Gioco di società

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GIOCO DI SOCIETA’

Commedia in tre atti e sette quadri

di LADISLAO FODOR

Riduzione dall’ungherese di Ignazio Balla e Mario De Vellis

PERSONAGGI

MARION -  STEFANO

PIE­TRO - FANNY

FELIX

IL PROFESSOR DENES

BAN­DI - ROSINA

LILI - TONI - LALA 

FERI - MIZI

GIO­VANNI, domestico di Fanny

GIUSEPPE, domestico di Ma­rion

MARTA, cameriera di Marion

GUSTAVO

IL CA­MERIERE DEL TABARIN

ANNA e ANTONIO, maschere del cinema «Luigi »

IL  VEN­DITORE DI CARAMELLE

PRIMO e SECONDO STU­DENTE

LUI e LEI, una coppia di innamorati giova­nissimi.

A Budapest - Oggi.

Commedia formattata da

ATTO PRIMO

(Una piccola comi­tiva di amici in casa di Fanny, dopo mez­zanotte. Alcool, caf­feina, nicotina: que­sti tre veleni indica­no lo stato d'animo. Giovanni, un dome­stico dai passi felpa­ti, serve il caffè e le bevande e cambia i portacenere. L'am­biente e le persone, con la loro eleganza smussata e tranquil­la, devono dare l'im­pressione della con­suetudine di queste riunioni. In un an­golo il tavolino del a bridge» con quattro giocatori: due signore, Lata e Mizì, e due uomini, Toni e Feri. Nell'angolo opposto il professor Denes discorre con Lili. Fanny, la padrona di casa, una dama ancora giovane, alta, elegante, coi capelli finemente argentati, siede sul divano accanto a Bandi. Marion, invece, sta sola, in di­sparte, verso il proscenio, e veramente essa è un po' lontana e come staccata dalle persone che la circondano. Si occupa del grammofono, sceglie i dischi, e si ab­bandona alla musica con una malinconia un po' amara. E' una bella e giovane signora, interessante e attraente, con gli occhi e la carnagione luminosi. E' l’eroina della serata. Quando il sipario si alza, per qualche momento la scena è dominata dal mormorio confuso delle voci. Ogni gruppo vive la propria vita e gli argomenti dei di­scorsi non hanno nessun rapporto tra loro; pure, osser­vando le cose da una certa lontananza, quel chiacchierio sembra fondersi in una unità più elevata).

 Al tavolo da gioco:       Toni -  Una quadri. Lala -  Una picche. Feri -  Due quadri. Mizì -  Due picche. Toni -  Quattro cuori. ILala -  Passo. Feri -  Passo. Mizì -  Contre. Toni -  Surcontre. Lala -  Posso giocare? Tom -  Avanti. (Giocano),

Al divano:

Fanny                            - (chiamando il domestico) Sentite, Giovanni...

Giovanni                       - Comandi, signora baronessa.

Fanny                            - Cambiate i portacenere al tavolo del bridge e portate un cognac al professor Denes.

Denes                            - (da lontano) Grazie, Fanny, l'ho già bevuto.

Fanny                            - Non avete bevuto abbastanza. Lili, ti prego, occupati un po' del professore.

Liei                                - Non faccio altro... (A Denes) Ancora un cognac?

Denes                            - Piuttosto un whisky... con molto selz...

Lili                                - (ride) Che uomo prudente... un po' di whisky con molto selz. (Giovanni intanto ha cambiato i porta­cenere e ha versato i liquori. Poi si allontana).

Bandi                            - (piano a Fanny) Quel caro professore! E' tutta la sera che non si stacca da Lili...

Fanny                            - Lili è l'unica persona che ha la forza di ascoltare sino alla fine le sue elucubrazioni... II pro­fessore è un uomo noiosissimo, ma dà ottimi consigli di borsa...

Bandi                            - Lili gioca in borsa?!

Fanny                            - Che dovrebbe fare, poverina? Non ha nes­suno, le sue rendite non le bastano... dunque gioca. A proposito... avete poi indovinato?

Bandi                            - Non mi riesce...

Fanny                            - Allora ascoltatemi. Vi ripeterò il quesito: Una signora giovane e bionda... che divorzia per la terza volta... Chi può essere?

Bandi                            - Per la terza volta... E' ricca?

Fanny                            - Soltanto i ricchi possono divorziare... i po­veri soffrono, mandano giù e fanno pace.

Bandi                            - Non ho idea chi possa essere...

Fanny                            - Bandi... anche voi cominciate ad invec­chiare? (Marion vicino al grammofono canticchia una canzone inglese. Fanny si volge a lei da lontano) Marion, che fai? Ti diverti da sola?

Marion                          - E' delizioso questo disco... senti un po'... (continua a canticchiare).

Fanny                            - Mi pare che sei un po' brilla, Marion...

Marion                          - (con una graziosa risatina) Non è peri­coloso essere brilli... E' molto più pericolosa questa piccola canzone! Tutta la sera mi ha fatto pensare a Londra...

Fanny                            - (la fissa con più attenzione) Ti ci trovavi bene?

Marion                          - Benissimo! Vivevo magnificamente... ogni sera, alle sei, il cocktail... E questa era l'ora più felice della giornata... dopo, allegria, musica, gente gaia, spen­sierata...

Fanny                            - Non eccitare una povera vedova!

Marion                          - Beh! Tanto è inutile! Ormai è passato... Che mi rimane di Londra? Questo disco... (continua a canticchiare).

Denes e Lili nell’angolo:

Lili                                - Insomma, che titoli devo comprare?

Denes                            - Carbone... prodotti chimici... ma soprattutto acciaio... acciaio americano!

Lili                                - Avete fiducia nell'acciaio?

Denes                            - Una fiducia inflessibile. (Tono cattedrati­co) Oggi si fabbrica tutto in acciaio... batterie da cu­cina e tanks... padelle e mitragliatrici... insomma i ge­neri di prima necessità... tutto quello di cui l'umanità ha bisogno.

Lili                                - Anche voi credete che si farà la guerra?

Denes                            - (un po' presuntuoso) Leggete il mio libro.

Lili                                - Cinquecento pagine... sono un po' troppe! Preferisco le risposte brevi. Si farà o non si farà?

Al divano:

Bandi                            - Non riesco ad indovinare... per quanto mi lambicchi il cervello...

Fanny                            - Vergognatevi! (Si volge a Marion) Marion! Lascia quel grammofono. Vieni qui e aiutaci ad indo­vinare.

Marion                          - (si avvicina) Che cosa?

Fanny                            - (con petulanza) In questi giorni a Budapest c'è un divorzio e non so ancora di chi si tratta. Stanotte certo non potrò dormire!

Bandi                            - Chi ve le dà queste notizie?

Fanny                            - Allora non leggete le cronache mondane? E' il pettegolezzo più eccitante del momento (come ci­tando il giornale): « Una bella signora bionda, assidua frequentatrice dei campi di polo, cambia marito per la terza volta... ».

Bandi                            - (con vivacità) Ci sono! Isola Margherita... polo a cavallo... Non si parla forse di voi, Marion?!

Marion                          - (ride) Di me? Ma voi siete ubriaco, caro Bandi... Prima di tutto non vado mai al polo a cavallo, e poi dovreste sapere che sono ancora al mio primo marito...

Fanny                            - ... e ultimo! Lasciamo Marion fuori dal gioco. Di lei neanch'io sono capace di dir male... mi piacerebbe... ma purtroppo, non posso...

Denes e Lili nell'angolo:

Lai                                 - Inverosimile! Cinquantamila?

Denes                            - - Sì, sì!

Lili                                - Da che cosa vi risulta questa cifra?

Denes                            - (presuntuoso) Da elementi sicuri. Calco­lando modestamente sono cinquantamila.

Fanny                            - (volgendosi a loro) Esagerate di nuovo, caro professore!

Lili                                - (si avvicina a Fanny) Non è vero? Anche tu trovi che è troppo?

Fanny                            - Non so di che si tratta... (con convinzione) ... ma cinquantamila è sempre troppo!

Denes                            - (avvicinandosi a Fanny) Spiegavo appunto che, in caso di guerra, cinquantamila aeroplani almeno voleranno sull'Europa...

Fanny                            - (spaventata) Santo Dio! Li avete contati tutti?

Denes                            - (in tono cattedratico) Ho sommato le forze aeree di ogni nazione. Il risultato è terrificante! Se questa flotta spiccherà il volo in poche ore l'Europa sarà interamente distrutta.

Fanny                            - (sospira) Eh, bisogna riconoscerlo... voi sa­pete scegliere gli argomenti per divertire le donne!

Lili                                - (ride). E' tutta la sera che mi fa la corte così... minacciandomi coi gas asfissianti... con gli attac­chi aerei...

Marion                          - (con un gesto) E' la forma più recente della nevrastenia. La conosco benissimo... Ora, a Parigi, due cose sono di moda: la martora del Canada e le maschere antigas!

Lili                                - E tu, che hai comprato?

Marion                          - Una pelliccia di martora, è naturale. Non ho paura, io!

Bandi                            - Avete fatto bene. Comunque, in caso di pe­ricolo, potete venire da me. C'è una cantina che è un ottimo rifugio antiaereo.

Lili                                - (prende a braccetto Bandi) Bella trovata per attirare le donne in casa vostra!

Bandi                            - Ognuno si aiuta come può... (Intanto si sono allontanati. A voce più bassa) Sentite, Lili... è già mez­zanotte e mezza... filiamo all'inglese...

Lili                                - Andiamo in un tabarin...

Bandi                            - Avrei un'idea migliore. Conoscete quel pic­colo club nel quale...

Lili                                - Roulette?

Bandi                            - E baccarà.

Lili                                - Magnifico! Ci sto per qualunque gioco... (spa­riscono).

Fanny                            - (a Denes) Avete ottenuto il risultato di farla andar via. Siete il pessimista mondano, voi... vi dilettate a terrorizzare i miei ospiti... una volta col pericolo giallo... poi col bolscevismo... e ora, come ultima trovata, lavo­rate in bombardamenti.

Marion                          - (ride) E intanto fa degli affari e guadagna. Guadagna un mucchio di quattrini...

Denes                            - Non è colpa mia! Sono un economista... cal­colo le probabilità e devo guadagnare per forza. Quando si osservano le cose secondo una prospettiva storica...

Fanny                            - (lo interrompe porgendogli da bere) Ecco il bicchiere.

Denes                            - Avete ragione! Anche gli antichi romani be­vevano... I barbari erano già alle porte ed essi continua­vano i loro piccoli giochi.

Al tavolo da gioco:

Toni                               - Quattro picche!

Mizi                               - Contre.

Toni                               - Non ti spaventare! Ti porto magnifiche carte... (scopre le sue carte sul tavolo). Ora vado un momento dalla padrona di casa!

Fanny                            - (di lontano) Bravo, Toni! Venitemi a con­fortare...

Toni                               - Che è accaduto, Fanny? Avete un'aria così preoccupata... perché?

Fanny                            - Per diversi motivi. Primo: a sentire il pro­fessor Denes, l'Europa sarà distrutta in poche ore... Secon­do: non riesco ad indovinare chi può essere quella si­gnora bionda che divorzia per la terza volta.

Toni                               - Ma è un gioco da bambini! E' Dodo Malnay che divorzia per Mucki Tarkòvy...

Fanny                            - (battendosi la fronte) Ah, già... è vero! Toni, voi siete un autentico genio!

Toni                               - L'ho sempre detto!

Fanny                            - (fuori di sé) Dodo Malnay e Mucki Tarkòvy... E non m'era venuto in mente! Venite! Venite a raccon­tare... Sbrigatevi! Come è andata la faccenda?

Toni                               - In un modo semplicissimo... Dodo è entrata nella scuderia per cercare Mucki...

Fanny                            - Nella scuderia?!

Toni                               - Naturale, la cosa è accaduta alle gare di polo. Erano nel box, uno accanto all'altra, e accarezzavano la testa del cavallino...

Fanny                            - (entusiasta) Come è idillico!

Toni                               - Hanno continuato ad accarezzarlo finché le loro dita si sono toccate... poi i volti si sono accostati... si sono sfiorati con le guance... e infine con le labbra...

Fanny                            - (eccitata) E poi?

Toni                               - In quel momento è apparso nella scuderia il marito di Dodo. Un nitrito... tableau! Divorzio!

Fanny                            - Colossale! Vi ringrazio! Questa storiella mi ha allungata la vita. Che ne dici, Marion?

Marion                          - Che un direttore di banca non ha niente da fare in una scuderia!

Al tavolo da gioco:

Feri                                - (trionfante) Ho fatto sei picche!

Toni                               - Sei picche contrate. Bravo! Scusatemi, Fanny: il dovere mi chiama! (torna al tavolo).

Fanny                            - (a Denes) E voi!, professore, ve ne state così tranquillamente, senza dire neanche una parola?

 Denes                           - Non ve ne abbiate a male! Questi piccoli pettegolezzi non mi interessano affatto!

Fanny                            - Naturale! Voi guardate le cose secondo una prospettiva storica! Il pettegolezzo più recente al quale siete rimasto è la relazione di Antonio con Cleopatra.

Denes                            - Cara Fanny... bisogna che ve lo spieghi una volta per tutte... Che importanza può avere il flirt di Dodo con Mucki? Quello che è veramente importante è sapere come la Francia flirta con l'Inghilterra...

Fanny                            - Che mi andate raccontando? A me interessa solo la guerra mondiale... quella che gli uomini fanno con le donne...

Denes                            - (ironico) E' un punto di vista anche questo!

Fanny                            - Sì, sì! E' inutile guardarmi con quel sorrisetto ironico dall'alto della storia. La conosco anch'io, la storia... e sapete da quando?... Da quando sono di moda le memorie piccanti... e sapete che cosa ho potuto constatare col mio stupido cervello di donna?... Che le più grandi costruzioni storiche spariscono, e rimangono - eterni, immutati - quelli che voi chiamate piccoli giochi... di Caterina la Grande col Principe Potemkine... di Napoleone con la contessa Walewska... e di Dodo Mal­nay con Mucki Tarkòvy...

Denes                            - (cede le armi) Allora non discuto più. Può darsi che abbiate ragione voi, Fanny. E ora vi saluto. Domattina ho lezione all'Università.

Fanny                            - Buona notte, professore.

Denes                            - Mille ringraziamenti. E non ve la prendete con me: non sono responsabile di quello che accade nel mondo... Buona notte a tutti! (esce).

Feri                                - Ti prego, Fanny, prendi un po' il mio posto...

Fanny                            - Più tardi. Prima voglio chiacchierare un po' con Marion. (Con un sospiro di sollievo) La guerra s'è allontanata... venga ora la pace! Dunque... che ne dici di Dodo e di Mucki?

Marion                          - E' incredibile che una donna sia capace di commettere per la terza volta la stessa sciocchezza!

Fanny                            - Pare che sia una sciocchezza piacevole...

Marion                          - (un po' secca) Non lo so! Io non l'ho mai commessa!

Fanny                            - Verrà anche il tuo turno... non dubitare...

Marion                          - Non credo. Ho da fare con gente troppo assennata. Mio marito è una di quelle teste luminose... chiare... logiche... I nostri amici sono tutti scienziati... Ho l'impressione di vivere in mezzo ad un trust di cer­velli!

Fanny                            - (con comica compassione) Povera Marion! Deve essere terribile!

Marion                          - No... qualche volta è anche piacevole... Ho imparato, per esempio, che nella vita tre doti hanno un'importanza decisiva: lucidità, superiorità, disciplina...

Fanny                            - Ma così non si vive! Sarebbe come se io decidessi di non togliermi mai il busto... e invece, non vedo l'ora di levarmelo!

Marion                          - (ride) Anch'io ho i miei momenti di spen­sieratezza... e non occorre neanche molto... Un cocktail, qualche bicchiere di spumante... se sapessi come mi piace!

Fanny                            - Bevi!

Marion                          - (beve) Però quella Dodo...

Fanny                            - (con soddisfazione) Ah, lo vedi che anche tu te ne interessi?

Marion                          - Ne ho tutte le ragioni. Sono stata proprio io a farli conoscere...

Fanny                            - Come come?... E me lo dici soltanto ora?

Marion                          - ... a casa nostra, ad un ricevimento... Dodo aveva fatto un matrimonio felice...

Fanny                            - Col marito numero...?

Marion                          - ... numero tre... ed io ero molto contenta che quella piccola donna, dalla vita così tempestosa, finalmente si fosse placata.

Fanny                            - E allora?

Marion                          - (ripete la scena con vivacità illustrando coi gesti) Allora... è entrato Mucki. Come avrei potuto prevedere...? Col gesto abituale di una padrona di casa, rivolgendomi a Dodo le ho detto: « Permetti, cara, che ti presenti...? ».

Fanny                            - (ride) E lei te lo ha permesso!

Marion                          - Proprio così. Ed ecco ora le conseguenze... Una tragedia! Uno scandalo! Un divorzio!

Fanny                            - Una cosa che sbigottisce...

Marion                          - In casi simili si rimane veramente sbigot­titi! La nostra volontà non può nulla contro il destino! Ecco: c'è qui una donna piena di buone intenzioni... animata dai migliori propositi... Dalla porta entra un giovane... (ripete come sopra) «Permetti, cara, che ti presenti...? ». Basta questa frase comune, banale, che si ripete mille volte nei salotti, per sconvolgere intera­mente la vita di una donna...

Fanny                            - Proprio così... (In questo momento entra Stefano, un bel giovane, fresco, gentile, tipo moderno. E' semplice, naturale, affabile. Modi simpatici, smoking impeccabile, gesti fini).

Stefano                         - (va direttamente da Fanny) I miei rispetti, baronessa! (le bacia la mano).

Fanny                            - (visibilmente contenta) Oh, caro Stefano! Come mi fa piacere vedervi... E' molto gentile da parte vostra essere venuto egualmente...

Stefano                         - Mi rimproverate di essere venuto così tardi... chiedo scusa...

Fanny                            - No, no! Non vi rimprovero affatto! L'im­portante è che siate qui... (A Marion) Permetti, cara, che ti presenti Stefano Saròscy... la contessa Marion Koltày... (Stefano si inchina e bacia la mano a Marion).

Marion                          - Molto lieta... (Brevissima pausa).

Fanny                            - E ora giustificatevi. Perché non siete venuto a cena?

Stefano                         - Purtroppo mi è stato impossibile... perché... cioè...

Fanny                            - Non vi confondete. Confessate d'aver accet­tato per questa sera tre inviti... (A Marion) Perché, sai, Stefano è molto popolare...

Stefano                         - (scherzosamente) Oh, baronessa... non sono ancora così celebre!

Fanny                            - Non fate il modesto. Che bevete?

Stefano                         - Nulla, grazie.

Fanny                            - Avete fame?

Stefano                         - Neanche tanto così... (gesto).

Fanny                            - Voi mi dite sempre di no... (A Marion) Ge­neralmente mi tratta molto male... come una di quelle dame dalle quali si deve andare per dovere.

Stefano                         - Che dite mai, baronessa?

Fanny                            - Ne approfittate perché vi permetto tutto. Siete il mio prediletto.

(I giocatori di « bridge » cominciano ad agitarsi).

Feri                                - Fanny cara, ora veramente devi prendere il mio posto. Mi aspettano.

Fanny                            - (a Feri) Perché tanta fretta?

Feri                                - A casa mia non crederanno che si tratta so­lamente di bridge.

Fanny                            - Va bene. Soltanto un robber. Non ve ne abbiate a male... (Accompagna Feri fino alla porta, poi va a sedere al tavolo di gioco. Marion e Stefano riman­gono soli. I giocatori di « bridge » sono così immersi nella loro fatica che si possono considerare assenti. Solo da alcune loro parole si comprende che, in verità, sulla scena si svolgono parallelamente due giochi: in fondo il «bridge», in primo piano il «.flirt». Ma questo « flirt » si avvia lentamente. Stefano è un po' imbaraz­zato e incerto perché deve iniziare una conversazione con una signora che ha appena conosciuta e che visibil­mente gli piace molto. Lancia qualche occhiata cauta verso Marion. Cerca un po' titubante Jet frasi con le quali dovrebbe avviare il discorso e finalmente comincia a parlare).

Stefano                         - Voi... non giocate a bridge...

Marion                          - No. (Breve pausa).

Stefano                         - Neanche eccezionalmente?

Marion                          - Mai... (Breve pausa).

Stefano                         - Però è un gioco divertente...

Marion                          - Non me ne intendo...

Stefano                         - Questo è molto simpatico... (Titubante e indeciso) Perché... sapete... coso...

Marion                          - Come?

Stefano                         - Come?

Marion                          - Avevate detto...

Stefano                         - Avevo detto... coso...

Marion                          - Avete perfettamente ragione.

Stefano                         - (grato) Non è vero?

Marion                          - E' una parola utile... non significa nulla... però serve a rompere il silenzio...

Stefano                         - Scusatemi... (sincero).... si deve pure con­versare e non mi è venuto un argomento buono.

Marion                          - (gentile) Non sono esigente... mi accontento anche di questo...

Stefano                         - (incoraggiato) Sapete, le prime frasi sono sempre le più difficili. Appena ci siamo conosciuti... ci hanno lasciati subito soli...

Marion                          - (ride) Se avete paura posso chiamare qual­cuno...

Stefano                         - Non ho paura. Ma è un po' strano.- Gli altri rimangono soli... dopo... noi, invece, cominciamo così.

Marion                          - Che cosa cominciamo?

Stefano                         - Non lo so ancora... ma qualche cosa co­mincia certo...

Al tavolo da gioco:

Toni                               - Un altro robber! Ora tiriamo i compagni... Siete con me, Fanny…..

Fanny                            - Con molto piacere, Toni... E' la linea buona, questa.

Marion e Stefano:

Marion                          - (a Stefano) Che significa « la linea buona »?

Stefano                         - Che in quella direzione passa la fortuna... (La guarda; a voce un po' più bassa) Per esempio, io trovo che ora, noi due, siamo sulla linea buona...

Marion                          - Può darsi... Mi hanno detto spesso che porto fortuna... Mio marito, per esempio, ha una fiducia addi­rittura superstiziosa in me.

Stefano                         - Vostro marito? Ho letto nei giornali che è all'estero, per importanti trattative.

Marion                          - Tornerà presto. In questo momento dorme in un vagone letto tra Zurigo e Milano... (.Stefano so­spira). Che vuol dire questo sospiro?

Stefano                         - Nulla... Era un sospiro generico... Si rife­risce a tutta la vita.

Marion                          - Avete dei guai nella vostra vita?

Stefano                         - In verità, no. La vita se ne infischia di me! Non si degna neppure di darmi dei guai seri... Mi ha dimenticato, semplicemente, su una terrazza!

Marion                          - Che terrazza?

Stefano                         - Ho un appartamentino da scapolo nel nuovo quartiere Leopoldo... all'ultimo piano... Camera, vestibolo, cucina-tè... (con un ampio gesto) ...e tutta la terrazza!

Marion                          - Deve essere molto carino! Che mestiere fate?

Stefano                         - Sono architetto.

Marion                          - E a che cosa lavorate, adesso?

Stefano                         - Sistemo il Monte San Gerardo... Sto co­struendo una nuova città nel rione Taban...

Marion                          - (sorpresa) E' un lavoro gigantesco!

Stefano                         - Sì, sì, il lavoro è gigantesco... però ha un grave difetto: nessuno me lo ha ordinato! Quando un giovane architetto si occupa di un progetto gigantesco, è sempre segno di disoccupazione. Gli architetti veri... seri... costruiscono villettine... piccole casette per fa­miglia...

Marion                          - Insomma, voi fabbricate... (con un gesto) ... aria!

Stefano                         - L'unica materia che ho a disposizione. Tutto l'oceano dell'aria! Non devo fare altro che aprire il balcone...

Marion                          - A quanto sembra, vivete molto bene sulla vostra terrazza...

Stefano                         - . Non mi lamento... piccoli lavori, sì, mi capitano... copie, disegni speciali... quel tanto che basta per guadagnarmi lo smoking quotidiano...

Marion                          - Andate spesso in società?

Stefano                         - Più spesso vengo qui,, perché questa casa l'ho trasformata io...

Marion                          - Ah, sì?

Stefano                         - L'ho fatta terribilmente a buon mercato... e la baronessa Fanny vuole risarcirmi coi suoi inviti. Cerca di procurarmi relazioni, protezioni, lavoro...

Marion                          - E' riuscita a fare qualcosa per voi?

 Stefano                        - Finora nulla. In questa casa ho già man­giato trecento tartine... ho bevuto almeno dieci bottiglie di cognac... ma lavoro, da qui, non me n'è venuto ancora...

Marion                          - E' triste...

Stefano                         - Non fa nulla! Non mi pento di aver lavorato così a buon mercato, perché senza di questo, forse, non avrei mai fatto la vostra conoscenza...

Marion                          - (lo guarda) Come siete carino...

Stefano                         - (la guarda) Come siete deliziosa!

Marion                          - Datemi un po' di champagne...

Stefano                         - Ai vostri ordini! (versa).

Marion                          - Prosit!

Stefano                         - Prosit! (Bevono. Breve pausa). Mi pare di avervi già veduta in qualche posto... al ballo dell'Opera, forse...

Marion                          - Impossibile! Non c'ero...

Stefano                         - Non c'eravate? (Con sincerità) Neanch'io!

Marion                          - (ride) Allora perché lo avete detto?

Stefano                         - Perché devo alimentare la conversazione. Ad ogni costo! Sono in uno stato d'animo tale... che le pause mi fanno terrore!

Marion                          - Perché? Non bisogna parlare sempre... E' già tardi! Sono un po' stanca. Beviamo semplicemente il nostro spumante e stiamo zitti.

Stefano                         - Impossibile! Non siamo ancora abbastanza intimi per poter tacere... Per ora mi aggrappo alle parole...

Marion                          - Vi aggrappate alle parole?... Perché?

Stefano                         - Perché mi sento mancare la terra sotto i piedi... Sapete, io non sono di quelli che facilmente si confondono... ma voi mi avete messo addosso un tale imbarazzo...

Marion                          - (ride) Però, nonostante l'imbarazzo, parlate ancora abbastanza svelto!

Stefano                         - Per difesa personale. Se potessi essere sin­cero, dovrei balbettare... dovrei dire che mi piacete, peri­colosamente, catastroficamente, disperatamente... Ma sic­come tutto questo, al primo incontro, non si deve dire... conversiamo! Su quale argomento? E' indifferente... pur­ché non sia quello che per me ha maggiore importanza... su qualunque cosa!

Marion                          - Bravo! Siete abile! Devo riconoscerlo! In­solente, ma abile!

Stefano                         - Grazie.

Marion                          - Pare che l'architettura moderna sia così... in sei settimane un palazzo... in dieci minuti un flirt!

Stefano                         - (ingenuo) Noi flirtiamo?

Marion                          - (ride) Si potrebbe anche dire che facciamo un gioco di società!... Ed ora suoniamo un po' il gram­mofono! Metteremo una puntina silenziosa... va bene?

Stefano                         - Benissimo... E... che disco preferite?

Marion                          - Indovinate!

Stefano                         - Come?

Marion                          - Sono proprio curiosa di vedere se sce­glierete o no il mio disco preferito.

Stefano                         - E se lo scegliessi?

Marion                          - Allora avete ragione voi!... Vuol dire che siamo davvero sulla linea buona.

Stefano                         - Oh! Come è eccitante! Mi pare d'essere l'orfanella che tira il primo premio della lotteria!

Marion                          - Allora, avanti! (Breve pausa. Incitandolo) Avanti!

Stefano                         - (come chi si getta a capofitto nell'acqua) Al­lora avanti! (Alla cieca prende un disco e lo mette sul grammofono) Siete ansiosa... eh?

Marion                          - Molto... Sentiamo! (Il grammofono comin­cia a suonare e veramente suona quel disco che prima piaceva tanto a Marion).

Stefano                         - (teso) Dunque... ho indovinato?

Marion                          - Avete vinto... è la canzone che preferisco... Pare che abbiate un intuito magnifico!

Stefano                         - (sincero) Era il disco che stava sopra tutti gli altri.

Marion                          - Non guastate la cosa... Restiamo al fatto che vi ha guidato l'intuito.

Stefano                         - E restiamoci...

Al tavolo da gioco:

Toni                               - Sette picche! Il grande slam è imbattibile!

Fanny                            - Ecco! Ve l'avevo detto! La linea! la linea! la linea!

Marion e Stefano:

Marion                          - Parlate... parlate ancora.

Stefano                         - Di che?

Marion                          - Di quello che volete! Spiegatemi che cos'è questo grande slam. Che significa?

Stefano                         - Eh... significa che si ha tutto in mano! Come vostro marito, per esempio... danaro... posizione sociale... potere... amore... e donna! Ecco. Questo è il grande slam... mentre gli altri non possono neanche aprir bocca!

Marion                          - Voi ve lo immaginate in modo un po' strano, mio marito! Io, invece, sono convinta che cam-bierebbe volentieri con voi...

Stefano                         - Vita?

Marion                          - Se non la vita, almeno la dieta. Ha uno stomaco molto delicato... Non avete letto nei giornali? Le sue trattative con quel gruppo di finanzieri francesi si sono svolte a Karlsbad... perché lì vi sono le sorgenti alcaline. Affari e cura delle acque! Ecco: così è il grande slam nella realtà...

Stefano                         - Vi chiedo scusa... forse è l'invidia che mi fa parlare!

Marion                          - (ride) Lo invidiate per me? (Con compas­sione) Povero ragazzo... non sapete che cosa invidiate!

Stefano                         - E invece lo so con precisione! (Involon­tariamente) Voi siete una creatura meravigliosa, Marion... (Spaventato) Oh Dio! Vi ho chiamata per nome! Per­donatemi...

Marion                          - Voi vi chiamate Stefano, non è vero?

Stefano r                       - Sì.

Marion                          - E allora continuate, Stefano.

Stefano                         - Ho detto tutto. Ora parlate un po' voi... di voi stessa...

Marion                          - Non è interessante. E poi... sono egoista. Mi piace interrogare gli altri.

 Stefano                        - (quasi implorando) Vi prego.- non desi­derate che io parli!

Marion                          - Perché no?

Stefano                         - Perché ora non si potrebbe parlare che di una sola cosa... e per quanto banale e comune, dovrei dirla...

Marion                          - (con un lieve sorriso di superiorità) E al­lora... ditela!

Stefano                         - E' difficile...

Marion                          - Perché la temete tanto? Non è una parola originale... ma non è neanche vergogna pronunziarla! (Con un gesto stanco) Non è vergogna, specialmente a tarda notte... quando abbiamo bevuto un po'... e nella nostra testa gira uno stupido disco di grammofono...

Stefano                         - (deciso) Dunque, l'amore vi interessa?

Marion                          - (ride) Sentite, Stefano... io sono un po' brilla... Sarò franca! Può darsi che domani rinneghi tutto questo nostro colloquio... tutto... ma oggi, in via eccezionale, voglio dire la verità!

Stefano                         - E quale sarebbe questa verità?

Marion                          - Non sono in buoni rapporti con l'amore... non ci salutiamo neppure... Se mi viene incontro per la strada cambio marciapiede...

Stefano                         - Vi fa paura?

Marion                          - Come un acquazzone! Anzi, come un ura­gano! Con la forza degli elementi non si può discutere: bisogna sfuggirli o riderne...

Stefano                         - Non può esser vero! Anche voi dovete avere qualche momento...

Marion                          - Ma io impedisco che si arrivi fino a quel punto... Credete a me, tutto dipende dalla disciplina. Bisogna saper fuggire in tempo.

Stefano                         - E se non se ne è capaci?

Marion                          - Si deve! Seggo al volante... abbasso il para-brise... e quando sono arrivata in cima alla collina 4 momenti pericolosi sono svaniti!

Stefano                         - Come siete realista! Beviamo ancora... ma vi scongiuro: disinnestate il vostro cervello!

Marion                          - Che vi salta in testa, ora? Immaginate forse che io potrei compiere sino in fondo quella serie di sciocchezze che fortunatamente, finora, sono riuscita ad evitare? Se sapeste come sarebbe difficile, con la vita che faccio... una vita ferma... monotona... immutabile... Eppure, anch'io avrei il diritto di fare una volta una sciocchezza... una piccola sciocchezza... come tutti gli altri...

Stefano                         - Che intendete dire?

Marion                          - Per voialtri, è molto più facile... voi non avete nulla da perdere. Quello che sconvolge la vita di una donna, per l'uomo è soltanto un piccolo episodio, senza nessuna responsabilità... un'ora che non ha se­guito...

Stefano                         - Ah... adesso vi capisco... Voi vorreste... una piccola sciocchezza...?

Marion                          - Si potrebbe chiamarla anche così. Ma si sa: per una donna, è quasi irrealizzabile... Spesso l'uomo può andarsene via senza avere nessun obbligo il giorno dopo... neanche di salutare!

Stefano                         - Come siete corrotta!

Marion                          - Non sono corrotta: sono soltanto un po' brilla!

Stefano                         - Dunque... beviamo!

Marion                          - (ride) A che?

Stefano                         - All'ora che non avrà seguito,..

Marion                          - E' un'ora che non esiste nella realtà... però sarebbe bella... Serbare dell'amore tutto ciò che è lieve... e gettar via tutto ciò che pesa...

Stefano                         - (come una sfida) Perché non provate?

Marion                          - Perché mi manca il partner! Occorrerebbe un uomo di buon senso... che avesse una certa supe­riorità...

Stefano                         - Come voi!

Marion                          - Un uomo che non prendesse la cosa sul serio... che si rendesse conto precisamente di che si tratta... Ma un uomo così assennato non esiste al mondo.

Stefano                         - (beve) Sentite, Marion... di me, in gene­rale, si dice che sono molto intelligente...

Marion                          - (ride) Voi?... Se un momento fa eravate indignato della mia corruzione!

Stefano                         - Quella era teoria. E questa è pratica. In pratica, anch'io vorrei precisamente quello che volete voi... perché anche per me sarebbe terribile se un amore sconvolgesse la mia vita... Non ho altra via da scegliere. (Con un po' di tristezza) Neanch'io posso prenderlo sul serio...

Marion                          - E' proprio vero?

Stefano                         - Parola d'onore!

Marion                          - (con leggerezza, in tono scherzoso) Allora, forse, ci ripenserò...

Stefano                         - Sono le due... l'ora più bella per la mia terrazza... le lampade del Lungo Danubio brillano... e sull'isola Margherita la notte tace...

Marion                          - La notte tace... potrebbe essere un'atte­nuante... Qual è il numero del vostro telefono?

Stefano                         - (in fretta) Ventotto-trentacinque-sessanta. Via dell'Isola ventuno.

Marion                          - Nel nuovo quartiere Leopoldo, non è vero?

Stefano                         - Appunto per questo non mi fate troppo aspettare. Sarebbe stile vecchio quartiere Leopoldo. Il nuovo è più svelto, più pratico, più moderno...

Marion                          - Io abito verso il Castello... (Breve pausa). Dimentichiamo questa nostra conversazione. E' tardi! Me ne vado!

Stefano                         - Perché tanta fretta?

Marion                          - Sono stanca... e non voglio neanche distur­bare i giuocatori. Me ne vado all'inglese.

Stefano                         - Rimanete ancora un po'!

Marion                          - Impossibile!

Stefano                         - Vostro marito non è a Budapest...

Marion                          - E che importa? Addio, Stefano.

Stefano                         - Ve ne scappate proprio sul serio?

Marion                          - Sì. (Con una risatina) Ecco il momento in cui seggo al volante e abbasso il parabrise. Buona notte...

Stefano                         - Non mi portereste un po' con voi?

Marion                          - Volentieri. (Fa per avviarsi; all'improv­viso) Ah! Ora mi viene in mente... ho rimandato la macchina. Questo è il socialismo dei ricchi, sapete: il povero autista non deve far tardi la notte.

 Stefano                        - Allora vi porterò a casa io. Va bene?

Marion                          - (ride) Tutto congiura contro di me... (Lo guarda) Pare che non si possa lottare con la linea buona...

Stefano                         - Posso far chiamare un tassì? Prendo un m tassì e vi accompagno a casa?

Marion                          - Fatelo venire. (Stefano esce in fretta. Marion esita. Gira il disco. Poi si avvicina cautamente ai giuocatori e dopo essersi convinta che essi non vedono e non odono nulla, guardinga segue Stefano. Non si accorge che, intanto, Fanny si è voltata e la segue con lo sguardo tentennando la testa e sorridendo).

Toni                               - Una picche!

Fanny                            - (senza guardare le carte) Quattro picche!

Toni                               - (spaventato) Quattro picche?

Fanny                            - Sì!... (Guarda ancora verso la porta dalla t quale è uscita Marion e dice con lieve ironia) Il gioco f sarà difficile! Ma spero che riuscirà...

Fine del primo quadro

QUADRO SECONDO

(Il mattino ci saluta nella casa di Stefano, che consiste in una camera da letto, un vestibolo e un'ampia terrazza. Vestibolo moderno con mobili composti. Nel fondo una larga vetrata che dà sulla terrazza; una porta a sinistra dà nella camera da letto e una a destra dà nell'ingresso. E' la casa di oggi: la vittoria di ogni confort. Riscalda­mento ad aria calda. Tappezzeria chiara. Finestre e porte laccate bianche. Tutto è semplice, lindo, di buon gusto, pratico, quindi anche bello. La scena è vuota; ma anche questo vuoto è traditore perché sulla spalliera di una poltrona è gettato l'abito da sera di Marion. In questo vuoto, unico essere vivente è il grammofono che suona il disco preferito di Marion: «Heaven... I'm in heaven», e la sua solitudine e il suo abbandono acquistano un sapore acre e piccante... Per un po' non accade nulla. Poi la canzone finisce, il disco continua a girare e non si sente altro che il leggero stridere della puntina. Ora da destra entra Stefano, in pigiama e con un eccellente «dressing goivn ». Nessuna traccia di gualciture, è pet­tinato di fresco, in modo che anche con il suo abito in­timo fa l'effetto di essere vestito di tutto punto. Va al grammofono, lo ferma e con un lieve sospiro toglie il disco. Nel gesto col quale posa il disco sul tavolo appare un po' di malinconia: finita! Siede nella poltrona, accende una sigaretta, guarda le nuvole di fumo, poi con un lieve movimento della mano le manda via. Anche in questo gesto, la stessa tristezza: finito... passato... svanito... Da sinistra si sente la voce di Marion).

Marion                          - (di dentro) Stefano, vi prego...

Stefano                         - Desiderate, cara...

Marion                          - Per favore, datemi il mio vestito...

Stefano                         - Ah, sì... il vostro vestito... (Con tenerezza prende il vestito e lo porta verso l'uscio) Posso entrare?

Marion                          - (subito, c. s.) No, no... neanche per sogno!... Datemelo! (La porta si apre un po' e appare il braccio nudo di Marion).

Stefano                         - Cara! (le bacia il braccio).

Marion                          - Lasciatemi, Stefano... è già tardi!

Stefano                         - (trattenendole il proccio) Non è tardi... è appena mattina!

Marion                          - (c. s.) Che ore sono?

Stefano                         - Le sette...

Marion                          - (c. s.) Terribile! Lasciatemi! Lasciatemi! Devo vestirmi!

Stefano                         - (con un lieve sospiro) Peccato! Eccolo! Ecco il vostro vestito... (Il braccio di Marion sparisce insieme col vestito. La porta rimane socchiusa. 0opo breve pausa siede di nuovo nella poltrona) Marion!

Marion                          - (c. s.) Che c'è?

Stefano                         - (grida) Mi amate?

Marion                          - (c. s.) Su questo non ho ancora avuto il tempo di riflettere!

Stefano                         - (c. s.) E non riflettete neppure! Ditemelo coraggiosamente! Mi amate?

Marion                          - (c. s. preoccupata) Non gridate, Stefano. In queste case moderne le pareti sono così sottili!

Stefano                         - Non fa nulla! Non disturbiamo i vicini. Anche loro si amano.

Marion                          - Come lo sapete?

Stefano                         - Anch'io Io sento attraverso le pareti... Qui tutti sono felici. Qui abitano soltanto persone giovani, coppie di innamorati, sposi novelli...

Marion                          - (c. s.) Come è carino!

Stefano                         - E poi, anche volendo, non si potrebbe vi­vere infelici! Per l'infelicità occorrono almeno cinque stanze. Ma in questi appartamentini, piccoli come tane, la gente o si ama o si divide... Un terzo caso è impos­sibile!

Marion                          - Qual è il terzo caso, secondo voi?

Stefano                         - Il più comune... non si amano più eppure vivono insieme... A proposito: voi, in quante stanze abitate?

Marion                          - In dodici...

Stefano                         - Allora non c'è pericolo... (Col tono di un esperto) Come architetto, posso affermare che il pro­blema matrimoniale dipende dalla pianta della casa!

Marion                          - (c. s.) C'è molta verità nelle vostre parole... (Entra vestita) Eccomi pronta. Buon giorno, Stefano...

Stefano                         - (con calore) Cara Marion! Come siete bella!

Marion                          - Di questo, ormai, non dovete più accorgervi.

Stefano                         - Perché?

Marion                          - Ricordatevi i nostri patti: è finita! è pas­sata! Ora ci separiamo come se non fosse accaduto nulla...

Stefano                         - C'è da disperarsi...

Marion                          - . Mi avete dato la vostra parola d'onore che non l'avreste preso sul serio...

Stefano                         - Eh, se si sapesse prima... Però potete rima­nere ancora qualche minuto.

Marion                          - Sono aspettata a casa.

Stefano                         - Da chi?

Marion                          - Dalla mia cameriera. Non potrà mai im­maginare che cosa mi è accaduto.

Stefano                         - i Oh, lo immaginerà di certo!

Marion                          - Vi sbagliate. La poverina penserà senz'altro ad una disgrazia... che il mio tassì è precipitato nel Danubio... la sola cosa che non penserà è la più logica...

Stefano ,                       - Vuol dire che, in passato, non avete fatto escursioni simili.

Marion                          - Alle sette del mattino non mi sono mai trovata in una casa estranea.

Stefano                         - Purtroppo sono già le sette e un quarto...

Marion                          - (spaventata) Santo Dio! Me ne vado subito.

Stefano                         - Non vi lascio!

Marion                          - (ride) Violenza?

Stefano                         - Voi siete violenta! Non si deve, così di colpo, recidere una cosa... Fa male...

Marion                          - Forse fa male anche a me... e appunto per questo bisogna abbreviare il congedo...

Stefano                         - Non chiedo molto: cinque minuti... e qual­che accordo smorzato, come all'Opera. Sulla scena il gioco è finito, ma i violini piangono ancora un po'...

Marion                          - Beh, non ho nulla in contrario. Rimango ancora pochi minuti...

Stefano                         - Vi ringrazio, cara. (L'abbraccia; lungo bacio).

Marion                          - (si svincola) Stefano! Ma questo non è un accordo finale! Questo è un preludio!

Stefano                         - Non è colpa mia. Volevo che fosse un addio...

Marion                          - Resto solo a patto che non perdiamo la testa... che siamo assennati... (Breve pausa. Altro tono) Oh, non avevo ancora guardato intorno... (Verso la ve­trata) Questa sarebbe la vostra famosa terrazza...

Stefano                         - Sì.

Marion                          - (guardando fuori) Avete ragione: è un bel panorama. L'isola... la collina delle Rose... il ponte Mar­gherita... il bastione dei Pescatori... (ridiscende in scena). Tutta la casa è molto carina, così intima... Chi vi fa le pulizie?

Stefano                         - La portinaia.

Marion                          - E chi cucina?

Stefano                         - Io.

Marion                          - Voi?

Stefano                         - Il tè, qui, sul fornellino elettrico; i cibi più seri, fuori, sul fornello a gas...

Marion                          - (ride) Cibi più seri?

Stefano                         - Naturale! Sono specialista per le frittate... e non voglio essere immodesto, ma faccio divinamente anche le uova col prosciutto!

Marion                          - Come dirigete bene la vostra casa... senza una donna? (Stefano tace) Non l'ho chiesto certo per gelosia... solo per curiosità...

Stefano                         - Che ne direste se anch'io vi domandassi qualche cosa?

Marion                          - (calma) Potete domandare tranquillamente...

Stefano                         - Non domando nulla... è sempre pericoloso... (Breve squillo di campanello tra le quinte).

Marion                          - (spaventata) Chi ha suonato?

Stefano                         - Il latte...

Marion                          - Come?

Stefano                         - A quest'ora mi lasciano sulla soglia il latte, il pane e il burro. Sentite... non vorreste fare con me la prima colazione?

Marion                          - La prima colazione! No, non è possibile...

Stefano                         - Solo una tazza di tè... si fa così presto... Guardate, lì c'è il fornello... l'acqua è già su... io intanto porto dentro il latte (esce in fretta a destra).

Marion                          - (mentre lui esce) Va bene. Non ho nulla in contrario. Una tazza di tè... (inette la spina del for­nello elettrico). Ma dopo vado via davvero! (Stefano torna con una piccola bottiglia di latte, un cartoccio col pane e un pezzo di burro).

Stefano                         - Ecco! Sarà una colazione deliziosa!

Marion                          - Che c'è in quel cartoccio?

Stefano                         - Panini freschi, croccanti... sono squisiti a quest'ora. Volete apparecchiare voi o devo...?

Marion                          - No, no! Faccio io! Dove sono le tazze?

Stefano                         - Nell'armadio. E' un mobile cosiddetto com­posto... (Spiegando) Questo è il guardaroba... questa è la vetrina... qui c'è il bar... e qui lo scrittoio. Ecco!

Marion                          - (prendendo le tazze per il tè dall'armadio) Com'è ingegnoso! Veramente indovinato! E che deli­ziosa colazione faremo! (Mentre apparecchia) Come mi piace tutto questo...

Stefano                         - Sono veramente contento...

Marion                          - Quello che c'è di bello, da voi, è che tutto è talmente semplice... il latte si mette sulla soglia...

Stefano                         - Da voi non è così?

Marion                          - (mentre prepara la colazione) Oh, da noi è molto più complicato! Anzitutto, a Gyor abbiamo una piccola fattoria che ci costa un occhio della testa. Lì, la sera, mungono le vacche, versano il latte nei bidoni, li piombano e con un auto frigorifero li portano a Buda­pest... Il latte viene consegnato al nostro portiere, che, a sua volta, lo consegna alla cuoca; la cuoca lo passa al domestico... il domestico alla cameriera... e la came­riera, su un tavolino a rotelle, finalmente lo spinge nella mia camera da letto.

Stefano                         - E' veramente un po' complicato!

Marion                          - E io, Stefano, temo che tutta la mia vita sia così inutilmente complicata... mentre le cose sono molto più semplici... (Come se in quel momento si ren­desse conto di tutta la propria situazione) Il latte si deve mettere sulla soglia! Sono convinta che tutto si può tro­vare sulla soglia, anche la felicità... ma noi siamo inca­paci di accorgercene...

Stefano                         - (stupito) Che accade in voi, Marion?

Marion                          - Nulla! L'avevo detto che dovevo andar­mene via subito... (Sviando il discorso) Questi panini sono veramente fragranti... vi spalmerò io il burro...

Stefano                         - Cara! Se sapeste come sono intontito... quasi quasi comincio a non credere...

Marion                          - Che cosa?

Stefano                         - Che siete seduta qui e spalmate il burro sul pane... così, su due piedi, non saprei neanche dire che cosa è più bello: la notte che è passata o la mat­tina che comincia adesso...

Marion i                        - Io ritengo più pericolosa la mattina... E' divino questo grigiore attraverso il quale, a poco a poco, il sole si fa strada...

Stefano                         - Mi piace, questa zona. C'è in essa come un fremito di speranza... Un quartiere nuovo! Dapper­tutto si lavora... (Con un sospiro) Purtroppo sono i vecchi imprenditori che costruiscono... non i giovani archi­tetti! Ma non importa! Anche così è bello... vedere la gente che scava, pianta pali, erige castelli di legno™

Marion                          - (mentre beve il tè) Come è carino questo vostro desiderio di costruire!

Stefano                         - Oh, di mattina si vorrebbe sempre fare qualche cosa...

Marion                          - (con un velo di tristezza) Io mi alzo sem­pre tardi... e forse per questo non voglio mai far nulla. Ma ora, ad un tratto, mi sento così fresca... non so a che cosa lo debbo... a voi o ai panini...

Stefano                         - (stupito) Ai panini?

Marion                          - L'ultima volta che ho fatto la prima cola­zione così presto, ero ancora in collegio dalle Dame In­glesi. Allora sì che i panini avevano tanta fragranza». Mi sembra come se, di qui, dovessi tornare direttamente a scuola...

Stefano                         - E almeno, siete preparata?

Marion                          - Se sapeste quante lezioni ho perdute... (Medita) Ma come è strano! Abbiamo passato insieme una così detta notte di peccato... eppure i miei pensieri, in questo momento, sono così onesti...

Stefano                         - Forse perché non è stata una notte di pec­cato.

Marion                          - E' già il mattino...

Stefano                         - E' già il mattino... La città ricomincia a vivere... escono i giornali, pieni delle diverse opinioni del mondo... di catastrofi... e questa vita, questa febbre, travolge e sommerge l'unica cosa bella... la nostra notte d'amore... (bacio e abbraccio).

Marion                          - (scongiurando)

Stefano                         - badate...

Stefano                         - Marion... va bene... Non lo prendiamo sul serio. Ma continuiamo...

Marion                          - Impossibile! Tutto dipende da questo: che non abbia seguito. Se continuiamo, ci toccherà la sorte di ogni amore... i dolori... le complicazioni... le menzo­gne... Tutto quello che io non sopporto. No, no! Bi­sogna evitarlo, con saggezza, con disciplina... (si ferma d'improvviso e rimane in ascolto; spaventata) C'è qual­cuno in casa!

Stefano                         - La portinaia che fa pulizia... è vecchia e sorda...

Marion                          - (nervosa) Una donna non è mai abbastanza sorda... Mandatela via, vi prego.

Stefano                         - Subito. (Verso la porta di destra) Sara, per favore... tornate più tardi».

Marion                          - E ora, Stefano, dobbiamo lasciarci in modo definitivo... senza sentimentalismi... realisticamente... Punto primo: dimenticare tutto! Non abbiamo nulla in co­mune; non potete vantare nessun diritto su me; non potete esser geloso.

Stefano                         - Questo è reciproco?

Marion                          - Naturale!... Perché, fra noi, non è acca­duto nulla. Poi...

Stefano                         - Poi?

Marion                          - Ora viene il più difficile. Se ci incontriamo in qualche luogo...

Stefano                         - (teso) Se ci incontriamo?...

Marion                          - Ve ne prego... se è possibile, non mi salutate...

Stefano                         - Perché? Che vuol dire? Ci siamo cono­sciuti in società...

Marion                          - Nessuno se ne ricorda. Vedete, Stefano... dobbiamo proporci di considerare come non accaduto ciò che è accaduto... Anche padroneggiandovi, non riu­scireste mai a salutarmi senza che sul vostro volto non apparisca quel sorriso traditore che dice: mi ricordo di tutto.»

Stefano                         - Avete paura di qualcuno?

Marion                          - Forse di me stessa. Rassegnatevi, Stefano... e non mi accompagnate neanche fino alla porta... volta­tevi dall'altra parte... non dovete vedermi andar via... voltatevi...

Stefano                         - (sospira) Come volete... ecco! (si volta).

Marion                          - (lo guarda sorridendo: gli si avvicina e lo ab­braccia alle spalle) E ora addio! Come è stato bello! Vi ringrazio... Addio! (esce in fretta mentre Stefano volge la testa per guardarla).

Fine del primo atto

ATTO SECONDO

QUADRO TERZO

 (Il palazzo di Marion. Il marito, conte Pietro, ha 50 anni. E' un uomo energico, serio, di una certa superio­rità, dall'aspetto autoritario, il vero « pezzo grosso » della finanza. Passeggia su e giù nel suo studio. Questo studio è così solenne e così fastoso al tempo stesso che vi starebbe bene un dittatore. E in realtà Pietro, nel suo mondo, è veramente un dittatore. Per il momento è un po' stanco e indossa ancora il mantello da viaggio, così come è arrivato dalla stazione. Il suo segretario, Felix, è un giovanotto molto elegante ed aristocratico. E' an­che lui in mantello da viaggio e osserva con ansia il suo principale. Felix suona il campanello).

Giuseppe                       - (entra da sinistra) Hanno suonato?

Felix                              - Mandateci la cameriera della contessa. La vuole il signor conte.

Giuseppe                       - Sissignore, la mando subito (esce).

Pietro                            - Che ore sono, Felix?

Felix                              - Le otto...

Pietro                            - Le otto del mattino... e Marion non è an­cora a casa..

Felix                              - Avremmo dovuto telegrafare che arriva­vamo...

Pietro                            - E perché non lo hai fatto?

Felix                              - Non ne ho avuto l'incarico.

Pietro                            - Avresti potuto anche pensarci da te!... In fin dei conti sei il mio segretario... (con lieve ironia) ...caro barone...

Felix                              - Ti chiedo scusa... ma per gli affari di fa­miglia non sono più il tuo segretario!

 Pietro                           - Prendi troppo alla lettera i limiti del tuo lavoro!... Dove l'hai imparato?

Felix                              - All'Accademia militare!

Pietro                            - Ah, sì?

Felix                              - E' vero che le vicende della vita mi hanno costretto ad abbracciare la carriera bancaria... ma le tra­dizioni familiari e lo spirito dell'ufficiale di cavalleria sono sempre vivi in me. E' nei tuoi poteri discrezionali avvertire o meno la contessa Marion del tuo arrivo. Io, di mia iniziativa, non oserei immischiarmene.

Pietro                            - Correttissimo!... Sei tanto corretto che farò di te un direttore di banca, Felix…..

Felix                              - Come?

Pietro                            - Con la tua correttezza e con le tue tradi­zioni aristocratiche sei nato direttore... ma un segretario non deve essere tanto corretto! Un po' di iniziativa... che diamine! (Gesto). Avresti dovuto telegrafare a Ma­rion del mio arrivo! (Si bussa alla porta del fondo. Entra Marta, la cameriera di Marion).

Marta                            - (spaventata) Il signor conte mi ha fatto chiamare?

Pietro                            - Dite un po', Marta, la contessa vi ha avver­tita che stanotte non sarebbe rientrata?

Marta                            - Non ha detto una parola.

Pietro                            - A che ora è uscita di casa?

Marta                            - Ieri sera alle nove...

Pietro                            - E dove è andata?

Marta                            - Non lo so... ma, scusi...

Pietro                            - Sentite, Marta... non è proprio il caso di rappresentare il ruolo della cameriera fedele che si fa crocifiggere per non tradire la sua padrona... Qui non c'è neanche l'ombra di una tragedia familiare! Io temo semplicemente che sia accaduta qualche disgrazia a mia moglie...

Marta                            - Oh Dio! Oh Dio!

Pietro                            - Dunque... dove è andata ieri sera la si­gnora?

Marta                            - Dalla baronessa Fanny.

Pietro                            - E allora telefoniamo.

Marta                            - L'ho già fatto... ma non risponde nessuno.

Pietro                            - Proviamo di nuovo.

Felix                              - (interviene) Scusa... non mi sembra prudente telefonare cosi di buon'ora... capisci bene che...

Pietro                            - (riconoscendo che ha ragione) Bravo, Felix! Cominci a far progressi! Sicuro che fai progressi! (Alla cameriera) Grazie, Marta... potete andare!

Marta                            - Come comanda (via dal fondo).

Pietro                            - Ora sta attento! Bisogna telefonare al Mi­nistro del Commercio e chiedere quando posso riferirgli sull'esito delle trattative... Avverti poi del mio ritorno la Società Edilizia Magiara... il Trust del Materiale elet­trico... la Fabbrica dei Cavi... il Cemento Portland... co­munica a tutti che il lavoro si inizierà subito e che presto li convocherò in assemblea.

Felix                              - Permettimi di stupirmi... La tua padronanza e la calma con la quale ti occupi degli affari in una si­tuazione simile...

Pietro                            - (interrompendo, asciutto) Le due cose non hanno niente da fare l'una con l'altra... (riflette un po') ... forse soltanto in un punto... che «e non fossi assorbito completamente da questo lavoro smisurato... certo Ma­rion alle otto e dieci del mattino sarebbe a casa...

Felix                              - (alla finestra) Si è fermata una macchina davanti al palazzo!

Pietro                            - Vediamo un po’ (guarda dalla finestra; a Felix che si è ritirato) Sì... è un tassi... Ecco Marion...

Felix                              - Allora abbi la bontà di presentare i miei omaggi alla contessa.

Pietro                            - Non mancherò. Va pure a sbrigare quello che t'ho detto... (Accenna a destra) Avverti di là che sarò in ufficio alle undici.

Felix                              - Ai tuoi ordini. Però mi son convinto che hai ragione tu... avrei dovuto telegrafare. Vi sono molti esempi, nella storia delle guerre, in cui l'aiutante ha agito di sua iniziativa (si inchina ed esce a destra. Breve pausa. Dal fondo entra Marion).

Marion                          - (sorpresa) Pietro... come mai?! Sei già ar­rivato...?!

Pietro                            - Come vedi...

Marion                          - E' proprio una sorpresa inaspettata! Ne sono veramente contenta! Benvenuto!

Pietro                            - (un po' freddo) Buon giorno, Marion. Non ci vediamo da tre settimane! Così di buon'ora, forse, non c'eravamo ancora incontrati... o per lo meno non eri vestita da sera...

Marion                          - (un po' imbarazzata) Ah, capisco!... Ti sei adombrato perché-rincaso a quest'ora?

Pietro                            - Adombrato...? Oh, che deliziosa espressione adoperi! Rientri alle otto e mezzo del mattino... per questo mi pare che ci si possa adombrare un po'... no?

Marion                          - (acconsente) Hai perfettamente ragione, Pietro. (Un po' imbarazzata) Ma qualche volta bisogna pure sacrificarsi per gli amici...

Pietro                            - . Dove siete stati?

Marion                          - Da Fanny.

Pietro                            - Fino alle otto?

Marion                          - No, no... dopo siamo andati in un tabarin... volevamo rimanere solo dieci minuti e si è fatto giorno...

Pietro                            - E tu, naturalmente, non hai potuto sottrarti...

Marion                          - Non avevo abbastanza energia!... (Ad un tratto, sincera) In queste lunghe notti vi sono dei mo­menti nei quali non si riesce più a staccarsi... come se perdessimo la coincidenza con la vita reale... e allora... tutto può accadere...

Pietro                            - E intanto non so ancora che cosa hai fatto fino alle otto...

Marion                          - Abbiamo assistito al sorgere del sole...

Pietro                            - Dove eravate?

Marion                          - Sul Monte Svevo... Figurati... erano tutti un po' brilli... mi hanno quasi gettata in macchina... non c'era da discutere... siamo arrivati in un attimo in cima al monte... lì poi è venuta fuori ancora qualche bottiglia di cognac... (Col tono di una brava bambina) Ma io, poi, non ho partecipato sino alla fine... sono scappata via con un tassì... per tornare a casa... Forse gli altri sono an­cora a gozzovigliare sul Monte Giovanni.

Pietro                            - Prima hai detto il Monte Svevo.

 Marion                         - Non è lo stesso...? I due monti sono collegati...

Pietro                            - Infatti! Questa è l'unica cosa certa... I due monti sono effettivamente collegati.

Marion                          - Eh!... non è vero? Ma ora parliamo di te. Come è andato il tuo viaggio? Che esito hanno avuto le tue trattative?

Pietro                            - Eh, no, no, Marion!... Non si passa tanto facilmente all'ordine del giorno... non puoi cavartela così a buon mercato... Alle sette del mattino sul Monte Svevo...? Questo significa un raffreddore sicuro! Dovresti stare più attenta alla tua salute! Una creatura nervosa come te... ha bisogno almeno di nove ore di sonno! Mi devi promettere di non abusare mai più del tuo organismo!

Marion                          - Sei veramente carino, Pietro...

Pietro                            - Ridi di me?... Forse perché ho creduto a tutta questa storia?... Ma io ho per principio di esami­nare sempre ogni situazione con obbiettività... Danaro?... Per te non conta... sei una delle signore più ricche di Budapest... Spirito, intelligenza, cultura?... Sei più in­telligente, più colta e più fine di qualunque uomo che possa avvicinarti... Che altro ancora?... Un piccolo ca­priccio?... Questo davvero non mi interesserebbe e del resto non è neanche probabile. Tu sei molto disciplinata e inoltre hai una difesa magnifica... il tuo spirito iro­nico e autocritico... saresti la prima a burlarti di una tua debolezza...

Marion                          - Hai quasi ragione!

Pietro                            - Ecco... vedi?

Marion                          - Sei un magnifico uomo, Pietro... In un caso simile uno sciocco si sarebbe arenato... ma tu non com­metti errori di tal genere... tu comprendi... di te ci ei può fidare... sei sempre equilibrato...

Pietro                            - E' l'equilibrio degli organi interni! Mi ha giovato la cura delle acque!... Alla mia età i sensi non hanno più una grande importanza, ma è necessario l'equilibrio nell'organismo, nella vita e nel matrimonio... E' una norma assennata che rende la convivenza non soltanto sopportabile, ma anche piacevole!

Marion                          - E' una norma intelligente!

Pietro                            - E ora facciamo colazione.

Marion                          - (presa alla sprovvista) Colazione?

Pietro                            - E' così raro che ci capiti di far colazione insieme... Prima però vado a mettermi un po' in ordine... sono ancora con l'abito da viaggio           - (esce a sinistra. Ma­rion fa un sospiro stanco, poi suona. Giuseppe entra dal fondo).

Marion                          - Giuseppe, faccio colazione col signor conte. Serviteci qui.

Giuseppe                       - Come comanda, signora contessa - (esce dal fondo. Marion siede, stanca. Felix entra da destra).

Felix                              - Buon giorno, Marion (le bacia la mano),

Marion                          - Buon giorno, caro Felix... E così... siete ar­rivato anche voi...?

Felix                              - Io arrivo sempre insieme con Pietro.

Marion                          - Come state?

Felix                              - Grazie... male!

Marion                          - Sul serio?

Felix                              - In vita mia non mi sono sentito mai tanto male! (All'improvviso) Marion, scusatemi... dove siete stata stanotte?

Marion                          - (stupita) Come...? Non vi capisco!

Felix                              - Eppure parlo chiaro... Vi ho chiesto dove avete passata la notte!

Marion                          - L'ho già detto una volta a mio marito...

Felix                              - Voi volete torturarmi...!

Marion                          - Ma voi siete impazzito!

Felix                              - E' così! Rispondetemi subito... dove siete stata stanotte?

Marion                          - Con quale diritto me lo chiedete?

Felix                              - Col diritto della pazzia... Ascoltatemi, Ma­rion... Da anni vivo accanto a voi... guardo a voi con cieca devozione... come l'aiutante di campo guarda la sua Regina... insomma... non avrei osato avvicinarvi neanche con un gesto...

Marion                          - Questo è l'unico vostro proposito assen­nato!

Felix                              - ... vi ho considerata sempre come un essere superiore... per voi avrei messo la mano sul fuoco! (Di­sperato) E quest'essere superiore... questa donna per­fetta... non ha passato la notte a casa...

Marion                          - Siete veramente il segretario ideale! Siete geloso invece del vostro padrone!

Felix                              - Non mi canzonate! Nel mio cervello c'è uno spaventoso disordine... come un intero squadrone sgo­minato... Cercate di comprendermi, Marion... Io mi ero rassegnato a non avere con voi nessuna relazione... ma mi confortava il pensiero che non l'avevate neanche con altri!

Marion                          - Oh, questa è bella!

Felix                              - Ma se voi tornate a casa a quest'ora, ho il diritto di chiedervi: perché non io, allora...? Io che da anni vi servo con fedeltà e aspetto... io che sono qui sull'attenti...

Marion                          - ...ad aspettare me?

Felix                              - (disperato) Sì... ma ormai non aspetto più... il momento è giunto! (Risoluto) Marion, vi amo!

Marion                          - Siete veramente un uomo geniale! Giuo-cate a bridge?

Felix                              - Sicuro!

Marion                          - Allora sappiate che siete sulla linea cat­tiva...

Felix                              - E chi si trova sulla linea buona?

Marion                          - (di scatto, perdendo la sua calma) Questo non vi riguarda! Ma è veramente inaudito!

Felix                              - Perdonatemi, io...

Marion                          - (nervosa) Vivo tranquilla con mio marito! Con quel caro, buon amico, che si fida di me... Insom­ma... tutto andrebbe nel modo migliore... arriva il se­gretario e mi fa una scenata!

Felix                              - In questo momento non sono il segretario! Sono il barone Felix Banathy, il quale assume l'intera responsabilità dei suoi atti... Marion... volete diventare una povera baronessa?

Marion                          - (franca) Povera... forse sì! Baronessa, in nessun caso!

Felix                              - Mi respingete?

 Marion                         - Naturale! Nel modo più assoluto!

Felix                              - Allora nel momento dell'addio vi prego di comunicare a vostro marito le mie dimissioni...

Marion                          - Ecco! Ora si è offeso! (Pentita) No, Felix... abbiate giudizio... noi siamo due buoni camerati!

Felix                              - Non mi avreste trattato così...

Marion                          - Ero un po' nervosa! Non ve ne abbiate a male! Io anzi devo esservi grata...

Felix                              - A me?

Marion                          - Ero in un curioso stato d'animo... avevo bisogno di un piccolo uragano... ero rincasata in condi­zioni di spirito di litigare... ma con Pietro è impossibile litigare... Vi ringrazio, Felix, di esservi sacrificato!

Felix                              - Ah, allora... se vi siete alleggerita...

Marion                          - Mi sono svuotata addirittura... Dimentichiamo tutto!... Ormai sono a posto!

Felix                              - Voi con me fate sempre tutto quello che volete!

Marion                          - Per dimostrarvi la mia gratitudine passe­remo la serata insieme. Ho due biglietti per il concerto di Toscanini... Pietro certo andrà a letto presto... Dopo il concerto ceneremo in qualche posto... va bene?

Felix                              - (felice) Benissimo... Permettetemi di baciarvi le mani...

Marion                          - (con gentilezza) Ecco... (Felix le bacia le mani. Pietro torna e vede la scena).

Pietro                            - (sereno) Che c'è, ragazzi...? Che cosa ac­cade?

Marion                          - Ho fatto pace con Felix...

Pietro                            - Vuol dire che avevate bisticciato!

Felix                              - (confuso) Scusami... io... io...

Pietro                            - Non balbettare, caro!... Capisco tutto... La tua preoccupazione è assolutamente superflua... (gli batte benevolmente sulla spalla) ... questa donna non ci tra­disce... (Giuseppe entra dal fondo spingendo su un ta­volino a rotelle l’abbondante e squisita colazione).

Giuseppe                       - I signori sono serviti...

Marion                          - Rimanete con noi, Felix?

Felix                              - Grazie... devo ancora cambiarmi... Vado a casa. Per le dieci devo preparare in ufficio il rapporto antimeridiano... Vi bacio le mani, Marion... Arrivederci, Pietro (via dal fondo).

Pietro                            - Ed ora facciamo colazione in santa pace!

Giuseppe                       - (a Marion, versando il tè) Lo desidera con latte?

Marion                          - Con latte, grazie. Ma solo mezza tazza.

Pietro                            - Mezza tazza? Le altre volte ne hai prese anche due...

Marion                          - Oggi me ne basta mezza...

Giuseppe                       - Quale confettura desidera... fragole... aran­cio... albicocche...

Marion                          - No... grazie...

Giuseppe                       - (offrendo) Pane tostato...?

Marion                          - (con uno scatto nervoso) Ma ditemi... pa­nini non ce ne sono mai?

Giuseppe                       - (stupito) Come?

Marion                          - Dei bei panini semplici... freschi... croc­canti...?

Giuseppe                       - Finora la signora contessa non li ha mai chiesti!

Marion                          - Da ora in poi dovranno esserci sempre! (A Giuseppe) Potete andare... servirò io il signore        

 (Giu­seppe si inchina ed esce dal fondo. La colazione con­tinua).

Pietro                            - Vuoi un grape-fruit?

Marion                          - Oggi non mi va...

Pietro                            - E' molto sano... contiene vitamine in ab­bondanza... e favorisce il ricambio...

Marion                          - (con lieve tristezza) Già...

Pietro                            - A proposito! Grazie a Dio, mi sento benis­simo...

Marion                          - Scusami... stavo proprio per chiedertelo...

Pietro                            - A Zurigo mi sono fatto visitare da uno spe­cialista. Figurati che posso mangiare il manzo lesso!

Marion                          - E' veramente magnifico!

Pietro                            - Manzo lesso... pollo... un po' di vino bianco leggero...

Marion                          - Insomma, ti ha trovato bene?

Pietro                            - Perfettamente... E questa diagnosi mi rida la fiducia in me stesso... Perché presto si inizierà il gran lavoro... dobbiamo fabbricare...

Marion                          - (con improvviso interesse) Fabbricate?

Pietro                            - . ...le Centrali elettriche del Bassopiano... che poi fonderemo con le Centrali della Transdanubiana... Per l'amministrazione delle due aziende costruiremo un grattacielo nel nuovo quartiere Leopoldo.

Marion                          - (trasalisce lievemente) Nel nuovo quartiere Leopoldo...?

Pietro                            - E' quella zona al di là del ponte Marghe­rita... dove hanno costruito quelle case moderne...

Marion                          - Perché proprio lì?

Pietro                            - Perché quasi tutta l'area ci appartiene. E poi è un quartiere giovanissimo, di grande avvenire...

Marion                          - (con subito interessamento) Dimmi, Pietro, a chi sarà affidata la costruzione?

Pietro                            - Alla Società Edilizia Magiara.

Marion                          - (con vivacità) Quella che ha per direttore generale Zoltan Baranyi? E' un nostro buon amico...

Pietro                            - Appunto. Perché te ne rallegri tanto?

Marion                          - (allegra) Mi piace la cosa! Tutto! Così com'è! Vita... movimento... costruzioni... tanta gente che avrà lavoro... muratori... falegnami... idraulici... elettri­cisti... (quasi restia, con un piccolo tremito nella voce) ... ingegneri... architetti...

Pietro                            - Sì, sì. Mobilitiamo un intero piccolo eser­cito...

Marion                          - Ed è per questo che me ne rallegro. E' sempre bello quando qualche cosa si inizia... Sono anch'io della tua opinione, Pietro... (A bassa voce, guar­dando lontano, sorride) Il nuovo quartiere Leopoldo avrà un grande avvenire...

Pietro                            - Mi fa piacere che il mio lavoro ti interessi tanto... E ora scusami... (si alza). Oggi avrò una gior­nata terribile!

Marion                          - Ti prego, non far complimenti...

Pietro                            - Purtroppo non ci vedremo neanche a colazione... E stasera vorrei andare a letto presto... Ma spero che domani a mezzogiorno...

Marion                          - (con un sorriso) Va bene. Prendo nota.

Pietro -                          - Arrivederci, Marion (le sfiora distratta­mente la fronte con un bacio).

Marion                          - Arrivederci, Pietro... (Pietro esce a destra. Marion rimane sola. Medita. Poi va al telefono. Nervosa, sfoglia l'elenco. Forma un numero. Col ricevitore in mano) Pronti... Società Edilizia Magiara?... Vorrei par­lare col signor Baranyi... La contessa Koltay... (Breve pausa). Pronto? Zoltan?... Sono io... in persona. Vi stu­pisce tanto? Vi ho telefonato per essere la prima a congratularmi... Lo so... sarete voi che costruirete il grat­tacielo... Anch'io ne sono molto contenta... Anzi, vorrei chiedervi un piccolo favore. La mia vecchia governante J ha un lontano parente... un giovanotto... non lo conosco! ; Dice che è un architetto di molto talento... sì, sì... qual­siasi piccolo posto... (Allegra) Già fatto? Siete un angelo!! Vi ringrazio. Ma non dite a nessuno che l'ho raccoman­dato io: non voglio gratitudini... Il nome? (guarda lon­tano. Adagio, con sentimento sempre più profondo) Ste­fano Saròscy... architetto... via dell'Isola ventuno... ili numero dell'interno non lo conosco... ma mi pare che stia in alto... (con grande tenerezza) ...molto, molto in alto... all'ultimo piano... sulla terrazza-

Fine del terzo quadro

QUADRO QUARTO

(Un locale notturno di Budapest. Ambiente molto piccolo del quale si vede soltanto un angolo. Il jazz e la parte centrale dove si balla non sono visibili. Quando le coppie vanno a ballare escono verso il fondo a sinistra di dove giunge il suono della musica. I tavolini sono vicinissimi e le spalliere delle sedie si toccano in modo che i clienti del locale involontariamente sono seduti come se appartenessero tutti alla stessa famiglia. E in realtà si può parlare tranquillamente da un tavolino all'altro: i presenti sono così pigiati che veramente esiste tra loro una certa comunanza; quella comunanza dei locali notturni che infrange ogni barriera fra conoscenti ed estranei. Nell'angolo di destra, quasi addossata al bancone del bar, siede una comitiva di nostra cono­scenza: Fanny, Lili, Denes e Bandi. Bandi e Lìli seggono su un alto sgabello e giuocano ai dadi sul bancone del bar. Fanny e Denes seggono su sedie comuni accanto al tavolino. Quando il sipario si alza il jazz suona il « Cocktails for two ». Per qualche momento una grade­vole confusione di voci: è la vita del tabarin. Qualche coppia traversa la scena ed esce per andare a ballare).

Bandi                            - (getta i dadi) Tre re in due colpi.

Ln.1                              - Ora tocca a me (prende l'astuccio dei dadi).

Fanny                            - (a Bandi) Bandi, avete poi indovinato?

Bandi                            - (annoiato) Non ci sono ancora riuscito.

Fanny                            - Però è un problema semplicissimo. L'anno scorso veniva a ballare qui, beveva acquavite di albi­cocche e frattanto è diventato re. Chi può essere?

Bandi                            - (letargico) Non ne ho la minima idea.

Fanny                            - Dite un po'... voi mi prendete in giro di proposito?

Bandi                            - Si... è così bello starsene qui seduti... un po' brilli... mezzo istupiditi... senza pensare a nulla... Voi, invece, vorreste costringermi sempre ad indovinare qualche cosa. A che serve...?, domando io...

Fanny                            - Mi diverte. Al principio della stagione ho ufficialmente comunicato che rinunziavo al fascine gio­vanile... ho smesso tutti i miei flirts e ho abolita anche la tintura dei capelli. Ora non ho più una vita privata...

Lili                                - E perciò ti occupi di quella degli altri... non è vero? (scende dall'alto sgabello e siede accanto a Denes).

Fanny                            - Proprio così, cuoricino mio... Io debbo es­sere informata di tutto ciò che accade a Budapest. E' indispensabile per l'equilibrio del mio spirito e a Bu­dapest, sia lodato Iddio, accade sempre qualche cosa.

Lili                                - (a Denes) Che mi consigliate...? Fino a quando devo tenere i titoli?

Denes                            - Dipende da Locarne... se le conversazioni prendono una buona piega bisogna giuocare sulla pace.

Lili                                - Insomma, dovrei comprare una casa?

Denes                            - Fino a questo punto non potrei consigliar-velo.

Lili                                - Perché? Una casa è un buon investimene.

Denes                            - Non sempre... L'anno scorso anch'io l'ho comprata...

Fanny                            - Eh, lo so! Avete messo su un delizioso ap­partamentino all'ammezzato... facendo venire i mobili da Vienna...

Denes                            - (con un piccolo sospiro) Purtroppo... la ca­mera da letto è un barocco viennese... la biancheria ha i pizzi di Brusselle...

Fanny                            - ...e la ragazza è una piccola generica budapestina.

Lili                                - (ride) Insomma, è questa la ragione per la quale ritenete che comprare una casa sia un cattivo in­vestimento?

Denes                            - (un po' ironico) Proprio così... non osa bus­sare alla mia stessa porta... (Guarda il suo orologio) ...perché so che la signorina a quest'ora non è sola...

Fanny                            - Vi sbagliate! E' sola... ha già rotto con quello là...

Denes                            - Io non ne so ancora nulla!

Fanny                            - Io invece sì. Nessuno mi può precedere... credete a me... si sono lasciati. Bussate tranquillamente.

Denes                            - Sorte la vostra responsabilità...

Fanny                            - Garantisco. Sapete, professore, i giovani qualche volta fanno come certi cavalli... prendono subito la testa... ma nelle corse lunghe vincono sempre gli eco­nomisti assennati come voi. (Il jazz suona adesso il « Continental ». Movimento. Entra Marion accompagnata da Felix. Il cameriere molto premuroso corre avanti per far loro posto).

Il Cameriere                  - Si accomodi, signora contessa... c'è un tavolino magnifico per lei...

Marion                          - Grazie.

Fanny                            - (vivace) Oh!... c'è Marion... Marion! (fa un cenno di saluto verso di lei).

Marion                          - (ricambia il saluto) Ciao, Fanny...

Fanny                            - Hai dormito abbastanza?

Marion                          - Perfettamente.

Fanny                            - Deve siete stati?

Marion                          - Da Toscanini.

Fanny                            - Bello?

Marion                          - Divino!

Fanny                            - Poi parleremo un po'.

Marion                          - Con piacere, cuoricino mio (prende posto con Felix ad un tavolino).

Il Cameriere                  - Che posse servire?

Felix                              - Una bottiglia di Lancon brut...?

Marion                          - Stasera non voglio champagne... Cognac.

Il Cameriere                  - Come comanda (via).

Marion                          - Credo che avrei dovuto sedermi da Fanny.

Felix                              - (spaventato) Per amor di Dio, non mi pu­nite! Sono così felice di essere solo con voi...

Marion                          - Però bisogna scambiare qualche parola con lei, altrimenti finirà per credere che la sua presenza ci disturba.

Felix                              - (felice) Magari fosse vero... invece...

Marion                          - Che pretendereste di più? Non siete ancora soddisfatto? Oggi sono stata molto gentile con voi! Abbiamo cenato soli come una coppia di innamorati...

Felix                              - (con un piccolo sospiro) Eh già... naturale... naturale... le signore si fanno vedere volentieri con me, al teatro, al ristorante, al tabarin... ma sempre soltanto in pubblico.

Marion                          - (gentile) Un giovane bello come voi non si deve tener nascosto...

Felix                              - Ecco... proprio questa è la mia disgrazia! Con me le signore vogliono sedere solo in vetrina... ma non mi è mai permesso di abbassare la saracinesca!

Marion                          - Dovete rassegnarvi, caro Felix... un uomo non può essere bello impunemente!

Al tavolo di Fanny:

Lili                                - Non mi ci raccapezzo più. Marion ha una relazione col segretario di sue marito?

Fanny                            - Solo in apparenza... solo per quella parte che rientra nelle attribuzioni di segretario. Pietro è un uomo che ama i suoi comodi e non vuole passare le notti fuori... così fa accompagnare Marion dal segretario.

Lili                                - Mi piace quel ragazzo...

Fanny                            - Anche a me...! Povero piccolo aristocratico smarrito...

Lili                                - Smarrito?

Fanny                            - Dall'Almanacco di Gotha... nella Guida Fi­nanziaria.

Denes                            - Non ha perduto nulla nel cambio. (Conge­dandosi) Ed era, Fanny, mi perdonate, non è vero...?

Fanny                            - Lo so, lo so... la mattina dovete fare lezione all'Università.

Lili                                - Vorreste condurre a casa anche me, profes­sore? (si alza: a Fanny) A che ora vai domani dal par­rucchiere?

Fanny                            - Alle sei.

Lili                                - Ci sarò anch'io. Ti fai ondulare da Eduardo?

Fanny                            - Sì.

Lili                                - lo da Adolfo. Insomma, non ci urtiamo. Allora arrivederci. Ciao, cuoricino mio. Buona notte, Bandi. (Verso Marion) Buona notte, Marion. (Inchini gene­rali, saluti da un tavolo all'altro, mentre esce con Denes).

Fanny                            - Ed ora scendete da me, Bandi. Ho un boc­concino prelibato per voi.

Bandi                            - (scende dall'alto sgabello) Ancora?

Fanny                            - Un nuovo amore... freschissimo...

Bandi                            - (senza convinzione) E' mai possibile?

Fanny                            - Cercate d'essere intelligente... indovinate al­meno questo.

Bandi                            - Mi rincresce, ma per quest'anno ho deciso di non indovinare più nulla... Budapest si è fatta così complicata che oltrepassa le mie forze.

Fanny                            - Ma non le mie!

Bandi                            - In confidenza, Fanny: come potete tenere a mente tante relazioni?

Fanny                            - Io lavoro col metodo delle schede. Tutti quelli che vivono e respirano a Budapest hanno il loro cartellino...

Al tavolo di Marion:

Felix                              - (con calore) Non credo d'essere peggiore degli altri uomini... E' vero che io penso con lentezza aristocratica... ma solo coloro che mancano di tradi­zioni hanno bisogno di decidere con prontezza.

Marion                          - (ridendo) Così come siete, siete perfetto!

Felix                              - Allora ditemi sinceramente, che cosa non vi piace in me?... O, per essere più precisi, che cosa vi piace negli uomini?

Makion                          - E' difficile spiegarlo... perché è il risultato di mille diverse cose... l'attimo propizio... il caso for­tunato... ma la più importante è che l'uomo porti con se un senso di freschezza... e ispiri quel sentimento onesto e riposante per cui la vita sembra bella e vai la pena di amare... sicché... (la voce le si agghiaccia sulle labbra perché in questo momento entra Stefano con Rosina, una creatura giovane e molto bella).

Felix                              - Sicché...?

Marion                          - (imbarazzata) Come?

Felix                              - Perché non continuate?

Marion                          - Che cosa dovrei continuare?

Felix                              - La frase... vi siete interrotta mentre dicevate che la vita è bella e vai la pena di amare.

Marion                          - (cerca di padroneggiarsi) Già, già... è mol­to bella e vale proprio la pena di amare... (Stefano e Rosina passano dinanzi a Marion. Stefano la scorge. Ha un sussulto quasi impercettibile di spavento. Si padro­neggia e passa davanti al tavolino senza salutare).

Felix                              - (a Marion) Siete ammutolita improvvisa­mente...

(Marion                         - Io?

Felix                              - Sì... non vi sentite bene?

Marion                          - Mi sento divinamente... (Si riprende) In­somma, dicevo che cosa mi piace negli uomini... (Parla un po' a scatti) Dunque... prima di tutto un uomo mi piace se mi procura un senso di sorpresa... se mi ap­pare diverso dagli altri... se è capace di scuotermi in modo inaspettato... (Nervosa) Veramente non riesco a capire perché tengo una lezione per voi...

Il Cameriere                  - Favoriscano, prego... questo è un buon tavolino...

Stefano                         - (incerto, quasi macchinalmente) Sì, sì...

Rosina                           - Allora sediamo qui...?

Stefano                         - (rientrando in sé, con voce soffocata) Non sediamo in nessun posto! Questo locale non mi è sim­patico... Andiamo via...

Rosina                           - Sei stato tu a voler venire...

Stefano                         - (c. s., nervoso) Senti, angelo mio, è inu­tile discutere... se ti dico di andare, andiamo...

Rosina                           - Hai qualche ragione?

Stefano                         - Nessuna...

Rosina                           - E allora restiamo... a me piace tanto!

Il Cameriere                  - Quale tavolino desidera il signore? (Stefano indica un tavolino lontano da Marion).

Rosina                           - Lì non si sta bene...

Stefano                         - E in quell'altro? (indica un tavolino an­cora più lontano).

Rosina                           - Peggio ancora... Perché non sediamo qui? (indica il tavolino vicino a Marion).

Stefano                         - (come un'anima in pena) E' occupato...

Il Cameriere                  - Nossignore, è già libero... (A Ma­rion) Permette signora contessa che scosti un po' la sedia?

Marion                          - (nervosa) Fate pure... del resto andiamo via subito...

Il Cameriere                  - Ecco, così... (stringe al tavolo di Ma­rion Stefano e Rosina) Che posso servire?

Stefano                         - Come?

Il Cameriere                  - Che posso servire?

Stefano                         - Due acquavite di albicocca.

Il Cameriere                  - Subito, signore (via).

Felix                              - (al cameriere che si allontana) Ancora due cognac.

(Marion e Stefano si volgono le spalle, ma le loro sedie sono così vicine che al più lieve movimento si urtano. Ora con la collaborazione dei due tavolini sì inizia un allegro quartetto nel quale però c'è una nota di malinconia. Gli amanti della notte precedente sono tanto vicini che quasi si toccano, eppure così dispera­tamente lontani che si voltano le spalle. I due tavolini conversano. Ognuno parla col proprio compagno ma in realtà parla per « l'altro », senza però rendersene nep­pure conto, sicché nei discorsi non vi è nulla di sottoli­neato. Il colloquio naturalmente si svolge su un ritmo accelerato e a precise domande e risposte, ma l'insieme delle voci e la fusione degli argomenti dei due tavolini formano un'armonia che è come la musica da camera della conversazione).

Rosina                           - Vedi, caro... qui stiamo magnificamente...

Stefano                         - (c. s.) Già già... magnificamente!

Marion                          - Stiamo come tante sardine in una scatola...

Stefano                         - Non ci si può neanche rigirare... perché hai voluto scegliere proprio questo posto?

Marion                          - Non possiamo rimanere troppo a lungo...

Stefano                         - Vorrei andare a letto presto...

Rosina                           - Che c'è?... Perché sei così nervoso?

Stefano                         - Io?

Felix                              - Sì... non c'è dubbio... siete nervosa... an­cora un momento fa parlavate con tanto brio... e ades­so... come se qualcosa si fosse spezzato...

Rosina                           - Sei stato allegro finché abbiamo messo' pie­de qui e ora hai un viso così scuro...

Stefano                         - Fa caldo!

Marion                          - Mi pare che manchi l'aria.

Stefano                         - Ah, che fumo... si potrebbe tagliare col coltello... non è affatto piacevole respirarlo...

Marion                          - Non capisco che gusto ci sia a rimaner qui... Pagate e andiamo...

Felix                              - Marion! Non è facile ingannarmi! In voi è accaduto qualche cosa...

Marion                          - Parlate piano... che bisogno c'è di far sen­tire ai vicini...?

Rosina                           - Stefano! Dimmi che hai...

Stefano                         - (nervoso) Non gridare, cara... non siamo soli...

(Il cameriere porta le bevande).

Il Cameriere                  - (al tavolino di Marion) I signori sono serviti. (Al tavolino di Stefano) I signori sono serviti. (Posa i vassoi sui due tavolini).

Felix                              - Noi non abbiamo ordinato acquavite, ma cognac.

Rosina                           - Noi non abbiamo ordinato cognac, ma acquavite.

Il Cameriere                  - Scusino... ho scambiato i vassoi (cam­bia i vassoi; via).

Stefano                         - Allora beviamo. Cin cin...

Marion                          - Cin cin...

Rosina                           - Cin cin...

Felix                              - Cin cin... (I quattro « cin cin » fanno una piccola musica).

Fanny                            - (che li osserva dal suo tavolino) Io invece me la godo... se sapeste come «ne la godo... Bandi... ma voi non vi accorgete di nulla... non l'ha nemmeno sa­lutata...

Bandi                            - (come svegliandosi dal suo letargo) Chi?

Fanny                            - Stefano... Vi lasciate sfuggire le cose più eccitanti!

Felix                              - Perché non avete voluto lo champagne?

Marion                          - Ne ho bevuto fin troppo!

Felix                              - Ieri notte... eh?

Marion                          - Ma smettetela di parlar sempre di ieri notte.

Stefano                         - Quante volte devo ripeterti che non c'è stato nulla... eravamo una comitiva di amici...

Marion                          - Cera il professor Denes... Lili... Bandi-Feri...

Rosina                           - E donne... belle... giovani...

Stefano                         - Lascia andare, ti prego... figurati che gio­ventù può frequentare la casa della baronessa Fanny...

Marion                          - Tutti vecchi... da Fanny non vanno uomini pericolosi...

Felix                              - Sì, sì... vi credo... però vedo che non dite la verità... Ho buoni occhi, io...

Marion                          - E che vedete?

 Felix                             - Che siete nervosa... irrequieta... il vostro stato d'animo cambia ogni momento... Inutile negarlo, Marion... nella vostra vita in qualche posto si nasconde un nomo.

Marion                          - Si nasconde...? Oh, questa è carina! (in­volontariamente scoppia in una risata. Si rovescia un po' indietro in modo che tocca la spalliera della sedia di Stefano, trasalisce) Pardon...!

Stefano                         - (come lei) Pardon...!

Rosina                           - Però qualche cosa è accaduta la notte scorsa...

Stefano                         - Abbiamo giocato a bridge fino all'alba.

Rosina                           - Hai vinto?

Stefano                         - Ho vinto...! Stavo sulla linea buona e ho vinto. (Triste) Ma ho già riperduto tutto...

Rosina                           - Molto?

Stefano                         - Di' un po', Rosina... com'è questo signore alle mie spalle? Non voglio voltarmi...

Rosina                           - E' un bel giovane... certo un aristocratico... assedia la sua compagna...

Stefano                         - (ferito) L'assedia...?

Rosina                           - ... con molto calore... (Brevissima pausa) Mi ami?

Stefano                         - (senza esitare) Ti adoro!... E di' un po'... in che modo la assedia... con le parole... con gli sguar­di... con i gesti...?

Rosina                           - Con le parole, con gli sguardi, con i gesti. Fino a quando mi amerai?

Stefano                         - Eternamente. Perché?

Felix                              - Darei dieci anni della mia vita per sapere chi è l'uomo che...

Marion                          - Non siate tanto prodigo... (D'improvviso) Ditemi Felix... come è questa donnina dietro di me? Ha una voce così antipatica... Guardatela senza dare nell'occhio...

Felix                              - Una graziosa creatura... è col suo amico...

Marion                          - (ferita) Come fate a sapere che è il suo amico?

Felix                              - Marito e moglie non sono mai così felici insieme.

Marion                          - . Sono felici?

Felix                              - Molto!... Hanno più giudizio di noi...

Marion                          - (nervosa) Credete?

Felix                              - (con un sospiro) Del resto, si dovrebbe amare così... semplicemente e allegramente... come que­sti due scemi. Non siete della mia opinione?

Marion                          - Sicuro... perfettamente...!

Felix                              - (felice) Oh, meno male che siamo d'accordo su una cosa... Allora posso sperare...

Marion                          - Naturale!... (non riesce a padroneggiare i suoi nervi) Potete sperare... potete sperare quanto volete! (Esplode) Ma siete proprio disgraziato!

Felix                              - (spaventato) Che dite?

Marion                          - In vita mia ne ho visti uomini perseguitati dalla disdetta... ma come voi... mai!

Felix                              - (sbigottito) Scusate... io...

Marion                          - Le vostre parole sono sempre fuori tono... e le dite nel momento più inopportuno. Torniamo a casa.

Felix                              - (disperato) Mi faccio portare il conto.

Marion                          - Non chiamate il cameriere... (Si alza) An­date voi a pagare. Vi aspetto fuori in macchina.

Fanny                            - (ire questo momento si avvicina in fretta) Cara Marion, mi permetti di rimanere qui?

Marion                          - Sai, cara...

Fanny                            - Vorresti forse andar via? No, no, non ti lascio... voglia far quattro chiacchiere con te...

Marion                          - Sono stanca...

Fanny                            - Un momentino solo, mentre Felix va a pa­gare il conto.

Felix                              - Come comandano... (offeso ed infelice, esce).

Fanny                            - (volgendosi indietro, a Bandi) Non ve ne avete a male... è vero, Bandi...?

Bandi                            - Anzi... sono felicissimo (si arrampica di nuovo sull'alto sgabello, si appoggia coi gomiti sul ban­cone e beve).

Fanny                            - Siedi... rimani qui tranquilla... La notte scorsa hai filato all'inglese... io invece avevo ancora tante cose da dirti... Ho sentito che tuo marito è tor­nato...

Marion                          - (siede di nuovo al posto di prima, rassegna­ta) Stamani... all'improvviso...

Fanny                            - E come sta?

Marion                          - Divinamente...

Fanny                            - Salute...?

Marion                          - Magnifica...

Fanny                            - Aspetto?

Marion                          - Tranquillizzante...

Fanny                            - Stato- d'animo?

Marion                          - Sereno... (Nervosa) Cara... mi fai troppe domande in una volta sola...

Rosina                           - Vieni a ballare...

Stefano                         - Non ballo! Sono felice di starmene qui seduto, con le spalle al mondo...

Rosina                           - Sei detestabile...

Fanny                            - (con voce soffocata a Marion) Sai chi c'è dietro di te?

Marion                          - Chi?

Fanny                            - Stefano.

Marion                          - (fingendosi sorpresa) Chi, Stefano?

Fanny                            - Quell'architetto... quel caro ragazzo che hai conosciuto ieri notte in casa mia...

Marion                          - Non ricordo... Ah, sì, sì... quel giovanotto...

Gustavo                        - (entra e si avvicina al tavolino di Stefano) Ciao, Stefano.

Stefano                         - Ciao, Gustavo.

Gustavo                        - Buona sera, Rosina... posso rimanere un po' con voi?

Stefano                         - Siedi, siedi... ci fai piacere...

Gustavo                        - Hai una magnifica cera, Rosina.

Rosina                           - Mi meraviglio... Stefano è esecrabile, oggi.

Fanny                            - E' un ragazzo che mi piace molto, Stefano... è un vero signore... fine... pieno di tatto...

Marion                          - Pieno di tatto?

Fanny                            - Non ci ha salutate perché è in compagnia di una donnina. Un vero gentiluomo' in questi casi finge di non vedere... (Amichevolmente) Neanche tu dovresti accorgerti di lui.

Marion                          - Ma io non me ne accorgo davvero...

Gustavo                        - (a Stefano) Alle tue spalle c'è una ma­gnifica donna...! L'hai guardata?

Stefano                         - (con indifferenza) Dì sfuggita... non è il mio genere...

Rosina                           - Ha un viso così conosciuto...

Stefano                         - Non so chi possa essere... una delle tante signore della buona società... che fanno la gioia dei parrucchieri...

Marion                          - Mi stupisce che lo trovi simpatico... uno smoking... nient'altro... conosco il tipo...

Stefano                         - ... superficiale...

Marion                          - ... vuoto...

Stefano                         - ... vanitosa...

Marion                          - ... presuntuoso...

Stefano                         - ... bugiarda...

Marion                          - ... infido...

Fanny                            - Come ne parli male...!

Marion                          - Hai ragione... non vale neanche la pena di occuparsene..

Stefano                         - ... fiato sprecato parlare di lei... (In que­sto momento il jazz attacca la canzone prediletta di Marion: « Heaven l'm in Heaven... » ; la melodia si diffonde dolce, larga, conquistatrice. Poi segue una breve pausa. Per l'effetto della musica quelli che seggono vol­gendosi le spalle si piegano l'un verso l'altro dondolan­dosi lievemente. La canzone suscita il ricordo della notte passata).

Fanny                            - F/ la tua canzone, Marion...

Marion                          - Sì... (involontariamente canticchia; anche Stefano comincia a canticchiare).

Rosina                           - Come è grazioso questo motivo...

Gustavo                        - Volete ballare?

Rosina                           - Volentieri...

Gustavo                        - (a Stefano) Permetti...?

Stefano                         - (con un gesto) Fai pure... (Gustavo e Ro­sina vanno a ballare. Stefano rimane solo al tavolino. Sì abbandona interamente alla musica. Anche Marion sem­bra astrarsi. Fanny li osserva sorridendo).

Marion                          - (non è capace di padroneggiarsi) Fanny... ti chiedo- un favore...

Fanny                            - Tutto quello che vuoi, cara... non aspettavo altro...

Marion                          - Vorrei rimanere sola per cinque minuti...

Fanny                            - (con gran gioia) Davvero?

Marion                          - Trova il modo per farmi rimaner sola...

Fanny                            - ... con quel ragazzo vuoto... presuntuoso... infido...?

Marion                          - Sì...

Fanny                            - Lascia fare a me... sono nel mio elemento, (Felix torna).

Felix                              - Sono a vostra disposizione, Marion... se volete possiamo andare.

Fanny                            - (con tono dolcissimo) Ah, non ve la cave­rete così facilmente... prima dovete ballare con me...

Felix                              - (stupito) Ballare?... (Ad un tratto comincia a sorridere) ... Col massimo piacere...

Fanny                            - Preferireste una giovinetta, eh?... Con me è piuttosto un'opera di beneficenza... ma ve ne sarà tenuto conto in qualche posto... Andiamo (prende a braccetto Felix e lo porta via. Marion e Stefano ora sono rimasti soli, così come sedevano, schiena contro schiena: due estranei davanti a due diversi tavolini. E cosi si ini­zia fra loro il colloquio. Ma prima ancora c'è una breve pausa. La musica quasi li stimola. Finalmente Marion comincia a parlare).

Marion                          - Chi è quella donna?

Stefano                         - (sorpreso) Come?... (fa per voltarsi verso di lei).

Marion                          - Non vi voltate... restate come siete...

Stefano                         - Se lo desiderate...

Marion                          - Chi è quella donna?

Stefano                         - Chi è quell'uomo?

Marion                          - Questo non c'entra.

Stefano                         - Allora anche la donna non c'entra.

Marion                          - Va bene... non ne parliamo più (Breve pausa. Musica). Perché non mi avete salutata?

Stefano                         - Non vi capisco!

Marion                          - Perché non mi avete salutata... non mi avete neanche guardata... ostentatamente non mi avete salutata.

Stefano                         - Nessuna ostentazione... non vi ho salutata, semplicemente.

Marion                          - E perché?

Stefano                         - Perché me l'avete proibito.

Marion                          - E per voi questo è un motivo?

Stefano                         - Naturale!

Marion                          - Oh, come siete stupido!

Stefano                         - Ma dico... (fa per voltarsi).

Marion                          - Non vi voltate!

Stefano                         - Era il vostro preciso desiderio... siamo estranei... non ci conosciamo... non ci salutiamo... L'a­vete detto sì o no?

Marion                          - L'ho detto!

Stefano                         - E allora... (gesto).

Marion                          - Sentite... io ho il diritto di proibire o no... ma voi avete il dovere di non ubbidire.

Stefano                         - E dov'è la logica?

Marion                          - (eccitata) All'una dopo mezzanotte in un tabarin... pretendete la logica da me? Andatela a cer­care domattina all'università... alla facoltà di filosofia...

Stefano                         - (alza le spalle) Perché mi trattate male? Mi avete ordinato di non prendere sul serio...

Marion                          - (con tono leggero) Io non la prendo sul serio...

Stefano                         - E io nemmeno...

Marion                          - Ma voi esagerate perché la prendete troppo leggermente... Andate nei tabarin... vi divertite... siete raggiante... come se nulla fosse accaduto...

Stefano                         - (sbigottito) Anche voi fate lo stesso... Scu­sate dov'è la...

Marion                          - (lo interrompe) Cercate ancora la logica tra noi? Questo è il vostro errore... (Con impeto) Chi è quella donna?

Stefano                         - Chi è quell'uomo?

Marion                          - Inaudito!... Vi comportate come se aves­simo eguali diritti. Qui non si tratta né di logica ne di eguaglianza di diritti. L'amore non conosce misure eguali.

Stefano                         - Ma noi non siamo innamorati!

Marion                          - E come fa bene non esserlo! Ci cono­sciamo da ventiquattr'ore appena e già andate in giro con una nuova donna!

Stefano                         - Non è nuova!

Marion                          - Ah!... e osate dirmelo in faccia!

Stefano                         - No... ve lo dico alle spalle.

Marion                          - Allora è un'antica relazione...?

Stefano                         - ... che finirà in un matrimonio.

Marion                          - (perdendo il controllo) La sposerete?

Stefano                         - Non io... un altro!

Marion                          - (alleggerita) Ah, sì...?! E' un'indegnità!

Stefano                         - (sbigottito) E vi arrabbiate? Parola d'o­nore, non vi capisco... ma dov'è la... (ingoia la parola e fa un gesto eccitato) Beh, lasciamo andare... tanto... è lo stesso chi ha ragione o torto...

Marion                          - Come siete cambiato da ieri!

Stefano                         - Tante cose sono cambiate da ieri...

Marion                          - Che è successo?

Stefano                         - Ho avuto un posto. Accadono ancora mi­racoli, non è vero?

Marion                          - Qualche volta accadono...

Stefano                         - Vi confesso che stamane quando siete an­data via mi è sembrato che tutto fosse finito... che nella mia vita non potesse avvenire più nulla di nuovo...

Marion                          - E invece è arrivato il posto...

Stefano                         - Sì. E questo mi ha rimesso in piedi... mi ha fatto diventare un altro uomo... Lo sapete come è difficile trovare lavoro oggi... e per di più senza pro­tezioni...?

Marion                          - (gentile) Davvero?

Stefano                         - (con orgoglio) .... solo con le proprie forze... perché il talento finisce sempre per venire a galla...

Marion                          - (quasi con tenerezza) E il vostro è venuto a galla?

Stefano                         - Stamattina ha squillato il telefono. Era il direttore della Società Edilizia Magiara...

Marion                          - Come si chiama?

Stefano                         - Baranyi... non lo conoscete. Certamente avrà visto i miei progetti al Consiglio dei lavori pub­blici perché subito mi ha offerto un posto... In sostanza non volevo far altro che festeggiare questo lieto gior­no... perciò sono venuto qui con quella ragazza.

Marion                          - La vostra amica... Sono proprio enchantée...

Stefano                         - Di me?

Marion                          - Di me stessa... della mia saggezza... Oh, che fortuna non averla presa sul serio neanche per un attimo...

Stefano                         - Come?

Marion                          - E' così divertente vedervi seduto qui... pieno d'orgoglio... perché il vostro talento ha trion­fato...

Stefano                         - E per questo mi tenete il broncio?

Marion                          - Io?... Io non vi tengo affatto il broncio... vi confermo soltanto i nostri accordi di stamattina... Noi due abbiamo finito... se ci incontreremo prossimamente, potete non salutarmi... con tranquilla coscienza... non ve ne rimprovererò...

Stefano                         - Come volete!

Marion                          - Ecco... solo questo volevo dirvi! Ed ora addio. Lavorate... andate avanti... progredite... svilup­patevi... prendete moglie... tutto questo per me è indif­ferente. (Si alza) Quel piccolo errore non merita d'es­ser preso sul serio! (Si avvia in fretta verso Felix e Fanny che ritornano) Oh! Felix... Fanny... è tardi or­mai... Andiamo a casa... (Rosina torna con Gustavo al tavolino di Stefano).

Stefano                         - Ragazzi... è l'ora di andare! Conto!

Rosina                           - (con vivacità) Voltati subito... Ora passa quella signora che sedeva dietro di te...

Stefano                         - (con uno sguardo verso Marion che si av­via) Vedo...!

Rosina                           - Sono riuscita a sapere chi è... (Dandosi im­portanza) Figurati!... è la famosa Marion Koltay!

Stefano                         - (fingendosi sorpreso) Davvero? (Segue con lo sguardo Marion che si allontana) La famosa Marion Koltay... (Con un lieve sospiro fissando nel vuoto) Ora capisco perché mi pareva di conoscerla... (Anche essi si avviano. La musica suona. Movimento. Vita).

Fine del quarto quadro

QUADRO QUINTO

(La camera da letto di Marion. Tarda notte. Un letto Luigi XV ampio, con baldacchino; un vero capolavoro: il trionfo del merletto. Questo letto è l'unica cosa che ha importanza nell'ambiente. Tutto il resto serve sol­tanto da cornice. In fondo una porta che dà nello spo­gliatoio. A destra la comune. A sinistra una piccola por­ticina nella tappezzeria. Quando il sipario si alza, Marta, la cameriera, dorme su una sedia. Marion torna dal ta­barin; è nervosa e di malumore).

Marta                            - (si sveglia di soprassalto) Buona notte, si­gnora contessa.

Marion                          - Come? Sei ancora sveglia?

Marta                            - Aspettavo lei, signora...

Marion                          - Quante volte devo ripeterti di non aspet­tarmi se torno a casa tardi? Sono capace di svestirmi da me.

Marta                            - Credevo che la signora preferisse...

Marion                          - (nervosa) No, no, lasciami... voglio rima­nere sola... hai capito?

Marta                            - Come comanda, signora.

Marion                          - Dov'è Bijou?

Marta                            - Dorme di là nel suo cestino.

Marion                          - Gli hai dato da mangiare?

Marta                            - Sì, signora.

Marion                          - E l'hai portato fuori, secondo il solito?

 Marta                           - (quasi offesa) Ma, signora contessa™

Marion                          - (si toglie i gioielli e comincia a svestirsi) I Va bene, va bene... allora portamelo di qua...

Marta                            - Subito, signora.

Marion                          - No, no... è meglio lasciarlo fuori.

Marta                            - Come comanda.

Marion                          - O Io tengo qui?

Marta                            - Come vuole.

Marion                          - (quasi piangendo) Quanto chiacchieri... se io potessi sapere quello che voglio tutto sarebbe a posto. Portamelo!

Marta                            - Sì, signora!

Marion                          - No, non portarmelo. Meglio per lui se resta fuori. Va, va...

Marta                            - Buona notte, signora contessa. Buon riposo (esce a destra. Marion si sveste nervosamente. Sparisce nello spogliatoio. Pietro socchiude la porticina a sinistra. Mette dentro la testa, poi entra. E1 in veste da camera),

Pietro                            - Scusa, Marion...

Marion                          - (dallo spogliatoio) Sei tu, Pietro?

Pietro                            - T'ho sentita rientrare.

Marion                          - (c. s., svogliata) Come mai non dormivi an­cora?

Pietro                            - Non sono riuscito a prender sonno. Ti di­sturbo solo per un attimo. Hai qualche sonnifero?

Marion                          - Quanti ne vuoi... sono sul tavolino... ac­canto al letto.

Pietro                            - Posso prenderne qualcuno?

Marion                          - (c. s.) Naturale... si capisce...

Pietro                            - (va al tavolino) ,Oh, è una vera farmacia!

Marion                          - (c. s.) Come mai non puoi dormire? Hai delle preoccupazioni?

Pietro                            - Sì... ma se non fosse che per quelle dormirei... Solo i romantici si figurano che i ricchi di notte i siano tormentati dalle preoccupazioni e dai rimorsi...

Marion                          - (c. s.) E allora che hai?

Pietro                            - Certo non avrei dovuto mangiare quel manzo lesso... Ma ormai è fatto... (Accanto al comodino) Validol... Evipan... Luminal...

Marion                          - (entra dallo spogliatoio in vestaglia) Veramente non si dovrebbero mai usare i sonniferi... bisognerebbe fare esercizi di sonno...

Pietro                            - Esercizi di sonno?

Marion                          - Sì... bisogna pensare ad un paesaggio monotono... ad una pianura sconfinata... e mormorare sommessamente... ora penso a un lago... ora penso a un fiume... non importa a che cosa... l'importante è che sia monotono.

Pietro                            - Monotono...

Marion                          - Pensa per esempio al nostro matrimonio...

Pietro                            - Già, già... il nostro matrimonio... (siede sulla sponda del letto).

Marion                          - (quasi sibilando) Non sedere sul letto!... Sai che mi fa venire il nervoso...

Pietro                            - Scusami... è tanto tempo che non entro qui che ho dimenticato le tue abitudini.

Marion                          - E' un rimprovero?

Pietro                            - No, no.

Marion                          - Eppure io sento, Pietro, che tra noi vi sono dei problemi che aspettano una soluzione.

Pietro                            - Allora risolviamoli...

Marion                          - E come?

Pietro                            - (cerca tra i sonniferi) Adaline... Bromural... Sonnifen... quante gocce bastano di questo?

Marion                          - Dodici.

Pietro                            - Tu di solito che prendi?

Marion                          - Luminal... due tavolette.

Pietro                            - Ecco... vedi? Perché si dovrebbero risolvere dei problemi a tarda notte? Dodici gocce di Sonnifen e tutto si risolve da se... (fa per baciarla).

Marion                          - Mi rincresce, ma ormai non puoi più ba­ciarmi.

Pietro                            - Perché?

Marion                          - Perché ho già messo la crema sul viso. Un'altra volta devi dirmelo prima.

Pietro                            - Va bene. La prossima volta te lo preannun­cerò. Allora... dormi bene, cara... arrivederci... (uscendo legge sulla boccetta) Salvo prescrizione contraria, da dieci a dodici gocce in un po' d'acqua zuccherata... (esce a sinistra).

Marion                          - (lo segue con lo sguardo, si toglie la vestaglia, si mette a letto, si rigira nervosamente e non trova la giusta posizione, accomoda i guanciali, batte la coperta, accosta il ricevitore del telefono all'orecchio, lo posa su­bito, esita un momento; alla fine suona il campanello. Entra Marta).

Marta                            - Comandi, signora contessa.

Marion                          - Dammi la comunicazione di qua.

Marta                            - Sissignora.

Marion                          - No, no, non me la dare.

Marta                            - Come comanda.

Marion                          - O forse sarà meglio...?

Marta                            - Non mi muovo finché la signora contessa si decide...

Marion                          - Non me la dare.

Marta                            - E' un ordine definitivo?

Marion                          - Si... Del resto fa lo stesso... dammela pure.

Marta                            - Sissignora! Buona notte (esce).

Marion                          - (siede sul letto. E' irrequieta, nervosa; co­mincia a contare i bottoni del piumino di seta) Chiamo... non chiamo... chiamo... non chiamo... chiamo... non chia­mo... (Rassegnata) Non chiamo! (Ad un tratto forma un numero e telefona da letto) Pronto?... Sono io... Si, si, io... Siete solo? Certo?... Allora perché parlate così piano?... Vi ho svegliato?... Mi rincresce. Io non riesco a prender sonno... E' una sfacciataggine... è un'ingiuria che voi possiate dormire... Vi stupisce che vi telefono?... (Con sincerità) Anch'io sono stupita... (Con un lieve sospiro) Dov'è la logica?... In nessun posto... (Sorpresa) Come?... Che modo di parlare è il vostro?... Che si­gnifica: «Che cosa desiderate?»... Domandatemi invece che cosa voglio da voi... Oh... ecco... non voglio nulla... assolutamente nulla... e perciò vi ho telefonato... Cosa state brontolando?... Che non capite...? Eppure è così semplice... Vedete... noi due abbiamo finito... su questo spero che non vi siano dubbi... ora... appunto perché abbiamo finito voglio dimostrarvi una cosa... che io non sono la donna che voi credevate... forse le appa­renze sono contro di me... ma non vuol dir nulla... l'im­portante è che in questo gioco io sono stata la più onesta... Ma che succede in questo telefono?... Mi sen­tite...? Quel signore che avete visto al tabarin è il segretario di mio marito... con « quell'uomo » non ho mai avuto nessuna relazione... ve lo posso giurare... (Fuori di se) Come...? (Ripetendo le parole di Stefano) « Ne prendo atto con soddisfazione »... Ma questo non lo posso sopportare...! Pronto...! Che intendete con la vo­stra «soddisfazione»?... Dite piuttosto che ne siete fe­lice... oh! Come sono presuntuosi gli uomini al tele­fono...! (Lo imita con rabbia) «Che cosa desiderate, signora?»... «Ne prendo atto con soddisfazione»... così parla soltanto uno stupido... sì, sì... uno stupido! Ecco quello che « desideravo » comunicarvi, caro signore-Buona notte! (Posa stizzita il ricevitore, agita rabbiosa­mente i piedi, poi scoppia in pianto come una bambina) Dio mio! Dio mio! E ora che faccio?... Dormirò... (Si aggiusta il letto, poi inizia un « esercizio di sonno »: come se si dondolasse in un'altalena) Sono seduta sulla riva di un fiume... mi sento bene e posso dormire... (ri­pete più nervosa) ...sono seduta sulla riva di un fiume-mi sento bene e posso dormire... (batte le mani e agita i piedi) ... sono seduta sulla riva di un fiume... mi sento bene e posso dormire... (balza a sedere e col pugno col­pisce il tavolino) No!... non voglio dormire per dispetto... gli farò vedere io! (Dà un colpo sul ricevitore, poi fa di nuovo il numero del telefono) Pronto... (Con molta dolcezza) Volevo chiedervi... mi serbate sempre ran­core...? Avete ragione... la colpa è mia... sono stata io a non rispettare le regole del giuoco... ma è così... si decide una cosa e poi in pratica non si riesce ad attuarla... Non dobbiamo serbare un ricordo amaro... sciuperebbe tutto il passato... (Dopo una breve pausa, con tenerezza) Sì... è stato bellissimo... (Spaventata) No, Stefano... non con­tinuate... « ieri a quest'ora » non lo ripetete più... non esiste, non esiste, non esiste... (Ride piano, dolcemente nell'apparecchio) Tacete!... (Dopo una breve pausa, con molta intimità) Il mio letto...? E voi come lo immagi­nate?... Avete indovinato... largo... francese... no... no... ora avete sbagliato... per una persona sola... non Luigi sedicesimo... quindicesimo... La coperta?... Gialla... (A voce ancora più bassa e con maggiore dolcezza) ... la ca­micia da notte... che importanza ha...? Beh, se volete proprio saperlo... (piano) ... crespo di Cina! (Con voce molto dolce) Sì, sì... e niente altro... Stefano! Ma siete impazzito...?! Venire qui...?! E' impossibile... Io?... (ride) ...meno ancora... poi... ho già messa la crema sul viso... e infine non avrebbe nessun senso perché noi ora ci diamo l'addio definitivo... Sì, sì... Stefano... fissiamo l'ora della chiusura... ancora tre minuti... pensiamo l'uno all'altro... e poi è finito! (Divenuta seria) Per finire... dimmi l'ultima cosa bella... e sincera. (Pausa. Ascolta e dal suo volto si può comprendere ciò che Stefano le dice. Un po' commossa) Grazie... Ora ti dico una cosa anch'io... Mi vergogno per questo piccolo gioco che ad un tratto ha preso il sopravvento su me... non è colpa mia... credimi, è stato il primo e l'unico della mia vita... Non mi credi?... A quest'ora tutto bisogna credere... anche le bugie... certo!... Se sono abituata alla men­zogna?... Purtroppo... ma non con le parole, col respiro... l'aria che respiro, la vita che vivo è tutta una men­zogna! (Spaventata) Come...? No, no... non ci incontre­remo mai più. No, no... non è neanche il caso di par­larne. Non voglio e non posso farlo. No, no, no. Va bene... ma veramente solo per poterci stringere un'ul­tima volta la mano... E dove?... All'isola Margherita? Al Circolo del bridge? Alla pasticceria Gerbaud... è il posto più sospetto... si fa la politica dello struzzo... si nasconde la testa nella tazza di cioccolata e si crede che gli altri non si accorgano di nulla... Eh, caro Ste­fano... non è un affare semplice incontrarsi a Budapest... Al cinema?... In quale?... Cinema Luigi?... E dov'è?... (Ride). Non sono pratica di Buda Vecchia. Alle quat­tro?... Non è troppo presto?... Ah, bisogna andare al primo spettacolo... sì, sì... così il cinema è vuoto an­cora. Come sei pratico... Insomma, troverò il biglietto alla cassa... e ci incontreremo nel palco... va bene... Per questa notte ancora, quando saremo al buio, potremo pensare uno all'altro... tanto, ormai... (Dolcemente) Pronto... a che penseremo?... (Con molta intimità)... alla stessa cosa?... Bene... domani alle quattro al Cinema Luigi. Addio! Buona notte! (riattacca il ricevitore, spe­gne la lampadina).

Fine del secondo atto

ATTO TERZO

QUADRO SESTO

 (Il Cinema Luigi, nel sobborgo, al pianterreno di una casa di Buda Vecchia. Tutto il quadro è fatto di sintesi, necessarie per un episodio assolutamente fuggevole: qualche fila di sedie e in fondo un palco sul quale si trova la cabina di proiezione col suo occhio luminoso. Lo schermo non è visibile, però si vede il fascio di luce che danza e taglia il buio come la coda di una co­meta. Il riflesso dello schermo illuminato rischiara i volti nel buio. Per il momento la sala è illuminata: il film non è ancora cominciato. Si proietta la « pubblicità sonora ». Il maggior rilievo deve essere dato al palco nel quale Stefano e Marion si incontreranno. Sono pre­senti: Anna, che accompagna il pubblico ai posti, il ra­gazzo delle caramelle e Antonio che spruzza nella sala il profumo disinfettante. Pubblico scarso che entra a lunghi intervalli).

La pubblicità                 - I migliori salami di vero maiale da Floriano Zupcek, Buda Vecchia, via Luigi quaranta­cinque. (Antonio corre su e giù con lo spruzzatore e spara nuvole di profumo, poi sparisce in direzione dello schermo).

 Anna                            - (ad un nuovo arrivato) Poltrona ventiquat­tro... Seconda fila a destra... si accomodi...

Il Ragazzo                     - Ciambelle! Limonata fresca! Cara­melle!

Antonio                         - Attenzione, per favore!

La pubblicità                 - Dopo lo spettacolo tutti da Ali Babà... Cioccolata con panna. Specialità: zuppa di pesce freschissimo, gulyas, orchestra zigana.

(Entrano il primo e il secondo studente).

Anna                             - (al primo studente) Scusi, signorino... mi fac­cia vedere il suo biglietto... Queste sono le poltrone... lei ha un biglietto di platea... abbia la compiacenza di andare avanti...

Primo Studente             - (al secondo studente) Appena si farà buio passeremo qui.

Secondo Studente        - Però bisogna «tare attenti! Quella donna vede anche al buio e ci tiene d'occhio...

Primo Studente             - Non aver paura...

Il Ragazzo                     - Ciambelle fresche! Cioccolatini! Cara­melle!

Antonio                         - Ecco! Devo andare a riempire di nuovo lo spruzzatore! Non c'è profumo che basti per questa spelonca!

Anna                             - Che può fare una pompa sola contro tutto il pubblico?

La pubblicità                 - Porri e peli superflui fa scompa­rire immediatamente l'Istituto di Bellezza Elena Hudrak.

(Entra una coppia di giovanissimi innamorati: lui e lei. Vanno a sedere nei posti distinti).

Lui                                - Che hai detto a casa?

Lei                                 - Che andavo alla lezione di pianoforte.

Lui                                - Dov'è il prosciutto?

Lei                                 - Nella cartella della musica... con due panini... Quando sarà buio lo mangeremo... senza far rumore colla carta...

La pubblicità                 - Potete gettarvi a capofitto sul letto se adoperate i materassi di filo d'acciaio brevettato Du­ro vie!

Antonio                         - (torna) Attenzione... prego... (Spara di nuovo nuvole in aria, poi si avvia verso l'uscita).

Lei                                 - (a lui) Che roba è questa?

Antonio                         - (con orgoglio) Scusi, sa... è ozono puris­simo!

La pubblicità                 - Il segreto per essere snella? Dalla bustaia Teresa Grassi: per ogni donna un busto!

Il Ragazzo                     - Limonata fresca! Cioccolatini!

Lei                                 - Ti piace Greta Garbo?

Lui                                - Non mi interessa.

Lei                                 - Posso star tranquilla?

Lui                                - Anche se mi implorasse in ginocchio non le darei retta! Tu sola mi piaci, Mariuccia!

Lei                                 - Caro... come sono felice che per me te ne in­fischi di tutte le dive!

Lui                                - Non posso farti un regalo perché non ho nean­che un pengo... Allora per te me ne infischio di Greta Garbo! Non mi costa niente e ti faccio felice!

La pubblicità                 - I vostri baci saranno profumati se userete la pasta dentifricia Boccalini

(Entra Stefano. Anna gli corre incontro).

Anna                             - (guardando il biglietto) Palco riservato... si accomodi da questa parte...

Stefano                         - Fra poco verrà una signora... Ho lasciato il biglietto alla cassa... vi prego di accompagnarla... (le dà una mancia).

Anna                             - Mille grazie.

Stefano                         - (un po' imbarazzato) Però... badate... ho preso anche il palco vicino... state attenta... non fate en­trare nessuno.

Anna                             - Ho capito... lasci fare a me... (Confidenzial­mente) Dopo la pubblicità sonora c'è la scena comica... e poi la sala resta illuminata per un minuto.

Stefano                         - Come?

Anna                             - (marcato) Per un minuto c'è luce in sala... poi comincia il gran film che dura un'ora e mezzo... (con sottinteso) senza intervallo...

Stefano                         - (finalmente capisce) Ah, ecco... Grazie per il gentile avvertimento! E a che ora si comincia il film? Sono già le quattro...

Anna                             - Aspettiamo ancora un po' che si riempia la sala... (Per attaccar discorso) Il gran film è veramente meraviglioso...

Stefano                         - (interrompendo) Dovreste andare a vedere alla Cassa, di tanto in tanto... la signora non è pratica del locale...

Anna i                           - Lasci fare a me... (si avvia, esce).

Stefano                         - (agitato, tamburella sul parapetto del palco. E' irrequieto. Si muove, sospira nervosamente).

La pubblicità                 - Avrete successo in amore se porte­rete le cravatte ingualcibili marca Piramide (Stefano istintivamente si tocca la cravatta).

Il Ragazzo                     - (di fuori) Ciambelle fresche! Limo­nata fresca! Caramelle!

Anna                             - (facendo entrare Marion) Si accomodi da questa parte, per favore...

Marion                          - Grazie. Buon giorno, Stefano.

Stefano                         - (felice) Marion... cara! (le bacia la mano).

Anna                             - (con un sospiro) Dio mio! Dio mio!

Mabion                          - E' molto che aspettate?

Stefano                         - Ho contato fino a ottantanove.

Marion                          - Perché?

Stefano                         - Quando si aspetta con ansia qualcuno bi­sogna contare mentalmente. Avevo deciso che sareste arrivata prima del novanta.

Marion                          - (ride) Ecco! Vedete! Sono qui con uno in anticipo.

Stefano                         - Ma siete veramente qui?

Marion                          - Ne dubitate?

Stefano                         - Non posso ancora crederlo! Tutto è così inverosimile... che siete stata da me... che ci siamo amati...

Marion                          - Che sono stata da voi, è vero... ma che ci siamo amati...

Il Ragazzo                     - (fermandosi proprio sotto il palco) Ciambelle fresche! Limonata fresca! Caramelle! Cioccolatini!

Stefano                         - (nervoso) Grazie! (Compra delle ciam­belle. Il ragazzo sospira).

 Marion                         - (guarda intorno) Questo è dunque il fa­moso cinema Luigi...

Stefano                         - Come è carino, non è vero?

Antonio                         - Attenzione! (spara verso il palco nuvole di profumo).

Marion                          - Molto carino!... Però bisognerebbe venire con l'ombrello!

La pubblicità                 - Buon mercato ed eleganza si sono dati convegno nell'Emporio di Via Reale.

Marion                          - Stefano! Stefano!... Ci conosciamo solo da due giorni... e la mia vita è già tutta in disordine... Sono irrequieta... non dormo... di notte telefono... sono qui, seduta in un cinema del sobborgo... e tutto questo è sol­tanto l'inizio...

Stefano                         - Il seguito sarà molto più bello!

Marion                          - Non vi sarà seguito... siamo venuti qui per dirci addio...

Stefano i                       - Sul serio?

Marion                          - Eravamo d'accordo così... Non vedete che siamo su una falsa strada?... Continuando ne verrebbe un amore...

Stefano                         - Io la considero la strada migliore...

Marion                          - Ma io non voglio amare.

Stefano                         - L'amore è buono.

Marion                          - Anche la febbre è buona... ma io prefe­risco avere una temperatura normale...

Stefano                         - Al telefono non parlavate così ragionevol­mente...

Marion                          - Non si può essere responsabili di quello che si dice la notte... Dobbiamo approfittare di questo momento di lucidità, Stefano... è l'ultima occasione che abbiamo per uscirne incolumi...

Stefano                         - Qualche volta è bello rimanere feriti.

Marion                          - E la vostra ferita è grave?

Stefano                         - Temo... mortale.

Marion                          - (ridendo) Perché me lo dite sorridendo?

Stefano                         - (gentilmente) Perché così è più elegante!(le afferra la mano).

Marion                          - Lasciatemi la mano!

Stefano                         - Siamo in un cinema! Vedete quei due in­namorati laggiù...? Anch'essi si tengono per mano... bi­sogna uniformarsi alle abitudini locali...

Marion                          - Allora... se è un'abitudine del cinema Luigi... non protesto più. (Stefano le bacia la mano).

La pubblicità                 - Arriva! Arriva! Arriva! Il simun! L'ultimissimo film di Marlene Dietrich! L'apoteosi dell'amore sensuale... il romanzo di una donna dal sangue ardente... l'epopea della passione infuocata... Dalla pros­sima settimana in questo cinematografo!

Stefano                         - La prossima settimana tutto qui sarà ince­nerito dall'amore... mentre noi saremo ridiventati due estranei... Ve ne prego, Marion... veniamo ancora a ve­dere insieme l'epopea della passione infuocata!

Marion                          - Impossibile! Finiremo col diventare clienti fissi!

Stefano                         - Magari!... Se sono qui con voi, questo lu­rido cinema diventa il più bello del mondo!

La pubblicità                 - Il bacio mortale del deserto... le notti inebrianti dell'Africa... il fascino irresistibile del Nilo... nella regia di Sternberg...

Stefano                         - Marion!

Marion                          - Stefano!

Stefano                         - (con speranza) Non mi lascerete... non è vero?

Marion                          - Devo lasciarvi... Ogni parola d'amore serve soltanto a farmi fuggire più in fretta! Dobbiamo mettere fine a questa pazzia divina e inutile!

Stefano                         - Allora concedetemi un'ultima cosa... senza chiedere qual’ è….

Marion                          - Non oso...

Stefano                         - Fra poco si farà buio qui... datemi ancora un bacio... (La sala diventa buia. Si sente l'introduzione musicale tipica del giornale sonoro. Lungo bacio).

Marion                          - E ora... addio amore!

Il giornale sonoro          - Un violento ciclone ha devastato le spiagge della California. Interi palazzi sono stati spaz­zati dalla furia delle onde.

Marion                          - (svincolandosi) Lasciami...

Stefano                         - Non ti lascio... se mi abbandoni... mi getto nel Pacifico... guarda che cavalloni!

Marion                          - Pazzo!

Stefano                         - Rimani ancora?

Marion                          - Va bene... rimango ancora un po'... ma non baciarmi... resta seduto accanto a me... guardiamo il mondo...

Il giornale sonoro          - Le ultime creazioni della moda al Gran Premio Reale.

Marion                          - Ma quest'anno non si è ancora corso il Gran Premio...

Stefano                         - E' quello dell'anno passato. Al cinema Luigi si corre soltanto adesso.

Marion                          - C'ero anch'io al Gran Premio... allora igno­ravo che tu fossi al mondo...

Il giornale sonoro          - La flotta aerea americana si esi­bisce in esercitazioni col paracadute in grande stile!

Marion                          - (spaventata) Oh, Dio... non posso guar­dare... mi gira la testa!

Stefano                         - Invece devi guardare... Questi sì che sono veri uomini... si lanciano nel vuoto dai loro apparecchi senza ragionare... mentre tu non osi fare un passo fuori del tuo palazzo per venire da me...

Marion                          - Non mi torturare, Stefano. Godiamo queste poche ore che ci sono concesse. Dalle quattro alle sei in un cinema... mille e cinquecento metri di felicità... perché spezzarli?

Stefano                         - Non posso rassegnarmi al pensiero che quando sarà finito lo spettacolo anche fra noi tutto sarà finito... Vieni con me... Prendiamo un tassì... fra cinque minuti saremo a casa...

Marion                          - Non voglio!... Non voglio!...

Il giornale sonoro          - L'Esposizione canina. Sfilano i cani premiati... (si sente un forte abbaiare di cani).

Marion                          - (cercando di sviare il discorso) Come sono carini!

Stefano                         - Allora... vieni?

Marion                          - No! Guarda quel piccolo terrier....

Stefano                         - Devi venire...

Marion                          - Non vengo..

Stefano                         - Non posso vivere senza di te...

Marion                          - Mio Dio! Che devo fare?

Stefano                         - Insomma... non vieni?

Marion                          - Vengo... ma ti giuro che è l'ultima volta... Me lo prometti?

Stefano                         - (senza convinzione) Prometto tutto quello che vuoi.

Marion                          - Allora...

Stefano                         - Cara!... (la stringe a sé con passione e sus­surra) Vieni...

Anna                             - (si sente la sua voce) Attenzione... prego.., due scalini... (Accende la sua lampadina. Stefano e Ma­rion seguono la luce del buio. La musica suona il preludio del film. La macchina comincia a ronzare. I fasci di luce danzano).

Fine del sesto quadro

QUADRO SETTIMO

(Lo studio di Pietro come nel terzo quadro. Sono pas-sati due mesi. Dagli abiti delle attrici si deve comprendere che la stagione è cambiata).

Marion                          - (nervosa) Se chiedessero di me al telefono, non sono in casa.

Marta                            - Va bene, signora.

Marion                          - (marcato) Non sono in casa per nessuno... hai capito?

Marta                            - Sì, signora.

Marion                          - (a un tratto) Mi ha cercato qualcuno?

Marta                            - Soltanto un signore... però non ha detto ili nome.

Marion                          - Ah!... Seguita a dire che non ci sono, e comincia a far il baule.

Marta                            - Quando parte, signora contessa?

Marion                          - Domani! O dopodomani forse... ma può anche darsi stanotte...

Marta                            - Deve decidere la signora contessa.

Marion                          - Decidere?... Sempre decidere... come se fosse facile... (Breve pausa). In ogni caso tutto deve essere pronto.

Marta                            - Non dubiti, signora. (Entra Fanny).

Fanny                            - Cara Marion...

Marion                          - Benvenuta, Fanny...

Marta                            - Bacio le mani, signora baronessa.

Fanny                            - Che c'è di nuovo, Marta? Quando si farà il matrimonio?

Marta                            - In autunno.

Fanny                            - Spicciati, figliuola... in queste cose è sempre meglio far presto.

Marta                            - Ci penso io... ma lui è tanto un brav'uomo... (esce).

Fanny                            - E' un brav'uomo... però ha una relazione con la mia cuoca...

Marion                          - Sai anche questo?

Fanny                            - Oh, io sono organizzata benissimo... ho un servizio d'informazioni perfetto! Beh, allora andiamo?

Marion                          - Dove?

Fanny                            - Ieri sera non eravamo rimaste d'accordo che avremmo fatto delle spese insieme?

Marion                          - Ah... scusami, cara Fanny... ma non posso proprio venire... perché sai... sono in procinto di partire...

Fanny                            - Parti...? Tutt'a un tratto... e perché?

Marion                          - La stagione mi ha stancata.

Fanny                            - Secondo quello che si. intende per stagione...

Marion                          - Tutto l'insieme...

Fanny                            - Insomma... Stefano...

Marion                          - Stefano... (Altro tono) Sono in un mare di guai, Fanny!

Fanny                            - Lo prevedevo. Allora parla, parla... vi siete lasciati?

Marion                          - Si... ieri ho rotto con lui per la venticin­quesima volta.

Fanny                            - Ah!... Sicché... rottura d'argento... in due mesi.

Marion                          - Tutte le mie cose sono così... una volta sola nella vita ho voluto commettere una leggerezza... Ma a me non è permesso... non conosco che due possibilità: sempre o mai.

Fanny                            - Ed ora qual è la situazione?

Marion                          - Io decido sempre per il « mai » e ogni volta ci lasciamo. Ma il congedo finisce sempre con un nuovo appuntamento perché ci accorgiamo di avere ancora qualche cosa di molto importante da dirci... e così fa­cendo non riusciamo mai a staccarci...

Fanny                            - E' un magnifico ragazzo Stefano!

Marion                          - Fanny... temo di volergli molto bene.

Fanny                            - Povera Marion!

Marion                          - Dovevo innamorarmi di lui... è così fresco, così caro, così pieno d'ingegno.

Fanny                            - - Eh... lo so... sono stata io a scoprirlo...

Marion                          - In principio non osavo confessare neanche a me stessa quello che accadeva in me... mi sono sfor­zata di non prenderlo sul serio...

Fanny                            - (ironica) Come si vede ti è riuscito per­fettamente...

Marion                          - (con un grido sincero del cuore) Fanny... credi a me... è l'unica cosa con la quale non si può giocare. E per questo parto - come se fossi presa dal panico. Se rimango, succede certo qualche cosa della quale tutti più tardi ci pentiremo.

Fanny                            - E dove vai?

Marion                          - Non lo so ancora... In Egitto! Là non può seguirmi!

Fanny                            - E fin quando resti?

Marion                          - Finché mi passa.

Fanny                            - In Egitto non passa mai nulla. Laggiù tutto dura almeno cinque millenni. Bisogna sbrigarla mentre sei ancora a Budapest.

Marion                          - Impossibile! Se rimango vicino a lui sono finita... Quel ragazzo vuol tenermi per sé ad ogni costo...

Fanny                            - Ha un bel coraggio! .

Marion                          - Più che coraggio... non ha il senso della realtà... è un eroe da cinematografo... vuol rapire la sua donna su un cavallo...

Fanny                            - Lo ha almeno un cavallo?

Marion                          - No.

Fanny                            - E allora... perché galoppa tanto?

Marion                          - Ecco il suo fascino: questa sua fede... (Breve pausa. Con tono profondo) Per quest'amore gioche­rebbe senza esitare la nostra vita. E sai qual è la cosa più pericolosa?... Che quando sono con lui non sono capace di contraddirlo... Il mio cervello cerca invano di reagire... e finisco anch'io per convincermi che se due si amano debbono affrontare insieme la vita...

Fanny                            - Succede così se una donna onesta commette una volta una leggerezza.

Marion                          - Fanny... ma sono ancora onesta?

Fanny                            - Eh, proprio le donne oneste capitano nei pasticci... sono le sole che soffrono... le altre fiutano il pericolo e sanno sfuggirlo.

Marion                          - Ecco il guaio! Ho cominciato con troppa passione e ci sono cascata senza riflettere, di colpo.

Fanny                            - Anche questo è a tuo favore. Una donna furba non si getta a capofitto... sa che deve aspettare... almeno per un'ora. (Pietro entra da destra).

Pietro                            - Oh, Fanny... come va? Buon giorno, Marion.

Fanny                            - Sono contenta di vedervi, Pietro. Che fate di bello?

Pietro                            - Lavoro... sempre e soltanto lavoro.

Fanny                            - Come mai qui a quest'ora?

Pietro                            - Ho una riunione privata, non volevo tenerla in direzione. (A Marion) Che hai, Marion? Mi sembri un po' agitata...

Fanny                            - Macché... è tranquillissima... ha una cera ma­gnifica! (A Marion) Come è carino questo tuo vestito! Rosenfeld?

Marion                          - Lemonnier.

Fanny                            - Anche l'ondulazione è perfetta! Emilio?

Marion                          - Adolfo.

Fanny                            - Quanta fedeltà...!

Marion                          - Non mi piace cambiare... Vestiti: Lemon­nier... ondulazione: Adolfo...

Fanny                            - E marito: Pietro... E così tutto è in ordine. (Guarda l’orologio al polso) Purtroppo me ne devo an­dare, e in fretta, anche... alle sei chiudono i negozi... Addio, Pietro. Ciao, cara.

Marion                          - Aspetta... ti accompagno.

Fanny                            - (a Pietro) Una volta anche voi dovete venire da me... Organizzerò un bridge speciale con un sottose­gretario, un ex ministro e un consigliere segreto. (Esce con Marion. Breve pausa. Pietro accende una sigaretta. Felix entra da destra).

Felix                              - Pietro, quei signori hanno telefonato che alle cinque precise saranno qui.

Pietro                            - Appena giungono conducili direttamente nel mio ufficio. E i progetti?

Felix                              - Sono per la strada... arriveranno prima che co­minci la riunione.

Pietro                            - Domattina telefona alla Banca Nazionale... abbiamo bisogno di valuta... Marion parte per l'estero.

Felix                              - Marion... parte?

Pietro                            - Sì... perché fai quel viso?... In questi ultimi giorni, quando ci sei tu, non si può pronunziare più il nome di Marion.

Felix                              - (confuso) Ti assicuro che ti sbagli!

Pietro                            - (con uno sguardo scrutatore) Che c'è di nuovo?... (Lentamente) Rincasa ancora tardi...

Felix                              - (involontariamente) Come lo sai?

Pietro                            - (sorridendo) Basta guardarti!... (Con tono pa­terno ma leggermente canzonatorio) Impara da me, Felix... non bisogna mai soffrire per una donna...

Felix                              - Ma che dici... Pietro...

Pietro                            - Nell'amore si deve impiegare un piccolo ca­pitale... non parlo di denaro, naturalmente... bisogna fare economia... di nervi... di cervello... di pressione san­guigna... La sofferenza è un investimento che non si am­mortizza mai...

Felix                              - Scusa... questa concezione mercantile dell'amore è un'immoralità!

Pietro                            - Può darsi... ma non l'ho inventata io... Oggi nessuno può sottrarsi a questa immoralità generale...

Marion                          - (torna) Che chiacchierona quella Fanny! Oh... Felix! E' un pezzo che non vi vedo... che fate?

Felix                              - Stavo proprio prendendo lezione da vostro ma­rito... corso superiore di equitazione! (A Pietro) Hai or­dini da darmi?

Pietro                            - Appena portano i progetti li voglio vedere.

Felix                              - Sarà fatto. (A Marion, con dolore e offeso) Arrivederci signora contessa... vi auguro un ottimo viag­gio (esce a destra).

Pietro                            - Povero ragazzo!... Non s'è mai rassegnato al nostro matrimonio! (Altro tono) Ho già dato disposizioni per il denaro che ti occorre. Devi dirmi soltanto che va­luta desideri...

Marion                          - (nervosa) Sterline.

Pietro                            - Hai un magnifico senso finanziario. Dunque... non ci vedremo per un pezzo...

Marion                          - Non è lo stesso?... Del resto anche quando ci vediamo scambiamo appena poche parole... e se avessi qualcosa da dirti non mi lasceresti neanche parlare...

Pietro                            - Lo faccio di proposito... Vi sono dei giochi, Marion, nei quali bisogna evitare certe parole... Per esempio nel giuoco del « Bianco e nero » o del « Sì e rio »... Anche nel matrimonio vi sono molte parole proi­bite... ed è più facile evitarle se non si parla troppo.

Marion                          - Perché non ti interessa sapere che cosa ac­cade dentro di me...

Pietro                            - Ascolta, cara... Tu sai che esiste un continen­te che si chiama Europa... Io ora, di fronte all'Europa, ho assunto degli impegni di importanza mondiale... Il pane di centinaia di migliaia di uomini... anzi la prosperità di un piccolo mondo dipende dalle idee che maturano nel mio cervello... Non avertene a male... nella mia situazione non posso occuparmi di inezie. (Marion fa un gesto). Persuaditi, Marion... di fronte ai problemi che devo ri­solvere è un'inezia tutto quello che può accadere ad una donna- anche se quella donna è mia moglie.

Marion                          - E se quest'inezia per me significasse tutto...?

Pietro                            - Ti pregherei egualmente di attendere. Non posso allontanarmi dal mio programma di lavoro che è fatto di ordine e di disciplina... Avresti dovuto impararlo vivendomi accanto. (Dal fondo entra Giuseppe).

Giuseppe                       - C'è un signore... dice di aver portato i pro­getti.

Pietro                            - (subito) Bene, bene... fallo passare. (Giuseppe esce) Ecco l'importante... i progetti... le costruzioni... Quando il lavoro sarà avviato, solo allora potremo par­lare di noi. (Entra Stefano: sotto il braccio ha una grossa busta. Saluta con un inchina. Marion dalla sorpresa quasi barcolla, ma riesce a padroneggiarsi).

Pietro                            - (in tono ufficiale) Vi prego... venite avanti...

Stefano                         - (facendosi animo si avvicina a Pietro e si com­porta come se non conoscesse Marion) Permette, signor conte... Stefano Saròscy... architetto... Il direttore Baranyi ha incaricato me di portare i progetti per potere even­tualmente dare dei chiarimenti...

Pietro                            - Ottima idea... (solo ora comincia a guardare Stefano con attenzione) Posso chiedervi di ripetere il vo­stro nome?

Stefano                         - Stefano Saròscy (getta un'occhiata a Marion).

Pietro                            - Scusate... (A Marion) Permetti cara che ti presenti... l'architetto Stefano Saròscy... (Stefano si rende conto della sanazione. Si inchina profondamente. Marion china lievemente la testa. Breve pausa).

Giuseppe                       - (rientra da destra) Signor conte... i signori sono già nel suo ufficio (via).

Pietro                            - (a Stefano) Ho una riunione di là... (A Ma­rion) Se permetti, cara, l'ingegnere frattanto si trattiene qui... (A Stefano) Quando si parlerà dei progetti vi farò chiamare (esce a destra).

Marion                          - Stefano!... Che cerchi qui?

Stefano                         - Sono venuto per te!

Marion                          - Come?

Stefano                         - Mi sono fatto mandare apposta... Finalmente posso vedere la casa dove vivi... e che pare ti tenga pri­gioniera...

Marion                          - Come hai osato...? Mio marito...?

Stefano                         - Tutto superato... ci ha perfino presentati...

Marion                          - E' stato un momento tremendo...

Stefano                         - Ah... lo vedi?... Non è più possibile vivere in una situazione simile e perciò devi venire con me!

Marion                          - Sei impazzito!

Stefano                         - E' l'atto più logico della mia vita. Sei mia... dunque ti porto con me.

Marion                          - E ti pare tanto semplice?

Stefano                         - E' più semplice che mentire. Se mi ami, devi seguirmi.

Marion                          - Stefano... per amor di Dio...! Abbi giudizio... Tu stesso hai detto che un amore sconvolgerebbe la tua vita!

Stefano                         - Ma da allora sono cambiato... Tu mi hai fat­to cambiare, Marion! Sono diventato un arrampicatore per te...

Marion                          - (stupita) Che sei diventato?

Stefano                         - Nell'ufficio vado avanti a passo di corsa... Sarà uno scandalo... ma anch'io diventerò direttore ge­nerale....

Marion                          - (con ironico stupore) Anche tu?

Stefano                         - Non si può mai prevedere che cosa diven­terà un uomo... forse Presidente degli Stati Uniti d'Eu­ropa... o dittatore del mondo... Oggidì non esistono im­possibilità... non vi sono limiti... Quanto più si comincia dal basso, tanto più si può arrivare in alto!

Marion                          - (come si parlerebbe ad un ragazzo) Ascol­tami, Stefano... credo a tutto quello che mi dici... credo anche che potresti diventare imperatore della Cina, ma prima... cerca di farti nominare almeno procuratore... rea­lizza prima una piccola parte del tuo programma... Perché vogliamo decidere della nostra vita... ora... cosi di colpo... A chi dobbiamo dimostrare di che cosa siamo capaci?

Stefano                         - A noi stessi...

Marion                          - Parole... solo parole... Comprendimi, Ste­fano... bisogna fare i conti con la realtà...

Stefano                         - Io conti non ne faccio...

Marion                          - Devi farli... (Con grazia gli prende mia ma­tita dalla tasca esterna della giacca) Ecco... prova...

Stefano                         - Con la matita disegno i miei sogni... non scrivo dei numeri... Io sono un uomo integrale... e a me occorre una donna interamente donna, che sappia che cosa vuole e che sappia di amarmi.

Marion                          - Ed io lo so...

Stefano                         - Non è vero!... Perché la donna che ama sa dove va. Tu invece non osi avvicinarmi alla luce del gior­no e nascondi il capo davanti ad una decisione... Per il tuo gioco devi sceglierti un altro partner, Marion!

Marion                          - Che dici?

Stefano                         - Sì... è più onesto tornare al punto di par­tenza. Ora sono io che non voglio prendere la cosa sul serio... facciamo come volevi... dimentichiamo tutto... non c'è mai stato nulla fra noi... e se ti fa piacere non ci saluteremo neppure... Addio!

Marion                          - (spaventata) Non andar via, Stefano... non potrei...

Stefano                         - Non credo d'essere fatto per te...

Marion                          - Non ti lascio... non voglio perderti...

Stefano                         - Allora devi deciderti... prendi un po' del mio coraggio... credi in quello che senti... pronunzia final­mente le parole che non osi pronunziare!

Marion                          - E' così difficile!

Stefano                         - Allora le dirò io... Abbi fiducia in me.. lascia che parli io con lui...

Marion                          - E vorresti dirgli tutto questo?... Così di colpo?

Stefano                         - Basta una frase... e nemmeno troppo lunga.

Marion                          - Sei un uomo terribile!... Getti una bomba nella casa!

Stefano                         - Vi sono tante esplosioni in Europa!

Marion                          - Ma che succede che oggi parlate tutti dell'Europa?!

Stefano                         - Osserva che cosa accade nel mondo e ti ren­derai conto che venire con me non è un problema di vita o di morte! Marion... mi basta sapere che sei con me... Se ti senti debole pensa a ieri... a ieri l'altro... (con una sfumatura più sommessa).,, perché quando sei tra le mie braccia sei piena di coraggio... non hai paura di nulla... (Con amore) Senti... da questo momento ti tengo stretta a me col pensiero... senza lasciarti più...

Marion                          - Caro...

Stefano                         - Posso parlargli?

Marion                          - Fa come vuoi... (Si arrende) Comincio a credere anch'io che un giorno diverrai un dittatore... (con un lieve sospiro e molta tenerezza)... e sento già quanto me lo farai pagare...

Pietro                            - (entra dal fondo) Allora, ingegnere, se vo­lete... Datemi i progetti...

Stefano                         - (tornando in sé) I progetti!... Sì, sì...

Pietro                            - Dentro li aspettano con curiosità. (Dà uno sguardo ai disegni) Che cosa sono queste linee?

Stefano                         - Questa... è la rete delle tubazioni... queste sono le installazioni elettriche...

Pietro                            - E questa?

Stefano                         - E' la pianta... lunghezza della facciata a sud sessantacinque metri... ad ovest trenta... spessore dei muri maestri cinquanta centimetri... (Brevissima pausa. Quasi con lo stesso tono ma con profondissimo sentimento) ...non posso più vivere senza Marion...

Marion                          - (spaventata, si cela il volto tra le mani) Mio Dio!

Pietro                            - Che avete detto...? Quanto è lo spessore dei muri?

Stefano                         - Cinquanta centimetri.

Pietro                            - Ma... è come se avessi sentito anche qual­che altra cosa...

Stefano                         - Ha sentito benissimo, signor conte... ho do­vuto dirglielo, mi scusi... non voglio iniziare questo la­voro con una menzogna... sono un uomo onesto.» (Pietro lo fissa intensamente. Poi fissa Marion. Pausa). Ora se vuole possiamo anche continuare... (Spiegando) La massa dell'edificio si appoggia su colonne di cemento armato. Il progetto è concepito da un punto di vista statico...

Pietro                            - Marion... che cos'è quest'uomo?

Marion                          - Quell'inezia che non hai voluto prendere in considerazione...

Pietro                            - Come?

Marion                          - Eri tutto assorbito dai problemi europei...

Pietro                            - Ma non sono neanche cinque minuti...

Marion                          - Questi cinque minuti hanno deciso... Tutto ciò che è accaduto prima era un gioco.

Pietro                            - Insomma... vi conoscevate...

Stefano                         - Sì.

Marion                          - E' apparso nella mia vita nel momento giusto... Io stessa non so come è accaduto. Mi ha detto una frase... banale... e ha vinto!

Pietro                            - Tu scherzi!

Marion                          - E' la verità, Pietro.

Pietro                            - Non ti riconosco...

Marion                          - Neanch'io mi riconosco più! Perdonami... non è colpa mia... Ora mi accade di fare sempre il con­trario di ciò che voglio...

Pietro                            - (guarda Stefano) Mi pare che l'importante sia ciò che vuole lui... (Con energia) Ma non è tanto facile come crede... Presentarsi così... inaspettatamente... mentre ho delle trattative gravi...

Stefano                         - (cercando le parole) Ma vede... noi due...

Pietro                            - E' inutile giovanotto... su me le frasi banali non hanno presa (indica Marion e se stesso). Qui si tratta di noi due!... e non è cosa che si possa sbrigare con po­che parole (con un gesto impetuoso suona il campa­nello).

Marion                          - (spaventata) Pietro!

Pietro                            - (li squadra) Non aver paura! Non ho suo­nato per farlo mettere alla porta. Non avrebbe senso. E poi lo farei apparire come una vittima... (Giuseppe entra dal fondo).

Giuseppe                       - Comandi.

Pietro                            - (cercando le parole) Dite ai signori di là che chiedo ancora qualche minuto di pazienza... e intanto servite il cognac. (Giuseppe esce dal fondo). Mi rivolgo al tuo giudizio, Marion. Hai riflettuto bene a quello che fai?

Marion                          - Non ho riflettuto affatto... ma proprio questo è buono... una volta nella vita bisogna abbandonare il volante... e non curarsi di nulla...

Pietro                            - E dovrei discutere con te in un momento si­mile... se tu stessa non sai quello che vuoi...

Stefano                         - (quasi con timidezza) Lo so io...

Pietro                            - Voi volete troppo!... Portar via una donna come Marion è un'impresa audace!... Che cosa potete offrirle?

Stefano                         - La mia forza... la mia onestà... la mia fede!

Pietro                            - Sono voci... che non si possono conteggiare in un bilancio...

Stefano                         - Ma io non faccio della contabilità....

Pietro                            - Grave errore... Dovreste sapere che chi pre­tende un credito assume anche un debito... L'amore fa troppo facilmente credito... ma un uomo onesto non può trascurare la situazione della donna e arriva il giorno in cui deve pagare il suo debito.

Stefano i                       - Non lo temo.

Pietro                            - Sono io che temo per lei...! (A Marion) Potrei anche essere in errore... (Con lieve ironia) Forse ti ho parlato troppo poco dei miei sentimenti... ma ti ho dato la realtà... I miei sentimenti per te ti stanno intorno... nelle mura... nei mobili... al catasto... nelle mie aziende...

Marion                          - (con la testa china) Era troppo, Pietro... me­no sarebbe valso di più.

Pietro                            - Mi rincresce... io non sono capace di dare di meno... (Con ironia) Questo forse riuscirà al signor in­gegnere...

Stefano                         - (piano, modesto) Si sbaglia, signor conte... lei ha dato sempre soltanto una parte della sua vita... io invece do tutta la mia vita!

Pietro                            - La vostra vita è ancora un progetto... La no­stra casa è già edificata, Marion... è di pietra!

Stefano                         - Al Giappone le case si costruiscono in carta perché il terremoto prima di ogni cosa butta giù le co­struzioni di pietra. La vera sicurezza non è nei mattoni... nel catasto... nelle imprese... è soltanto nell'uomo... Quel­la che lei chiama sicurezza è la concezione sorpassata di un mondo vecchio... io appartengo ad un mondo nuovo, signor conte!

Pietro                            - Un mondo nuovo...! Ora almeno sai che cosa ti aspetta, Marion...

Marion                          - E che mi aspetterebbe accanto a te? Che potrei aspettarmi da un matrimonio che è tutto... fuorché un matrimonio? Siamo stati amici... qualche volta anche compagni di imprese... era una società anonima familiare dalla quale ora esco...

Pietro                            - (con ironia) Allora vogliamo fare i conti?

Marion                          - Li affido a te. Tu sai meglio di ogni altro ciò che mi spetta. E del resto non mi interessa. Io ora voglio la vita... l'intera felicità... tutto quello di cui mi sei debitore... Sì... perché una sola cosa da te non ho avuto mai... la divina sensazione di vivere... di essere una donna... senza la quale il matrimonio non è che un gioco di società... Ed io non voglio più continuarlo... basta! Non posso più giocare coi sentimenti. Esco dalla partita... infrango le regole... pronunzio le parole proibite: sono innamorata. E pago anche la posta lasciando qui tutta la mia vita passata! Ora non ho bisogno di saggezza... devo essere sciocca... sono ancora giovane! Non voglio più svegliarmi di malumore... avere l'emicrania... piangere nella vasca da bagno... Le mie mattinate dovranno essere sempre come quella che ho vissuto una volta sola nella mia vita... mattinate belle... serene... nelle quali ci sii guarda allo specchio, non per disegnare le sopracciglia ma per augurare a noi stessi il buon giorno... allegra­mente... con l'animo leggero...!

Pietro                            - E' la tua ultima parola?

Marion                          - Sì. (Pietro li guarda poi volge altrove la testa e si avvia a destra). Te ne vai senza rispondermi.?

Pietro                            - Me ne vado... è la mia risposta. Io non comprendo le grandi frasi... Di tutto quanto hai detto ho sentito una cosa sola... che sei innamorata... Va!... Capisco che non puoi più rimanere... ecco (un gesto) addio! (Prende i progetti). Ed ora perdonatemi... mi aspet­tano. (Guarda le carte che ha in mano). I progetti... se sono buoni... vedremo... Auguri, signor ingegnere...: (esce).

Stefano                         - Marion cara, ti ringrazio...

Marion                          - Che sollievo aver potuto finalmente par­lare... La vita diventa molto più semplice: bianco e nero... sì e no...

Stefano                         - Sei felice?

Marion                          - Non lo so... non ho mai conosciuto la feli­cità... la proverò ora per la prima volta...

Stefano                         - La proveremo insieme...

Marion                          - (come un giuramento) Sì, Stefano...

Stefano                         - Andiamo... (Mentre si avviano verso il fondo cala il sipario).

FINE