FUORI
TEMPO
DRAMMA IN TRE ATTI
DI
ILARIA
JOVINE
ATTO PRIMO
Un pomeriggio di metà ottobre. Un soggiorno pieno di colori e di luce: un
fouton al centro della scena, ricoperto di cuscini di velluto colorati, un
cavalletto da pittore sulla sinistra, affiancato da un tavolo, uno specchio
appeso sulla destra e un po’ di quadri a terra sparsi un po’ ovunque.
Le luci sono basse e calde, per lo più centrate sull’attrice.
Alice, una ragazza di 27 anni, è sdraiata sul divano, ricoperta interamente da
una serie di stoffe di vari colori e tessuti.
Sulla scena aleggiano le note intense dell’aria “In questa reggia…” dalla
Turandot di Puccini.
Alice comincia a muoversi, emerge dalle stoffe, si solleva a sedere, le osserva
una ad una. Si alza lentamente, se le appoggia addosso per simularne l’effetto,
accenna a qualche movimento di danza… improvvisamente si sofferma su un drappo
turchese… lo osserva attentamente, via via si libera di tutti gli altri… è come
illuminata…
ALICE: Il turchese del cielo orientale, quando tramonta il sole e compaiono le
prime stelle…
Sembra sempre più convinta della scelta, mentre l’aria sale verso il suo apice.
Alice inizia quasi a danzare sulla musica: sono i suoi sogni e la sua passione
che prendono forma… I movimenti sono a tratti di bambina che gioca, ma
nascondono anche una sensualità segreta...
ALICE: Turandot… Intorno a te una miriade di colori e il tuo vestito bianco
come il ghiaccio…
L’aria è al suo apice, così come l’entusiasmo di Alice per aver finalmente
trovato quello che cercava… continua a muoversi lungo la scena, avvicinandosi
ogni tanto al cavalletto per ritoccare il suo bozzetto.
Improvvisamente, le luci si alzano tutte, entra in scena Anna, una donna di 32
anni, presa in un’animosa telefonata.
Alla sua vista Alice è come impaurita, il suo comportamento si fa chiuso e
quasi timoroso, palesemente diverso da quanto ha espresso poco prima.
ANNA: No!… no! qui non ci siamo proprio! Forse non avete capito!…
Anna si accorge della musica accesa e va a spegnerla. Alice si volta verso di
lei contrariata.
ANNA: Quanti giorni sono che vi ho dato il materiale, eh?… quanti?… Non ho
sentito bene!… No, sono cinque, mio caro! Cinque giorni! Ed avere cinque giorni
di tempo è un culo che neanche ti immagini, visto che la media di solito sono
uno o due giorni al massimo!… (Pausa) “E allora”? Mi dici: “E allora”?! Allora,
mi consegnate questo benedetto storyboard entro le diciannove di questa sera!
Se no, non vedete una lira e vi denuncio!… No, non me ne frega niente! Io ho la
consegna domani! Domani, capisci, alle nove di mattina!… Il cliente viene in
agenzia e vuole vedere la mia campagna! gli deve piacere, anzi no, gli deve
piacere moltissimo e deve dare l’incarico a me se no, mi sbattono a fare i
cataloghi per i supermercati!… Be’, mi dispiace, ma è così che funziona! … …
Senti, al mio capo non gliene frega niente dei miei problemi e a me non me ne
frega niente dei vostri!… Io voglio il lavoro, qui a casa, tra due ore! E non
voglio sentire ragioni! Intesi! A dopo!(Anna chiude il cellulare con rabbia) Io
non lo so, la gente è impazzita! Non sa più lavorare! Ma che pensa che i soldi
piovano dal cielo, così, per miracolo divino?
Anna, concentrata nei suoi pensieri, cammina per la stanza, fumando
nervosamente. Alice si alza dal cavalletto e va a riaccendere lo stereo. Anna
si volta come una furia.
ANNA: Che fai, eh?
ALICE: Devo lavorare, Anna…
ANNA: Be’, te ne vai in camera tua! questo è un soggiorno, non lo studio di un
pittore! Non vedo perché lo devi usare solo tu con i tuoi stramaledetti quadri!
Alice la guarda esterrefatta. Poi prende coraggio.
ALICE: Qui c’è più luce… e c’è la musica…
ANNA (Spegne di nuovo lo stereo): Be’ ora, la musica non c’è più! E neppure la
luce: il sole sta tramontando… e tramonta anche in questa stanza!
Alice non risponde nulla, torna in silenzio al suo cavalletto e riprende a
disegnare.
ANNA: Cazzo, un altro mese così e do di matto! (Pausa. Guarda Alice che invece
continua ad ignorarla) Tu neanche ti immagini che giornata mi aspetta domani,
vero? (Pausa) Se non ce la faccio, per me è finita! Addio tutto! (Pausa. Quasi
tra se’) Quello stronzo di Christian, non aspetta altro, è una settimana che mi
gufa! Mi sta con il fiato sul collo perché vuole fottermi il cliente! (Pausa)
Se vince lui io dove vado? Me lo dici? Sono due anni che aspetto un cliente
simile! Mi sono fatta detersivi e mozzarelle per due anni… e adesso rischio di
mandare all’aria tutto per colpa di quei due incapaci! (Pausa) Pensi che ho
sudato quello che ho sudato per rimanere qui in affitto con voi?
ALICE (Senza neanche girarsi): La conosci la storia di Turandot?
(Pausa)
ANNA: Cosa?
ALICE: E’ la storia di una principessa cinese che aveva paura dell’amore.
(Pausa) Doveva vendicare una sua antenata e giurò a se stessa che non sarebbe
mai stata di un uomo… decise che i suoi pretendenti per averla dovevano prima
risolvere tre enigmi difficilissimi e se non ci riuscivano, lei li faceva
decapitare! Ma poi arriva il Principe Calaf e…
Anna la guarda in silenzio.
ANNA (Interrompendola): Tu sei proprio matta…
ALICE: Secondo me è giusto… il cuore di una persona non è sempre a portata di
mano… (Pausa. Alice si gira e nota lo sguardo stupito di Anna) Anch’io domani
ho una giornata pesante…
ANNA: Sì, come no…
ALICE: Non sai quanto vorrei risparmiarmela, ma devo… ho l’incontro con la
costumista… (Quasi tra se’) Odio incontrare le persone che non conosco e che
devono valutare il mio lavoro. (Pausa) Però se gli piacciono questi bozzetti,
mi prendono all’Opera. (Pausa. Sognante) Ti immagini: poter vedere delle tue creazioni
muoversi su un palco… (Pausa) Sono emozionata anch’io, ti capisco!
ANNA: Emozionata… Pensi che io sia “emozionata”? (Pausa) Alice, non so se mi
fai più rabbia o più pena…
ALICE: Non ti sforzare di capirlo… non ci tengo. (La guarda un po’ rabbuiata)
Anche tu credi che sia una povera illusa, vero? (Pausa)Che ho che non va?
ANNA: Io non sopravvivrei un giorno nel tuo mondo.
ALICE: Quale mondo?
ANNA: Lasciamo perdere…
Anna gira tra i vari quadri di Alice, sparsi per tutto il soggiorno.
ANNA (Ne prende in mano uno, cambiando tono quasi a malincuore): Qui dov’è?
ALICE: La valle del Chianti.
ANNA: Quando ci sei stata?
ALICE: Avrò avuto cinque o sei anni…
Anna ne prende un altro.
ALICE: Lì è Parigi, Les Marais… ci andai con mio padre dopo la licenza media.
ANNA (Ironica): Foto ricordo…
ALICE: Gia, foto ricordo fatte a memoria…
Anna posa la tela e guarda Alice che si è fatta improvvisamente malinconica.
ANNA: E’ questo il mondo che dicevo.
ALICE: Ah, i miei “stramaledetti” quadri?
ANNA: E’ un mondo che mi dà tristezza: bambini mai esistiti, tutte cose del
passato, lontane. Perché non fai dei veri ritratti e dipingi persone reali,
posti che visiti adesso?… Potresti fare come… chi erano, gli Impressionisti o
gli Espressionisti? Quelli che dipingevano all’aria aperta?
ALICE: Gli Impressionisti. (Pausa) Non lo so. Non ho mai provato. Non so stare
dietro alla realtà. E’ troppo sfuggente, ricca, mi dà alla testa…
L’immaginazione, la memoria… mi ci trovo meglio.
ANNA: A me mancherebbe l’aria, sempre qua dentro a ricordare… non ti dicono
niente le cose che hai intorno, fuori di qui? E poi dovresti farti conoscere,
magari con delle personali, un po’ di pubbliche relazioni… (Pausa) Non le
capisco le persone che non puntano in alto. Soprattutto quelle che potrebbero,
come te. Se hai delle qualità, cazzo, e sbattile in faccia al mondo!
ALICE: Per me dipingere è già il massimo. (Pausa) Se avessi di fronte mia
madre, adesso, mi direbbe le stesse cose… (Pausa) Tu saresti stata una figlia
perfetta per lei.
In quel preciso istante entra in scena Alessia, una ragazza di 25 anni, viso
infantile e modi da Lolita, provocante e dissacrante. Ha bevuto e fumato.
ALESSIA: Chi ha parlato di figlia perfetta?
ANNA: Eccola! Che fai?
ALESSIA: Esco.
ANNA: Anche stasera?
ALESSIA: Frena, non ti vengono bene questi discorsi. (Pausa) Di cosa
discutevate? Di figli, di madri… il mio argomento preferito!
(Suona il campanello)
ANNA: Sarei davvero curiosa di sapere come la pensi a riguardo… …ma stanno
suonando e spero proprio sia per me!
Anna scatta e si precipita alla porta. Le due si guardano disorientate. Dopo
pochi secondi Anna torna in scena trionfante.
ANNA: Ragazze, questo è il mio ultimo capolavoro: la prossima campagna per la
station wagon del terzo Millennio. Una perfetta fusione di contenuti
informativi, effetti speciali e messaggi subliminali.
ALESSIA: Tutto sprecato! Tanto sono tutte uguali queste macchine. Ogni anno si
inventano una stronzata, gli arrotondano il culo, le allungano, le accorciano e
te le fanno passare per nuove!
ANNA: Appunto, è per questo che è duro il mio mestiere! Le devi far passare per
novità mai viste, incuriosire, circuire e indurre a prendere il blocchetto
degli assegni! Ti pare facile!?
ALESSIA: Meglio dei prestigiatori: illusioni sotto l’apparenza di verità!
ANNA (Sempre più infervorata): Hai in mano tua le redini del mercato e le menti
dei consumatori… devi entrare nei loro sogni, andare a scovare i loro desideri
più reconditi e forgiare qualcosa fatto a posta per loro, un immagine che si
fissi nella loro testa…
ALESSIA: Ma quante stronzate che dici! A me la pubblicità fa più o meno lo
stesso effetto dell’alcool e dell’erba…: è per staccare ogni tanto, interrompe
i film, come una sbornia interrompe la routine di tutti i giorni…
Anna la guarda sbalordita e si avvia in camera.
ANNA: Va be’, non aggiungiamo altro, è meglio!
Anna le lascia sole e anche Alice riprende a lavorare. Alessia si muove per la
stanza con aria insofferente ed annoiata.
ALESSIA: Dai, che noia, anche tu a lavorare!
ALICE: Eh già.
ALESSIA(Si avvicina al cavalletto): Che roba è? Uhm, ma che fai la stilista di
moda?
Si allontana e va allo stereo, lo accende. Di nuovo la Turandot di Puccini.
ALICE: Sono i costumi per un’opera lirica.
ALESSIA: I costumi per un’opera lirica… Ah, ecco perché ti senti sempre questa
lagna…
Alessia comincia a muoversi sulla musica. I suoi movimenti sono chiaramente
diversi da quelli visti precedentemente da Alice sulla stessa musica. Alessia
propone le sue deformazioni, la sua sensualità corrotta, la sua voglia di
dissacrare tutto ciò che è bello e puro.
Alessia va allo specchio, si sbottona la camicetta: la sua immagine la eccita e
Alice diventa automaticamente la preda delle sue provocazioni.
ALESSIA(Raggiunge Alice alle sue spalle): Che buon profumo che hai, Alice.
ALICE (Scatta in piedi e va a spegnere la musica): Profumo? Mai usato. Forse
sarà il tuo, è così forte.
ALESSIA: Ti piace?
(Pausa)
ALICE (Ritorna al cavalletto): Te ne sei messo troppo, non ti viene il mal di
testa?
ALESSIA: A me no.(Inizia a massaggiarle le spalle)
ALICE (Tesa): Che fai?
ALESSIA: Sei così tesa, rilassati!
ALICE (Nervosa e timida): Ti ringrazio, ma ora va bene così…
ALESSIA(Continua): Aspetta, sciogliamo questa tensione… senti qua… (Pausa) Ci
vorrebbe un olio… candele accese e tu dovresti stenderti, là, sul divano…
ALICE (Di scatto): Lasciami!
ALESSIA: Dai, aspetta un attimo, vedrai dopo come ti sentirai…
ALICE (Interrompendola): Ho detto lasciami, per favore!
Si china sul suo collo e le dà un bacio; poi si allontana indispettita e vaga
per la stanza con l’aria di chi cerca ancora qualcosa, un appiglio…
ALICE (Cercando di togliersi dall’imbarazzo): Quando hai l’esame?
(Pausa)
ALESSIA: L’esame?
ALICE: Sì, diritto pubblico… l’altra sera dicevi…
ALESSIA: …Ah… Lunedì…
ALICE: Ti senti pronta?
ALESSIA: Vuoi davvero parlare di questo?
ALICE: Be’, non so, perché? per me possiamo anche non dire niente…
(Pausa)
ALESSIA: Meglio…
Alessia si toglie la camicetta e si sdraia sul divano: si mette in posa… verso
il pubblico.
ALESSIA: Mi fai un ritratto, Alice?
ALICE: Un ritratto? (Alzando gli occhi su di lei) Ma che fai? Rivestiti!
ALESSIA: Un bel ritratto...
ALICE (Sempre più imbarazzata): Non li faccio, non li ho mai fatti…
ALESSIA: Be’ sarebbe un modo per cominciare. Vorrei proprio vedere come vengo…
ALICE: Mica è una fotografia!
ALESSIA: Be’, allora come mi vedi tu.
(Pausa)
ALICE: In Galleria conosco uno molto bravo che li fa. Potresti andare da lui.
ALESSIA: No, io è da te che lo voglio. Ti pago bene. Quanto vuoi?
ALICE: Niente, te l’ho detto, non faccio ritratti.
ALESSIA: Dai, duecentomila non ti farebbero comodo?
ALICE (Con rabbia): Ho detto di no, Alessia! Basta con questi giochetti, non li
sopporto! (Pausa) Perché fai così?
(Pausa)
ALESSIA (Ridendo): Perché mi diverte vedere la tua reazione!
(Pausa)
ALICE: Ok, ora ti sei divertita abbastanza. Lo spettacolo può finire qui.
ALESSIA: Ti faccio così tanta paura?
ALICE: Sì! Cioè, no! non mi fai paura, mi sento solo in imbarazzo, per te! Sei
ridicola.
ALESSIA (Le si avvicina di nuovo sensuale): Però, se fossi il tuo tipo…
Alice non capisce dove vuole arrivare.
ALESSIA: Non sono il tuo tipo, per questo fai tanto la schifiltosa?!
ALICE: Finiscila, rivestiti!
ALESSIA: Cosa ti piace, eh? Non si riesce a sapere niente di te.
Alessia le si avvicina improvvisamente e le dà un bacio in bocca.
ALICE (La allontana violentemente): CHE FAI? (Lunga pausa) Sei solo una
bambina, Alessia!
ALESSIA (Scoppia a ridere): Io? Ma guardati! Tu! tu sei una bambina! Una bella
bambinona di 27 anni!
(Pausa)
ALICE : Ognuno è quello che gli pare.
ALESSIA: E’ ora di crescere, Alice!
ALICE: Pensa a te piuttosto…
ALESSIA: Oh, ma io sono bella che cresciuta, non ti far ingannare dalle
apparenze!
(Pausa)
ALICE: Quando sei ubriaca è meglio se non ci parliamo.
ALESSIA (Deridendola): D’accordo, via tutte le cose brutte e cattive!(Pausa) E
invece, guarda che strano, io è proprio con te che voglio divertirmi!
ALICE: Io non sono il pagliaccio di nessuno!
ALESSIA (Deridendola): Già, sei la mia bambolina!
Alice la allontana violentemente. Le due rimangono in silenzio.
ALESSIA (Ridendo senza motivo): Vorrei distruggere tutto qui dentro!
In quel momento entra in casa Agnese, una donna di 32 anni, vestita in maniera
sobria e anonima, come a nascondere la sua bellezza. Agnese ha molte buste
della spesa, Alice le va incontro ben felice di levarsi dall’imbarazzo.
ALESSIA (Riprende il suo tono dissacrante): Oh, ecco la nostra padrona di casa
con la pappa!
AGNESE: Ciao, ragazze. (Ad Alice) Grazie, poggia pure di là, ora ci penso io.
ALESSIA (Ferma Alice): Uhm, quanta roba! Che hai comprato di buono? (Comincia a
rovistare) E il vino rosso?
AGNESE: Me lo sono scordato! Ma che fai mezza nuda?
ALESSIA: L’hai fatto a posta! Ma che ti credi che se non bevo qui dentro, non
posso bere da nessun’altra parte? (Pausa) O non vuoi ubriacone in casa tua! Sì,
me lo ricordo il tuo annuncio: “Ragazze educate e pulite, con discreta
occupazione, cercasi per convivenza appartamento zona ben collegata”.
AGNESE: Alessia, che hai?
ALESSIA: Niente, mammina. Mi gira così questa sera!
AGNESE: Perché fai così?
ALESSIA: Così come? Che faccio, eh? studio tutto il giorno, frequento le
lezioni, faccio la brava, no? ora voglio divertirmi un po’! Peccato che qui
dentro invece c’è un’aria…
AGNESE: I tuoi dovrebbero sapere…
ALESSIA: Cosa? Che devono sapere?(Pausa) Ah, che bevo e fumo… (Sarcastica) No,
per carità! Loro non devono sapere nulla! Niente alcool, niente fumo, niente
sesso per la loro unica figlia! Sono una brava ragazza io, vado all’università
e un giorno diventerò un avvocato! (Pausa. Si rabbuia) Ora scusate devo uscire…
(Si infila una giacca) Non rientro nemmeno a dormire, così se devo vomitare non
sporco casa!
AGNESE: Ma che dici, dove vai!
Alessia esce di casa senza aggiungere altro.
AGNESE: Peggiora ogni giorno! (Esce un secondo dietro la quinta centrale che
cela la cucina.) Dio, sono a pezzi! (Si butta sul divano) Oggi il capo mi ha
fatto sgobbare, c’era il direttore generale in visita e il ministero era tutto
in subbuglio…
ALICE: Me le immagino queste visite da parata… sembra che il tempo non passi in
certi posti di lavoro…
AGNESE: Già… tutti impettiti, riverenti, le cose che sembrano andare
magnificamente, nessun problema, tutto lustro e grande buffet!
ALICE: E voi altri dietro le quinte a far girare gli ingranaggi…
AGNESE: Però poi mi ha fatto i complimenti! “Signora Gigli, ottimo lavoro!” (Si
toglie le scarpe) Anna?
ALICE: E’ di là, che lavora.
(Pausa)
AGNESE: Già, anche lei domani ha una giornata campale. (Pausa) Solo per me le
giornate sono tutte uguali…
ALICE: Ma come!? Oggi hai avuto la parata!
AGNESE: Parata o non parata sono sempre la segretaria di un capo reparto e
quando torno a casa sono ancora meno…
(Pausa)
ALICE: Una volta lessi un libro, era la storia di una donna che rimase a letto
paralizzata per più di dieci anni. Be’, parlava di ogni giornata come se fosse
stata perennemente in viaggio, in movimento. Si poteva rendere conto di molte
più cose, delle cose piccole ed insignificanti che si muovevano e cambiavano
ogni giorno intorno a lei. Gli altri non le vedevano, non se ne accorgevano, ma
lei sì…
AGNESE: Già, anche io sono come paralizzata…
Alice la guarda imbarazzata, Agnese, senza rimettersi le scarpe, si alza dal
divano e cammina per la stanza.
AGNESE (Triste e quasi innervosita): Dio mio, Alice, tutti questi ritratti di
bambini… mi sento i loro occhi puntati addosso…
ALICE: Ti piacciono?
AGNESE (Turbata): Sembrano vivi. Mi innervosiscono. (Pausa) Fa freddo, vero?
Sembra già inverno. (Pausa) Quando vivevo qui con Massimo e tornavo dal lavoro,
stanca morta, lui mi cucinava delle cenette deliziose e finiva con le sue
famose crèpes al Grand Marnier!
Agnese continua a girare lentamente lungo la stanza, immersa nei suoi pensieri.
AGNESE: Ogni centimetro di questa casa nasconde dei ricordi… (Pausa) …e mi
parla di Massimo…
ALICE: Non te lo leverai mai dalla testa…
AGNESE: Forse la mia è solo solitudine, noia… (Pausa) E lui invece chissà…
(Pausa) Anche il giorno che ci siamo separati, in tribunale, avevamo appena
firmato, mi disse che mi amava, che mi avrebbe sempre e comunque amato… (Pausa)
Prima in macchina stavo pensando: non resisterei qui dentro da sola, se non ci
foste voi…
ALICE: Allora non ti diamo fastidio… io soprattutto…
AGNESE: Scherzi? più trasformate questa casa con le vostre cose, con la vostra
vita e meglio è per me! (Pausa) Piano piano mi libererò di ogni ricordo, poi
passerò ai rimorsi, ai rimpianti e finalmente, chissà, potrò ricominciare da
capo.
ALICE: Agnese, parli come una vecchia.
AGNESE: Una vecchia, già! Una vecchia paralizzata. E’ così che mi sento.
(Pausa)
ALICE: E’ difficile vivere la propria età… è come cercare di seguire il ritmo
di una musica…
(Pausa)
AGNESE: Certe notti, voi siete uscite o state già dormendo, mi alzo dal letto e
giro per la casa… Ho continui flash… rivedo delle scene, mi sembra di sentire
la sua voce… (Pausa) poi ritorno a letto e mi addormento. (Pausa) Non c’è notte
che non me lo sogno. Ed è sempre lo stesso sogno: c’è tanto sole, tanta luce,
lui lontano da me, io lo guardo, mi aspetta a braccia aperte… poi inizia a
venirmi incontro, allora inizio a correre senza fiato verso di lui, corro,
corro, alla fine ci raggiungiamo… lui mi abbraccia forte, fortissimo, vuole
baciarmi, mi guarda fisso negli occhi! Ed io… io non so, non riesco a tenere il
suo sguardo, mi sento quasi trafitta, abbasso il viso, piego il collo, comincio
letteralmente ad accartocciarmi su me stessa, come un burattino con i fili
staccati…
Pausa. Alice la guarda in silenzio.
ALICE: Perché non parti? …di solito si fa così, no?
AGNESE: Partire? E dove vado da sola…
ALICE: Non hai amiche, amici?
AGNESE: Sì, ma non mi va di angosciarli, non sarei di compagnia! poi… erano
amici anche di Massimo e… (Pausa) mi vergognerei…
ALICE: Ti vergogneresti?
AGNESE: Sì. Anche se nessuno sa niente.
Alice la guarda senza capire.
AGNESE: Già, tu mi guardi così ed hai ragione. Non ne parliamo più.
ALICE: Nessuno sa niente di che?
Pausa. Si guardano.
AGNESE: Stanotte mi sono ricordata di una cosa. Aspetta un secondo.
Agnese esce di scena, rientra con una piccola coperta di lana fatta a mano.
AGNESE: Guarda, ti piace?
ALICE: Ha un bel colore.
AGNESE: L’ho fatta io.
ALICE: Bella. E’ uno scaldapiedi?
AGNESE: No. (Pausa) Aspettavo un figlio quando l’ho fatta. (Pausa) Ma poi ho
perso il mio bambino e l’ho riposta in un baule…
Pausa. Alice la guarda incredula e sconvolta dalla confidenza.
AGNESE: E’ stato un anno fa. Subito dopo chiesi il divorzio. Ed eccomi qui.
(Pausa)
ALICE: Il dolore fa brutti scherzi. (Pausa) Anche mio padre, è diventato
un’altra persona… Divorziato da mia madre, ha divorziato anche da me… si è
improvvisamente scordato di avere una figlia… Ho resistito anni ed anni a casa
con lui, ma poi me ne sono dovuta andare, ero come un fantasma… (Pausa) E’ il
dolore che trasforma… deve essere così, me lo ripeto sempre…
AGNESE (Quasi tra se’): Nel mio caso le cose non sono andate proprio in questo
modo… (Pausa. Si riprende) Potrei cucinare una frittata, quella la so fare, che
ne dici? Anna mangerà con noi?
(Pausa)
ALICE: La vado a chiamare.
Alice esce di scena. Agnese rimane sola, si muove nella stanza, sfiorando le
cose e stringendo a se’ la coperta. Entra in scena Anna, Agnese torna a darsi
un contegno.
ANNA: Oh Agnese, tutto bene?
AGNESE: Tutto bene! (Esce di scena per posare la coperta, rientra) Mangi con
noi stasera?
ANNA: Sì, ma solo un’insalata. Sono ingrassata di tre chili da quando sto
dietro a questa storia.
AGNESE (Dirigendosi verso la quinta centrale che cela la cucina): Alice, mi
aiuti a preparare la tavola?
ALICE: La tavola?… be’, ecco… non posso…
AGNESE: Come non puoi!
ALICE: Il tavolo di cucina eccolo... (Indica una tavola a lato del cavalletto,
occupata da colori, fogli di carta, tele e pennelli) E’ questo qui…
ANNA: Lo vedi che ho ragione! Agnese, gli dirai qualcosa spero! Si è
letteralmente impossessata di questa stanza! Fra un po’ tutto sarà buono per
dipingerci sopra, anche la tavoletta del water…
AGNESE: Alice…
ALICE: Mi dispiace, lo libero subito, ne avevo bisogno… non sapevo dove mettere
i disegni… (Inizia a riporre colori e pennelli)
ANNA: Dove dovevamo mangiare secondo te, Turandot?
ALICE: Non mi chiamo Turandot!
ANNA: Agnese controlla se esiste ancora una tovaglia! Magari c’ha pulito i
pennelli!
ALICE: Spiritosa.
ANNA: Ah, ma ancora per poco, eh! Io prima o poi levo le tende!
AGNESE (Eccessivamente preoccupata): Ma come?
ANNA: Agnese, pensi possa resistere a lungo in simili condizioni, io? Te
l’avevo detto: pochi mesi.
AGNESE: Non voglio che tu te ne vada… dai, in qualche modo ci organizzeremo…
Le tre si danno da fare e cominciano a mangiare; sul brusio cala
progressivamente il buio.
BUIO
ATTACCO COLONNA SONORA
ATTO SECONDO
Colonna sonora
E’ la mattina di Natale. La scena, semibuia e ancora vuota, è la stessa
dell’atto precedente, ma al centro, davanti alla quinta che nasconde la cucina,
si vede un piccolo albero di Natale illuminato da una luce intermittente a
piombo.
Dopo un po’ entra in scena Agnese, ancora in vestaglia.
La luce (del sole) si fa progressivamente più forte e dorata. Agnese, ancora
insonnolita, va dietro la quinta centrale e si prepara il caffè, rientra e va a
sedersi sul divano, fissando quasi inebetita le luci dell’albero. Ogni tanto si
alza per sistemare qualche decorazione.
Dopo qualche secondo arriva Alice che, notata Agnese, si ferma a guardarla
senza dirle nulla, come se la sua vista l’avesse colpita. Poi si decide e la
saluta.
ALICE: Ciao. Già sveglia?
AGNESE: Be’, come vuole la tradizione: la mattina di Natale non si riesce mai a
dormire… Di là, il caffè è già pronto. Ho tagliato anche del Pandoro.
Alice si allontana un secondo dietro la quinta e rientra con una tazza di
caffè.
ALICE: Ho fatto un sogno stranissimo, stanotte. Ero diventata un gigante, come
Gulliver… vedevo tutto dall’alto, potevo toccare le nuvole e il sole… Non avevo
vertigini e nemmeno paura, eppure ero così grande… E quando passavo sopra la
città, i miei passi non erano pesanti, neanche si sentivano, riuscivo a non
schiacciare le cose, le persone…
La luce sull’albero improvvisamente si spegne. Agnese si avvicina e cerca di
riparare il guasto.
AGNESE: Perché fate così? Dai, non potete morire proprio oggi… è il vostro
giorno! (La luce si riaccende) Ecco, speriamo che reggano, la presa è difettosa
e ci sono dei fili scoperti… (Agnese si accorge di essere osservata da Alice)
Che c’è?
ALICE: Ti sta bene quella luce sul viso. Sembri un’altra persona…
(Pausa. Quasi tra se’ con entusiasmo) Mi accorgo di tante cose intorno a me
adesso… i giochi di luce che fa il sole in questa stanza, quello che si vede
dalla mia finestra, ora il tuo viso… Anna aveva ragione… la realtà presente è
piena di molte cose da dipingere...
AGNESE (Come se non avesse udito): Avrei dovuto comprare nuove decorazioni per
l’albero. Queste, pensa, sono quelle che usavo quando ero ancora a casa dei
miei.
(Pausa)
ALICE: Mio padre faceva un albero bellissimo, arrivava al soffitto. Era
semplice però: solo fiocchi di velluto rosso.
(Pausa)
AGNESE: Lo chiamerai prima o poi…
ALICE: Non lo so. Mi fa ancora così male anche sentire solo la sua voce.
(Pausa. Con lo sguardo nel vuoto) Vicino casa dei miei c’era un parco con una
pineta enorme; da bambina, mio padre mi ci portava sempre, lui faceva footing
ed io lo seguivo con la bicicletta. Era il nostro posto preferito. (Pausa) Su
uno di quegli alberi, una volta… sì, ecco, avrò avuto undici, dodici anni… be’,
insomma, sono cose stupide… adesso saprei ritornarci e trovarlo quell’albero…
ci ho inciso il nome di mio padre… (Pausa) Pensa che stupida…
Agnese la guarda in silenzio.
AGNESE: Gli volevi molto bene.
ALICE: Quegli alberi così alti e forti, erano come lui. (Pausa) Spesso,
facevamo un gioco: lui si sedeva su una sedia, stendeva le gambe e apriva le
braccia ed io dovevo arrampicarmi e arrivare al suo viso…
(Pausa)
Alice si sente un po’ ridicola.
AGNESE: Forse ha solo bisogno di tempo.
ALICE: Sono passati quattordici anni dal divorzio con mia madre, di tempo ne ha
avuto!… Ho provato a ricordargli che io c’ero ancora, ma lui non vedeva più
nessuno.
AGNESE: E’ stata tua madre?
ALICE: Non avevano nulla in comune. Lei pensava solo ai soldi e alla carriera.
Agnese si alza e va a posare le tazze del caffè.
AGNESE: Che fai oggi?
ALICE: Tu?
AGNESE: Vado a trovare i miei, è un po’ che non li vedo. E spero che la mia di
separazione non venga fuori… è stata la prima volta che ho fatto qualcosa che
loro non approvavano…
(Pausa)
ALICE: Anna? quando torna?
AGNESE: Dovrebbe tornare stasera.
ALICE: Di già? Solo una settimana si è presa?
AGNESE: E come fa a staccarsi dal lavoro: ora che è entrata nell’Olimpo dei
grandi poi, sarà ancora più fissata! (Malinconica) Mi ha detto che sta cercando
un’altra casa, tutta per se’. Ma io non voglio che se ne vada…
ALICE: Lo aveva detto. Era quello che voleva.
Entra in scena Alessia che, ancora insonnolita, si guarda intorno come se
volesse rendersi conto di dove si trovi.
AGNESE: Ciao Alessia, Buon Natale.
ALESSIA (Mugugna qualcosa per salutare, poi si riprende): Oggi è Natale? Ma ci
mancava una settimana, ieri… come è possibile? Ho dormito una settimana?
AGNESE: Oh, è possibilissimo!
Alessia si butta sul divano rimanendo sdraiata in silenzio con lo sguardo
inebetito.
ALESSIA (Come illuminata si tira su): Cristo, ma se oggi è Natale, vuol dire
che mi tocca il pranzo a casa dei miei…
(Pausa)
AGNESE: Mi sembra giusto.
ALESSIA: Ma che giusto, devo inventarmi qualcosa!!… La scusa degli esami l’ho
già usata… gli posso dire che ho la febbre!
AGNESE: Ma dai, è Natale, non li vedi mai!
ALESSIA: Tu non ti rendi conto, ci saranno tutti! mio padre in uniforme farà da
maestro di cerimonia, mia madre che avrà sgobbato a negozio fino a ieri sera,
sgobberà anche oggi per lui ed io servo a completare il quadretto. Dovrò
sorbirmi un bel terzo grado sugli esami, sulla media, sul fidanzato, sul mio
futuro da avvocato… tutto per dare lustro a lui!… siamo tutti suoi trofei!
(Pausa) Ho sempre odiato le Feste in famiglia… Dio mio! Tutti insieme alla
stessa tavola: la rabbia, il rancore li tagli a fette come il pane… E poi
l’ipocrisia degli auguri, dei bigliettini, delle cazzo di apparenze! Come una
parata!
AGNESE: Una famiglia seduta a tavola che si odia e continua a mangiare in
silenzio…
ALESSIA(Sarcastica): Già, proprio come quelle delle pubblicità! Chissà da dove
le prendono…
(Pausa)
AGNESE: Tanto non c’è scampo da queste cose, non puoi certo tagliare certi
legami… si può solo obbedire e fare in modo che tutto vada bene…
Agnese esce di scena.
ALESSIA: Agnese mi fa rabbia. A 32 anni mi parla ancora di obbedire, di
genitori!… E cavolo, pensa con la tua testa una volta tanto!
ALICE: Come fai tu… che sei così adulta e libera…
(Lunga Pausa)
ALESSIA: Io libera? Ti sembro una persona libera? Con tutto quello che i miei,
mio padre si aspetta da me?
Alessia esce di scena.
Dopo un po’, Agnese rientra e si finisce di vestire.
AGNESE: Allora io vado. Cercherò di tornare presto, potremmo andare al cinema
nel pomeriggio…
Rientra Alessia.
ALICE (Sorpresa): Noi due? Sì, sarebbe bello…
Agnese esce di scena.
ALESSIA (Finendo di sistemarsi): Eccomi, pronta per il rito sacrificale. Andrò
bene vestita così? (Si accende una sigaretta) Questi sono gli abiti del mio
personaggio: la figlia del Comandante dell’Esercito Alessandro Regis.
ALICE (La guarda quasi con pena): Che trasformazione. Ma la sigaretta…
ALESSIA (Si abbottona il cappotto): L’ultima boccata d’aria. A stasera, bambolina!
Alice sta montando una grossa tela bianca sul cavalletto, quando si sente un
rumore di chiavi, qualcuno sta entrando in casa, Alice ne è quasi spaventata.
E’ Massimo, l’ex marito di Agnese, un uomo sui 36 anni, alto, robusto e
affascinante.
MASSIMO: Ciao, scusa. Cercavo Agnese, è in casa?
ALICE (Spaventata): No…
MASSIMO: Sono il suo ex marito. Avevo le chiavi…
ALICE: E’ fuori per pranzo, rientrerà tra un po’…
MASSIMO: Posso aspettarla qui in casa?
Alice non risponde imbarazzata.
MASSIMO: Fa molto freddo fuori… (Pausa) Volevo farle una sorpresa…
Alice lo fa accomodare.
MASSIMO: Dio mio, come è cambiato qui… (Si guarda intorno) Però mi piace, ha
un’aria più vissuta. (Pausa) Questo soggiorno era sempre pulito ed ordinato.
(Pausa) Adoravo starci, ci passavo ore ed ore a fare i miei puzzle… In quello
che era il mio studio invece, non ci stavo mai… ed Agnese si arrabbiava.
ALICE: Qual’era il tuo studio?
MASSIMO: La stanza in fondo al corridoio, quella che dà sul cortile.
ALICE: Ah, camera mia. E’ molto buia e fredda. Anch’io preferisco stare qui…
(Pausa)
MASSIMO: Questo albero ancora regge!
ALICE: Più o meno…
MASSIMO: E’ così vecchio. (Pausa) Tu chi sei, non ti ho chiesto nemmeno come ti
chiami.
ALICE: Alice.
MASSIMO: Massimo. (Si stringono la mano) In quante siete adesso?
ALICE: In quattro.
MASSIMO: E c’entrate?
ALICE: Diciamo di sì. (Pausa) Ma tra un po’ una se ne andrà, quindi staremo
ancora più larghe.
(Pausa)
MASSIMO:(Si siede sul divano, mentre Alice rimane in piedi) Tu quando sei
arrivata?
ALICE (Quasi tra se’): Erano i primi di agosto. Mi ricordo, avevo una paura…
MASSIMO: Paura?
ALICE: Be’ sì, ecco, non ho mai amato stare in mezzo agli altri e ritrovarmi
improvvisamente a vivere con degli estranei è stato un trauma… Mi sento ancora
arrugginita, non tanto con Agnese, ma con le altre. Ma non mi sorprende più la
cosa. Mi sono sempre sentita diversa dagli altri… (Pausa) Forse è perché sono
sempre fuori tempo.
MASSIMO: Fuori tempo?
(Pausa)
ALICE: A volte mi sento bambina a volte mi sento vecchia. Non riesco mai a
beccare la mia età.
MASSIMO: Questa non l’avevo mai sentita.
ALICE: Gli altri invece sembrano così a loro agio con se stessi. (Pausa)
MASSIMO: Non ti far ingannare, le cose non sono mai come sembrano. (Pausa) Che
fai nella vita?
ALICE: Lavoro da due mesi, all’Opera, come assistente costumista e poi dipingo.
MASSIMO: Ah, sei tu la pittrice. Ecco perché preferisci questa stanza. E’ la
più luminosa.
ALICE: E… tu invece?
MASSIMO: Rappresentante di abbigliamento per uomo. (Pausa) Non è male come lavoro,
conosco tante persone e viaggio spesso… mi fa guadagnare quello che mi serve e
mi lascia molto tempo per me, per i miei hobby, gli amici, la famiglia… (Pausa)
Quando ero piccolo volevo fare il falegname, adoravo l’odore del legno…
ALICE: Anch’io! Mio nonno era falegname ed io passavo le ore a guardarlo
lavorare, mi dispiaceva per gli alberi, ma faceva dei mobili bellissimi,
intarsiati a meraviglia e poi delle statue, sai, a forma di gnomo o di
pinocchio… Ogni tanto gli davo una mano, passavo il colorante sui pupazzi,
rifinivo le incisioni… e lui mi regalava i trucioli che cadevano a terra…
Massimo la guarda in silenzio.
MASSIMO: Perché non ti siedi?
ALICE (Di nuovo timida): Io? … no, grazie, sto bene così…
(Pausa)
MASSIMO: Vuoi che me ne vada? Magari avevi da fare…
(Pausa)
ALICE: Perché?
(Pausa)
MASSIMO: Sei una ragazza particolare, Alice.
(Pausa)
ALICE: Di’ pure strana…
Massimo la guarda un secondo negli occhi, Alice distoglie lo sguardo,
imbarazzata.
MASSIMO: Agnese ti ha mai parlato di me?
(Pausa)
ALICE: Be’ sì. (Lo guarda aspettandosi ulteriori domande, poi…) Dice che ogni
tanto sente ancora la tua voce… che questa casa le rievoca molti ricordi…
Queste cose qui, dice, cose normali, penso.
MASSIMO: La vedi serena?
ALICE: Cerca di esserlo.
MASSIMO: Spero che lo sia, altrimenti è stato tutto davvero inutile. (Pausa. Si
accende una sigaretta) Non capirò mai Agnese.
ALICE: Ma dai, Agnese?
MASSIMO: Già. Secondo me, non fa sempre vedere proprio tutto di se’…
(Pausa)
ALICE: Hai mangiato?
MASSIMO: Veramente no.
ALICE: Io ho fame adesso. Se vuoi… Ti piace la mortadella?
MASSIMO (Stupito): La mortadella?
ALICE: Sì… hai presente?
MASSIMO: Certo! Ok, va bene.
ALICE: Perfetto.
Alice si allontana dietro la quinta per preparare, Massimo si guarda in giro e
comincia ad osservare i vari quadri di Alice.
MASSIMO: Vedo che hai una predilezione per i bambini.
ALICE: Già, ma dovrei provare a cimentarmi con altri soggetti… (Si avvicina con
due panini) Tieni, questo è tuo.
MASSIMO: Pane e mortadella? Il tuo pranzo di Natale?
ALICE: Dopo c’è il Pandoro… (Pausa. Cominciano a mangiare. Indicando i quadri)
Non dovrei tenerli così in vista…
MASSIMO (Non fa caso): I bambini… Agnese ne desiderava tanto uno…
ALICE: Appunto. Certe disgrazie capitano sempre alle donne sbagliate e quelle
che non sanno nemmeno cosa sia il senso materno invece… sono piene di figli…
Massimo la guarda sorpreso.
MASSIMO: Che vuoi dire? (Pausa) Disgrazie?…
ALICE: Be’, aver perso un figlio…
Massimo trasecola. Segue una lunga pausa di silenzio. Massimo si alza e cerca
di mantenersi calmo, Alice non capisce.
MASSIMO: Agnese ti ha raccontato che abbiamo perso un figlio?
ALICE: Sì…
MASSIMO: Che altro ti ha detto?
ALICE: Nient’altro. Era rimasta incinta, ha perso il bambino e poi avete
divorziato.
MASSIMO: Perché? (Pausa) Perché inventarsi una balla simile?
ALICE: Come è possibile!? Tu non lo sapevi?
MASSIMO: Ma non è vero, ecco perché non lo sapevo! (Pausa) Perché raccontare
simili cose… una fantasia del genere… mi sembra semplicemente assurda! E’ così
che si spiega il nostro divorzio?
ALICE: Perché invece…
MASSIMO: Stava male, era scontenta, insoddisfatta della sua vita… voleva stare
da sola per ritrovarsi… E così ci siamo separati per un mese, poi mi ha chiesto
il divorzio. Sono andate così le cose.
ALICE: E di avere figli…
MASSIMO: Ne avevamo parlato prima che la storia degenerasse; anch’io li volevo,
figurati! Le dissi solo di aspettare, volevo sistemarmi meglio con il lavoro…
Alice è spaesata, il pensiero di un latente squilibrio in Agnese la terrorizza,
comincia a camminare lungo la stanza inquieta. Proprio in quell’istante, Agnese
rientra in casa, alla vista di Massimo si gela e rimane immobile.
AGNESE: Massimo!
MASSIMO (Titubante): Buon Natale, Agnese.
Alice è tesa, li guarda con apprensione poi li lascia soli.
I due rimangono in silenzio.
MASSIMO: Ero venuto per farti una sorpresa...
AGNESE: Sarebbe stato un Natale troppo triste…
MASSIMO: Già. (Pausa) Come stai?
AGNESE: Be’, a volte bene, a volte male. (Pausa) Ma almeno non sono sola in
questa casa… E tu?
MASSIMO: Così, tiro avanti. (Pausa) Questa casa è cambiata.
AGNESE: Troppo poco. Anche se Alice ce la mette tutta, guarda qua!
MASSIMO: E’ molto dolce.
AGNESE: Ah, vi siete conosciuti…
Agnese cerca di darsi un contegno, ma è visibilmente nervosa. Massimo vuole
indagare velatamente.
AGNESE: Sono stata dai miei. C’erano tutti come al solito, li ho lasciati alle
prese con la solita tombola… Mi hanno fatto mangiare tantissimo.
(Lunga pausa)
MASSIMO: Non hai nessun rimpianto?
(Pausa)
AGNESE (Senza guardarlo): Penso di aver fatto la cosa giusta, Massimo, lo sai.
Ma certo questo non toglie che… penso spesso a te… e a come sarebbe potuta
andare se…
MASSIMO: Se cosa? Cosa ci mancava?
AGNESE: Se io fossi stata diversa da quella che sono…
MASSIMO: Per me tu eri perfetta.
AGNESE: E invece ero infelice.
MASSIMO: Ed ora?
AGNESE: Ora almeno, non sono più di peso a nessuno e non ho più la possibilità
di fare danni.
MASSIMO: Ma che dici? Peso, danni?
AGNESE: Sono molto pericolose le persone insoddisfatte! Sono bombe innescate.
(Pausa)
MASSIMO: Se mi avessi permesso di aiutarti…
AGNESE: Non sapevo neanche di cosa avessi bisogno… l’unica cosa che ti ho
chiesto era un figlio.
(Pausa)
MASSIMO: Ed io te l’ho negata… è per questo che mi hai lasciato?
AGNESE: No, ora lo so, non mi avevi negato niente, mi avevi solo detto di
aspettare, ed era giusto.
(Pausa)
MASSIMO: Agnese, hai raccontato ad Alice di aver perso un figlio…
Agnese lo guarda atterrita e non risponde.
AGNESE: Una conversazione piuttosto intima, per due che non si conoscono…
MASSIMO: Perché racconti certe storie?
(Pausa)
AGNESE: Pensi che sia diventata pazza?
Pausa. Le luci cominciano lentamente a cambiare: i due attori sono
progressivamente isolati nel buio dal resto della scena.
MASSIMO: Non penso nulla. Ma voglio capire.
AGNESE: Non sono pazza. (Pausa) Ti va una tazza di the?
MASSIMO: Non abbiamo mai veramente parlato noi due. Ci amavamo e forse ci
amiamo ancora, ma quante cose ignoriamo l’uno dell’altra… Sono stato proprio
uno stupido a lasciarti andar via. Certe cose potevamo risolverle insieme.
AGNESE: Non credo proprio. (Pausa. Agnese si sente in pericolo, cammina per la
stanza) Massimo è meglio se vai via e… anche se non torni mai più.
MASSIMO: Per una volta deciderò io se tra noi deve davvero finire!
(Pausa)
AGNESE (Improvvisamente dura): E’ già finita! non c’è niente da decidere!
(Pausa. Lui le si avvicina, lei lo respinge) Non sono una pazza. E non volevo
neanche farti del male. Sono stata solo un’egoista, una debole… tutto qui.
(Pausa) Volevo solo qualcosa anch’io, un qualcosa di mio che mi facesse sentire
importante per una volta nella vita. Tutto qui.
Le luci ormai sono solo due fari sui due attori.
La scena cambia tono, quasi surreale: un uomo e una donna davanti ad un’assurda
separazione. La recitazione dei due attori è meno realistica, più evocativa,
essenziale.
AGNESE: Volevo un figlio da te. (Ridendo debolmente) Come una povera stupida
pensavo così di riempire il vuoto che avevo dentro, di cancellare la nullità
che sentivo di essere.
Pausa. Agnese si fa seria, gelida, crudele. Inizia lentamente a legare le mani
di Massimo con il foulard che aveva al collo.
AGNESE (Legandolo): Ti ho mentito. Sono rimasta incinta. Non ti ho detto niente
perché avevo paura. Poi al secondo mese… Tu eri fuori per lavoro… Sono morta
insieme a lui… E con lui ho perso tutto, quel poco che ero e valevo e tutto
quello che invece avrei potuto dare, fare ed essere come madre… Ho perso me
stessa per sempre…
Lunga pausa. Massimo la guarda allibito, sente di aver di fronte una donna mai
vista e conosciuta. Agnese è come se si godesse per un po’ la vista di lui,
reso letteralmente impotente.
MASSIMO: Io… io non so… non capisco. Io… ho perso un figlio… è questo che stai
dicendo?… e non sapevo neanche… (Pausa. Realizza lentamente e comincia a
dimenarsi) Quello che mi hai detto è che non ho avuto la possibilità neanche
di… di piangerlo, di immaginarlo, di pregare o di bestemmiare… è questo? E’
questo che mi stai dicendo, Agnese? E’ QUESTO? (Riesce finalmente a slegarsi)
Le luci tornano su tutta la scena, ma rimangono sempre basse.
Massimo la guarda allibito, si sente tradito come non mai, soprattutto perché
mai si sarebbe aspettato una cosa simile da quella donna sempre così buona,
affidabile, placida.
MASSIMO (In un crescendo che riprende i toni realistici di prima): Ma chi sei,
eh? Chi sei Agnese? Cristo! Io non so chi diavolo sei!(Pausa) Niente! Io non mi
sono accorto di niente! E’ possibile? (Pausa) Ti ho permesso di fare una cosa
simile… Avrei dato la vita per te. Ho sofferto come un dannato per lasciarti
andar via e non pensare a me!… E tu invece… Non riuscivi più a guardarmi in
faccia, ti sentivi in colpa; è per questo che hai tagliato la corda! Tu hai
tagliato la corda, come un’infame! (Pausa)Un figlio, cazzo! E tu, sua madre!
Che vita gli volevi dare, eh? (Pausa) Non mi sorprende che tu lo abbia perso!
Agnese gli allunga uno schiaffo violento.
Massimo riesce a trattenersi guardandola un secondo negli occhi. Si infila il
cappotto e senza dire una parola esce di casa.
Agnese rimane sola e le sembra di impazzire, cammina avanti e indietro per la
stanza senza tregua.
Dalla porta a lato della scena compare Alice che, sentito tutto, è lì che non
si decide ad intervenire.
Di scatto Agnese prende borsa e cappotto e va verso la porta. Alice entra in
scena, Agnese la guarda un secondo negli occhi, non le dice nulla ed esce di
casa.
Colonna sonora.
Le luci sono sempre basse, un faro puntato sul proscenio, illuminerà poi il
dipinto.
Alice è di nuovo sola ed è visibilmente sconvolta: sta bevendo una birra e le
viene da piangere, si sente arrabbiata con se stessa, per la sua ingenuità, e
delusa da Agnese.
Accende una candela, osserva per un po’ la tela bianca sul cavalletto, poi la
prende e la appoggia per terra.
Si siede per terra anche lei, poi notato un tubetto di colore, rosso, comincia
a sporcarsene le mani e a passarselo sulla faccia.
(Il gesto infantile di Alice la aiuta a sentirsi più forte, è come quello di un
cucciolo che ha bisogno di un’armatura, per difendersi dalle crudeltà
circostanti o con cui illudersi di poter attaccare.)
Prende colori e pennelli e comincia a gettare violente campate di colore sulla
tela; ci mette rabbia e quasi violenza, poi si ferma, guarda la tela quasi
impaurita e comincia lentamente a sfumare il colore e a dipingere una figura di
donna. I contorni sono violenti, come mai erano stati i suoi.
Il dipinto lentamente prende forma, Alice è sempre più concentrata in quello
che sta facendo e non si accorge del rientro in casa di Anna.
Anna entra in scena e posa il suo borsone sul divano.
La musica sfuma.
ANNA (Infreddolita): Casa dolce casa… pensavo di non farcela ad arrivare: uno
si mette in viaggio il giorno di Natale per evitare il traffico e invece… (Si
toglie guanti e cappello e posa la borsa) Come vanno le cose, qui? Alice, ti ho
lasciato una settimana fa davanti ad una tela e ti ci ritrovo tale e quale!
Alice, non vista, le lancia una rapida occhiata e continua imperterrita il suo
lavoro.
ANNA (Stirandosi): Per fortuna che volevo riposarmi: sono più stanca di prima…
Ho i muscoli a pezzi! Ah, se penso poi che dopodomani ricomincio a lavorare!…
(Pausa. La osserva dipingere) Tu hai novità? (Senza darle il tempo di
rispondere) Ma, no! anche l’albero di Natale abbiamo! Dio mio, Agnese è incorreggibile!
C’è ancora qualcuno che fa l’albero di Natale… Tra l’altro mi sembra anche
abbastanza malandato…
ALICE (Sarcastica): Agnese a queste cose ci tiene molto…
ANNA: In albergo avevamo un albero fatto di ferro battuto, tutto stilizzato,
con delle candele enormi a forma di stalattite… di grande effetto. (Si toglie
il cappotto) Vado a posare questa roba in camera mia.
Anna esce dalla stanza portandosi dietro il borsone. Alice continua a
dipingere, nervosa.
ANNA (Dall’altra stanza): Hai cenato?
ALICE: Non ancora.
ANNA (Rientra e si butta sul divano): Ti andrebbe di riempirmi un bicchiere di
vino?
ALICE (Si gira): Ma sì, beviamo del vino. Rosso?
ANNA: Rosso, perfetto. (Nota il colore sulla sua faccia) Dio mio, Alice che hai
fatto?
Alice non le risponde, va dietro la quinta e ne torna con una bottiglia che
stappa davanti ad Anna con aria quasi di sfida, poi le riempie un calice e
glielo porge.
ANNA: Alice, ma che hai fatto, stai bene?
ALICE (Taglia corto): Buon Natale.
In quel preciso istante la luce sull’albero si spegne. Rimane accesa “solo” la
candela.
ANNA (Sollevando il bicchiere come brindando): Ok! Addio tradizioni!
(Pausa)
ALICE (Guardando l’albero terrorizzata): E’ tutto il giorno che fa così…
ANNA: Ci penserà Agnese quando torna. A proposito, dov’è, non è un po’ tardi
per lei?
ALICE: Già, è molto tardi per lei… E’ andata via…
ANNA: In che senso?
ALICE: Senza dirmi niente. (Pausa) Agnese non è quello che sembra. Io non
l’avevo capito, pensavo fosse diversa…
(Pausa)
ANNA: Alice, che è successo?
ALICE: Niente. E’ venuto Massimo oggi, si sono rivisti…
ANNA: … ed hanno litigato! Quello mica vuol capirlo che è finita! Una fa tanto
per dimenticare, per lasciarsi le cose alle spalle… (Pausa)
ALICE: Lui è ancora innamorato…
ANNA: Quindi le avrà fatto il solito discorso, Dio! Torniamo insieme,
ricominciamo da capo, non ti ho mai dimenticata, eccetera, eccetera… Che
fantasia gli uomini. (Si accende una sigaretta)
ALICE: Le donne non sanno amare…
ANNA: Le donne non sanno amare?! Questa sì che è bella! Detta da una donna poi!
ALICE: Ma io non sono una donna, no? Sono solo una povera ingenua, un’illusa,
una bambina!
ANNA: Alice che ti prende!?
ALICE: Niente. Odio questi discorsi!
ANNA: Quando avrai fatto anche tu le tue esperienze, forse cambierai opinione!
ALICE (Con forza): Potrebbe anche non fregarmene nulla di avere un’opinione su
una cosa simile, di diventare esperta e navigata come voi per poi tradire,
ingannare, fingere… Perché è questo l’amore, essere donna, essere adulta!
ANNA: La pensi davvero così?
Anna la guarda sorpresa senza dire nulla; poi si alza e la raggiunge, Alice le
dà le spalle, Anna la gira e con aria sorprendentemente materna, comincia a
pulirle il viso. Poi nota il quadro.
ANNA: E’ il ritratto di Agnese.
Alice non risponde nulla.
ANNA: Com’è strano…
ALICE: Non eri tu che mi dicevi di ritrarre cose del presente, persone reali?
Bene, eccola la realtà!
ANNA: Hai usato un tratto molto pesante e scuro… insolito da parte tua… per
Agnese poi…
ALICE: Se non ti piace, non mi importa, io ora la vedo così.
ANNA: Non ho detto che non mi piace. E’ un’Agnese diversa.
Passa qualche minuto e improvvisamente squilla il telefono. Anna va a
rispondere.
ANNA: Lascia, vado io! Pronto?… Chi è?… No, sono Anna Anatoli! Sì, abito qui…
Perché? ma chi parla?…(Pausa) Che è successo?… Certo, certo che la conosco,
vive qui con me!… sì, ma cosa è successo?… dove?… non è possibile!… …non può
essere lei! Siete sicuri?… era sola?… Sì… è la sua… Cristo! Ora dove sta, dove
l’avete portata? (Pausa)… Ok, d’accordo. Sì, grazie.
Anna riaggancia il telefono, gelata.
ALICE: Agnese è…
Anna annuisce sconvolta, rimane immobile, non riesce a crederci.
ANNA: Dicono che non è stato un incidente…
Anna si infila il cappotto.
ANNA: Io vado. Vieni con me?
ALICE: Ho paura.
Anna prende la borsa ed esce di casa.
Colonna sonora (fino al buio compreso).
Alice, rimasta sola si guarda intorno, spaesata, le viene da piangere. Va al
suo dipinto, guarda il volto di Agnese e lo accarezza con le mani facendo
sfumare il colore ancora fresco: la figura sembra quella di un fantasma.
BUIO
ATTO TERZO
E’ una mattina di fine maggio. Anna è sdraiata sul fouton, tra i cuscini. Ha
indosso un vestito leggero di lino rosso ed è in una posizione languida e
sensuale. Alice le sta facendo un ritratto, usando la stessa tela iniziata, sei
mesi prima, con il ritratto di Agnese, la notte della sua morte.
ANNA: Va bene così?
ALICE: Ok, ma sii te stessa, rilassa il viso, non stare in posa…
ANNA: Che vuol dire: non stare in posa… sto posando!
ALICE: Nel senso di essere naturale.
ANNA: Naturale… non so come sono naturale…
ALICE: Tira più giù quelle spalline…
ANNA: Ma non ho niente sotto…
ALICE (Imbarazzata): Ah… non fa niente…
ANNA (Divertita): Ma dai, figurati, stavo scherzando! (Si scopre le spalle)
(Pausa)
ANNA: Come mi fai?
ALICE: Zitta e ferma.
ANNA: Mi raccomando le borse sotto gli occhi!
ALICE: Non ti preoccupare, sei bella comunque.
ANNA: Bella, sì!
ALICE: Non mi dire che non te lo hanno mai detto!
ANNA: Scherzi? Chi usa più una parola simile!
ALICE: Solo io… naturalmente!
ANNA: Be’ comunque tralascia lo stesso le borse e le rughe!
(Pausa)
ALICE: Una nottata delle tue?
ANNA: Macché! Ho semplicemente dormito malissimo!
ALICE: E allora niente ufficio: che pacchia, eh?!
ANNA: Il bello di quando sei diventata qualcuno!
(Pausa)
ALICE: Io non ho dormito per niente.
ANNA: Oggi è il grande giorno!
ALICE: Già. Ferma…
ANNA: Non mi sembri entusiasta. La prova generale come è andata?
ALICE: Oh, benissimo! Mi sembrava di sognare ad occhi aperti!
ANNA: Sono contenta per te.
(Pausa)
ANNA: Che ti metterai?
ALICE: Stasera? Mah, non lo so…
ANNA: Ma come non lo sai?! E stai qui a perdere tempo?
ALICE: Non sto perdendo tempo!
ANNA: Ok. Se vuoi… ecco, ti do una mano io… Sì, insomma stasera hai la prima,
all’Opera, ci sarà gente importante… è un’occasione speciale e non puoi andarci
vestita come al tuo solito!
ALICE: Non ti va neanche come mi vesto?
ANNA: Direi, Alice nel paese delle meraviglie! (Pausa) Potrei prestarti
qualcosa di mio…
(Pausa)
ALICE (La guarda sorpresa): Dici veramente?
(Pausa)
ANNA: Per ora sì! Cos’è, ti stupisce così tanto la cosa?
ALICE: Be’… noi due…
(Pausa)
ANNA: E’ quasi un anno che viviamo sotto lo stesso tetto e di cose ne sono
successe…
(Pausa)
ALICE (Si ferma): Già, e tu non te ne sei più andata via… (Pausa. Pulisce i
pennelli) Il tuo lavoro va a gonfie vele, hai ottenuto come al solito tutto
quello che volevi… e sei ancora qui… Ora potresti comprartelo un appartamento.
ANNA (Si alza, tenendosi il vestito e va a prendersi una sigaretta): Già, ma
poi che ci faccio? Ci starei da sola! Un uomo più di quattro mesi non me lo so
tenere.
ALICE: Parlavi sempre di feste, cene, pubbliche relazioni, casa di
rappresentanza…
ANNA: Sarebbe servito solo a questo. La mia casa sarebbe diventata un set. Il
set per la mia pubblicità personale. (Pausa) Ci sono volte che mi sento un
prodotto anch’io. (Pausa) Qui dentro invece mi sento un po’ più al sicuro.
Intendiamoci, non rinnego nulla delle mie scelte e adoro il lavoro che faccio.
(Pausa) Ma sono ancora in tempo per salvare qualcosa della mia vita e di me
stessa. Forse. (Pausa) Una come me è a rischio, arrivi a non distinguere più la
realtà. (Pausa) Il bello è che se non avessi vissuto qui, in questa casa di
povere pazze, ora non avrei più niente da difendere. (Pausa) Un tempo mi stava
stretta, ci soffocavo… e mi faceva soffocare soprattutto il tuo mondo, la tua
presenza, sempre qui dentro… (Pausa) Ricordi? ora penso di invidiare la tua
libertà. Tu sei libera quando lavori, esprimi semplicemente quello che senti, senza
preoccuparti dei soldi, dei clienti, della gente…
Pausa. Alice è visibilmente nervosa per le parole di Anna, la imbarazzano,
torna al quadro e cerca di cambiare discorso.
ALICE: Se non era per te, non avrei mai ripreso in mano questo quadro.
ANNA: Un ritratto di tutte noi, dopo un anno di vita insieme: un’altra foto
ricordo delle tue.
ALICE: Questa è diversa.
ANNA: Forse siamo noi ad essere diverse.
(Pausa)
ALICE: Per una volta non dipingo per dolore o nostalgia…
ANNA: Già, chissà perché, la tristezza, la solitudine sono sempre le fonti di
ispirazione più gettonate…
ALICE: Forse perché se sei felice pensi solo a goderti la vita!
(Pausa)
ANNA: Tu sei felice?
ALICE: Non so.
ANNA (Ammiccante): Massimo mi sembra che lo sia, ultimamente.
ALICE: Lui che c’entra adesso? (Pausa) Siamo solo amici.
ANNA: Forse è questo: non vorresti qualcosa di più?
ALICE: Siamo solo amici. Per me è già tanto!
ANNA: Ti fa così paura?
Alice la guarda interrogativa.
ANNA: L’amore. Ti fa così paura?
ALICE: E chi non ha paura dell’amore? Tu?
Anna non risponde. Pausa.
ANNA: Penso che sia innamorato di te.
ALICE: Non dimenticherà mai Agnese.
ANNA: Questo è comprensibile, ma lei ormai… Alice, non fare cazzate, Alice. Hai
bisogno di lui.
(Pausa)
ALICE: Ferma, non ti muovere. Ho quasi finito.
Entra in scena Alessia. Indossa una camicia da notte bianca ed ha un’aria
sconvolta. Le due non si accorgono della sua presenza. Ha i capelli spettinati
che le ricoprono il viso sudato e provato. Avanza senza dire una parola.
ANNA: Alla buon’ora!
Alessia non risponde nulla, ha lo sguardo perso nel vuoto. Alice interrompe il
lavoro, la guarda distrattamente.
ALICE: Siediti vicino ad Anna, faccio anche te.
Alessia, come un automa obbedisce in silenzio: si siede sul divano, alle spalle
di Anna, ancora stesa su un fianco.
ALICE: Sistemati i capelli, scopri il viso, Alessia!
Le luci si abbassano progressivamente ad introdurre un’altra scena evocativa e
surreale. La scena si fa buia tutto intorno ad Alessia, la luce le dà un’aria
inquietante.
ALESSIA: E’ sporco di sangue il mio viso. Ho ancora tutto il viso sporco di
sangue…(Pausa) Tutto intorno, un sacco di sangue, il pavimento, le pareti, il
mio corpo, i miei vestiti… solo il loro viso era pulito perché era coperto
dalle buste di plastica… (Pausa) Sentivo gli odori e poi quel caldo infernale…
Dio, che caldo insopportabile, il sudore, il sangue, tutto appiccicato addosso
a me… (Pausa) Ne sono stata davvero capace, non ho avuto un attimo di
esitazione… solo dopo, vedendoli così, ho cominciato ad avere paura, una paura
folle… che mi immobilizzava lì davanti senza darmi la forza per fare nulla…
avevo la bocca spalancata, ma non riuscivo ad emettere nessun suono, stavo
gridando in silenzio… (Pausa) Per tante notti sono stata ferma immobile davanti
quella porta chiusa in fondo al corridoio. Stanotte l’ho aperta e ho visto… i
miei genitori, massacrati con cinquanta coltellate. Addosso a me il loro
sangue.
Le luci si alzano di colpo su tutta la scena. Anna ed Alice la guardano
sconvolte. Pausa.
ANNA: Solo un brutto sogno, Alessia...
(Pausa)
ALESSIA: Pensi non abbia mai desiderato la loro morte?
(Pausa)
ANNA: No.
ALESSIA: Ti sbagli.
ANNA: Dai, sono cose che si pensano nei momenti di rabbia.
ALESSIA: Non lo so. Tutto mi sembrava così reale. E possibile.
ANNA: Tu non lo faresti mai. Lo so.
ALESSIA: Ho paura. Perché li odio. E se li odio, lo potrei fare benissimo… E se
impazzissi?
ANNA: Non lo permetterò!
ALESSIA: Convivo da anni con un qualcosa dentro che mi fa aver voglia di
distruggere, uccidere…
Si alza di scatto e si dirige verso la cucina, Anna cerca di fermarla.
ALESSIA: Ho voglia di bere qualcosa di forte.
ANNA: Ora no. (La trattiene)
ALESSIA: Dai, lasciami, qualcosa di forte… per dimenticare.
ANNA: Ho buttato tutto ieri sera. Non puoi continuare a bere.
(Pausa)
ALESSIA: Oggi è l’ultimo giorno.
Esce dalla stanza.
ANNA: Dove vai?
ALESSIA: Devo togliermi questa roba di dosso. Esco per comprare qualcosa… (Esce
di scena)
(Pausa)
ANNA: Non se ne rende neanche conto. Come possiamo…
ALICE (Sconvolta): Io non lo so. Non riesco neanche ad immaginare cosa possa
sentire. Il suo viso era come deformato, c’erano delle linee, delle rughe,
delle ombre che non avevo mai visto su di lei… (Inizia a tratteggiare il volto
di Alessia sulla tela).
ANNA: Dovremmo avvisare i suoi.
ALICE: Sono loro il suo nemico…
ANNA: Sola non ce la farà mai.
Alessia rientra vestita.
ANNA: Ti accompagno.
ALESSIA: Non serve, torno subito.
ANNA: Dai, facciamo un giro più lungo. Insieme. Aspettami.
Anna si copre al volo e si infila dei sandali. Le due escono di casa.
Alice, rimasta sola, continua a dipingere il ritratto di Alessia.
Suona il campanello. Alice va ad aprire.
ALICE (Fuori scena): Ciao!
MASSIMO(Fuori scena): Allora? Come è andata?
Alice rientra in scena e va al dipinto senza aver risposto.
MASSIMO: La prova generale, ieri sera, no?
ALICE: Bene.
MASSIMO: Bene? Solo bene? Il regista che ha detto?
ALICE (Secca): Soddisfatto.
(Pausa)
MASSIMO: Che hai? Nervosa?
ALICE: Un po’.
MASSIMO: Dai, andrà tutto bene. (Si avvicina alla tela) Che stai facendo, anche
oggi non riesci a non dipingere!?
Alice cerca di nascondere il dipinto, ma non ci riesce.
ALICE: Niente, una stupidaggine.
MASSIMO: Fammi vedere! (Lo guarda) E’ molto bello. Non lo avevo mai visto,
questo.
(Pausa)
ALICE: Lo cominciai la notte in cui… la notte di Natale.
(Pausa)
MASSIMO(Rabbuiato): E’ lei, vero? (Pausa) Questa è Anna e questa?
ALICE: Alessia, ho cominciato da poco…
MASSIMO: Allora poi mancherai solo tu.
ALICE: Un autoritratto?
MASSIMO: Perché no?
Pausa. Massimo si accende una sigaretta.
ALICE: Non volevo che lo vedessi. L’ho tenuto nascosto per tutto questo tempo.
(Pausa)
MASSIMO: Non ne abbiamo mai parlato.
ALICE: Io ho sempre avuto paura. E tu perché avresti dovuto parlarne con me?
MASSIMO: E con chi avrei dovuto?
(Pausa)
ALICE: Io non sapevo come… magari era troppo presto. Avevo paura anche solo a
pronunciare il suo nome. (Pausa. Lo guarda e posa i pennelli, fa un lungo
respiro come per prendere coraggio) Ti ammiro moltissimo, sai.
MASSIMO: Mi ammiri? Perché?
ALICE: Perché il dolore non ti ha cambiato.
MASSIMO: Che vuoi dire?
ALICE: Le persone cambiano quando soffrono, no? diventano brutte, cattive,
pazze… e alcune si limitano solo ad indossare delle maschere per non farsi
vedere così…
(Pausa)
MASSIMO: Come Agnese?
ALICE: Come Agnese, come Alessia, come mio padre… (Pausa) Ma dal dolore possono
venir fuori anche altre cose…
Pausa. Lui la guarda intensamente.
MASSIMO: Io senza di te, non so se…
ALICE (Cerca di interromperlo): …no, aspetta…
MASSIMO: …la solitudine nel dolore crea simili mostri… (Pausa) Io ho avuto te.
Si guardano in silenzio, Alice è sempre più nervosa.
ALICE (Imbarazzata): Ecco, però adesso, mi hai fatto perdere il filo del
discorso e non ricordo più cosa volevo dire…
MASSIMO: Forse non c’è molto da aggiungere.
(Pausa)
ALICE: E allora che dico?
MASSIMO: Niente.
Stanno un po’ in silenzio, poi Massimo si avvicina a lei, lentamente, la
abbraccia e la bacia. Alice è terrorizzata e si divincola.
ALICE (Quasi terrorizzata): E questo adesso che vuol dire? Siamo amici… Io non
volevo certo insinuare… forse ti ho fatto credere… perché ti ho fatto quel
complimento, ma invece era solo…
MASSIMO: Ferma, calma! Non è successo niente di male.
ALICE: Non roviniamo tutto, ti supplico!
MASSIMO: Perché? come potremmo?
ALICE: Odio queste cose, non so come comportarmi… Io non voglio niente di più,
ti prego, ho paura! (Pausa) Agnese…
MASSIMO(Interrompendola): Agnese, non c’entra più niente. (Pausa) Lei è morta.
(Pausa)
ALICE (Lo guarda in silenzio): E se io non avessi parlato, forse…
MASSIMO(Interrompendola): Oh Dio, Alice, non dirmi che…
ALICE: …dovevo starmene zitta. Non avreste litigato. Eravate ancora innamorati
l’uno dell’altra. Io mi sono messa in mezzo. Lei mi aveva fatto una confidenza.
Solo a me l’aveva fatta. Ed io solo a lei le facevo. Avevo solo lei, la sola
persona che sia riuscita ad avvicinare dopo anni. Ed io l’ho tradita.
MASSIMO: Alice, io guardo avanti. E sai chi è che vedo.
(Pausa)
ALICE (Si tranquillizza): Chi, cosa vedi?
MASSIMO: Una donna che sa amare.
Pausa. Alice lo guarda sorpresa: è la prima volta che un uomo le parla in
questo modo.
ALICE (Con rabbia): Una donna? O una bambina?
MASSIMO: Per me non ha importanza.
ALICE: Sono fuori tempo, non ho ancora individuato il ritmo giusto… la mia età.
Non so chi sono, non posso farmi neanche un autoritratto… come sono fatta?
Massimo si riavvicina di nuovo a lei, vince le sue difese, e prende ad
accarezzarle il viso, seguendo i suoi lineamenti, il profilo del naso, delle
labbra… poi scende sul collo, sulle spalle, sulle braccia, come se il suo tocco
stesse delineando una figura.
MASSIMO: Ecco come sei fatta, lo senti?
ALICE: Mi gira la testa… come se fossi ubriaca!
MASSIMO: Ssst! Calma, fidati.
Colonna sonora.
Alice si lascia toccare e guardare. Massimo la conduce di fronte allo specchio
appeso sulla parete di destra e le rimane alle spalle. Alice si guarda allo
specchio, fa un respiro profondo, piano piano si rilassa, ma è confusa; le
viene da piangere e da ridere, si lascia andare ad ogni emozione.
Massimo la bacia di nuovo sul collo, poi si fa da parte, si allontana rimanendo
a guardarla vicino alla quinta d’uscita.
Alice osserva attentamente il suo viso, esaminandolo in ogni sua parte, si
scioglie i capelli e rimane ancora a guardarsi.
Poi di scatto prende in mano lo specchio, lo stacca dal muro e lentamente va ad
appoggiarlo sulla parte di tela ancora non dipinta del suo quadro. Rimane così
ad ammirare la sua opera. Massimo esce di casa e la lascia sola. Pausa.
ALICE: Eccolo. Il pezzo che mancava. Ora è davvero finito.
SIPARIO