George Dandin

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Il teatro di Molière è qui presentato nella traduzione di Luigi Lunari, che per la BUR (Biblioteca Universale Rizzoli) ne sta traducendo l’opera omnia.

I testi sono qui pubblicati senza presentazioni o note: gli interessati possono comunque risalire – almeno per i titoli più noti – ai singoli volumetti pubblicati nella BUR, e per vari titoli minori al volume antologico  “Molière – Commedie”, sempre a cura di Luigi Lunari, nella collana “radiciBUR”.

Le traduzioni sono condotte su testi originali  in tutta fedeltà filologica;  ma di alcuni di essi esistono anche versioni e adattamenti – sempre ad opera del sottoscritto Luigi Lunari, in occasione di particolari allestimenti, con interventi drammaturigici e aggiunte di canzoni (come ad esempio per Il Borghese Gentiluomo e per Le Furberie di Scapino). Queste rielaborazioni – ove interessino – si possono leggere chiedendone i testi a Luigi Lunari, tel. 039.883177 o via e-mail luigi.lunari@libero.it


M O L I E R E

GEORGE DANDIN

ovvero

IL MARITO CONFUSO

Traduzione di Luigi Lunari

Copyright  Luigi Lunari Via Volturno 80  20047 Brugherio (MB)

Tel. +39.039.883177    e.mail   luigi.lunari@libero.it


PERSONAGGI

GEORGE DANDIN,ricco contadino,marito di Angelica.

ANGELICA, moglie di George Dandin e figlia del signor di Sotenville.

IL SIGNOR DI SOTENVILLE, gentiluomo di campagna, padre di Angelica.

LA SIGNORA DI SOTENVILLE, sua moglie.

CLITANDRO, innamorato di Angelica.

CLAUDINA, cameriera di Angelica.

LUBIN, contadino, servitore di Clitandro.

COLIN, valletto di George Dandin.

La scena è davanti alla casa di George Dandin.


ATTO I

I – GEORGE DANDIN

Ah, bell’affare davvero una moglie nobile! E proprio una bella

lezione il mio matrimonio per tutti i contadini che vogliono salire

di grado e imparentarsi, come ho fatto io, con la famiglia di un

gentiluomo! La nobiltà in sé è anche una buona cosa, degna

senz’altro di considerazione; ma si tira dietro tante di quelle disgraziate

circostanze che sarebbe bene starsene alla larga. Su

questo argomento mi sono fatto esperto a mie spese, e so benissimo

qual è l’andazzo dei nobili quando ci fanno entrare a far

parte, gente come noi, delle loro famiglie. Con noi come persone

il rapporto è ridotto al minimo; i nostri soldi, sposano. E io avrei

fatto meglio, eccome, a sposarmi una brava contadinotta, invece

di andarmi a prendere una moglie che si sente superiore a me,

che si vergogna di portare il mio nome, e che pensa che tutti i

miei soldi non bastino ancora a comperarmi il rango di marito

suo. George Dandin, George Dandin, hai fatto una stupidaggine

che è la più grande che esista! Ormai casa mia è un inferno per

me, e mai che vi torni senza trovare un qualche guaio.

II – GEORGE DANDIN, LUBIN

GEORGE DANDIN (vedendo Lubin che esce da casa sua) Che diavolo

ci è andato a fare quello lì in casa mia?

LUBIN Oh, uno che mi guarda.

GEORGE DANDIN Non mi conosce.

LUBIN Sospetta qualcosa.

GEORGE DANDIN Beh, sembra che faccia fatica a salutare.

LUBIN Non vorrei che andasse a dire in giro che m’ha visto uscire

di lì.

GEORGE DANDIN Buongiorno.

LUBIN Servo vostro.

GEORGE DANDIN Voi non siete di qui, se non sbaglio.

LUBIN No, sono venuto qui soltanto per la festa di domani.

GEORGE DANDIN Ah! Ditemi un po’ per piacere: venite da quella

casa?

LUBIN Ssst!

GEORGE DANDIN Come?

LUBIN Zitto!

GEORGE DANDIN Ma cosa c’è?

LUBIN Silenzio! Guai a dire che m’avete visto uscire di lì.

GEORGE DANDIN Perché?

LUBIN Oh dio, perché sì!

GEORGE DANDIN Ma insomma!

LUBIN Piano. Non vorrei che qualcuno ci sentisse.

GEORGE DANDIN Ma no, ma no.

LUBIN Il fatto è che sono andato a parlare alla padrona di quella

casa, da parte di un certo signore che le fa il cascamorto; e

questo non lo si deve sapere in giro. Capito?

GEORGE DANDIN Capito.

LUBIN Tutto qui. Mi hanno raccomandato di stare attento a che

nessuno mi veda, dunque vi prego se non altro di non dire a

nessuno che mi avete visto.

GEORGE DANDIN Me ne guarderò bene.

LUBIN Io ci tengo a fare le cose in tutta segretezza, come mi è

stato raccomandato.

GEORGE DANDIN Mi pare giusto.

LUBIN Il marito, a quanto dicono, è un tipo gelosissimo che non

vuole che nessuno faccia la corte a sua moglie, e farebbe il diavolo

a quattro se questa storia gli arrivasse alle orecchie. Capite

quel che intendo dire?

GEORGE DANDIN Capisco benissimo.

LUBIN Bisogna proprio che lui non ne sappia niente.

GEORGE DANDIN Certamente.

LUBIN L’idea è quella di fargliela senza che se ne accorga. Mi

seguite?

GEORGE DANDIN Vi seguo benissimo.

LUBIN Se voi andaste in giro a dire che mi avete visto uscire da

casa sua, rovinereste tutto. Afferrate il concetto?

GEORGE DANDIN Naturalmente.Ah! Come dite che si chiama quel

signore che vi ha mandato qui?

LUBIN È il signore del nostro paese, il Visconte di coso... Accidenti!

Non riesco mai a ricordarmi quel diavolo d’un nome. Il

signor Cli... Clitandro.

GEORGE DANDIN Sarebbe quel giovane gentiluomo che abita...

LUBIN Sì, dove ci sono quegli alberi.

GEORGE DANDIN (a parte) Ecco perché qualche giorno fa quel damerino

è venuto ad abitare qui di fronte; ho avuto buon naso, allora,

perché questa vicinanza mi ha dato subito qualche sospetto.

LUBIN Perdiana! È la più brava persona che si sia mai vista! Mi

ha dato tre monete d’oro soltanto per andare a dire a quella

donna che lui è innamorato di lei, e che non chiede che il grande

onore di poterle parlare. Ditemi voi che razza di fatica è, per

pagarmela così bene; e che cos’è al confronto una giornata di

lavoro che mi rende soltanto dieci soldi.

GEORGE DANDIN Ma insomma, l’avete fatta la vostra ambasciata?

LUBIN Sì, ho trovato là dentro una certa Claudina, che ha capito

al volo quel che volevo, e mi ha fatto subito parlare con la sua

padrona.

GEORGE DANDIN (a parte) Ah, lazzarona di una serva!

LUBIN Perdiana! È proprio una brava ragazza in gamba quella

Claudina; siamo subito diventati amici, e basta che lei lo voglia,

e ci si sposa.

GEORGE DANDIN Ma la padrona di casa che cosa ha risposto a

quel signore della corte?

LUBIN Mi ha detto di dirgli...un momento, non so se riuscirò a ricordarmi

bene tutto quanto... che gli è molto obbligata per i sentimenti

che lui le dimostra, ma che stia attento a non far capire niente a

nessuno, perché suo marito è un tipo un po’ strambo, e che bisognerà

inventare qualcosa perché si possano trovare a quattr’occhi.

GEORGE DANDIN (a parte) Ah, disgraziata di una moglie!

LUBIN Perdiana! Ci sarà da divertirsi; perché il marito mai si accorgerà

dell’intrallazzo, e questo è il bello; che con tutta la sua

gelosia, gliela faremo in barba: vero o no?

GEORGE DANDIN Vero.

LUBIN Addio. E acqua in bocca. Mantenete il segreto, che il marito

non lo venga a sapere.

GEORGE DANDIN Sì, sì.

LUBIN Quanto a me, io faccio finta di niente. Sono un furbo incredibile,

io, nessuno si immaginerà mai che io c’entri per qualcosa.

III – GEORGE DANDIN

Bene! Adesso lo vedi. George Dandin, come ti tratta tua moglie.Ecco

cosa succede ad aver voluto sposare una nobildonna: ti sistemano

di barba e capelli, e tu non te ne puoi neanche vendicare, perché la

nobiltà ti lega le mani. Quando si è di pari grado, l’onore di un marito

è libero se non altro di offendersi e di reagire; e se tua moglie fos-

se una contadina avresti adesso carta bianca per farti giustizia a suon

di bastonate. Ma tu hai voluto gustare il sapore della nobiltà: si vede

che ti pesava esser padrone a casa tua.Ah, scoppio dalla rabbia, mi

prenderei a schiaffi! Ma come! Quella svergognata sta a sentire le

dichiarazioni d’amore di un damerino, e addirittura gli promette di

contraccambiarlo! Perbacco, un’occasione di questo genere non me

la voglio perdere.Bisogna che vada subito da suo padre e da sua madre,

a far le mie rimostranze, in modo che mi siano testimoni, ad ogni

buon conto, di tutti i motivi di amarezza e di risentimento che la loro

figlia mi procura. Ma eccoli qui tutti e due, giusto a proposito.

IV – IL SIGNORE e LA SIGNORA DI SOTENVILLE, GEORGE DANDIN

IL SIGNOR DI SOTENVILLE Che cosa c’è, mio caro genero? Vi vedo

tutto agitato.

GEORGE DANDIN E con tutte le ragioni, perché...

LA SIGNORA DI SOTENVILLE Dio mio, genero nostro caro, mi

sembrate davvero un po’ poco educato: aggredire così la gente

senza prima neppure salutarla!

GEORGE DANDIN Parola mia, mia cara suocera, è che ho ben altre

cose per la testa, e...

LA SIGNORA DI SOTENVILLE Ancora! Possibile, genero nostro caro,

che ancora non abbiate capito qual è il vostro posto, e che

proprio non si riesca a insegnarvi come ci si comporta con persone

di qualità?

GEORGE DANDIN Come?

LA SIGNORA DI SOTENVILLE Dunque non la smetterete mai di

indirizzarvi a me con quel «mia cara suocera», così confidenziale,

e mai vi abituerete a chiamarmi «Madame»?

GEORGE DANDIN Perdinci, se voi mi chiamate mio caro genero

mi sembra che anch’io possa chiamarvi mia cara suocera!

LA SIGNORA DI SOTENVILLE Se è per questo, non è assolutamente

la stessa cosa. Prendete nota, per piacere, che non è facoltà

vostra servirvi di quell’espressione con una persona del mio

rango; e che per quanto siate nostro genero, tra voi e noi corre

una grande differenza, e voi dovete stare al vostro posto.

IL SIGNOR DI SOTENVILLE Basta così, amica mia, lasciamo perdere.

LA SIGNORA DI SOTENVILLE Dio mio, signor di Sotenville, veramente

siete il solo al mondo a essere così indulgente; mai che

sappiate farvi dare dagli altri quel che pur vi è dovuto!

IL SIGNOR DI SOTENVILLE Perbacco, perdonate, ma quanto a questo

nessuno può aver niente da insegnarmi: venti volte almeno

in vita mia ho dimostrato nel più deciso dei modi che non sono

uomo da demordere di fronte alla minima delle mie pretese.Mi

pare sufficiente avergli dato un piccolo avvertimento. Informateci

dunque, mio caro genero, di quel che avete per il capo.

GEORGE DANDIN Dato dunque che le cose vanno dette con franchezza

vi dirò, signor di Sotenville, che ho buoni motivi per...

IL SIGNOR DI SOTENVILLE Calma un momento, mio caro genero.

Ricordatevi che non è rispettoso chiamare una persona con il

suo nome, e che quando qualcuno è più in alto di noi bisogna

dirgli «Signore» e basta.

GEORGE DANDIN E va bene! Signore e basta, senza signor di Sotenville,

devo dirvi che mia moglie mi dà motivo...

IL SIGNOR DI SOTENVILLE Piano, piano! Ricordatevi anche che

non dovete dire «mia moglie» quando parlate di nostra figlia.

GEORGE DANDIN Divento matto! Come, mia moglie non è mia

moglie?

LA SIGNORA DI SOTENVILLE Sì, genero nostro caro, è vostra moglie;

ma non vi è permesso chiamarla in questo modo, come invece sareste

perfettamente libero di fare se aveste sposato una vostra pari.

GEORGE GANDIN Ah, George Dandin, dove ti sei cacciato? Beh,

per piacere, mettete da parte per un momento tutta la vostra

nobiltà, e rassegnatevi a sentirmi parlare come so. Al diavolo

tutte le regole di tutte queste storie! Quel che voglio dirvi è che

non sono per niente soddisfatto del mio matrimonio.

IL SIGNOR DI SOTENVILLE E la ragione di ciò, mio caro genero?

LA SIGNORA DI SOTENVILLE Come! Parlare così di una cosa da

cui avete tratto così grandi vantaggi?

GEORGE DANDIN Ma quali vantaggi, Madame, visto che Madame

deve essere! La faccenda ha giovato a voi, perché senza di

me i vostri affari, col vostro permesso, sarebbero andati in malora,

e i miei soldi sono serviti a tappare dei bei buchi eccome!

Ma io, che vantaggi ho avuto, ditemelo un po’, salvo quello di

allungarmi il nome, così che invece di George Dandin, grazie a

voi, ho ricevuto il titolo di George de la Dandinière?

IL SIGNOR DI SOTENVILLE E non conta niente per voi, mio caro

genero, l’onore d’esservi imparentato con la casa dei Sotenville?

LA SIGNORA DI SOTENVILLE E con quella della Prudoterie, dai

cui rami ho l’onore di discendere; titolo trasmissibile per linea

femminile, onde i vostri figli, in virtù di questo privilegio, saranno

dei veri nobili?

GEORGE DANDIN Sì, questo va bene, i miei figli saranno dei veri

nobili. Io intanto però sarò cornuto, se qualcuno non fa qualcosa.

IL SIGNOR DI SOTENVILLE Come sarebbe a dire,mio caro genero?

GEORGE DANDIN Sarebbe a dire che vostra figlia non si comporta

come dovrebbe comportarsi una moglie, e fa cose che van

contro il mio onore.

LA SIGNORA DI SOTENVILLE Un momento! State attento a quel

che dite. Mia figlia discende da una stirpe adorna d’ogni

virtù, e mai potrebbe indursi a far cosa da cui l’onestà si senta

ferita. Nella famiglia della Prudoterie sono più di trecent’anni

che non si nota donna la quale, grazie a dio, abbia

fatto parlare di sé.

IL SIGNOR DI SOTENVILLE Perbacco, tra i Sotenville non è mai

esistita donna che sia stata vista civettare; e tanto il coraggio è

retaggio dei maschi, quanto la castità delle femmine.

LA SIGNORA DI SOTENVILLE Abbiamo avuto in famiglia una Jacqueline

de la Prudoterie che si è rifiutata di essere l’amante di

un duca, pari del regno, che governava la nostra provincia.

IL SIGNOR DI SOTENVILLE C’è stata una Mathurine de Sotenville

che ha rifiutato ventimila scudi, offerti da un favorito del re che

altro non le chiedeva che il favore di parlare con lei.

GEORGE DANDIN Beh, vostra figlia non è così difficile, o comunque

lo è diventata da quando è con me.

IL SIGNOR DI SOTENVILLE Spiegatevi meglio, mio caro genero.

Non saremo certo noi a difenderla ove si comporti male, e saremo

anzi i primi, sua madre ed io, a rendervi giustizia.

LA SIGNORA DI SOTENVILLE Noi non tolleriamo leggerezze in

materia d’onore, e nostra figlia è stata educata nella massima severità

possibile.

GEORGE DANDIN Tutto quel che posso dirvi è che c’è qui un gentiluomo,

che voi avete visto, e si è messo a corteggiarla, alla faccia

mia, facendole arrivare anche delle dichiarazioni d’amore

che lei è stata a sentire di buon grado.

LA SIGNORA DI SOTENVILLE Giusto iddio, la strangolerei con le

mie stesse mani se mai avesse a tralignare dall’onestà di cui sua

madre le ha dato l’esempio.

IL SIGNOR DI SOTENVILLE Perbacco, la passerei da parte a parte

con la mia spada, lei e il suo cascamorto, se mai si desse ch’ella

ha macchiato il suo onore.

GEORGE DANDIN Io vi ho detto quel che sta succedendo per protestare

con voi e chiedervi soddisfazione per tutta questa storia.

IL SIGNOR DI SOTENVILLE Non datevene pensiero, ve la farò dare

da tutti e due: sono in grado di stringere le briglie al collo di

chicchessia. Ma siete ben sicuro di quel che dite?

GEORGE DANDIN Sicurissimo.

IL SIGNOR DI SOTENVILLE Comunque state attento: perché tra

gentiluomini queste questioni sono alquanto delicate, e bisogna

badar bene a non fare passi falsi.

GEORGE DANDIN Quel che vi ho detto, ripeto, è la pura verità.

IL SIGNOR DI SOTENVILLE Amica mia, andate a sentire vostra figlia,

mentre io, assieme a mio genero, andrò a sentire quell’uomo.

LA SIGNORA DI SOTENVILLE Ma è mai possibile, amico mio, che

ella sia giunta a tal punto dopo quell’esempio di saggezza e di

onestà che io, come voi stesso sapete, sono stata per lei? (Esce)

IL SIGNOR DI SOTENVILLE Adesso faremo piena luce su tutto. Seguitemi,

mio caro genero, e non preoccupatevi.Vedrete di quale

ardore noi sappiamo accenderci quando si toccano coloro

che ci sono vicini.

GEORGE DANDIN Eccolo che viene verso di noi.

V – IL SIGNOR DI SOTENVILLE, CLITANDRO, GEORGE DANDIN

IL SIGNOR DI SOTENVILLE Signore, mi conoscete voi?

CLITANDRO No, signore, ch’io sappia.

IL SIGNOR DI SOTENVILLE Il mio nome è barone di Sotenville.

CLITANDRO Me ne rallegro.

IL SIGNOR DI SOTENVILLE Un nome ben noto a corte, tanto più

che da giovane ebbi l’onore di segnalarmi tra i primi alla sfortunata

coscrizione di Nancy.3

CLITANDRO Complimenti.

IL SIGNOR DI SOTENVILLE Signore, a mio padre Jean-Gilles di

Sotenville toccò la gloria di assistere al malaugurato grande assedio

di Montauban.

CLITANDRO Ne gioisco.

IL SIGNOR DI SOTENVILLE E uno dei miei avi, Bertrand de Sotenville,

fu circondato ai tempi suoi da tanta stima che gli fu

permesso vendere ogni bene onde partire per la Terrasanta.5

CLITANDRO Non ne dubito.

IL SIGNOR DI SOTENVILLE Mi è stato riferito, signore, che vi siete

invaghito e che corteggiate una giovane signora, che è mia figlia,

e per la quale naturalmente mi premuro, come per l’uomo

che qui vedete e che ha l’onore di essermi genero.

CLITANDRO Chi, io?

IL SIGNOR DI SOTENVILLE Sì. E sono lieto di poter parlare con

voi onde averne, con vostra licenza, ogni possibile chiarimento.

CLITANDRO Ecco invero una ben strana maldicenza. Chi vi ha

detto questo, signore?

IL SIGNOR DI SOTENVILLE Qualcuno che ritiene d’averne certezza.

CLITANDRO Quel qualcuno mente. Sono un gentiluomo. Mi credete

voi capace, signore, di un’azione tanto vile? Io corteggiare

la giovane e bella persona che ha l’onore di essere la figlia del

signor barone di Sotenville? Troppa è la reverenza che ho per

voi, e troppo, signore, sono servo vostro. Chiunque sia stato a

dirvelo, quegli è uno sciocco.

IL SIGNOR DI SOTENVILLE Su, mio caro genero.

GEORGE DANDIN Come?

CLITANDRO È uno zoticone e un furfante.

IL SIGNOR DI SOTENVILLE Rispondete.

GEORGE DANDIN Rispondete voi.

CLITANDRO Se sapessi chi è stato, gli bucherei la pancia con la

spada in vostra presenza.

IL SIGNOR DI SOTENVILLE Non sostenete dunque la vostra tesi?

GEORGE DANDIN È altro che sostenuta: è vera!

CLITANDRO È vostro genero, signore, che...

IL SIGNOR DI SOTENVILLE Sì, è stato lui a lamentarsene con me.

CLITANDRO Certamente può ringraziare il privilegio d’essere

vostro, poiché senza questo saprei ben io insegnargli a fare oggetto

di simili discorsi una persona quale io sono.

VI – IL SIGNORE e LA SIGNORA DI SOTENVILLE, ANGELICA,

CLITANDRO, GEORGE DANDIN, CLAUDINA

IL SIGNOR DI SOTENVILLE Diciamo pure le cose come stanno, la

gelosia è una cosa ben strana! Ho portato qui mia figlia per

chiarire la questione alla presenza di tutti.

CLITANDRO Siete stata dunque voi, signora, a dire a vostro marito

che io sono innamorato di voi?

ANGELICA Io? E perché mai gliel’avrei detto? È forse vero? Vorrei

tanto vederlo davvero, che voi foste innamorato di me. Cimentatevi,

vi prego, avrete il premio che vi meritate. È proprio quello che

vi consiglio di fare. Provate a ricorrere, tanto per vedere, a tutti i

raggiri degli innamorati: provate pure, ve ne prego, a inviarmi ambasciate,

a scrivermi segretamente letterine dolci, a spiare i momenti

in cui mio marito non c’è, o le occasioni in cui esco, per riuscire

a parlarmi del vostro amore. Non avrete che da farvi avanti, e

io vi prometto che vi sarete ricevuto come si conviene.

CLITANDRO Eh, su, su, signora, andiamoci piano! Non occorre

darmi tante lezioni, e scandalizzarvi tanto. Chi vi dice che io

pensi ad amarvi?

ANGELICA Che cosa posso sapere, io, di quello che mi si racconta?

CLITANDRO Dicano pure quello che vogliono: ma voi sapete se

mai v’ho parlato d’amore incontrandovi.

ANGELICA Dovevate farlo, sareste stato il benvenuto.

CLITANDRO Vi assicuro che da me non avete nulla da temere;

non sono uomo da causare dispiaceri a una bella signora, e ho

troppo rispetto per voi e per i vostri signori genitori, per lasciarmi

prendere dall’idea di innamorarmi di voi.

LA SIGNORA DI SOTENVILLE E allora, avete visto?

IL SIGNOR DI SOTENVILLE Siete stato soddisfatto, mio caro genero.

Che cosa dite adesso?

GEORGE DANDIN Dico che queste sono favole buone per chi dorme

in piedi; che quel che so, lo so io, e che visto che le cose bisogna

dirle, lei ha appena ricevuto un’ambasciata da parte di lui.

ANGELICA Io l’avrei ricevuta?

CLITANDRO Io gliel’avrei mandata?

ANGELICA Claudina.

CLITANDRO È vero?

CLAUDINA Parola mia, mai sentita una bugia simile!

GEORGE DANDIN Taci tu, carogna che non sei altro! So cose anche

di te: sei tu, poco fa, che hai portato il corriere fin da lei!

CLAUDINA Chi, io?

GEORGE DANDIN Sì, tu. E non far tanto la santarellina.

CLAUDINE Ahimè, davvero il mondo al giorno d’oggi è colmo di

cattiveria, per sospettare così di me, che sono l’innocenza fatta

persona!

GEORGE DANDIN Sta zitta, falsona. Tu fai l’acqua cheta, ma è

tanto tempo che ti conosco: tu sei una ruffiana.

CLAUDINA Signora, davvero...?

GEORGE DANDIN Sta zitta, t’ho detto, tu che potresti anche finire

col pagarla per tutti; tanto più che tu non sei di famiglia nobile.

ANGELICA È questa una così grande impostura, e che tanto ferisce

il mio cuore, che neppure trovo la forza di rispondervi. Davvero è

una cosa orribile sentirsi accusata dal proprio marito, quando non

si fa nulla che sia men che lecito.Ahimè, se mi si può rimproverare

qualcosa è semmai il fatto d’esser troppo buona con lui!

CLAUDINA Non c’è dubbio.

ANGELICA La mia disgrazia è tutta nel troppo riguardo che mi faccio

per mio marito; e piacesse al cielo che io fossi in grado di far

davvero buon viso, come lui dice, alle galanterie di qualcun altro!

Non sarei tanto da compiangere.Addio: mi ritiro, poiché non posso

tollerare oltre d’essere insultata in questo modo. (Esce)

LA SIGNORA DI SOTENVILLE Eh sì, voi non vi meritate la moglie

onesta che vi è stata data.

CLAUDINA Parola mia, meriterebbe che lei gli facesse dire la verità;

e se io fossi al suo posto, non starei tanto lì a discutere. Sì, signore,

per punirlo dovete davvero far la corte alla mia signora.

Dateci dentro, ve lo dico io, e sarà fatica ben impiegata; e io mi

offro al vostro servizio, visto che già mi hanno accusata d’esserlo.

IL SIGNOR DI SOTENVILLE Mio caro genero, tutte queste cose ve

le siete meritate: il vostro modo di fare vi ha messo tutti contro.

LA SIGNORA DI SOTENVILLE Su, pensate d’ora in avanti a trattar

meglio una nobildonna come vostra moglie, e badate bene a

non prendere più cantonate di questo genere.

GEORGE DANDIN È una cosa che fa impazzire: avere torto quando

si ha ragione.

CLITANDRO Signore, avete visto di quale ingiusta accusa sono

stato oggetto: siete uomo che ben conosce le massime del codice

d’onore, e vi domando pertanto ragione dell’affronto che mi

è stato fatto.

IL SIGNOR DI SOTENVILLE Questo è giusto, fa parte delle regole.

Su, genero mio: date soddisfazione al signore.

GEORGE DANDIN Come, soddisfazione?

IL SIGNOR DI SOTENVILLE Sì, è di prammatica, poiché l’avete accusato

a torto.

GEORGE DANDIN Su questo «accusato a torto» io però non sono

affatto d’accordo: e so io quel che ne penso.

IL SIGNOR DI SOTENVILLE Non importa. Qualsiasi cosa voi possiate

continuare a pensare, il signore ha negato.Tanto basta per

la spiegazione che gli era stata chiesta: e nessuno può dichiararsi

insoddisfatto quando qualcuno nega.

GEORGE DANDIN Quindi se lo trovo a letto con mia moglie, basta

che lui neghi e io devo ritenermi soddisfatto.

IL SIGNOR DI SOTENVILLE Inutile discutere. Presentategli le vostre

scuse, come vi dico io.

GEORGE DANDIN Io dovrei fargli anche le scuse, dopo che...?

IL SIGNOR DI SOTENVILLE Avanti, insomma! C’è poco da tergiversare.

E non è neanche il caso che abbiate paura di esagerare,

dato che sono qui io a guidarvi.

GEORGE DANDIN Io non intendo...

IL SIGNOR DI SOTENVILLE Perdiana, genero mio, non fatemi

montar la bile, altrimenti mi metterò con lui contro di voi. Su,

lasciatevi comandare da me.

GEORGE DANDIN Ah, George Dandin!

IL SIGNOR DI SOTENVILLE Berretto in mano, come prima cosa. Il

signore è nobile, e voi non lo siete.

GEORGE DANDIN Divento matto.

IL SIGNOR DI SOTENVILLE Ripetete con me: «Signore».

GEORGE DANDIN «Signore.»

IL SIGNOR DI SOTENVILLE (vede che suo genero fa fatica ad obbedirgli)

«Vi chiedo perdono.» Ah!

GEORGE DANDIN «Vi chiedo perdono.»

IL SIGNOR DI SOTENVILLE «Per i cattivi pensieri che ho avuto su

di voi.»

GEORGE DANDIN «Per i cattivi pensieri che ho avuto su di voi.»

IL SIGNOR DI SOTENVILLE «Ma non avevo l’onore di conoscervi.»

GEORGE DANDIN «Ma non avevo l’onore di conoscervi.»

IL SIGNOR DI SOTENVILLE «E vi prego di credermi.»

GEORGE DANDIN «E vi prego di credermi.»

IL SIGNOR DI SOTENVILLE «Vostro servitore umilissimo».

GEORGE DANDIN Volete che sia servitore di un uomo che mi

vuol fare cornuto?

IL SIGNOR DI SOTENVILLE (minacciandolo ancora) Ah!

CLITANDRO Così può bastare, signore.

IL SIGNOR DI SOTENVILLE No, voglio che completi la frase, e che

tutto sia in debita forma. «Vostro servitore umilissimo.»

GEORGE DANDIN «Vostro servitore umilissimo.»

CLITANDRO Signore, anch’io sono servo vostro con tutto il mio

cuore, e mi impegno a dimenticare tutto quel che è successo. (Al

signor di Sotenville) Quanto a voi, signore, vi porgo il mio saluto,

rammaricandomi per il piccolo fastidio che avete dovuto subire.

IL SIGNOR DI SOTENVILLE Vi bacio le mani; e quando vorrete sarete

ospite mio gradito per una caccia alla lepre.

CLITANDRO Troppo grande è la grazia che mi fate. (Esce)

IL SIGNOR DI SOTENVILLE Visto, mio caro genero, come si conducono

le cose? Addio. E state tranquillo: siete entrato a far

parte di una famiglia che mai vi farà mancare il proprio appoggio,

e che non permetterà a nessuno di farvi torto. (Esce)

VII – GEORGE DANDIN

Ah, io...Te la sei voluta, te la sei voluta, George Dandin, te la sei voluta,

questa ti sta bene, ed eccoti sistemato a dovere; hai avuto esattamente

quello che ti meriti. Ma adesso su, si tratta soltanto di aprire

gli occhi a suo padre e a sua madre, e può darsi che si trovi il modo.

ATTO II

I – CLAUDINA, LUBIN

CLAUDINA Sì, l’ho capito subito che non potevi che essere stato

tu. L’hai detto a qualcuno, e questo qualcuno l’ha riferito al padrone.

LUBIN Parola mia! Solo un accenno ne ho fatto, per caso, a un tizio,

perché non andasse a dire in giro che mi aveva visto uscire

di casa. Si vede proprio che la gente, in questo paese, è una gran

chiacchierona!

CLAUDINA Bisogna dire che questo signor Visconte li sceglie bene

i suoi uomini, se ha preso te come ambasciatore! Si è servito

proprio della persona giusta.

LUBIN Va bene, la prossima volta sarò più furbo e mi starò più

attento.

CLAUDINA Sì, sì, sarebbe ora.

LUBIN Adesso non parliamone più. Senti una cosa.

CLAUDINA Cos’è che devo sentire?

LUBIN Volta un po’ la faccia verso di me.

CLAUDINA Ecco, e allora?

LUBIN Claudina.

CLAUDINA Cosa c’è?

LUBIN Eh dài, come se non sapessi quel che voglio dire!

CLAUDINA Io non so niente.

LUBIN Accidenti! Io ti amo.

CLAUDINA Davvero?

LUBIN Sì, che il diavolo mi porti! E tu puoi anche credermi, visto

che te lo giuro.

CLAUDINA Evviva.

LUBIN Io, quando ti guardo, mi sento tutto rimescolare dentro.

CLAUDINA Ne sono contenta.

LUBIN Ma come fai per essere così bella?

CLAUDINA Faccio come fanno le altre.

LUBIN Sai una cosa? In quattro e quattr’otto la pappa è fatta: se

vuoi, tu sarai mia moglie, io sarò tuo marito, e tutti e due insieme

saremo marito e moglie.

CLAUDINA E poi magari sarai geloso come il mio padrone.

LUBIN Nient’affatto.

CLAUDINA Io, i mariti sospettosi li odio.Voglio un marito che

non prenda mai paura qualsiasi cosa succeda, pieno di fiducia

in me, e così sicuro della mia onestà da non agitarsi neanche se

mi vedesse in mezzo a trenta uomini.

LUBIN Bene: io sarò proprio così!

CLAUDINA Non c’è cosa più stupida a questo mondo che non fidarsi

della moglie, e continuare a tormentarla. La verità della storia

è che così non ci si guadagna niente; anzi, è proprio questo

che ci porta a pensare al male, e il più delle volte sono proprio i

mariti che con il chiasso che fanno diventano quello che sono.

LUBIN Benissimo; io ti darò il permesso di fare tutto quello che

vuoi.

CLAUDINA Così bisogna fare per non essere traditi. Se un uomo

si mette nelle nostre mani, noi ci prendiamo soltanto quel

poco di libertà che ci occorre. Succede come con quelli che

aprono la loro borsa e ci dicono: «Accomodatevi». Noi ne approfittiamo

con misura e ci accontentiamo di quel che è giusto.

Ma quelli che cercano invece di menarci per il naso, noi ce

la mettiamo tutta per pelarli senza la minima pietà.

LUBIN Bene: sarò di quelli che aprono la borsa, basta che tu mi

sposi.

CLAUDINA Beh, beh, vedremo.

LUBIN Vieni qui, Claudina.

CLAUDINA Che cosa vuoi?

LUBIN Vieni qui, ti dico.

CLAUDINA Ehi, piano, guardare e non toccare!

LUBIN Eh, dài, facciamo un po’ d’amicizia.

CLAUDINA Lasciami stare, ti dico, non mi piacciono gli scherzi.

LUBIN Claudina.

CLAUDINA Ahi!

LUBIN Ah, come sei sgarbata con un pover’uomo. Su, non è bello

respingere così la gente! Non ti vergogni a essere così bella e

a non lasciarti neanche accarezzare un po’? Oh là!

CLAUDINA Ti do un pugno sul naso.

LUBIN Oh, senti che bestia, che selvaggia! Puah! Crudele che

non sei altro.

CLAUDINA Tu ti prendi troppa confidenza.

LUBIN Solo un bacino, in acconto sul matrimonio.

CLAUDINA No, grazie, molto obbligata.

LUBIN Claudina, per piacere, come una caparra.

CLAUDINA Eh nossignore, ci sono già cascata una volta. Addio.

E va’ pure a dire al signor Visconte che penserò io a consegnare

il suo biglietto.

LUBIN Addio, bella brutta bestia!

CLAUDINA Che bella dichiarazione d’amore!

LUBIN Addio, cuore di pietra, di sasso, di roccia, e di tutto quello

che c’è di più duro al mondo.

CLAUDINA Vado a consegnare nelle mani della mia padrona...

Ma eccola qui con suo marito. Tiriamoci un po’ da parte, e

aspettiamo che sia sola.

II – GEORGE DANDIN, ANGELICA, CLITANDRO

GEORGE DANDIN No, no, non è così facile ingannarmi, e io sono

fin troppo sicuro che quel che m’han raccontato è vero.Ci vedo

meglio di quanto voi crediate, e non mi lascio certo incantare

da tutte le vostre chiacchiere.

CLITANDRO Ah, eccola! Ma c’è con lei suo marito.

GEORGE DANDIN Al di là di tutte le vostre smorfie, ho visto benissimo

che quel che m’han detto è vero, e il poco rispetto che

avete per il sacramento che ci unisce. (Clitandro e Angelica si

salutano) Mio dio! Smettetela con queste riverenze: non è di

questo rispetto che parlo, e voi fareste meglio a non scherzare.

ANGELICA Io non sto affatto scherzando! Assolutamente.

GEORGE DANDIN Io vi conosco, e so benissimo... (Clitandro e

Angelica tornano a salutarsi) Ancora? Ah, basta con questa

presa in giro! Non è che io non sappia che siccome voi siete nobile

mi tenete molto al di sotto di voi, e quando parlo di rispetto

non mi riferisco a me personalmente, intendo parlare del rispetto

che dovete avere per un legame così sacro come è quello

del matrimonio. (Angelica fa segno a Clitandro) È inutile che

alziate le spalle: non sto dicendo sciocchezze.

ANGELICA E chi si sogna di alzare le spalle?

GEORGE DANDIN Mio dio, come se non avessi gli occhi! Torno a

ripetervi che il matrimonio è una catena alla quale si deve portare

il massimo rispetto, e che voi fate malissimo a comportarvi

come vi comportate. (Angelica fa un cenno col capo) Sì, sì, malissimo!

Ed è inutile che scuotiate la testa e che mi facciate

quelle smorfie.

ANGELICA Io? Non so neanche quel che vogliate dire.

GEORGE DANDIN Beh, lo so io, e so benissimo come mi disprezzate.

Ma se non sono nato nobile, vengo se non altro da

una famiglia su cui nessuno può aver niente da dire, perché i

Dandin...

CLITANDRO (dietro Angelica, senza esser visto da Dandin) Posso

vedervi un attimo?

GEORGE DANDIN Eh?

ANGELICA Come? Non ho detto niente. (George Dandin gira dietro

sua moglie, e Clitandro si ritira con una grande riverenza a

George Dandin)

GEORGE DANDIN Eccolo lì che viene a ronzarvi attorno.

ANGELICA E allora, è colpa mia? Che cosa ci posso fare?

GEORGE DANDIN Voglio che voi facciate quel che deve fare una

donna che vuol piacere soltanto a suo marito. Checché se ne dica,

un uomo non corteggia una donna se la cosa a lei non fa piacere.

Quello che li attira è una certa aria tutta tenera e condiscendente,

che è proprio come il miele per le mosche. Una donna

onesta si comporta in altro modo, e li caccia via subito.

ANGELICA Io dovrei cacciarli? E perché? Che mi si trovi bella e

gradevole non mi scandalizza affatto: anzi, mi fa piacere.

GEORGE DANDIN Sì. Ma durante queste belle galanterie che parte

dovrebbe recitare il marito, secondo voi?

ANGELICA La parte di un uomo perbene che è ben contento di

vedere sua moglie apprezzata dagli altri.

GEORGE DANDIN Molto obbligato. È una parte che non fa per

me, i Dandin non si sono ancora abituati a questa moda.

ANGELICA Oh, i Dandin faranno la cortesia di abituarcisi anche

loro! Perché per quel che mi riguarda, vi dichiaro che non ho

nessuna intenzione di rinunciare al mondo e di seppellirmi viva

in un marito. Ma come! A un uomo salta in testa di sposarci, e

immediatamente per noi finisce tutto, e dobbiamo troncare

ogni rapporto con tutti gli esseri viventi. È proprio una cosa

meravigliosa, questa tirannia dei signori mariti; ed è molto bello

da parte loro pretendere che noi si sia morte a tutti i divertimenti,

e che non si viva che per loro. Io di questo me ne infischio:

non ho nessuna intenzione di morire così giovane.

GEORGE DANDIN È così che soddisfate agli impegni della fede

che m’avete data pubblicamente?

ANGELICA Io? Non ve l’ho certo data di buon grado: me l’avete

strappata. Me l’avete chiesto il mio consenso, prima di sposarmi?

Mi avete chiesto se vi volevo? Avete sentito il parere soltanto di

mio padre e di mia madre; sono loro che avete sposato, in realtà;

e quindi, se vi si farà qualche torto, farete bene ad andare da loro,

a lamentarvi. Quanto a me, siccome non sono stata io a dirvi

di sposarmi, e visto che voi mi avete presa senza informarvi dei

miei sentimenti, io non ritengo affatto di essere obbligata a sottomettermi

come schiava alle vostre volontà: voglio gioire, con

vostra buona grazia, dei pochi o tanti giorni belli che la giovinezza

mi offre, prendermi tutte le dolci libertà che la mia età mi consente,

frequentare il bel mondo, e gustare il piacere dei complimenti

che mi si fanno. Preparatevici dunque, come vostra punizione,

e ringraziate iddio che io non sia in grado di far di peggio.

GEORGE DANDIN Bene, voi la prendete su questo tono. Io sono

vostro marito e vi dico che questo non mi sta bene.

ANGELICA E io sono vostra moglie e vi dico che la cosa a me sta

benissimo.

GEORGE DANDIN Mi vien la tentazione di conciarle la faccia come

dico io, in modo che smetta per sempre di piacere a tutti

quei bellimbusti. Ah, su, George Dandin! Meglio andarsene di

qui, prima di perdere la testa. (Esce)

III – CLAUDINA, ANGELICA

CLAUDINA Avevo fretta che se ne andasse, signora, per darvi

questo biglietto da parte di chi sapete.

ANGELICA Vediamo.

CLAUDINA A quanto mi sembra di notare, quel che c’è scritto

non le dispiace troppo.

ANGELICA Ah, Claudina, con quanta galanteria dice le cose questo

biglietto! Come è elegante e gentile la gente di corte, in tutto

quel che dicono e in tutto quel che fanno! E che cosa siamo

più noi, gente di provincia, di fronte a loro?

CLAUDINA Io credo che una volta visti quelli, i Dandin non vi

piacciano più.

ANGELICA Tu rimani qui, vado a scrivere la risposta. (Esce)

CLAUDINA Non credo occorra raccomandarle di rispondere con

gentilezza. Ma ecco qui...

IV – CLITANDRO, LUBIN, CLAUDINA

CLAUDINA Davvero, signore, avete proprio scelto un messaggero

in gamba.

CLITANDRO Non ho osato mandare uno dei miei servitori. Ma tu,

mia cara Claudina, devo ricompensarti per i buoni uffici che so

che mi hai reso.

CLAUDINA Eh, signore, non occorre. No, signore, non dovete

darvi questo pensiero: se vi rendo dei servigi è perché voi lo

meritate, e perché sento di avere una grande simpatia per voi.

CLITANDRO Ti sono obbligato. (Le dà del denaro)

LUBIN Visto che ci dobbiamo sposare, dammi quei soldi che li

metto con i miei.

CLAUDINA Te li conservo io, assieme al bacio di prima.

CLITANDRO Dimmi una cosa: hai dato il mio biglietto alla tua

bella padrona?

CLAUDINA Sì, è andata a scrivere la risposta.

CLITANDRO Ma senti, Claudina, non c’è proprio modo di parlarle

un attimo?

CLAUDINA Sì, venite con me, vi porterò da lei.

CLITANDRO Ma lei non se ne dispiacerà? E non è che sia pericoloso?

CLAUDINA No, no, suo marito non è a casa. E poi, non è tanto a lui

che la mia signora deve badare, quanto a suo padre e a sua madre;

e una volta che loro siano d’accordo, tutto il resto non conta.

CLITANDRO Mi affido alla tua guida. (Escono Clitandro e Claudina)

LUBIN Acciderba, sposo proprio una donna in gamba! Quella è

sveglia come quattro messe insieme.

V – GEORGE DANDIN, LUBIN

GEORGE DANDIN Ecco lì il mio uomo di poco fa. Dio volesse che

si decidesse a testimoniare davanti a suo padre e a sua madre

su quel che loro insistono a non voler credere!

LUBIN Ah, eccovi qua, signor chiacchierone, che vi avevo tanto

raccomandato di non parlare, e che me l’avevate tanto promesso!

Dunque voi non siete capace di star zitto, e andate a dire a

tutti quel che vi è stato detto in segreto!

GEORGE DANDIN Io?

LUBIN Sì.Voi siete andato a raccontar tutto al marito, e per causa

vostra lui ha fatto una gran scenata. Comunque, ben contento

di sapere che avete la lingua lunga: così imparerò a non dirvi

più niente.

GEORGE DANDIN Sta a sentire, amico mio.

LUBIN Se non aveste tanto spettegolato, avrei potuto raccontarvi

quel che sta succedendo in questo momento; ma per vostro

castigo, non saprete un bel niente di niente.

GEORGE DANDIN Come? Che cos’è che sta succedendo?

LUBIN Niente, niente. Così imparate a parlare: non mi fregate

più, e restate a bocca asciutta.

GEORGE DANDIN Aspetta un momento.

LUBIN Nossignore.

GEORGE DANDIN Voglio dirti solo una cosa.

LUBIN Nonononono! Voi vorreste farmi cantare ancora.

GEORGE DANDIN No, non è questo.

LUBIN Eh, non ci casco.Vi leggo nel pensiero.

GEORGE DANDIN È un’altra cosa. Ascolta.

LUBIN Niente da fare.Voi vorreste che io vi dicessi che il signor

Visconte ha dato dei soldi a Claudina, e che lei l’ha portato dalla

sua padrona. Ma io non son mica scemo.

GEORGE DANDIN Per piacere.

LUBIN No.

GEORGE DANDIN Ti darò...

LUBIN Maramao! (Esce)

VI – GEORGE DANDIN

Avevo fatto tutto un piano, ma con quella testa di rapa non c’è

stato niente da fare. Ma la novità che si è lasciato scappare andrà

bene lo stesso: se quel bellimbusto è a casa mia, me ne servirò per

aver ragione agli occhi di suo padre e di sua madre, e per convincerli

pienamente di quanto è sfrontata la loro figlia. Il guaio è che

non so come fare. Se entro in casa, il bel damerino taglia la corda,

e quali che siano le prove che io possa avere del mio disonore,

nessuno crederà alla mia parola, e diranno che sogno. Se d’altra

parte vado a cercare mio suocero e mia suocera senza esser sicuro

che quel bellimbusto è a casa mia, la conclusione sarà la stessa

e io mi ritroverò nello stesso inconveniente di prima. E se cercassi

piano piano di accertarmi se c’è ancora? Ah, dio buono, qui non

ci sono più dubbi: l’ho visto per il buco della serratura. Ecco che

il caso mi dà l’occasione di confondere i miei avversari; e per concludere

la vicenda, ecco che fa venire giusto a proposito i giudici

di cui avevo bisogno.

VII – IL SIGNORE e LA SIGNORA DI SOTENVILLE, GEORGE DANDIN

GEORGE DANDIN Insomma: voi prima non avete voluto credermi,

e così vostra figlia l’ha avuta vinta. Ma adesso ho per le mani

quanto basta a farvi vedere come quella mi tratta; e grazie a

dio, il mio disonore è ormai così evidente, che neanche voi potrete

più dubitarne.

IL SIGNOR DI SOTENVILLE Come, mio caro genero, siamo ancora

a questo punto?

GEORGE DANDIN Sì, ancora a questo punto, ma mai con così

buone ragioni.

LA SIGNORA DI SOTENVILLE Ancora qui a frastornarci la testa?

GEORGE DANDIN Sì, signora: ma alla mia, si fa ben di peggio!

IL SIGNOR DI SOTENVILLE Ma non vi stancate dunque mai d’esser

così noioso?

GEORGE DANDIN No: però mi stanco d’esser menato per il naso.

LA SIGNORA DI SOTENVILLE Non volete dunque disfarvi di quei

vostri pensieri stravaganti?

GEORGE DANDIN No, signora, ma mi disfarei volentieri di una

moglie che mi disonora.

LA SIGNORA DI SOTENVILLE In nome di dio, genero caro, badate

a come parlate!

IL SIGNOR DI SOTENVILLE Perbacco, usate termini meno offensivi

di questi!

GEORGE DANDIN Quel che ci vuole ci vuole!

LA SIGNORA DI SOTENVILLE Ricordatevi che avete sposato una

nobildonna.

GEORGE DANDIN Me lo ricordo quanto basta, e me lo ricorderò

anche troppo.

IL SIGNOR DI SOTENVILLE Se dunque ve ne ricordate, pensate a

parlare di lei con più rispetto.

GEORGE DANDIN E perché non pensa lei, invece, a trattare me

con più onestà? Come sarebbe: siccome è una nobildonna, ha

tutta la libertà di farmi quel che le pare, senza che io possa

neanche fiatare?

IL SIGNOR DI SOTENVILLE Ma insomma, che cosa avete, e che cosa

potete dire? Non avete visto, questa mattina, come essa ha

negato di conoscere l’uomo di cui mi eravate venuto a parlare?

GEORGE DANDIN Sì. Ma voi, che cosa potreste ancora dire se vi

facessi vedere adesso che quell’uomo che le fa la corte è con lei?

LA SIGNORA DI SOTENVILLE Con lei?

GEORGE DANDIN Sì, con lei, in casa mia!

IL SIGNOR DI SOTENVILLE In casa vostra?

GEORGE DANDIN Sì, proprio in casa mia.

LA SIGNORA DI SOTENVILLE Se questo è vero, saremo con voi

contro di lei.

IL SIGNOR DI SOTENVILLE Sì: l’onore della nostra famiglia ci è

più prezioso di ogni altra cosa. E se voi dite il vero, la rinnegheremo

come frutto del nostro sangue e l’abbandoneremo alla

vostra collera.

GEORGE DANDIN Non dovete far altro che venire con me.

LA SIGNORA DI SOTENVILLE Badate bene di non ingannarvi.

IL SIGNOR DI SOTENVILLE Che non facciate come poco fa!

GEORGE DANDIN Mio dio, vedrete voi stessi! Ecco: ho detto una

bugia?

VIII – ANGELICA, CLITANDRO, CLAUDINA, IL SIGNORE e

LA SIGNORA DI SOTENVILLE, GEORGE DANDIN

ANGELICA Addio. Temo che possano sorprendervi qui, e devo

pur prendere qualche precauzione.

CLITANDRO Promettetemi allora, signora, che potrò parlarvi questa

sera.

ANGELICA Farò tutto il possibile.

GEORGE DANDIN Avviciniamoci piano piano da dietro, cercando

di non farci vedere.

CLAUDINA Ah, signora, tutto è perduto: ci sono vostro padre e

vostra madre, assieme a vostro marito.

CLITANDRO Ah, cielo!

ANGELICA Fate finta di niente, e lasciate fare a me, tutti e due.

Come? Voi osate comportarvi così, dopo quel che è successo

poco fa, ed è così che dissimulate i vostri sentimenti? Mi si riferisce

che voi nutrite un qualche amore per me, e che state

tramando per farmi oggetto delle vostre attenzioni; io vi esprimo

il mio disappunto, e di fronte a tutti vi chiarisco il mio animo;

con il massimo vigore voi negate ogni cosa, e mi date la

vostra parola di non nutrire alcun pensiero in grado di offendermi;

e ciononostante, in questo giorno stesso, voi avete l’ardire

di rendermi visita a casa mia, di dirmi che mi amate, e di

raccontarmi cento sciocche favole per persuadermi a ricambiare

le vostre stravaganze: come se io fossi donna da violare

la fede che ho dato a mio marito, e da allontanarmi di un passo

da quella onestà che i miei genitori mi hanno inculcata. Se

mio padre lo sapesse, vi insegnerebbe lui a tentar simili imprese.

Ma una donna onesta rifugge da ogni clamore. (Fa segno

a Claudina di porgerle un bastone) Preferisco non dirgli

nulla, ma voglio dimostrarvi che, per quanto donna, ho abbastanza

coraggio per vendicarmi con le mie mani delle offese

che mi si recano. L’azione che avevate compiuta non è azione

da gentiluomo, e non come un gentiluomo voglio dunque trattarvi.

(Prende un bastone e colpisce suo marito, invece di Clitandro,

che si mette tra di loro)

CLITANDRO Ah! ah! ah! ah! ah! Piano!

CLAUDINA Forza, signora, picchiate come si deve.

ANGELICA Se avete ancora qualcosa che vi preme dire, sono qui

per rispondervi.

CLAUDINA E così sapete con chi avete a che fare. (Esce Clitandro)

ANGELICA Ah, padre mio! Siete qui?

IL SIGNOR DI SOTENVILLE Sì, figlia mia, e vedo che per saggezza

e coraggio sei un degno germoglio della casa dei Sotenville.

Vieni, avvicinati ch’io ti abbracci.

LA SIGNORA DI SOTENVILLE Lascia che t’abbracci anch’io, figlia

mia. Oh, io piango di gioia, e ben riconosco dal tuo comportamento

il frutto delle mie viscere.

IL SIGNOR DI SOTENVILLE Mio caro genero, immagino la vostra

soddisfazione, e la grande dolcezza che vi deve dare questa felice

coincidenza! Avevate ben ragione di sospettare e di allarmarvi;

ma ecco i vostri sospetti dileguati come meglio non si potrebbe.

LA SIGNORA DI SOTENVILLE Proprio così, genero nostro caro:

ora non potete non essere il più felice degli uomini.

CLAUDINA Senz’altro. Quella sì che è una moglie! Fortunato voi

che l’avete: dovreste baciar la terra dove posa i piedi!

GEORGE DANDIN Uh, traditrice!

IL SIGNOR DI SOTENVILLE Che cosa c’è, mio caro genero? Perché

non ringraziate almeno vostra moglie, della devozione che

come avete visto vi ha dimostrata?

ANGELICA No, no, padre mio, non è necessario. Egli non mi ha

alcuna obbligazione per ciò che ha visto e sentito, poiché tutto

questo l’ho fatto per il rispetto che devo a me stessa.

IL SIGNOR DI SOTENVILLE Dove vai, figlia mia?

ANGELICA Mi ritiro, padre mio, per non vedermi obbligata a ricevere

i suoi complimenti. (Esce)

CLAUDINA Ha proprio ragione d’essere arrabbiata. È una donna

che meriterebbe d’essere adorata, ma voi non la trattate come

dovreste.

GEORGE DANDIN Scellerata! (Esce Claudina)

IL SIGNOR DI SOTENVILLE Un piccolo risentimento per la storia

di questa mattina, ma basterà qualche vostra gentilezza a farglielo

passare. Addio, mio caro genero, ora davvero non avete

più motivo di inquietarvi. Andate a far la pace, e cercate di farvi

perdonare il modo in cui vi siete comportato.

LA SIGNORA DI SOTENVILLE Dovete tener presente che nostra figlia

è stata allevata nella massima rispettabilità, e che non è abituata

a vedersi sospettata della minima cattiva azione. Addio.

Mi rallegro al pensiero che ogni difficoltà è superata, e che

grande dev’essere la vostra gioia nell’averla vista comportarsi

così bene. (Escono il signore e la signora di Sotenville)

GEORGE DANDIN Io non dico niente, perché niente ci guadagnerei

a parlare, e perché mai si è vista una disgrazia pari alla mia.

Sì, non posso che rimanere stupefatto di fronte alla mia sfortuna,

e alla astuta abilità di quella carogna di mia moglie, che riesce

sempre a darsi ragione e a far passare me dalla parte del

torto. È possibile che io con lei debba sempre aver la peggio,

che tutte le apparenze siano sempre contro di me, e che non

debba mai riuscire a prendere in castagna quella sfacciata? Oh

cielo, asseconda i miei disegni, e accordami la grazia di far vedere

a tutti che mi si disonora!

ATTO III

I – CLITANDRO, LUBIN

CLITANDRO È notte fonda, e temo sia troppo tardi. Non vedo

dove metto i piedi. Lubin!

LUBIN Signore?

CLITANDRO Si va di qui?

LUBIN Credo di sì. Accidenti, che stupida d’una notte, ad essere

così buia.

CLITANDRO Proprio non ci vorrebbe; ma se da un lato essa

ci impedisce di vedere, dall’altro lato ci impedisce d’essere

visti.

LUBIN Avete ragione, quindi forse è proprio quello che ci vuole.

Mi piacerebbe tanto sapere, signore, voi che siete istruito, perché

diavolo non fa giorno anche di notte.

CLITANDRO È un grosso problema, e molto difficile per giunta.

Tu sei un curioso, Lubin.

LUBIN Sì. Se avessi studiato, mi sarei messo a pensare a cose che

nessuno c’ha mai pensato.

CLITANDRO E lo credo. Si vede dalla faccia che hai un cervello

sottile e penetrante.

LUBIN È proprio vero. Per esempio, io capisco il latino, anche se

non l’ho mai studiato; e l’altro giorno, che ho visto scritto su

una grande porta collegium, ho indovinato subito che voleva

dire collegio.

CLITANDRO Incredibile! Tu dunque sai leggere, Lubin?

LUBIN Sì, so leggere le lettere in stampatello, ma non son mai

riuscito a imparare a leggere il corsivo.

CLITANDRO Ecco, questa è la casa. (Batte le mani) Questo è il

segnale che devo dare per Claudina.

LUBIN Parola mia, quella è una ragazza che vale oro, e io sono

innamorato cotto.

CLITANDRO Per questo t’ho portato: perché tu la intrattenga.

LUBIN Signore, io vi sono...

CLITANDRO Zitto! Sento un rumore.

II – ANGELICA, CLAUDINA, CLITANDRO, LUBIN

ANGELICA Claudina.

CLAUDINA Sì?

ANGELICA Lascia la porta socchiusa.

CLAUDINA Ecco fatto.

CLITANDRO Sono loro. Psst.

ANGELICA Psst.

LUBIN Psst.

CLAUDINA Psst.

CLITANDRO (a Claudina) Signora.

ANGELICA (a Lubin) Come?

LUBIN (ad Angelica) Claudina.

CLAUDINA (a Clitandro) Cosa c’è?

CLITANDRO (a Claudina) Ah, signora, quale gioia!

LUBIN (ad Angelica) Claudina, mia cara Claudina.

CLAUDINA (a Clitandro) Piano, signore.

ANGELICA (a Lubin) Calma, Lubin.

CLITANDRO Sei tu, Claudina?

CLAUDINA Sì.

LUBIN Siete voi, signora?

ANGELICA Sì.

CLAUDINA Ci avete prese l’una per l’altra.

LUBIN Parola mia, questo buio, non ci si vede un cavolo.

ANGELICA Non siete voi, Clitandro?

CLITANDRO Sì, signora.

ANGELICA Mio marito ronfa come si deve, e io approfitto di

questo momento affinché possiamo intrattenerci un po’.

CLITANDRO Cerchiamo un posto dove sederci.

CLAUDINA Ottima idea. (Vanno a sedere in fondo alla scena)

LUBIN Claudina, dov’è che sei?

III – GEORGE DANDIN, LUBIN

GEORGE DANDIN Ho sentito mia moglie che scendeva dabasso, e

mi sono vestito in quattro e quattr’otto per seguirla. Dove può

essere andata? Che sia uscita?

LUBIN (prendendo George Dandin per Claudina) Ma dove sei,

Claudina? Ah, eccoti qua! Parola mia, il tuo padrone è ben ser-

vito di barba e capelli, e questa io la trovo divertente come le

bastonate di quest’oggi, che mi hanno raccontato. La tua padrona

ha detto che sta ronfando, a quest’ora, come tutti i diavoli, e

non sa che mentre lui dorme il signor Visconte è insieme con lei.

Mi piacerebbe tanto sapere cosa sta sognando in questo momento.

È proprio una cosa da morir dal ridere! Ma che cosa gli

salta in testa di essere geloso di sua moglie, e di volere che sia

solo per lui? È un gran presuntuoso, e il signor Visconte gli fa

anche troppo onore.Tu non dici niente, Claudina. Su, facciamo

anche noi come loro, dammi la tua manina da baciare.Ah, com’è

dolce! Mi sembra di mangiare della marmellata. (Come bacia la

mano di Dandin, Dandin gliela sbatte violentemente in faccia)

Accidenti, come ci dai dentro! È una manina un po’ energica.

GEORGE DANDIN Chi è là?

LUBIN Nessuno.

GEORGE DANDIN Eccolo scappato via, dopo avermi informato

dell’ultima perfidia di quella birba. Su, bisogna che mandi

senz’altro a chiamare suo padre e sua madre, e che questa avventura

mi serva almeno a farmi separare da lei. Olà! Colin,

Colin.

IV – COLIN, GEORGE DANDIN

COLIN (alla finestra) Signore.

GEORGE DANDIN Presto, vieni giù.

COLIN (saltando dalla finestra) Eccomi! Più presto di così è impossibile.

GEORGE DANDIN Ci sei?

COLIN Sì, signore. (Mentre va a parlargli da una parte, Colin va

dall’altra)

GEORGE DANDIN Piano. Parla sottovoce. Sta a sentire.Va da mio

suocero e da mia suocera, e digli che li prego caldissimamente

di venire qui immediatamente. Hai capito? Eh? Colin, Colin.

COLIN (dall’altra parte) Signore.

GEORGE DANDIN Dove diavolo sei?

COLIN Qui.

GEORGE DANDIN (mentre vanno cercandosi, l’uno passa da una

parte e l’altro dall’altra) Accidenti a quel disgraziato che si caccia

chissà dove! T’ho detto di andare subito a cercare mio suocero

e mia suocera e di dirgli che li scongiuro di venire immediatamente

qui. Hai capito bene? Rispondi, Colin, Colin.

COLIN (dall’altra parte) Signore.

GEORGE DANDIN Quel pendaglio da forca mi farà impazzire.Vieni

qui da me. (Si scontrano e cadono a terra tutti e due) Ah, sciagurato!

Mi hai rotto una gamba! Si può sapere dove sei? Avvicinati,

che ti riempio di bastonate. Io dico che fa apposta a sfuggirmi.

COLIN Credo bene.

GEORGE DANDIN Vuoi venire qui, sì o no?

COLIN Eh no, parola mia!

GEORGE DANDIN T’ho detto di venir qui.

COLIN Neanche per idea: voi volete picchiarmi.

GEORGE DANDIN Ebbene no, non ti farò niente!

COLIN Davvero?

GEORGE DANDIN Sì.Avvicinati. Bene.Tu sei fortunato che ho bisogno

di te. Corri subito da parte mia a pregare mio suocero e

mia suocera di venire qui il più presto possibile, e digli che è

per una questione di estrema importanza: se per caso fanno

qualche difficoltà per via dell’ora, ricordati di insistere, e di fargli

capire bene che è molto importante che vengano, in qualsiasi

condizione si trovino. Hai capito bene adesso?

COLIN Sì, signore.

GEORGE DANDIN Corri, e torna indietro subito. (Esce Colin) Io

intanto me ne vado di nuovo in casa, in attesa che... Ma sento

qualcuno. Che sia per caso mia moglie? Sarà meglio ascoltare,

approfittando dell’oscurità.

V – CLITANDRO, ANGELICA, GEORGE DANDIN, CLAUDINA, LUBIN

ANGELICA Addio. È ora di ritirarsi.

CLITANDRO Come? Così presto?

ANGELICA Siamo stati insieme abbastanza.

CLITANDRO Ah, signora, potrà mai essere abbastanza per me? E

come trovare in così poco tempo tutte le parole di cui ho bisogno?

Giorni interi mi ci vorrebbero per rivelare a voi tutto

quello ch’io sento: non vi ho ancora detto la più piccola parte di

tutto ciò che ho da dirvi.

ANGELICA Altre cose me le direte un’altra volta.

CLITANDRO Ahimè, di quale colpo mi trapassate il cuore quando

parlate di ritirarvi, e in quali e quante amarezze mi lasciate!

ANGELICA Troveremo il modo di rivederci.

CLITANDRO Sì, ma io penso che lasciando me ritroverete vostro

marito. Questo pensiero è una pugnalata mortale: i privilegi che

vantano i mariti sono crudeltà terribili per un amante che ami

davvero.

ANGELICA E veramente giungete al punto di preoccuparvi per

questo? E veramente credete che si possano amare certi mariti

che ci si ritrova? Li si sposa, è vero, perché non si può farne a

meno, e perché si dipende da genitori che non hanno occhi che

per i soldi. Ma una donna è pur in grado di trattarli come si meritano,

e quanto al trattarli da più di quel che valgono, ce ne si

guarda bene.

GEORGE DANDIN Ecco che carogne le nostre mogli.

CLITANDRO Ah, bisogna pur riconoscere che il marito che vi è

stato dato era assai poco degno di tanto onore; e che è un ben

strano assortimento vedere una donna come voi con un uomo

come lui!

GEORGE DANDIN (a parte) Poveri mariti, ecco come vi trattano!

CLITANDRO Voi meritate senza dubbio ben altro destino: il Cielo

non vi ha certo fatta per essere la moglie di un contadino.

GEORGE DANDIN Volesse il cielo che fosse la tua! Allora sì che

cambieresti linguaggio! Rientriamo in casa: ce n’è abbastanza.

(Entra in casa e chiude la porta)

CLAUDINA Signore, se dovete dir male di vostro marito, sbrigatevi

perché è tardi.

CLITANDRO Ah, Claudina, come sei crudele!

ANGELICA Claudina ha ragione. Separiamoci.

CLITANDRO Dovrò dunque rassegnarmi, poiché voi così volete.

Ma vi scongiuro di compatirmi almeno per i terribili momenti

che mi attendono.

ANGELICA Addio.

LUBIN Dove sei, Claudina, che voglio darti la buonasera?

CLAUDINA Va’, va’, dammela da lontano, come te la do io.

VI – ANGELICA, CLAUDINA, GEORGE DANDIN

ANGELICA Rientriamo in casa senza far rumore.

CLAUDINA La porta si è chiusa.

ANGELICA Ho io un passe-partout.

CLAUDINA Allora aprite piano.

ANGELICA Qualcuno ha chiuso da dentro, non so come faremo.

CLAUDINA Chiamate il ragazzo che dorme là.

ANGELICA Colin, Colin, Colin.

GEORGE DANDIN (affacciandosi alla finestra) Colin, Colin? Ah,

questa volta vi ho presa, mia signora moglie, a fare le vostre

escapatellas mentre dormo! Mi fa molto piacere, vedervi a

spasso a quest’ora di notte.

ANGELICA E allora, dov’è questo gran male, se si prende un po’

di fresco alla sera?

GEORGE DANDIN Sì, sì, è proprio l’ora per prendere il fresco!

Vorrete dire il caldo, signora civetta, visto che siamo al corrente

di tutto l’intrigo: appuntamento e cascamorto compresi. Abbiamo

ascoltato tutta la vostra conversazione galante, e anche i bei

versi che avete fatto in mio onore, l’uno e l’altra. Ma la mia consolazione

è che questa volta riuscirò a vendicarmi, e che vostro

padre e vostra madre si convinceranno una buona volta che le

mie proteste sono giustificate e che la vostra condotta è sregolata.

Li ho già mandati a chiamare, e saranno qui da un momento

all’altro.

ANGELICA Ah cielo!

CLAUDINA Signora.

GEORGE DANDIN Questa non ve l’aspettavate proprio. Ma è

giunto il momento del mio trionfo, visto che ho di che piegare il

vostro orgoglio e di smascherare tutti i vostri trucchi. Fino a

questo momento voi vi siete fatta gioco delle mie accuse, avete

ingannato i vostri genitori, e tenute nascoste le vostre malversazioni.

Qualsiasi cosa io avessi visto o dicessi, la vostra astuzia

l’ha sempre avuta vinta sul mio buon diritto, e sempre voi avete

trovato modo d’aver ragione; ma questa volta, grazie a dio, ogni

cosa sarà chiarita, e la vostra sfrontatezza sarà smascherata definitivamente.

ANGELICA Su, vi prego, fatemi aprire la porta.

GEORGE DANDIN No, no, bisogna aspettare l’arrivo di quelli che

ho mandato a chiamare, perché voglio che vi trovino fuori all’ora

che è. E intanto che aspettate, se volete, frugate pure nella

vostra testa per veder di trovare un qualche nuovo trucco

per tirarvi fuori da questo affare, di inventare il modo di raddrizzare

la vostra scappatella, di scoprire un qualche bello stratagemma

per sviare ancora una volta gli altri e far apparire la

vostra innocenza, la scusa bizzarra di un qualche pellegrinaggio

notturno, o di un’amica con le doglie del parto, che siete

stata ad assistere.

ANGELICA No, la mia intenzione è quella di non nascondervi

nulla. Rinuncio a difendermi, e visto che sapete tutto non intendo

negare le cose.

GEORGE DANDIN Capite evidentemente che tutte le strade vi sono

sbarrate, e che questa volta qualsiasi scusa inventiate sarebbe

facile per me mostrarne la falsità.

ANGELICA Sì. Riconosco che ho torto, e che voi avete ragione di

lamentarvi. Ma vi domando per piacere di non espormi ora ai

malumori dei miei genitori, e di farmi aprire subito la porta.

GEORGE DANDIN Bacio le mani.

ANGELICA Eh, maritino mio caro, ve ne supplico!

GEORGE DANDIN Ah, maritino mio caro? Io sono il vostro caro

maritino, adesso che vi sentite in trappola. Mi fa molto piacere,

perché è la prima volta che mi dite di queste paroline dolci.

ANGELICA Sentite: vi prometto che non vi darò più nessun motivo

di dispiacere, e che non...

GEORGE DANDIN Non serve a niente. Io non voglio perdere questa

occasione, e la sola cosa che m’importa è far luce una volta

per tutte sulla vostra condotta.

ANGELICA Di grazia, lasciate che vi dica.Vi chiedo soltanto d’ascoltarmi

un attimo.

GEORGE DANDIN Va bene, cosa c’è?

ANGELICA È vero che ho sbagliato, ve lo confesso ancora una

volta, e il vostro risentimento è giusto. È vero che voi dormivate

e che io ne ho approfittato per uscire, e che sono uscita per

un appuntamento che avevo con la persona che voi dite. Ma

tutto sommato sono cose che si possono anche perdonare alla

mia età; piccoli errori di una giovane donna che ancora non ha

visto nulla, e che sta movendo i suoi primi passi del mondo; libertà

cui ci si abbandona senza alcuna malizia, e che certamente

non hanno nulla, in fondo, che...

GEORGE DANDIN Sì, ma questo lo dite voi, e crederci è una questione

di fede.

ANGELICA Con questo non voglio dire di non essere colpevole

nei vostri riguardi, e vi prego soltanto di voler dimenticare

questa offesa di cui vi chiedo perdono con tutto il cuore, e di

risparmiarmi almeno per questa volta il dolore di sentirmi

aspramente rimproverata da mio padre e da mia madre. Se

voi generosamente mi accordate questa grazia che io vi chiedo,

la vostra magnanimità, la bontà che mi dimostrerete mi

obbligherà e mi conquisterà per intero. Essa non mancherà

di toccare il mio cuore, e vi farà nascere per voi tutto quello

che non han saputo gettarvi né la volontà dei genitori né i

vincoli del matrimonio. Insomma, sarà a causa di questa vostra

bontà che io rinuncerò a tutte le galanterie, e che non nutrirò

affetto che per voi. Sì, vi do la mia parola che d’ora in

avanti vedrete in me la più brava moglie del mondo, e che vi

darò prove di tanto affetto, ma di così tanto affetto, che ne

sarete soddisfatto.

GEORGE DANDIN Ah, coccodrillo, che lusinga la gente per poi

strangolarla!

ANGELICA Concedetemi questo favore.

GEORGE DANDIN Niente da fare. Sono inesorabile.

ANGELICA Mostratevi generoso.

GEORGE DANDIN No.

ANGELICA Di grazia!

GEORGE DANDIN Mai.

ANGELICA Ve ne supplico con tutto il cuore!

GEORGE DANDIN No, no, no.Voglio che tutti aprano gli occhi sul

vostro conto, e che voi siate clamorosamente svergognata.

ANGELICA Ebbene, se proprio volete ridurmi alla disperazione,

vi avverto che una donna a questo punto è capace di tutto, e che

farò qualcosa di cui vi pentirete.

GEORGE DANDIN E che cosa farete, di grazia?

ANGELICA Il mio cuore si spingerà alle risoluzioni estreme: qui,

con questo coltello,mi ucciderò!

GEORGE DANDIN Ah, ah, questa sì che è una bella idea!

ANGELICA Meno bella per voi di quanto crediate. Perché tutti

sanno dei nostri litigi, e dei continui malumori che nutrite contro

di me. E quando mi troveranno morta, nessuno metterà in

dubbio che siate stato voi a uccidermi; e i miei genitori non sono

certo gente da lasciare impunita la mia morte, e faranno ricadere

su di voi tutte le punizioni che saranno rese possibili sia dai

procedimenti della giustizia che dal calore della loro collera. E

così io avrò trovato il modo di vendicarmi di voi, e non sarò certo

la prima che avrà fatto ricorso a una vendetta di questo genere,

e che non avrà esitato a darsi la morte pur di rovinare coloro

che hanno avuto la crudeltà di spingerci all’estremo gesto.

GEORGE DANDIN Servo vostro umilissimo. Oggi nessuno sogna

più di uccidersi, è una moda d’altri tempi.

ANGELICA Di questo potete essere sicuro, se voi persistete nel

vostro rifiuto, e non mi fate aprire, vi giuro che vi farò subito

vedere fino a che punto può giungere una persona ridotta alla

disperazione.

GEORGE DANDIN Sciocchezze, sciocchezze! State cercando di

mettermi paura.

ANGELICA Ebbene, poiché è necessario, ecco chi ci accontenterà

tutti e due, e farà vedere se scherzo. Ah, è fatta! Voglia il cielo

che la mia morte sia vendicata come io mi auguro, e che colui

che ne è la causa riceva il giusto castigo per la crudeltà che ha

avuto per me!

GEORGE DANDIN Ehi! Possibile che sia così piena di malizia da

essersi ammazzata per farmi impiccare? Adesso prendo una

candela, e vado un po’ a vedere.

ANGELICA Psst! Zitta! Mettiamoci vicino alla porta, l’una da

una parte e l’altra dall’altra.

GEORGE DANDIN La malvagità di una donna, possibile che arrivi

fino a questo punto? (Esce di casa con un mozzicone di candela,

senza vedere le due donne; esse entrano in casa, e subito chiudono

la porta) Non c’è nessuno. Eh, volevo ben dire io! Quella

sciagurata se n’è andata, visto che non ci guadagnava niente

con me, né con le preghiere né con le minacce. Tanto meglio!

Questo peggiorerà ancora la sua situazione, e suo padre e sua

madre che saran qui da un momento all’altro vedranno ancora

meglio i suoi crimini! Ah! Ah! La porta si è chiusa! Olà! Ehi!

Qualcuno! Apritemi subito!

ANGELICA (alla finestra con Claudina) Come? Sei tu? Di dove

vieni, signor furfante? Ti pare l’ora di tornare a casa, quando già

sta per spuntare il giorno? Ed è questa la vita che deve condurre

un marito dabbene?

CLAUDINA Bella cosa andare a sbevazzare tutta notte, e lasciar

sola in casa la povera mogliettina!

GEORGE DANDIN Come? Voi avete...

ANGELICA Va via, va via, traditore, io sono stanca dei tuoi disordini,

e voglio lamentarmene, senz’altro indugio, con mio padre

e mia madre.

GEORGE DANDIN Come? E voi così osereste...

VII – IL SIGNORE e LA SIGNORA DI SOTENVILLE, COLIN,

CLAUDINA, ANGELICA, GEORGE DANDIN.

(Il signore e la signora di Sotenville sono in abiti da notte, e sono

guidati da Colin che ha in mano una lanterna.)

ANGELICA Avvicinatevi, vi prego, e venite a farmi giustizia contro

l’estrema insolenza di un marito a cui il vino e la gelosia

hanno tanto stravolto il cervello che non sa più né quel che dice

né quel che fa, al punto di mandarvi a chiamare, proprio lui, per

rendervi testimoni della peggiore stravaganza di cui mai si sia

sentito parlare. Eccolo che rincasa, come voi lo vedete, dopo essersi

fatto attendere per tutta la notte; e se vorrete ascoltarlo, vi

dirà che deve fare sul mio conto le più grandi lamentele del

mondo; e che mentre lui dormiva io sono scappata per andare a

spasso, e cento altre storie nello stesso stile, che lui si è sognate.

GEORGE DANDIN È o non è una carogna?

CLAUDINA Sì, ha tentato di farci credere che lui era in casa e che

noi eravamo fuori, e non c’è modo di cavargli questa follia della

testa.

IL SIGNORE DI SOTENVILLE Come? Che razza di storia è questa?

LA SIGNORA DI SOTENVILLE Un’incredibile sfacciataggine, quella

di mandarci a chiamare.

GEORGE DANDIN Mai...

ANGELICA No, padre mio, un marito così non posso più sopportarlo.

La mia pazienza è allo stremo, ha appena finito di insultarmi

in mille modi.

IL SIGNOR DI SOTENVILLE Perbacco, siete un poco di buono!

CLAUDINA È uno scandalo vedere una povera donna trattata in

questo modo: una cosa che grida vendetta al cielo!

GEORGE DANDIN Si può...?

LA SIGNORA DI SOTENVILLE Via, dovreste morire di vergogna.

GEORGE DANDIN Lasciatemi dire una cosa.

ANGELICA Ascoltatelo, sì, ascoltatelo: ve ne racconterà delle belle.

GEORGE DANDIN Io divento matto.

CLAUDINA Deve aver tanto bevuto che nessuno può resistergli

di fronte: quel fiato puzzolente di vino è salito fin qui.

GEORGE DANDIN Signor suocero, vi supplico...

IL SIGNOR DI SOTENVILLE State più indietro: vi si sente il vino

dappertutto.

GEORGE DANDIN Signora, vi prego...

LA SIGNORA DI SOTENVILLE Ih, non avvicinatevi: avete un alito

di peste.

GEORGE DANDIN Lasciate che io...

IL SIGNORE DI SOTENVILLE Allontanatevi, vi ho detto, non vi si

può resistere.

GEORGE DANDIN Permettete, di grazia, che...

LA SIGNORA DI SOTENVILLE Puah, mi soffocate di disgusto. Parlate

da lontano, se proprio ci tenete.

GEORGE DANDIN E va bene, sì, parlo da lontano. Io vi giuro che

non mi sono mosso di casa mia, e che è stata lei a uscire.

ANGELICA Non è quello che vi avevo detto?

CLAUDINA E infatti, voi lo vedete!

IL SIGNOR DI SOTENVILLE Su, voi prendete in giro la gente. Scendete,

figlia mia, e venite qui.

GEORGE DANDIN Chiamo il cielo a testimone che io ero in casa

mia, e che...

LA SIGNORA DI SOTENVILLE State zitto, questa stravaganza è insopportabile.

GEORGE DANDIN Che un fulmine mi incenerisca qui in questo

momento se...!

IL SIGNOR DI SOTENVILLE Smettetela di frastornarci il capo, e

pensate piuttosto a chiedere scusa a vostra moglie.

GEORGE DANDIN Io, chiedere scusa?

IL SIGNOR DI SOTENVILLE Sì, chiedere scusa, e subito.

GEORGE DANDIN Come? Io...

IL SIGNOR DI SOTENVILLE Perbacco! Osate contraddirmi, e vi insegnerò

io a farvi beffe di noi!

GEORGE DANDIN Ah, George Dandin!

IL SIGNOR DI SOTENVILLE Su, figlia mia, venite qui, che vostro

marito vi chiede scusa.

ANGELICA (uscita di casa) Io, perdonargli tutto quel che m’ha

detto? No, no, padre mio, a questo mi è impossibile risolvermi,

e vi prego anzi di separarmi da un marito con il quale ormai

non posso più vivere.

CLAUDINE Come si fa a dirle di no?

IL SIGNOR DI SOTENVILLE Figlia mia, una separazione come questa

non si fa mai senza grande scandalo; voi dovete dimostrarvi

più saggia di lui, e portar pazienza ancora per questa volta.

ANGELICA Ma come portar pazienza dopo tali e tante vergogne?

No, padre mio, a questo non posso consentire.

IL SIGNOR DI SOTENVILLE È necessario, figlia mia, sono io che ve

lo comando.

ANGELICA Questa parola mi chiude la bocca, voi avete su di me

un potere assoluto.

CLAUDINA Quanta mansuetidine!

ANGELICA È ben tormentoso dover dimenticare delle ingiurie

come quelle; ma per quanto grande sia la violenza che faccio a

me stessa, mio dovere è l’obbedirvi.

CLAUDINA Povero agnellino!

IL SIGNOR DI SOTENVILLE Avvicinatevi.

ANGELICA Qualsiasi cosa facciate non servirà a nulla, già domani,

vedrete, ricomincerà tutto daccapo.

IL SIGNOR DI SOTENVILLE Staremo attenti noi. Su, mettetevi in

ginocchio.

GEORGE DANDIN In ginocchio?

IL SIGNOR DI SOTENVILLE Sì, in ginocchio, e senza tante storie.

GEORGE DANDIN (si inginocchia con la candela in mano) Oh cielo?

E cosa bisogna dire?

IL SIGNOR DI SOTENVILLE «Signora, vi prego di perdonarmi.»

GEORGE DANDIN «Signora, vi prego di perdonarmi.»

IL SIGNOR DI SOTENVILLE «La stravagante follia che ho commesso

»

GEORGE DANDIN «La stravagante follia che ho commesso.» (A

parte) di sposarvi.

IL SIGNOR DI SOTENVILLE «E vi prometto che mi comporterò

meglio per l’avvenire.»

GEORGE DANDIN «E vi prometto che mi comporterò meglio per

l’avvenire.»

IL SIGNOR DI SOTENVILLE State bene attento, e sappiate che questa

è l’ultima delle vostre follie che siamo disposti a tollerare.

LA SIGNORA DI SOTENVILLE In nome di dio, riprovateci un’altra

volta e vi insegneremo noi il rispetto che dovete a vostra moglie

e alla famiglia da cui proviene.

IL SIGNOR DI SOTENVILLE Ecco che il giorno sta per spuntare.

Entrate in casa vostra, e badate bene a comportarvi con giudizio.

E noi, mia cara, torniamo a letto. (Escono il signore e la signora

di Sotenville, Angelica e Claudina e Colin)

VIII – GEORGE DANDIN

Ah, ormai ci rinuncio, non ci vedo più rimedio; quando ci si ritrova,

come ho fatto io, ad aver sposato una donna che è una peste,

la migliore decisione che si possa prendere è quella di andare a

buttarsi in un pozzo, a testa in giù.