Monologo drammatico
Attrice 1
GILDA, la barbona
Pièce in un atto
di
Ombretta De Biase
Gilda è una barbona dall'età indefinibile o meglio senza età in quanto ha gli stupori, le ingenuità, l'immediatezza e la fantasia di una bambina e la saggezza di una centenaria. Lì, sul "suo" marciapiede intreccia fantastici dialoghi con oggetti-simbolo della follia metropolitana (un ombrello rotto, un w.c, un manichino a metà...) e più reali ma altrettanto conflittuali con i passanti e le odiatissime "pie donne” che, in cambio di un pasto caldo, vorrebbero "metterla in fila” . Gilda, detta anche "patacca" ma solo dagli "ignoranti, la razza peggiore, la più pericolosa”, non racconta nulla del suo passato, ma le medaglie che le coprono interamente il petto sono lì a testimoniare di suoi indicibili atti eroici: "tanto, anche se ve lo dicessi, non capirebbe niente nessuno, 1o stesso”. Conflittuale è anche il suo rapporto con la memoria che a volte diventa tanto ingombrante e dolorosa che "se ne va". Tuttavia, Gilda è una donna che vive pienamente nello spazio-tempo del presente. La sua giornata è piena di curiosità, allegria, indignazione, ira, ironia, indulgenza, intolleranza, mai di rassegnazione o recriminazione: anche la morte, prevista in solitudine e al gelo, viene accettata come una conseguenza delle sue scelte di vita.
Rappresentazioni: Milano 1991, Teatro “Ascanio Sforza”, con Francesca Bonelli, regia di Renzo Casali (repliche Dal ’91 al ’99); Padova 1993, Teatro “Laterale”; Mantova 1994, teatro civico; Marghera 1994, teatro “Questa Nave”. Il monologo, inserito nello spettacolo “giochi di Ma(s)sa”, ha partecipato nel 1998 ad una turnèe in Argentina iniziata al teatro di Stato “San Martin” di Buenos Aires e proseguita nella principali città del Paese.
recensioni
Gilda è un personaggio estremo, è una barbona che dialoga con gli oggetti simbolo della follia metropolitana ed è disposta a rinunciare a un piatto caldo se per questo deve assoggettarsi a “mettersi in fila”. Pregnante il linguaggio del corpo e la parola, sostenuto il ritmo che non concede compiacimenti vittimistici o enfasi sentimentali. Uno spettacolo di notevole forza espressiva e comunicativa con una solida costruzione narrativa e una realizzazione di alto livello artistico. Quasi sdoppiato tra il piano conscio e inconscio, il linguaggio tocca tasti emozionali profondi nella spettatore, provocandolo a sua volta a farsi protagonista.(M. Luisa Biancotto, Il Mattino di Padova, 25-11- 1993)
PERSONAGGI
Gilda detta “Patacca” una barbona
Vatèr Il “Closet” di Gilda
James Un ombrello con la “faccia da fila”
Signoralìsopra Una metà forse di un tutto
Nota di regia
La scena richiama l’ambiente degradato di una periferia di una qualsiasi metropoli: spazzatura un po’ ovunque, cicche, pezzi di manichini..Accanto a Gilda, una barbona, c’è un ombrello rotto, la testa di un manichino-donna issata su un palo, tre sacchetti di stracci vari, una bottiglia di vino, una piccola scatola con strass e perline...
SCENA I
In scena foglie secche, un ombrello rotto e aperto, la testa di un manichino-donna su un palo, sacchetti di stracci, la “mercanzia” di Gilda, “ il tabacco aromatizzato” in una scatoletta e in fondo sacchi di spazzatura da cui escono pezzi di manichini, gambe, teste.. La voce di Gilda fuori campo che urla:
Voce di Gilda Ma guardati, fai schifo! con chi te la fai? pervertiti, maniaci, delinquenti, sei conciato da vomito
Entra in scena. Indossa un vestito pieno di strappi e sul petto ha una serie di medaglie penzolanti. Ha in mano un rotolo di carta igienica e urla rivolta alle quinte
Non mi vedi più, ecco come finisce, non sei l’unico, mio caro (ai passanti) Un po’ di dignità, e che cazzo! ma andate a vederlo!, pieno, pieno fino al collo, e sputagliela dietro, no?, così imparano, ma lui niente. È il suo lavoro, dice, e figuriamoci se uno per lavorare deve farsi riempire di…quella roba lì, ma tanto con lui è inutile. Ehi, (rivolta alle quinte) tu sei il mio vatèr, capito! sei il vatèr di Gilda, ricordatelo!
Il suo umore cambia repentinamente, ora sorride amichevole ai passanti
Bé, lo sapete tutti, lo sanno tutti, non per dire ma io sono Gilda, sì, come quella lì, quella del cinema, ma io sono meglio, si vede, no?
Cerca nella sua busta di plastica piena di stracci un lungo guanto nero e, imitando Rita Hayworth, la protagonista del film omonimo, comincia a cantare e ballare la famosa canzone “Put the blame on mame”
Put the blame on mame…
Gilda si blocca, torna alla realtà. Si rivolge ai passanti
Sono brava, eh! Io sono Gilda, piacere di conoscervi. Lo so, qualcuno l’avrà sentito dire: patacca (sputa), sì, qualcuno l'avrà sentito dire ma non c'é da farci caso, quelli sono gli ignoranti, brutta razza, la peggiore, la più pericolosa. No no, io sono Gilda! Mi dovete chiamare tutti Gilda!
Traffica per un po’ con i suoi miseri stracci. Un cicchetto dalla bottiglia, diventa pensierosa
Adesso me lo ricordo, sì. Lei era una donna potente. Mia madre, molto, molto potente. Morta? Credo. Morti tutti, più o meno. E’ che non lo so, non me lo ricordo. A voi tiene? La memoria, dico. A me, no. Certe volte se ne va, e allora mi dico, sta attenta Gilda che finisci da barbona e allora, più sì che no, ti devi per forza incazzare! e poverina qua, e poverina là, e ti mettono la moneta in mano. Uè, ma chi t'ha chiesto niente, chi t'ha interrogato! Io sono Gilda e tu chi cazzo sei, eh? Chi cazzo sei?
Un cicchetto dalla bottiglia. Sputa in terra e dà una lucidatina alle medaglie che le penzolano davanti al petto, gesto che ripeterà spesso.
Belle, eh? tutte mie, solo mie. Potessero parlare! Non possono. E’ un segreto. Sono cose segrete, misteriose, delicate. Me lo chiedono tutti. Non si può. E poi, anche se lo ve lo dicessi non capirebbe niente nessuno, lo stesso..
Si gira e guarda alla sua destra dove in terra giace l’ombrello rotto che lei chiama James
Ehi, che faccia triste! Dai, te l’ho sempre detto. Tu sei troppo sensibile. (lo prende in braccio e si siede in terra come a volerlo consolare) Vieni qui James, noi sì che ci vogliamo bene
Lo raddrizza e si muove come se l’ombrello fosse diventato un violoncello. La musica di una sonata di Mozart invade lo spazio
Si riprende e guarda in terra per cercare le cicche, comincia a raccoglierle e metterle in una scatolina. Le annusa
Mmmm, che delizia! Tabacco di prima scelta. Niente male. Mi sa che oggi butta bene
Ad un tratto, come se si sentisse osservata, guarda in tralice il mezzo manichino infilato sul palo: è la signoralìsopra
Io a quella non la posso sopportare. Senti tu, fai il piacere!, tabacco sì, e di prima scelta, a-ro-ma-ti-zza-to. c'è qualcosa che non va? Comincia che ti fai gli affari tuoi. No, dico. Ma guardati!, mi fai ridere. Che significa? Certo che ti vedo che stai lì sopra, e allora? Sei metà. Ecco che cosa sei. Metà. (Ai passanti) Scusate, ma, prima o poi qualcuno glielo doveva pur dire. A cosa le sarà servito sbattersi lì sopra, se poi…Scommetto che nemmeno lei lo sa.
Uffa, quant’è antipatica! E’ anche nuda! Una maglietta, un che so. Ehi, Signoralìsopra, lo sai che hai le tette al vento? Non dico queste (le medaglie) che tanto nemmeno sai che sono, ma un fazzoletto, uno straccetto.. Ah, così? I fatti miei? E’ anche cafona, la signoralìspra! Chi ti ha insegnato l’educazione, brutta fringuella? Vieni giù se sei capace. No che non lo sei! Lì sopra, eh? Aria fina, il potere, la grana, il successo… un tanto al pezzo! Ecco com’è stato. E hai avuto anche culo. Sì, sono volgare, lo so, ma almeno, intera!. Non come quelli (i resti di manichini nella spazzatura) Quelli sono tutti tuoi amici, vero? Be’, miei no di certo. A loro è andata peggio che a te, poveretti! Ssss… chiudi quella boccacia. Hai sentito niente?
Si guarda intorno con apprensione, poi tira un respiro di sollievo
Meno male, falso allarme. Forse per oggi me la scampo. Non si sono ancora viste, quelle fottutissime troie. E non se ne vanno! Cristo, per togliertele dai piedi gli devi tirare la bottiglia dietro, e poi mi dispiace, tutto quel vino buttato! "Pie donne ", è così che si fanno chiamare le zoccolone. (Imita le pie donne) "Tu non puoi stare sul marciapiede alla tua età" Come sarebbe? Intanto tu a me mi dai del lei, capito?, Brutta stronza, faccia di culo. E ti toccano, ti strattonano, mi toccano anche loro (le medaglie). Giù le mani! Maledette! (Usa un tipico tono fra il sussiegoso e il falso-caritatevole) "Tu non puoi stare sul marciapiede alla tua età!". E chi te l' ha detto che non posso, eh? E' tuo marciapiede? No che non é tuo. Non esiste un marciapiede che voglia essere tuo. E poi io pago le tasse. Non é vero ma è lo stesso. Cioè non me lo ricordo. James, abbiamo pagato le tasse? Magari é anche successo. Questa storia del ricordo... E poi a loro cosa gliene frega delle mie tasse? "Dai,vieni con noi che ti fai un bagno, ti diamo un vestito..." Perché, questo cos'è? E queste (le medaglie)? Se le sognano loro queste, se le sognano tutti!"Vieni che ti diamo da mangiare." Grazie, se è da bere è meglio. “Tu non devi fare niente. Basta solo che ti metti in fila!” E' qui che vi volevo brutte stronze facce di culo! In fila a me. In fila a Gilda! Oh, se ci hanno provato! Eccome se ci hanno provato. Da sempre. E io che glielo dicevo. Guardate, io vi voglio bene, tanto bene, ma non mi metto in fila. Non è che non voglio, é che non posso. E va bene, se proprio devo, posso anche fare finta. Ecco, faccio finta (si mette diritta e impettita, come se fosse in una fila). Ma tanto non serve, lo so, prima o poi vado! E mettetevi voi in fila se vi piace tanto! Io mica vi dico niente
Gilda è ora assalita da ricordi che la fanno soffrire moltissimo. Va in fondo al palcoscenico e si mette di spalle. Allarga le braccia, poi si gira come se fosse in croce
Padre, padre aiutami! Aiutami! Loro sanno quello che fanno. Sanno quello che fanno!
Cade in terra come una marionetta con i fili spezzati, rimane rannicchiata e poi lentamente si riprende e torna lentamente ai suoi sacchetti. La sua attenzione è rivolta ora a James, l’ombrello rotto.
James, eccomi, James. Mamma mia, come sei diventato pallido! Non ti sarai mica spaventato? Ma no, è passata, ci vuol altro per distruggere la tua Gilda. E’ solo che loro non mi hanno voluto credere. Che cosa c'era da non credere, poi? "Bada Gilda, attenta! Prima o poi finisci da barbona” E invece no, eccomi qua. Saranno finiti loro da barboni! E chi lo sa? Chi se li ricorda più, ormai. Certo che questa storia del ricordo é l' unica cosa che proprio non mi va giù
Un cicchetto dalla bottiglia, poi il suo sguardo cade sui resti di manichini che escono dalla spazzatura
Oh, oh... Sicuro, ecco come saranno finiti. Giù, tutti insieme, nel mucchio, come quelli là, (Ai passanti, sottovoce) e anche un po’ come lui (James) ssss.. non facciamoglielo capire, che poi si dispiace, si mette a piangere. Non lo reggo quando piange. Oddio, mi ha sentito. E va bene, sissignore. (A James) Sto parlando di te. Insomma si vede che l’hai fatto. Che cosa? E me lo domandi anche? Che ti sei messo in fila! Hai la faccia da fila. Rassegnati. E non cominciare con le solite scuse. E non sapevo, e non volevo, e non credevo. Intanto guarda come ti sei ridotto, almeno quella (la signoralìsopra) se ne sta zitta. Madonna quant’è antipatica! E’ che la tua Gilda è una buona se no anche lei, un bel calcio nel culo e splash, lì dentro, (improvvisamente scoppia in una risata) Gilda, ti sei proprio rimbambita! Dove glielo do il calcio se quella non ce l’ha il culo? Vabbe’, in fondo non ci dà nemmeno troppo fastidio, vero James? Teniamocela, per ora almeno. Certo, hai ragione. Ci rompe soprattutto quando dice “io ho delle bellissime gambe!” e hai voglia tu a dirle “ma no che non che non ce l’hai le gambe, citrulla, hai solo un paio di tette, al vento, per di più”. Boh, lasciamola illudere, poveretta, se è contenta così…
Guarda il cielo
Sta venendo buio, fortuna che non piove. Giornata faticosa ma si è lavorato bene, brava Gilda!
Gilda comincia a preparare il suo giaciglio per la notte
Gente, stanotte è morta la Piera, lo sapevate? Il freddo. Si è addormentata e. Lei diceva sempre che aveva un figlio che stava all’estero, Canadà, Australia, non mi ricordo. I figli. I miei. Una volta, un tempo. Adesso, andati. Giusto. E che se ne farebbero di me, ormai? Io sto bene. Davvero. Basta che non arrivano le “pie”, che io sto benissimo. Bè, c’è che il freddo, c’è anche che con la testa, il ricordo. Pazienza. Io sto bene. (si arrabbia) C’è anche che adesso sono troppi e devi stare sempre attenta che non ti freghino il posto, sul tuo marciapiede. Non per criticare, ma quelli non mi piacciono, sono uno strazio. Sono di-pen-den-ti, proprio come le pie, uguale, uguale. Sono senza palle? James, non essere così severo. Proprio tu, poi! Non ti offendere. Ah, dici che quelli le palle le vedono sì e no una volta all’anno, sotto l’albero di Natale e che, se potessero, si sparerebbero in vena anche quelle? Sei comico, crudele ma comico, mio caro. Certo che ci divertiamo noi due insieme (Si stende in terra, un ultimo cicchetto). Gente, adesso vi saluto, è ora, sono stanca. Buonanotte. Una bella dormita e… gesù che freddo!
Si copre il viso con una rete. Rumori del traffico. FINE