Giacomo, il prepotente
di
Giuseppe Manfridi
ATTO PRIMO
(prima stanza)
Personaggi di questo atto:
Giacomo
Antonio
Paolina Ranieri
Scena:
Cos come la descrive Leonardo Sinisgalli ne Let della luna:
"Lhanno lasciata quasi intatta a Torre del Greco la stanza di Leopardi, larmatura di ferro del letto, la spolverina nella scrivania. In confronto alla Reggia di Recanati questa cameretta sembra il rifugio di un suicida. Il poeta aveva, stando seduto, il Vesuvio alle spalle e intorno, sulle pendici del vulcano fino al mare, vigne e aranceti. Lungo il viottolo che dalla strada porta allingresso della villa cresce destate unerba che, a scuoterla, esala un triste fetore. I circumvesuviani la chiamano "fetienta".
(Giacomo sta in terra, accasciato contro la porta sulla quale si sente picchiare con forza. Indossa un camicione di panno grezzo macchiato in pi punti e, ai piedi, delle calze di lana grossa. In queste prime battute appena scosso da sorrisi nervosi per il modo con cui si rvolge allamico: in un napoletano tozzo e falso.)
GIACOMO: No, Totonno, no... Mhai ntiso?... Ta-ggio-di-tto-e-no!
ANTONIO: (da fuori) Che sciocchezze, Giacomo?! Un po di buonsenso.
GIACOMO: Taggio ditte no!
ANTONIO: (c.s.) Sei spiritoso, sei...
GIACOMO: Io sar spiritoso ma tu sei traditore.
ANTONIO: (c.s.) E traditore di chi, se lecito?
GIACOMO: Traditore mio. Lo sapevi che non volevo e per lo stesso hai comandato a tua sorella che facesse come pareva a lei.
ANTONIO: (c.s.) E per questo tho tradito?... Da quant che sera detto che si doveva farlo e che fosse oggi?...
GIACOMO: (sforzandosi, per scherzo) I nun laggio ditto e nun laggio sentuto.
ANTONIO: (c.s.) Vabbuo, che debbo fare, Giacomo? Prendere a spallate la porta?
GIACOMO: Tot... tu mi giuri, per mano sul cuore me lo devi giurare, che portate il bacile nella stanza come tutte le mattine e ti apro... (un breve silenzio) Ma il bacile, mhai capito?... Perch non va bene se pure mi lavo cos? Mi lavo, sempre andato bene e adesso la novit!... Non mi ci portare di l che sento freddo. Poi mi debbo spogliare e mettere nudo. Non mi ci portare dentro al bagno. Tot. Tu mi vuoi bene, non me lo fare.
ANTONIO: (c.s.) M chesto che ciazzecca?
GIACOMO: Che ci fosse la necessit, ma non ce n!... Tu di a Paolina che preparasse il bacile e me lo portasse.
ANTONIO: (c.s.) Insomma, cosa mi debbo credere? Che davvero quellangelo pietoso di mia sorella vogliamo farla pentire dessere venuta a sacrificarsi per portarci un poco di bene? - E per chi che lha fatto?... (Scuote) N... mi stai a sentire?... Tu lo sai Paolina com che dice?... "Per me Giacomo come fossi te." Perch lo sa che quello ch fatto a Giacomo come se lavesse fatto a me. (Bussa) U?!... Te ne sei sceso dalla finestra? Mi stai a sentire o no?... (Pi calmo) Lo sai da dov che vengo? A Sulmona sono stato. - Per il notaio. (Silenzio) Ho una cosa per te ma devi aprirmi se vuoi sapere cosa.
GIACOMO: Tu giura che non mi ci porti di l!
ANTONIO: (c.s.) E tu fammi entrare. Si pu mai parlare a questo modo?... (Silenzio) Poi non avevi una lettera da dettare? Facimmampresso e in capo a unora gi partita.
GIACOMO: (dopo ancora un attimo di esitazione) Ma entri solo tu.
ANTONIO: (c.s.) Entro io solo.
(Giacomo, sollevandosi sul dorso, si arrampica su per la porta; muove i battenti e laltro pu finalmente entrare. Antonio solido e forte, ma ha passato una notte in viaggio e si vede.)
ANTONIO: (accorgendosi dellamico in terra; il che, oltretutto, ostacola il suo ingresso) Ges, e tu cos stai?...
GIACOMO: (tentando di sporgersi col capo tra gli stipiti) La sento, lei con la serva... che riempiono secchi e che li portano. Perch non glielo dici? Tu la convinci. Diglielo tu.
ANTONIO: Giacomo, cos stai?... (E va per sollevarlo)
GIACOMO: Ora successo: per venire alla porta. Ch di piegarlo, il ginocchio, non ce la faccio proprio: un giorno pare guarito e poi, nemmeno pensato, si ricomincia. (E sappoggia pesantemente allaltro che lo conduce) Non sul letto, Tot... sulla poltroncina. Allangolo.
ANTONIO: E non c pi la poltroncina allangolo; lhai voluta tu fuori al giardino.
GIACOMO: (impuntandosi) Allora allo scrittoio.
ANTONIO: Ci stai male l. Vientene sul letto che te la vado a riprendere. Tanto s visto che l non la usi.
GIACOMO: Allo scrittoio!... Io mi ci metto; sempre messo e ora pure questo non va pi bene?...
ANTONIO: (facendolo scivolare a sedere) Ah, che comodit!...
GIACOMO: Ci stessi male non mi ci sederei. (Assestandosi) Perch portano altri secchi?
ANTONIO: Perch se tu non vai lacqua ti si sbollenta e poi dici che fredda.
GIACOMO: Ma perch, se glielo dissi a Paolina che non ci vado e non ci vado?!
ANTONIO: Perch unanima pia, eccolo perch. (Altro tono) Ti proverai mica a scrivere mettendoti qui?
GIACOMO: (sfiorando i fogli sul ripiano) Li tocco. Li tocco e basta. Bello sarebbe che mi trovassi a scrivere!
(Antonio si porta alle sue spalle. Con la destra gli saggia la fronte per sentire la temperatura.)
ANTONIO: Guardati gli occhi!... Tutti caliginosi, tutti incispati sudici. Ma non hai fastidio?
GIACOMO: (abbandonandosi alla carezza) Questo il regalo dellalba per quando non so dormire. (Porta la sua mano su quella dellamico) Sei sudato. Fa caldo veramente. E pensare che io ho freddo... ma gelo gelo. Per questo che non mi va di calarmi. Non te lo direi senn. Chiudi la porta, Tot...
(Ranieri va alla porta. fa dei segni a qualcuno fuori come per dire che ancora bisogner aspettare qualche minuto. La socchiude.)
GIACOMO: Chiusa?...
ANTONIO: Eh!
GIACOMO: Ma bene col paletto?...
(Laltro, trattenendo la sua impazienza, la sbatte per poi dischiuderla di nuovo.)
ANTONIO: C aria greve qui dentro.
GIACOMO: E greve di suo.
ANTONIO: S, beata tte! (Andr poi a spalancare la finestra e a tirare ricche boccate)
GIACOMO: Che sai del colera?
ANTONIO: Continuano morti a mucchi. Ringraziamo a questa casa che ancora ci salva.
GIACOMO: Dalle mie parti, lhai saputo?, ne ha fatti pi di trecento sopra a seimila anime. Ma Pilla dice: "La Beatissima Vergine ha voluto che si fermasse a questo e non di pi."
ANTONIO: E cos sia!
GIACOMO: Ho lasciato quella mia sorella l a patire. Sapessi quanto... (Un profondo respiro) quanto me ne so colpevole.
ANTONIO: Fantasie inutili! Puoi far nulla? - Senza fingere: potresti?... No, e allora?!
GIACOMO: Tu sapevi che la mia Paolina delir per un giovane che portava il tuo nome? - Due cose aveva quel Ranieri suo uguali a te, Ranieri mio - pi il nome -: giovent e avvenenza; perci altre femmine, e ne trattava molte. Cos Pilla lo ricus dopo che fu l a un passo... - Oggi mi par di capire, per qualche segno, che dal ricordo si va facendo un gran rimorso.
ANTONIO: (non falso ma solo retorico) Confortati: lanima bella che si chiama i suoi martiri.
GIACOMO: Mia povera Pilla! Quando me la figuro, come mi scrive, condannata, cost, a vivere in un canile - come mi sembro pi fortunato io, mi credi?! - Povera Pilla!
ANTONIO: Animo! Abbiamo due buone sorelle, Giacomo. Sia io che te. La sorte ci ha dato almeno questo: due ottime Paoline. - Animo!
GIACOMO: S, animo... - Tu parti e mi lasci. (Come per correggersi) Oh, non da solo. - Cara... cara, la tua Paolina!... Ma com difficile amministrare le ore di noia! - Tu parti, e il tempo non basta mai a chi abituato a sperperarlo. Io invece mi riduco a strane osservazioni di cui prima mi vergogno, poi mi convinco. E non c voglia di frenarmi: il pensiero produce follie e il cuore le conferma. Non smuovermi! Questinerzia mi piace.
ANTONIO: E che sarebbe linerzia di cui ragioni? A sta commun debosciato?... O questi begli umori che te li pisci addossi?... (Silensio) Eh? Di!... Guarda che io ti trascino di peso. Lo dico e lo faccio.
GIACOMO: (senza ascoltarlo) Lodorato... - senti che ti dico io, piuttosto - il principe dei sensi. (E sorride) A chiunque tu domandassi: dovendo, di quale ti priveresti?... Ma di questo, subito! Chi ti direbbe altrimenti?... In verit da ci consegue che il principe dei sensi. Umile e occulto. Non riposa mai. Ma sprezzatore, impietoso: pu denunciare il ridicolo nelle sublimit e tutto quel che terreno lo tiene ancorato a terra - e l, dove ci appare pi meschino: l che si fa sommo e maggiormente si avvicina allanima. Negli scenari che crea e in quelli che conserva la memoria e il mistero hanno una gran parte. Notalo! (Ride tra s, mentre laltro ormai costretto ad ascoltarlo) S, pi ci ragiono e pi mi convinco che il naso un ottimo indennizzo per gli occhi che si spengono. (Una pausa) Nei vapori di Pompei... - Ah, graziosa quella nostra visita agli scavi; non sai quanto ti debbo! - ... nei vapori che laggi ho visto come nubi lente - come aquile! - e nellaria ammorbata che fuggiamo da Napoli e qui, nel fetore di vessicanti e pitali - di stantio, e di muffa della carne... io ammiro unApocalisse. Posso fiutare in questa terra dove si incista il gemito. - M bastato di fiutare mentre tu tingegnavi a raccontarmi delle pitture e dei templi, di quello che vedevi... col fazzoletto zuppo sul capo. E io l sul trespolo. - Povero il mio Cicerone!... Lo sentivi, tu, che compianto nei fumi invisibili che ancora percorrono le mura, e che restano come il sudore di un corpo sul corpo?... Tu non vedevi. (Una breve pausa, poi pi lento) Oggi che oggi, tutto passa per i canali di quete mucose che forse mi spiego perch troppo sanguigne. Aprono scrigni di odori che mi furono consueti negli anni, un tempo, e non lo seppi. Da certi libri ne vennero alcuni. Dalla parrucchetta di mio padre. Da Carlo. Da Pilla. - Da me stesso. Dalla gonna lunga e nera di "maman"... - Ah, che gran resurrezione! Io, l, vedevo. (Tace. Ranieri prender quindi a parlare senza essere minimamente ascoltato. Giacomo sprofonda in uno dei suoi silenzi costringendo lamico a grandi sforzi per rendersi nuovamente presente alla sua attenzione)
ANTONIO: (impacciato, per riprendere) U!... Lhai sentito o no cosa ti ho detto?... Ti porter di l con le buone o con le cattive. Guarda ca non scherzo. (Una pausa. Lo scuote) Oh!... Di!... (lo scuote) Giacomo... mi piace che tabbia cos appassionato la nostra gitarella. E la signora e padrona, qui, che non voleva farci andare!... Dice: strapazzo! - Come non ci fossero strapazzi sani che taffaticano s un giorno ma poi i sollievi non li conti! E chi stato a mettersi di buzzo: si va e si va? Il sottoscritto, che dunque, vedi, non vuol certo il tuo male. (Breve pausa) La rifaremo se ne avrai piacere, la rifaremo. Ma Vergine Santissima... ti vedessi come te ne stai aggrappato a quei braccioli!Non fosse da piangere sarebbe comica. E avotate cca! - Se ti sei messo in capo di farti il bagno con tutta la seggiola sarai bello e servito. - (Silenzio. Lo scuote) Oh!... Dico, lo senti che traffico l fuori?... Ma ti pare che coi mille impicci della casa si debba stare tutti messi al tuo servizio - e dunque?... Son capricci da farsi? - E maniera questa?... Fossimo tuoi nemici - peggio. - Lavessi vista Paolina mia - e nu poco e crianza!... m corsa incontro cu na faccella, senza spiegarsi il come e perch. "Forse per me" si dice, povero angelo! E mimplora di implorarti e non capisce. -Ma guardatelo che trema, addirittura!... (Laltro si ribella, fa cenno di no col capo) S che tremi, altro che no! E fermo co ste mmani!... (Pi grave) I taggio ntiso a te. - Oh!... Ma veramente credi che ti vogliamo fare come ai polli nellacqua bollente?... Ca ti vulimmo fa schiatt comma nu granghio? Come a quelli infettati dal colera, questo ti pensi?... (Laltro, sforzandosi, fa ancora cenno di no con la testa). S, proprio questo ti pensi. In citt lo fanno, e c chi prega per esser lessato. C chi paga; o ssapivi, s?... (Silenzio) Aggio visto bbuono?... Tu te crerissi ca te sapimmo appestato e ce simmo misi appaura - o Muccio mio!... Puoi davvero immaginarti che sia tanto scellerato?... (Laltro fa ancora no) Allora se no, Giacom, spiegami tu: ti pare normale che un cristiano, sacramento e tutto, se ne debba scappare per un poco dacqua? Manco fossi nu gatto ca se sa comme la fujie!...
GIACOMO: E non sarebbe una crudelt buttarcelo dentro a forza?...
ANTONIO: Ma ai gatti basta una leccata e son puliti.
GIACOMO: E a me basta che mi si porti il mio bacile e un pezzo di sapone!
ANTONIO: Basta di norma ma stamane si fa come s detto.
GIACOMO: Ma che bisogno abbiamo?... Fosse poi un giorno che si sta insieme! Ho i miei gusti, io, su come badare a me. E quella buona donna - oh, non per dirle contro... - ma lei che a un tratto se ne viene con questi suoi bei comandamenti. E lei. Ma singanna e inganna pure te.
ANTONIO: Cosa minganna? Non la sentissi da me la fetenzia di questa stanza!...
GIACOMO: E il vento di qui che pare sempre con qualche fetore dentro.
ANTONIO: Dicimmo viento adesso!
GIACOMO: E il vento: puzza. E quelle cannacce proprio cost sotto la mia finestra... - Di se non vero: hai provato a scuoterle? Mandano un lezzo che fa salire il vomito. E se non vai tu a scuoterle c il vento che le scuote tutto il giorno.
ANTONIO: Questo le canne ma con te non centrano.
GIACOMO: E la lava! Quella ancora fumante sa di sterco, e qui ce n di lava calda e puteolente.
ANTONIO: Ma un discorso che fai serio o che ti va di ridere?
GIACOMO: Lo dico perch mi fa vergogna, e non vero quello che pensate.
ANTONIO: Una buona volta, basta!
GIACOMO: Sono cieco, Antonio! Vuoi negarmi tutto?
ANTONIO: (con violenza) Acc nu tanfo e chiaviche, ca o vvu sntere o no!
GIACOMO: E vattene! Ti ci tengo qua dentro? Vattene!
ANTONIO: (smorzando il suo impeto) Ma che ti faccio colpe io?... Ti muovi poco e male. Stai malato. Certe pratiche a sbrigartele da solo ti vengono difficili - e ch, ti facciamo colpe, forse?... Eccoci qui, pronti. Ma che ci tocca pure penare per servirti...
(Una breve pausa.)
GIACOMO: (pi che calmato, stremato dal breve battibecco) Se ti prometto: fra due minuti, due minuti ancora me li lasci?...
ANTONIO: Due minuti per fare che?
(Una pausa.)
GIACOMO: Con la tua testa certo che difficile capire che supplizio sia per me quello che per te una bagatella.
ANTONIO: E tu spiegami. (Giacomo, ostinatamente o perch davvero non sa come rispondere, tace) Spiegami!
(E laltro tace. Ranieri, per alcuni istanti, sembra trattenersi. Si slaccia il colletto della camicia. Sbatte via, a sberle, un po di polvere dagli abiti. Poi nervoso ma pur sempre contenendosi...)
ANTONIO: Infine: la vuoi dare o no a questo tuo povero, tribolato amico la possibilit almeno di cavarsi gli abiti lerci che ha indosso da iersera e di buttarsi un poco in santa pace a riposare?...
GIACOMO: Lo vedi?... Hai bisogno di lavarti pi tu di me.
ANTONIO: S, levati, Giacomo!
GIACOMO: Levati e lavati.
ANTONIO: Ecco, levati e lavati.
GIACOMO: (fermandolo) Si detto: due minuti. - Debbo addestrarmi: sai cosa ho scoperto? Che lasma, se la converto in riso mi si calma. E non un poco, ma del tutto. Sei avvertito: ci impegneremo a ridere! (tace in cerca di un argomento nuovo per temporeggiare) Tu che pensi?... C da aspettarsi ancora nulla da quel monsignore in fiamme lass?...
ANTONIO: Temi il vulcano? - Non ti sufficiente lepidemia?
GIACOMO: (accorgendosi, o intuendo, che laltro sta mettendo mano tra le sue carte) Che guardi?
ANTONIO: Niente, guardo.
GIACOMO: Non me le confondere. cerchi qualcosa? - Cos me le mischi... Per favore!...
ANTONIO: Se son io che te le tengo in ordine!...
GIACOMO: (con uno slancio, a cercare la mano di Ranieri per fermarla) Me le mischi, no!
ANTONIO: Ma coshai paura di perdere? Sono tre giorni che non mi detti niente? (Trovando qualcosa tira via dei fogli)
GIACOMO: Che hai trovato?
ANTONIO: Ti sei messo a scrivere da solo? - Sei impazzito?... Ci son qua io, perch fai di queste scemenze?
GIACOMO: Mica sempre ci sei. Non ceri e dovevo rispondere a mio padre. Gi son due lettere che mi sono arrivate insieme e non rispondo.
ANTONIO: (furente) E sia! tanto che cimporta? Che vada alla malora quel poco di vista sana che ancora ti rimasta! - Lo dici a me e lo si fa insieme.
GIACOMO: Lavrei fatto ma tu non ceri.
ANTONIO: E maspettavi. (E scorre il foglio)
GIACOMO: Ma son due righe. Puoi vederlo da te: quando non ho potuto mi son fermato.
ANTONIO: (stentando a leggere) Eh, beato chi capisce!
GIACOMO: Ho scritto quasi al buio. Per appuntare appena.
ANTONIO: (decifrando a fior di labbra) "... E che... e che coi miei infelicissimi occhi comincio la presente..." (Allaltro) Ci fai il pianto e te li consumi. (Bussano alla porta. Lui risponde di malagrazia) Al tempo! Ora ci siamo! - (Legge) "Il tono delle vostre lettere alquanto secco..." (A Giacomo) Da chi te le sei fatte leggere queste lettere?
GIACOMO: Una da Paolina. Laltra era breve e ci riuscii da solo.
(Un silenzio. Poi Ranieri riprende a leggere.)
ANTONIO: "... Ella credette chio trascorsi tra le cose questi sette anni..."
GIACOMO: (corregge) Tra le rose;
ANTONIO: Tra le rose... (E va avanti) "Chio ho passati invece tra i giunchi marini..." (Allaltro, per capire) Giunchi marini?...
GIACOMO: Ti pare che li ho passati bene, Tot?...
ANTONIO: Ma questo vorr dire che, se gli scrivi cos, tuo padre penser subito male contro di me; che debba esserci chiss che colpa, mia o di chi sta qui dentro, nel badare alla tua salute e a tutto il resto che ti riguarda... (Bussano. Lui, ancora pi brusco) M venimmo!
GIACOMO: Almeno domani, oggi no.
ANTONIO: Oggi o domani cambia assai!
GIACOMO: Domani promesso: nemmeno fiato. (E si tormenta le mani)
ANTONIO: Io finisco che quelle mani te le lego!...
GIACOMO: Ti prego, domani.
ANTONIO: Oggi ci sto io,
domani Dio provvede.
GIACOMO: Poi non lo sento il bisogno! Tu dici che c, ma se io non lo sento
vuol dire che non c.
ANTONIO: Manco di mangiare in modo appena concio ti senti il bisogno, tu!... I giunchi marini!... - E che sarebbe se dovessimo lasciarti fare come ti garba? Sciroppi e cremolati: non c altro. Per ingollarti un poco di minestra calda ci vuole da imboccarti con una cucchiaiata di brodo e una di condensata di pistacchio. Bello questo! E ci si danna. Gradiscilo almeno e non disprezzare. Poi scrivi: i giunchi marini:... - Guarda il bordello che ti sei fatto qui! Ma decoro questo? Una latrina mi sembra!... Una buca per maiali!... Acc sta stanza diventata na pruvasa! Dove tocchi tappiccichi.(E getta in un angolo dei panni sporchi)
GIACOMO: (terrorizzato) Che stai prendendo adesso?
ANTONIO: (raccattandone altri) Panni! Qua tutto si riduce a straccio.
GIACOMO: Ma che panni?
ANTONIO: (frugando per il letto e tirandone fuori altri ancora mentre il mucchio, nellangolo, saccresce) Panni tuoi, lerci, che ti tieni nascosti a marcire.
GIACOMO: Non li nascondo: per averli addosso quando sto a letto. E freddo.
ANTONIO: Ma dove sar mai tutto questo freddo che senti?
GIACOMO: Ce labbiamo davanti... - Linverno pi ghiacciato delluniverso.
ANTONIO: E quando sar ne parleremo. (E si ferma a riprendere fiato dopo il suo furioso rastrellamento)
GIACOMO: Per me ne posso gi parlare: nelle mie ossa inverno fatto. Tu vai col barometro del muro, non come me che il mio ce lho ficcato nelle carni. Guarda il ginocchio! Qua sta linverno - tocca!... Avanti, San Tommaso, vieni a metterci la mano, tocca!
(Una breve pausa.)
ANTONIO: (meno aggressivo) A maggior ragione: bel modo starsene buttati cos per terra come ti ho trovato... (Ancora una breve pausa) Quella bestia del medico poi venuto per vederti?
GIACOMO: Doveva, ma dicono si stia battendo in prima fila a Napoli per il colera.
ANTONIO: Buono gli torna! Non c che il colera adesso; e son quindici ducati a volta per smuoverlo di l.
GIACOMO: Ma ce n pi bisogno?... Senza eroismi: ci posso rinunciare. Tanto sempre quelle due stesse cose mi ripete, poi una bella urlata e basta.
(Ranieri si cava di tasca un sacchetto che poggia sul tavolo presso Giacomo)
ANTONIO: Questi da Sulmona.
(Giacomo, sempre a causa della vista offuscata, non capisce che sia. Allunga la mano, ma a vuoto, per rendersi conto di cosa si tratti. Finalmente...)
GIACOMO: (quasi in un grido) I confettilli miei!
ANTONIO: Che rimanga un segreto. Te li ho presi ma non avrei dovuto.
GIACOMO: (divorandone subito qualcuno) Questi no, s visto che mica mi fanno male. Quelli di Capodimonte s, i bastoni dolci, perch lo zucchero.
ANTONIO: E qui non ce n di zucchero? E tutto zucchero e glassa.
GIACOMO: (mangiando) A me lo dici? Sei tu che li hai portati...
ANTONIO: E subito che sabbuffa. - Fatteli durare, ch di tornare a prenderli per un po non se ne parla.
(Mentre Giacomo trangugia i suoi dolcetti, Antonio va a prendere un flacone dacqua da sopra un ripiano. Umetta un fazzoletto e torna dinnanzi a Giacomo che sta con la bocca piena.)
ANTONIO: Tirati s con la faccia.
GIACOMO: (c.s.) Perch?
ANTONIO: Leva, ca strigliammo nu poco stuocchie ncianfrugliati. Tira s.
(Giacomo, sempre masticando, porge il viso.)
ANTONIO: E fermo!...
GIACOMO: (con un lamento sottile) Fa male...
ANTONIO: (continuando a medicare) Fa quello che deve fare. Guarda la cispa, gua...
GIACOMO: ahi!
ANTONIO: (c.s.) S - ahi, ahi... - A ogni modo un fatto che da quando, per purissima indolenza, hai voluto smettere coi sublimati, non s visto che peggioramente.
GIACOMO: (ancora offrendo, con una certa insofferenza bambinesca, il volto agli impacchi) Una medicina pi inutile non poteva trovarsi.
ANTONIO: Tutti bravi a curarsi da s. E accostati!... - Le fosse son piene di morti guariti. E vieni qua! Ch tallontani?...
GIACOMO: (subendo) Tot... ma che gli faresti tu a un corpiciattolo cos?... Se lavessi, che gli faresti? Ha deciso di essermi nemico? E gli sono nemico anchio.
ANTONIO: (terminando) Ah, che pensata! Sai a chi lo fai il dispetto con questa tua bella filosofia? A te lo fai, e a chi gli tocca di tenere appresso ai danni che ti combini. Ma girati di qui, levati dalla finestra. Proprio in mezzo alla luce piena ti sei messo!... E non dirmi "che ci fa?", perch ci fa. Tienti qua, alzati che ti muovo la seggiola. (E lo solleva di forza, con uno strappo)
GIACOMO: (ha uno spasmo di dolore insopportabile) Ah!!! Mi vien male! Mi vien male!
ANTONIO: Ma vai sullaltra. Se sforzi quella certo che ti fa male.
GIACOMO: No, ti prego... Riportami gi! Riportami gi!
(Quasi gli manca il respiro per la fitta. Stringe i denti. Con grande cautela e con notevoli sforzi torna a mettersi nella stessa posizione in cui si trovava in precedenza. La congestione gli ha fatto avvampare la faccia. E in piena crisi dasma. Ranieri lo guarda preoccupato.)
ANTONIO: Calmo... riprendi fiato. (Gli va alle spalle. Gli si china sopra. Lo preme sul petto come per aiutarlo a regolare il respiro) Come ti stato detto che devi fare, eh?... Prendi aria... Lento, bene... Poi conta due secondi e mandala fuori. (Laltro tenta di eseguire) Contati due secondi?... (Giacomo annuisce) Piano, regolare. Piano. Com che tha detto quello? Te lo ricordi?... Che il respiro nemmeno lo devi sentire. Piano. (Una pausa. Laltro respira ma a fatica. Emette dei piccoli rantoli che vorrebbe sopprimere) ... Piano.
GIACOMO: (impercettibile, come per fargli il verso) Chiano...
ANTONIO: (accostandosi con lorecchio alla bocca dellamico) Che hai detto?
GIACOMO: (appena pi forte) Chiano chiano... (e se il petto non lo facesse soffrire vorrebbe ridere)
ANTONIO: Ecco, s... chiano chiano. Bello e tranquillo.
GIACOMO: (fa cenno di s con la testa, poi, come prima, impercettibile, ma stavolta quasi a prendere in giro se stesso...) O ranavuottolo...
ANTONIO: Giacom, tu ji parl fforte, i taggi a sent!
GIACOMO: (appena pi forte) O ranavuottolo tranquillo...
ANTONIO: (afferrando) Ah-ah... E ancora a questo siamo?... Certo che tieni una permalosit che fa paura!
GIACOMO: Ma no, mica lho detto arrabbiato. Anzi!... Quasi pagherei, ci credi?, per sentirmeli ancora a cicalare dietro, al caff Pinto, o allItalia...: "Eccolo il ranocchiolo che torna..."
ANTONIO: C proprio voglia di starsene al caff di questi giorni! - S jamme... obbedisci. Quanto dovremo farla pazientare ancora quella povera suora mia che ci si mossa apposta per farci un poco di carit?...
GIACOMO: (afferrando con forza lamico per un braccio) Ranieri mio, che tu non debba mai sapere in che paurosi ferri di tortura possono trasformarsi le membra del tuo corpo! - Lanima ci sta impigliata. Sagita ma non si libera. La gravit non mi sembra nellaver fede in Dio ma nella sua volont damarci. Non astuto?... Mi fa distinguere solo ci che chiaro... i miei fogli... la luce delle ginestre l fuori - tra le vigne arse e mangiate - e poi si trova che non c nulla di peggio per le mie retine di questi fogli, o delle mie ginestre... Che la ricetta la tenebra definitiva. (Una breve pausa) Va l... Vedi perch meglio scriverle le cose? Cos sembra, dicendole, di imporle a chi le ascolta. Povero Ranieri mio... (Una pausa. Poi con altro tono) Di, confessa: tu a Sulmona non sei andato solo a veder notai... no, no...
ANTONIO: E chi altri?
GIACOMO: Chi sai tu.
ANTONIO: Se vuoi malignare, nego.
GIACOMO: Falso! Falso! Ti sei gi tradito, e sai quando? Quando mhai raccontato, caro il mio signor dimentichino, che dai primi dagosto sarebbe stata a Sulmona quella tal Linuccia che commercia acque di odore a Portici, vero o no?...
ANTONIO: E quando mai te lavrei detto?
GIACOMO: Quando cominci a piacerti, e che gi teri fatto un tuo disegno su come rivederla e dove.
ANTONIO: Eh, giusto quella!... Sai chi mi ricordava?... Figurati una sorella pi magra e pi giovane della Malvezzi.
GIACOMO: E meno troia?
ANTONIO: Che sia troia un fatto, ma ora dici per dirlo. Tu fai cos con le donne: prima le adori a vanvera e poi le insulti.
GIACOMO: Io sono in pace ormai...
ANTONIO: E fermati con quelle dita!...
GIACOMO: (continuando) In pace, in pace... - Mi sento come una raspide presa dentro a un bicchiere rovesciato. Ma un bene cos. Se amassi picchierei contro il vetro per spingermi verso ci che desidero.
ANTONIO: (dopo una breve pausa, forse solo per soddisfarlo) E sia! Se proprio ti preme lho vista.(rispondendo allo sguardo interrogativo di Giacomo) A quella sua sorella magra. Vista e servita. Per conto mio e per conto tuo.
GIACOMO: (rianimandosi) Non vero, non ci credo.
ANTONIO: Amico mio, il bicchiere a me non lhanno ancora calato sopra.
GIACOMO: (scosso dalle risate, eccitato) E come avresti?... Dun lampo, cos... ma che bagascia mai?... - Va l, buffone! Te linventi.
ANTONIO: (caricando per fare spettacolo) Minvento cosa, quando m bastato solo una strusciata dellarnese sulle natiche che quella, per una sfioratura, mi si rivolta con una faccia tutta avvampata come se gi se lo fosse trovato sparato tra le cosce?...(Giacomo ride e lui rincara) E che gli vuoi dire se Messi Reverendissimo, capita lantifona, si leva su a chiedere zuppa e pan bagnato?... Muccio mio! Tu ci credi a me?... Beh, una scrofa nata per intonar lodi al cazzo! (e ridono; intanto, senza che i due se ne avvedano, la porta comincia lentamente a dischiudersi)
GIACOMO: (singhiozzando per le risate) Te linventi! Vai via, buffone... te linventi!...
ANTONIO: E come squillava lallodola assatanata e strutta pe fasse arrevut comma na cazetta! Ma che ti dissi io?... Mai troppa premura ci vuole. Per la mazza ci fanno le bave tutte a una a una, e non c altro: solo a cavargliele. Gonne nserrate e fiche spalancate! - (La persona che sta per entrare bussa nuovamente alla porta) E venimmo! Nu mumento!... (Giacomo si tappa le orecche per non sentire) Inutile che fai il sordo. Taggia purt pp fforza, o cos o cos.
GIACOMO: (chiuso in se stesso) Antonio mio, sapessi come mi sento quando mi racconti a questo modo!... Come una cameretta chiusa e tu ci bisbigli dentro. Questanima molla... si scordasse di vivere! Per vivere a me questo basterebbe.
ANTONIO: (scuotendolo) Jamuncenne!... Oh! Ti carico con tutta la sedia, sai! - Tu ti credi che non sono capace?
(Giacomo si fa di pietra con le mani serrate contro le orecchie. Di l dalla porta, ormai semiaperta, si intravede una rigida figura di donna che sta facendo il suo ingresso.)
ANTONIO: (con altro tono, per convincerlo) E vabbuo. Lo confesso. Mi ci hai spinto tu, per ridere. (Lo scuote) Oh!... Nun o vero!... Eh, bella sarebbe che fosse tanto facile. Ce piacesse! Poi a chilla, altro che magra... sicca e nira. Tutta puntuta, e manco si taccidi te la d. E nu fatto: anche con quelle che schifi ti tocca di pagare. Ma mondo questo? - Tutte accuss. (Gli si accosta) In bianco, Giacom... In bianco. - E stacca sti mmane!!! Tu gi poco ci vedi, m manco ce vu sent?... (Lo costringe cos a sorridere)
(Sulla replica di Giacomo la porta viene spalancata del tutto e sulla soglia compare, di pietra, Paolina Ranieri. Mani conserte sul grembo. Volto senza un brivido; la sfera cranica, gi minuscola, chiusa e quasi rimpicciolita dentro una cuffietta grigia. Labito, egualmente grigio, a tunica, lungo sino alle caviglie e non stretto in vita. Antonio la guarda angosciato.)
GIACOMO: (che, per la sua cecit, non s accorto di nulla) Tu poi per mica hai mandato per le mie carte a Recanati; grandi promesse e nulla... (silenzio) Tot, ci stai pi? Mi senti?...
ANTONIO: Eh?...
GIACOMO: Le mie carte.
ANTONIO: (guardando fisso sulla sorella) Che carte?
GIACOMO: Le mie, quelle che mi servono, che ho in borgo; coi libri e gli incunaboli del Fozio. Tre volte te ne diedi lelenco. "Ne manderemo Lucella! Ne manderemo Lucella...!" E s visto come! Starebbe l fuori, adesso, a portar fascine per il mio supplizio?...
ANTONIO: Non son tempi di viaggi ormai.
GIACOMO: Saran tempi, allora, di promesse a vuoto.
ANTONIO: Si vedr, Giacomo. Come poco sar pi facile, la manderemo.
(Paolina, nel frattempo, adocchia sullo scrittoio qualcosa che pare animarla. Con passi secchi e silenziosi va alle spalle dei due e sgombera il ripiano dai dolcetti sparsi; Ranieri trema a questoperazione. Giacomo si accorge del movimento.)
GIACOMO: Che mi togli, Totonno? Che stai facendo?
ANTONIO: (immobile, confuso; per non svelare la presenza di Paolina) Mi pare... s, mi pare che ne hai avuti abbastanza. Da bravo... (E guarda la sorella per capire cosa intenda fare) Ora li teniamo via, li riavrai pi in l.
GIACOMO: Non ne mangio pi, lasciali - ti giuro: non ne tocco.
ANTONIO: (c.s.) Iddio ne scampi! S visto, a lasciarti solo, come ti si contiene!...
(Paolina, stringendo il cartoccio tra le mani premute sul grembo, arretra di qualche passo e attende immobile.)
ANTONIO: (rinfrancato) E insomma?! Qua dicevi due minuti e dovessimo far notte... - Jamme! (E lo tira)
GIACOMO: (infantile, per salvarsi) No, fermo! - Non posso!... Ho mangiato. Mi far male alla digestione. Vedi... Sciocchi noi a non pensarci! -
ANTONIO: E vorr dire che se ti verrano le coliche almeno ti troveranno pulito.
GIACOMO: (con uno strazio sincero) Ma star male!
ANTONIO: Da Papa starai, altro che male.
GIACOMO: (lacrimoso) Il bacile mio!...
ANTONIO: (con forza, a chiudere) Tho detto basta!!!
GIACOMO: (rassegnandosi) Almeno una preghiera, Tot. Una sola. Non mi fare spogliare di l, davanti a loro - ... Prendi la mia cappa bianca, l.
(Ranieri esegue, sotto lo
sguardo vigile di Paolina.
La "cappa bianca" consiste in una sorta di lenzuolone di tessuto
spugnoso. Non proprio immacolato.)
ANTONIO: (tornato dinnanzi a Giacomo) Allora? Che dobbiamo fare?
GIACOMO: (in un soffio) Tirala s.
ANTONIO: (esegue) Pare che taspetta la forca.
GIACOMO: Bella tesa.
ANTONIO: Ti debbo aiutare?
GIACOMO: (Porgendo i piedi per farsi sfilare le calze) Solo per queste...
ANTONIO: Quelle invece te le tieni. Ci devi camminare: tutto freddo in terra. E spicciati!
GIACOMO: (iniziando, impacciato, a spogliarsi) Te lho mai detto che cosa sera fisso in capo mio padre?...
ANTONIO: Ora spicciati, poi me lo dici.
GIACOMO: (sfilandosi piano e a fatica la parte sopra della camicia) ... Che mi facessi prete, perch sperava che la ventolina mi coprisse un poco la gobba. (Trema. Si stringe in se stesso. E a dorso nudo ma semicoperto dalla cappa che laltro tiene sollevata) Coprimi, ho freddo.
ANTONIO: (senza muoversi) Pensi di ficcarti nella tinozza con tutte le brache?...
GIACOMO: (battendo i denti) Intanto coprimi!
ANTONIO: Ma cosa debbo fare io con te?! Poi dici chiss come a casa ti chiamavano "prepotente"!... Altro che prepotenza questa! - Levati quelle brache!
(Con grande pena e tra
mille contorsioni Giacomo si sfila la parte sotto dei suoi indumenti.
E unazione che si protrae per alcuni secondi.
Ranieri d segni di evidente impressione di fronte alla nudit dellamico, o
perlomeno questo ci che avverte Giacomo.)
GIACOMO: (duro come non stato mai) Beh, cosa vuoi?... Che guardi?... Non lo sapevi che a me mha succhiato tutto il cervello?... Coprimi, ho freddo!
(Antonio si scuote e subito lavvoltola tutto nellabbondante lenzuolo.)
GIACOMO: (ancora pi duro senza accennare a muoversi) Cosa pensi adesso?... Che cammini da me?
ANTONIO: E chiedere troppo?
GIACOMO: (definitivo) Non posso.
(Antonio si risolve a cingerlo robustamente per le spalle e lo aiuta a voltarsi. Chiedendo il massimo alle vertebre martoriate, Giacomo tiene sollevato il capo, con fierezza. Come un Nazzareno ormai pronto per il suo supplizio. Paolina, a un cenno del fratello, scivola fuori, lesta, per luscio dischiuso. Antonio si dispone, infine, a condurre laltro verso la porta. Quando vi giungono, la spalanca con un piede. Si ferma sulla soglia e, con voce roboante, mostrando fuori quel minuscolo fagotto...)
ANTONIO: ECCE HOMO, DONNE!... FIAT VOLUNTAS DEI.
(I due escono. A passi lenti Antonio, stentati Giacomo. Ancora pochi istanti di luce nella stanza ormai vuota. Poi buio.)
ATTO SECONDO
(seconda stanza)
Personaggi di questo atto:
Paolina Leopardi
Lucella
Scena:
Reggia di Recanati. Stanza
di Giacomo. Un letto, una finestra e mobili ben serrati. Una camera disabitata
da tempo. In penombra.
Il letto poco pi di un lettuccio . Deve intuirsi che ha servito pi un
bambino che un adulto. Su di esso ricascano i lembi azzurri di un delicato
baldacchino a vela.
Pochi cenni sulle due
donne: Lucella florida e furba. Indossa il suo abitino pi elegante; un po
sprimacciato da un lungo viaggio in carrozza.
Paolina minuta; svelta e silenziosa nei movimenti. I capelli lucidi spartiti
sul capo e raccolti a crocchia sulla nuca. Nellobbligatoria austerit della
sua figura pu scorgersi qualche deviante segno di follia.
Nel complesso la situazione, seppur velatamente nera, dovrebbe riverberare
tinte tragicomiche. Anzi, a maggior ragione in quanto nera. Chi ama Dickens pu
capire che intendo. Va ricordato che, in et matura, Paolina compil un curioso
scritto dal titolo: Statistica
delle persone morte in vari accidenti nellanno I859.
(La serva al centro della scena. Ha con s una grande borsa-valigia; evidentemente vuota, poich se la tiene stretta al petto senza mostrare il minimo sforzo. Paolina L., dalla sinistra di chi guarda, va a chiudere le ante della finestra. Torna, quindi, a fermarsi in prossimit delluscio. Tiene, tra le mani conserte, una busta in pelle, gonfia di chiavi grosse e piccole: il suo tesoro.)
PAOLINA L.: Poggiate l... - Bella aperta.
(La serva esegue; spalanca la borsa dopo averla poggiata in terra, proprio al centro della stanza. Una breve pausa. Paolina inspira forte per il naso.)
PAOLINA L.: Salsa di scalogni. (Una breve pausa. Poi, tirando fuori alcune chiavi dalla sacchetta, ma senza muoversi di un passo) Intanto che faccio state comoda.
(La serva, ringraziando con un cenno del capo, se ne va rigida a una seggioletta, l a un passo dalla borsa.)
PAOLINA L.: Sar stato di strapazzo il vostro viaggio; e per fermarvi nulla. (Laltra tace. Paolina si interessa a selezionare le chiavi) Dunque... vediamo di ritrovare tutto. Con un poco di buona volont... (Ancora selezionando) Quella ci vuole, nevvero?... A sporte ce ne vorrebbe, di buona e santa volont... (Infine, sollevando il capo e pi diretta) Siete una buona ambasciatrice voi?
LUCELLA: (impercettibile) Se comanda.
PAOLINA L.: (nuovamente immobile) Gli direte: viva viva. Meglio ancora: sopravvive. Dei miei casi pi noti ne avr gi avuto, mi credo, larghi anticipi da comuni conoscenze. Non vedo come non sia stato. Ripetetegli comunque, insomma, questo: innanzitutto come voi pensate di avermi trovata e vista. Quel che sia. Non voglio aggiungere, propos de moi, unopinione mia alle vostre. Non direte "bene" se mavete vista male o perchio vi chiedo di tacerglielo. (Si porta, distinto, una mano ai capelli legatissimi. Una breve pausa) Fra me e Giacomo non si comunic mai che con lautentico vero. Gli direte cos? (Laltra annuisce. Un silenzio) Se vi domander di pi ditegli cose giuste, pari a quelle... (Tace. Tende lorecchio per ascoltare da oltre la porta) Sha da parlar piano. Questi colpi: li udite?... Gli stivali di mam. Non perch spii o non voglia; ma sha da parlare piano. (Va presso la porta; la socchiude; guarda fuori. Si volta verso laltra) Di me ditegli che resisto. Glielo direte?... - (Ora si muove agitata; riprende in mano le chiavi ma forse solo per maneggiare qualcosa) E questa la parola che dovrete usare. E che vivo - che vivo... badate: assuefatta. Ah, lui, cost!... Beato con quel suo burbero e generoso amico - ch burbero burbero ma generoso pure. (Le si porta affianco) Poi... di figura si dice assai un belluomo. (Le si accosta a un orecchio) E quello che si dice o che davvero ? (Non aspetta risposta, subito si riallontana) Di portamento forte e asciutto. Gioviale a vedersi e ad ascoltarsi. E schietto, s. Pur se non del genere della razza sua napolitana cos cupa e forte. Ma identico a quella, pare, nellanimo che si slancia e sappassiona e, a tratti, perci burbero e generoso anche un poco fuor di proposito; non lo dicevo a caso. (Una breve pausa. Come a riprender fiato) Oh... io ripeto quel che lessi decifrando dalle lettere di Giacomo e da altre voci che circolando su di lui mi giunsero. E quanto si narra o quel che ?... (Nuovamente non d tempo per la risposta) Poi, infine, quel nome che porta un gran nome. Ranieri: bello. E neppure m nuovo, sapete?... Non in patronimico, come per lui, ma vero nome: di persona. Ranieri. Ne conobbi; e quel che si dice, per elogio, di questo vostro qui sattaglierebbe pur bene a quello mio. Punto a punto da starne stupefatte; perci temo desser deviata dagli arzigogoli miei privati sino a farmi chiss che idea di una persona che invece presente e vera - e che tanto mi concerne dacch il mio povero fratello sta per intiero messo tra le sue mani ormai. Care mani, pietose e generose. Monumento di carit. (Tace. Saccosta alla porta)
LUCELLA: (quando laltra guarda fuori) Chillu nu fiore e Ddio!
PAOLINA L.: (voltandosi) Dicevate?... (Silenzio) Ripetete.
LUCELLA: (impercettibile, sapendosi guardata) Chesto.
PAOLINA L.: (dopo una breve pausa di incomprensione) Se ne fosse dato di riabbracciarci, labbraccio mi disfarrebbe per la troppa felicit. E un modo mio: chiudo la speranza in un timore perch ne smorzi lappetito; ch forte, credetemi! Ma, per virt divina, sempre di meno fino a che, mauguro e temo, languisca del tutto. Quando sar giunta a questo stato potr ben dire se sia pi tortura quella, o questa di sentire e di volere. (Una pausa. Poi con altro tono, per estinguere la malinconia) Siamo chiari: io dicevo abbracciare Giacomo, non lamico. Ci fosse da prender fuoco!... (Tornando a interessarsi delle sue chiavi e rianimandosi) E poi ancora!... Ce le promettono ce le promettono, come se fossero da farsi tra loggi e il domani, queste benedette strade ferrate e le avete viste voi?! Ultimi nellEuropa in tutto e nelle mani di Roma per tutto. Per le piccole cose e per le grandi. E orbo chi protesta! (Si calma. Sorride. Guarda in direzione della porta. Sta un attimo col fiato sospeso. Guarda la donna che, a sua volta, sempre seduta, s tutta ruotata sul busto per incrociare lo sguardo dellaltra. Va ad aprire le piccole ante di alcuni mobili) Qui ci sono i giacimenti. Qui sta loro. E a metterci le mani chi non conosce, andrebbe a scapitarci di matto. Dunque... sapete voi cosaltro serve da prendere... quello che vha chiesto. Qui tutto, oltre la borsa che gi si preparata. Lelenco che avanza, dico dei libri, si vedr dopo sotto. - Allora, dunque... Le cose dordine pratico per quanto pi mi sembran fatte. Mi duole solo che partirete appesantita, ma infine limpiccio tutto a montare e a scendere dai legni poi il guaio dei cavalli. Ors, al lavoro!... (E si mette a tirar fuori dai mobili grandi plichi e fascicoli di carte legate tra loro con nastrini che mantengono ordinate suddivisioni. Lavorando...) Non vi fate meraviglia della mia eccitazione. (E tira fuori) N crediate che mi sia tanto consueta. (E tira fuori) E che una parte sotterrata di me... uff!... sta sempre allerta per dirompere - come un poco mi accade qui di fronte a voi, ma appunto perch ci siete voi. (Tira il fiato e continua: sia a parlare che a sistemar carte) Pure le piccole cose mi esaltano, dacch son rare come le grandi. Ora voi mi giungete donde vive il mio adorato fratello. Portate di lui. Vi guardo e immagino delle vostre attitudini quotidiane. Vivendo insieme ci si conforma luno allaltro. Voi abitate, mia cara, nelle sue giornate. Dove, per anni, fui io lunica cittadina. Oh, non lo conto pi quel che trascorso. Conto il futuro che mi identico al passato e mi pare, per me almeno, un rosario sufficiente. Ma voi del mondo venite cos, ratte come il vento che uno "zummmmm"... come un lampo per cui non si fa in tempo a dire lampeggia, e a me, poveretta, pare quasi di neanche accorgermi. (E crolla sopra un gran mucchio di carte che ha appena deposto in terra. Fogli e plichi sono, per lintanto comparsi dappertutto, fuoriuscendo dai tanti mobili e mobiletti che Paolina andata ad aprire. Ora si alza e va ad aprire ancora) Allons nous! Allons nous!... La tesoriera son divenuta... la vestale che guarda al fuoco di questa cameretta, mi credete?... (E torna a cercare) Io tengo le chiavi. Di tutto. Della porta. Dello scrittoio. Dei comoirs. Dei pensili. Dei secretaires. Sono io che mi curo, quand tempo, di farla riassettare a dovere. (Una breve pausa; poi, quasi tra s) Ci metter pi luogo quel benedetto?... Lo volesse il cielo! (E riprende, di lena, il suo trafficare)
LUCELLA: (mentre laltra prona alla ricerca di qualcosa) Aggia ven? (Paolina non sente) Si vvulite... - Chi nun saccio.
(Paolina di scatto si solleva, si volta e va, angustiata, sulla soglia.)
PAOLINA L.: (rivolgendosi fuori) S, mam?... Mavete chiamata, mam?... (Una breve pausa, poi allaltra) Excusez moi. (Ed esce)
(Lucella, rimasta sola, si alza. Si aggira per la stanza; poi va presso il letto. Tocca, carezza la sopraccoperta; si inginocchia. Accarezza ancora. Ne bacia e ne ribacia un lembo. Tocca linterno. Ne scuce, con uno strappo abile e deciso, il rincalzo della fodera; si prova prima con le mani poi con i denti a strapparne via un angolo; ma sente del rumore; corre nuovamente a sedersi. Attende immobile alcuni secondi. Nulla. Fa un passo in direzione della soglia. Le sembra che non stia venendo nessuno. Si riaccosta, cauta, al letto. Ma saccorge di un rumore e torna veloce a sedere. Dopo alcuni istanti rientra, presa da agitazione e col volto infiammato, Paolina.)
PAOLINA L.: (parlando a rotta di collo) Mia cara, ditemi! Voi che per caso... prima ancora sotto o adesso qui, per caso vi siete accorta... che forse avete visto se per caso tenevo tra le mani, da qualche parte... una cosa-una...(E si muove frenetica per la stanza) Ma no no no, che ne sono sicura! Se fossi stata io a prenderlo - no, impossibile! - o a lasciarlo "dove garba a questa testa vuota - dice mam - senza rispetto! Senza rispetto!..." - ma me lo ricorderei... (Allaltra) Un cerchietto piccino, di legno: vi parso mica di vederlo?... (E cerca. Laltra si guarda attorno, ma senza raccapezzarsi) O Beata Vergine! Sempre a me si cercano le cose; poi non si trovano e vai a dire "no"!... Dio, che caldo! Che caldo! (Guarda tra le carte, che mette in gran disordine, poi sotto i mobili, ovunque) Un cerchietto poco meno che un piccolo bracciale... Che magari lavete anche visto e ritenuto da niente, ma no - lo ricordereste. Nero. Io qui stava. A rivedere gi... - Che poi dopo si trova e, come son certa, si trova che laveva lei che adesso grida a me che lavevo io, e tutto passa come non fosse detto. Come se la distrazione fosse, capito?, quando tocca a me chiss che colpa, quando invece sua allora niente, basta l - nemmeno da starci a ragionare sopra. (Va alla porta, guarda. Allaltra) Grande cos, capite?... Che quando, che so? - quando lo tengo tra le mani mi si pu vedere al massimo che ci gioco; poi, s, pu accadere - con un altro a suo tempo m accaduto - che lo lascio e davvero non maccorgo - ma ormai lo so, ci bado. - (E non sa pi darsi pace) Dio mio! Dio mio!...
(Si agita sempre pi. Anche Lucella, nel frattempo, s messa a cercare. Paolina, evidentemente richiamata, si volta di scatto verso la porta.)
PAOLINA L.: Che dite?... S, vi ascolto.
(Esce trafelata. La serva tenta di capire se le dato il tempo di riprendere loperazione che aveva dovuto sveltamente abbandonare; ma stavolta, dopo pochissimo, Paolina rientra. Appare calmata. Ancora sulla soglia tira un profondo respiro. Poi va alla borsa che sta aperta in terra; si inginocchia. La apre pi che si pu. In silenzio.)
LUCELLA: (alle sue spalle) Ma chillera prezioso assai?
PAOLINA L.: (senza voltarsi, quasi non le importasse gi pi della cosa) Trovato. (Sorride, e sistema carte nella borsa con premura infinita) E dove stava? Tra le pieghe della sua gonna. Nella balza ritirata s. Non cera da giurarci? - Tic, per terra: eccolo. E l. Tutto chiuso. (Si alza, va ad un mobile) Dunque... di nuovo a noi! (Si porta una mano al petto, tira ancora un forte respiro come a deglutire un sorso daria) Dissi che volevo darvi lastuccio delle penne fini che dapprima venne e si prese, poi le riport tornando e che infine laci qui. S. (Va ad aprire un mobiletto e ne cava fuori lastuccio) Dove furono da sempre... - Di queste penne, credetemi, sarei pi adatta io che lui a dirne bene o male. Oh, non perch scrissero altro se non cose sue. No. Ma chi le us, queste, fui piuttosto io. - E quanto!... (E le alliscia una ad una) - Oggid pure c chi lo fa per lui di scrivere in sua vece, e dunque: chi lo fa per me di scrivere per lui. Ma non si creda... e andatelo a dire! - non si creda, questo mio nobile erede, di usurparmi la fama di copista e la stima che, presso il mio Giacomo mi sono guadagnata. E la sua predilezione. Massima. Domandatelo e vedrete se negher. So che lottimo Ranieri, e lo vedo da come son scritte le lettere che marrivano, ha una mano agile e pulita. Caratteri sicuri, da bella lettera. Non c che no. Ma la sua Pilla fu... la sua Pilla fu che inizi quel benedetto al sollievo, almeno, di questo fedele servizio. E non per mesi, o per giorni, ma per anni - e giorno a giorno senza sosta. Qui dentro - qui, proprio. - Ripresi fiumi della sua voce e li arginai, sulla carta, in parole. Allombra; quasi al buio. Non si poteva tenere un solo mezzo scuro discostato che gli bruciava agli occhi. (Una breve pausa) Ho nostalgia di quel suo male come fosse, al ricordo, un mio bene. (Ripone le penne nella borsa come un prete che rimetta lostensorio nel suo tabernacolo) Tenetelo caro, in nome di Dio, tenetelo caro! (Sta in ginocchio, ferma, col capo chino sul petto. Cos ha mormorato, quasi tra s, le ultime parole. Una pausa) Ore trascorse, ore e ore con lui nella camera buia, che ascoltava i suoi discorsi, raccoglieva le sue confessioni; era testimone dei progetti, dei sogni, delle idee; delle illusioni. E mi diceva, lui, che trovare un buon copista lottimo tra i guadagni possibili. E cos mi carezzava... - Mi molceva l core. Si formavano le sue parole al tempo che la mia mano le passava per i fogli. E spesso male; ma vho detto: al buio.
LUCELLA:(inaspettata) Lui le carte mi disse. Le scorrete e no.
PAOLINA L.: E son pronte le carte. Son quelle che vuole. Eccole! Penserete mica di caricarvi quante ne vedete!... Ma so io di quali ha bisogno. E ci stanno. Gli incunaboli gi son messi altrove. Semprech, voi mi dite, poi tutto non vada in lazzaretto per le misure che, un poco ovunque, si vanno a prendere per il colera!...
LUCELLA: E quello per questo volle che me ne venni adesso.
PAOLINA L.: Voi lo sapete,
s?... Dico: per certo.
LUCELLA: O ssaccio.
PAOLINA L.: Per il dazio: avete i soldi da pagare tutto?
(Lucella annuisce.)
PAOLINA L.: C molto per.
(Lucella, tirandola fuori da sotto i vestiti, mostra una saccoccetta in cuoio tintinnante. Se la ricaccia subito in grembo.)
PAOLINA L.: Ma ve ne tornate a Torre del Greco o a Napoli?
LUCELLA: Uh, beata vvoi che lotta!... Uno, il padrone, dice vorrebbe: "Stiamo in Villa! "; il signor Conte nemmeno a pensarci - e noi gi che si fa avanti e indietro. - Ora per no: si sta di nuovo a Napoli. (Silenzio) A Vico Pero, o ssapite?... (Paolina fa un lieve segno di diniego con il capo) E bbuono, bbuono. (Silenzio) Nu poco stipati... Ma per quello, a Napoli, gi stata troppa grazia di trovare!...
PAOLINA L.: (pensando ad altro) Solo che senza una copiatura mi d pena di metterle in viaggio in questa maniera. Se vanno perdute sappiate che non c altro: una minuta, niente.
LUCELLA: Accoss me le date, accoss arrivano.
PAOLINA L.: Ne avessi il tempo, con una notte io a unaltra stesura potrei pensarci - ma come farlo? Non si pu e non si pu. - E via! mi rimetto a voi - ma con questo, dico, intesa la promessa?... (Lucella, lenta, annuisce) Come giurato?... (Lucella annuisce ancora, pi decisamente)
(Paolina va a un altro scrittoio, ne prende nuovi fascicoli che svelta deposita nella borsa. Poi da una tasca tira fuori un involto sottile.)
PAOLINA L.: E ci aggiungo anche questa, badate... Una breve mia per lui ma con dentro un piccolo ritaglio di stoffa per mio ricordo. Un gioco, ma lo gradit. E un disegno tessuto a treccia di filo grosso che lo si pu toccare e riconoscere. E un ritratto. Lui lo sa. Ve lo metto insieme. Poi delle mie righe. Ma una preghiera, piccola assai: se ora capita, di l... non ne parliamo, mintendete? Non perch non possa, ci vorrebbe!, ma commerci di scrittura, qui, da parte mia non son graditi, o almeno mi si chiederebbe di render pubblico quello che vo a dirgli - e che, per quanto innocente sia, se detta a lui, la cosa, voglio che resti detta solo a lui e basta. Non umano, forse?... Certo che s, ma la mia vita questo . E sia detto senza il cordoglio che forse unaltra ci vorrebbe. (Una breve pausa. Come per decidersi a dire. Infine, indicando) Lass, guardate...: per la finestra, quellaltra finestra in faccia, l dal cortile... la vedete? Quella. Ebbene. Alla mattina, quando mi levo dal letto, la mia prima apprensione di correre a vedere dallaltra mia finestra, di dove dormo e sto, quella - appunto! In quellansia - oh, breve - cova una gioia che raramente sfoga. Perch l su, se vi compare un vaso di fiori sopra alla sua cornice, vuol dire che per me c della posta. Per me. Ed tanto, mi credete se ve lo giuro?, tanto se allora non levo un urlo per il solo immaginarmi ci che di l a poco mi sar dato. Una voce di fuori. Pessima, forse - ma anche il dolore, ad aspettarlo, m quasi gradito se nuovo; poi conta solo che tutto pu essere. E il cervello mi va in fiamme. Da chi? Da chi?... Da Giacomo, forse. O dalla mia Vittorina, o... - Insomma! Scendo a un punto stabilito della biblioteca e l mincontro col commesso che gi stato dal mio complice del vaso - che poi m confessore e pu togliermi dal peccato gi allistante!... - Il ricevuto, cos, che fu trasmesso ad altri - da altri, in quellauletta, viene trasmesso a me. E cos che so qualcosa del mondo. E cos che il mondo, almeno presso quelli che dicono di amarmi, sa qualcosa di me. (E indica ancora verso la finestra. Una pausa) Cosa mangia, Giacomo? Siete voi a cucinargli?... E sapete come va fatto? Composte di frutta, miele in favi, cacio cotto e budino di semola. Poche droghe, poche spezie. Sciroppi al naturale. - Questa la ricetta con cui venne qui per lultima volta. E ancora quella? La mantiene?
LUCELLA: Sti ccose, come venne la sorella del padrone, issa che e ssape.
PAOLINA L.: (dopo una lunga pausa) Si abbia la mia benedizione. La so per una santa donna. Me ne scrisse il mio Muccio. Una santa e pia... (Sarresta) Paolina come me, nevvero?...
LUCELLA: Eh! Ma non che noi m dicimmo accuss. O Conte frate vostro dice Paolina... Ma a noi padrona.
PAOLINA L.: (trafficando, ma forse a vuoto, con le mani nella borsa) Dunque resti a lei il titolo di Paolina - e che sia lunica, e non se ne parli pi. Per me, lo direte a Giacomo?, me ne torno a diventare, "et in saecula saeculorum", lumilissima sua Pilla e basta. (Guarda nuovamente in direzione della porta. Poi allaltra) Mi scusate ancora?...
(Si leva in piedi, si
scuote via un po di polvere dai vestiti. Porta su una ciocca dalla fronte e
nuovamente, senza fretta, esce.
Stavolta Lucella non aspetta un secondo a correre presso il letto. Sattacca
con i denti allo stesso lembo della sopraccoperta fino a strapparne via un
lacerto. Si infila la strisciolina di stoffa tra gli abiti. Rimbocca alla
benemeglio la ricascatura per nascondere il piccolo misfatto; poi, veloce,
corre per i vari angoli della stanza. Tocca, ansiosa, tutti gli oggetti che le
capitano a tiro cercandone qualcuno da prendere ma che non sia troppo vistoso e
la cui scomparsa non venga subito notata. Si caccia nelle tasche due o tre
piccoli ninnoli scelti senza criterio che non sia quello di una grande
sveltezza di esecuzione nella ruberia - a eccezione di una minuscola statuetta
nera che vien presa dopo essere stata osservata ben bene. Poi, avvertito un rumore,
la serva torna rapida al suo posto. Paolina ricompare sulluscio; Senza esitare
si riaccinge alle sue occupazioni. Forse ha pianto. Si passa, cercando di non
mostrarlo, il polso per le guance come ad asciugarle. In un moto brusco,
polemico, riv alla porta e la chiude decisa.Vi si poggia contro.)
PAOLINA L.: Insiste perch ti tratti con il tu. Le dissi che stiamo giusto per uscircene. Lhai vista, mam?... No?... - Ti parr un demonio tanto pare un maschio.
(infine si rianima e riprende a vagliare quelle tante carte sfogliandole nervosamente, com chiaro, con la testa confusa. Lucella scruta i movimenti e le stasi senza azzardare il pi piccolo cenno di partecipazione.)
PAOLINA L.: (senza guardarla) Vho detto a che serve quel cerchietto? Non mi ricordo se ve lho detto. - Per misurare le uova, sapete?... Lo usate voi? - Io credo, per quanto mi si dica che lusanza nota, credo fermissimamente che si tratti di uninvenzione di mam. Il suo orribile puntiglio. Per le uova: quelle che vi passano le lascia, quelle che non vi passano le compra. Sar per me nelleredit che mi spetta. Gi mi stato avvisato. (Sorride) Dovr ereditare, con quello, anche il gesto. - Non vedo scampo. (Poi, risolvendosi, va a prendere una sedia e la porta vicina allaltra donna. Di fronte, quasi. Si siede. Poi pi diretta, prendendo tra le sue mani quelle dellaltra, e speditissima) ... Voi, comunque, mi farete la carit di aggiungere talune cose, di voi mi fido, che l non son dette a proposito di certi altri affari... affari che mi riguardano e dei quali, penso, Giacomo avr gi saputo - e mi dispiacerebbe assai, assaissimo, che se ne facesse idee a misura di come ne venne informato e di chi lo inform. Gi posso immaginarmi!... (Tira il fiato) Si tratta... (Lascia andare le mani dellaltra) Mi sorriderete dietro se vi metto a parte di... di... vicende legate al mio stato, diciamo, di donna che pi passa il tempo e pi sallontana dal maritarsi?... (Tace. Riprende, e sempre pi a precipizio travolgendo sintassi e consecutio) Dunque, gli direte ci che fu dopo laffronto subito dal Marini - sa bene questo nome e le peripezie che si trascina appresso... - Bello il Marini! Che prima mi si promise - "Oh s s, s s... Una parola vale un contratto!" e subito si ecliss con tutto che chi venne al mio posto si rivel, a ben vedere, n poi tanto pi giovine n poi tanto pi provvista in scudi; e mai che ne sia venuto a noi un due righe - mai! - segno che spiegasse, se non per giustificarlo, questo modo tanto biasimevole di portarsi; sleale a fronte a me, e non solo per me ma per tutta la mia e la nostra famiglia, ch famiglia pregiata e che non si merita di queste furfanterie, villanerie - di queste... di queste levate di spalle, ecco! E poich il tutto, infine, fu perorato sulle prime da Giacomo, se anchegli volesse, coi modi che preferir, tornare a farsi presente presso questo galantuomo... Oh, non certo per chiedere ormai pi nulla a mio conto - che da quello, certo, non si vorrebbe unimmagine pittata, ma s piuttosto perch gli arrivi una buona volta tutto il senso del fastidio e delloffesa che, mimmagino, non si capacita, con quella sua gran testa, di aver portato contro coloro che certo mai pensarono di portare a lui fastidio n tanto meno offesa!! (Respira) Ah!... Lho fatta lunga, ma questo innanzitutto. - La Via Crucis, dovrei chiamarla. Insomma, questo . Bello, il Marini! Ma chiuso. Pietra sopra e avanti. Poi. dovrebbe sapere di un pi recente partito per cui cos stanno le cose. (Una breve pausa. Riparte pi calma, ma il suo tono, via via, crescer sino a farsi nuovamente agitato e convulso) Un signorinello qui dei pressi, un recanatese, insomma, e di e di che vuole avermi sposa. Sazzitta, e ricomincia. Scompare e ricompare. Io "giammai", gli dissi, "giammai!" E ci per quanto segue. (Una pausa) Prima di tutto la sua casa non pu stare, come si usa dire fra noi, alla mia "per suola di scarpa". Oh, poi egli un buonissimo giovine, e lo stato sempre. Cristiano, religioso e tutto quel che si vuole. (Si ferma, inspira forte col naso) Ma ci si metta in conto che: non conosce letteratura affatto; la rinuncia in persona di tutto ci per cui potrei spasimare; poi di unignoranza che lo fa preferire solo quando tace, e di pi ancora quando non c - ed io dovrei passar la vita con uno cui non potrei mai dir nulla di quelle poche cose che so io?... Con uno cui avrei solo da spartire praticacce cotidiane?... Privatezze mute, da bestie?... Ora questo signorino mi ha fatto chiedere unaltra volta. Non vi pare che certe cose gli dovrebbero apparire scontate in s? Non sa egli farseli in proprio i suoi confronti, e capirlo quanto sia fuori di ogni creanza costruirsi progetti che minsultano?... Eppure insiste. Non mi reputa degna di un suo disagio ad affrontarmi cos. E insiste e persiste. Questa sua ostinazione dice a chiare note che quello sciagurato mi vede raggiungibile - e s convinto chio sia cosa che si possa trascinare al suo livello. E torna sotto. E si ripete. E viene. - Quel plebeo conosce come linsistenza sia la pi odiosa delle strategie. S, s - la pi odiosa - tant che... "E Muccio mio - voi gli direte - anche per questo devi dirmi tu qualcosa..." - tant che quasi... m venuta la diabolica idea di dirgli: eccomi! (E, svelta, si fa il segno della Croce. Tace. Si alza. Si volta verso la finestra. Rigida; parla lieve e veloce) Cosa vi sembra? Pazzia?... Fosse, le farei gli onori di casa. (Una pausa) La mia vita, vuota com, posso vederla sino al suo fondo come al fondo di un imbuto. Nemmeno pi il prospettarsi del caso capace di tenermi accesa - poich si danno vite prive di caso. (Voltandosi, allaltra) Ma non debbo, vi pare? Non debbo. Non debbo. Non debbo. Cest une folie. (E si muove per la stanza) Anche per i miei qui in casa, che mi vedono richiesta da certi bei tomi, appetita da questi fior di tangheri!... Non mi va. Mi d fastidio.
(Laltra la guarda; le ha sempre tenuto gli occhi addosso; ora sembra distratta da un rumore che, evidentemente, Paolina non ha inteso.)
LUCELLA: E a voi che vi vogliono?... (Paolina non si muove, non ascolta. Infine fa un lieve cenno col capo come a dire "no") A me per davvero mi parve che vi chiamassero...
PAOLINA L.: (torna a sedersi, guarda innanzi a s) Nulla pi di un lungo sonno pu distrarmi ormai. Che spavento, a saperla, vi farebbe la mia noia!(Solleva lo sguardo, come silluminasse) Ho bisogno grande demozioni forti; ho bisogno estremo, furioso, di veder cose nuove, di respirare unaria diversa da questa essiccatrice di polmoni. E quanto la invidierei questaltra vita a chi la vivesse! Anche donna. E non autentico maschio come vorrei. Anche, nuovamente femmina. (Riprende nel frattempo, ma senza attenzione, a mettere in mucchi un po di carte. Come se sbaccellasse dei piselli) Ah, non potete credervi, piccola cara... Lucella?... (Laltra annuisce) Non potete credervi, Lucella, quale potente fantasia ci vorrebbe per fantasticare una seconda vita simile alla mia, e vera conoscenza... vera conoscenza del cuore umano. (Socchiude gli occhi) Pari solo a quella che lui profuse nella canzone che mi scrisse. Ventanni aveva, e parlare di me lo indusse a un canto quasi di guerra. Non ai primi versi, per. L mi si conosce bene. (Fa per dirli)
LUCELLA: (timorosissima) Solo che l chiamano chiamano - poi che pensano?
PAOLINA L.: Solo i primi. Amate di sentirli?... (Dopo un istante di esitazione Lucella, piano, annuisce) Dunque... sorridete: son perch andavo sposa... "Poi che del patrio nido/ i silenzi lasciando e le beate/ ... larve..." . (Tace. Guarda fuori; quasi indicando) Eccoli i miei silenzi. Qui si vedono. Io ci sono rimasta dentro; ingrovigliata. (Una pausa. Ripete e va avanti, pi sicura) "Poi che del patrio nido/ i silenzi lasciando e le beate/ larve e lantico error, celeste dono,/ chabbella agli occhi tuoi questermo lido,/ te nella polve della vita e il tuono/ tragge il destin; lobbrobriosa etade/ che il duro cielo a noi prescrisse impara,/ sorella mia, che in gravi/ e luttuosi tempi/ linfelice famiglia allinfelice Italia accrescerai...". (Una pausa. Poi, quasi ridendo) Oh, versi di giubilo, nevvero?... E per delle mie nozze. Cosa che sembrava da celebrarsi senza quasi prender fiato. Io li ebbi per un novembre quando tutto sera detto per il gennaio dopo. (Sorride ancora) Oh-oh... Nulla da dire: una gran bella cerimonia! Lavete mai vista voi?... (E ride sorda di un riso sottile e prolungato; si maschera le labbra sussultanti col dorso molle della mano. Poi si frena. Si incupisce. E fremente...) Quello sciagurato impostore... Di pessimo ingegno, di nessunissimo spirito! Mentecatto da due lire, che mi fece orlare un intiero corredo... un intiero corredo! - Vizzo, vecchio, dallo stemma rappezzato; e bruttissimo che a dirlo non si crede. Una cosa una lo faceva forte, e ancor quella si rivel poi un millantato credito: le sue finanze. Ebbene: per ben due volte fu quasi l l sul punto, e non una: due volte!... Ma meglio non sarebbe allora nascere gi vedove?... (Una pausa) Courage! Courage! ... Ah, ma come me le danno queste strade ferrate per me fatta. Nessuno mi tratterr mai pi dallo scapparmene. Perch non dovrei? (Si volge verso la porta) E meglio che io vada e dica che si sta ancora qui. (Si alza. Esce)
(Rimasta sola, Lucella non si muove. Poi, con molta attenzione, tira fuori dai panni alcune cose che ha preso. Le guarda e le carezza. Nuovamente, poi le nasconde. Uno sguardo alla borsa. Si china per calarvi una mano. Recupera la busta di Paolina. La guarda in controluce. La palpeggia con cura per intuire i bordi del disegno intessuto. Sarebbe quasi tentata di aprire linvolto. Lo tocca ancora. Lo ripone. Si inginocchia per capire meglio cosaltro sia stato messo dentro. Infine, alla soglia, si ripresenta Paolina.)
PAOLINA L.: Vi ho chiesto quasi nulla di voi. Ma, vi prego, accomodatevi. E affar mio quello, accomodatevi.
(Lucella torna a sedere. Si stringe le braccia contro il corpo timorosa di esser scoperta nei suoi furti. Paolina le si avvicina di molto. Le porge un bicchiere dacqua che teneva in mano.)
PAOLINA L.: Bevete!... E gi molto caldo, avrete sete. Vi son giorni che una non si sazierebbe mai. (Lucella prende e beve avidamente) Potevate chiederlo, per. (Si china su di lei come gi accaduto, fino a parlarle in un orecchio) Siete una donna felice, voi? (E subito, ripreso il bicchiere vuoto, si scosta senza darle il tempo di rispondere) No, zitta! Prima ditemi questo. (Una pausa) Siete graziosa... S, di bella figura... poi una donna pratica. Senzaltro. Esperta della casa; certo economa; e con giudizio... - Non si far una gran quistione di dote - son impicci che non vi riguardano... Non dubito che terrete chi gi avr fatto su di voi qualche pensiero... (Laltra tace. Forse non capisce) C... O forse c stato?...
LUCELLA:(dopo un altro silenzio) Annema nun me prennette. Annema viva nun me prennette mai.
PAOLINA L.: ?...
LUCELLA: Annema viva nun me prennette mai.
PAOLINA L.: Io parlavo di maritarvi.
(Laltra tace. Paolina riprende a trafficare per la stanza occupandosi ancora del bagaglio. Ha modi, adesso, scostanti. Dunque, un lungo silenzio. Infine, come se un certo pensiero non le si fosse tolto di mente)
PAOLINA L.: Che centra quello che dite?... Ma cosa centra?... - Come se fossero cose che si... cose, via... - Oh, io vi dicevo un altro fatto. Se poi ho capito. Parlate in un modo...
(Non la guarda. Traffica. Da fuori, ma dallesterno, si ode il doppio colpo tintinnante di una campanella. Paolina va alla finestra. Guarda sotto.)
PAOLINA L.: Partirete col prossimo Ordinario?... (Laltra annuisce) E dunque dobbiamo spicciarci. Alla seconda campana il postiglione sar qui. - Ah... su uno di quei legni di posta io me ne andrei per il mondo e chi mi vuole mi voglia! - Bella voi, con le vostre vanit! Bella assai!... (Andandole contro) Allora, ma sincerit!, dite: fu perch non avete voluto o perch non vi hanno voluto?... (Nessuna risposta) Lavete voluto voi di non volere?... Voi?...
LUCELLA: (infine) Me.
PAOLINA L.: E chi, invece, lavrebbe voluto? Chi? Dite.
LUCELLA: (aprendosi in una improvvisa e franca risata) Comma chi?
PAOLINA L.: Chi? Chi?
LUCELLA: (ridendo) Eh, avisse a sap!... Ma va bbuono, va bbuono... (E ride) Io dico quello che mi dicono a me...: tu s bullente e nun lo vu sent...(E ride) Chisto pecch m simmo tra femmene.
(Una pausa.)
PAOLINA L.: Per me non mi preme. Spesso non fui io che lo volli?... Fui io. Cio, di non volerlo. Io. I no mi sono abituata a darli, non a riceverli. Ho altre cose, poi, altre cose. - Io! - (Sta mettendo dentro dei volumi; si ferma in quel gesto) Questi (i libri) non me li ha chiesti ma avr ugualmente piacere a trovarli con il resto della roba. (Li mette in borsa) Saranno per voi una piccola aggiunta in soprappeso. (Si distrae) ma basta, gli direte: resiste.(Una breve pausa, poi con un altro tono ancora) Io non ho inteso, invece, una certa sconcezza che avete detto voi a me. Volgare assai. Tra queste pareti ci son cose impossibili da sopportare: nei fatti come nelle parole. La gravit nellidea. Quando la cosa nata l, la sua consumazione avvenuta. Dunque che accade? Che le vostre parole costringono me a pensare il vostro pensiero. (Le si accosta) Un pensiero sporco. (laltra non capisce) Cara signorina, la vostra vita privilegiata. Pri-vi-le-gia-ta. (Una pausa. Paolina va a guardare se nella borsa manchi pi nulla)
LUCELLA:(alle sue spalle, sforzandosi in una dizione pulita) Io non manco mai rispetto, sa.
PAOLINA L.: (senza ascoltarla) Le penne, s... quellinvolto, la busta, i libri...
LUCELLA: Io non manco mai rispetto.
PAOLINA L.: (c.s.) Pi quello che di l gi pronto.
LUCELLA: E chi non sa farsi portare rispetto a s, nemmanco sa portarlo per gli altri.
PAOLINA L.: (c.s.) Forse mam avr altro da aggiungervi.
LUCELLA: Nun dicite mam e sentite a me!
PAOLINA L.: (senza voltarsi) Sento sento. (Chiude la borsa) Qui pronta. (Prende i fascicoli rimasti fuori e va a rimetterli al loro posto. Poi si arresta dimprovviso a squadrare la ragazza) Chiss mai se tornerete. - Tornerete?
(Lucella scrolla le spalle a dire "non so". Si ode, da sotto, una seconda campanella. Paolina, di slancio, corre alla finestra. Guarda fuori.)
PAOLINA L.: Vi ho goduta per poco.
Partirete, nevvero?... (Subito si frena) E il postiglione; alla seconda campana. Andate.
(Lucella si alza. Con una certa fatica, impegnando sullunica maniglia entrambe le mani, tira s il borsone ricolmo.)
PAOLINA L.: Devo chiudere, andate... - Troverete sotto mio padre col vetturale. Mi disse che anchegli ha una lettera per Giacomo. Sa lui, vi dir. Meriterete un bel riposo... - Ah! E a quel Ranieri: i miei pi cari saluti; e alla sua devota sorella i miei infiniti ringraziamenti. Sar una bellaria, immagino, e un gran bel sole l dove siete. Se il colera non far altri passi come sembra e si teme.
LUCELLA: (senza stccare le mani dalla borsa) In nomine Patri, Filii et Spiriti Sancti... - Avimma preg, signur! A preg fforte.
PAOLINA L.: Porgete a tutti di casa i miei doveri - e a lui, con la pi devota tenerezza. Andate.
(Quasi trascinando il bagaglio per terra, e a passi faticosi, Lucella esce. Paolina, ormai sola, resta per alcuni istanti immobile; quindi si riaccosta alluscio. Guarda fuori.)
PAOLINA L.: Mam!... Alla signorina ho dato tutto quello che si doveva. E andata: giusto adesso. Non lavete vista voi?... Or ora star ancora gi nel cortile. Si pensava che aveste qualche ambasciata da trasmettere o altro. Io scender subito. Chiudo qui, rigoverno allistante e scender subito.
(Va per la stanza a richiudere, uno a uno, tutti i mobili che ha aperto. Poi va agli scuri e li accosta. Va alla porta; guarda fuori, la chiude. Torna presso il letto. Saccorge della falda strappata; si china a veder meglio. La lascia andare. Si sdraia. Sussulta. Singhiozza. Non esattamente un pianto, il suo, ma una sorta di contrazione. Il pianto vero soppresso a ogni spasmo. Si tira su a sedere: si stringe una mano tra le gambe. Torna a sdraiarsi con quella mano serrata che muover sempre pi vigorosamente.)
PAOLINA L.: (alla penombra che la circonda) Venite! - Venite!... perch state l nellombra, mio caro? Prendetemi!... Prendetemi!... (E sussulta con la schiena sul letto) State nellombra perch vi duole... perch vi duole la luce... - Venite... Venite... Venite... Venite... - E il rumore... e il chiasso... e la luce vi duole... e la luce... - Chiuder... gli occhi per non vedere il buio che v caro... il buio che v caro... che v caro... - Ombra... ombra siete... - Prendetemi... prendetemi... prendetemi...
(Da fuori, come da voci che avvolgono tutta la casa, si odono richiami, per lo pi imperiosi e di donna: "Paolina! Paolina! Paolina! Paolina!" Lei ha un ultimo spasmo che si mischia a un urlo di pianto. Salta s a sedere. Quasi si morde al polso il braccio che si teneva stretto, come in una morsa, tra le cosce. In un balzo si precipita alla finestra. Ne spalanca le ante. E una botta di luce fortissima. Spalanca i vetri; si sporge fuori e urla...)
PAOLINA L.: Vogliategli bene!!! Vogliategli bene!!! Vogliategli bene!!!
(Per tre volte cos. Rumori di un galoppo che si allontana. Vento. Buio.)
ATTO TERZO
(terza stanza)
Personaggi di questo atto:
Giacomo
Antonio
Paolina Ranieri
Lucella
Scena;
Stanza di Giacomo a Napoli, in Vico Pero. Al centro, un letto di pessima fattura, visibilmente imbarcato e sommerso, per buona parte, dalla grande massa delle rimbottiture. Sulla parete di destra (la destra di chi guarda) una finestra che d sulla strada. La mobilia varia ma assai scadente. Non si vedono molti libri e nemmeno carte. Un antro al muro dovrebbe assomigliare a un camino. Di fianco ad esso, qualche ferro un po torto e rugginoso. Nella parete di sinistra, la porta che conduce allesterno. Da fuori giungeranno rumori di folla pi o meno attutiti.
(Unambrata tinta diurna illumina la scena. Antonio sta in piedi presso la finestra; guarda fuori in strada tenendo lievemente scostate le tende messe a far da schermo e contro le quali picchia una luce che pu intuirsi vivissima. Pi in avanti, spalle alla scena e seduta su una seggioletta di poco conto, Paolina Ranieri. E impegnata a riportare in bellordine, sopra un quadernino, il contenuto di tanti foglietti che si tiene in grembo. Sul fondo, anchessa seduta e immobile, sta Lucella. Si tiene appena al di l del letto e presso la parete opposta a quella in cui campita la finestra. La ragazza veste un abito ben pi dimesso e goffo di quello indossato nellatto precedente. Ha tra le mani conserte un fagottino e sorveglia diligentemente Giacomo. la cui minima consistenza fisica scompare affondata com nel materasso, sotto enormi e intrisi convolvoli di lenzuola e coperte.)
ANTONIO: (guardando, dunque, fuori come in attesa di qualcosa) Quasi meglio che scendo a tener libera la via per adesso che arriva Danzica col carro. Ci vorr tempo a sgomberarlo dai legni e a caricarlo dei vecchi. - Potessimo con le funi per la finestra - ma che la testiera non passa, non passa... - (Tace. Guarda fuori. Poi la sorella. Una pausa) Io vulisse sap tu cosa tieni da scrivere tanto!
PAOLINA R.: (senza alzare lo sguardo dai suoi foglietti) E metto un poco di ordine fra i conti. Cosa vuoi che scrivo?!
ANTONIO: Qua sulle carte ormai si fanno solo numeri. M venuto il patema per quei foglietti. Dove vado che tocco, ne trovo.
PAOLINA R.: (c.s.) E io perci li levo. (E segna)
(Una pausa.
Antonio si allontana dalla finestra. Si accosta a Lucella che, dopo aver aperto
il suo minuscolo involto ed essersi poggiata un piattino sulle ginocchia,
inizia a consumare un frugalissimo pasto. Lui la guarda; mani dietro la
schiena. Una pausa. Infine, a prenderla in giro...)
ANTONIO: STABAT MATER DOLOROSA/ JUXTA CRUCEM LACRYMOSA...(I due si guardano. Lucella ha la bocca piena e le gote gonfie di cibo. Non mastica. Guarda laltro. Non capisce) O quam tristis et afflicta/ Fuit illa benedicta... - Buon appetito! (E si allontana. Lucella deglutisce; Lui torna nuovamente alla finestra, ma mormora ancora tra s; canticchia tentando quasi di impostare, da tenore - e deve capirsi che lo fa per noia) ... Vidit suum dulce Natum/ Morientem desolatum/ Dum emisit spiritum... (Tace. Guarda gi) Io mi domando quello come trover a fermarsi.
PAOLINA R.: (c.s., senza distrarsi) Perch?
ANTONIO: Eh, perch!... Guarda che ammuina! - Ma si pu vivere qui? - (Scandendo) Si pu vivere qui?... E Giacomo: lo vedrai tu come si riscappa da Napoli e si torna in Villa se non sta subito bbuono - vedrai tu! - Ma quello figurati! Da un lato le trase e dallaltro la esce.
PAOLINA R.: Luc!
(Al richiamo Lucella, in tutta fretta, poggia il piatto in terra e corre da Paolina che, appena sollevato il capo ma senza voltare lo sguardo, le porge il quadernetto da far vedere ad Antonio.)
ANTONIO: (sempre con lo sguardo gi in strada e per allontanare la ragazza che viene a trasmettergli i conti) Leva, leva, leva!...
PAOLINA R.: Che leva?! Avessi da far nulla: son gi tutti segnati e tirati. Ti chiedo tanto? Solo la fatica di vederli.
ANTONIO: Lo sai tu quello che . Se te ne avanza spendilo e poi mi dici quando ti serve dellaltro.
PAOLINA R.: Questo quello che sar comunque - adesso per mi fai un piacere se me li guardi egualmente.
ANTONIO: O bont divina, e vuoi capirlo o no? Fosse che non voglio, ma non ci sto con la testa!...
PAOLINA R.: Tu dimmi coshai
durgente da fare fin quando saspetta?... S, per bene!... Ora, se arrivano,
li lasci ma intanto mi dai il piacere di rifarti quei conti.
ANTONIO: (decidendosi a prendere il quaderno dalle mani di Lucella che se ne
pu cos tornare al suo angolo) Se per qualche impiccio dimmelo chiaro
senza che me lo debba cercare da me.
PAOLINA R.: Che spendere si spende, ecco limpiccio... E che si rischia di andare a flusso scontrollato senza trovar modo di metterci un freno. Io non so pi quante voci son da contare a volta - e dico solo per lo stretto e semplice uso quotidiano. Mettici, poi, lo zampino del diavolo a ricamare il peggio. Ma per forza! Si pu mai stare con un bilancio sempre tenuto in punta di pinza che arriva una ventata e c da lesinare una settimana a riportarlo pari?... Una settimana quand tempo buono. In pi carica le spese personali, e diverse, pure nostre - dacch, mi sembra, qui non c chi non mangi e non abbia i suoi bisogni - e il punto fatto. Oh, sia inteso: io per te mi lamento. Se qua la borsa una ...
ANTONIO: In breve: tavanza nulla?
PAOLINA R.: Ombre. Ma per due giorni almeno fido di farmele bastare. E una scommessa che faccio con me stessa; non mi devi dire niente.
ANTONIO:(richiamato da un rumore esterno scosta di pi la tenda per vedere meglio) Fosse lui!... - Gi un carro ci sta ma con la cerata sopra... (Una breve pausa, poi ritraendosi) No, tira avanti.
PAOLINA R.: Tremo per quando arriver. Sar un bellimbroglio a farlo muovere, quello(Giacomo) ... - Con la pazienza che si tiene!...
ANTONIO: (guardando) Dovessimo aver da padrona la sua pazienza!...
PAOLINA R.: Per due cose dico che questo traffico era bello da evitare. Primo: che tiralo s, rimettilo gi - per cos com ridotto ci voleva proprio questa bella giostra - e secondo poi, non era spesa da affrontarsi adesso quella dun letto nuovo.
ANTONIO: Era da affrontarsi quando si fosse dovuto, e adesso si deve.
PAOLINA R.: Parlassi poi per conto mio!...
ANTONIO: Anima cara, ti conosco. C bisogno che lo ripeti? Ma me linvento, forse, il marcio di quelle traverse?... E verbigrazia! Tu dici: non parlo per me. Chiarissimo. E non di meno quel chio faccio non lo faccio per mio gusto. Pare il colmo: qui stiamo in mezzo ai predoni e ne diamo quasi colpa a noi stessi. (Indicando il letto) Poi non lo vedi com tutto sguinciato e con le gambe segate allosso?... Daltronde si sa quanto c da aspettarsi a metter piede in case gi attrezzate e mobiliate. Ora, in tutta carit: si pu mai farlo patire su quella tavola da galera che torcerebbe la schiena a un sano?... Posto, e non per ultimo, che si avuto pure chi ci ha fatto il lavoro con qualche buon riguardo - e anche in merito alla spesa. Si paga largo e contenuto. Poi di gran legno - per cui, alla peggio, un eccellente mobile che rimane pur sempre a noi.
PAOLINA R.: Purch qui, di casa, non se ne vengano ancora a far proteste che la roba loro non si tocca.
ANTONIO: E vengano!... Andava spiccio il vecchio: "Questo teniamo. Chi paga dorme e si prende quello che paga." - Me lo venga a dire adesso. Poco stato che lo mettessi col naso a far da stucco per quelle fesse che ci infili quattro dita sino al palmo!... Pecorai!... Pecorai calzati e vestiti!... - Me lo rivenga a dire adesso!
PAOLINA R.: E appunto basta che sia dato per definito - questo mi preme - e non ci sia, dopo, da tornar fuori a discussioni.
(Un colpo improvviso. Lucella, come sotto ipnosi, si alzata in piedi lasciando cadere in terra il piatto che si teneva in grembo. Si avvicina al capezzale; scosta appena un poco le lenzuola. Guarda Giacomo: e inizia a singhiozzare. Sempre pi forte, sempre pi forte...)
PAOLINA R.: Luc!...
ANTONIO: (accorrendo) Che c?... (Va a controllare il malato) Dorme. - E allora?... Oh! Che stato?...
(Lucella si preme le mani contro il viso. Si caccia nel suo angolo. E scossa da uninsopprimile tremito di pianto. Singulta sorda, in preda a contrazioni dolorose. I due non capiscono cosabbia. Forse pensano a una crisi epilettica.)
PAOLINA R.: Luc!... Che hai visto, Luc?
ANTONIO: Ma tieni qualcosa? Dillo! Ca te siente?...
PAOLINA R.: O Ges Cristo e Santi tutti del Paradiso, ma questa malata! Lo sapevi tu?...
ANTONIO: (a Lucella) Ma stai malata?... (Silenzio) E fatte asc o spirito! Parla!
(Lucella piange. Quasi, potrebbe dirsi, per il dolore fisico che le viene causato dal suo stesso pianto. E sconvolta da crampi alladdome. Tiene le mascelle serrate per non gemere o gridare. Agita le braccia - le dita divaricate allo spasimo - per tenere lontani i suoi soccorritori. Se ne intuisce il motivo: solo a essere sfiorata prova dolori acutissimi. Un gemito dal letto distrae, dimprovviso, Antonio e Paolina.)
GIACOMO: (in un soffio) Paracal...
ANTONIO: Giacomo!
GIACOMO: Paracal... Paracal...
PAOLINA R.: Ma non parlate, dormite. (Toccandolo) C febbre.
GIACOMO: Paracal...
PAOLINA R.: Che dice?
ANTONIO: E greco. Gli esce spesso... Come noi dicessimo... (A lui) Eh, Giacom... Ca vvu dicere?...(A lei) E una maniera pi che unespressione. - Come... "prego"... "per piacere"... - Eh, Giacom?!... Questo dici?... "Se mi fate parlare un pochetto pure a me... Sempre voi, sempre voi..."
GIACOMO: Paracal...
ANTONIO: Quieto, quieto... (A Paolina) Parla in sonno, non mi sembra sia sveglio. (Allaltra) Luc, sta seduta!... Tu devi starti accorta con queste scene, hai capito? - Perch queste sono scene, belle e buone, e non intendiamo sciuparci a sopportarle. (Lucella fa un ampio no con la testa) E certo, fa di no comma isso! - Stai mparando bbuono, stai mparando.
(Lucella non riesce a muovere un passo. Sappoggia con la schiena alla parete trattenendosi dallo scivolare in terra ma le gambe la sorreggono a stento. La sua crisi, pi che superata, appare dominata con grande forza di volont.)
PAOLINA R.: (andando a sostenerla) Ma no no, figliola cara... Perch cosi? - S, asciughiamo per bene e vientene seduta. Qui gi, comoda - da brava. (E la fa sedere) Ma tu lo capisci almeno perch ti senti questo o no?... E dici! - Tanto lo sai che il Signore vede e punisce. (Silenzio) S, dici!... - Te la sei studiata o naturale?... (Silenzio) O benedetta, come dobbiamo saperlo, noi, se pure a te da fare qualcosa oppure solo da lasciarti agli sfizi che ti passano per la testa!...(Silenzio)
ANTONIO: Ne hai di voglia a sugare sangue dalle rape!...
PAOLINA R.: (Sempre a Lucella) Questo seme del maligno - lo capisci, s?... E a pi ragione se invece vero. La tua salute sta preziosa. Per lamor di Dio: a te prima che a tutti - ma poi anche a noi, e a lui.(Silenzio) E usala quella bocca che tieni! Cosa senti?...
ANTONIO: Ma cosa vuoi che si senta? Di far teatro si sente. La capissi tu come lho capita io!
GIACOMO:(quasi impercettibilmente) Pilla... Pilla...
ANTONIO: (andandogli vicino) Che vuoi, Leopardi? Chi cerchi? Non sta qui Pilla. Qua sta Paolina nostra. La vuoi a Paolina?...
GIACOMO: (c.s;) In quel bicchiere... Nel fondo dun bicchiere...
ANTONIO: Tieni sete?... Vuoi bere?...
GIACOMO: (c.s.) In quel bicchiere mi trovi... nel fondo dun bicchiere... generoso...
ANTONIO: (con tenerezza sincera) Ma che bicchiere vai trovando?... Fai di quei sogni, tu!
GIACOMO: ... Se mi cerchi... - Mi cerchi?... Mi cercherai?...
ANTONIO: Diccelo tu che cerchi, Giacomo. Cos che vuoi?... E non farci indovinare sempre - cos che vuoi?
(Lucella si fruga negli abiti e cava fuori un oggettino nero. Uno di quelli che ha sottratto dalla stanza di Recanati. Lo bacia; si accosta al malato e va a poggiarlo al suo fianco, tra le lenzuola. Poi si scosta veloce. Fratello e sorella osservano senza capire. Infine, dopo brevi secondi durante i quali la scena sembra colpita da unincantata paralisi, Paolina ha uno scatto furente e, con una violenta manata, fa volare via il misterioso oggetto dalle coltri, come scacciasse un ramarro.)
PAOLINA R.: (trasfigurata dallimprovviso impeto) Zingara! Strega! Alle fatture siamo... Ma allora questo proprio il calore che ti monta alla testa. Vade retro! (Segnandosi) A Dio le cose di Dio. E lui che sa! E lui che vuole e non vuole. Tra noi tu non ci vieni a portare di queste vergogne, demonio! Strega! Strega!
ANTONIO: (che ha raccolto loggetto) Paol... non ci gridare "strega"; abbiamo una serva istruita. Lo sapevi tu? Io no. Questa bella e nuova. Una statuetta, nientemeno, che guarda tu di chi ... (Mostrandola) Se non riconosci, leggi... Torquato Tasso... - Lucell... ore ce lo dici o no dove lhai rubata a questa?!...
LUCELLA: E arrubbata a chi?...
ANTONIO: Sono io che lo dico a te. A chi?
LUCELLA: E mia.
PAOLINA R.: (al fratello) Ma se ne avevano in giro di queste cose?
ANTONIO: Io m la vedo. Ce lo spiegasse lei.
PAOLINA R.: Vergine Immacolata, pure a questa si doveva andare a scoprire!...
ANTONIO: (a Lucella) E allora? Tho domandato. Aspetto. A chi?
LUCELLA: Mia !!
ANTONIO: Ma tua di dove?... (Silenzio) Tua di dove?
LUCELLA: Laggi accattata.
ANTONIO: E tu una cosa cos ti vai a comprare?
LUCELLA: Nun me puteva piac?... (Pi forte, quasi con furia) Nun me puteva piac?... - Era nu rigalo... nu rigalo pe isso.
ANTONIO: Beh, qui regali non c tempo e voglia di farli, e perci le lasci da parte queste belle immaginate: non sono cosa tua. Gi con la vita che andiamo menando - e che la vedi... non son due lire quelle che ci tocca di darti - tu fai quello che ti si dice e non un gesto di pi, non una parola di pi - ma nemmeno un pensiero di pi. (Una pausa) N, marunnella pericchiosa... questa adesso va sepolta e transeat, ma unaltra ancora no: levi le suole e te ne vai!
(Un gran chiasso proveniente dalla strada ha richiamato, nel frattanto, Paolina alla finestra.)
PAOLINA R.: (guardando fuori) Stesse gi!... Vieni a vedere un poco.
ANTONIO: Chi?
PAOLINA R.: Danzica mi pare, guarda tu se lui... - (Indicando al fratello che lha raggiunta) L dal cantone, che non lo fanno passare tanta la gente che s messattorno.
ANTONIO: (anchegli appuntando lontano lo sguardo) E quello sar lui s. Bel catafalco andato a prendere per ficcarsi qua dentro!...
PAOLINA R.: (c.s.) Ma che fanno tutti l addosso che saltano e ci montano sopra? Li vedi l che sattaccano e tirano - ma che fanno?...
ANTONIO: (urlando) Danzica!!... Danzica!!... Ma ce lhai la frusta? E dagliela contro a quegli sciagurati, no?... - Niente, sordo come una pietra! Ma guardalo che si fa mandare in pezzi tutto prima darrivare... il cervello dun bue! Il cervello dun bue! (Urlando) E cacciali gi!... Cacciali gi!...
PAOLINA R.: Ma se roba pagata, quello che non ci d sano glielo dici che non si prende. - Oh, Antonio! Glielo dici, s?...
ANTONIO: (c.s., senza ascoltarla) Ecco, manca solo che si ferma adesso...
PAOLINA R.: (c.s., senza capire) Che fa?
ANTONIO: (c.s.) E che fa...s fermato. Non lo fanno passare. - Bestie! bestie! E mica smettono - No! Ne vengono, ne vengono (Ancora urlando) E tiragli addosso! - Bravo, Danzica! A sassate, cos!... E jettte o sanghe all ncoppa! Bestie!
PAOLINA R.: (c.s.) Ora per almeno pare che si muove.
ANTONIO: (c.s.) Ci voleva pure il corteo appresso! Manco un Santo in processione!... Ma guardali, gu... Peggio di cavallette sono, bestie!!
PAOLINA R.: (dopo una breve pausa, guardando) Ant... ma a te ti pare proprio bello quel letto?
ANTONIO: E cosa ne vedi? Solo la testiera smontata. E bello s, non te ne curare: bello e robusto. E non le vedi pure da qua che belle sculture che ci hanno fatto tutte in cima?!
(Nel frattempo, visto solo da Lucella, Giacomo ha sollevato un braccio e, con sensibile sforzo, lo sta ancora tenendo proteso nel vuoto a chiamare qualcosa, qualcosa di suo. Infine il braccio crolla e nuovamente scompare tra le lenzuola.)
LUCELLA: (ad Antonio, in coincidenza con lultima battuta del dialogo precedente) Sign!... (Ma Antonio non la sente) Sign, scusate, ma dovete ridarmi la cosa mia.
ANTONIO: (voltandosi) Che vuoi tu?
LUCELLA: La cosa mia. - E lui che chiede se ci date la cosa mia.
ANTONIO: Leggi i pensieri che sai quello che vuole?...
(Silenzio) Li leggi?
LUCELLA: (timidamente) Ma ci fa male?... (Silenzio) Ci facesse male!...
(Giacomo solleva di nuovo il braccio. Antonio, allora, si decide a porgere la statuetta a Lucella che va a prenderla per deporla nel palmo aperto di Leopardi. Lo aiuta, poi, a richiudere le dita. Il braccio di Giacomo pu cos finalmente ritirarsi col suo tesoro tra i panni. Una pausa.)
GIACOMO: (sempre ai limiti della percettibilit) Mercurio!... - Tu lo sai cosa pu Mercurio?... Lo sai?...
ANTONIO: (per tornarsene alla finestra) Paolin, senti che cerca.
PAOLINA R.: (inginocchiandosi presso il capezzale) Dite. - Stiamo qui, vedete... - Dite;
GIACOMO: (c.s.) Tu di se lo sai.
PAOLINA R.: Cosa volete che si sappia se non mi fate capire voi?
ANTONIO: (senza nemmeno girarsi) Ma di "s"! Di "s"! Non vedi che non ti riconosce?!
GIACOMO: Lo sai?...
PAOLINA R.: Certo che lo so.
GIACOMO: No...
PAOLINA R.: Come "non lo so"? - Lo so, lo so.
GIACOMO: Porta tanti, e lievissimi, sogni...
ANTONIO: (sempre guardando in basso, per la finestra) E fatta, v - gi arrivato... - (E guardando meglio) Ma cosa vuole il vecchio, pure quello?!...
PAOLINA R.: Cos? Se n uscito ancora?...
ANTONIO: (gridando fuori) U, padrone!... Sera detto chiuso il discorso - e che ? ricominciamo?
PAOLINA R.: Io lo sapevo, lo sapevo che si tornava fuori a far baccano!...
ANTONIO: (c.s.) La mesata ve labbiamo versata o no?... (Forte) Tutta o no?...
PAOLINA R.: E un poco piano. Te ne venisse qualche ragione in pi a gridar cos!... Piano!...
ANTONIO: (c.s., continuando, come per una replica) Non un altro discorso affatto! E poi che sopra a questo siamo a posto, voi adesso fate passare e scaricare tutto!!! (Scandendo) Voi fate passare e scaricare tutto!!! E sia detto che la spesa che andiamo ad accollarci un bellomaggio vostro, perch se qui ancora ci teniamo a quartiere, e pagando denaro fiorito per lo sconcio che ce ne viene in cambio, dite solo grazie al malato che abbiamo in collo... - Danzica! Tu non dar retta, slega!... Non dar retta! Stacca le funi!... E a voi ancora non vi basta?... (Corre a prendere un ferro del camino e tornando a brandirlo) Se non volete questo tocco di ferro in testa vi levate allistante e fate passare!!! - Ve lho detto chiaro?... Lho detto chiaro?
PAOLINA R.: Madre di Dio, nemmeno a farlo per gesto... Tirati via! E maniera?
ANTONIO: (ritraendosi) Ora lui che protesta. Non c da ridere?... Io scendo dabbasso. Pure a quellaltro hai voglia a dire "smuoviti"!
PAOLINA R.: Ma sei calmo, s?...
ANTONIO: Son come mi vedi. Lo sai tu se mi vedi calmo. (Ed esce)
(Paolina non sa darsi pace. Teme il peggio. Si muove nervosa per la stanza.)
PAOLINA R.: O Ges Cristo misericordioso... O Ges Cristo misericordioso... ma vedi tu che situazioni!... (E torna a spiare per la finestra gi in strada) E mica se ne va quellaltro, mica se ne va... - (Sporgendosi) O s?... No, rieccolo. O Ges Cristo misericordioso, se ne andasse! Se ne andasse!...
LUCELLA: Scendete anche voi, signor... Stategli appresso. Voi qualcosa gli dite, un poco lo fermate. O frate vuosto se si accende duro...
PAOLINA R.: Dici che vado?...
LUCELLA: Eh!
PAOLINA R.: (dopo unaltra esitazione, accennando a Giacomo) Tu guardamelo bene. (E va)
(Una breve pausa. Poi Lucella corre presso Giacomo.)
LUCELLA: Io a Mercurio o saccio... - Mercurio porta buoni sogni, o ve?...
GIACOMO: (tenta, a fatica, di portar s le braccia che annaspano tra le lenzuola) Pesa...
LUCELLA: Che pesa?... Dicite a me. - Chesta. (La statuetta) A vulite ver?...
GIACOMO: S... un poco s...
LUCELLA: (sollevando la statuetta in modo da tenerla ben alta, in faccia allo sguardo spento dellaltro) Accuss?... La vedete cos?... La vedete? (Un silenzio. Con altro tono) Mercurio o saccio. Voi vi pensate di no? Ma o saccio veramente...
GIACOMO: (in un soffio) pregalo!... Pregalo!... Mai nessuno lo prega, ma lui ascolta chi lo prega...
LUCELLA: E lo state pregando voi?... O putimmo preg nzieme...
(Un silenzio.)
GIACOMO: (quasi tra s) Tu invochi, e sei invocata... Sogni, e sei gi sognata...
LUCELLA: Sognata quando? Eh?... Da chi?...
GIACOMO: (c.s.) Viva sarai, sotto infinite palpebre. (Tace)
LUCELLA: Ma a me lo dite?... Io a voi voglio pregare. E a voi che voglio pregare. (Giacomo non risponde. Lucella, sempre tenendo ben alta la statuetta, arretra verso langolo dove gi stava) I vaggio ascoltato, notte a notte. Respiro a respiro. - ORE E ORE IN QUESTA CAMERA BUIA... - Dite a me che sogno ma i aggio mirato i vostri di sogni e penzo... non fosse cos - se potevate parlarmi come si parla tra due che non cianno altro di mezzo che loro e basta... che si guardano e si parlano - ma allora proprio, Gesummio, cosa ci avreste fatto della mia testa che gi accuss se ne perde come lacqua dal secchio... - u! Mi sentite m?... (Una pausa. Passa la statuetta da una mano allaltra per far riposare il braccio) Io, se mi metto a sognare, finisce che mi perdo i sogni vostri. E che dormo? No?... mi stropccio gli occhi, mi tengo sveglia, vi guardo. Vi sento. - Faccio bella e buona quello che mi comandano e cos ne approfitto. Me ne approfitto pi che se arrubbassi sopra ai soldi della spesa. (Piano, come in una confidenza) Me ne approfitto leggendo, che con quelli peggio che arrubbare. Peggio. (Una pausa) I me mettesse accuvata ncoppa o lietto vuosto e accuss me ne stesse. Sempe. Sempe. A ve guard. Se mi lasciate, m, stutate ogne ccosa comma nu stoppino. (Una pausa. le parole si confondono) Io... O Vergine Madre... (Sforzandosi infine a dire) Io tengo... unaffezione per voi che a me, nzomma, a me pare di volervi un poco bene assai. Vabbu... dicimmo pe mm. Dimane chi o ssape!...
Ma si murite spegnete pure a questo. (Ancora facendosi forza) E i m pienzo che... i vaggio tuccato e arrevutato tante chelle vote e in tutte chelle manere che m nun me sembrarria accuss di scandalo una piccolezza - che, nzomma... sarebbe niente se me ne venissi appena solo pe nu vaso... uno solo piccerillo. (Un silenzio) Vi posso baciare o no?... (Giacomo sorride. Volta il capo da un lato. Evidentemente ascolta, ma tace. Lucella abbassa finalmente il braccio) La vostra vita sallontana dala mia doppo a stu fatto grosso, a sta cosa enorme... - Oh! Mi sentite o no?... Se uno subito m mi prendesse e mi buttasse in un bosco a fare il suo comodo non mi farebbe di meno di quello che avete fatto voi a me. - Scetateve! (Ma Giacomo sveglio e continua a sorridere) I nun voglio fern comma chilla suora vuosta ca ciavete zucato lanema con tutti i cumannamenti... i nun vogghio fern comma issa - comma na bizzocca addolorata ca nun sape chi manco chello ca tene fra le cosce... Scetateve... Poi non succede pi niente - ma ve lo posso dare un bacio?... Per una volta, ve lo posso dare o no?... (Silenzio) Ve lo posso dare un bacio?...
(Un lungo silenzio, poi la risata di Giacomo si fa quasi percettibile.)
GIACOMO: ... Gloria in excelsis Deo...
LUCELLA: E s?...
GIACOMO: ... Gloria... Gloria...
LUCELLA: Nemmanco sulla bocca se non vi piace... (Un silenzio) Io vengo...
(E muove un passo, ma subito sulla soglia si presenta Paolina. Lucella si immobilizza mentre laltra pare ricacciata indietro da un fetore insopportabile.)
PAOLINA R.: (con una smorfia, facendosi aria) Me lhai vuotato il pitale? (Va a guardare sotto il letto. Ne tira fuori il pitale) Non lhai vuotato. Vuotalo!... Non vedi che ha sbarazzato? - Bella figura adesso con quelli che salivano, bella figura! (Lucella prende il pitale ed esce) State sveglio?... Vogliamo cambiarcela la camicia e non farci trovare tutti cos in disordine?... (Giacomo scrolla lievissimamente il capo) Sempre lopposto dite, e come si pu sbagliare?... Per intanto lavete visto, a non dar retta, che brutto colore tiriamo fuori con quello stomaco cos inguaiato?... - Tutta sciolta lavete fatta, e bianca. O beata pazienza! E gi diciamo grazie alla Madonna che stavolta non ci ho visto macchie dentro.
GIACOMO: (disperatamente) Zitta, per carit... ve ne scongiuro, zitta!
PAOLINA R.: E che dico? Non dico forse la verit?
GIACOMO: Sta gente. Me ne vergogno.
PAOLINA R.: Gente chi?
GIACOMO: (pianissmo) Quella donna, l, che parla a qualcuno.
PAOLINA R.: Che parla a chi?
GIACOMO: A un mostro che non le sa rispondere.
PAOLINA R.: Ma quale mostro? Qua Lucella ci stava e se n pure uscita.
GIACOMO: (dopo una breve pausa) Lucella la serva?...
PAOLINA R.: Eh, Lucella. La sapete a Lucella, s?...
GIACOMO: E sola?...
PAOLINA R.: Sola. Ecco tutte le donne che avevate in camera. Questa bella assai: a chi volevate che dicesse? O vi pensate che stiamo in una piazza di mercato che, cos, a chi gli piace se ne viene a conversare come gli garba?... Suvvia, non sar invece che vi siete svegliato solo or ora?... (Giacomo scrolla il capo) Leterno "no" - no no no no. No a tutto. E fatelo almeno per complimento a dire qualche volta "s". (Una pausa) E passata la fantasia?... E che ridete adesso?...
GIACOMO: Se lei... pure nudo mha visto...
PAOLINA R.: Ma chi?
GIACOMO: E mha toccato... toccato e rivoltato...
PAOLINA R.: Se dite di quella, non la sola che s presa di questi bei piaceri.
GIACOMO: Possibile che a me dicesse?...
PAOLINA R.: E appunto non lo credo anchio.
GIACOMO: Se era a me, chiamatela!... (Silenzio) Richiamatela!!!
PAOLINA R.: (con distacco supremo) Di nuovo a questo siamo?
GIACOMO: Correte! Chiamatela! Correte! - Ma a chi dico? Ai muri?... (Paolina lo guarda inorridita) In nome di tutto il bene... di tutto il bene che volete farmi e che mi fate... chiamatela! Non mi fate sforzare di pi... Perch non parlate? Non ci siete?... Erano parole dette - e vere!... A me! Mie!... Per me! A me! - Non me le ritogliete, non le riportate via... Paracal! - Paracal! - Non le ricacciate nel silenzio che se le tenne per anni - Oh, basta, non ne posso pi, non pi di questo baratro che pare fondo come un oceano ma piatto - piatto e pieno di sanguisughe. Non mi ci tenete ancora a bagno! - Chiamatela! Chiamatela!... Antonio!... Antonio!...
(E continua a invocare lamico, smaniando.)
PAOLINA R.: (buttandosi su Giacomo e trattenendolo) Pazzo siete! Ma cosa volete adesso? Che pure vi si leghi?... (A Lucella, che appena accorsa, fulminandola con unocchiata) E stattene lontana tu... Jate! Jate!
GIACOMO: Antonio! Antonio!
PAOLINA R.: S, cercate... cercate chi vi protegge. E un poco fermo vi volete stare o no?... Guardate qua che margini vi siete aperti in petto! Ah, bello il capolavoro... E fermo!
GIACOMO: Antonio!... Antonio!...
PAOLINA R.: E sangue questo! Lo vedete che sangue?...
ANTONIO: (precipitandosi dentro) Giacom... qua sto. (Lo tocca sulla fronte) Brucia.
PAOLINA R.: Parla che non si capisce.
(Ma Giacomo non parla pi, n si lamenta. Respira affranto, pesantemente.)
ANTONIO: Giacomo, di... te ne vorresti venire un poco in braccio a me?... Solo un poco. Il tempo che noi si sbriga una cosa e basta.
GIACOMO: Non sar che adesso dobbiamo spostarci unaltra volta?...
ANTONIO: Malfidato che sei!... E solo per il letto. Te lo mettiamo bello forte e nuovo. Sei contento? E grande. Grandissimo. Vedrai tu che meraviglia a starci!
GIACOMO: (artigliandosi alle spalle dellaltro) Ma si pag! Perch ci cacciano? Tu mavevi detto che sera pagato!
ANTONIO: E s pagato! Nessuno ci sta cacciando.Vieni qui... Mettimi le braccia al collo.
GIACOMO: (esausto) O no... unaltra volta fuori, no. Sera detto e ridetto, no... Poi a mezza stagione, ma dove ce ne andremo?...
ANTONIO: Anime sante del Purgatorio, dateci voi la pazienza... da nessuna parte ce ne andremo. Qui restiamo - qui!
GIACOMO: La cassetta mia... Le mie cesoie...
ANTONIO: Uno ti spiega chiaro e tondo e tu sempre a fare lo sdegnoso.
GIACOMO: La mia cassetta... dov?
ANTONIO: Sta messa bene, non ci pensare.
GIACOMO: Dov?...
ANTONIO: (decidendosi) Io te la do ma tu ti calmi. (La va a prendere. Giacomo la apre... ne cava delle forbici) Ci stanno, ci stanno...
(Giacomo richiude la cassetta e se la stringe, tremante, al petto.)
ANTONIO: (a Lucella) Tu! Prendi la coperta pi grossa. - Io adesso me lo carico e voi scendete gi le materasse. Ma rapide. (Lucella si avvicina con la coperta) Mettigliela attorno e stringila forte.
(Con gesto veloce, molto tecnico: da infermiera, la ragazza solleva di strappo le lenzuola e avvolge nella coperta il minuscolo corpo di Giacomo che ha sussulti di reazione terribili. Si difende come pu, scalciando e graffiando. Gemendo straparla. E chiaro che non riconosce nessuno. N Lucella, n gli altri.)
GIACOMO: Tienilo gi, schiacciato. Senza premura di far pesante. Tienilo gi... (Alla sorella che vorrebbe intervenire) Non c bisogno... Ora cede, ora cede...
PAOLINA R.: Ha sangue.
ANTONIO: Poco.
PAOLINA R.: Ma c.
ANTONIO: (secco) Latte dasina! - In fretta ch sotto aspettano.
GIACOMO: E asma nervosa... Non ci fa niente il latte dasina.
ANTONIO: Ci fa, ci fa.
(Paolina va da Giacomo con un bicchiere colmo e glielo fa tracannare a forza.)
ANTONIO: (a Giacomo) Quando vuoi senti e capisci.
GIACOMO: (espettorando) A vomiche ne sputo, come sangue - a vomiche! Tu mai che ci credi a me - asma nervosa questa... asma nervosa...
ANTONIO: (alle donne) Ora cede, ora cede. - Levati, Luc!
(E con un gesto gagliardo va a caricarsi in braccio Giacomo come se fosse nulla, poi si mette in un angolo ad aspettare che le donne sistemino in terra lenorme, abbondantissimo materasso liberando il letto. Lazione si svolge rapida e silenziosa. In Paolina e Lucella si avverte una meticolosa perizia che d il segno della consuetudine a questo genere di operazioni. Infine, Antonio deposita il corpo scosso di Leopardi sullestemporaneo giaciglio attrezzato in terra e lo rinfagotta a dovere. Quindi va al letto. Con botte di pugni e calci ne smonta la testiera e le traverse. Giacomo sembra voglia ripararsi, ma senza sapere come, dalla furia di quella demolizione.)
ANTONIO: (distruggendo) Eccolo il bel letto sano!... Lo tocchi e se ne cade. (Assestando un colpo poderoso) Oi canno !... Tutto ci sta qua dentro fuori che legno: fradiciume e bestie. Ma adesso, Giacom, si cambia musica... (E abbatte) Una bella scocca nuova di pialla, eh... Lustra lustra, che nella camera dun re potrebbe stare. (E distrugge, e tira) E schiuovete, benedettiddio!... Jamme-!!! (Schianta le traverse e tutto limpianto crolla) Morte al passato! Via! Via!!! - Ah, ma ora che ti vedi laltro...: sigillato a pittura con mastice dArabia, e legno vivo - vivo! - vivo e sano che respira e non si sforma!... E questa la bellezza: che pure a duecentanni il letto si fa antico e mai ch stato vecchio. - Uff!... Giacom... poi me lo dici se ciai mai dormito, tu, dint nu lietto comma chisto!... (E colpisce ancora) Qua poco ci manca se ti fa passare anche la voglia di tornartene guarito. (Muovendosi in un nimbo di polvere mena gli ultimi colpi)
(Loperazione compiuta. Antonio si ferma a riprendere respiro.)
GIACOMO: (mormora inascltato. Non si sa a chi dica) Lui, certo... ci insiste che non questo, ma solo per suo tornaconto che lo fa... "Signor Conte... le diagnosi le fa il medico, non il malato." - E asma... Da quando mai ci vuol latte dasina per dar contro allasma nervosa?...
ANTONIO: (caricandosi pezzi del letto) Io porto gi. Pure voi cercate di sgomberare un poco. Basta di vuotare il pavimento da poter salire a montare laltro.
(Antonio esce. Nel tempo che segue anche Lucella e Paolina riusciranno e rientreranno varie volte sino a liberare del tutto dai resti del massacro. Ma la loro presenza ormai inavvertibile per Giacomo; come per loro inavvertibile quello che Giacomo dice.)
GIACOMO: Paolina, sai che?... Una bella limona... - una limona calda.
(La scena si oscura paurosamente. Un rombo distante, di tuono. Giacomo, ormai solo, si muove nel materasso come una mosca impastoiata nella colla.)
GIACOMO: Tu, amico mio... chi me lo dice perch non mi parli pi? Neanche maccorgo di quando ci sei e di quando te ne vai. Colpa mia, colpa mia. S persa lumilt in questo piccolo cuore che manda un vento di ghiaccio a spegnere fuoco su fuoco... - Io lo vedo il mio male, sai?... Come una figura che mi venga innanzi, senza infingimenti. Pura. Chiede dessere... chiede dessere amata, sai... Da me. da me, sai... - Oh, lasciatemi in pace... lasciatemi in pace... - Pilla! Pilla!... (Respira profondo a pi riprese) I nostri corpi si frequentano altrove... l, nellombra dove siamo. - Chiamami! Chiamami e vengo. L... NEL BUIO CHE ME CARO... - L, alla cuccia sotto la cupola a vela. Sotto la vela azzurra, l, sbattuta dal vento. Tra le pagine scosse. Chiamami! - Se vengo, tu per... tu non devi guardarmi. (Tende le braccia al vuoto) Voltati al muro! Voltati!... Son nudo, non vedi?... Se ti volti posso muovere le gambe, venire. Se mi guardi, svanisco. Oh, pace!... Pace!... Torquato mio... Pilla! Pace!... Vattene, cuore! Sali! Sali! Non mi restare cos fermo, presente, cos preso nel petto. Non adesso voglio pi accorgermi di tutto... come fossi qualcuno chiunque... Paracal... pace! Pace!... Via la minestra dal tavolo! Via i panni dai vetri! - Per piet, Antonio! Per piet, soffoco!... La luce! Aprimi, Antonio! Aprimi, soffoco! Dio mio, soffoco!... (Dal fondo delle scale si odono colpi pesanti e ripetuti che salgono e sempre pi vicini. E il letto che viene portato s. Leopardi ne scosso, spaventato) Mam?!... Mam, siete voi?... Siete voi, nevvero?... Aspettate me che vengo, aspettate me - l di fuori, ve ne supplico, mam!... Non vedetemi adesso - mam, vimploro!... (Colpi) Alla finestra! Via di l! Gi! Non entrate, mam... Oh, non posso... Dio, soffoco... Paracal... paracal... (E si trascina gi dal letto spingendosi verso il muro ove campita loscurata finestra) Totonno, per piet... Dille di no, che non pu - diglielo... Fermala! Tirala via! Fermala!... Non guardatemi voi cos, con tutti quegli occhi - via!... (I colpi sono ormai a un passo dalla porta) Alla finestra! Alla finestra!... O Redentore, non farla soffrire la luce - un passero. Non farla soffrire un passero... L sopra a quella torre - o in quella gabbia, mam... che accostavate voi... apritela!... Luce, via!... Luce, via!... Cielo! Aria! - Avrete orgoglio di me - non entrate... non entrate... (Mormora) Credo, credo in te, Signore. E nella morte credo. Nelleterna morte. (Il tragitt,o per lui che si trascina sul pavimento, penoso. La finestra un mito. Le tendine, ora tinte di una luce aurea, sono smosse da un lieve fiato di vento) Non mascoltate, e siete l... Ferma, l: sullo zerbino di fronte... Pochi passi, mam, e siete qui... che venite, che entrate... No!... No!... No!... Non vi voglio, fuggite! - Non vi voglio, fuggite!...
(Si rintana ai piedi del muro, per non vedere e non essere visto. Mormora ancora: "Paracal... Paracal... Paracal..." Poi un raschio acuto, da aggricciare la pelle e ferire i timpani: la mastodontica spalliera di un letto irrompe per met dalla porta sotto una spinta poderosa. E lucida e splendida. Ma pure lugubre, ridondante di stucchi e di forme: una pietra tombale. Subito poi compare Antonio. Appare un poco affaticato. Fa cenno a qualcuno di non entrare. Si ferma presso lo stipite e cos sta, ad osservare lamico. Una pausa. Tremenda. Giacomo, quasi facendo presa come un insetto sul liscio del muro, si tira s strusciando fronte e naso contro le brecce dei mattoni. Si aggrappa con le braccia conserte, contratte, alla ribaltina della finestra. Si arpiona a forza abbandonando le ginocchia, flesse e molli, a pendolare contro la parete. Il corpiciattolo, cos costretto, si mantiene in una trazione dolorosa. Il collo spinge inutilmente il viso boccheggiante verso la tenda che chiude alla luce di fuori. Antonio, infine, si scuote e viene fuori dallombra, presso lamico, ma senza osare di sfiorarlo e senza nemmeno azzardare di avvicinarsi troppo.)
ANTONIO: (quasi con imbarazzo) Una crisi ancora?...
GIACOMO: (immobile nella sua torturante posizione e trattenendosi dal mostrare dolore) Mi pare - che non - va bene - con laria, sai...
ANTONIO: Sta quieto. Quieto. (E gli si accosta per sostenerlo)
GIACOMO: (indiscutibile) Non toccarmi!...
ANTONIO: Tu l, cos, non ci devi stare.
GIACOMO: Non respiro, Totonno... soffoco... soffoco...
ANTONIO: E rifiata, allora, ma fa mpresso. (Aspetta mentre laltro tenta, sotto confestione, di ingurgitare un poco daria) Ti prendo, m?...
GIACOMO: Soffoco... - Fammi vedere la luce!... Fammela vedere! -
ANTONIO: E non la stai vedendo adesso? - Te li bruci questi occhi, vieni via!
GIACOMO: Tot, soffoco - fammi vedere la luce!... Fammi vedere la luce!...
(Antonio sta di pietra. Unico suo gesto: tormentarsi le mani. Poi si volta verso la porta presso la quale sono comparse Paolina e Lucella. Due angeli scuri ai lati del monumento funebre - incapaci di avanzare dun solo passo.)
GIACOMO: Soffoco, Totonno, fammi vedere la luce! Soffoco, Totonno, fammi vedere la luce!
(Antonio, con un gesto risolutivo, va a strappare via le tende.)
ANTONIO: La vedi, m?... Giacom, la vedi?... (Ma da fuori, non entra che pochissima luce)
GIACOMO: Soffoco, Totonno, fammi vedere la luce!
ANTONIO: O Maronna! Tutta luce do cielo: ecchetlla! Bevi... respira... guarda!...
GIACOMO: Soffoco, Totonno, fammi vedere la luce!
ANTONIO: (alla ragazza) La lampada, Luc!... La lampada abbasso. Pigliala! Corri! - E o canneliere chillu gruosso! Va, va! (Lucella corre fuori, poi a Paolina) Tu pure, fa il piacere: va gi e prendi tutto quello che fa luce!... (E Paolina va) Ora tarriva la luce, Giacom... ora tarriva... - Ma non la vedi a questa? Veramente non la vedi?...
GIACOMO: (in due sospiri) Nu poche luce... nu poche luce...
ANTONIO: (sorreggendolo per la schiena e portandolo a s, sul petto - dunque staccandolo dalla finestra) Tienti qui che respiri meglio... Un poco sdraiato non ci vuoi stare? - E ascoltami una volta: pi tiri la schiena e di pi premi sui polmoni... Lasciati gi! Lasciati gi che ci son io... - Sta leggiero. Leggiero... Te ne vuoi stendere un poco?... (E piano, per non smuoverlo troppo, comincia a strascinarlo nuovamente verso il materasso) E stendiamoci, jamme!... Leggiero... - Vedrai m che montiamo pure il bel lettone nuovo che s fatto apposta per te... Eh? S cuntento?... (E lo trascina. Poi gridando forte, che lo sentano fuori) E vogliamo andare in fretta l sotto! Luc, muoviamoci un poco!!!
GIACOMO: Soffoco, Totonno... Fammi vedere la luce... Fammi vedere la luce.
ANTONIO: (tirandolo per quanto pu sul materasso) Arriva la luce - arriva.
(Lucella rientrando con una lampada corre verso Giacomo.)
ANTONIO: (strappandole la lampada di mano) Facimmampresso! Facimmampresso!
LUCELLA: (affannatissima) A chillo gruosso nun ce steva!
ANTONIO: E quello che c... muzzichelli, ceri, legna, moccoli - quello che c! Facimmampresso! Facimmampresso!
(Lucella corre di nuovo fuori incrociando Paolina che rientra con delle candele accese.)
ANTONIO: Paol, ma o canneliere chillo gruosso unne sta?
PAOLINA R.: (poggiando le candele vicino a Giacomo) E dabbasso stava.
ANTONIO: Vedi un poco tu se lo trovi. (Mentre gi laltra se ne sta riandando) E pure te: chiedi quello che cianno: lampade, luce - chiedi, va! Corri! Corri! (E Paolina va) Giacom, ca te sienti?... (Silenzio) Di "luce"... di "luce"!...
GIACOMO: (pi che in un soffio) Soffoco... Totonno... soffoco.
ANTONIO: Bravo! Vedi che parli... Parla, Giacom, parla! Non taddormentare, parla! Ridi! Se ridi ci riesci a respirare!
(Rientra Lucella ancora con della luce. La poggia in terra affianco dei due e riscappa fuori. Altre lampade ea porta subito dopo Paolina, anchessa le lascia in terra e corre nuovamente fuori.
E solo azione adesso. Tragica, battuta sui tempi dellancor pi tragico ritornello di Giacomo che se ne sta gettato col torace sullo sfatto materasso e con le gambe che ne fuoriescono, stese sul pavimento.
Attorno a lui si va accendendo un vibrante fal. Moccoli, lampade e candele vengono depositate ovunque a circondarlo: per terra, appunto, ma anche su mobili, sgabelli, tavolini e vari oggetti usati e accostati alla bisogna e che ora lo stringono, lo chiudono.
Il fal cresce mentre il via vai furibondo delle donne raggiunge il culmine del parossismo - fin quando, da ultimo, con qualcosa di grande tra le mani, torna dentro, accesa in volto, Lucella.)
LUCELLA: (quasi un grido) Laggio truvato! E chisto, s?...
ANTONIO: Appiccia! Appiccia!
(Lucella di gran fretta va a prendere, dalle altre candele, fuoco per i tanti ceri della sua conquista. Infine, brandendo lenorme, luminescente candelabro...)
LUCELLA: (ad Antonio) Glielo volete tenere voi?...
(Antonio prende il candelabro. Lo accosta per quanto possibile al volto di Giacomo, che addirittura costretto a schermarsi gli occhi.)
GIACOMO: E forte... forte...
ANTONIO: La vedi?.. Allora la vedi?... Di che la vedi!...
(Una pausa. Un silenzio. Le donne, stravolte, sospendono le loro folli corse; guardano i due: Giacomo, che ancora si scherma con la mano le pupille dilatate, e Antonio che sorregge con un braccio lamico e, con laltr,o il candelabro. Nel silenzio, solo il forte respiro di Leopardi, poi la sua mano scivola sul petto e il respiro cessa. Per alcuni attimi il silenzio assoluto. Infine un sussurro, quietissimo.)
GIACOMO: Tit... (Antonio si accosta)
ANTONIO: E troppa m?...
GIACOMO: (in un sorriso) Tit... - adesso... non mi sto annoiando. - Non mi sto annoiando.
(Pochi istanti, poi, rapidissimo, il sipario)
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