Giovanna

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GIOVANNA

Commedia in un atto

di Giorgio Kaiser

traduzione di Enzo Gariffo

Personaggi

Giovanna

Giovanni

Giorgio

Un vecchio domestico

Commedia formattata da

(Una terrazza davanti alla casa che forma lo sfondo. A sinistra e a destra, scalette che scendono nel giardino. Comincia a imbrunire).

Giovanna                    - Si fa sera: proprio come un anno fa… quando celebravamo la nostra festa.

Giorgio                       - Gli uccelli, nei boschetti, cantavano intrattenendo i nostri ospiti.

Giovanna                    - Non altri che gli uccelli?

Giorgio                       - (sorride) E… chi altri ancora?

Giovanna                    - (lo guarda)

Giorgio                       - Capisco di chi vuoi parlare…..

Giovanna                    - Del tuo amico.

Giorgio                       - Di tuo marito.

Giovanna                    - Non era…. Il tuo amico che ci procurava la festa?

Giorgio                       - Era la sua festa. Morto, ritorna.

Giovanna                    - Ritorna sempre, grazie al nostro amore.

Giorgio                       - Il nostro amore riposa nell’amicizia che ci unisce.

Giovanna                    - Ed è questa amicizia che trasforma la mia tristezza in felicità.

Giorgio                       - Come? Tu puoi essere felice?

Giovanna                    - Sì; perchè, ormai, so!... Egli partì, lasciandoti presso di me. La sua cura per me s'è vivificata nella tua. Così, potè partire, sorridendo. Oh, la sua assenza di quattro anni, fino al gior­no della sua morte!... Il suo vascello s'è perduto... Egli, ora, è con i coralli e i pesci.

Giorgio                       - Eppure, è dopo la sua scom­parsa che ha cominciato  a  parlar  for­te. A ogni nostra  parola,  il  suo  aspet­to si conturbava. A noi non è rimasta al­tra  risorsa  che  fonderci  insieme,  par­lare con una voce sola,  unire il nostro amore alla sua morte, la sua morte al nostro amore. Noi viviamo in tre. Giovanna       - Di cui uno è morto...

Giorgio                       - E che l'amico perpetua...

Giovanna                    -  E  che  ingigantisce  anco­ra quest'anno...   dopo   che ci apparte­niamo.

Giorgio                       - Voglio, in questo anniversario, mostrarti il suo ritratto.

Giovanna                    - Tu hai il suo ritratto?

Giorgio                       - Sì! Vado a prenderlo.

Giovanna                    - Dov'è?

Giorgio                       - Un pittore ne ha fatto un capolavoro. Deve averlo ultimato sta­sera.

Giovanna                    - Conosceva mio marito?

Giorgio                       -No, ha lavorato sotto la mia guida. Ho suscitato l'amico con la forza delle parole.  Sul  principio,  pareva  difficile  evocar­ne la figura. Ma il mio entusiasmo è riuscito ad  accendere  quello  del  pittore.  Ho  vissuto un anno nel suo studio e, giornalmente, face­vo riviver l'amico. Quando il pennello del pit­tore  si fermava,  riprendevo  la  descrizione e accentuavo i tratti. Il miracolo, finalmente, è stato compiuto. L'artista è riuscito a risuscita­re lo scomparso; per la magìa del pittore, l'a­micizia dei due uomini ha trionfato.

Giovanna                    - Sono felice!

Giorgio                       - Felice?

Giovanna                    - Sì, perchè il mio amore tutela la vostra amicizia. Va', e ritorna sùbito.

Giorgio                       - - Prima di sera, sarò di ritorno.

(Scompare  a sinistra,  nel giardino.  Il vec­chio domestico esce dalla casa).

Il domestico                - Pare che il caldo diminui­sca.

Giovanna                    - Che cosa ne sai?

Il domestico                - Il giardino parla.

Giovanna                    - Trovo, invece,  che i cespugli bruciano.

Il domestico                - Ma il canto degli uccelli si  spegne. L'uno presso dell'altro, tacciono. Non vi sono che questi imbecilli di merli, per gri­dare...

Giovanna                    - (presta orecchio) - Hai ragio­ne. Non resta che qualche voce del cuore.

Il domestico                - Il cielo si annebbia. Io ap-parecchierei in sala. (Fa per entrare in casa).

Giovanna                    - No! Voglio che questa sera so­migli a quella dell'anno passato, con lampi che illuminino la notte.

Il domestico                - Tutte le sere non si somi­gliano.

Giovanna                    - Vado a mettermi uno scialle. (Entra in casa).

Il domestico                - Uno scialle può occultare il mistero del mondo? Può far miracoli? Ma, io gelerei al suo posto!

(// domestico entra in casa. Giovanni appa­re dalla destra. S'avvicina a una finestra, e spia. Appena il domestico ritorna, s'addossa contro il muro).

Il domestico                - (mette a posto la tavola sulla terrazza e comincia ad apparecchiare) - Un piatto - due piatti - un coltello - due col­telli - uno - due - questa è la vita           - que­sto è il mistero della vita che pesa su tanto mondo. Uno - due: la noce è spezzata, e non dispiace sentirla scricchiolare. Anch'io ero marito... Mia moglie seppe contare fino a tre. Ma io non amo i matematici. Partii, senza at­tendere il risultato...  (Rientra in casa).

Giovanni                     - (senza muoversi) - Mio vecchio domestico! oh, mio buon vecchio! Tu, come sempre,  farnetichi.

Il domestico                - (ritorna, portando due sedie)- Uno- due. Ancora, ancora. Bisogna cre­dere nella legge di Dio. Tutto è nel numero 2. L'uomo ha due mani, due gambe, due oc­chi, due orecchie. E, pertanto, sarebbe contro natura avere tre occhi, tre orecchie, tre mani, e... tre sedie a questa tavola in una sera simi­le. Che Dio ci preservi da ciò che è contro natura.

Giovanni                     - (avvicinandosi alla tavola) - Vec­chio mio, donde tanta saggezza?

Il domestico                - (senza sollevare lo sguardo) - Quando la testa pesa, la bocca straripa. Non state attento a quel che dico, signor Giorgio.

Giovanni                     - (ergendosi nella persona) - Giorgio?

Il domestico                - (guardando Giovanni, spaven­tato) - Signore mio Dio! Come?

Giovanni                     - Ho scalato il muro. Poi, attra­verso i cespugli, spaventando gli uccelli...

Il domestico                - Signor», siete entrato così?

Giovanni                     - Come un ladro, strisciando sul ventre... (Prende il domestico per un braccio) Sono forse un intruso? in territorio stranie­ro? Servi tu gente estranea? Se è così, tornerò di dove son venuto.

Il domestico                - Non c'è gente estranea.

Giovanni                     - Mia moglie abita sempre qui?

Il domestico                - La signora Giovanna abita sempre qui.

Giovanni                     - (con un grido di gioia) - Ebbene, ritorno presso di lei!

Il domestico                - (retrocedendo) - Bene. Va­do... ad avvertirla.

Giovanni                     - L'aspetto qui...

Il domestico                - Vado ad avvertirla. (Esce).

(Giovanni, appoggiato alla tavola, aspetta, gli occhi fissi sulla porta. Giovanna entra avvolta in uno scialle. Si ferma).

Giovanni                     - (male articolando le parole) - Im­magine sognata... dopo una sì lunga assenza.-, in questo vespero... La casa già nell'ombra... Solo la porta è illuminata, e tu!

Giovanna                    - (avanzandosi, con gli occhi fissi) - T'ascolto! Sei tu!

Giovanni                     - Io... io sono un altro. Ricreato dalla nostalgia - sollevato dall'amore! Nel de­serto, sotto la luna di vetro o sotto il sole di fiamma, la mia fuga era senza requie per ri­conquistare quest'attimo di felicità... (Cade in ginocchio e alza le braccia verso di lei). E' nel tuo nome che ho corso terre, ignorando i peri­coli e sopportando una vita mille volte più aspra che la morte.

Giovanna                    - (con voce velata) - Tu ritorni! Quale istante!

Giovanni                     - Era così grande il sogno di sen­tirti e di abbracciarti, che mi pare d'esser giun­to troppo in fretta! (Protende le braccia, per serrarla contro di se).

Giovanna                    - (retrocedendo) - No!

Giovanni                     - (alzandosi) - Non qui? Gli uccel­li troppo curiosi... gli alberi senza pudore: ca­pisco. Entriamo.

Giovanna                    - Non entrare!

Giovanni                     - Il vento ti accarezza. Ne sono geloso. Entriamo.

Giovanna                    - (vivamente) - Fermati... Raccon­tami... Tu sei salvo; e gli altri?

Giovanni                     - Il mare non mi ha voluto... Ho corso paesi, ho vagabondato, ho scavalcato mu­ri... come quello là. Ma cosa posso raccontarti che sia meraviglioso più di questo giardino... più di questa casa?

Giovanna                    - (come trasognata) - Questo giar­dino... Questa casa...

Giovanni                     - Non ho che una parola, e non [posso ingrandirla ancora. Parlami sùbito... di Icolui che m'ha aiutato a ritrovarti.

Giovanna                    - (vivamente) - Non è a lui che Idobbiamo  tutto?

Giovanni                     - Voglio conoscere quanto gli debbo, per aumentare d'umiltà la mia devozione.

Giovanna                    - La sua sollecitudine... è pari alla tua.

Giovanni                     - Ma la sua vale molto di più! Dispensò forse metà della sua fortuna, se non tutta, per conservarmi questa casa?

Giovanna                    - Sì, è proprio così! Egli avrebbe donato fino all'ultimo soldo per me... per te.

Giovanni                     - Sarò domani da lui di buon mattino...  e regoleremo i conti.

Giovanna                    - Egli poteva perder tutto, nel caso che tu non fossi più tornato.

Giovanni                     - Non tutto!

Giovanna                    - Se tu fossi rimasto lontano... per molti anni ancora?

Giovanni                     - L'amicizia così concepita ricom­pensa di tutto. Tu non puoi comprendere...

Giovanna                    - Spiegati.

Giovanni                     - Non avrei intrapreso il mio viag­gio, senza sapere che un angolo del mondo mi avrebbe sempre accolto; ti sapevo sicura pres­so colui al quale ti avevo affidata.

Giovanna                    - Tu parli della vostra... amici­zia?

Giovanni                     - Sì, è stata l'amicizia a sfidare la tempesta. Fu essa a darmi la forza di sopporta­re questa terribile prova. Come sarebbe stato possibile ritrovarti, senza di essa? Tu, impo­verita, saresti caduta sulla strada, e... non im­porta chi avrebbe potuto raccoglierti. Immagi­navo ciò, ed ero forte del mio trionfo. Niente poteva toccarti, fossi tardato fino al giorno del giudizio... Sapevo l'amico presso di te. Il suo sacrifizio t'avrebbe sollevata in splendida pu­rezza !

Giovanna                    - La vostra amicizia vi unisce, più ohe il sangue dei fratelli.

Giovanni                     - Una gioia terribile mi fa amare questi anni di miseria. Quale immensa ricchez­za, una simile amicizia!

Giovanna                    - Entrambi non parlate che con una voca sola. Non si può distinguere quale dei due parli. (Fortemente) Sì, adorate la vo­stra amicizia, per sempre! Ammiratela e tace­te! per non turbarne l'incanto.

Giovanni                     - (approvando con cenni del capo)

                                    - Io sono l'intruso, e ho distrutto la calma, ch'egli vigilava religiosamente. Già abuso un po' delle mie parole. Voglio incontrarmi con lui. Voglio che sia lui stesso a condurmi fin qui: in questo giardino. Voglio che sia lui a restituirmi la casa e te stessa. Io vado. Abita distante?

Giovanna                    - (fa un gesto negativo).

Giovanni                     - Ha perduto la sua casa? L'ha abbandonata?... per conservare la mia?

Giovanna                    - (guardandolo fissamente) - L'ha abbandonata.

Giovanni                     - Ha venduto tutto, per salvare i miei beni?

Giovanna                    - (curva le spalle).

Giovanni                     - Come vive? E' povero? privo di mezzi? Abita in una brutta camera?... nei vi­coli malfamati pieni di lezzo e di querele? Parla!

Giovanna                    - (tace).

Giovanni                     - E' forse così... misero, che non osi...? Forse non t'ha ancora confessato tutto? Soffre in silenzio! Bisogna che lo veda. Attra­verserò la città, finché non l'avrò incontrato... dovessi perder la notte!

Giovanna                    - Rimani.

Giovanni                     - Voglio sapere!

Giovanna                    - Io so!

Giovanni                     - Non metter la mia pazienza a dura prova...

Giovanna                    - (lo guarda).

Giovanni                     -  E' sì terribile?

Giovanna                    - (scuote il capo).

Giovanni                     - Dove vive?

Giovanna                    - Dove... vivo io!

Giovanni                     - L'hai invitato qui?...

Giovanna                    - (tace).

Giovanni                     - ...non fece alcun rifiuto?... al­cuna obiezione?

Giovanna                    - Non l'ho pregato... Mi ha «pre­gato.

Giovanni                     - Giovanna?

Giovanna                    - (presso la porta) - Io sono... la sua donna!  (Esce).

Giovanni                     - (si appoggia alla spalliera d'una sedia, con gli occhi rivolti verso la porta. Il do­mestico entra con due bicchieri e un boccale pieno di vino. Evita lo sguardo di Giovanni, che, pertanto, non gli fa attenzione).

Il domestico                - (parlando a se stesso)-Biso­gna incatenare pensieri, come si incatenano i cani quando urlano nella notte. Che tempo fa? Un po' di fresco? Le foglie bruciano? Bisogna mettere uno scialle?  I buoni consigli bisogna metterli in bottiglia e tapparli ben bene.

Giovanni                     - (scotendosi) - Perchè questo se­condo bicchiere?

Il domestico                - (tremando) - Per il vino.

Giovanni                     - (buttando il bicchiere in terra) - Sei troppo previdente.

Il domestico                - Oh, il prezioso cristallo!

Giovanni                     - Ho perduto molto più di quel­lo! (Prende l'altro bicchiere eh'è rimasto sulla tavola) Versa! (Trae una fiala dalla sua cintu­ra, e versa il contenuto nel bicchiere).

Il domestico                - (fermandogli il braccio) - Si­gnore, voi volete bere ciò?

Giovanni                     - (svincolandosi) - Che cosa ti pren­de?

Il domestico                - Veleno!

Giovanni                     - « No, ambrosia, caro vecchio. D'un effetto molto salutare.

Il domestico                - Viene qualcuno.

Giovanni                     - (posando il bicchiere) - Dei pas­si? La porta non è chiusa? Qualcuno ha una seconda chiave? Sei tu il complice di qualche ladro?

Il domestico                - Signore, è...

Giovanni                     - Ah, lo conosci? Inutile farneti­care. Vattene!

Il domestico                - (esce).

Giovanni                     - (s'irrigidisce, e incrocia le brac­cia).

(Giorgio entra dalla sinistra. Vede Giovanni, e fa per slanciarsi verso di lui.  S'arresta).

Giorgio                       - Sei tu, che ho sì spesso evocato nel vuoto?

Giovanni                     - (tace).

Giorgio                       - Parla; o non crederò ai miei oc chi.

Giovanni                     - (c. s.).

Giorgio                       - Giovanna... sa?

Giovanni                     - (secco) - La signora Giovanna!

Giorgio                       -  (calmo) - Sai già! Giovanna è la mia donna.

Giovanni                     - (c. s.) - Eppure, sapevi che Gio­vanna era mia moglie.

Giorgio                       (c. s.) – Entrambi - Giovanna e io - ti credevamo morto. Del bastimento, nau­fragato due mesi dopo la tua partenza, non si trovarono che pochi resti in pieno oceano.

Giovanni                     - Vi sono isole sconosciute, nel­l'oceano, e rive d'una resurrezione inattesa.

Giorgio                       - Sono passati quattro anni. All'al­ba del quinto...

Giovanni                     - Mi hai sputato in faccia!

 Giorgio                      - Abbiamo riempito il vuoto lascia­to dalla tua morte con il nostro amore.

Giovanni                     - Organizzavate festini sulla mia tomba, nella quale marcivo.

Giorgio                       - La tua immagine vegliava sul no­stro amore.

Giovanni                     - Mi stacco dalla mia immagine, e reclamo mia moglie.

Giorgio                       - Tu parli della mia!

Giovanni                     - Tu offendi suo marito!

Giorgio                       - Che vuoi fare?

Giovanni                     - (dopo un breve silenzio) - Non ti chiedo di giustificarti. Soccomberai all'errore ch'io stesso ho troppo sostenuto. Ho tardato molto a dar segno di vita; il mare non me ne lasciava il tempo. (Con forza) Non ignoro i tuoi sacrifizi, non discuto sul destino che mi ha ricondotto e che mi permetterà d'esigere il sacrifizio della tua vita; ma voglio ricomincia­re un'esistenza senza ricordi, a condizione che tu parta sùbito, senza alcuna traccia per me e per mia moglie. (Si allontana).

Giorgio                       - (risolutamente) - Rimani!

Giovanni                     - (voltandosi) - Sei ancora qui?

Giorgio                       - Tocca a te allontanarti; io sono in casa mia.

Giovanni                     - Uno dei due dovrà entrare in casa; tu? o io?

Giorgio                       - (lo guarda torvo; poi trae dalla ta­sca un oggetto rotondo e lo getta in terra, spez­zandolo).

Giovanni                     - Cos'hai spezzato?

Giorgio                       - Il tuo ritratto,

Giovanni                     - Io ho spezzato il tuo bicchiere.

Giorgio                       - Tu sei il mio nemico.

(Sono l'uno contro l'altro. Il domestico por­ta le lampade).

Giovanni                     - Non possiamo batterci nel giar­dino buio. Non possiamo batterci nella sala, poiché uno solo di noi passerà la soglia. Non possiamo attendere fino al mattino. E non vo­gliamo strangolarci come cani. Pure, non pos­siamo rimandare. Ho portato, in ricordo del mio viaggio, questa fiala che contiene l'essen­za d'una pianta tropicale. Essa mi avrebbe per­messo di scomparire, se non avessi ritrovato mia moglie. Avevo preparato il beveraggio; il tuo sopraggiungere me l'ha tolto dalle labbra. E ho veduto il mio nemico. Ora, tocca alla si­gnora Giovanna scegliere la vittima. Entrambi le chiederemo da bere; ciascuno, per primo, reclamerà da bere. Il prescelto berrà fino al­l'ultima goccia. Berrai, se toccherà a te?

Giorgio                       - Non rifiuterò. E tu berrai?

Giovanni                     - Come te. (Al vecchio domestisco) Chiama la signora Giovanna. Dille che l'aspettiamo a tavola. (Il vecchio domestico esce).

Giovanni                     - Non bisogna suscitare alcun so­spetto in lei. Passeggiamo indifferenti nel giar­dino.

Giorgio                       - Io m'allontano di qua. (Esce a sinistra).

Giovanni                     - E io di là. (Esce a destra).

(Entra Giovanna col vecchio domestico, che porta una terza sedia).

Giovanna                    - (appressandosi alla tavola) – Quel vino?

Il domestico                - Ho visto con questi occhi gettarvi una polvere.

Giovanna                    - Che uccide?

Il domestico                - Il solo suo profumo mi dà la vertigine.

Giovanna                    - Essi, a turno, mi chiederanno da bere. E... il primo...

Il domestico                - Vado a gettarlo.

Giovanna                    - Neanche una goccia.

Il domestico                - Vorreste giocare un gioco esecrabile?

Giovanna                    - E' un duello tra uomini. Biso­gna pur mettere un termine.

Il domestico                - Ma voi, che ora sapete, vor­reste... di vostra mano...

Giovanna                    - Avrò il tempo di meditare la sentenza.

Il domestico                - (retrocedendo verso la porta) - Ma ciò significa la morte... Una vera morte premeditata... (Esce).

(Giovanni entra dalla destra, Giorgio dalla sinistra).

Giovanna                    - (sorride verso Giorgio) - Non ho potuto venirti incontro, (verso Giovanni) ne raggiungerti. Arrivate nel medesimo istante. Bisognerebbe che mi spezzassi in due per obbe­dire al doppio dovere. Convenite che è impos­sibile, e riconoscete la mia buona volontà.

(Giorgio e Giovanni avanzano e baciano cia­scuno una mano di Giovanna).

Giovanna                    - Il vostro saluto è doppio- dop­pio il mio ringraziamento. Non distinguo (a Giovanni) nel ricambiare il tuo, (a Giorgio) nel ricambiare il tuo. E' uno scambio. Non scelgo, ne preferisco.

(Giovanni e Giorgio si mettono a sedere).

 Giovanna                   - (a Giovanni) - Ora, tu devi esse­re loquace. Le tue avventure, da sì lungo tem­po mute in gola, non vogliono farsi applaudi­re? Noi ascoltiamo.

Giovanni                     - (tace).

Giovanna                    - Non hai veduto sovente la mor­te in faccia e... peggio ancora, forse?

Giovanni                     - (tace).

Giovanna                    - E' bello che tu non voglia farti compatire. (A Giorgio) E tu? Le tue labbra possono trattenere il fiotto del tuo discorso? Tutto ciò che hai fatto per lui?...

Giorgio                       - (tace).

Giovanna                    -  Tutto  il tuo ardore non vale i suoi sacrifizi?

GIORGIO                  -  (c.s.).

Giovanna                    - Non vuoi alcuna riconoscenza. (A Giovanni) E tu non hai messo avanti la pa­zienza in ogni pericolo? (Ora verso l’uno, ora verso l'altro) Il pudore serra le vostre labbra. La fede inaudita dell'uno, la devozione conti­nua dell'altro distruggono ogni sacrifizio e ogni miseria. Più tacete, e meglio vi capite. Intendo il vostro dialogo senza parole: voi siete Amici!

Giovanni                     - (tendendo una mano verso il bic­chiere) - Fa caldo...

Giovanna                    - E tutto il vostro silenzio afflui­sce verso di me. L'onda muta si spezza contro di me, e grida! Voi siete amici! Il vostro gra­zioso segreto vi appalesa. Ciascuno di voi si avvicini a me, sospinto dall'altro... come se avanzaste per vostro desiderio. Oh, taciturno! non elevavi al di sopra di te stesso l'amico, nell'ombra in cui vivevamo? Colui ohe viveva in questa casa,  non  era  doppio  e uno  nello stesso tempo?

Giorgio                       - (protendendo la mano verso il bic­chiere) - Che cosa penosa!

Giovanna                    - Non ho sentito alcuna differen­za. Rimanevo senza scompormi. Mai il mio de­siderio esitò tra l'uno e l'altro. Mai confusi i vostri nomi, nel separarvi e nell'unirvi. E il disgusto che ci prende dopo essere stata due volte del medesimo uomo, è stato preservato dalla vostra amicizia.

Giovanni                     - Tu affondi il coltello nella fe­rita.

Giovanna                    - La mia riconoscenza è senza fine. Sono rimasta pura. Mi siedo tra voi, sen­za rimprovero. Ogni rammarico è distrutto, poiché siete amici.

Giorgio                       - Un fuoco mi consuma.

Giovanna                    - Cosi ho visto realizzarsi il mi­racolo d'un'amicizia. Questo canto dell'amici­zia non ci solleva fino alle stelle? La via lattea non si prepara a ricevere? E su questa terra, una donna s'inginocchia, per aver veduto due amici risplendere insieme...

Giovanni                     - Ho sete. Dammi del vino.

Giorgio                       - La mia gola è secca. Anche a me: da bere!

Giovanna                    - (con il bicchiere in mano. Sorride) - Ecco che rivolgete insieme la medesima pre­ghiera. Bisogna che rifletta. Potrebbe darsi che uno di voi mi rimproverasse d'averlo prescel­to...

Giovanni                     - Giovanna, si tratta di te...

Giorgio                       - Giovanna, solo uno di noi può vivere..

Giovanna                    - E' ciò ohe vi sconvolge? La vo­stra amicizia non può passare su ciò come il ruscello sui ciottoli?...

Giovanni                     - Quando si tratta d'una donna... di mia moglie...

Giorgio                       - Quando un altro vuol giungere alla mia...

Giovanna                    - Non siete Amici?

Giovanni                     - E' il mio nemico che è seduto alla tua tavola.

Giorgio                       - E' il mio nemico che vedo presso di te...

Giovanna                    - L'odio vi deforma! Il caldo vi arrossa!  Le vostre voci sembrano spente...

Giovanni                     - Il vino, Giovanna!...

Giorgio                       - Il vino, Giovanna!...

Giovanna                    - Non vi tradite, reclamando si ardentemente questo bicchiere? Come non stu­pirmi di vederne rimanere un altro su questa tavola? Sono io che debbo scegliere? che deb­bo fare un gioco che non conosco? Colui che berrà per primo, sarà quegli che deciderà? Co­me avete imbrogliato le carte? Come voireste far di me un'assassina?

Giovanni                     - Faresti meglio ad affrettarti...

Giorgio                       - Scegli: chi deve bere per primo?

Giovanna                    - Quale dei due resterà? Quale dei due se ne andrà? E' questo che volete sa­pere? Chi sarà colui che, abbandonando que­sto giardino, mi strazierà?

 Giovanni                    - Vivrai tutta per uno solo!

Giorgio                       - Arderai d'amore per lui, o per me!

Giovanna                    - Dovrei separarvi? Dovrei offen­dermi? Appartenere a colui che resterà, a co­lui, cioè, che perseguiterà l'altro col suo odi-miserabile? (Commossa} Mi toccherà subire co­lui che, trionfante, vorrà farsi conoscere me­glio acceso di me? Dovrò avere due uomini sotto il sole?

Giovanni                     - Nessuno di noi abbandonerà questo giardino...

Giorgio                       - Nessuno di noi varcherà la so­glia...

Giovanna                    - Voi mi condannate alla follia. Dovrei esserne vittima come una furia nelle ca­mere? Vorreste essere i miei assassini? Vado a gettare questo vino-.. Voi volevate mettermi alla prova... Nessuno di voi berrà... Brucereb­be terribilmente... (Beve con avidità. Giovanni e Giorgio si precipitano su di lei).

Giovanni                     - Giovanna, quel vino...

Giorgio                       - Giovanna, quel vino.-.

Giovanna                    - (venendo meno, sorride) - Sape­vo... Il mio domestico è fedele...

Giovanni                     - Perchè non l'hai rovesciato, se volevi che vivessimo entrambi?

Giovanna                    - Potevate vivere tutt'e due, viva io?

Giorgio                       - Perchè uno di noi non osò mori-rire?

Giovanni                     - Ami tu ciascuno di noi con egua­le abbandono?

Giovanna                    - (scotendo il capo) - L'amore è senza importanza. Voi siete amici. L'amicizia, tra due uomini, è si rara che bisogna salvarla. (Debolmente) Ero un ostacolo alla vostra ami­cizia - senza saperlo - senza volerlo. Sarei stata dannata eternamente. Quale donna osereb­be, col suo piccolo destino, ostacolare l'unione di due uomini: una grande amicizia? Sola­mente una cortigiana potrebbe offendere la vo­lontà divina! Voi, almeno, non mi disprezze­rete!

Giovanni e Giorgio     - Giovanna!

Giovanna                      - Provatemi  la  vostra  amicizia! Mettete le vostri mani sul mio petto... unitele... serrate forte-., sì, sul seno. Le vostre braccia tremano per lo sforzo... Oh, le vostre solide mani, sul mio seno che canta! Voi siete Amici! (/ due uomini cadono in ginocchio).

FINE