continua questa vita, io divento pazza.

Perla                              - Ma che è accaduto? Volete spiegarvi?

Miria                             - E che volete spiegare... Non capite?

Perla                              - Forse Dick ha manifestato qualche de­siderio impossibile?

Miria                             - Oh, anima santa! Dick non ha più de­sideri... E io ne ho uno solo...

Perla                              - Quale?

Miria                             - Andarmene! Finalmente!..

Perla                              - Oh!... Miria... Che accade? Non lo amate più?

Miria                             - E che ne so io? Non so nemmeno seesisto, se vivo.., A forza di piegarmi alla sua volontà, alla suprema necessità di farlo fe­lice, io sono diventata una nuvola inconsi­stente... Un essere strano... che io non cono­sco nemmeno... Sapete chi sono io, secondo lui? La figlia di un vecchio ufficiale di idee antiche... in collegio fino a venti anni... il diploma di pianoforte... un fidanzato scono­sciuto morto di tifo nei mari del sud...

Perla                              - E non è?...

Miria                             - Ma che! Tutte cose che mi ha fatto dire lui, a poco a poco... Gli piaceva così... Voleva così...

Perla                              - Ma adesso non agitatevi, Miria... Siete stata tanto brava...

Miria                             - Perfetta! Lo dice anche lui. Ma vedete che cosa mi costa questa perfezione? Non posso più muovere un braccio, una mano... senza che egli tiri i suoi fili... Una mario­netta, sono... Ho perduto perfino la coscien­za, la simpatia di me stessa... Oh... Vi as­sicuro che non credevo di arrivare a questo punto...

Perla                              - Certo, deve essere molto faticoso far felice un uomo.

Miria                             - Non ci provate mai!...

Perla                              - Eppure, annullarsi per l'uomo che si ama...

Miria                             - Cose che si dicono. È precisamente il contrario... Ci si può annullare di fronte a tutti, meno che di fronte all'uomo che si ama. Non sapete che umiliazione sia questa di mentirsi, di nascondersi agli occhi della sola persona che dovrebbe conoscerci perfet­tamente e amarci per quello che siamo. Come siamo! In certi momenti mi prende una tale collera contro tutto e tutti e anche contro di lui, che debbo farmi forza per non gri­dargli in faccia qualche verità sorprendente...

Perla                              - Vorreste dargli dispiacere?

Miria                             - Di più: farlo soffrire, portarlo alle lacrime, alla disperazione... Per me, per me...

Perla                              - Ma tutti fingiamo per la stessa ragio­ne, lo vedete bene...

Miria                             - Voi... Ma voi potete fingere con tutta comodità. Appena volta le spalle, vi ripren­dete, vi rifate! Per voi, fingere di amare vo­stro marito, per gli altri, recitare la loro piccola parte è fatica di poco. Cinque minuti. Ma io no, io no. Io non posso recitare la commedia di amare un uomo, quando lo amo davvero. Quando è presente mi tor­mento perché fingo... e quando non c'è, mi tormento perché ho perduto qualche cosa di me stessa. Io mi domando a che vale questo mio amore, questa mia prova di tenerezza... a che vale, dal momento che egli non ama me, ma un fantoccio qualunque... Io gli vo­levo bene davvero, mi capite, Perla? E ave­vo tanto bisogno di essere aiutata... di essere consolata... sorretta... Mi capite?... Invece no... Non si può. Perché non deve soffrire, non deve tremare di gelosia, non può esser tormentato, niente... Non si può niente... Non si può amarlo, ecco... e sono stanca! Stanca! Stanca!

Perla                              - Voi? E lui? Non dovete dimenticare che non si tratta di voi, in questo momento...

Miria                             - (con ironia polemica) Se io sono stanca si tratta soltanto di me.

Perla                              - (con trasporto) Ma voi avete avuto il suo amore, i suoi baci... Siete stata felice, un poco.

Meri a                            - Troppo poco. Un attimo. Ma poi sem­pre lui! Sempre lui!

Perla                              - Non si può essere felici in due contem­poraneamente...

Miria                             - Capisco, ma fra persone normali ci si dà il cambio. Un poco è felice lui a spese mie, un poco sono felice io a spese sue... Qui no... qui no... Viene il momento che una po­vera donna perde la testa e può commettere una cattiva azione... Preferisco andar via.

Perla                              - E come potete? Egli non può fare a meno di voi.

Miria                             - Ma io non ho alcun dovere, alla fine. Io non appartengo alla sua famiglia.

Perla                              - Nemmeno io, eppure vedete...

Miria                             - Vuol dire che avrete qualche altro in­teresse.

Perla                              - Non ammettete uno spirito di sacri­ficio puro, senza compensi?

Miria                             - Sì. Negli amori infelici.

Perla                              - Miria!

Miria                             - Per carità! Credete che non abbia ca­pito? Tutta la vostra bontà, la vostra sotto­missione...

Perla                              - Vi proibisco di continuare!

Mbria                            - Avete avuto torto di invidiarmi. Sono venuta con tanta speranza e me ne vado così avvilita... Oh, non abbiate paura. Vedrete che la cosa lo commuoverà assai meno di quanto non crediate. Non morirà.

Perla                              - Credete che non vi ami più?

Miria                             - E- chi lo sa? Come si fa ad arrivare al cuore di un uomo felice? (Insinuante) Voi potreste indagare, no? Fatelo, Perla. Chi sa che non ne venga un bene per me e per voi... (Si avvia al fondo per uscire).

SCENA OTTAVA

(Compare al fondo Walden seguito dal came­riere).

Walden                         - (al cameriere) Guardate! (Accenna alle lampade accese).

Perla                              - Dottore, Miria è stanca e vuole andar­sene... Ditele che non può...

Walden                         - Cosa?

Miria                             - Il dottore sa benissimo che io non ap­partengo ai volontari del sangue e d'altra parte, può ordinare una medicina a un ma­lato, ma non può impedire a una medicina di guastarsi. (Al dottore) Dottore, io sono una medicina guasta. Potrei diventare peri­colosa. (Esce).

Walden                         - Nervosismo. Tutti nervosi... (Al ca­meriere) Colpa vostra...

Cameriere                      - Ma, signor dottore...

Walden                         - Troppe luci, troppi colori. Chi vi ha detto di dare tutta questa illuminazione?

Cameriere                      - La signora Perla mi aveva detto...

Perla                              - Sono stata io, dottore... ma non di­menticate che l'idea dei colori è vostra...

Walden                         - Sono stato frainteso. Questa luce è irritante. Non si può resistere. Non trovate anche voi che è irritante?

Perla                              - Veramente io non posso dire...

Walden                         - E voi (al cameriere) entrando qui non vi sentite inquieto, agitato?

Cameriere                      - Io no.

Walden                         - Ma io sì! Spegnete! Luce morbida, diffusa. E guai a chi riaccende! (Esce in fretta).

Perla                              - Dottore... sentite... (Esce).

Cameriere                      - Per me... (Spegne le lampade e se ne va lasciando la stanza in una luce dolce e calma).

SCENA NONA

(Dopo un attimo fanno capolino Clos e Stella)

Clos                               - (entrando, con un libro in mano) Gere­mia lo mettiamo qui. E adesso si risolve!

Stella                             - Ma non vedi che non c'è nessuno?

Clos                               - Io aspetto. (Si siede).

Stella                             - Mamma mia! Ora quando il dottore ci vede, chi sa che cosa accade! Ho le gambe che mi tremano... Vieni via! Avevamo pro­messo di non farci vedere. Ci ha anche dato del denaro per questo.

Clos                               - Glielo restituirò... a rate.

Stella                             - Se credi che questa sia una prova del tuo amore per me!

Clos                               - Che c'entra l'amore... Io ho una di­gnità...

Stella                             - E trovi dignitoso correrle dietro? Se fosse vero quel che mi hai detto... anzi giu­rato... te ne dovresti strainfischiare... Ti ha mandato le Lamentazioni? Si è innamorata di Angelo? Bene. Se lo tenga. Che te ne importa, se ami me?

Clos                               - Io la voglio vedere. No, non per riat­taccare, sai? Per me, quando una donna mi tradisce, io sono superiore... Volto le spalle e me ne vado... Faccio sempre così.

Stella                             - Quante volte ti è capitato?

Clos                               - Ma questa volta voglio dirle il fatto mio. Non mi si fa stare per delle settimane ad aspettarla invano in una locanda da ma­rinai.

Stella                             - Ma eri con me! Che importa se era una locanda da marinai? E il luogo dove le nostre anime si sono fuse.

Clos                               - Io non volevo fondermi.

Stella                             - Grazie.

Clos                               - Lei mi doveva dire: vattene. E me ne sarei andato.

Stella                             - Solo?

Clos                               - Magari con te.

Stella                             - Orio me lo avrebbe impedito.

Clos                               - Che c'entra Orio?

Stella                             - Mi ama sempre. Farebbe pazzie. Ca­pace di seguirmi.

Clos                               - Ma che! Orio non può muoversi di qui... Deve pensare alla salute di suo padre.

Stella                             - (come risovvenendosi) Oh... Clos... E se il signor Dick ci compare dinanzi?... Che gli si dice?

Clos                               - Lascia fare a me. Sono perfettamente istruito. Per quanto, sai, la voglia di dirgli qualche cosa di terrificante... Proprio da stenderlo a terra esanime...

Stella                             - Clos... Sei crudele.

Clos                               - Orfana! Orfana! Che bella vendetta!

SCENA DECIMA

(Dick scende la scala lentamente: i due quan­do si avvedono di lui, hanno l'istinto di fug­gire, e raggiungono rapidamente la porta del fondo; ma Dick con un balzo li insegue, li af­ferra uno da una parte, uno dall'altra, e li porta in ribalta).

Dick                              - Venite, qui, venite qui.

Stella                             - No, signore, perdonateci... Eravamo curiosi di vedere.

Dick                              - (con voce strana e riso nervoso) Avete fatto benissimo, davvero.

Clos                               - Ma andiamo via subito... Nessuno ci ha visti... Io, non vedo Pepe da. tempo imme­morabile...

Stella                             - Come avete voluto voi

Dick                              - Non ricordatemi anche voi quello che ho voluto io... Non abbiate paura... Sedete...

Clos                               - Signore, lasciateci andare. È stata una ragazzata.

Dick                              - Tutt'altro, tutt'altro... io sono felicis­simo di vedervi... e credo che saranno felici anche i miei figlioli...

Clos                               - Non credetelo...

Dick                              - Si, si... Lo credo. Non che Pepe sia pazza di voi e Orio di voi... per carità, non esistono più queste cose drammatiche; Il mondo è diventato di burro. I fatti non av­vengono più, come un tempo; adesso i fatti scivolano e nessuno se ne accorge. (Ride) Però saranno contenti di vedervi... Conti­nueranno a fare quel che voglio io perché questa oramai pare che sia la legge del mondo... Ma intanto...

Clos                               - Con che costrutto, allora, scusate...

Dick                              - Così... così... Non lo so. Un momento di fremito nel cuore di qualcuno. Come un soffio di brezza che spira all'improvviso in una foresta che sembra di vetro. Cade una foglia... un fruscio... (Ride) Fatemi sentire il fruscio d'una foglia che cade, per pia­cere...

Stella                             - (spaventata) Oh, Dio...

Clos                               - Signore, non vi sentite bene?

Dick                              - Io mi sento benissimo. Quando vi ho veduto, stavo pensando al serpente.

Clos                               - Che serpente?

Dick                              - Il serpente di Eva.

Clos                               - (quasi fra sé) Accidenti. Qui finisce male.

Dick                              - No, no. Finirà benissimo. Soltanto, sarà permesso anche a me di giuocare un poco, no? Sì, lo so, io vi devo fare l'impressione d'un idiota ma, sapete, il vedervi ha fatto di me un bambino in festa, un bambino che, nel giorno della befana, ha trovato delle pic­cole cose meravigliose, accanto agli alari del focolare.

Clos                               - Le piccole cose meravigliose saremmo

noi due.

Dick                              - Voi due, intanto... E poi vedremo. Ma prima, ditemi, voi che venite da Porto Markus: che c'è di nuovo al mondo? Su, raccon­tate, parlatemi dei paesi lontani. Dell'Ame­rica, per esempio... Che fa l'America?

Clos                               - (disorientato cerca le idee) Della... della beneficenza.

Dick                              - È un'istinto... E dell'Europa, che mi dite... del più pittoresco, e vivace paese del mondo... pieno di popoli, quanti popoli, che fanno tutti quei popoli?

Clos                               - Si amano, signore...

Dick                              - Si? Allora è vero che si scambiano le ricchezze?

Clos                               - Si scambiano tutto. Anche le miserie.

Dick                              - Ma allora, domando io, quando finisce la pace?

Clos                               - Sono cose che vanno per le lunghe. Fin che l'Inghilterra regala le colonie..,

Dick                              - Ha regalato colonie? A chi?

Clos                               - Ma... non ricordo...

Stella                             - All'India.

Clos                               - Ecco, mi pare.

Dick                              - (desolato) Oh, allora proprio non c'è più niente da sperare.

Clos                               - Siete triste?

Dick                              - Penso all'industria pesante.

Clos                               - II disarmo è assoluto! Anche oggi il giornale pubblica una fotografia, presa a Ber­lino, dove si vede un vigile del traffico che fa servizio in borghese...

Dick                              - Buona notte!

(Pausa: Dick dopo un attimo tende la mano verso la cravatta di Clos, la tira per un ca­po, la disfa e ride).

Clos                               - Be'? Perché?...

Dick                              - (riprendendo il tono nevrotico di prima) Così... Non ci resta altro da fare; tirarsi la cravatta; occuparci del nostro piccolo mon­do... (A Stella che si era ritirata al fondo) Venite qui, venite qui anche voi... Voi non parlate mai?...

Clos                               - Lei balla (Sta rifacendosi la cravatta).

Dick                              - Dobbiamo ballare tutti... Sentite... tra poco... (Come un bambino che organizza una burla e sempre più nervosamente) tra poco tutti verranno qui a darmi la buona notte. Una volta nessuno mi dava la buona notte. E andavo a letto triste perché pensavo con amarezza che avevo lavorato tutto il giorno per loro... e loro non si ricordavano nem­meno di me... Ma adesso non c'è sera che Dio manda in terra, che, prima di andare a letto, non si facciano vedere tutti quanti di­cendomi dolcemente, musicalmente: buona notte, papà... Bene... Verranno qui per que­sta soave cerimonia. Io rientrerò al momento opportuno al fianco della mia fidanzata. Sa­pete che sono fidanzato? Sì, una cara donna, una donna ineguagliabile, che non mi ha mai mosso un rimprovero", non mi ha mai detto: « Te lo dicevo? Tu non mi ascolti mai » e nemmeno mi ha mai fatto una scena di ge­losia a proposito del mio primo amore di ragazzo. Eccezionale, perfetta. Mi aspetta ac­canto alla serra... No, alla scala, no, alla fontana azzurra... Io farò due passi con lei, poi tornerò e tutti saranno qui. Si, si, anche voi. Poi vedremo che faccia faranno i miei figlioli e che lotta dovrete sostenere col dottore, con Perla, con mio fratello Carlo, che vorranno cacciarvi via. Succederà un finimondo. vedrete! Ma voi non abbiate pau­ra. Tenete testa a tutti. Se Angelo vi prende a schiaffi, reagite. Se Clara cerca di tirarvi per. i capelli, vendicatevi. Del resto, qualche graffio non ha importanza. Sapete? Una volta in casa mia era una continua lite, E io sof­frivo, chiuso nella mia stanza, soffrivo di sentire la mia famiglia così divisa. Tutti si odiavano, tutti avevano da rimproverarsi qualche cosa e per un nonnulla scoppiavano querele senza fine. Un frastuono d'inferno, che io dovevo sopportare turandomi le orec­chie. Adesso no. Adesso sono tutti buoni e si amano. E c'è intorno un grande silenzio. Sentite che silenzio? È tutto il mondo che tace! Come se stesse per morire... Fatemi sentire il fruscio d'una foglia che cade, per piacere.

Clos                               - Ma scusate, che intenzioni avete?

Stella                             - Perché, essere graffiata, pazienza, ma poi...

Dick                              - Nessuna intenzione. Non abbiate paura. Io non voglio precisamente qualche cosa, e voi siate gentili con me; abbandonatevi al mio estro per un attimo e ve ne sarò grato. Qualche cosa nascerà; non lo so... ma lo spero...

Clos                               - Ma che cosa vi aspettate? Che ci si ammazzi?

Dick                              - Oh, non mi faccio illusioni. Mi conten­to. Andate, andate, che non ci si veda in­sieme, se no, il giuoco non riesce. Natural­mente, fingeremo di non esserci ancora visti e faremo le sorprese. (Gioioso) E rideremo! (Ridiventando serio) Non sarà proprio un di­vertimento pazzo, ma piuttosto che nien­te... Andate, andate. (Li spinge fuori) (Solo) Oh,. .. Iddio potente, Signore delle valanghe, che hai creato il gioco mirabile della conca­tenazione dei fatti, la sorprendente varietà delle conseguenze logiche, io non ti chiedo che un innocente giuoco di famiglia diventi seme di rivoluzione, o di guerra, ma ti dico: abbi pietà di questo povero uomo che ha perduto il senso delle più belle parole uma­ne: domani e speranza...

SCENA UNDECIMA

Perla                              - (entrando) Dick! Miria ti aspetta...

Dick                              - Così sia! Vado... (Esce in fretta). (Perla resta a guardarlo mentre si allon­tana).

Carlo                             - (entra dalla porta di destra con delle carte) Oh... anche questa è fatta...

Perla                              - Hai finito il tuo lavoro?

Carlo                             - Si, ma è una fatica terribile, sai, fare questo notiziario tre volte tutti i giorni. E poi ci vuole della fantasia! Pensa! Non poter mai dire una verità... Mai una notizia giu­sta...

Perla                              - Ti capisco.

Carlo                             - Perla, ora che per una fortunata com­binazione siamo soli...

Perla                              - No, per favore.

Carlo                             - Se non mi lasci dire!

Perla                              - Lo so. Tu vuoi farmi la corte.

Carlo                             - Appunto.

Perla                              - Ma io voglio impedirlo. Non mi ami. Non ti amo..,

Carlo                             - Può darsi che il nostro legame senti­mentale debba essere un altro. Un affetto pa­cato, quieto.

Perla                              - Dove hai trovato tanta saggezza?

Carlo                             - Nei ricordi del passato.

Perla                              - Hai detto ricordi, o rimorsi?

Carlo                             - Ricordi... Ma bastano. Se mi si di­cesse che potrei riprendere la mia vecchia vita, non ne avrei più la forza. Ci pensi? Ogni giorno una preoccupazione nuova, una ansia diversa: debiti, guardie, denuncie, av­vocati, notti intere passate a costruire mi­nuziosamente le furberie del giorno dopo.... Insopportabile. Da quando sono stato co­stretto a ritirarmi qui, che respiro! Qui... qui dormo, capisci? Mi alzo di buon umore. L'ap­petito è ottimo. Cara mia, ho capito tante cose! L'onestà, la rettitudine morale non so­no delle virtù: sono delle astuzie. Perla, io voglio ritornare con te...

Perla                              - Temo che tu abbia capito anche le pantofole.. ..

 Cario                            - E allora?

Perla                              - Mio caro, noi due abbiamo fatto trop­po presto a diventare estranei, per potere accarezzare dei progetti comuni.

Carlo                             - Bada, Perla! Potrei ritornare come pri­ma! E mi dispiacerebbe! -

Perla                              - Ti sei tanto affezionato alla virtù?

Carlo                             - Tutti! Non vedi? Anche Pepe... anche Miria...

Perla                              - Miria? Chi è Miria?

Carlo                             - È la menzogna più grave di questo pa­radiso!

Perla                              - Carlo! Dimmi!

Carlo                             - Dirò... dirò... Verrà una volta l'ora della verità!... (a un cenno di Perla) No... È una cattiva notizia e io sono qui per fare l'annunciatore di letizie!...

SCENA DODICESIMA

(Orio entra in fretta, corre al bar, va a pren­dersi un liquore e lo tracanna in fretta. Si versa un altro bicchierino. Clara lo insegue, lo raggiunge, e cerca di impedirgli di bere).

Clara                             - Orio, non voglio... smettila... Mi avevi promesso.

Orio                               - Vuoi lasciarmi in pace? Sono stanco di giuocare a scacchi... Ho bisogno di ecci­tarmi la fantasia... (Deve a forza).

Clara                             - No, no... non voglio...

Orio                               - Ah!... È proprio la vita... E adesso, vi saluto...

Clara                             - Orio... se ti muovi, guai! (Orio esce).

Perla                              - E dove vuoi andare?

Clara                             - Fermalo...

Carlo                             - (esce un momento per raggiungere Orio e lo riporta dentro) Che ti piglia?...

Orio                               - Ma che sono, in galera io? Io voglio andare alla darsena.

Carlo                             - Dopo...

Perla                              - Ci sei stato anche ieri alla darsena.

Orio                               - Ci sono stato, ma non ho trovato Stella. Era andata fuori in barca con quell'altro... Debbono essere ritornati dopo la mezzanotte...

Clara                             - Ma ancora non l'hai capito? (Ride).

Orio                               - Smettila di ridere, tu... tanto, anche se Stella mi pianta, per te è lo stesso, sai?... Ma io voglio sorprenderli... Voglio dare una lezione a tutti e due. Non tornerò a casa se non ho fatto giustizia.

Carlo                             - Eh, esagerato...

Orio                               - Me ne vado!

Carlo                             - (trattenendolo) Te. ne andrai dopo. Prima fai il tuo dovere. Fra le altre cose, sta­sera il notiziario è proprio "interessante.

Orio                               - Ah, è per questo? Ma dimmi che hai preso gusto a fare la voce canora... Però ti sarei grato se fossi breve. Ieri sera hai fatto venire la barba a tutti... Anche alla zia Marga...

SCENA TREDICESIMA

Marga                            - (entrando) A me?

Carlo                             - È vero che ti sei lamentata del noti­ziario troppo lungo?

Marga                            - Lungo? Ma, caro, tu lo sai che sentir parlare una persona senza vederla mi addor­menta! Mi capita lo stesso anche al telefono.

Walden                         - (entra) Signori, stanno per rientrare!

Perla                              - Mancano Pepe e Angelo.

Walden                         - Li ho già chiamati.

SCENA QUATTORDICESIMA

(Angelo e Pepe entrano dolcemente avvinti).

Orio                               - (continuando un bisticcio con Clara) Non m'importa più niente di lei, ma la vo­glio svergognare! E tu non seccarmi!...

Walden                         - Orio, cercate di non bisticciare con Clara alla presenza di vostro padre, come ieri sera... che quasi se ne accorgeva e voi, si­gnorina Marga, non dormite. E voi due (a Pepe ed Angelo) cercate di essere meno retorici.

Pepe                              - Noi ci amiamo davvero, dottore...

Walden                         - Lo so, ma siete inverosimili. (/ due si staccano un poco) Ecco. Così       - (Guarda il quadro) Che famiglia deliziosa!... Ottimo ef­fetto. Sedativo.

Orio                               - (ironico) Quadro!

 SCENA QUINDICESIMA

(Dick entra con Miria. Miria si guarda in­torno e sta per scoppiare. Si domina),

Miria                             - Ti trattieni, Dick? Io andrei a ripo­sare.

Dick                              - Così presto?

Miria                             - Sono un po' stanca. E anche domat­tina dormirò più del solito. Non ti dispiace di non vedermi domattina?

Dick                              - Se è per la tua salute... Ragazzi, date la buona notte a Miria!

Coro                              - (cantilena) Buona notte Miria...

Miria                             - (in fretta come chi sta per perdere il be­ne della pazienza) Oh... Buona notte... (Via in fretta).

Orio                               - Papà, non hai sonno stasera?

Marga                            - Che domande! Prima c'è il notiziario. (Carlo richiamato al suo dovere si avvia ver­so il fondo, ma si ferma, udendo le seguenti parole di Dick).

Dick                              - No, stasera non ho voglia, di buone notizie. So già che quell'imbecille è capace di raccontarmi che i miei operai hanno scioperato per ottenere una diminuzione di sala­rio. (Pare che cerchi qualche cosa).

Carlo                             - Perché dici imbecille?

Marga                            - Oh, che importa l'intelligenza quan­do si ha una bella voce?

Walden                         - Ma che cosa cercate, signor Dick?

Dick                              - Io? Niente... Devo avere sognato... (Si avvia verso la scala come se volesse an­darsene).

SCENA SEDICESIMA

Clos                               - (Entra in fretta seguito da Stella: men­tre Stella si ferma sulla soglia, si precipita su Pepe, che accarezza ancora Angelo) Ah... Eccoti qui... Ridicola! Sembra che ac­carezzi un gatto soriano... (Confusione nella scena).

Walden                         - Signore...

Carlo                             - Come vi permettete?

Clos                               - Due parole sole a questa bugiarda...

Pepe                              - Ho diritto di fare quello che voglio...

Angelo                          - Bada, Clos, non mi mettere fuori di me...

Clos                               - Tu?

(Lo prende per il bavero e incomincia a par­largli vivacemente sottovoce. Non si odono le sue parole perché dall'altra parte della scena Stella afferrata da Orio, dà uno strillo).

Orio                               - Sai cosa sei tu? Una piccola sporcacciona qualunque... Vergognati.

Carlo                             - Anche questa, ora!

(Si adopera a sedare il conflitto Orio-Stella).

Perla                              - Per carità, finitela.

(Ma non ottenendo risposta, si siede col volto fra le mani).

Walden                         - Signori! Calma!

Clos                               - Spudorata! Diceva che ero il suo sogno...

Pepe                              - Adesso è lui.

Orio                               - Ma parla, dunque! Non fare quella fac­cia da pipa tirolese...

Stella                             - Che vuoi da me? Torna da quella smaniosa...

Clara                             - Le donne del tuo stampo non offen­dono mai...

Clos                               - (inseguendo Angelo) Due schiaffi, vo­glio dargli due schiaffi!

(Si accapigliano, mentre il dottore cerca di dividerli invano).

Marga                            - Pace! Pace!

Angelo                          - Aiuto!

Orio                               - E diceva che ero il suo sogno, l'ideale...

Stella                             - Il mio sogno tu? Ah, ah... A te ti ci vuole una infermiera per deficienti...

Clara                             - Non lo conosci! Orio è intelligente.

Orio                               - È vero! Grazie.

Stella                             - E allora stupida sei tu! (Si accapigliano).

Marga                            - Pace! Pace!

Walden                         - (ai due che si battono a destra) Signori, signori... Qui siamo fra gentiluo­mini.. .

Carlo                             - Insomma, volete smetterla?... Ma che avete nelle dita? (si succhia un dito graffia­to) Accidenti...

Clara                             - (si stacca con un gemito da Stella) Ahi! Mi ha fatto male!

Orio                               - Clara, che ti ha fatto? Ti ha f«rito? (a Stella) Via! Non ti voglio veder mai più... Via da casa mia... (La afferra).

Stella                             - Lasciami, villano! Sono una donna...

Pepe                              - (accorrendo) Allora ci penso io, che non ho niente da fare...

(Strappa Stella dalle mani di Orio e si ac­capigliano).

Orio                               - (libero si rivolge a Clos) E tu... Esci... Marrano... (Lo strappa dalla lotta con Ange­lo e si accapiglia con lui).

Stella                             - (infuriata a Clara) Walchiria!

Clara                             - Carmen...

Angelo                          - Avventuriero...

Clos                               - (a Angelo) Decotto di malva.

Marga                            - Al fuoco! Al fuoco!

 (Questo grido sospende la battaglia. Tutti si guardano intorno spaventati).

Walden                         - (gettandosi a sedere stremato) Bra­va signorina Marga. È stata un'idea geniale... (Dick che aveva assistito alla lotta con di­vertimento, aizzando coi gesti ora un grup­po ora l'altro, come un tifoso di calcio alla partita).

Dick                              - Finito?

Walden                         - Buona notte. Abbiamo rovinato tutto.

(Tutti si accasciano alla loro volta). (È inutile dire che tutti sono estremamente scomposti e portano nel volto o nell'abito i segni della lotta).

(Angelo intontito dai pugni ricevuti si muo­ve come un fantasma).

(Orio si prodiga con amorevolezza a rimet­tere a posto Clara).

Dick                              - (scende dal suo palco con aria soddisfat­ta) Non è proprio quello che mi aspetta­vo... ma infine, è sempre meglio del noti­ziario.

Perla                              - (gli si avvicina sollecita) Dick, ora ti spiegheremo...

Dick                              - Non c'è nulla da spiegare. Ho capito tutto. Ho capito che non è accaduto niente. Un gioco di famiglia senza conseguenze, uno si immagina chi sa che cosa. E invece... Tutto come prima. Tale e quale. Se ho ben capito, Stella non vuol più saperne di Orio e Pepe non vuole rinunciare ad Angelo. È così...

Perla                              - Come volevi, Dick...

Orio                               - (accennando a Clara) Questa creatura si è battuta per me...

Clara                             - Oh, caro, ho fatto il mio dovere...

Walden                         - Vedete? Tutto come volevate voi.

Dick                              - Ma si, ma si, come volevo... E allora... la partita è chiusa... (A Clos e a Stella) Mi ricorderò sempre di voi due con grande simpatia. Il giuoco non è riuscito che a metà, ma bisogna contentarsi... Potete andare tutti. (Walden si alza, anche gli altri si alzano: si mettono in fila in fondo ed è uno sparuto drappello di gente malconcia, che ad un cen­no di Walden, grida)

Coro                              - Buona notte... papà...

Dick                              - Buona notte...

Perla                              - Io non so come questa disgustosa scena abbia potuto accadere.

Dick                              - E che è accaduto? Niente! Assoluta­mente niente... (con violenza) Ma io...

Perla                              - (scossa dalla violenza di Dick) Dick!... Per carità.

Dick                              - No, non raccomandarmi la calma, non farmi ragionare, non ricordarmi quello che fu, quello che non fu... Lascia andare... Se tu sapessi che idee mi passano per la testa...

Perla                              - Che cosa vuoi fare?

Dick                              - Io? Qualche cosa... Non so precisamente che cosa, ma qualche cosa... Perla... Siamo soli?

Perla                              - Si, Dick...

Dick                              - Proprio soli?

Perla                              - Ma si.

Dick                              - (più aggressivo che affettuoso) Bene, Perla, ascolta quel che ti dico. Tu sei bella,

Perla                              - Oh... ma...

Dick                              - Tu mi sei sempre piaciuta molto. Non te l'ho mai detto, perché c'erano dei proble­mi morali da risolvere. Adesso non ci sono più. Adesso posso dirti che sei bella, che mi sei sempre piaciuta e che non resisto alla tentazione di darti un bacio sulla bocca. (L'abbraccia e la trae a ~$è).

Perla                              - No... Dick... Non così, non così... Non voglio... (Mentre dice « non voglio » si abbandona al bacio)

(Dopo il bacio. Perla si allontana da lui e si siede al divano piena di confusione: Dick la segue).

Perla                              - Perché hai fatto questo? Perché?

Dick                              - (ancora fremente) Perché ci sono dei momenti nei quali il bisogno di rompere tutti gli incantesimi è più forte di qualunque ri­tegno... Allora non si ragiona più. Ci si butta a capofitto nel nuovo... nel diverso...

Perla                              - Per curiosità...

Dick                              - Perché non ci si rassegna mai a niente...

Dick                              - Non eri felice?

Dick                              - Non ci si rassegna nemmeno alla fe­licità. Fammi infelice un poco. Lo so che ti faccio soffrire e anch'io soffrirò domani di questo, male che faccio, ma voglio provare ancora l'acre sapore delle cose cattive. Dam­mi un altro bacio... Perla... Non pensare a nulla: soltanto a questo momento così dolce... Perla...

Perla                              - (con un filo di voce commossa) Dick Io ti amo davvero... (e offre di nuovo la bocca).

SCENA DICIASSETTESIMA

Miria                             - (scende dalla scaletta e li sorprende. Con voce decisa, minacciosa) Dick! (Dick e Perla balzano in piedi).

Dick                              - Spaventoso! (A Perla) Lo sai, Perla, che cosa pensavo poco fa mentre ti baciavo? Pensavo: vorrei che Miria comparisse all'im­provviso e ci sorprendesse. Questo pensavo. E Miria è là. E ha veduto tutto. E adesso, chissà che cosa accade!

Miria                             - (scende lentamente e si avvicina a Per­la) Brava. Il risultato è stato buono per voi?

Perla                              - Non lo so ancora

Dick                              - (a Miria) Non muovere rimproveri a Perla che è innocente. Sono stato io. Quando ti avrò spiegato...

Miria                             - Non c'è nulla da spiegare. Ho capito.

Dick                              - E allora?

Miria                             - (dopo una pausa) Ti perdono.

Dick                              - Mi perdoni?

Miria                             - Hai detto poco fa: quando ti avrò spiegato. Segno che hai qualche cosa da spie­gare per farti perdonare. Tu desideri di es­sere perdonato e Miria, la donna perfetta, ti perdona.

Ddck                             - Ma no, Miria... Così no! Una donna che trova l'uomo del suo cuore sulla bocca di un'altra, non perdona... O almeno non perdona subito. È troppo semplice... -

Miria                             - Tu vorresti una sfuriata, vero? Una crisi di pianto... e una scena commovente. No. caro. Non faccio scene. Tanto, prima o poi, dovrei finire col perdonarti e col farti una ragione, col trovare tutto questo natu­rale. Io- preferisco trovarlo naturale subito. Sono più perfetta ancora di quanto non im­maginassi, vero? E ti perdono.

Dick                              - Ma non puoi! L'ho fatta troppo gros­sa... Tu non meritavi questo affronto e se tu non ne senti l'importanza... allora...

Miria                             - Povero Dick, non farti più colpevole di quello che sei. Qui, in un luogo beato, cir­condato da tanta brava gente che ti adora e che fa di tutto per renderti la vita calma e serena, è troppo naturale che tu abbia sen­tito il bisogno di crearti un angoletto tuo, tuo, con quel tanto di tumulto che è indi­spensabile alla vita,.. Non è così?

Dick                              - Hai capito anche questo?

Miria                             - Anche questo.

Dick                              - E allora, secondo te, tutto finirebbe qui? Come se non fosse accaduto nulla. Sen­za conseguenze... (Con irritazione) Perché ormai la legge è questa: che non deve acca­dere mai nulla... ma io non voglio! Basta! Quando è così, è meglio che tu te ne vada.

Miria                             - Mi mandi via?

Dick                              - Sì, ti mando via. Non si è mai visto una donna innamorata così intelligente. Ma tu non mi ami. Ecco la verità. Tu non mi ami e io, allora, non so che farmene di te. (Va alla scaletta).

Miria                             - (richiamandolo) Dick! (Dick si ferma e si volta a guardarla) È proprio vero che ades­so finalmente, si tratta di me?

Dick                              - Ma che vuoi dirmi? Oramai! Parole! Me ne hai dette tante...

Mirea                             - Queste sono definitive.

Perla                              - Che gli volete dire?

Miria                             - La verità.

Perla                              - Ma non si può...

Miria                             - Non me ne importa nulla.

Perla                              - Per carità, Miria, riflettete...

Deck                             - Perla! Vuoi tacere?

Perla                              - Io farò il mio dovere. (Esce).

Dick                              - Dove corre?

Miria                             - A chiamare il dottore probabilmente. Non importa... Nessuno può impedirmi di parlare... (Miria pare colta da perplessità).

Dick                              - E allora?

Miria                             - Dirti che in tutto questo tempo io ti abbia proprio ingannato, sarebbe forse vero, ma non sarebbe giusto. Le circostanze hanno voluto così... e d'altra parte la felicità delle persone amate è uno spettacolo così commo­vente che non si vorrebbe mai turbarlo. Ma una cosa è certa, ed è che, sul conto mio tu ti sei fatto delle idee sbagliate.

DrcK                             - Io?...

Miria                             - Dirò meglio: la tua fantasia ha lavo­rato a suo piacere intorno al nostro amore e intorno a me... Fate sempre tosi, quando siete innamorati. Vi illudete che la vostra donna sia di materia plastica, da manipo­lare secondo la fantasia... Ed ecco che tra le verità che non volete sentire e le perfe­zioni che volete assolutamente incontrare, vi figurate donne inverosimili che poi finite per maledire... Bisogna avere il coraggio, per il bene di tutti e anche dell'amore, di prenderci come siamo, di vederci come siamo!

SCENA DICIOTTESIMA

Walden                         - (compare con Perla) Signora Miria, che succede?

Dick                              - E voi tacete... E se non potete tacere, andatevene... (Walden e Perla restano pa­ralizzati dall'energia di Dick) E allora?

Mirla                             - Io. non sono la donna che poco fa ti perdonava. Quella era una donnina di buona famiglia senza precisi contorni, fabbricata col solito sistema. Una donnina perfetta che di­ceva sempre di sì, pronta a piegarsi alla tua volontà, a dire le parole che volevi da lei, a vivere dei tuoi sogni, dei tuoi pensieri, di te, insomma. Per sé non aveva niente. Quella, hai ragione tu, non ti amava. Ma io non sono quella. Io non la conosco nemmeno. Io ho faticato a guadagnarmi il pane da prima il meglio che ho potuto, e poi il peggio che ho potuto... Sono stata gettata da casi mi­serabili tra le braccia di tanti uomini... Io so che cosa è la sofferenza, la vergogna, la solitudine, il pianto. Io so tutto. E sono stanca di tutto. E non sai che forza prenda l'amore nel cuore di una donna stanca e de­lusa. Io non ti perdono, Dick. Non ti per­dono di non essere quello che avrei voluto, proprio perché non sono quella che avresti voluto tu. Puoi scacciarmi, disprezzarmi, ne hai tutti i diritti, meno che di dubitare del mio sentimento per te. Avrei dovuto evitare questa confessione, ma tu hai detto che ora non si tratta più di te, ma di me. Hai detto che non ti amo. Hai detto che non ti devo perdonare. Tutto giusto. E Dio ti benedica di avermi finalmente chiesto una imperfe­zione. Ed eccomi qua tutta imperfetta a dirti chi sono: una donna che si è fatta uno stile non precisamente in convento, o alla Università... Dick, hai sentito bene? Una donnaccia! Una donnaccia!...

Dick                              - (non reagisce: guarda Miria con occhio atono come un paralizzato).

Perla                              - (gli corre accanto) Dick!

Walden                         - (con voce strozzata) Che avete fatto? (Una pausa: tutti guardano Deck, aspettan­do e temendo l'effetto delle parole di Miria). (Deck pare che leggermente barcolli: invece ' si riprende, si avvicina ad una scatola di si­garette, ne accende una, soffia via la prima boccata di fumo, poi lentamente si avvia al fondo e sale la scala).

Miria                             - (cade su una sedia singhiozzando).

Fine del secondo atto

ATTO TERZO

 La scena è illuminata soltanto dall' azzurro del­la luna, illanguidito dai primi riflessi dell'alba. In scena è Miria, che ha vegliato sul divano. Entra dalla scaletta Perla.

Miria                             - Ebbene?

Perla                              - Niente di nuovo.

Meria                             - Il dottore, che dice?

Perla                              - (sedendosi) Che volete che dica? Ha preso una sedia e si è messo a guardare dal buco della serratura. Vuole essere pronto a sfondare la porta, se sarà necessario.

Miria                             - E che cosa vede?

Perla                              - Niente. Dick ha spento il lume.

Miria                             - Che notte! E che accadrà adesso?

Perla                              - Siete preoccupata per la salute di Dick, o per voi?

Meria                             - Oh, la sua salute! Ho l'impressione che il dottore, con le sue strane idee, abbia creato un clima d'angoscia inutile. Dick sta benis­simo. Non avete visto che calma, ieri sera? Che padronanza di nervi? E noi stiamo qui vegliando.

Perla                              - Allora siete preoccupata per voi.

Miria                             - Sì.

Perla                              - Sotto quale aspetto?

Miria                             - Tanti.

Perla                              - Perché mi ha baciato?

Miria                             - Anche.

Perla                              - Sapete bene perché l'ha fatto. Non certo per amore.

Miria                             - Ma l'ha fatto. Il che non prova un grande amore per me. Ora poi, dopo quello che gli ho detto. Perché non mi avete im­pedito di proseguire?

Perla                              - Vi ammiravo. E, d'altra parte, avevate già detto troppo. Se vi foste fermata, chi sa che cosa avrebbe potuto pensare di voi...

Miria                             - Più di quello che gli ho confessato?

Perla                              - Quel che si può supporre è sempre peg­gio di quel che si sa.

Meria                             - E adesso? Che debbo fare? Debbo na­scondermi e aspettare che mi cerchi, debbo affrontarlo subito, debbo andarmene senza farmi più vedere?...

Perla                              - Non so proprio quel che dobbiate fare. Io so quel che farete.

Miria                             - Cioè?...

Perla                              - Lo aspetterete qui.

SCENA SECONDA

Walden                         - (scende rapidamente) Si è alzato. Cammina per la camera. Credo che stia per scendere.

Perla                              - Perché non avete aspettato che vi aprisse la porta?

Walden                         - No, no. Non mi sono fidato. Io so per esperienza che i pazzi furiosi appena ve­dono un psichiatra perdono la calma.

Miria                             - Per voi, allora, la cosa è già decisa. Dick sarebbe pazzo. Molto incoraggiante.

Walden                         - Ah, perché io dovrei dire che tutto è andato secondo le mie prescrizioni, che sono soddisfatto? Cara signora, voi avete commesso, come devo dire...

Meria                             - Dite pure una crudeltà...

Walden                         - Una assurdità. È il modo quello, di comportarsi con un uomo? Se avessi tempo, vorrei visitarvi...

Miria                             - Perché? Sarei malata anch'io, secondo voi?

Walden                         - Non lo so. Vi domando soltanto se vi era mai capitato di dire la verità a qual­cuno.

Miria                             - Veramente, no...

Walden                         - Vedete? Un moto impulsivo, ecce­zionale.. .

Mirea                             - E voi avete mai curato un malato a questo modo?

Walden                         - Che c'entra? L'euforoterapia è una mia conquista scientifica, non un gesto in­consulto! Se voi non aveste commesso una imprudenza imperdonabile, io forse avrei po­tuto raggiungere un grande successo.

Perla                              - Perché voi siete sicuro di avergli dato la felicità, la serenità perfetta...

Walden                         - Me lo ha detto lui stesso: « io sono Adamo » Capite? Adamo! E io, come mo­desto padreterno, ero soddisfatto. Ancora qualche settimana, qualche giorno forse e, perfettamente rigenerato, lo avrei mandato...

Miria                             - Con Dio...

Walden                         - Con gli uomini. Voi ve la prendete con me, ma siete voi che avete guastato tut­to! Una vera rovina. Sono proprio avvilito.

Miria                             - Dovremo compiangere il medico, se l'ammalato non guarisce?

Walden                         - Sì, signora. Il più delle volte il solo che merita veramente le condoglianze, quan­do muore qualcuno, è proprio il medico. Ma che idee avete? Ci si affeziona, sapete, ai pro­pri pazienti.

Meria                             - Lo credo, a giudicare dalla fatica che fate a staccarvene.

Walden                         - Oh, il vostro sarcasmo è facile, ma non ripara il danno che avete fatto.

Perla                              - Dottore, aspettate a giudicare. Dopo tutto, non lo avete ancora veduto stamattina.

Walden                         - Sì, ma... ho dei cattivi presenti­menti. Dopo il colpo che ha ricevuto ieri sera, non vorrei essere costretto a provvedi­menti energici.

Perla                              - Cioè?

Walden                         - (a Miria) Signora, promettetemi di non dire mai più la verità!

Miria                             - A nessuno?

Walden                         - Sarebbe un dovere di carità umana in generale. Ma ora mi riferisco unicamente a lui. Me lo promettete?

Meria                             - State tranquillo... Oramai...

(Si ode un lontano rumore di aereo in volo che si avvicina rapidamente).

Walden                         - Che cosa c'è?

Perla                              - Deve essere il postale. Passa ogni mat­tina.

Walden                         - Io non l'avevo mai sentito così forte. (Va al fondo e guarda in alto) Vola in basso. (China il capo come se si volesse salvare) Ac­cidenti! Ha sfiorato il tetto della villa. Bel matto anche quello.

Perla                              - (che è uscita a sua volta) Sembra che voglia atterrare.

Walden                         - No, scompare.

Perla                              - Ma sì, atterra... Guardate....

Walden                         - (trae dentro Perla in fretta per un braccio e le parla con voce soffocata) Avete veduto?

Perla                              - Che cosa?

Walden                         - Dick ha aperto la finestra.

Miria                             - Dick?

Walden                         - Avrà sentito il rumore dell'aero­plano...

Perla                              - Andiamo, dottore, lasciamo Miria sola. Se Dick dovesse discendere...

Walden                         - Signora, qualunque cosa vi dica o faccia... controllatevi. Ricordatevi che ave­te la vita di un uomo nelle vostre mani. (Via).

Miria                             - Debbo proprio aspettarlo? Che cosa fa­reste se foste in me?

Perla                              - Se fossi in voi, sarei felice. (Via).

SCENA TERZA

(Dick entra, scende la scala con una giacca da pigiama sullo smoking, e va alla porta-finestra a guardare in alto: evidentemente ha udito il rombo del motore. Poi ritorna dentro e suona un campanello per il cameriere, poi si avvi­cina a Miria).

Dick                              - Ancora qui, tu?

Miria                             - Avresti desiderato che me ne fossi an­data?

Dick                              - Io non desidero più nulla.

Miria                             - Sei stanco d'essere soddisfatto?

Dick                              - Proprio.

Miria                             - Non mi dirai che anche quello che è accaduto ieri sera fosse la soddisfazione di un tuo desiderio.

Dick                              - La tua confessione? Non so. Certo che a un dato puntò devo avere pensato: « Oh, se potessi rimproverare qualche cosa anche a lei! ».

 

SCENA QUARTA

Walden                         - (avanza circospetto) Avete chia­mato?...

Dick                              - (si volta di scatto facendo fare a Wal­den un passo indietro) Che paese! Si chia­ma un cameriere, e arriva un dottore.

Walden                         - Il cameriere dorme e forse non ha udito il campanello, ma se volete...

Dick                              - Non importa, aspetterò. Volevo sempli­cemente ordinargli di prepararmi la colazio­ne sulla terrazza.

Walden                         - Provvedere io stesso.

Dick                              - Non vi disturbate, dottore.

Walden                         - Per carità! Completo?

Dick                              - Completo. E anche due occhiali affu­micati.

Walden                         - (esterrefatto) Due... che?

Dick                              - Due occhiali affumicati. Per le macchie solari. Voglio guardare il sole.

Walden                         - Ah... volete guardare il sole? Giu­stissimo.

Dick                              - Da molto tempo mi domandavo « Che anche il sole si sia macchiato? ». È venuto il momento di stabilire questo fatto. Voi non ne sapete niente?

Walden                         - Per la verità...

Dick                              - Mi renderò conto di persona.

Walden                         - È sempre meglio. Si è più sicuri. Allora, un completo e due occhiali affumi­cati.

Dick                              - Molto gentile.

Walden                         - Prego. (Se ne va facendo gesti di disperazione).

Dick                              - Se non sbaglio, colui sta pensando che la mia ragione vacilli.

Miria                             - Dick, vuoi occuparti di me?

Dick                              - Che cosa vuoi, Miria?

Miria                             - Io sono qui da ore, impaziente di co­noscere la mia sentenza; di sapere se debbo affrontare la tua collera, la tua indifferenza o il tuo disprezzo. Tu compari, e io non vedo...

Dick                              - Non vedi che sono imbarazzato?

Miria                             - Perché?

Dick                              - Come lo sei tu. È la prima volta che ci incontriamo dopo esserci conosciuti, no? Il primo uomo, quando incontrò Eva, ed erano tutti e due nudi, deve avere provato qualche cosa di simile. In altro senso, si in­tende...

Miria                             - Ti ammiro. Anche nelle circostanze straordinarie, conservi una calma!

Dick                              - Adesso sei tu che vorresti una scenata.

Miria                             - Non me l'aspetto, non credere. Da ieri sera ti ho capito perfettamente; da quando ti ho veduto accendere con "tanta tranquil­lità la tua sigaretta prima di andare a letto...

Dick                              - Mi godevo il brivido, cara. Ti devo l'ultimo brivido di vita... Ma se ti fa pia­cere ti dirò che le tue parole mi hanno molto turbato...

Miria                             - Davvero?

Dick                              - Sì. Ho sofferto... deliziosamente.

Miria                             - Deliziosamente?

Dick                              - Il paralitico ci gode a sentire che la sua gamba morta, punta da un ago, dolora... Se dolora, vive...

Miria                             - E allora?

Dick                              - Hai fatto quello che hai potuto... E ti giuro che in condizioni normali, chi sa che cosa sarei stato capace di dirti, di fare... Ma ho dovuto riflettere, meditare e i pensieri mi hanno portato lontano...

Miria                             - (erompendo) Ma che cosa ci vuole dun­que, per scuoterti, per farti vivere?...

Dick                              - Per farmi vivere? Non basta una don­na! Una donna non è nulla senza un mondo da conquistare. Tanto è vero che i primi due, appena commesso il peccato originale, si misero in viaggio... E la differenza è pro­prio questa: che i primi due si misero due foglie di fico e andarono a vedere come era fatta la terra, facendovi una discreta con­fusione. Noi invece dalla terra torniamo, dopo avere sistemato tutto. Noi siamo gli ultimi. Non ci resta che attaccare il pomo all'albero.

Miria                             - Che vuoi dire? Che l'amore è morto?

Dick                              - Peggio. È morto l'odio. Il mondo è quieto come un olio. Le lotte sopite. I dis­sensi placati. L'amore si trova dovunque a prezzi di vera liquidazione. L'amore d'una donna diventa un vizio, perché non vale più nemmeno la pena di fare dei figli.

Miria                             - Perché?

Dick                              - Perché il mondo è benestante. Si è fatta una buona posizione economica e non ha più nulla da trasmettere, all'infuori di un discreto patrimonio saggiamente amministra­to. Troppo poco, per dei figli che hanno bi­sogno di speranze!

Miria                             - Ho capito. Me ne devo andare.

Dick                              - E dove? Tanto qui o là è lo stesso. Non ci sono più serpenti.

Miria                             - Che resterei a fare accanto a te?

Dick                              - A darmi quel poco di noia che anche una donna deliziosa come te riesce sempre a creare nella vita d'un uomo...

Miria                             - Tante grazie.

Dick                              - Mi farebbe tanto piacere qualche volta di parlare con te del tempo antico, quando si soffriva. Ti ricordi? Quando appena al­zato alla mattina trovavi un giornale pieno di notizie eccitanti... Potevi fare a meno an­che del caffè... E poi fino a sera tra affanni e fastidi... Era seccante, qualche volta, ma alla fine tutto aveva un senso: tempo, lavo­ro, pazienza... Ci voleva una donna, allora, accanto al cuore e chi non l'aveva, come me, la sognava.

Miria                             - E non ti piaceva? Di', non ti piaceva?

Dick                              - Mi piaceva anche di giocare coi fan­tocci meccanici, quando avevo tre anni, ma adesso sono adulto... solenne...

Miria                             - (appassionata) Ma se fosse, se il mondo fosse come prima, se tu fossi stato ingan­nato, se questo non fosse che un sogno, se io e te potessimo fuggire da questo castello in aria e tornare verso la vita, la vita come la conoscevi tu con tutti i suoi dolori e le sue lotte... Dick, che cosa faresti di me?

Dick                              - È inutile fantasticare. Io non ti devo amare più!

Miria                             - Allora non meriti che io ti dica...

Dick                              - Che cosa?

Miria                             - Nulla. Non ho più nulla da dirti. Addio...

Dick                              - Te ne vuoi proprio andare?

Miria                             - Sì. Ho deciso...

Dick                              - E allora dammi un bacio.

Miria                             - (con subitanea illusione) Un bacio?...

Dick                              - L'ultimo. La storia del mondo comin­ciò così... deve finire così. Riattacchiamo il pomo all'albero. Vuoi? (Si baciano).

SCENA QUINTA

Walden                         - (entra e vede: si ferma) La colazione è pronta. (il cameriere infatti reca la cola­zione sulla terrazza).

Dick                              - Eravate là?

Walden                         - È destino che da quando sono qui io faccia la figura di una vecchia serva... Vi chiedo scusa, ma...

Dick                              - Niente di male... Era un bacio casto... Non è vero? (Va al fondo e si munisce degli occhiali affumicati per guardare il cielo).

Walden                         - (a Miria) Signora, qualunque cosa accada, non muovetevi, non gridate...

Miria                             - (allarmata) Ma che volete fare?

Walden                         - Devo rinchiuderlo... È pazzo...

Miria                             - Disgraziato... Ma non vorrà seguirvi.

Walden                         - Non potrà opporsi. Ho preso le mie misure.

Miria                             - Come potete pensare di rinchiuderlo in una clinica?

Walden                         - In questi casi io devo fare appello a tutta la mia energia e la chiedo a tutti quelli che si interessano alla sua salute.

Miria                             - Ma farete di lui un demente.

Walden                         - È proprio quello che avrei voluto dire a voi ieri sera...

Miria                             - No, dottore, prima di prendere una de­cisione simile, lasciate che io gli parli...

Walden                         - Ma che volete dirgli?

Miria                             - La verità.

Walden                         - È una fissazione!

Miria                             - Dopo, se mai, potrete dirgli che ho fantasticato, che ho mentito, che ho parlato per malvagità...

Walden                         - Ma nemmeno per sogno...

Miria                             - Badate, dottore... Io sono capace di farlo fuggire...

Walden                         - (ironico) Davvero? E come fareste?

Miria                             - Non lo so. Qualcuno mi aiuterà...

 

Walden                         - Non pensateci nemmeno. Io so come si tratta coi pazzi e con le donne...

Miria                             - (lanciandosi verso Dick) Dick, Dick... ascoltami...

Walden                         - (al cameriere) Allontanate subito quella donna. (Il cameriere afferra Miria e la trascina via).

 Miria                            - Lasciatemi... Lasciatemi... Dick... ascoltami... Dick... Dick...

Dick                              - (si volta verso il dottore) Che cosa c'è?

Walden                         - Niente. Voleva continuare la sua storia di ieri sera..,

Dick                              - Ancora?... (Riprende le sue speculazioni astrali).

SCENA SESTA

Cameriere                      - (rientrando) È fuggita verso la darsena come una furia!...

Walden                         - Meno male. E adesso, a noi. I nostri due uomini sono pronti?

Cameriere                      - Si, signore.

Walden                         - Robusti?

Cameriera                      - Molto.

Walden                         - Perché debbono portarlo a braccia fino alla darsena, e di corsa, perché non c'è tempo da perdere.

Cameriere                      - Aspettano le vostre istruzioni.

Walden                         - Venite con me.

Cameriere                      - E il signore? Si può lasciarlo solo? Se beve la pozione...

Walden                         - Ma che credete che gli abbia versato dell'acido prussico nel caffelatte? È sempli­cemente un narcotico, energico, se vogliamo, ma niente di più. Avrà tutto il tempo di cer­carsi una poltrona per adagiarvisi. Lo trove­remo addormentato. Lo pigliamo e via...

Dick                              - Dottore!

Walden                         - Dite.

Dick                              - Sapete che le macchie non si vedono stamane?

Walden                         - Questa è una buona notizia.

Dick                              - (scendendo in scena) E allora, sentite quel che voglio fare. Voglio mettermi immo­bile in una posizione qualunque, per vedere se con un po' di pazienza mi riesce di... diventare una statua.

Walden                         - Bene. Di bronzo?

Dick                              - Di creta. (Guardando intensamente il dottore) Della primitiva creta!... (Ridacchia, ritorna verso la terrazza).

Walden                         - Ottima idea... Ma badate che la vo­stra colazione si raffredda...

Dick                              - Già... (Va verso la sua colazione). (Walden e il cameriere seguono dalla soglia di destra i suoi movimenti con molto inte­resse, ma Dick sì volta ancora verso di loro ed essi si ritirano. Dick alza la tazza alla bocca lentamente, ma poi la ripone: guarda verso un punto lontano: si alza; si nasconde dietro uno stipite della porta, poi entra e si pone in agguato contro una parete e attende),

SCENA SETTIMA

(Entra /'aviatore. È un uomo di mezza età di proporzioni importanti: la scafandro e il ca­sco gli danno una brutale solennità).

Aviatore                        - Be'? Non c'è nessuno... Che scher­zo è questo?

Dick                              - Chi siete?

Aviatore                        - Ah... Eccovi qua... Cominciavo a credere di essere stato preso in giro. E al­lora, che cosa volete?

Dick                              - Io?

Aviatore                        - Mi hanno detto che avevate biso­gno di me.

Dick                              - Io? E chi ve lo ha detto?

Aviatore                        - Mah... Non lo so. Me l'hanno det­to. Mi hanno anche detto che qui c'è un mobile bar con dell'ottimo wisky...

Dick                              - Infatti... Servitevi.

Aviatore                        - Grazie... Intanto potete parlare... perché io non ho tanto tempo da perdere...

Dick                              - Ma ci deve essere un equivoco. Io non sapevo nemmeno che foste qui...

Aviatore                        - E allora non se ne parli più. Per me è lo stesso. Bevo e vado. (Beve) Ah... Ci voleva. Ma voi stavate facendo colazione? Vedo là tutto l'armamentario... Continuate pure... Io, se permettete, ripeto...

Dick                              - Prego... Bevete... Bevete... Se volete anche la mia colazione?

Aviatore                        - Uhm... Lo so quel che c'è dentro in quelle tazzine... Caffelatte, tè, cioccolata... e poi marmellatina e zuccherini... Puah... Meglio questo... (Beve ancora) Ah, ci voleva. Per poco non facevo il tonfo finale.

Dick                              - Che cosa volete dire?

Aviatore                        - Che a momenti mi scoppiava il mo­tore. Ho dovuto atterrare per ripararlo... Stavo proprio per ripartire... Perdio... ci sono delle belle donne in quest'isola...

Dick                              - Chi avete veduto?

Aviatore                        - Così, dico io... M'è parso... alla vo­stra salute...

Dick                              - Grazie...

Aviatore                        - Scusate, eh, ma la paura fa sete.

Dick                              - La paura di morire?

Aviatore                        - Morire sarebbe niente. Ma l'idea di sprofondare in un baratro fa una certa im­pressione...

Dick                              - Che baratro?

Aviatore                        - Io ho l'apparecchio pieno di esplo­sivi. Dinamite, aria liquida, trinitrotoluene...

Dick                              - E perché?

Aviatore                        - Caro mio... qua bisogna difendersi con tutti i mezzi. Stanno facendo cose pazze.

Dick                              - Chi?

Aviatore                        - Gli altri. I nemici.

Dick                              - I nemici? È forse scoppiata una guerra?

Aviatore                        - Accidenti!

Dick                              - Ma no... Ma se il mondo era così tran­quillo.. .

Aviatore                        - Quando?

Dick                              - Prima...

Aviatore                        - Che prima? Io sono della classe del '99, e, da quando mi ricordo, non ho mai visto questo prima.

Dick                              - Ma no... davvero?..,. Ma allora...

Aviatore                        - Ho capito. Siete un mattacchione.

Dick                              - No, io non so nulla... ve lo giuro. Io sono qui rinchiuso da tanto tempo... Che cosa accade? Ditemi?...

Aviatore                        - Non ve l'ho detto? La guerra.

Dick                              - (con gioia crescente) Oh... Fra chi?

Aviatore                        - Ma... ecco... fra tutti...

Dick                              - Oh... E per quale ragione...

Aviatore                        - Ma... Ecco... Per tutte le ragioni possibili.

Dick                              - Ah... Ma allora... È complicata...

Aviatore                        - Molto.

Dick                              - Vasta!

Aviatore                        - Totale.

Dick                              - Tutto il mondo?

Aviatore                        - Tutto il mondo.

Dick                              - Ma allora... Aveva ragione lei...

Aviatore                        - Chi?

Dick                              - No... Niente... Sono stato ingannato... Figuratevi che io... Ma lasciamo andare... Ditemi voi, ditemi voi...

Aviatore                        - E che volete che dica? Mi fate ri­dere.

Dick                              - Ridete, ma raccontate..

Aviatore                        - Caro signore,' c'è tanto da raccon­tare che non c'è niente da dire. C'è... c'è tutto. C'è la guerra dei poveri contro i ric­chi, di quelli che lavorano contro quelli che non fanno niente, di quelli che credono in Dio contro quelli che non ci credono affatto, degli intelligenti contro i cretini, dei belli contro i brutti. E più ve ne viene in mente, più mettetene, che non sbagliate mai...

Dick                              - Insomma... Se ho ben capito... Gli uo­mini non si amano.

Aviatore                        - Non mi pare. Combattono...

Dick                              - Per i loro ideali...

Aviatore                        - Ci sono gli ideali e gli interessi...

Dick                              - Per i loro diritti.

Aviatore                        - Ci sono i diritti e gli interessi...

Dick                              - Per l'avvenire...

Aviatore                        - C'è l'avvenire e c'è il passato... Tutto! Un gran setaccio. Quello che vale passa e quello che non vale passa. Poi ve­dremo che farina abbiamo fatto.

Dick                              - Oh! È magnifica!

Aviatore                        - Be', chiamatela come vi pare...

Dick                              - A voi non pare?

Aviatore                        - Ma io non sto mica a vedere. Io meno le mani. E ho sempre fretta, caro si­gnore.

Dick                              - Aspettate un momento...

Aviatore                        - Un'altra domanda?

Dick                              - Sì.

Aviatore                        - E poi dice che non aveva bisogno di nulla. Sentiamo.

Dick                              - C'è un posto nella vostra macchina?

Aviatore                        - Anche due. Volete venire con me?

Dick                              - Sì.

Aviatore                        - Vi piace tanto la guerra?

Dick                              - La vita... Mi piace la vita. A tutti i costi... Dove avete la macchina?

Aviatore                        - Qui, a due passi. C'è un prato vi­cino a un bosco.

Dick                              - Ho capito. Vengo subito.

Aviatore                        - E fate colazione, perché è sempre meglio volare a stomaco pieno. Vi aspetto... E grazie del wisky.

(Dick rimasto solo va in fretta al fondo a versarsi una tazza di caffelatte. Poi gli viene in mente qualche cosa e porta la tazza in scena, l'appoggia su una tavola, poi presa una carta scrive in fretta, pronunciando ad alta voce le parole che sta scrivendo).

Dick                              - Per questa volta non c'è bisogno di di­sturbare l'arcangelo Gabriele...

SCENA OTTAVA

(Miria compare sulla porta e in lei Dick si imbatte, quando dopo avere deposto in bella

vista il suo biglietto, fa per uscire).

Miria                             - Buona fortuna, Dick...

Dick                              - Miria... Sei stata tu?...

Miria                             - Non ti dispiace andartene?

Dick                              - Miria... Grazie... (L'abbraccia) An­diamo.. .

Miria                             - No... Non posso.

Dick                              - Perché?

Miria                             - Perché non sono quella che credevi.

Dick                              - (le si avvicina amoroso) Sì, è vero, ma se fossi quella che io credevo, ti lascerei qui, in mezzo a questo deserto di fantasmi impos­sibili... Invece tu sei...

Miria                             - Che cosa sono, Dick?

Dick                              - Una donna... Una povera donna... Ed è proprio questo che ci vuole, per un poco d'amore.

Miria                             - Dick... E non ti pentirai di avere la­sciato tutto ciò che avevi sognato per tanti anni?...

Dick                              - I miei sogni? Miria, non mi far ridere. Andiamo a vedere la vita, il gran sogno di Dio... Ha più fantasia di tutti, vieni...

Miria                             - (accennando al vestito) Così?

Dick                              - Ma io non ho tempo d'aspettare che ti cambi d'abito... Vieni così, tanto, rifaremo tutto, anche la moda delle donne...

Miria                             - Aspetta, Dick... Lasciami salutare tut­to questo...

Dick                              - E salutiamo!

Miria                             - Non torneremo più qui?

Dick                              - Non ci penso nemmeno.

Miria                             - Nemmeno di passaggio...

Dick                              - Non avremo tempo...

Miria                             - Nemmeno col pensiero, qualche volta... Quando sarai stanco, triste deluso?...

Dick                              - Già... Chi lo sa? Quando avrò dimen­ticato questa miseria...

La voce dell'aviatore     - Oho... (Rumore di aeroplano).

Dick                              - Ecco... Siamo qui!... (Dick trascina via Miria).

 

FINE