GENTE
SULLA PIAZZA
di
Alfredo Balducci
– atto unico
–
[Testo tutelato dalla Società Italiana degli Autori e degli Editori (S.I.A.E.)]
Sinossi:
Anno 1949
Premio Pozzale 1950
Pubblicata su "Filmcritica" (1961) e su "Nuovo Teatro
Italiano"
Trasmessa dalla RAI
Dalla relazione della Giuria del Premio Pozzale, composta da Romano Bilenchi,
Giuseppe De Robertis, Ambrogio Donini, Augusto Livi, Paolo Emilio Poesio,
Adriano Seroni, Bruno Shacherl e Sergio Surchi:
"In questo atto unico, la presenza di un'invisibile massa di lavoratori
all'esterno di un palazzo dove i rappresentanti delle classi dominanti
continuano la loro vita inutile tragicamente crudele, è resa con una bellissima
forza teatrale, tanto che l'opera può essere senza nessuna esitazione consigliata
agli editori per la pubblicazione e alle compagnie per la
rappresentazione."
PERSONAGGI:
Arturo Marchi, sindaco del paese, proprietario terriero
Signora Marchi, sua moglie
Virginia, loro figlia
Ingegner Valdi, industriale
Signora Valdi, sua moglie
Enrico, loro figlio
Vecchia Marchi, madre di Arturo
Dottore, vecchio amico di casa Marchi
Colonnello, amico di casa Marchi
Avvocato, direttore di un giornale
Maresciallo, comandante la stazione dei carabinieri
Il prete, parroco del paese
Amministratore, dipendente di Marchi
Augusto, maggiordomo di casa Marchi
Due cameriere
Alcuni invitati.
LA SCENA:
E' un pomeriggio di primavera. La mattina. Virginia, figlia del sindaco del
paese, si è unita in matrimonio con Enrico, figlio dell'ingegner Valdi,
industriale e proprietario dell'unica fabbrica dei dintorni.
Siamo ora in casa Marchi per festeggiare gli sposi che stanno per partire in
viaggio di nozze. La stanza è ampia e arredata con il lusso che si conviene al
più ricco proprietario terriero della zona: soffici divani, ricchi quadri,
tappeti pregiati. Gli invitati fanno un'ottima figura nella stanza: non si nota
alcun contrasto fra loro e i mobili eleganti. Le signore sono graziosissime
negli ultimi modelli di monsieur Dupont, e gli uomini che stamani erano rigidi
nei loro abiti da cerimonia, ora invece sono sciolti nei doppi petti da
pomeriggio di pura lana inglese.
Aria di festa intorno, ma non troppo. C'è nelle parole della signora Marchi e
della signora Valdi un tono di lieve malinconia. E' doloroso per delle madri
vedere i figli che lasciano la casa. Li ricordano ancora bambini e sembra che
soltanto ora si accorgano che sono cresciuti, che il tempo è passato.
Eh, sì, il tempo è passato.
All'aprirsi del sipario le signore sono sedute su divani e poltrone vicino al
proscenio, gli uomini sono in piedi. Verso il fondo in un angolo della stanza
la vecchia Marchi e il dottore giocano a scacchi. A destra e a sinistra due
porte in comunicazione con il resto della casa, in fondo un'ampia finestra e
una vetrata che dà sul balcone.
Il balcone dà sulla piazza.
Signora Marchi – ... dunque, dove eravamo rimaste? (improvvisamente
addolorata)... ah, sì... creda signora, non so proprio come farò ad
abituarmi...
Signora Valdi – (con lo stesso tono)... non me ne parli. E' un dolore troppo
grande.
Signora Marchi – ... non come il mio, certo, non come il mio. Una figlia è
un'altra cosa per la madre... per me poi, Virginia è stata più di una figlia...
un'amica... una sorella... ecco, proprio così (compiaciuta) Molte volte, sa, ci
hanno scambiato per sorelle…
Signora Valdi – (drammatica) Come la capisco, signora! (piccola pausa, poi
naturale) Ottimi questi pasticcini (voltandosi alla signora che le è accanto)
vero?... (alla signora Marchi) Li fa la sua cuoca?
Signora Marchi – Sì, è una specialità. Le farò dare la ricetta (lieve pausa)...
Dunque dove eravamo rimaste?... ah, sì (ritorna piena di dolore) davvero, non
so proprio come farò ad abituarmi. Anche stamani ne parlavo con mio marito...
(al marito che discute con alcuni invitati alle sue spalle)... Non è vero,
Arturo?
Marchi – (voltandosi automaticamente) Sì, cara, certo...
Signora Marchi – La casa sarà vuota, silenziosa (alla cameriera) Giovanna,
passa qua col vassoio!... Non potrò abituarmi, lo sento. (drammatica) Sa che
cosa le dico, signora?... I figli non dovrebbero mai diventar grandi.
Signora Valdi – (amorevole) Ma la rivedrà sempre, la sua Virginia, quando
vorrà; andrà a trovarla nella sua casetta.
Signora Marchi – Oh, certo, tutti i giorni... a proposito, lei non ha ancora visto
il loro nido. Un amore, un vero tesoro... Hanno finito proprio ieri di dare gli
ultimi tocchi... E' veramente delizioso.
Signora Valdi – Andrò a vederlo appena saranno tornati dal viaggio di nozze...
eh, sì... anch'io non potrò staccarmi tanto facilmente dal mio Enrico...
(lentamente) penso che ci troveremo spesso laggiù.
Signora Marchi – Oh, sì, ci troveremo spesso, ne sono sicura.
Signora Valdi – Diventeremo buone amiche.
Signora Marchi – (con un sospiro) Ci consoleremo a vicenda... (rasserenata) Le
presenterò anche tutte le mie conoscenze. Lei vive tutto l'anno in città, non
sa che qui abbiamo il nostro piccolo circolo.
Signora Valdi – Ah, interessante.
Signora Marchi – Ci troviamo insieme per ammazzare un po' il tempo, sa qui in
campagna gli svaghi non sono molti.
Signora Valdi – Mio figlio mi ha detto che in casa sua ha conosciuto la
contessa...
Signora Marchi – La contessa Valiani, la migliore amica della mia Virginia...
(il dolore sta per riprenderla) la mia povera Virginia che mi lascia sola... (ma
fortunatamente non è riuscito) Un tipo interessantissimo: corre voce che voglia
separarsi dal marito...
Signora Valdi – (allarmata) Chi, Virginia?
Signora Marchi – Ma no, la contessa Valiani... Virginia si è sposata questa
mattina, mi sembra un po' troppo presto.
(Risate di tutto il gruppo.)
Vecchia Marchi – (sta giocando a scacchi. E' quasi sorda, ma non vorrebbe
dimostrarlo. Parla a voce alta avvicinando la testa al cornetto acustico del
dottore) Ecco, io muovo il cavallo.
Dottore – Come avete detto?
Vecchia Marchi – (seccata) Ho detto che muovo il cavallo.
Dottore – E che bisogno avete di dirlo? Movetelo e state zitta.
Vecchia Marchi – Siete diventato veramente insopportabile.
Dottore – E voi una vecchia brontolona. (un silenzio piuttosto stizzito)
Vecchia Marchi – Attenzione, che vi mangio l'alfiere.
Dottore – Pensate per voi che ne avete bisogno.
Vecchia Marchi – Di che cosa avete bisogno?
Dottore – Che adoperiate il cornetto, così non dovrò ripetere due volte ogni
cosa che dico.
Vecchia Marchi – Adopererò il cornetto quando sarò sorda come voi. (ancora un
silenzio)
Dottore – Vi sembra conveniente farsi vedere giocare a scacchi proprio oggi?
Vecchia Marchi – Se preferite possiamo andare in un'altra stanza.
Dottore – Non era questo che volevo dire.
Vecchia Marchi – E perché l'avete detto allora? Oltre che l'udito state
perdendo anche la ragione?
Dottore – (fa un gesto di stizza) Volevo dire che non è bello giocare a scacchi
proprio oggi che s'è sposata vostra nipote.
Vecchia Marchi – Siete così ingenuo di credere che qualcuno si occupi di noi?
Dottore – Ho detto solo che non è bello.
Vecchia Marchi – Pensate al vostro alfiere piuttosto. (un silenzio, il dottore
chiude gli occhi e incomincia ad appisolarsi piano, piano) Dottore!
Dottore – (scuotendosi) Che c'è? Avete mosso?...
Vecchia Marchi – Tocca a voi muovere. Stavate dormendo?
Dottore – No, no; stavo pensando al colpo che devo fare.
Vecchia Marchi – L'unico che vi rimane è quello sotto la scacchiera e mandare
tutto a monte. Vi sto preparando un bel tiro.
Dottore – Che cosa avete detto?
Vecchia Marchi – Parlavo del colpo che sto per tirarvi.
Dottore – Nessuno ha parlato di ritirarsi.
Vecchia Marchi – (stizzita) Andate al diavolo!
Colonnello – (parlando in un gruppo di invitati verso il fondo)... io avevo
ricevuto allora allora la nomina a sottotenente e davanti al generale avevo una
paura maledetta. Che cosa faccio allora? Mi pianto sull'attenti e rispondo:
«Signorsì». Bel tipo era il generale. Un pezzo d'uomo alto due metri: beveva,
fumava e bestemmiava. L'unico suo dispiacere era di non poter fare le tre cose
contemporaneamente. (risate)
(L'ingegner Valdi prende Marchi sotto braccio e insieme si allontanano di
alcuni passi.)
Ingegnere – (lentamente) Creda Marchi che io oggi l'invidio.
Marchi – E perché ingegnere?
Ingegnere – Me lo domanda? Sua figlia si è sposata e le sue responsabilità sono
finite.
Marchi – Va bene, ma Enrico non è più un ragazzo e, fino a oggi, non credo che
le abbia dato preoccupazioni.
Ingegnere – (diplomatico) Ah, questo è vero, ma c'è l'avvenire, caro Marchi; è
tempo anche per noi di pensare a quello che faranno i nostri figli. Ormai credo
che tutti e due, all'incirca, avremo passato il mezzo secolo...
Marchi – Più o meno...
Signora Marchi – (dal divano)... non è vero Arturo?
Marchi – (voltandosi automaticamente) Sì cara, certo.
Ingegnere – Vede dunque, lei queste preoccupazioni non le ha, io sì, invece.
Marchi – Preoccupazioni che in fondo non lo sono. (ride con volgarità) Sarebbe
come se, una cavalla, perdoni il paragone, si preoccupasse perché vuol veder
correre il suo puledro. Il fieno c'è, dico io, il prato non manca, il puledro è
sano... correrà; quando sarà il tempo, correrà...
Ingegnere – (con lentezza) Non è proprio la stessa cosa, Marchi – Oggi
un'industria non richiede soltanto capacità tecniche, competenza… bisogna
essere particolarmente addentrati nel mondo degli affari. E questo è un campo
dove non si finisce mai di imparare.
Marchi – A proposito di industrie, l'altro ieri nella mia qualità di sindaco ho
dovuto ricevere una delegazione di operai. Si lamentavano perché il suo
stabilimento alla «Crocetta» è chiuso da tre mesi. Naturalmente io ho dato loro
le solite assicurazioni...
Ingegnere – Ecco, vede caro Marchi? Quando penso che mio padre ha fabbricato
stoffe per tutta la vita senza sapere che cosa volesse dire: «Borsa valori»!
Marchi – Ah, la capisco, la capisco... anche nel mio ramo sa, non creda che
siano tutte rose e fiori. Ci vuole diplomazia a trattare con i mezzadri o con i
braccianti, quando certa gente meriterebbe di essere trattata col fucile.
Ingegnere – Colpa sua, Marchi. Se ben ricorda io l'ho consigliato altre volte,
ma lei sembra che non veda buoni investimenti se non nella terra.
Marchi – Sarà forse perché quello è il ramo dove sono più... come dice lei...
competente.
Ingegnere – Eppure, ci sono altri settori, dell'industria specialmente, dove,
se ben consigliati, c'è molto da fare. E poi sa, è questione anche di
prudenza... è bene...
Marchi – ... avere il piede su due staffe, vuoi dire?
Ingegnere – Precisamente, con i tempi che corrono... Ma lei non ama che la
campagna... lei è un poeta...
Marchi – (grossolano) Certo che la terra dà altre soddisfazioni, si vede, si
tocca, si sente sotto i piedi...
Ingegnere – ... e si paga l'imposta per ogni centimetro quadrato...
Marchi – ... le azioni invece sono chiuse in cassaforte...
Ingegnere – ... e non c'è bisogno di fattori o di mezzadri...
Marchi – ... ma possono perder valore...
Ingegnere – ... e l'aumentano... anche se viene la grandine...
Marchi – In fondo lei ha ragione. E' una cosa che voglio studiare seriamente.
(muovono qualche passo)
Ingegnere – Vede, io avrei in mente un affare molto vantaggioso, si tratta...
Signora Marchi – (dal divano) Non è vero Arturo?
Marchi – (voltandosi) Sì cara, certo.
(Si allontanano. Virginia entra e si dirige verso la madre.)
Signora Marchi – Finalmente, cara Virginia! Vieni a dare un bacio alla tua
povera mamma che oggi è tanto triste.
(Virginia bacia la madre e la signora Valdi, dà la mano alle altre, poi siede
sul divano.)
Signora Valdi – Che amore di vestito da viaggio! E' un Dupont?
Signora Marchi – Ma certo; ci serve da più di sei anni.
Signora Valdi – Si conosce subito la linea.
Virginia – (asciutta) A me Dupont invece non è mai piaciuto.
Signora Marchi – Ma che dici, bambina, è una delle migliori sartorie d'Europa.
Virginia – No e no; madame Colette è senz'altro superiore.
Signora Valdi – No Virginia, la mamma ha ragione: Dupont ha più stile, più
estro.
Virginia – (risentita) E io invece vi dico che sono contenta di essermi sposata
per farmi servire da chi voglio.
Signora Marchi – (conciliante) Ma sì, ma sì cara, non guastiamo con queste
sciocchezze un giorno così bello. Pensa che fra un'ora comincerà il tuo viaggio
di nozze. La costa azzurra è meravigliosa in questa stagione.
Signora Valdi – Avete deciso quanto tempo vi fermerete a Cannes?
Virginia – Io vorrei andare a Parigi prima.
Signora Marchi – (con slancio) Ma no, ma no piccola, i primi giorni della luna
di miele bisogna passarli a Cannes, c'è più fascino, più raccoglimento. Avrete
tempo dopo per andare a Parigi.
Virginia – E invece voglio andarci subito.
Signora Marchi – (scoraggiata) Fate come volete; in fondo dovete decidere
soltanto voi. Dove hai lasciato il tuo Enrico?
Virginia – (alzando le spalle) E' di là che sta ricopiando le frasi che, dice
lui, gli saranno utili, da un manuale di conversazione francese A guardare
tutto quello che ha scritto sembra che voglia tenere una conferenza.
Signora Marchi – (fa un altro tentativo) Oh come ti invidio bambina mia! Fra
un'ora sarete tutti soli nella vostra macchina in corsa verso Cannes...
Virginia – (secca)...Parigi!...
Signora Marchi – ... ma sì, Parigi, è lo stesso ; quello che conta è correre
verso la felicità. (voltandosi verso il marito) Non è vero Arturo?
Marchi – Sì cara, certo.
Enrico – (entrando di corsa) Virginia, Virginia!... (è molto miope e fa qualche
passo nella stanza cercandola)
Signora Marchi – E' qui, è qui.
Enrico – (affrettatamente, con serietà) Bisogna scartare le aragoste.
Virginia – (pronta) Non ci penso nemmeno.
Enrico – (mostrando il manuale) E' assolutamente necessario. Ho sfogliato la
parte: «Pasti all'albergo» e quella: «Pesca in mare» e non ho trovato traccia
di aragoste.
Virginia – Prova nella parte: «Al mercato».
Enrico – Non c'è, ho già guardato.
Virginia – Io all'aragosta non rinuncio.
Enrico – Guarda cara, potremmo sostituire con... (leggendo il manuale) fegato
d'oca... già scritto... caviale... già scritto... zuppa di cavoli... no, questa
non va... ecco: pasticcio di pernice...
Virginia – (offesa) E tu vorresti negarmi l'aragosta per ingozzarmi con la tua
pernice?... Hai sentito mamma? Vuole impormi il pasticcio di pernice...
Amministratore – (dietro la spalliera del divano, sorridendo) Chiedo scusa,
signora Virginia, ma i camerieri dei grandi alberghi sanno come si dice
aragosta almeno in venti lingue diverse.
Virginia – (dolcemente, appoggiandola testa alla spalliera del divano,e alzando
gli occhi verso di lui) Davvero, signor Giacomo?
Signora Marchi – Ma certo, piccola. L'ultima volta poi che sono stata a Cannes
ho trovato un cameriere che era di Castellammare di Stabia.
Virginia – (stizzita) Ma io non vado a Cannes, vado a Parigi!
(Enrico s'è seduto a un tavolo e continua a sfogliare il manuale e a prendere
appunti.)
Ingegnere – ... e allora, caro Marchi, arrivati a questo punto noi potremmo
manovrare a nostro piacere, perché praticamente i padroni saremmo noi.
Marchi – E lei crede di non destare dei sospetti gettandosi così a corpo morto?
Ingegnere – Sospettino pure quanto vogliono. Lei dimentica che l'ottanta per
cento delle filature della zona sono nelle mie mani, e che all'occorrenza...
Marchi – ... gli stabilimenti potrebbero chiudere...
Ingegnere – Esatto. Come vede i rischi sono insignificanti.
Marchi – Indubbiamente l'affare presenta il suo fascino...
Ingegnere – Senta Marchi, io l'ho messa al corrente della faccenda perché lei
partecipi in società con me. Qui occorrono capitali disponibili. Se lei non se
la sente di rischiare e preferisce una cointeressenza...
Marchi – (sgarbatamente) No, no, no...non mi piacciono le mezze misure. Quando
faccio un affare, io voglio entrarci dentro tutto, dalla testa ai piedi... o
tutto o nulla.
Ingegnere – (sorridendo) E allora mi auguro per il tutto. Ci pensi sopra, caro
Marchi, e mi faccia sapere qualcosa in settimana.
Marchi – Intesi così: in settimana lei avrà la risposta.
(Si sono avvicinati alla vetrata.)
Ingegnere – Avete notato quanta gente c'è sulla piazza stamani? Sembra quasi un
giorno di festa.
Marchi – Lei dimentica che da tre mesi qui la gente gira come se fosse festa.
Ingegnere – Da tre mesi?
Marchi – Da quando ha chiuso il suo stabilimento della «Crocetta».
Ingegnere – Ah già, dimenticavo.
(Si avvicina a un gruppo di invitati.)
Avvocato – ... democrazia, democrazia... ottima cosa, ma inadeguata, in certi
casi... anzi, nociva, direi. Ogni male ha il suo rimedio. Questo con la
democrazia non si sana. Dica un po': darebbe lei dell'olio di ricino a un
malato di polmoni? No di certo, e tuttavia lei non può negare che l'olio di ricino
sia un buon purgante.
Colonnello – Ah, io sono perfettamente d'accordo. Lei sa bene come la penso su
certe questioni. Il nostro torto maggiore è quello di lasciarci intimidire da
certe parole. Uno per esempio dice: «Democrazia» e tutti tacciono. Democrazia...
si fanno, forse, votare i soldati quando si deve andare all'attacco? E qui è la
stessa cosa: oggi siamo in piena guerra.
Avvocato – (accalorandosi) Giustissimo. Giustissimo. E' la tesi che ho sempre
difeso sul giornale. Quando sono in pericolo le nostre più sacre istituzioni,
la nostra cultura, quando è in pericolo l'avvenire di tutto un popolo...
ebbene, ogni esitazione è un crimine, ogni debolezza è un tradimento.
Marchi – Che peccato che lei non faccia parte del nostro Parlamento!
Avvocato – Non mi mancavano molti voti, del resto. Se quei famosi volantini non
fossero apparsi proprio pochi giorni prima delle elezioni...
Ingegnere – (freddamente) Ricordo di averne letto uno; parlava di certi
rapporti da lei avuti col passato governo.
Avvocato – Calunnie ingiuriose... basse insinuazioni... avrei proceduto
legalmente se quei foglietti fossero stati firmati.
Ingegnere – Veramente il volantino che ho letto io era firmato proprio da lei.
Marchi – (ridendo rumorosamente) Firmato dall'avvocato?... ah, ah... questa è
buona.
Ingegnere – Precisamente. Era la copia di una lettera nella quale si vantavano
«meriti speciali» acquisiti col passato governo.
Avvocato – (un po' imbarazzato) Ah, lei intendeva parlare della lettera...
sarebbe necessaria una lunga spiegazione preliminare... la verità non può mai
essere oggettiva... proprio come sostenevo ieri al giornale...
(Marchi e l'ingegnere si allontanano.)
Marchi – Lei ha trattato un po' troppo duramente l'avvocato, mi pare.
Ingegnere – Caro Marchi, io ho le mie idee su certe questioni. Perché dobbiamo
ancora servirci di persone compromesse con il passato, quando questo non è
indispensabile? Ecco il nostro errore: aver lasciato tornare a galla certi
individui che potevano restare sott'acqua.
Marchi – Non bisogna dimenticare l'appoggio del suo giornale.
Ingegnere – Comunque vada sarà sempre costretto a darcelo. In ogni modo non
sono le poche centinaia di copie che tira il suo giornale che influenzano
l'opinione pubblica.
Marchi – Tutto fa, come si suol dire...
Ingegnere – Bisogna capire che il popolo non vuole più questa gente, vuole
uomini nuovi. Perché dobbiamo rischiare che ci diano i loro e non tiriamo fuori
i nostri?
Colonnello – (davanti alla finestra) Dica un po' Marchi, c'è un comizio, oggi?
Marchi – Nessun comizio, perché?
Colonnello – Che cosa fa allora tutta questa gente in piazza?
(Il gruppo degli uomini si avvicina alla vetrata.)
Avvocato – E continuano ad arrivare.
Marchi – E' strano, molto strano.
Ingegnere – Ma siete ben sicuri che oggi non deve parlare nessuno?
Avvocato – Nel caso poi dovesse parlare qualcuno, dovrebbe parlare di qui
perché sono rivolti da questa parte.
Marchi – Io non capisco: è davvero strano (entra il maggiordomo) Augusto! sai
che cosa faccia questa gente in piazza?
Augusto – Non so cosa dirle signore. Sono fermi davanti alla casa con le
braccia incrociate. Ho mandato una delle donne a informarsi, ma è tornata e non
ha saputo dirmi niente.
Marchi – Vai tu stesso. (il maggiordomo fa per andare) No, aspetta, telefona al
maresciallo e digli di venir qui immediatamente.
Augusto – Benissimo signore. (esce)
Avvocato – Arrivano da tutte le parti.
(Marchi apre la vetrata. Si ode il brusio della folla. Dopo essersi affacciato
al balcone rientra rinchiudendo la vetrata.)
Marchi – Non riesco a comprendere.
Vecchia Marchi – Ora comincia il bello!che cosa ne dite dottore?
Dottore – Sì, è una mossa abile, ma non mi fa paura.
Vecchia Marchi – Con questa mossa vinsi una partita al mio povero marito dodici
anni fa.
Dottore – Io non sono vostro marito.
Vecchia Marchi – Vedremo allora cosa sarete capace di fare.
(Virginia si è avvicinata al tavolo e legge quello che il marito sta
scrivendo.)
Virginia – (a voce alta) No, no e no. Io non sopporterò mai di venire a pescare
con te.
Enrico – (sorpreso, voltandosi) Va bene, cara, andrò da solo.
Virginia – Perché allora hai ricopiato la frase: «Datemi una canna da pesca per
la mia signora»?
Enrico – (imbarazzato) Pensavo che forse sarei riuscito a convincerti.
Virginia – (irritata) Credi che io mi lasci convincere così facilmente?
Enrico – Ma no, volevo dire che forse tu avresti cambiato idea.
Virginia – (asciutta) E invece no, non ho cambiato idea. La pesca è la cosa più
insulsa che io conosca. (gli volta le spalle)
Signora Marchi – (con tenerezza) Che c'è, che c'è piccina mia, il tuo Enrico è
stato di nuovo cattivo con te?
Signora Valdi – Veramente Enrico, come giorno delle nozze, potresti essere più
gentile con Virginia.
Enrico – Ma no mamma... ti assicuro...
Signora Marchi – Sì, sì, lo so... vi conosciamo voi uomini... non siete ancora
vicini a una donna, che già volete sottometterla, diventarne i dominatori.
Enrico – Eppure, le assicuro signora...
Signora Marchi – E' così, è così... e non pensate che ogni ragazza ha il suo
piccolo mondo di sogni, al quale non può rinunciare di colpo. Ci riuscirà
piano, piano, dolcemente, tra una carezza e una frase affettuosa... non è vero
Arturo? (il marito non risponde. La signora Marchi si volta e lo vede insieme
agli altri vicino alla vetrata) Ma che cosa c'è che v'interessa tanto sulla
piazza? (il marito le fa cenno di tacere. La signora Marchi guarda la signora
Valdi) Chissà che cosa sta succedendo laggiù. (tutto il gruppo si alza e si
avvicina alla vetrata. La signora Marchi è tra la curiosità e lo spavento) Ma
che cosa fa tutta questa gente?
Avvocato – Non lo sappiamo ancora.
Signora Marchi – (dopo un attimo, allegramente) Ah, ma io ho capito... vogliono
vedere gli sposi!
Marchi – (brusco) Stai zitta Sabina.
Signora Marchi – (stupita) Ma che cosa ho detto di male, Arturo? (il marito non
risponde) E poi sai bene che non voglio che tu mi chiami col mio nome tutto
intero... (alla signora Valdi) Mi fa un certo effetto sentirmi chiamare
«Sabina»... mi pare quasi che da un momento all'altro debba essere rapita.
Signora Valdi – A proposito di rapimenti, ha visto l'ultimo film con William
Williamson?
Signora Marchi – Ah, stupendo, veramente stupendo!
Avvocato – Ma in fondo io penso che è una sciocchezza guastare la festa con
queste preoccupazioni.
Colonnello – Se quella gente è venuta in piazza, ci resti pure: a noi non
interessa.
Signora Marchi – Ma certo. Che cosa sono queste malinconie proprio oggi? fra
un'ora Enrico e Virginia se ne andranno, e noi li salutiamo così?
Avvocato – Giustissimo signora. Io propongo un brindisi in onore degli sposi.
Signora Marchi – Un brindisi, benissimo! (allegramente) Augusto, Augusto!
(entra il maggiordomo, la signora Marchi gli fa un cenno. Augusto esce e
rientra poco dopo seguito dalle cameriere con le coppe. Egli porta le
bottiglie, le stappa e versa da bere. Intanto la signora Marchi va al tavolo
degli scacchi e appoggia le mani sulle spalle della vecchia Marchi) Volete
favorire al tavolo con noi?
Vecchia Marchi – (alzandosi) Andiamo dottore, e ricordatevi che la mossa è
vostra.
Dottore – Va bene, va bene.
(La signora Marchi dà il braccio a tutti e due. Si avvicinano al tavolo.
Augusto e le cameriere sono usciti. Si fa silenzio.)
Avvocato – E' con vera commozione che io alzo il calice in questo lieto
giorno...
Augusto – (entrando) Il maresciallo...
Marchi – (andando verso la porta) Fai passare. Fai passare. (il maresciallo
entra inchinandosi. E' un po' impacciato. Marchi parla come con un subalterno)
Che cosa mi combina tutta questa gente in piazza?
Maresciallo – Dove?... ah... ma, signor sindaco, non deve parlare qualcuno?
Colonnello – Ah, vede Marchi? glielo dicevo io.
Marchi – Ma chi deve parlare, da dove?
Maresciallo – Ma... da qui, signor sindaco.
Signora Marchi – Che bella cosa, un discorso dal balcone!
Marchi – (con ira) Stai zitta!
Signora Marchi – (stupita) Ma che cosa ho detto di male, Arturo?
Marchi – Da qui non deve parlare nessuno.
Maresciallo – ... io non capisco allora... non so... ho visto che tutti sono
voltati verso questa parte... mi meravigliavo anzi che non mi avesse fatto avvertire.
Marchi – E allora?
Maresciallo – ... e allora che cosa?
Marchi – E me lo domanda? c'è la piazza piena di gente e non sappiamo perché è
venuta... guardi là! (apre la vetrata e la richiude. Si ode il brusio della
folla) Vada giù e s'informi. (il maresciallo fa per andare via) Un momento...
dica un po', dove sono i suoi uomini?
Maresciallo – Tre li ho portati con me, signor sindaco, sono giù davanti alla
porta.
Marchi – E gli altri?
Maresciallo – Uno è rimasto in caserma...
Marchi – E gli altri due?
Maresciallo – In città per servizio, signor sindaco.
Marchi – Suppongo che non penserà di far fronte a questa folla con i suoi tre
uomini.
Maresciallo – Ma non ce ne sarà bisogno, signor sindaco. Non credo che questa
gente voglia fare del male.
Marchi – (scattando) Che cosa ne sa lei? non crede, non crede... bisogna essere
preparati a tutto. Telefoni in città e faccia mandare dei rinforzi.
Maresciallo – Mi perdoni signor sindaco, ma non vedo gli estremi per
giustificare...
Marchi – (gridando) Ma di quali estremi mi sta parlando? vuole aspettare a
chiamarli quando avranno dato fuoco alla casa? si sbrighi, si sbrighi! il
telefono è nell'altra stanza.
Ingegnere – Cerchi del maggiore Corradi del secondo reparto; parli a mio nome
spiegandogli tutta la situazione. (il maresciallo esce)
Marchi – (gridandogli dietro) Gli dica che non c'è tempo da perdere. Qui
continuano ad arrivare da tutte le parti.
(Il dottore e la vecchia Marchi intanto, rimasti soli alla tavola, sono tornati
alla scacchiera e hanno ripreso la loro partita senza curarsi degli altri.)
Vecchia Marchi – Siete in un bell'impiccio, non so come ve la caverete.
Dottore – Mi avevate dato per sconfitto anche mezz'ora fa, eppure siamo ancora
alla pari.
Vecchia Marchi – Il mio povero marito diceva sempre che i morti si contano
soltanto dopo le battaglie.
Dottore – (eseguendo la mossa) Ricordatevi di contare anche questo cavallo,
allora.
Ingegnere – ... esco nel cortile e trovo gli operai riuniti, commissione
interna in testa. Mi fermo davanti alla porta a braccia incrociate: si fanno
avanti quelli della commissione. «Le maestranze si lamentano per i due
licenziamenti di stamani», dicono. «Ebbene, rispondo io, fate sapere a questa
gente che i due operai di stamane si meritavano di essere licenziati: padroni di
abbandonare il lavoro o di riprenderlo», e voltai le spalle. Sembravano così
distanti dal mio punto di vista, eppure dopo trenta giorni di sciopero
diventarono tutti della mia stessa opinione.
(Risate brevi. L'atmosfera è turbata per ciò che sta accadendo sulla piazza.
Marchi quasi non stacca gli occhi dalla vetrata. Anche con i vetri chiusi si
ode il brusio della folla, a volte più forte a volte meno.)
Colonnello – Ma certo, polso ci vuole, energia. Buon ufficiale è quello che al
momento opportuno impugna la pistola e spinge i suoi uomini fuori dalla
trincea. E in questi tempi è come essere in guerra.
Avvocato – E' la tesi che io non mi stanco di sostenere. Ha letto il mio ultimo
articolo di fondo?
Colonnello – Io non leggo mai la prima pagina dei giornali. Un vero militare
disprezza la politica. La nostra funzione è proprio quella di rimediare ai
vostri errori.
Ingegnere – Talvolta accade anche il contrario.
Avvocato – Ma prendiamo esempio dalle democrazie occidentali, dove famosi
condottieri in guerra, oggi sono diventati valenti uomini politici.
Colonnello – Perché la guerra non è ancora finita, e quella per loro è l'unica
maniera per poter dirigere le operazioni senza destar sospetti. (risate)
Amministratore – Signor Marchi, sta arrivando un cartello. (immediato silenzio)
Marchi – Un cartello? Dov'è?
Amministratore – Là, vede?
Marchi – Accidenti, è troppo lontano; vede che cosa c'è scritto, lei che ha la
vista buona?
Amministratore – Ancora no, ma si sta avvicinando.
Avvocato – Sapremo finalmente che cosa vogliono questi signori.
Marchi – (all'amministratore) Allora?
Amministratore – E' ancora troppo lontano.
Colonnello – In Africa avevo un attendente che a una distanza come questa
avrebbe potuto leggere il giornale... avrebbe potuto, se non fosse stato analfabeta...
Marchi – Vede niente?
Amministratore – Mi pare di sì... (sforzandosi di leggere) c'è scritto:
«Basta».
Avvocato – Sì, «Basta».
Marchi – (turbato) Come: «Basta»?
Avvocato – Probabilmente sarà il pezzo di una scritta. Ho visto altre volte
delle frasi che occupavano tre o quattro cartelli. Bisognerà aspettare che
arrivino anche gli altri.
Amministratore – Eccoli, da quella parte.
Marchi – Ci leggete?
Amministratore – Sì.
Marchi – E c'è scritto? (l'amministratore non risponde. Marchi è impaziente) Avanti,
che cosa c'è scritto?
Ingegnere – C'è scritto: «Basta».
Marchi – (con ansia) E poi?
Ingegnere – «Basta», su tutti.
Marchi – (quasi a se stesso) «Basta»? (a voce alta) Ma perché «Basta»?
(gridando) «Basta» che cosa?... che cosa: «Basta»?
(Un silenzio improvviso. Tutti si guardano in viso, quasi per trovare una
spiegazione. Marchi porta la mano al colletto e si slaccia la cravatta.)
Vecchia Marchi – (improvvisamente nel silenzio) Basta dottore! Voi non fate che
dormire.
(Tutti si voltano per un momento da quella parte. Il dottore si riscuote e si
curva in fretta sulla scacchiera.)
Avvocato – (lentamente) Strano... molto strano.
Maresciallo – (entrando di corsa, credendo di dare una buona notizia) Tutto
bene, signor sindaco; il maggiore Corradi farà partire subito un camion: fra
un'ora al più tardi sarà qui.
Marchi – Ah, sì, fra un'ora... e dove saremo noi fra un'ora?... (spingendolo
verso la finestra) Guardi, guardi che bello spettacolo...
Maresciallo – (confuso) .. ma io, veramente, non so... mi stupisco...
Marchi – Ha letto i cartelli?
Maresciallo – Sì... e che cosa vuol dire?
Marchi – A lei lo domando, che cosa vuol dire? Sono là fermi con le braccia
incrociate... e continuano ad arrivare da tutte le parti... e lei viene a dirmi
che i rinforzi saranno qui fra un'ora. Proprio stamani doveva mandare due
uomini in città?
Maresciallo – Io non potevo prevedere,signor sindaco.
Marchi – (aumentando sempre il tono) Naturalmente... perché un raduno come
questo sarà stato deciso in dieci minuti, vero? Non se ne sarà parlato in
questi giorni? Scommetto che anche i bambini lo sapevano... tutti lo sapevano,
ma lei no, i suoi uomini no... io mi domando che cosa facciano in paese...
tutto il giorno nelle osterie sono capaci di stare, basta andare là per
trovarli...
Maresciallo – (ritrovando un certo coraggio) In ogni modo il nostro servizio è
stato sempre disimpegnato.
Marchi – Macché servizio e servizio. Niente funziona qui da noi. Al mio fattore
hanno vuotato la stalla... che cosa hanno fatto i suoi uomini? Hanno trovato il
ladro forse? E' il paese del bengodi questo per i ladri...
Maresciallo – Mi permetto, signor sindaco...
Signora Marchi – (vivacemente) No, no maresciallo, non difenda i suoi uomini
perché non lo meritano. Mio marito ha ragione. La mia cameriera è stata
fidanzata per un anno con uno dei suoi uomini, quello alto con i baffetti.
Dovrebbe sentire, povera ragazza, che cosa racconta. Sembra impossibile che
esistano uomini simili!
Colonnello – (indicando la piazza) Io credo che prima di preoccuparci dovremmo
sapere con esattezza le loro intenzioni.
Avvocato – Naturalmente. Se dovessimo tremare ogni volta che qualche migliaio
di persone si riuniscono su una piazza...
Colonnello – Prima di tutto: è accaduto qualche avvenimento nazionale o
internazionale che giustifichi una protesta popolare? (all'avvocato) Lei che
stamani era al giornale dovrebbe saperlo meglio di noi.
Avvocato – Nulla, assolutamente nulla.
Colonnello – E qui in paese, caro Marchi, come andiamo?
Marchi – (alzando le spalle e facendo gesti vaghi) Come dobbiamo andare?... Non
bene certo... La guerra è stata come una grandinata su una vigna carica... ci
sono sacrifici da fare... vanno come da tutte le parti le cose qui... Ma la
gente sembra che non si renda conto di questo... Non sa che anche negli altri
paesi si sta male... si è dimenticata che c'è stata la guerra e che ora ci
troviamo in un periodo di crisi... Certo, se non ci fosse tanta
disoccupazione... (guarda verso l'ingegnere) Noi da parte nostra abbiamo fatto
quello che potevamo... Su certe terre dove prima lavoravano dieci famiglie,
oggi sono quindici famiglie che lavorano… (guarda verso l'amministratore) Non è
vero forse? (l'amministratore fa cenno di sì col capo)... Perché quando la
gente lavora queste cose non succedono... e anche se ci sono sacrifici da fare,
si spera sempre in un miglioramento... è come per le bestie: portatele al
lavoro e tutto va bene... lasciatele nella stalla e si ammalano.
Ingegnere – Ho sentito parlare qua e là di un certo pasticcio riguardo a certi
blocchi di case in costruzione...
Marchi – Volete dire dell'incidente delle case popolari?
Ingegnere – (pronto) «Scandalo», questo è il termine che viene usato per questa
faccenda: «lo scandalo delle case popolari».
Marchi – Ho dato ordine di grattare questa rogna per vedere in quali parti ha
attaccato.
Avvocato – (vicino alla finestra) Mi sembra che siano venuti avanti.
(Tutti corrono da quella parte.)
Colonnello – A me sembrano al solito posto.
Marchi – (in ansia) Ma quando potremo sapere che cosa vogliono, perché sono
qui?
Ingegnere – Di solito mandano una delegazione.
Signora Marchi – (improvvisamente) E... se facessimo affacciare gli sposi?
Marchi – (violento) Zitta tu!
Signora Marchi – (piagnucolando) Ma che cosa ho detto di male, Arturo?
Enrico – (correndo verso l'ingegnere, con voce comicamente alterata) Papà,
barrichiamoci!
(Il padre gli dà un'occhiata di compassione e si allontana. Si ode il suono di
un campanello elettrico. Immediato silenzio nella stanza.)
Marchi – La delegazione!
Colonnello – (con tono comicamente militaresco) Tutti ai vostri posti! Guai se
mostriamo di aver paura di loro. Capito? Come se non ci fossimo accorti di
niente... mi raccomando a lei, Marchi... lasci parlare prima loro, e controlli
la sua voce quando risponde... Lei, maresciallo è bene che non si faccia vedere
qui... Passi nell'altra stanza. (il maresciallo esce) Le signore al divano...
Marchi e l'ingegnere vicino alla tavola... io e lei avvocato restiamo qui.
(Tutti ubbidiscono in fretta. Entra Augusto da sinistra per annunciare la
visita.)
Marchi – (in fretta, agitato, senza dargli modo di aprire bocca) Fa passare,
svelto, fa passare!
(Augusto esce.)
Colonnello – No, non così. Marchi, calma le ho detto.
(Alcuni istanti di silenzio, improvvisamente sulla porta appare un prete. Muove
alcuni passi nella stanza, poi si ferma impacciato per quel silenzio.)
Il prete – Chiedo scusa per il ritardo, ma...
Colonnello – E' lei solo reverendo?
Il prete – (stupito) Io solo, perché?
Colonnello – Volevo dire, è entrato qualcuno con lei?
Il prete – (stupito) No, nessuno.
Marchi – (con impeto) Ma le sembra questa la maniera di venire, reverendo?
Il prete – (sbalordito) Ma io... non so... non capisco...
Signora Marchi – (andando verso di lui) Ma lo sa che ci ha fatto paura,
reverendo?
Il prete – Io paura, perché?
Marchi – Ma non ha visto dunque la piazza?
Il prete – La piazza... quale piazza?
Marchi – (scattando) Ma quella, dunque, quella... tutta questa gente non l'ha
vista passando?
Il prete – Ah, sì, sì, ma è qui per il discorso.
Avvocato – Eccone un altro!
Signora Marchi – Lo vedi Arturo? questo discorso deve proprio aver luogo. Te ne
sarai dimenticato: hai la memoria così debole.
Marchi – (con ira) Zitta tu! (al prete) E chi dovrebbe parlare?
Il prete – Non so, ma vedendo questa folla, ho pensato...
Marchi – Invece non c'è nessun discorso.
Il prete – E allora che cosa fanno queste persone?
Marchi – (scoppiando) Anche lei, anche lei, anche lei! Questo è troppo! Ci
viene a domandare che cosa vuole questa gente, lei che arriva di là? ma non ha
sentito niente mentre passava in mezzo a loro?
Il prete – No, niente.
Marchi – E neanche dal loro atteggiamento ha capito qualcosa?
Il prete – Sembravano tutti tranquilli.
Marchi – Tranquilli?! Ha visto quei cartelli? (lo conduce alla vetrata) c'è una
sola parola su tutti: «Basta». E che cosa vuoi dire?
Avvocato – Basta con il governo, con l'autorità costituita...
Ingegnere – ... basta con la giustizia, la civiltà...
Marchi – ... basta con l'ordine, basta con la Chiesa...
(Una pausa.)
Ingegnere – (lentamente) Credo proprio, reverendo, che lei farebbe bene a dire
due parole.
Marchi – (illuminandosi) Già... è un'idea!
Il prete – Due parole a chi?
Ingegnere – Ma, alla folla che c'è sulla piazza.
Signora Marchi – (con entusiasmo) Ma sì, ma sì, reverendo, sarà una cosa
bellissima!
Il prete – Ma, per dire che cosa?
Marchi – (goffamente) Faccia lei, faccia lei... ha bisogno di domandarlo a noi,
forse?
Il prete – Non capisco perché proprio io...
Signora Marchi – Siamo nella settimana di pentecoste...
Il prete – ... io che sono l'ultima persona che deve preoccuparsi per quello
che avviene, l'ultima persona che deve aver paura...
Marchi – (bruscamente) Chi parla di paura? nessuno ha paura qui dentro.
Il prete – No, nessuno... ma io volevo dire...
Marchi – In questo caso, non volendo parlare, è lei che dimostra di avere
paura.
Il prete – (con un certo risentimento) Non ho nulla da temere io. Dico soltanto
che non spetta a me parlare. Se questa fosse la chiesa e davanti questa gente,
allora sì.
Colonnello – In fondo il reverendo ha ragione. Questa folla non è qui per
ascoltare una predica: è la casa del sindaco questa.
Ingegnere – (lentamente) E allora,Marchi, tocca proprio a lei.
Marchi – (di scatto) A me? (si guarda intorno impaurito) ma io non ho niente da
dire.
Ingegnere – Non credo che questo sia importante. L'importante è che «loro»
vogliono sentire qualcosa.
Marchi – Non sono il solo qui dentro... ci sono altri che sanno parlare meglio
di me... l'avvocato, per esempio, lui è abituato a tenere discorsi.
Avvocato – Ma questo sarebbe fuori luogo. A nome di chi dovrei parlare?
Marchi – Che ne so io!... a nome del suo giornale... del suo partito.
Avvocato – No, no Marchi. Questa gente è davanti alla sua casa, la casa del
sindaco. E' il primo cittadino che deve parlare.
Marchi – (con una mano al colletto quasi soffocasse) Ma io... io non ho niente
da dire...
Ingegnere – (insinuante) Pensi bene, Marchi: c'è sempre qualcosa da dire...
Marchi – Niente... niente...
Ingegnere – Non si tratta di un discorso vero e proprio... basterà qualche
parola. Questa folla è troppo calma... la calma che precede l'eccitazione :
bisogna rassicurarla.
Marchi – E in che modo... in che modo?
Ingegnere – Lei diceva bene poco fa. Queste cose non succedono quando si spera
in qualcosa, quando si vede la possibilità di un miglioramento.
Marchi – Ebbene?
Ingegnere – Non c'è nulla, ci pensi bene Marchi, dico non è accaduto nulla in
questi giorni, nei limiti dell'amministrazione comunale, che possa far loro
piacere? Insomma non ha una qualche buona notizia da dare?
Marchi – Niente, assolutamente niente.
Ingegnere – E allora qualche informazione... forse qualche spiegazione...
Marchi – E che cosa dovrei spiegare?
Ingegnere – (scandendo le parole) Ci sarà pure nel comune qualcosa che non ha
funzionato, qualche intoppo burocratico, qualche errore amministrativo...
Marchi – Non ho niente da spiegare io.
Ingegnere – (incalzante)... oppure un «incidente», come lo chiama lei... quello
delle «case popolari», per esempio...
Marchi – (di scatto) Che cosa intende dire?
Ingegnere – Perché non ne parla, Marchi? Questa gente forse è venuta qui per
questo.
Marchi – Abbiamo già stampato un comunicato e tutti l'hanno letto: si stanno
facendo indagini.
Ingegnere – Ma a questa gente non basta, vogliono sentirlo dalla sua voce dove
sono andati a finire quei milioni (comincia a perdere la calma) o forse crede
anche lei come sua moglie, che questa folla sia qui per vedere gli sposi?
Marchi – (aggressivo) Provi lei ad andare al balcone e a parlare sulla chiusura
del suo stabilimento.
Ingegnere – Ne ho parlato decine di volte in fabbrica e nei luoghi opportuni...
qui la cosa è diversa: quelli non sono operai... (con forza) sono cittadini.
Marchi – (come sopra) Che dovrebbero essere al lavoro in questo momento se lei
non avesse chiuso la tessitura.
Ingegnere – (aumentando il tono) Prende la loro parte, ora? E' colpa mia forse
se l'esportazione è ferma, se la guerra ha portato la crisi?
Marchi – (gridando) Ed è mia allora? L'ho voluta io la guerra? (con
intenzione)... non ero un fornitore dell'esercito io.
Ingegnere – Però la tenuta di Torralta non l'ha comprata in tempo di pace.
Marchi – (minaccioso) Che cosa vuol dire?
Colonnello – (corre in mezzo ai due. A voce alta, con energia) Ma che succede?!
Diventate pazzi? Il momento è un po' critico e voi state perdendo la testa... e
quella invece deve sempre funzionare, anzi, quanto più c'è pericolo, tanto più
la testa deve essere a posto. Guai a dimenticare queste cose... (additando la
finestra) «loro» ne approfittano subito... vedete? a spalla a spalla, a gomito
a gomito... non perdono mica tempo a discutere... dicono: andiamo avanti, e
tutti si muovono.
Marchi – (che è corso verso la finestra, agitato) Hanno messo i cartelli in
prima fila. Che cosa faranno ora?
Ingegnere – (preoccupato) Qui bisogna prendere immediatamente una decisione.
Colonnello – Calma ho detto. Credete che tutto sia perduto? che bisogna tirar
giù dalla soffitta il vecchio fucile a polvere o la doppietta da caccia? Per
fortuna ci sono io qui... (sorridendo compiaciuto) Sapete che cosa intendiamo
noi militari con «azione diversiva»?... ora ve ne darò un esempio pratico (al
maresciallo che nel frattempo sarà rientrato nella stanza)... dica un po',
maresciallo, c'è qualche osteria in qualcuna delle strade che portano sulla piazza?
Maresciallo – Certo che ce ne sono... la «Grotta», per esempio...
Colonnello – Quanto è distante dalla piazza questa «Grotta»?
Maresciallo – Poche decine di metri.
Colonnello – In modo che un rumore un po' forte fatto alla «Grotta», potrebbe
essere udito sulla piazza?
Maresciallo – Eh sì... direi di sì.
(Tutti si sono avvicinati e fanno circolo attorno al colonnello.)
Colonnello – (evidentemente soddisfatto di essere al centro dell'attenzione,
lentamente) Lei mi segue, vero Marchi?... e anche lei ingegnere?... Ecco, io
dico maresciallo, se, poniamo, un ubriaco entra alla «Grotta» e, per una
ragione qualsiasi, attacca lite con qualcuno degli avventori, o col padrone
stesso, e magari a un certo punto cava dalla tasca una rivoltella e spara
qualche colpo, colpi a salve, naturalmente, ma non è necessario che gli altri
lo sappiano, e anche i suoi uomini che cercheranno di catturare l'ubriaco
dovranno far finta di non saperlo... (a tutti) Vi immaginate la scena?...
All'improvviso, alle spalle di questa gente, si odono alcuni colpi di
rivoltella... chi sarà... che succede?... Qualcuno corre a vedere... altri
domandano notizie...
Maresciallo – ... l'attenzione si sposta...
Marchi – (traboccante di entusiasmo) Magnifico!
Avvocato – Molto intelligente.
Marchi – (tumultuosamente) Stupendo! Siamo salvi! Colonnello, lei è il nostro
salvatore... Sì perché mentre questa gente si sposterà verso la «Grotta» per
vedere o per sapere, potremo far uscire le macchine dal cancello e saremo
liberi di andarcene tranquillamente. Magnifico! Maresciallo, lei ha capito
perfettamente,vero?
Maresciallo – Sì, perfettamente... ho nelle mani anche l'individuo adatto da
mandare nell'osteria.
Marchi – Quanto tempo le occorre per mettere insieme questo lavoretto?
Maresciallo – Una decina di minuti basteranno.
Marchi – Voli allora... (accompagnandolo verso la porta) Tutto dipende da
lei... (tornando al centro) Colossale, stupendo!
Signora Marchi – Lei, colonnello, meriterebbe una decorazione.
Colonnello – In Africa questi scherzetti erano una mia specialità.
Signora Valdi – E' proprio il caso di domandarsi come abbiamo fatto a perdere
la guerra, con questi comandanti.
Marchi – La faremo noi, colonnello, la proposta per la sua promozione.
Avvocato – Intanto io propongo un brindisi alla sua salute.
Signora Marchi – Ma certo, ma certo... Augusto!
Marchi – (un po' brusco) Lascia stare Augusto per un momento... (entra Augusto)
Augusto, scendi in rimessa e dì agli autisti di tenersi pronti con le macchine:
motore acceso, intesi?
Augusto – Sì signore.
Marchi – Lascia una donna vicino al cancello, pronta ad aprire appena le daremo
l'ordine.
(Augusto si ritira. Entrano le cameriere.)
Signora Marchi – Giovanna, Teresa, servite lo champagne.
Virginia – (irritata) Se dobbiamo andar via, Giovanna e Teresa devono pensare
ai bagagli da portare nella macchina.
Signora Marchi – Ah, è vero, dimenticavo: ci sono i bagagli.
Virginia – (alzandosi, in tono di comando) Anche tu faresti bene a darmi una
mano.
Signora Marchi – Ma certo, piccola,certo.
(Si avviano verso la porta di destra. Enrico fa per seguirle.)
Virginia – (secca) Tu puoi rimanere di qua. Pensa allo champagne.
(Escono. Enrico si avvicina al secchio dello champagne. L'atmosfera si è
rasserenata completamente; la conversazione si è fatta animata. Scoppi di risa.
Il colonnello è ancora al centro dell'attenzione.)
Colonnello – «Signor generale, dissi io, spostare l'artiglieria in questo
momento, significa retrocedere dalle nostre posizioni»... «Eseguite gli ordini»
rispose lui... Otto giorni dopo avevamo perduto quattrocento chilometri.
(Mormorio di disapprovazione. L'ingegnere cerca nel gruppo Marchi e si apparta
con lui.)
Ingegnere – (sorridente) Spero che lei, Marchi, non se la sia presa per le
parole di poco fa.
Marchi – (ridendo e battendo la mano sulla spalla dell'ingegnere) Ma le pare! E
poi, sa, anch'io sono andato un po' più in là... E' il mio carattere... Come il
vino di queste parti: un po' brusco.
(Entrano le cameriere da destra cariche di valigie ed escono di corsa da
sinistra. Dopo di loro entra la signora Marchi che ritorna. al divano vicino
alla signora Valdi.)
Signora Marchi – (drammatica) Creda signora, che proprio mi si spezza il cuore;
non posso rimanere di là a vedere gli ultimi preparativi, è più forte di me.
Signora Valdi – Come la capisco, signora!
Signora Marchi – Qualcosa di simile l'ho provato dieci anni fa, quando Virginia
partì per la Svizzera: andava in Collegio... non è vero Arturo?
Marchi – Sì cara, certo.
Signora Marchi – (cambiando voce) Perché lei forse non sa che Virginia è stata
quattro anni a Zurigo, nel migliore collegio... proprio in quel periodo ha
conosciuto la contessa Valiani...
Signora Valdi – (con interesse) Ah, dica, dica...
(Le cameriere rientrano da sinistra senza bagagli ed escono a destra sempre di
corsa.)
Dottore – Ecco fatto!
Vecchia Marchi – Siete contento perché avete trovato una scappatoia, eh?
Dottore – Come avete detto?
Vecchia Marchi – E' soltanto una scappatoia, non illudetevi troppo.
Dottore – (ridacchiando) Vedremo, vedremo.
Marchi – (ridendo) Sa che cosa mi piacque di più in quel discorso, avvocato?
Quella barzelletta sul cavolo...
Avvocato – Quell'accenno, vuol dire, non barzelletta.
Marchi – Ecco, appunto, com'era?
Avvocato – La cosa più strana è che ci vengano a parlare di riforma agraria,
delle persone che scambierebbero un cavolo con una patata...
Marchi – (ridendo rumorosamente) Sì, proprio così... quando la sentii, dissi
subito: questa è buona... l'avvocato questa volta ha detto una cosa giusta...
Avvocato – (stupito e risentito) Questa volta?
Marchi – (goffamente) Cioè, volevo dire... come le altre.
(Entrano le cameriere da destra cariche di bagagli ed escono di corsa da
sinistra. Dopo di loro entra Virginia che va dalla madre.)
Signora Marchi – Tutto a posto, cara?
Virginia – Sì, terminato. (si volta verso il marito che sta ancora riempiendo i
bicchieri) Ma non hai ancora finito tu?
Enrico – Proprio ora, cara. Ho finito proprio ora.
Signora Marchi – Ma allora, coraggio, che cosa aspettiamo per questo brindisi?
(Tutti si dispongono intorno alla tavola ad eccezione della vecchia e del
dottore che continuano a giocare senza accorgersi di nulla.)
Marchi – (sollevando la coppa) Allora, al nostro salvatore, il nostro caro
colonnello... (gridando) Urrah!
Tutti – Urrah... urrah! (bevono)
(Improvvisamente si odono due colpi di pistola. Virginia getta le braccia al
collo dell'amministratore stringendosi contro di lui.)
Virginia – (tenera e spaventata) Giacomo!
(Tutti guardano verso la finestra ad eccezione della signora Marchi, di Enrico
e della signora Valdi che spalanca gli occhi, volgendosi verso la signora
Marchi.)
Signora Valdi – (stupita) Giacomo?
Signora Marchi – (riacquistando improvvisamente il controllo di se stessa)
Ah... niente di strano... sono cresciuti insieme da bambini... amici
d'infanzia...
(Virginia, sempre attaccata al collo dell'amministratore, volta la testa
lentamente. La signora Valdi guarda Enrico, il figlio guarda la madre e la
suocera, poi gonfia il petto e avanza decisamente verso Virginia, la prende per
un braccio tirandola a sé, quindi fa un breve marionettistico inchino
all'amministratore. Ancora due colpi di rivoltella. Tutti si spostano verso la
vetrata.)
Colonnello – Ci siamo.
(Alcuni istanti di silenzio)
Avvocato – (all'improvviso) Ecco, incominciano a correre.
Marchi – (affannato) Dove?
Avvocato – Là in fondo, non li vede?
Marchi – Sì, sì, ecco; stanno andando tutti da quella parte.
Colonnello – (con tono di condiscendenza) Che le dicevo, Marchi, che le dicevo?
Marchi – Magnifico! (precipitosamente) Giù tutti nelle macchine allora.
Ingegnere – Un momento! Aspettate almeno che il trucco sia riuscito.
Marchi – (con energia) Ma che cosa vuole aspettare? non vede da quella parte?
Ingegnere – Io vedo che da questa non s'è mosso nessuno.
Colonnello – Si muoveranno, non dubiti; si fa presto a conquistare una folla
con il panico o la curiosità.
Avvocato – (dopo un istante di silenzio) In generale però non sembrano troppo
incuriositi o spaventati.
Marchi – Ma che dice? Guardi là in fondo?
Ingegnere – Vedo, vedo... stanno tornando sulla piazza.
Marchi – (violento) Come?... (ansando)... è vero... non corrono più... tornano
indietro, anzi... ma come è possibile?
Colonnello – Incredibile! non avrei mai pensato a una cosa come questa...
(cambiando tono) Caro ingegnere, aveva ragione lei: il trucco non è riuscito.
Il maresciallo non avrà seguito le mie istruzioni.
Marchi – Quell'animale! Chissà che cosa avrà combinato!
Ingegnere – (lentamente) E ora, che cosa facciamo?
Marchi – Bisogna prendere immediatamente una decisione. Non c'è tempo da
perdere. (improvvisamente, con paura) Vengono avanti!
Colonnello – Ma no, sono allo stesso posto di prima.
Marchi – (a voce alta) Vengono avanti, le dico. Guardi i cartelli dove sono
ora.
Colonnello – La mia idea è che ci stiamo preoccupando per qualcosa che non
esiste. Forse questa gente non ha intenzioni cattive.
Marchi – La sua idea, vero? Le conosciamo bene le sue idee, noi.
Ingegnere – (a Marchi, incalzante) Ho detto: che cosa facciamo.
Marchi – (sempre più agitato) Non lo so... non lo so (si asciuga il sudore)...
Bisogna conoscere che cosa vogliono, perché sono venuti qui.
Ingegnere – Non lo legge sui cartelli? «Basta»!
Marchi – (urlando) Ma «Basta» che cosa? che cosa «Basta»?
Ingegnere – (spalanca la vetrata, si ode il brusio della folla) Vada a
domandarlo.
Marchi – (indietreggiando terrorizzato) No, io non parlo... non vado sul
balcone...
Ingegnere – (deciso) Lei deve parlare: non aspettano altro.
Marchi – Non ho niente da dire, io...
Ingegnere – (lo spinge verso la vetrata, quasi minaccioso) Lei deve parlare,
capisce?... prima che sia troppo tardi... Vada... vada! (lo spinge fuori)
Marchi – (appena il sindaco appare al balcone il brusio aumenta, poi cala
rapidamente e si fa silenzio. Marchi si volta e si accorge di essere alla presenza
della folla. Ormai non può più indietreggiare. Parla a fatica con voce rotta
dall'emozione) Cittadini... sono contento di vedervi qui riuniti su questa
piazza... perché ho da dirvi qualcosa che da un pezzo avevo sullo stomaco...
Voi vi lamentate perché in paese le cose non vanno bene... ma la colpa non è
mia... io ho fatto tutto quello che ho potuto... sissignori, e nessuno può dire
il contrario... ho cercato di dare lavoro a quanti più possibile... ma non
basta, la terra non può dare da mangiare a tutti... che ci posso fare io se
questo è un paese povero dove non c'è pane per tutti?... Io sono nato qui e
cresciuto qui e ho visto sempre miseria, sempre... (incomincia il mormorio) Per
le voci, poi, che sono in giro... sulla faccenda... (si asciuga il sudore)...
sulla faccenda delle case... (ritorna il silenzio)... ebbene sono false...
tutte false... la verità l'abbiamo fatta scrivere sui manifesti che avete letto
(ricomincia il mormorio che diventa sempre più forte)... stiamo cercando i
responsabili e li scopriremo... (si ferma impaurito poi continua alzando la
voce)... Dobbiamo sperare che tutto si aggiusti presto... per ora la campagna
promette bene... e se la stagione si manterrà, avremo un buon raccolto...
allora... (la sua voce è ormai coperta da quella della folla, indietreggiando
rientra nella sala)
Ingegnere – (cercando di spingerlo ancora fuori) Avanti... avanti... continui.
Marchi – (si appoggia con le spalle alla vetrata e si passa una mano nel
colletto) No... basta, basta...
Avvocato – Sì, è meglio così. Non ha fatto che irritarli: si stringono tutti
qua sotto.
Marchi – Dove? (si trascina fino alla finestra, poi brancola verso l'ingegnere
e l'afferra per un braccio scuotendolo) Vengono qui.
Ingegnere – (livido per la paura, con voce incerta) E io che c'entro?
Marchi – (perdendo sempre più il controllo della voce e dei gesti) C'entra sì,
perché è lei che cercano...
Ingegnere – Me?... non sono il sindaco, io.
Marchi – Ma è il padrone della fabbrica... vada fuori e parli...
Ingegnere – Io non c'entro, avete capito?
Marchi – (sempre scuotendolo) Dica che riaprirà lo stabilimento, che riassumerà
tutti gli operai... che aumenterà le paghe... quello che vuole dica, ma parli.
Ingegnere – (spaventato) E' un affare che non mi riguarda... non è me che
cercano.
Marchi – Ah, non la riguarda?... operai che hanno lavorato tutta la vita nella
sua sudicia tessitura, buttati sul lastrico come cani, non cercano lei forse?
Ragazze di sedici anni con i polmoni rovinati... vuol sapere quante ne ha
mandate in sanatorio?... famiglie intere ridotte alla disperazione... lo sa che
metà del paese muore di fame?... ma a lei non riguarda, vero?
Ingegnere – (con odio) Ci parli delle sue prodezze adesso...
Marchi – (trascinandolo verso il balcone) Fuori ho detto, fuori!
Ingegnere – (gridando) Il difensore del popolo che ruba dalle casse del
comune...
Marchi – (afferrandolo alla gola come per soffocarlo) Fuori, canaglia, fuori!
(All'improvviso viene dalla piazza, prima fioco, in seguito sempre più forte,
il fischio di alcune sirene. Nella stanza tutti rimangono immobili per alcuni
istanti, poi le teste si volgono verso la vetrata aperta.)
Avvocato – E noi che ce ne eravamo dimenticati!
Marchi – (lascia l'ingegnere. Tutti lentamente si spostano verso la vetrata. Le
sirene delle auto della polizia continuano a suonare, l'urlio della folla
aumenta. Marchi barcolla fino alla finestra, appoggiandosi al davanzale) Sono
arrivati!
Colonnello – Questa sì che è una sorpresa. E chi se l'aspettava?
Marchi – (traboccante di gioia) Sono arrivati!
Avvocato – (ridendo) Guardi che bella spazzata. Altro che il maresciallo…
Colonnello – E come corrono... non scherzano mica quelli. Comunque, io sono
sempre della stessa opinione: quella gente non aveva intenzioni cattive.
Marchi – E che ne sa lei?
Colonnello – Sono rimasti fermi per più di un'ora con le braccia incrociate.
Avvocato – In ogni modo ora si respira meglio.
Signora Marchi – Allora siamo veramente salvi?
Marchi – Giù tutti nelle macchine ora.
Avvocato – Ma per quale ragione? ormai non c'è più alcun pericolo.
Marchi – (ancora incerto) Già... ora non c'è più pericolo.
Signora Marchi – E' già stata rovinata abbastanza questa giornata per fuggire
adesso come ladri.
Avvocato – Quando è cominciata questa faccenda, se non sbaglio, stavamo facendo
un brindisi per gli sposi.
Signora Marchi – Sicuro... il brindisi... (a voce alta) Augusto!... Augusto!
(alla signora Valdi)... ma che smemorati, i nostri piccini stanno per partire e
noi dimenticavamo di brindare alla loro felicità... (indicando il marito e l'ingegnere
che se ne stanno in disparte evitando di guardarsi)... andiamo a scacciare le
ultime nubi.
(La signora Marchi e la signora Valdi vanno dal rispettivi mariti e li
conducono l'uno di fronte all'altro. Marchi e l'ingegnere si guardano, hanno
ancora qualche istante di esitazione, poi l'ingegnere tende le mani e Marchi si
slancia a stringerle.)
Marchi – (rumorosamente) Abbiamo un po' esagerato, mi pare...
Ingegnere – Un po' di nervosismo ha fatto superare un certo limite alle nostre
parole.
Marchi – Da parte mia non ricordo più nulla... «verbi volat» (accennando con la
testa) come direbbe il reverendo...
Ingegnere – Anch'io, caro Marchi, ho dimenticato tutto.
Colonnello – (vicino alla finestra, a voce alta) Pago un milione per ogni
persona che è rimasta sulla piazza.
(Risate generali. Intanto Augusto con le cameriere hanno riempito le coppe.
Fuori continuano i fischi delle sirene.)
Signora Marchi – Il brindisi, il brindisi... Arturo, chiudi la finestra, ti
prego, questi rumori mi dànno un fastidio terribile.
Marchi – Sì cara, certo.
(Mentre il sindaco chiude la finestra e tutti si avvicinano alla tavola, la
signora Marchi si dirige verso la scacchiera e invita la vecchia Marchi ad
alzarsi.)
Vecchia Marchi – (alzandosi, al dottore che si è assopito) Dottore!
Dottore – (svegliandosi di soprassalto) Eh... è finita?... ho già vinto?
Vecchia Marchi – No, non avete vinto. La partita è soltanto sospesa, e
continuerà, state certo.
Dottore – Come avete detto?
Vecchia Marchi – Ho detto che non potrete mai vincere... la vostra sconfitta è
rimandata.
Avvocato – (mentre nella stanza è silenzio) E' con vera commozione che io alzo
il calice in questo lieto giorno...
(Fuori intanto le sirene continuano a fischiare.)
TELA