Girandola

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GIRANDOLA

Grottesco in tre atti

di GIUSEPPE BEVILACQUA

PERSONAGGI

PAOLO ROD, architetto

MARTA, sua moglie

ELISABETTA, zia di Marta

EDOARDO BENNETT, ingegnere

Il DOT­TORE

GIUDITTA SKIPPER

Dottor RICCARDO LYSLE

ACHILLE PONSON

Signora PONSON

ROMERO GAIERA

SKIPPER, tutore di Giuditta

ANNA COPPERFIELD

FRANCO COPPERFIELD

RENZO BORTHIS

 GIANNA

LUCIA

AUGUSTO

GIOVANNI

L’azione si svolge a Londra, ai nostri tempi.

ATTO PRIMO

A Londra, ai nostri giorni. Lo studio dell'architetto Paolo Rod. Tavoli vasti, carte vastissime, (strumenti vari della professione e, sui muri, disegni anche colorati. Una cassaforte. Poltrone. Una ampia vetrata sul fondo che dà su di un balcone. Un mastodontico orologio ad una parete di fianco, un orologio antico dal pendolo che si intravede sotto il cri­stallo. Tre porte: a sinistra la comune; a destra, due altre, per altri uffici. E' un livido mattino del maggio londinese. Si badi all'orologio, che, in questa com­media, ha una « parte » preponderante.

Augusto                        - (è il commesso. Sessant’anni, bonario e sempliciotto. Starà terminando la pulizia. Dalla vetrata aperta entrano ti freddo e l'umidità. Le seggiole ancora issate sui tavoli, perché Augusto ha sco­pato e, via via, adesso, le riporrà a posto. Chiude i vetri. E' preoccupato: una, due volte si accosterà alla prima porta di destra come per bussare. Esita; ma alla terza volta si decide e bussa) Signo­rina... ma signorina Giuditta... per ca­rità, alzatevi!.., (Bussa più forte).

Giuditta                        - (di dentro) Sono alzata, non urlate! E' presto!...

Augusto                        - Son le nove!

Giuditta                        - Alle nove non viene l'ar­chitetto!

Augusto                        - Viene il geometra. Viene il signor Achille! Se se ne accorgono, sono rovinato! Non fatemi pentire!

Giuditta                        - (compare, in vestaglia, con in mano lo specchio, il pettine, una boccetta di profumo che deporrà su di un tavolo per acconciarsi. E' molto avvenente, civettuola) Ma no, che non vi dovete pentire... Pentirsi delle buone azioni, è come distruggerle... E voi, que­sta, non la dovete distruggere, perché io voglio esservene sempre grata... (Si pet­tina, si trucca, si spruzza del profu­mo, ecc.).

Augusto                        - Ma non è una bella cosa quella che ho fatto! E' un arbitrio...

Giuditta                        - Siate tranquillo, è stata l'ultima notte. Stasera ritorno dallo zio-

Augusto                        - Ah! Vi giuro che dormi­rò meglio anch'io!

Giuditta                        - E grazie tante dell'ospi­talità...

Augusto                        - Dell'ospitalità dell'archi­tetto, potete dire... perché lo studio è suo... anche il divano...

Giuditta                        - Ma il padrone di notte siete voi!... Le chiavi le avete voi... ed io ho fatto i conti con voi...

Augusto                        - Mi sono commosso...

Giuditta                        - Avrei voluto vedere che non, vi foste commosso! Una povera ra­gazza messa sul lastrico... Chissà che re­sponsabilità vi sareste assunta!

Augusto                        - Intanto non bisognava scappare di casa!

Giuditta                        - Quale casa? Quella di mio zio, che mi vuol far sposare chi vuole lui?... No, no, no! Ed a qualunque costo. Ci ho pensato tutta la notte. E mi sono decisa. Costi quel che costi. Sapete che vuole significare per una donna: « costi quel che costi » ?

Augusto                        - Vorrà significare qualche altra bestialità!

Giuditta                        - Vuol significare l'irrepa­rabile! E voi sapete che sia l'irreparabile per una donna? Per una donna come me, ancora brava, seria?... (Ha finito di truccarsi e di pettinarsi; si leva la ve­staglia). Ma voi siate tranquillo... Non avrete responsabilità... nessuna respon­sabilità!

Augusto                        - (ironico) ... per l'irrepa­rabile?!

Giuditta                        - Non scherzo mica, sapete. Vi ho detto che, per salvarmi dal cape­stro di mio zio, non ho che un mezzo. E credete che una ragazza come me trovi difficile realizzarlo? Oh, ne ho bene anch'io dei mosconi e dei... moschini. E'  sufficiente che da uno solo mi lasci ac­chiappare...

Augusto                        - (poiché in anticamera si av­vertono dei passi, atterrito) C'è qual­cuno!

Giuditta                        - (riscappando a destra) Scappo ad accomodarvi il divano... (via, ma avrà lasciato sul tavolo lo specchio, la cipria, il pettine, lo spruzzatore e gli altri ingredienti pel trucco, nonché su di una seggiola la vestaglia).

Elisabetta                      - (energica signora sui sessant’anni, un po' provinciale, abituata ad imporre la propria volontà).

Marta                            - (sulla trentina, distinta ma fredda. Ad Augusto) Non c'è mio ma­rito?

Augusto                        - (imbarazzato) Oh, la si­gnora! No, non è ancora venuto...

Elisabetta                      - (invadente) Perché, di solito, a che ora viene?...

Augusto                        - Alle dieci, alle undici an­che. Conforme! Ora sono appena le nove-

Marta                            - Infatti si alzava verso le nove...

Elisabetta                      - (aspra, investendola) Si alzava, si alzava... quando rispettava i doveri coniugali! Quando dormiva sotto il suo tetto! Adesso, adesso... che ne sai tu, quando si sveglia, quando si alza, quando arriva in ufficio?

Marta                            - (seccata) Non ho mai fatte delle inchieste io!...

Elisabetta                      - Ecco il tuo torto!...

Marta                            - Non ne avevo il motivo... mi mancava il sospetto!

Elisabetta                      - Male, perché sospettare vuol dire vigilare! ,

Marta                            - Vigilare Paolo Rod? Nella sua onestà, nella sua severità, nei suoi scrupoli? Anche nella vita, più che un uomo, è un architetto! E l'aveva disposta razionalmente!

Elisabetta                      - Lo dice lui!

Marta                            - E così lo giudicano gli altri...

Elisabetta                      - I quali, però, ignorano che l'architetto Rod da qualche mese trascorre molte notti fuori di casa, dà giustificazioni balorde, è dimagrito, im­pallidito... pianta in asso la moglie!.... Non bisogna fidarsi degli uomini troppo onesti e severi! Se non capitavo io... a smagarti, ad aprirti gli occhi... (Pren­dendo dalla scrivania, tra le altre, una lettera non ancora aperta) Bene! Nean­che aperta! La mia lettera di ieri l'altro per avvertirlo del mio arrivo! Potevo aspettarlo alla stazione! Ma certo: anche l'ufficio trascura oramai! (Ad Augusto) A che ora è uscito l'architetto?

Augusto                        - Quando?

Elisabetta                      - Ieri sera!

Augusto                        - Non so esattamente... Ma presto, col signor Bennett!

Elisabetta                      - Bennett?... Bennett?...

Marta                            - Il suo amico più caro... il suo collaboratore...

Elisabetta                      - (ironica) Son sempre i più cari, gli amici della colpa! (Con un grido, avendo visto la vestaglia e gli og­getti della toletta di Giuditta) Ah, Dio mio! E' qui! Qui dentro!

Marta                            - Zia, non urlare!

Elisabetta                      - (afferrando qualche ogget­to) Con lei! Capisci! E' qui con lei! Porta le sue sgualdrine nello studio! Dorme nello studio!!!

Marta                            - Qui non c'è da dormire!

Elisabetta                      - Non sei convinta? Si dipinge, porta questa vestaglia tuo ma­rito? (Ad Augusto, il quale, impressio­nato, si sarà avvicinato alla porta di destra per assicurarsi che sia chiusa) L'architetto... e la sua amante, dormono ancora?

Augusto                        - Signora... vi garantisco che l'architetto non s'è veduto...

Elisabetta                      - (imperiosa) L'architetto è dì là (alludendo alla camera della quale Augusto sbarra l'ingresso).

Augusto                        - E' la stanza della dat­tilografa!

Elisabetta                      - Ah! la stanza della dat­tilografa!

Marta                            - E' umiliante... zia!

Elisabetta                      - Non c'è nulla di umi­liante... dal momento che è in gioco la tua felicità. (Diverso tono) La legge sa­rà dalla tua... (Imperiosa ad Augusto) Aprite!

Augusto                        - (supplicando) Vi dirò... ho fatto un'opera pietosa...

Elisabetta                      - La chiamate pietosa?!... Aprite!

Augusto                        - Non rovinatemi! Vi giuro che l'architetto non c'è!

Elisabetta                      - (si fa avanti decisa ad aprire per forza).

Giuditta                        - (spalanca la porta sbaraz­zina) Sì... sono la dattilografa del­l'architetto Paolo Rod. E' verissimo! Ed è anche vero che Augusto mi ha pro­tetta e ricoverata, mi ha dato un tetto ed un letto... La verità avanti tutto!

Elisabetta                      - La verità è che voi siete l'amante dell'architetto Rod!

Giuditta                        - Che cosa dite?...

Elisabetta                      - Dico che si poteva pre­vederlo, con -una dattilografa come voi.

Giuditta                        - Ma io sono una dattilo­grafa onesta!

Elisabetta                      - (con disprezzo) Son tutte le amanti dei loro padroni!

Giuditta                        - Allora, cara signora, io sono una dattilografa eccezionale! (Sbat­te con ira la porta, ritirandosi).

Elisabetta                      - Spudorata! (A Marta) Hai visto? Un marito che passa le notti fuori di .casa non poteva che tradire! Volevi una prova? Eccola! Decisiva! Sei soddisfatta?

Marta                            - (con amara ironia) Zia, francamente, non saprei...

Elisabetta                      - (incollerita) Come? «Non saprei?». Ed è questa tutta la tua reazione? « Non saprei »!  Ma che sangue hai nelle vene? Sciroppo, latte, camomilla?

Marta                            - Certo, è inconcepibile, è triste...

Elisabetta                      - Triste? Io direi rivol­tante!... Ma sono invecchiata per qual­che cosa! Devi avere una rivincita, e l'avrai! Basta che tu mi ubbidisca...

Marta                            - Zia... tu sai che non sono tipo per certe scenate e...

Elisabetta                      - (sarcastica) ... si capi­sce, tu sei un tipo che sta sulle nuvole... ma sulle nuvole si ha da che fare coi santi! E tu hai visto che razza di santo è tuo marito! Ad ogni modo non preoc­cuparti. Scenate, nessuna. Fatti, fatti, e decisivi...

Achille                          - (è apparso dalla comune, sta timido, sulla soglia, salutando con ripe­tuti cenni del capo).

Elisabetta                      - Per non farti calpesta­re, per tutelare la tua dignità! Fidati di me e ringrazia Iddio che tua zia Eli­sabetta sia capitata al momento giusto. Intanto, fuori subito di qui... (Bofon­chiando sta per uscire con Marta).

Augusto                        - (piagnucolando e movendo verso Elisabetta) Signora, per le mie creature non rovinatemi...

Elisabetta                      - No, no, che non vi rovi­nerete finché farete questo bel mestiere! (Esce con Marta).

Achille                          - (un buffo ometto, ancora gio­vane, timido, pavido, ridicolo, che parla lento, severo. Ad Augusto) Che cosa è successo?

Giuditta                        - (che avrà sbirciato, facen­dosi avanti) Se ne sono andate?...

Augusto                        - (rabbioso) E' successo, è successo... Ma fatevelo raccontare da lei... (via).

Giuditta                        - Io? Che cosa ne so io?... Io so che me ne infischio delle escan­descenze dì quella pseudo-suocera... Sa­pete, persino, che ha detto? Che tutte le dattilografe sono le amanti dei loro padroni... Su, rispondetemi. E' proprio vero? Tutte?...

Achille                          - Io non sono mai stato pa­drone!

Giuditta                        - (con malizia) Se lo diven­taste?...

Achille                          - Sono sposato, io...

Giuditta                        - (accentuando la sua civet­teria) Sono appunto gli uomini spo­sati che offrono la migliore tutela!...

Achille                          - Non capisco...

Giuditta                        - Ma io capisco benissimo che per difendermi non ho che un mez­zo, un improrogabile mezzo... (Scher­nendolo) Certo, con voi, resterebbe let­tera morta...

Achille                          - Non capisco...

Giuditta                        - Si sa... non capite mai niente, voi!

Achille                          - (piccato) E invece io capi­sco molte cose... e le più importanti!... (In segreto, come facesse una rivela­zione) L'architetto è cambiato, radical­mente cambiato... Lui, così retto, così austero, è rovinato...

Giuditta                        - (ma senza importanza) Rovinato?

Achille                          - Ecco qua! (indica con ripugnanza due volumi intonsi su di un tavolo). Anche ieri sera hanno portato questi libri. Veleno... veleno. Perché an­che lui, come il signor Bennett, oramai ci crede, ciecamente ci crede... Veleno! E non si guarisce più!

Giuditta                        - (prende i libri, legge i titoli) Planet: « Lo spiritismo è infallibi­le»; Gibler: «Lo spiritismo fede e cer­tezza». (Ridendo) Ah! Ah! Ve l'avevo detto che voi non avete capito niente. Gli spiriti?!... Sì, con le sottane! Non avete sentito quell'arpia? Perde le notti, trascura la moglie, è dimagrito...

Achille                          - (convinto) Gli spiriti! Gli spiriti!

Giuditta                        - (sentendo dei passi) Chi c'è?

Il Dottore                      - (dalla comune, sulla cin­quantina, elegante. Entra frettoloso, preoccupato. Depone i guanti; si toglie il soprabito, il cappello) Che pioggia! E che corsa! Mi han telefonato di non perdere un minuto.

Giuditta                        - Buon giorno, dottore...

 Il Dottore                     - Mi son precipitato... Ma che cosa è avvenuto? Cose gravi?

Giuditta                        - Dove? Quando?

Il Dottore                      - Qui! Qui dentro, poco fa... Mi ha telefonato Bennett di cor­rere qui!

Giuditta                        - (burlescamente allarmata) Qui c'è stata la moglie, c'è stata la suo­cera dell'architetto... Oh, Dio! Voi siete già informato, voi già sapete...

Il Dottore                      - Io non so niente. Forse un malore, una disgrazia, sotto l'auto­mobile...

Giuditta                        - (c. s., ritenendo che il dot­tore sia stato avvertito della sorpresa di cui ella fu protagonista) Peggio, peggio...

Il Dottore                      - Peggio per chi?

Giuditta                        - Peggio per me!

Il Dottore                      - Che c'entrate voi! Chie­do che cosa è capitato all'architetto per avere così urgente bisogno della mia pre­senza. Dov'è l'architetto?

(Voci dall'interno).

Giuditta                        - Eccolo! Io scappo! ('Via).

Achille                          - Anch'io! (via).

Il Dottore                      - (muove incontro, verso l'anticamera) Be', che c'è?...

Paolo                             - (pallido, affranto. Quasi sorretto da Edoardo. E' distinto, simpatico, per quanto d'aspetto rigido. Borghese, retti­lineo, di una mentalità matematica, nient'affatto rischiosa o fantasiosa, era lo­gico che le pratiche spiritiche alle qua­li si è dedicato avessero in lui una pre­sa profonda, di un senso assoluto. Ora, infatti, agirà da fissato paradossalmente convinto della verità della sua situazio­ne. E deve risultare quindi grottesco quanto egli compie, quanto egli pensa, tanto è assurda la sua fede. Al Dottore) Grazie!

Il Dottore                      - Che cosa ti è capitato?

Paolo                             - (siede abbattutissimo).

Edoardo                        - (facendo segno al dottore che pazienti) Vi dirà... purtroppo!

(Edoardo è un fedele e caro amico di paolo, colui che lo ha iniziato allo spiri­tismo, di cui è un fervente, colto ed esperto. Ma, furbo ed egoista, non chiu­de gli occhi di fronte al futuro interesse che la situazione di Paolo può spalan­cargli e, in certi momenti, la sua ambi­guità affiora. Si può creare un tipo: oc­chiali, pizzetto, ecc.).

Paolo                             - (scandendo le sillabe) Senti: tu devi dirmi schiettamente, freddamen­te, spietatamente, tu che conosci il mio organismo come nessun altro, se io mi trovo in condizioni di poter morire...

Il Dottore                      - Ed io ti prego dì dirmi se sei impazzito. Tu, stanotte, non hai dormito, lo si vede, lo sì capisce. Chissà dove sei stato... o, meglio, io im­magino dove sei stato con la mania spi­ritistica che ti ossessiona da qualche tempo... (Fa per andarsene). Io ho dei malati sul serio, che mi aspettano... Va' a dormire...

Paolo                             - (fermandolo) No, ascolta; tanto mi addormenterò presto e per sempre...

Edoardo                        - Paolo ha ragione, ascolta­telo... egli deve morire!

Il Dottore                      - Che? Che cosa?

Paolo                             - Esatto. Io devo morire fra due giorni. Alla mezzanotte dì venerdì.

Edoardo                        - ... e magari, dottore, fosse fantasia!

Paolo                             - Ed ecco perché ti scongiuro di dirmi la verità, assolutamente la ve­rità sul mio stato di salute: cuore, cer­vello, polmoni, sangue, reni, stomaco...

Il Dottore                      - Ma si può sapere chi ti ha allarmato in questo modo?

Paolo                             - Mi è stato predetto!!

Il Dottore                      - Da chi?

Edoardo                        - Da un architetto!

Il Dottore                      - Mi vuole rubare il me­stiere!?

Paolo                             - (solenne) Da Goffredo Wal­lace!

Edoardo                        - Il restauratore della torre di Westminster!

Il Dottore                      - E quando lo avete in­contrato?

Paolo                             - Stanotte!

Edoardo                        - Dopo quarantaquattro an­ni dalla morte!

Il Dottore                      - Incontrato in ispirito?

Paolo                             - Sicuro, è tornato in ispirito!

Edoardo                        - (incalzando) Lo evocavamo da un mese! Ha parlato subito... Tre volte! Ma, già, voi non credete al so­prannaturale, non credete all'anima, al­la scienza, allo spiritismo...

Il Dottore                      - Ma neppure credevo che lo spiritismo vi avesse esaltato a tal punto!

Edoardo                        - Lo spiritismo ha soggiogato genii innumerevoli!  Ha dato le teorie deìl'Aksakof, del Gibier, del Groockes... Ha offerto prove lampanti! Mio zio è morto annegato e l'aveva predetto lo spi­rito di suo nonno. Mio cognato s'è spa­rato un colpo al cuore e l'aveva pre­detto la sua prima fidanzata...

Paolo                             - Ad ogni modo la conclusione è questa!

Edoardo                        - Tragica, ma è questa. Pao­lo sa quando deve morire! Non contrad­ditelo.

Paolo                             - Non contraddirmi.

Il Dottore                      - (a Paolo, vincendo la sua ironia di fronte alla ferma convinzione dei due) Dal momento che sei così convinto di dover morire non vedo la ragione perché tu debba ricorrere ai miei lumi!

Paolo                             - Perché non voglio morire di morte naturale... Io preferisco qualunque morte, fuorché quella che può es­sere in me, nascondersi in me, essere nella mia natura. Voglio salvaguardar­mi, difendermi...

Il Dottore                      - Allora, vedi che hai qualche speranza!

Edoardo                        - Nessuna, non può averne...

Paolo                             - E voglio morire senza avere il rimorso di non. essermi difeso a suf­ficienza! Ti prego, fa' la tua parte!

Edoardo                        - E lasciate che lo spirito di Wallace faccia la sua...

Il Dottore                      - Ma che iettatore, quell'architetto!

Edoardo                        - Un puro spirito che sim­patizza per Paolo!

Il Dottore                      - Accidenti che simpatia! Allora, se una mia visita ti può conso­lare... sia fatta la tua volontà! (Estrae lo stetoscopio per ascoltare il cuore).

Paolo                             - Ti prego, di là, una visita minuta... Ma prima dammi la tua parola che mia moglie nulla saprà di quanto è avvenuto e di quanto deve avvenire...

 Il Dottore                     - Figurati! Segreto pro­fessionale!

Paolo                             - Signorina, volete venire qui un momento?... (Il dottore via).

Giuditta                        - ( mostrandosi) Con la macchina?

Paolo                             - Proseguite su questa (indi­cando quella che è nello studio).

Giuditta                        - (esce e rientra con dei fogli e si dispone a scrivere).

Paolo                             - (ad Edoardo) Telefona a casa...

Edoardo                        - E per stanotte che cosa dico?

Paolo                             - Che abbiamo continuata l'i­spezione alla Raffineria di Goley. E, per carità, che mia moglie non sospetti mi­nimamente...

Edoardo                        - Figurati!

Paolo                             - Tanto meno oggi deve so­spettare. (Via).

Edoardo                        - (al telefono forma il numero).

Giuditta                        - (scrivendo a macchina) Disturbo, signor Bennett?

Edoardo                        - Prego, prego... Non ri­sponde! (Aspetta).

Giuditta                        - Telefonate a casa dell'architetto?

Edoardo -                      - Non rispondono... Ah! Chi parla? Qui? Studio dell'architetto Rod. Personalmente? L'ingegnere Edoardo Bennett... sì... Bennett... (Tra sé) Che voce! (Forte) Appunto, Bennett, il suo amico più caro... (Si leggerà sulla sua faccia un improvviso e irritato stupore come di chi è insultato. Non trova pa­role per ribattere. Resta col ricevitore sospeso, sbalordito) Eppure... non ho sbagliato il numero... 90634!

Giuditta                        - Casa dell'architetto Rod!

Edoardo                        - Mi han risposto con un tono! Una voce nuova...

Giuditta                        - La cameriera?

Edoardo                        - (tra sé) Eh, no, la came­riera non ingiuria. Non risponde: « vergognatevi, bel tomo... ». Ma io non ri­chiamo davvero...

Augusto                        - (consegna ad Edoardo un bi­glietto da visita) Questo signore vor­rebbe essere ricevuto subito...

Edoardo                        - (leggendo) Remerò Ga­lera... Entri. (A Giuditta che si è alzata) Rimanete pure, signorina.

Giuditta                        - E' malato il signor archi­tetto?

Edoardo                        - Malato? No, non credo...

Galera                           - (un omaccione grosso e rubi­condo, ostenta parecchi anelli alle dita ed una vistosa catena d'oro al panciotto. Forte del suo molto denaro, parla pom­poso) Voi siete l'architetto Paolo Rod?

Edoardo                        - Sono l'ingegnere Bennett. Suo primo collaboratore.

Galera                           - A me è indispensabile l'ar­chitetto Rod!

Edoardo                        - Potete parlare a me come parlereste a lui...

Gaiera                           - Allora, fa proprio lo stesso? Perché, sapete, io vado diritto allo sco­po... Ho bisogno di una casa!

Edoardo                        - Da costruire?

Gaiera                           - Da costruire, perbacco, da costruire!  Dalle fondamenta al tetto!  Anzi di una villa, di una magnifica, su­perba villa. L'architetto mi faccia il disegno, il progetto, il preventivo: mi dica la spesa in ogni particolare; mi indichi il terreno, il tempo della costru­zione, quando sarà cominciata, quando sarà finita, quando sarà abitabile! Sa­pete, io sono un esportatore brasiliano!

Edoardo                        - Ci si può intendere...

Gaiera                           - Vediamo!

Edoardo                        - Che cosa volete vedere?

Gaiera                           - La casa!

Edoardo                        - Abbiate pazienza, bisogna costruirla!

Gaiera                           - Intendevo il progetto! Non ne avete di pronti?

Edoardo                        - Sì, ma voi avrete dei desi­deri da esprimere?

Galera                           - Ho detto, e poi si intuisce: una villa per un uomo della mia età, della mia ricchezza, del mio buon gusto. Per viverci tranquillamente, serenamen­te: solo. Una cuoca, una cameriera, un maggiordomo, un autista, un segretario. Solo! Una villa severa e nel contempo allegra, ariosa, ma riparata.

Edoardo                        - Ma la località, i piani, i locali, la distribuzione dei servizi?

Gaiera                           - Fate voi!

Edoardo                        - E voi?...

Gaiera                           - Io? (estrae il portafogli. Ti­ra fuori il libro degli assegni) Pago!  Cinquecento sterline in anticipo!

Edoardo                        - Scusate! Noi non vendia­mo a serie!  Venite domani, guardate prima il progetto, il terreno, poi verse­rete l'anticipo.

Gaiera                           - Allora, niente! Allora, non mi fido! Io ho dei principi assoluti. Accettare l'anticipo significa accettare la volontà del cliente. La mia è la fretta. Mi rivolgerò ad altri.

Edoardo                        - Ma no, vediamo. Ma bi­sognerà che siate contento anche voi... Ecco perché mi sembra, scusate, trop­po... anticipato questo anticipo...

Gaiera                           - Ricominciate? Prendendo l'anticipo, caro signore, l'architetto si sentirà impegnato moralmente, dico: moralmente, come in nessun altro mo­do, ed io, quindi, potrò contare sin d'ora sul migliore dei progetti. Dunque: pren­dere o lasciare... (Mostrerà il libretto degli assegni, accingendosi a scrivere).

Edoardo                        - (incerto) Se è un vostro principio... sta bene. (Prende l'assegno compilato e lo deporrà in un tiretto).

Gaiera                           - La ricevuta?

Edoardo                        - Subito... (Scrive) «Ricevo...

Gaiera                           - (dettando e precisando) « ... per conto dell'architetto Paolo Rod lire sterline cinquecento quale anticipo per la fabbricazione di una villa di cui domani... ».

Edoardo                        - (interdetto) Domani?

Gaiera                           - Domani e la data!... (Pro­seguendo a dettare) « ... presenterò il completo progetto ».

Edoardo                        - Però... proprio domani... con tanto lavoro...

Gaiera                           - Io vi tengo... domani!

Edoardo                        - Come dite?...

Gaiera                           - (con un sorriso malizioso) Voi siete mio... cinquecento sterline!

Edoardo                        - (consegnando la ricevuta) Va bene! Impegnatissimo!

Gaiera                           - Buon giorno! (Via).

Edoardo                        - Che razza di tipo!... Pro­prio oggi.

Giuditta                        - Che ottimo cliente, direi... (Si udranno le voci dell'architetto e del dottore).

Paolo                             - (rientrando col dottore) No, non è amichevole, non è onesto quel che fai... Non ti credo e non credo ai tuoi giuramenti.

Il Dottore                      - E fatti visitare da un altro...

Giuditta                        - (ad Edoardo) Posso an­darmene?

Edoardo                        - E' opportuno. (Giuditta esce).

Il Dottore                      - (proseguendo a Paolo) Io sono stato di una sincerità iperbo­lica! Niente, ho detto, niente! Non è colpa mia se non hai un soffio al cuo­re, dei calcoli al fegato, o un cancro in gola. Non è colpa mia se la tua pres­sione è normale, se il respiro è magni­fico...

Paolo                             - Magnifico, tutto magnifico, e mio padre è andato all'altro mondo in meno di mezz'ora...

Il Dottore                      - Anche tu se ingoi del cianuro!

Paolo                             - Magnifico, magnifico, e ci lasci la pelle per una sincope, un in­gorgo... E i medici che ci stanno a fare?

Il Dottore                      - I medici prevengono e consigliano. Ed io, adesso, ti consiglio di non accalorarti perché in questo sta­to ti potrebbe nuocere... e un travaso di bile può invadere i vasi sanguigni.

Paolo                             - Vedi... vedi...

Il Dottore                      - E trasudando, un raf­freddamento improvviso della pleura può essere letale...

Paolo                             - Hai ragione...-

Il Dottore                      - (incalzando) Come le­tali possono essere un'emozione, una forte gioia, un forte dolore... provocano un embolo...

Paolo                             - Vedi che ci sono i pericoli...

Il Dottore                      - (stanco di essersi prestato a quella finzione) Il pericolo maggiore è (ad entrambi) nella vostra ghiandola pineale, nel vostro cervello...

Paolo                             - (interrompendolo) ... ma no, no... Lasciami qualche ricetta, qualche prescrizione...

Il Dottore                      - Niente! Tu mi telefoni per qualunque sintomo... tanto, quelli dello squilibrio li avete già tutti e due. Arrivederci. (Via).

Edoardo                        - (verso il dottore) Fosse vero!...

Paolo                             - (pausa; è assorto. Poi ad Edoar­do) Perché mi fissi in quel modo?

Edoardo                        - Il tuo volto, la tua im­magine... Noi che eravamo indivisibili!

Paolo                             - (afferrandolo per un braccio) Ha detto: « fra » tre giorni, oppure «en­tro » tre giorni? Comprendi la differen­za?! « Entro » può significare tra un'ora, due ore, stasera, domattina!  Invece » fra » è un termine fisso, un limite, una scadenza...

Edoardo                        - Ha detto: « fra! ». Di que­sto sono sicurissimo. «Fra! ». L'ha con­fermato anche la signora Visel.

Paolo                             - (con un sospiro) Sì, «fra». (Ha rimuginato dentro di sé. Più de­ciso) Del resto, non importa. Ti assi­curo, Edoardo, che saprò morire bene, molto bene!

Edoardo                        - Di un colpo?

Paolo                             - (allarmato) Tu prevedi che sarà un colpo?

Edoardo                        - Facevo un'ipotesi...

Paolo                             - Escludiamo questa ipotesi...

 Edoardo                       - Ti uccidi?

Paolo                             - Sarebbe una vigliaccheria! (Pausa). Tu che mi sei tanto amico, che sei un altro me stesso, tu, che faresti?

Edoardo                        - (imbarazzato) Mah! E' dif­ficile... occorre uno stato d'animo, che io... che non sono nelle tue condizioni...

Paolo                             - Mettiti nelle mie condi­zioni!...

Edoardo                        - Vedi... alla morte non ci si prepara mai, perché mai ci si crede...

Paolo                             - Ed io che debbo crederci per forza, che l'ho vicina, che sta in agguato, che è qui, lì... che è un pro­blema di ore, di orologio... ecco, di oro­logio... (Fissa il grande orologio a pen­dolo) Chi l'ha inventato? Chi? Un boia! Sicuro! Un boia! Nessuno ha mai capito la tortura che ci dà quel meccanismo... in certi momenti. Nessuno.

Edoardo                        - (pausa) Ascolta! Io com­pirei un atto eroico!

Paolo                             - L'eroismo? (Riflette) Non lo fabbrichi! Capita, come la fortuna...

Edoardo                        - Si porta a galla qualcuno che annega!

Paolo                             - Affogheremmo in due e pas­serei per sciocco!

Edoardo                        - C'è sempre un bel gesto da fare. Sulla strada, per un auto, un tram...

Paolo                             - Ma no, che ci vuole l'occa­sione!

Edoardo                        - La si provoca.

Paolo                             - Incendio la casa e tento di salvare te!

Edoardo                        - Si può tentare, cercare, chiedere, offrirsi...

Paolo                             - A qualche chirurgo? Per qualche esperimento? E se l'esperimen­to riesce? Chi mi garantisce?

Edoardo                        - Che tu muoia? Oh, per questo, sei garantito...

Paolo                             - Già! Ma se io credo, ferma­mente, negli spiriti, non mi fido per nulla degli uomini! Avanti... Ti ascolto an­cora...

Edoardo                        - Tu sai che ti voglio bene... e capisco che tu non possa morire... vol­garmente, comunemente... Lasciami ri­flettere... troverò...

Paolo                             - (dopo una pausa, risoluto) Per mio conto credo di avere trovato! (Sollevato. A se stesso) Sì, veramente, alle volte, balenano delle idee... Bella questa. Mi fa onore. Posso presto con­cretarla... anche subito; qualcosa posso disporre...

Edoardo                        - A me puoi dire...

Paolo                             - Per ora, no. E' un barlume... (Aprendo la cassaforte) Vediamo, in­tanto, i bilanci.

Edoardo                        - C'è tempo... Domani sarai più sereno!

Paolo                             - Più sereno di oggi?

Edoardo                        - Sicuro: perché meno scos­so, più abituato...

Paolo                             - (sorriso) Già, hai ragione... « abituato ». (Scartabella un libro ma­stro, mormora delle cifre). Per quello che ho in testa, non c'è da scialare... tut­tavia... (Legge) Cinquemila sterline nel­le « Curtis », seimila nelle « Hudson », quattromila nelle « Chrysler », tremila di crediti... e quasi novemila liquide...

Edoardo                        - La villa nella quale abiti?...

Paolo                             - La villa rimane a mia moglie. E' già nel testamento presso Lysle...

Edoardo                        - E la ditta, una ricchezza...

Paolo                             - La ditta la continuerai tu, col mio nome, il mio credito.

Edoardo                        - (con effusione) Paolo, mio caro Paolo, io non merito... E' tanto! E' troppo!...

Paolo                             - Però, per certi aspetti, vo­glio sistemarla io...

Edoardo                        - Abbiamo in corso diversi lavori, grandi imprese: l'Istituto Biochi­mico... un affare di ventimila sterline e quattromila versate...

Paolo                             - A mio nome!

Edoardo                        - E il terreno della Lower. E...

Augusto                        - (entrando, annuncia) Il dottor Lysle.

Paolo                             - Entri... proprio lui, volevo...

Edoardo                        - Come? Nel tuo stato? Vuoi ricevere adesso il tuo notaio?...

Paolo                             - (gli fa cenno di tacere. Va alla cassaforte. La riapre. Estrae una borsa di cuoio).

Lysle                             - (leccato, con gli occhiali, grossa busta sotto il braccio) Signor archi­tetto Rod, buon giorno!  Buon giorno, ingegnere. Non incomodo? Non distur­bo? Questa volta sono venuto nella mia qualità di amministratore legale dell'I­stituto Biochimico... Ho con me tutto l'incartamento.

Paolo                             - Benissimo. E proprio in que­sta qualità avevo urgente bisogno di parlarvi. ( Tagliando corto) Caro dottor Lysle, i versamenti che voi mi avete fatto pel nuovo padiglione dell'Istituto Biochimico sono stati due, non è vero?

Lysle                             - Esattamente, due!

Paolo                             - Di tremila sterline l'uno, e di mille l'altro...

Lysle                             - Esattamente. Che cosa sono quattromila sterline di fronte alle ven­timila che vi dovremo a costruzione ul­timata?...

Paolo                             - Voi avete le mie quietanze?

Lysle                             - Certo. Le ho con me! (Apre la busta, fruga, le mostra).

Paolo                             - Ecco: voi mi restituite la prima quietanza ed io vi restituisco le tremila sterline...

Lysle                             - (stupefatto, balbetta) Ma­rna... non. capisco...

Paolo                         - Non occorre... Capirete un giorno!  Capirete, soprattutto, che professionisti onesti come Paolo Rod sono rari! Questa è la somma. Consegnatemi la quietanza.

Lysle                             - (automaticamente consegna) Forse è avvenuto qualcosa che io ignoro? Voi volete abbandonare la costruzione?

Paolo                             - Ho deciso, dottor Lysle. Il progetto è mio, e lo tengo io: i denari erano vostri, e ve li restituisco. Le fon­damenta compiute sono pagate con le mille sterline. Quel che oggi non capite presto capirete.

Lysle                             - Ma come posso giustificarmi col mio Consiglio, come passare di punto in bianco l'impresa in altre mani?

Paolo                             - Io obbedisco alla mia co­scienza.

Lysle                             - (farfuglia) Io non so, se la vostra coscienza abbia però valutata, dirò così, tutta la portata di questo atto. Io sono da anni il vostro notaio personale e appunto perché tale...

Paolo                             - Appunto, perché tale, tra poche ore sarò nel vostro studio per disposizioni importanti.

Lysle                             - Onoratissimo, vi attendo. Ma io dovrò insistere...

Paolo                             - Risparmiate la fatica... Ar­rivederci... E una!...

Lysle                             - (saluta, sbircia verso Edoardo, e fa gesti di alta meraviglia).

Edoardo                        - (agitato) Che cosa hai fatto?

Paolo                             - Il mio dovere.

Edoardo                        - Ma il padiglione che non puoi terminare tu, può essere terminato da altri. La tua ditta...

Paolo                             - ...la mia ditta, resta. Sicuro. Ma resti tu, non resto io... E allora non nelle mie tasche deve rimanere quel de­naro. Io non posso più tenere delle par­tite aperte. Da questo momento il mio mastro deve essere in bianco...

Edoardo                        - Tutto il progetto è tuo...

Paolo                             - Ciò che si è progettato ieri, può essere modificato domani.

Edoardo                        - Non hai fiducia in me?

Paolo                             - Tanta, da affidarti il mio nome ed il mio passato!

Edoardo                        - Ma non tanta da affidarmi il tuo avvenire! Getti dalla finestra af­fari, capitali... ti rovini...

Paolo                             - La rovina d'oggi sarà giudi­cata immacolatezza domani... (Squilla il telefono).

Edoardo                        - (all'apparecchio) Chi è?... Sì,.. Rod... Ah! Dite, signor Lower!

Paolo                             - Lower?

Edoardo                        - Vuol sapere per le mappe di quel terreno...

Paolo                             - (togliendo il ricevitore ad Edoar­do) Bene, avete fatto bene a chia­marmi. Già... Rod in persona! Le mappe sono registrate. Voi potete disporre del terreno quando volete. Per carità, non ringraziatemi. Però la partita va rego­lata.

Edoardo                        - (in ansia) Paolo, non par­lare... Sarà un'altra rovina.

Paolo                             - (al telefono) Perché? Perché quel terreno che da me voi avete com­perato per dieci sterline al metro qua­drato, io lo aveva pagato una settimana prima cinque... Come? Eh! E' chiaro...

Edoardo                        - E' da pazzi!

Paolo                             - (al telefono) Appunto! Una differenza di cinque. Cinque per due­cento e venti, mille e cento. Voi siete in credito da me di mille e cento ster­line. Ma sì, ma sì... Sarà regolato e rimborsato tra mezz'ora! Fate ciò che volete... Nessuna spiegazione!... Che suc­cede? Nulla! (Appende il ricevitore, sol­levato) E due!

Edoardo                        - (incollerito) Ma ti rendi conto di quello che stai facendo?

Paolo                             - Esattamente!

Edoardo                        - Che sovverti ogni legge dì affari, di commercio, di vita?

Paolo                             - Non mi preoccupo della vita, io! (Consegna ad Edoardo un assegno che avrà nel frattempo riempito) Lower ti aspetta.

Edoardo                        - (ironico) E' forse questo il metodo che hai scelto per morire sod­disfatto? L'onestà?...

Paolo                             - Sì, ho scelto tra due asso­luti: tra quello del bene e quello del male. Hanno entrambi la stessa sedu­zione.

Edoardo                        - Se tu credi così di rendere meno aspra la morte, ti inganni! An­ziché, per un onesto, rischi di passare domani...

Paolo                             - (interrompendolo) ... domani? Tu non comprendi. Lasciamo pure da parte il domani... Io, intanto, posso ap­pigliarmi ad una splendida illusione per l'oggi: l'illusione di restare esemplare. Ti par poco?,..

Edoardo                        - Fisime!... Per giustificare la morte, per farla più accetta occor­rono altre ragioni, più umane, più sen­tite... Consenti che ti aiuti anch'io?

Paolo                             - L'eroico lo abbiamo escluso...

Edoardo                        - Si può trovare dell'altro. E, soprattutto, bisogna uniformarsi a questa grande verità: la morte fisica non si accetta che attraverso la morte spirituale...

Paolo                             - Che cosa vuoi dire?...

Edoardo                        - Che bisogna trovare qual­ cosa che... annienti la volontà di vivere, per adattarsi alla fatalità di morire... Troverò!

Paolo                             - Non troverai! Frattanto corri da Lower!

Edoardo                        - Fidati... Troverò! (Esce).

Paolo                             - (rimette nella cassaforte che lascerà aperta libri e carte. Chiama alla seconda porta di destra) Ponson... quando avete un momento...

Augusto                        - (s'è fatto avanti dalla co­mune).

Paolo j                           - (voltandosi e scorgendolo) Tu? Ma sì, cominceremo da te! Quanti figli hai?

Augusto ;                      - (trasalisce. Ha il sospetto che Paolo conosca il suo torto, piagnu­cola) Ho quattro bocche, signor ar­chitetto, quattro bocche da sfamare!

Paolo                             - Ed hai cinquant’anni?

Augusto                        - Cinquantasei... e sono qui da otto, e voi potete dire se ho mai mancato, se non fui sempre fidato, pun­tuale... Che volete!  E' stato il cuore, troppo cuore!

Paolo                             - Niente panegirici... Quattro bocche! Ho capito... Avrai anche tu un raggio di sole...

Achille                          - (presentandosi) Avete bi­sogno dì me?

Augusto                        - Signor architetto, volevo spiegare...

Paolo                             - Ho capito! Quattro bocche... vattene! Ti farò contento... (Augusto, lento, lento, non avendo capito, esce. Paolo ad Achille) Sedete e parlatemi con confidenza!

Achille                          - (.si siede) Ne ho sempre avuta... Son tre anni e voi avete mo­strato di apprezzarmi...

Paolo                             - Per l'appunto, vi ho apprez­zato ed ora vi voglio ricompensare!

Achille                          - (alzandosi) La mia rico­noscenza sarà infinita!

Paolo                             - Ritirate questa parola. (Gli fa cenno di sedere) Se io vi ricompen­sassi per accaparrarmi la vostra rico­noscenza obbedirei al mio egoismo. Non sarebbe un gesto disinteressato, non sa­rebbe un gesto nobile...

Achille                          - (alzandosi) Voi siete sem­pre nobile...

Paolo                             - (rifacendolo sedere) Sedete e non alzatevi più! Dunque, niente rico­noscenza, intesi? Rispondetemi bene: a che cosa aspirate voi nella vita?

 Achille                         - (impacciato) Io!?.... Non saprei...

Paolo                             - Come? Non avete nel vostro cuore un desiderio, un sogno... un'aspi­razione?

Achille                          - Oh, sì... Anch'io.

Paolo                             - Io voglio realizzare questo vostro sogno, questa vostra aspirazione...

Achille                          - Oh, non è soltanto mia, è anche di mia moglie! E' una felicità che sogniamo insieme...

Paolo                             - Dite!

Achille                          - (timoroso) Ecco: se le quin­dici sterline al mese diventassero venti... (temendo d'aver chiesto troppo) ... di­ciotto...

Paolo                             - (indignato) Diciotto sterline? Tre sterline in più!?

Achille                          - (pronto) Perdonatemi! An­che una... una soltanto...

Paolo                             - E tutta la vostra felicità co­sta una sterlina al mese? Tutta la vo­stra aspirazione di uomo, di professio­nista è questa?

Achille                          - Scusatemi... ho esagerato?...

Paolo                             - Ma il sogno di una vita deve mirare ben più in alto... Voi lo umiliate. Deve avere un orizzonte ampio, lumi­noso...

Achille                          - Non sono che un geome­tra... (confuso, timoroso).

Paolo                             - (deciso) Io farò di voi un ingegnere!

Achille                          - (trasognato) Io, ingegne­re?... Achille Ponson, ingegnere?...

Paolo                             - Io vi voglio rinnovare la vita! Destinerò per voi un premio di mille sterline da consegnarvi il giorno che diverrete ingegnere...

Achille                          - (stordito) Tre... quattro anni...

Paolo                             - Ma il vostro sacrificio sarà bene ricompensato...

Achille                          - Studierò, sì... altro che, se studierò! Ingegnere io... E mille sterline! Un ufficio, dei collaboratori... Quale be­ne mi fate!

Paolo                             - Un bene puro, intendiamoci, purissimo! Perché io non voglio conce­dervi che uno stimolo, uno sfolgorante stimolo. Io non vi concedo un vantaggio immediato, bensì futuro, da raggiungere per volontà e per merito. Bene purissimo, quindi... Il vero bene non dev'essere che questo!

Achille                          - Mille sterline... per mèta?! Un capitale! Vi benedirò sempre, signor architetto, eternamente.

Paolo                             - (rabbuiato) Sì, tra due giorni...

Achille                          - E vi farò benedire da mia moglie, da mia figlia...

Paolo                             - (a casaccio) Da dopodoma­ni... Andate.

Achille                          - (rientra nella sua stanza do­po goffi inchini) Signor architetto... (inchino). Signor architetto          - (inchino). Signor architetto (sulla porta inchino; via).

Paolo                             - (irritato) Sì... basta...! (A se stesso) Benedetto?! Già... (Altro tono) E che cosa me ne potrà importare?!... (Gli occhi hanno incontrato il grande oro­logio) Ricordo, sì, ricordo! (Si rivolta: a Giuditta che è entrata) Ah, voi?

Giuditta                        - (è apparsa alla porta di destra).

Paolo                             - Vi avrei chiamata... ho da dettare...

 Giuditta                       - (siede alla macchina) Molte copie, signor architetto?

Paolo                             - Stenografate. (Siede vicino a Giuditta. Si raccoglie. Ora è pensoso. E' abbattuto. Pausa).

Giuditta                        - Vi sentite poco bene, si­gnor Rod?

Paolo                             - (riscuotendosi) Perché? Son pallido? Si vede? Dite, dite: che cosa si vede?

Giuditta                        - Un po' triste...

Paolo                             - (distraendosi) Chiamate ca­sa mia.

Giuditta                        - (si alza, va all'apparecchio, forma il numero, risponde) Qui studio architetto Rod! Sì... la signorina. (Con un piccolo grido, arrossendo) Ah!

Paolo                             - (le si sarà avvicinato. Prenderà il ricevitore. Anch'egli sbalordito) Co­me?... Due canaglie? Ma con chi parlo? Con chi parlo? Hanno tolto... (A Giu­ditta) Voi avete chiamato?

Giuditta                        - Il 90.634...

Paolo                             - E allora?... Poi, quella voce! (Rifà il numero) Pronti... Pronti... Nessuno! Guasto? Deve essere guasto. (De­pone il ricevitore. Ritorna al tavolino della macchina) Stenografate. (Detta) Appunti pel notaio dottor Riccardo Lysle... Premesso l'elenco specifico di quanto possiedo in somme liquide e in­vestite... ». Ma perché mi fissate così?

Giuditta                        - Io vi fisso?!... No... però... ecco... vorrei farvi una domanda... ma... non so... non oso...

Paolo                             - Non osate? Voi siete tutt'al-tro che una timida... anzi...

Giuditta                        - (si fa coraggio: con civet­teria) E' vero, signor Rod, che le si­gnorine di ufficio sono sempre le amanti del loro principale?...

Paolo                             - (distratto) Come?

Giuditta                        - Dicono...

Paolo                             - (assente) Voi lo siete mai stata?...

Giuditta                        - (confusa) Oh! Io no..., signor Rod... Può darsi che non lo me­riti...

Paolo                             - Siete tanto carina... (Per di­strarre il discorso) Continuiamo... (Det­ta) «preciso le mie ultime volontà»...

Giuditta                        - (di scatto) Le vostre ul­time volontà? Oh, no, no, signor Rod; proprio oggi queste idee funeree...

Paolo                             - Oggi o domani fa lo stesso...

Giuditta                        - (con audacia) Oggi no... non voglio!

Paolo                             - Voi?

Giuditta                        - (con furbesco passaggio) Sapete, signor Rod, che mi vogliono sposare?

Paolo                             - Me ne compiaccio...

Giuditta                        - (indignata) No, non be­stemmiate! Perché io non voglio spo­sarmi!

Paolo                             - Non volete? E perché?

Giuditta                        - (con spavalderia) Perché io voglio essere la vostra amante!

Paolo                             - La mia...?!

Giuditta                        - E' la mia salvezza, signor Rod! Mio zio vuole legarmi ad un uomo che odio! Sono fuggita, persino fuggita! Salvatemi voi!

Paolo                             - Io? Ma come? In che modo?

Giuditta                        - Patemi vostra... sono una ragazza per bene!

Paolo                             - (che si sarà alzato, bonario)  Signorina Giuditta, voi non sapete quel che dite...

Giuditta                        - Oh! Lo so benissimo! Al­tre mie amiche hanno fatto così! Sono due ore che ci penso. Fra me e lui vo­glio mettere l'irreparabile. L'irreparabi­le! E' l'unico mezzo! Ascoltatemi, signor Rod...

Paolo                             - Io vi ascolto, io vi aiuto, ma...

Giuditta                        - Se voi mi respingete, vi giuro che il primo che incontro...

Paolo                             - Pazza, pazza!...

Giuditta                        - Non sono pazza! (Invi­tante) Vi darò tanta tenerezza, signor Rod... Voi lavorate molto, siete stanco, preoccupato...

Paolo                             - (balenandogli un sospetto) Ah! Allora voi... sapete...

Giuditta                        - Io? Non so niente... io non ascolto che il mio impulso...

Paolo                             - No, non è possibile!  Voi avete ascoltato, avete capito che io so­no... che io sono...

Giuditta                        - Che voi, che cosa?... (Con malizia) Io non aspiro che ad un amore esperto, che protegga, che tu­teli... (Accostandosi) Forse non mi cre­dete... forse non vi piaccio...

Paolo                             - (afferrandola per le braccia, con slancio) Sì, che mi piacete... I vostri occhi, le vostre labbra... Siete un fiore... (Distogliendosi, ravvedendosi) Ma no, no, un fiore morirebbe tra le mie mani!

Giuditta                        - (ancora birichina) E' co­sì dolce coglierlo...

Paolo                             - (non vuole lasciarsi tentare. Quasi si allontana) Io non posso... Questo è il male! E' tentazione! Il bene non appartiene mai ai sensi... (Lo sguar­do all'orologio, e premendosi il cuore) Vedete quell'orologio!... E' lui, lui che me lo vieta... che mi rammenta... Io non debbo rubare alla vita, ma donare, do­nare... fin che posso! (estraendo il li­bretto degli assegni).

Giuditta                        - (stupefatta, non compren­dendo) L'orologio... rubare... donare!... Io non voglio nulla da voi...

Paolo                             - Ed io, sì... ecco!  (Stacca un assegno, scrive) Duecento ; vi ba­stano duecento sterline ?

Giuditta                        - (indignata) Signor ar­chitetto, io non mi vendo...

Paolo                             - Non dovete vendervi, dovete sposarvi...

Giuditta                        - Con lui, mai, mai; ve lo giuro...

Paolo                             - Tenete... (la costringe a prendere l'assegno, glielo serra in una mano). Provvederete, allora, alla vostra indipendenza.

Giuditta                        - (allarmata) Volete cac­ciarmi dall'ufficio?

Paolo                             - No, intendo, esigo che ri­maniate onesta.

Giuditta                        - Vi sbagliate. L'onestà non dipende soltanto dal denaro!

Paolo                             - Anche da questo; ne ho esperienza.

Edoardo                        - (entra con un'aria soddisfat­ta) Paolo, ho trovato... ho trovato... Andiamo benissimo...

Paolo                             - Hai consegnato?

Edoardo                        - Ho trovato Lower; ecco la ricevuta            - (consegna). Ma ho anche tro­vato una cosa assai più importante...

 Giuditta                       - Non avete più bisogno di me, signor Rod?

Paolo                             - No, grazie... (Giuditta rien­tra a destra).

Edoardo                        - Credo d'aver trovato un sollievo, un narcotico infallibile...

Paolo                             - Mi vuoi avvelenare?

Edoardo                        - Sì, in un certo senso; ti voglio avvelenare l'esistenza!

Paolo                             - Più avvelenata di così...

Edoardo                        - Non basta... Di più... (Pausa, fissandolo). Comprendimi bene: ti è mai capitato di dire nella vita: « Vorrei essere morto, preferisco la morte, mille volte meglio morire! »?

Paolo                             - Lo si dice...

Edoardo                        - No. Voglio che ti con­vinca che qualche volta lo si dice... non per dire... ma per una persuasione in­tima, profonda... per qualcosa di stra­ziante, di insopportabile, di irrimediabile. Vero?

Paolo                             - Può essere...

Edoardo                        - Dunque: che cosa ti po­trebbe capitare di tanto insopportabile, straziante, in questo momento da farti invocare la morte senza rimpianto? Che cosa? Il problema è questo: se lo ri­solviamo sei salvo...

Paolo                             - Salvo?!

Edoardo                        - Volevo dire che sarai più forte, più confortato, più spronato...

Paolo                             - Tu sei caro... ti preoccupi di me, affettuosamente... ma un pro­blema come il tuo non si risolve così, da un momento all'altro; ci vuole una preparazione, occorrono delle contingenze, delle cause...

Edoardo                        - Creata la causa è creato l'effetto...

Paolo                             - Poniamo: una minaccia di fallimento rientrerebbe nei casi del tuo problema. Mi conosci, sai quanto sono integro... Piuttosto che un fallimento, sì, preferirei sparire... Ma non posso provo­carlo io... e in due giorni... Poi, quale memoria rimarrebbe di me?

Edoardo                        - Per carità... non aggrap­parti alle fisime di prima, al bene, alla memoria onorata, esemplare... a quel rampino che avevi pescato.

Paolo                             - Quel rampino sarà il mio ultimo sostegno...

Edoardo                        - (per tagliar corto) Via, via... restiamo al problema... (Riflette) Tu sei integro, e questo è il guaio... Se no, ti potrei consigliare delle firme fal­se, per assegni, per altro, e, quindi, il rimorso, la paura della giustizia, della galera... Ottimo, ottimo...

Paolo                             - Malvagità volgare...

Edoardo                        - (smontato) Certo... che... con un uomo come te è un po' difficile... (Illuminato) Ah, ecco! Trovato! So io ciò che ci vorrebbe!... Tua moglie...

Paolo                             - Che c'entra mia moglie? Mi stima, la stimo, è una creatura così eletta!...

Edoardo                        - Meglio, meglio... appunto perché la stimi molto, tanto, bisogne­rebbe che tu - tac, d'improvviso - sa­pessi che ti inganna, che ti tradisce. Stupendo!

Paolo                             - Mi sembra che anche gli aiuti dell'amicizia debbano avere un li­mite!

Edoardo                        - Nessun limite se ti devo far odiare la vita! Io devo fabbricarti il peggiore strazio, il peggiore incubo! Tu devi provare un dolore che assomma tutti i dolori! E nessuno più di questo potrebbe umiliarti, esasperarti... giovarti, insomma!

Paolo                             - Sei un amico... un grande amico... Hai anche dell'intuizione, dell'ingegno... ma, come vedi, non mi giovi...

Edoardo                        - (insistendo) Non rinun­ciare a questo problema, Paolo... è l'uni­co, è il solo...

Elisabetta                      - (entrata dalla comune) Buon giorno, genero mio.

Paolo e Edoardo           - (si voltano di so­prassalto).

Paolo                             - (riprendendosi ed andandole in­contro) Oh! Voi, a Londra? Ma che sorpresa? Quando siete arrivata? Non lo sapevo...

Elisabetta                      - (sardonica) So... so... che non potevate saperlo... Vi trovo agi­tati...

Edoardo                        - (pronto) Si scherzava!...

Elisabetta                      - (a Paolo) Anch'io avrei da scherzare con voi... a quattr'occhi, però...

Edoardo                        - (inchinandosi ed allontanan­dosi) Figuratevi, signora...

Elisabetta                      - Caro, genero mio,., pos­so sempre chiamarvi così?

Paolo                             - Voi avete fatto da mamma alla mia Marta!

Elisabetta                      - (ripete) « Alla mia Marta »... Con che sicurezza lo dite! (Con energia) Sì, le ho fatto da mam­ma, ma ho ottenuto dei risultati che non mi soddisfano!

Paolo                             - Perché?

Elisabetta                      - Perché a me piacciono le situazioni nette e non tollero le mez­ze misure, i ripieghi, i pannicelli caldi. Meglio cascar tra le fiamme una volta per sempre, che bruciarsi a fuoco lento!

Paolo                             - (sospettoso, agitato) Il fuo­co? Le fiamme? Se non vi spiegate,.. Se voi sapeste, proprio oggi...

Elisabetta                      - Mi spiego; io sono una provinciale e quindi le mie concezioni morali sono granitiche. Non conosco le vostre, ma temo che, vivendo in città, anche voi abbiate in questo campo, la concezione cosiddetta moderna: l'indif­ferenza .'...

Paolo                             - Credetemi, così non vi spie­gate affatto...

Elisabetta                      - Eh, se potessi spiegarmi, userei un diverso linguaggio!

Paolo                             - Con me? Per me?

Elisabetta                      - Con voi, con voi! Ma i mariti di questi tempi? Puah! Capacis­simi dì starsene tranquilli, di pensare « tanto meglio »!

Paolo                             - (allarmato) Che cosa « tanto meglio »? Lasciate che mi raccapezzi... Voi mi intontite con un mulinello di pa­role... Bisogna che le coordini...

Elisabetta                      - Coordinate, coordinate...

Paolo                             - Voi alludete a Marta, cioè a mia moglie...

Elisabetta                      - Mi pare... La giudico e la condanno...

Paolo                            - Mi sembra... che condanniate anche me...

Elisabetta                      - Come marito moderno, ho detto. Perché ai miei tempi il tradi­mento di una donna era per lo meno reazione. Voi avete reagito, siete in gra­do di reagire!?

Paolo                             - Ma sapete la gravita di ciò che mi rivelate?... Voi, proprio voi...

Elisabetta                      - Io, sì, provinciale: ma, lingua schietta e per chiunque... fosse anche per me stessa...

Paolo                             - Mi domando se devo proprio credervi...

Elisabetta                      - L'ingenuo! Egli non sa... E lo so io e lo sanno tutti. Sissignori, tutti! Perché questo è il tremendo! Perché questo è il ridicolo... Benedetta fi­gliola!

Paolo                             - Il problema di Edoardo... la rivelazione vostra... (E' trasognato).

Elisabetta                      - Chi è Edoardo?

Paolo                             - (c. s.) Giuro... che se non vi ha mandato Edoardo... vi ha man­dato... o il Cielo o l'Inferno!...

Elisabetta                      - Chiacchiere... Io ero ve­nuta per farvi un'ambasciata spiccia e forse ho parlato anche troppo: Marta, dopodomani, si ritirerà con me a Cheltenham! Pel resto pensateci voi! Non mi caverete più una parola di bocca... Arrivederci!

Paolo                             - (la insegue, ma è come para­lizzato) No, no, non devo aver capito bene...

Elisabetta                      - Oh! Avete capito benis­simo. (Via),

Paolo                             - (è smarrito, brancola, si riscuo­te, si precipita verso la porta dalla quale è sparito Edoardo) Edoardo... Edoar­do... vieni qui...

Edoardo                        - (compare) Che c'è?

Paolo                             - Tu, tu, poco fa, hai detto che per il problema... ci vorrebbe, che mia moglie... che io...

Edoardo                        - Capisco... Era troppo... ho sbagliato... Era un rimedio esagerato...

Paolo                             - Invece, lo sono... effettiva­mente lo sono!

Edoardo                        - (incredulo) Adesso, non esagerare tu!

Paolo                             - (incredulo) Lo sono... lo sono! Te l'assicuro io! Puoi dirmelo in faccia.

Edoardo                        - (per metà ancora incerto e per metà soddisfatto) Parli sul serio? Te l'ha detto la zia?

Paolo                             - Se lo sanno tutti, tutti,,.

Edoardo                        - Tutti? Io no...

Paolo                             - (convulso) Anche tu... non mentire...

Edoardo                        - E' incredibile!

Paolo                             - E' la verità!  Vallo a gri­dare, ad urlare!!

Edoardo                        - (tono gongolante) Allora si direbbe una grazia! Questa è la Provvi­denza!...

Paolo                             - (ridendo di un riso grottesco) Ah! La Provvidenza! Ma sì... Manderò in chiesa un ex-voto « per grazia rice­vuta»...

Edoardo                        - Su, su... Che potevi desi­derare di più propizio, di più opportuno? Magnifico! Adesso è la morte che ti li­bera.

Paolo                             - La morte... (Lo riassale la paura, si preme una mano al cuore) Il dottore! Telefona al dottore! Subito...

Edoardo                        - Calmati... calmati! Ora­mai... Più fortunato di cosi...

Paolo                             - (con una sguaiata risata) Più fortunato di così si muore!... II dot­tore! Telefona al dottore!

Fine del primo atto

ATTO SECONDO

 Nella villa di Paolo Rod, in una ele­gante sala che fa da atrio. Da un gran­de arco, nel centro, si accede nel giar­dino che si scorge pel fogliame. Porte ai lati. Mobili e soprammobili modernissimi. Dal giardino arriva la musica di gualche ballabile. Pomeriggio di prima­vera.

Marta                            - (dal giardino, un po' inquieta. Chiama) Giovanni, Giovanni...

Giovanni                       - (da una laterale) Si­gnora...

Marta                            - E mio marito, allora?...

Giovanni                       - Ho ritelefonato in studio, signora... ma da mezzogiorno non l'han­no riveduto.

Marta                            - Portate pure il tè in giar­dino.

Giovanni                       - Subito, signora.

Elisabetta                      - (dal giardino) Benedet­ta figliola! Continuano a reclamarti... non è gentile.

Marta                            - Capirai, non è ancora tor­nato...

Elisabetta                      - Dalli! Ti preoccupi oggi e non ti preoccupavi quando stava as­sente notti su notti...

Marta                            - Non è che mi preoccupi... è che lasciando io la casa domani...

Elisabetta                      - Povera me. O sei in­namorata o sei una debole... ed anche la mia forza temo che non giovi. Ti ho detto: « fidati di me e ti garantisco di riportarti il marito, redento e trasfor­mato. Tu non conosci gli uomini, io sì! ».

Marta                            - (indagando) Ma ieri, quando sei andata da lui, quando gli hai co­municata la nostra decisione di partire subito per Cheltenham...

Elisabetta                      - ...ne ha preso atto. D'altronde gliel'ho comunicata con un tono!

Marta                            - E tu ritieni, veramente, che la nostra partenza possa servire?

Elisabetta                      - Se entro una settimana Paolo non verrà a cercarti, a scongiu­rarti, a chiederti magari perdono, ti au­torizzo a... vituperarmi. Avrai vinto tu e perduto io. Intanto abbi indifferenza, spavalderia...

Marta                            - ... proclamando a tutti che l'aria di primavera in campagna me l'hanno ordinata i medici!

Elisabetta                      - Se tutte le bugie fos­sero di questo calibro! Vieni... su... (qua­si la trascina. Ritornano in giardino).

Giovanni                       - (fa entrare da sinistra i due Copperfield e prende a Franco cappello e soprabito) Prego... sono tutti in giardino. Hanno approfittato di questo primo sole... (Via),

Franco                           - (elegante e galante, sebbene non più giovane, va ad una specchiera, s'aggiusta la cravatta. Alla moglie) E qui, ti scongiuro, nessuna pazzia! Che non si ripeta la buffonata di una setti­mana fa, dai Compers. Sei avvisata...

Anna                             - (sospettosa, gelosa, bisbetica) Eppure qui, forse più che dai Compers, potrei essere nel giusto!

Franco                           - Sei venuta con questo stato d'animo? Ritorniamo, cara, ritorniamo...

                                      -

 Anna                            - Allora, confessami perché hai accettato con tanta premura questo in­vito. Dai Compers, almeno, avevi un mo­tivo d'interesse.

Franco                           - E' l'ultimo tè in casa Rod. E del resto un interesse ce l'ho pur qui. L'architetto Rod non è stato il costrut­tore della nuova sede del Banco Linght ed io non sono uno degli amministratori?

Anna                             - Ma la signora Rod questa volta si è persino preoccupata di telefo­nare per assicurarsi il nostro intervento. Ma, già, è l'ultimo tè... che non pare, però, del tutto gradito al marito...

Franco                           - Che ne sai tu? Abbiamo ricevuto la telefonata questa mattina...

Anna                             - Alle nove. Ed io a mezzo­giorno ero già informata... e...

Franco                           - Psst...

Giovanni                       - (dalla destra, passa con un vassoio pel servizio del tè. Esce in giar­dino).

Anna                             - ...e allora informerò anche te. Sai perché la signora Rod dà questo addio... pubblico e si ritira d'improvviso con la zia in campagna?...

Franco                           - Non lo so...

Anna                             - (maliziosa) Non lo sai? Screzi coniugali, pare... e che non si sa bene se dipendano da lui o da lei...

Franco                           - E che c'entro io? Affari in­timi, non ci riguardano...

Anna                             - Dove c'è una donna... e ci sei tu, tutto mi può riguardare...

Franco                           - Senti: ti chiedo un'ora, un'ora sola, di non far la maniaca, di far la savia...

Anna                             - Io sono sanissima ed il ma­lato di vanità, di dongiovannismo sei tu...

Franco                           - Sta bene... sta bene... (Per farla smettere, per un braccio la avvia in giardino) E in bocca al lupo...

Anna                             - Che cosa hai detto?... (Via entrambi. Qualche istante la scena resta vuota. Giunge il suono di un ballabile al grammofono).

Paolo                             - (dalla destra: indossa il sopra­bito di mezza stagione, il bavero rial­zato per trascuratezza. Avrà accentuata nel volto un'espressione immagata, atto­nita. Ode il suono allegro. Va oltre l'arco, guarda. Rientra, più trasognato. Giovanni, dal giardino, ricompare).

Giovanni                       - Oh! il signore...

Paolo                             - Che cosa succede in casa mia? Quella gente che balla, che beve...

Giovanni                       - (sorpreso) E' il solito ri­cevimento della signora... Aspettavamo anche voi, signore.

Paolo                             - Me? A ballare? (Siede af­franto su di una poltrona).

Giovanni                       - Da due ore vi aspetta­vamo...

Paolo                             - (a quel richiamo, sgrana gli oc­chi su di un grande orologio che spicca su di un soprammobile di porcellana).

. Giovanni                     - Desiderate qualche cosa, signore?

Paolo                             - Sì... che tu porti via imme­diatamente quell'affare... (e indica l'oro­logio).

Giovanni                       - L'orologio? Non è mai stato mosso, da anni...

Paolo                             - (imperioso) Ed oggi ti or­dino di smuoverlo! Portalo dove vuoi... basta ch'io non lo veda...

Giovanni                       - (perplesso, ubbidisce: lo prende).

Paolo                             - Io aspetto il mio notaio... Introducilo subito... doveva essere già qui...

Giovanni                       - (istintivamente guardando l'orologio che tiene) Sono le quattro signore...

Paolo                             - (ha un gesto di dispetto).

Elisabetta                      - (dal giardino. Vede per primo Giovanni) Che cosa hai in mano? Dove lo porti?

Giovanni                       - Non so, in cucina...; me l'ha ordinato il signore.

Paolo                             - Io, sì, io! Non lo voglio più vedere. Un capriccio!  Via, via. (Gio­vanni esce intimidito).

Elisabetta                      - Che stramberie sono? A me interessa molto il vostro umore in questi momenti...

Paolo                             - V'interessa? E perché?

Elisabetta                      - Perché... perché... qui, non voglio che succedano scandali... qui, niente tragedie...

Paolo                             - Oh, se è per questo... (Con convinta rassegnazione) State tranquilla, fate il vostro ricevimento, godetevi la vostra festa... partite quando vi fa co­modo... io non esisto...

Elisabetta                      - (tuttavia scrutandolo, non persuasa) Meno male che siete ragio­nevole... e, in tutti i casi, quanto alla... sì, alla faccenda di Marta potete di­scutere con me, consigliarvi con me...

Paolo                             - Non ne ho bisogno, grazie...

Elisabetta                      - Saprei indirizzarvi nel migliore dei modi...

Paolo                             - Vi ripeto: state tranquilla.

Elisabetta                      - (accorgendosi che non è il momento opportuno per ciò che gli vor­rebbe dire) Bene, bene... del resto, per ora, non desideravo che questo... Ve­nite in giardino?

Paolo                             - No... Aspetto gente...

Elisabetta                      - Arrivederci... (Via).

Paolo                             - (rimane sulla poltrona. Fanta­stica) Tragedia? No! C'è la mia... Ma parlarle, sì! E' mia moglie!

Giovanni                       - (introduce il dottor Lysle che reca una borsa di cuoio, gonfia di contenuto).

Lysle                             - Scusate... un tantino in ri­tardo...

Paolo                             - Giovanni... Di' a mia moglie che l'attendo qui... (A Lysle) Dunque? (Giovanni esce).

Lysle                             - Dunque, tutte le disposizioni da voi, ieri, impartitemi le ho eseguite, tutte... (Estrae parecchi fogli) ... i legati di beneficenza, quelli di sussidio, quelli d'incoraggiamento, quelli, anche minuti, pel vostro personale... tutti... Però... credo molto che la vostra disposizione ultima... quella di stanotte... mi creerà imbarazzi, gravi imbarazzi...

Paolo                             - Degli imbarazzi... Ma che cosa dite?...

Lysle                             - Ecco... non è per contraddir­vi. L'avviso è comparso nei giornali sta­mane alle otto... Adesso sono le quattro del pomeriggio e nel mio studio sono già state recapitate duecentosettantaquattro suppliche, dico duecentosettantaquattro, e da tre ore si accalcano sotto il mio portone per lo meno cinquanta persone...

Paolo                             - Non avrete fatto pubblicare l'avviso nei termini concordati...

Lysle                             - Testuali! Eccolo... (Leggen­do un giornale) « Chiunque, per dolorosa, impellente e comprovata necessità abbia bisogno di danaro, si rivolga al dottor Riccardo Lysle », e l'indirizzo del mio studio...

Paolo                             - E la postilla per evitare as­sembramenti, per non allarmare la po­lizia?

Lysle                             - C'è, c'è... (Legge) « Si av­verte che questi casi di dolorosa, impel­lente e comprovata necessità devono as­solutamente essere esposti per lettera, altrimenti non saranno presi in conside­razione»)... E' evidente che non è stata presa in considerazione... questa po­stilla...

Paolo                             - E voi vi spaventate per un po' di suppliche?!

Lysle                             - Duecentosettantaquattro...

Paolo                             - ... per duecentosettantaquattro suppliche e per qualche postulante?! Ma più saranno i bisognosi, più sarà dimo­strato quant'è vasta la miseria nel mondo e quanto sia appunto necessario sollevarla! Ah! Io sono soddisfatto, dot­tor Lysle... molto soddisfatto...

Lysle                             - Io... confesso invece...

Paolo                             - (insorge) Ho dato carta bianca per voi e per coloro che vi aiu­teranno... Abbiamo stabilito           - anche per non creare sperequazioni - che ad ogni « autentico » bisognoso sia concessa una cifra di cinquanta sterline sino all'esau­rimento delle quindicimila che ho desti­nato a questo scopo... e voi, voi che ave­te l'onore d'essere il dispensiere mate­riale di tanto bene, voi... vi preoccupa­te!... Su questo argomento... non dovete aggiungere una parola!

Lysle                             - (pausa) Allora... vi parlerò d'altro... che, forse, mi angustia di più...

Paolo                             - Che c'è ancora?

Lysle                             - Proprio adesso sta per ra­dunarsi il Consiglio del Biochimico, al completo... per discutere... come dire?... il vostro gesto...

Paolo                             - Gesto esemplare! La restitu­zione di una grossa caparra per una mole di lavori che, personalmente, io non posso garantire!...

Lysle                             - ... che voi avete già iniziati e che dovrebbero continuare secondo i vostri progetti...

Paolo                             - Non sono io che posso rea­lizzarli.

Lysle                             - Io so che gli umori del Con­siglio non sono del tutto benigni... per voi... anzi... nessuno si spiega... come, del resto, io stesso non mi spiego, da ven­tiquattro ore...

Paolo                             - Non occorre che vi spieghiate nulla. Constaterete! Anche voi consta­terete! Andate pure da quei signori...

Lysle                             - (per andarsene) Mi batterò... farò il possibile...

Paolo                             - Io non devo essere difeso; se mai, emulato! Dite questo, soltanto questo!... (e lo congeda).

Marta                            - (entrando. Sarcastica) Ben tornato... Mi volevi?

Paolo                             - Ti volevo... Poche parole.

Marta                            - (fredda) Ti sembrano neces­sarie?

Paolo                             - Non dubitare! Sono serenis­simo!

Marta                            - E allora? Non c'è ragione per turbarci con chiarimenti inutili!

Paolo                             - Sono disposto ad accettare qualunque verità... purché tu sia sin­cera! Sono disposto a perdonare!

Marta                            - (stupefatta) Perdonare, a chi?

Paolo                             - A tutti!

Marta                            - Senti, a me piacciono le schermaglie, ma questa è una burla!

Paolo                             - Non parlare così. Debbo mi­surare il tempo, io! Ho bisogno di conoscere... Non ti farò alcun male.

Marta                            - (ironica) Hai bisogno di co­noscere?... Che cosa? Quando farò ritorno? Chi lo sa? So quando si parte: domani.

Paolo                             - Bada, Marta, che in nome del diritto potrei ribellarmi. Come ogni uomo normale!

Marta                            - Normale!? Ah! Ti pare nor­male la nostra situazione?...

Paolo                             - Come? E sei tu... che mi schernisci?

Marta                            - Vorresti che ti assolvessi?

Paolo                             - (sempre più interdetto) Tu capovolgi la verità!

Marta                            - (indifferente) Io?... No! Solo preferisco non discuterla. Hai visto? Né drammi, né commedie. Non si usano più. Adesso si piglia il treno...

Paolo                             - Ma io no. Io rimango!

Marta                            - Tanto meglio. Non avrai imbarazzi per continuare le tue avven­ture... Addio, Paolo... e tanti auguri a te e ai tuoi amori... (Via),

Paolo                             - (raccapezzandosi) Le mie av­venture? I miei amori? Quali? Evidentemente io comincio a perdere anche la logica... E chi perde la logica impazzi­sce... (Ha un brivido di terrore. L'idea della morte per pazzia lo terrifica. Vede entrare. Edoardo da una laterale. Gli corre incontro) Edoardo! Non abbiamo previsto una cosa...

Edoardo                        - Cosa?

Paolo                             - La pazzia!!

Edoardo                        - Non sì muore di pazzia! Si rivive una seconda volta...

Paolo                             - Edoardo! E se fossi già pazzo!?

Edoardo                        - Chi è pazzo non se ne accorge! E poi, perché?

Paolo                             - (di scatto) Io ho un'amante!?

Edoardo                        - (ridendo) Tu? Tua moglie!

Paolo                             - Allora mia moglie e anch'io! Perché sono io l'accusato, il colpevole. Io ho un'amante! Non so chi sia, non la conosco! Ma io ho un'amante!

Edoardo                        - E chi lo dice?

Paolo                             - Mia moglie!

Edoardo                        - (come colui che la sa lunga) Si capisce... che lo dica lei! Non po­teva dire altrimenti! Vecchio trucco! Per discolparsi, ti incolpa!... Ti ho detto ciò che bisogna fare... E' in ballo il tuo onore!  Guai, se resta macchiato per sem­pre! Devi rivendicarlo, riscattarlo!

Paolo                             - No, no, caro. Una volta an­cora non mi convinci. Non ti seguo, non ti posso seguire. Il mio onore rimarrà legato a me stesso, al bene o al male di me stesso, non a quello d'altri!

Edoardo                        - (con indignazione) D'al­tri?!  Ma è forse un « altro » tua moglie? Porta e tramanda il tuo nome!

Paolo                             - Assurdità, assurdità... vostre. Guarda: io non ho mai capito perché l'onore della donna sia nella carne e quello dell'uomo nello spirito... ma, so­prattutto non ho mai capito perché mai, se la moglie tradisce il marito, sia pro­prio il marito un minorato, un disono­rato... lo sappia o non lo sappia... Tanto peggio, anzi, se non lo sa!

Edoardo                        - Le leggi della vita! Guai, se non ci fossero!

Paolo                             - Per me non ci sono più! Io appartengo ai morti...

Edoardo                        - E i morti sono più schiavi dei vivi. Subiscono un giudizio che non possono modificare!

Paolo                             - Subiscono il giudizio ch'essi stessi si sono creato. Ecco perché mi sono votato al bene!

Edoardo                        - Il bene di rovinare una ditta!

Paolo                             - Restituisco quello che devo restituire...

Edoardo                        - Aiuti pazzamente degli sciagurati!

Paolo                             - Avrò un cumulo di benedi­zioni!

Edoardo                        - (aizzandolo) ...ed anche di beffe, se non agisci subito!

Paolo                             - (come per liberarsi dall'osses­sione dell'amico) Ma contro chi, al­lora, contro chi?

Edoardo                        - Credi che sia difficile sco­varlo? Magari è qui, sotto il tuo tetto! Ha la tua fiducia! Approfitta della tua tolleranza...

Paolo                             - Non dirlo! (Scattando) Che ore sono?...

Edoardo                        - (estraendo l'orologio) Le quattro e un quarto... Ma... e il tuo orologio?...

Paolo                             - (mostrandolo) Non va più... non va più.

Edoardo                        - Tieni il mio. Il valore di un minuto è per te incalcolabile. (Paolo macchinalmente scambia gli orologi). E vieni con me... Vedrai che ho buon fiuto! (Per allontanarsi, entrambi, si scontrano con Anna).

Anna                             - (piuttosto agitata) Mio ma­rito, scusate. Avete visto mio marito!?

Edoardo                        - Buon giorno, signora Copperfìeld... Vostro marito non c'è, sarà in giardino o nel salotto...

Anna                             - (con intenzione a Paolo) Nel salotto c'è la signora Rad, ma mio ma­rito non c'è... per combinazione...

Paolo                             - (con sospetto) « Combinazio­ne? ». Che significa «combinazione»?

Anna                             - Dicevo... così... per dire...

Edoardo                        - (a Paolo, trascinandolo via) Andiamo, andiamo e controllati. (Paolo ed Edoardo escono).

Anna                             - (inquieta, passeggia, borbotta) Lo intuivo! Oh, quando si dice l'intui­zione! Non falla! Ma se li pesco!...

Borthis                          - (entra cauto. Giovanotto smilzo, ingenuo, dolciastro) Oh, per­donate, signora Copperfield. Speravo di trovare la signora Rod...

Anna                             - (pronta) Non è in salotto la signora Rod?

Borthis                          - No, non c'è più...

Anna                             - (con inspiegabile aggressività) Ah! Non c'è più?! E sapete voi dove sia andata?

Borthis                          - (ancate più confuso) Se lo sapessi, non la verrei a cercare...

Anna                             - (mordace) Perché anche voi avete bisogno della signora Rod?

Borthis                          - E' tanto cortese, la signora Rod.

Anna                             - (e. s.) Cortese... seducente...

Borthis                          - (ingenuo) Una qualità non contrasta con l'altra...

Anna                             - (a Borthis) Contrastano, con­trastano! Lo so io!

Borthis                          - (intimidito) Perdonate, si­gnora... Non comprendo! (Esce).

Anna                             - (vedendo giungere il marito)  Ecco chi lo comprende! (Investendolo) Tu! Tu! Tu sì che comprendi e fingi di non comprendere!

Franco                           - Per carità, Anna, è la se­conda scenata!

Anna                             - La seconda, la terza, la quarta!

Franco                           - Ma di chi sei gelosa, oggi?

Anna                             - Di chi? E me lo chiedi an­cora? Come non avessi capito? Come tu non sapessi che a me basta un'occhiata per intuire tutto un intrigo...

Franco                           - (per calmarla) E' la tua fantasia, sono i tuoi nervi...

Anna                             - Sono i miei occhi che ve­dono e che son fatti per vedere!

Franco                           - Che cosa vedono?

Anna                             - Che sei sconvolto per la par­tenza della signora Rod...

Franco                           - (le ha tappato la bocca con prontezza) Stupida! Che cosa inventi? Se iti udissero?!

Anna                             - Vedi, vedi... mi tappi anche la bocca!

Franco                           - Perché è un'infamia! Perché siamo suoi ospiti!

Anna                             - Se arrossisci, se tremi...

Franco                           - Arrossisco per te, per non esporti ad una pessima figura! Sospet­tare...

Anna                             - Non sospetto... credo!

Franco                           - Ma tu puoi anche credere ai miei amori con la principessa del Siam!

Anna                             - Hai ballato subito con lei e per tre volte! Ti sei precipitato a far suonare il tango che voleva lei...

Franco                           - Sei malata, malata... Ti scongiuro, ragiona. La signora Rod, così seria, distinta!

Anna                             - Ma sì, ma sì. Ogni tua pa­rola è una confessione!

Franco                           - (indignato) Andiamo via!

Anna                             - No! Sarebbe ridicolo per me!

Franco                           - E rimaniamo! Saremo ridi­coli entrambi!

Marta                            - (con gentilezza) Questi miei invitati si appartano...

Franco                           - Un po' di riposo, signora...

Anna                             - (a denti stretti) Mio marito ha molto ballato, oggi... Non è abituato... (Al marito con voce bassa e irosa) Ti viene persino a cercare...

Marta                            - Chissà per quanto tempo non ci rivedremo...

Franco                           - Fortunatamente, non c'è l'oceano di mezzo...

Anna                             - Un'ora di ferrovia...

Marta                            - A dire la verità l'orario con­templa tre ore...

Franco                           - Mia moglie voleva abbre­viare la distanza...

Marta                            - (pronta) E' una promessa per venirmi a trovare?... (Ad Edoardo che entra dal giardino) Anche qui? Si direbbe che oggi voi vogliate sorve­gliarmi! Ah! Forse, intendete chiedermi un ballo?...

Edoardo                        - « Signora Marta, sapete be­nissimo che io odio il ballo!

Marta                            - (indicando Borthis che entra) Per fortuna posso contare su di un ballerino esperto. N'è vero, Borthis?

Borthis                          - Ai vostri ordini, signora. Ma non era per questo...

Marta                            - Allora?...

Borthis                          - Vi dovrei parlare, signora...

Marta                            - (birichina) Ho capito, mi volete far la corte...

Anna                             - (al marito) Ti vuole anche ingelosire...

Maria                             - (ai Copperfield) Allora, ri­cordatevi la promessa...

Franco                           - Parola data, signora... (Anna e Franco escono).

Marta                            - (sprofondandosi in una poltro­na. Con civetteria) Orsù, Borthis, la vostra confidente è tutta orecchi...

Borthis                          - (impacciato, guardando d'at­torno) Ecco... io vorrei, ma, non so...

Marta                            - Ah! Non sapete parlare in presenza d'altri?!... Edoardo, Borthis si vergogna di voi!

Edoardo                        - Se è per questo... sparisco!

Marta                            - Grazie! (Edoardo si allon­tana non senza aver osservati i due con uno sguardo sospettoso). Dunque... siamo soli... Allora il vostro amore?

Borthis                          - Signora... Appunto... ora che state per partire... volevo parlarvi di questo...

Marta                            - Benedetto ragazzo, voi bat­tete il primato della ritrosia! Io non so davvero se la signorina Liana ve lo potrà perdonare...

Borthis                          - Tutto sta incominciare... lo comprendo... Ma io... io studio mate­matica...

Marta                            - Forse che le scienze esatte intimidiscono la gente?...

Borthis                          - Non la scaltriscono... come... le letteratura!

Marta                            - Di modo che la parte lette­raria la dovrei fare io?...

Borthis                          - Avete promesso d'aiutarmi, signora...

Marta                            - Speravo che anche voi vi foste aiutato... (Alzandosi) Be', qui oc­corre far presto. Assaggerò subito il terreno...

Borthis                          - Con lei...

Marta                            - Con lei, che, naturalmente, se ne sarà accorta assai prima di me...

Borthis                          - Magari!...

Marta                            - Ne sono convintissima...

Borthis                          - Signora, le direte che la mia timidezza dipende...

Marta                            - (interrompendolo) Che, che! Mi volete istruire?!... (Al dottore che compare dalla comune) Oh, dottore... Avrei giurato che voi non sareste ve­nuto a salutarmi. Son due mesi che non vi si vede!

Il Dottore                      - Significa che in questa casa non è necessaria la mia opera.

Marta                            - Infatti, non sono mai stata una cliente da farvi arricchire...

Il Dottore                      - (galante) Mi avete ar­ricchito con la vostra serenità...

Paolo                             - (che è entrato ed ha udite le ultime parole del dottore) Meno male che qui si parla di serenità...

Il Dottore                      - Un pessimista come te l'ha accanto e la rifiuta...

Paolq                             - Quella che ho avuta è stata illusoria...

Marta                            - Dottore, arrivederci (brusca. Esce con Borthis dicendogli) Son tutta per voi...

Il Dottore                      - Che c'è con tua moglie?

Paolo                             - C'è... c'è... Senti il mio polso!

Il Dottore                      - Sarà agitato per la tua fissazione.

Paolo                             - Per la mia realtà inesora­bile!

Il Dottore                      - Non certo pel tuo fisico che è ottimo. Anche l'aspetto...

Paolo                             - Sei tutti i moribondi si rico­noscessero dall'aspetto...

 Il Dottore                     - Hai ragione. Risparmierebbero ai medici molte menzogne...

Paolo                             - Perché tu mentisci? Od hai mentito con me? O credi, veramente, che io mi senta bene?

Il Dottore                      - Sfido io! Domanda ad un condannato a morte se si sente bene! E il medico come può risanarlo? Ci vor­rebbe la grazia sovrana... Senti, Paolo… io sono venuto per un saluto a tua mo­glie; però, ti confesso che sono venuto soprattutto per te. E' mia norma non contraddire mai i miei malati... (Avver­tendo in lui il consueto allarme) No, no, tu stai benissimo. Ma è veramente pos­sibile che quella seduta... quello spirito... come si chiama?...

Paolo                             - ...dell'architetto Wallace...

Il Dottore                      - Che lo spirito dell'archi­tetto Wallace ti abbia infusa una con­vinzione così assoluta, così categorica? Capisco che hai subito le influenze di un fanatico della forza di Edoardo, ma che tu non ragioni...

Paolo                             - Io ragiono, e come! E con cervelli ben più potenti del mio. (Da una tasca interna estrae degli appunti). Leg­gi, leggi questi estratti di Janet, di Mérimée, di Babinetw di Balfour... Lord Balfour, sai... che ha scritto: «La que­stione dello spiritismo è più importante d'ogni questione sociale e politica...»).

Il Dottore                      - (disarmato) Non c'è più nulla da fare! Finirai col morire di esaltazione...

Paolo                             - Perché? Si può forse morire d'esaltazione?

Il Dottore                      - Di che ti preoccupi? Se sei così persuaso di dover sparire... che sia in un modo... o che sia in un altro...

Paolo                             - E' qui che non vuoi compren­dermi. Io sono un prigioniero della morte... ma non so di quale; ignoro to­talmente. Ecco la cosa più terribile...

Il Dottore                      - Se il tuo fine è uno... i mezzi non contano...

Paolo                             - (altro tono) Che ore sono?

Il Dottore                      - (estrae l'orologio) Le quattro e trenta!

Paolo                             - (guardando il suo) No, le quattro e quaranta!

Il Dottore                      - L'ho regolato adesso...

Paolo                             - Allora questo corre!... (Di scatto) Dammi il tuo orologio...

Il Dottore                      - Se è per questo... (Glielo consegna).

Paolo                             - Ho guadagnato dieci mi­nuti.

Edoardo                        - (giulivo e nel contempo an­sioso) Paolo... Paolo... sei salvo!

Il Dottore                      - (tono burlesco) E' morto lo spirito di Wallace!

Edoardo                        - i Sarà riabilitato quello di Paolo...

Il Dottore                      - (a Paolo) Bada, che non me ne vado. Prendo una tazza di tè. (Esce verso il giardino).

Edoardo                        - Siamo in tempo. Meno male che siamo in tempo!

Paolo                             - Ma chi è?

Edoardo                        - Tutto si svolgerà a mera­viglia!

Paolo                             - Dimmi, chi è?

Edoardo                        - E' il giovane Borthis! Non c'è dubbio. Li ho sorpresi a colloquio... ho carpito le loro parole... li ho sorve­gliati...

Paolo                             - (intontito) Quel ragazzo!

Edoardo                        - Frutto acerbo! Non divaghamo! Non c'è un minuto da perdere! Pel tuo onore! Per la tua dignità! In ventiquattr'ore tutto è fatto. Ne hai trenta davanti a te! Ogni regola sarà rispettata, sebbene accelerata. Tuoi pa­drini: io e il dottore... Ci si raduna...

Paolo                             - (energico) ...non mi batto!

Edoardo                        - Che? Adesso che sai?...

Paolo                             - Non mi batto!

Edoardo                        - (sprezzante) IE la tua re­putazione?

Paolo                             - (convulso) Come? Non ca­pisci? In primo luogo non mi batto perché... ecco qua bell'e pronta e fabbri­cata da me stesso la mia morte...

Edoardo                        - Ma non si muore in duello!

Paolo                             - In secondo luogo perché io sono lieto, lietissimo di avere un altro modo per additare un luminoso esempio...

Edoardo                        - Ancora con l'esempio?

Paolo                             - Ogni individuo pretende troppo di essere un mondo per se stesso ed occupa quindi troppo spazio! Egoi­smo!

Edoardo                        - E che vuoi tu? La beati­ficazione?

Paolo                             - Tu hai detto che è Borthis? Ne sei sicuro?

Edoardo                        - Quasi, quasi, lo sfidavo io!

Paolo                             - Chiamalo!

Edoardo                        - Che cosa vuoi fare?

Paolo                             - Chiamalo!

Edoardo                        - (andando verso la vetrata) E' qui! (Chiama) Borthis!

Paolo                             - (movendo incontro a Borthis con affabilità) Venite, Borthis... Non ab­biate timore... Datemi la mano... (Gli stringe la mano con effusione) Contate su di me! Io vi farò felice.

Borthis                          - Signor Rod, voi siete molto affettuoso!

Paolo                             - Per un giovane come voi, l'amore è tutto!

Borthis                          - Voi, sapete...

Paolo                             - Io so e vi incoraggio, vi aiuto. Ad ogni costo!

Edoardo                        - E' incredibile!

Paolo                             - (a Borthis) Voi, siete un uo­mo onesto?

Borthis                          - Oh! Onestissimo!

Paolo                             - (severo) E allora sapete a che cosa aspirano in amore gli uomini one­sti?...

Borthis                          - A sposare la donna del loro cuore...

Paolo                             - Voi la sposerete!

Edoardo                        - E' inconcepibile!

Borthis                          - (commosso) Signor Rod, siete molto, molto buono... senonchè...

Paolo                             - ... senonchè. Comprendo la vostra obiezione! C'è un ostacolo...

Borthis                          - E grave!

Paolo                             - (pronto) Nient'affatto! Que­sto ostacolo non ci sarà più. Lo rimuo­verò io stesso!

Borthis                          - (c. s.) Voi sapete che fra un anno avrò una carriera aperta, un avvenire sicuro!

Paolo                             - Ne ho piena fiducia...

Borthis                          - (incalzando) Che non ho nulla da rimproverarmi. Che non desi­dero che questo: una mia famiglia! Con un nome onorato!

Paolo                             - Per lo meno quanto il mio!

Borthis                          - Sì, quanto il vostro! Tut­tavia, signor Rod, non vi nascondo che la mia preoccupazione è per lei; lei nem­meno sa...

Paolo                             - Ella vi ama!

Edoardo                        - Stupefacente!

Borthis                          - (con effusione) Davvero?

Paolo                             - E sarà degna di voi!

Borthis                          - (estasiato) Sì! Dev'essere buona quanto è bella!

Paolo                             - Affettuosa...

Borthis                          - (entusiasmandosi) Dolce, tenera...

Paolo                             - Cordiale, socievole...

Borthis                          - Come la conoscete bene!... Però quell'ostacolo...

Paolo                             - Abbiate fiducia in me! Prov­vedo io a tutto. Non ho che uno scopo: vedervi contenti! Ma ho bisogno di una garanzia...

Borthis                          - Una garanzia? Di che cosa dubitate, signor Rod?...

Paolo                             - Voi siete giovane, forse trop­po giovane, vi infiammate oggi, vi potete spegnere domani... non si sa mai...

Borthis                          - ...e allora io sono pronto a promettervi tutto ciò che volete, signor Rod. Io mi fido di voi.

Paolo                             - E anch'io voglio, altrettanto, fidarmi di voi! Qui, in presenza del mio amico, il più caro, l'unico che resterà...

Borthis                          - Che resterà?

Edoardo                        - Io?

Paolo                             - In presenza sua, voi, Lorenzo Borthis, vi chiamate Lorenzo? vi impegnate esplicitamente e formalmente...

Borthis                          - Oh, sì, esplicitamente e for­malmente...

Paolo                             - ... a sposare entro il più breve tempo possibile... Anzi, fissiamo una data.

Marta                            - (da una laterale, ha udite le ultime parole, con una risata a Paolo) Mi compiaccio del tuo interessamento... sei generoso!  Ma, povero Borthis, mi duole darvi una brutta notizia: è già impegnata!

Borthis                          - Impegnata?

Paolo                             - Chi è impegnata?

Marta                            - Lo temevo: troppo tardi: Anche in amore l'onore è di colui che giunge primo!

Borthis                          - Signora Rod, voi avete parlato?

Marta                            - Ho" parlato con molto tatto, con cautela. Liana Fletchs non si è sor­presa... Soltanto che mi ha comunicato di avere accettata da un mese un'altra proposta...

Borthis                          - Allora è inutile... Tutto è inutile?... Il mio amore...

Paolo                             - Ma che gioco è questo?... Edoardo?...

Edoardo                        - (con aria ebete) Eppure...

Marta                            - Eppure Liana Pletchs non potrà essere né la fidanzata né la sposa di Lorenzo Borthis. Se credevate di com­piere una buona azione!... Povero Bor­this, ringraziate questi signori ugual­mente...

Borthis                          - Signora, io sono stato un timido, uno sciocco!

Marta                            - Ed avete cercato troppi aiu­ti... troppo tardi! Venite, venite e pro­curate di consolarvi. (Via con Borthis).

Paolo                             - (fissa Edoardo, sbalordito ed in­dignato) Mi hai ingannato?! L'hai fatto apposta?

Edoardo                        - Avrò sbagliato bersaglio...

Paolo                             - Non è lui...

Edoardo                        - Sarà un altro... fa lo stesso!

Paolo                             - No, no, che non fa lo stesso!  Passano le ore, i minuti... Io debbo con­cludere... anche questa partita...

Edoardo                        - Per concluderla in quel bel modo!... Disgraziato! Tu sanzioni e perpetui di fronte al mondo il tuo ridicolo!

Paolo                             - Io lo affronto e lo schianto. E' questa la mia superiorità. Già, dovrei uccidere, per essere riabilitato. Spezzare una vita... No, meglio riedificarne due!

Edoardo                        - preoccupati della tua!

Paolo                             - Come ragioni da vivo! Se tu ragionassi da morto, come me, quanto me, non avresti questo stupido orgoglio!

Edoardo                        - Ah, basta, caro, basta... Io ho cercato di esserti vicino, di aiutarti, di difenderti! Ma adesso, basta. Ti lascio morire come vuoi. Schiacciato da monta­gne di bene! E poi, io cambierò anche la ditta!... Tanto, l'avrai rovinata material­mente e moralmente...

Paolo                             - Allora è il tuo interesse che parla?

Edoardo                        - Il mio coincideva col tuo!...

Paolo                             - Non coincideva! Qui è l'er­rore... una diversa, abissale visione...

Edoardo                        - Ed io ti abbandono! Ri­schiamo di perderci anche come amici. Io per la mia strada e tu per... (non completa la frase. Se ne va borbogliando) Povero Paolo!... (Via).

Paolo                             - (richiamandolo) Edoardo!  (Ripete) «Povero Paolo! ». Ma già... la compassione.

Anna                             - (accesa in volto, irritata) Si­gnor Rod, vi trovo solo! Non ne posso più! Credete a me: in fondo siamo due di­sgraziati!

Paolo                             - Due disgraziati? Io, sì... ma voi?

Anna                             - Anch'io,- anch'io, signor Rod... Io spero molto in voi. Voi siete un uomo, sarete inflessibile...

Paolo                             - Non agitatevi... in quel che posso...

Anna                             - Voi potete tutto!... Perché an­che voi non lo meritavate! No, non lo meritavate! E' una tresca ignobile! Ed io ammetto, guardate, ammetto che il torto maggiore sia di mio marito, piut­tosto che di vostra moglie...

Paolo                             - (stupefatto) Vostro marito?... mia moglie?...

Anna                             - Signor Rod, voi non credeva­te? No, dite che dissimulavate per non far capire... ma che soffrivate!...

Paolo                             - Altro che, se avevo capito! (Con un senso di liberazione) Ma adesso non soffro più! Più! Sapeste signora, il sollievo che mi avete dato! (Le stringe la mano) Grazie, per questa certezza! Non preoccupatevi. Sistemerò tutto, io...

Anna                             - Una sistemazione è indispen­sabile!

Paolo                             - Oh! sarà decisiva!

Anna                             - .Perla dignità di entrambi! Mi affido a voi...

Paolo                             - Voi non perderete nulla! A voi, se mai, provvedere io, largamente!

Anna                             - Io amo mio marito!

Paolo                             - E vostro marito ama mia moglie!

Anna                             - Bisogna impedirglielo con ogni mezzo...

Paolo                             - Bisogna donare la gioia a chi la ricerca...

Anna                             - (interrompendolo) ... ma che razza di marito siete voi?

Paolo                             - Un marito che vede nell'av­venire...

Anna                             - L'avvenire?!  Ma, che cosa volete?

Paolo                             - Voi dovete divorziare; sì, di-vorzierete... così saranno liberi, si potran­no sposare... saranno felici...

Anna                             - (sconvolta, adirata) Io, io di­vorziare?! Ma è strabiliante! E il vostro orgoglio, la vostra dignità?... Voi volete questo, voi?! Ed io... io che cosa ho mai fatto! (Atterrita, quasi fuggendo) Vergo­gnatevi, vergognatevi... (Si allontana).

Paolo                             - Ah, no! Dovete darmi la vo­stra parola... Io vi dò la mia... Mi occor­re la vostra... (Esce inseguendola).

Giovanni                       - (introducendo la signora Ponson) Prego... ho già fatto avvertire la signora. (Via).

La signora Ponson        - (siede. Un tipo sin­golare di bisbetica, sebbene ancora giova­ne. Parlantina facile, svelta).

Marta                            - (dal giardino con Elisabetta) Buon giorno... (Presentando) Mia zia.

La signora Ponson        - (saluta) Io sono la moglie del geometra Achille Ponson.

Marta                            - So…, il collaboratore di mio marito... Forse, volevate parlare con lui?

La signora Ponson        - (pronta) No, no, signora; volevo parlare con voi, proprio con voi.

Marta                            - Dite.

La signora Ponson        - Vostro marito è stato col mio tanto generoso, troppo ge­neroso; ha compiuto per lui un gesto così stupendo... così magnanimo...

Elisabetta                      - (interrompendo) ... per cui desiderate ringraziare anche sua mo­glie...

La signora Ponson        - No, no, signora!

Marta                            - Vi confesso.... non capisco!

La signora Ponson        - Mi spiego: l'ar­chitetto ha voluto conoscere la massima aspirazione di mio marito e adesso pre­tende di realizzargliela.

Elisabetta                      - Come « pretende » ?

La signora Ponson        - Pretende che mio marito divenga ingegnere...

Marta                            - Se è la massima aspirazione della sua vita...

La signora Ponson        - E gli fissa un premio di mille sterline pel giorno in cui otterrà la laurea...

Marta                            - Mille sterline in premio?! E le sborsa mio marito?! Questo lo può fare soltanto un mecenate...

Elisabetta                      - (infuriata) Ma che me­cenate! Lo fa un matto!

La signora Ponson        - Ecco, ecco, quel che dico io! Perbacco! Mio marito, in­gegnere, non lo diventerà mai!

Marta                            - (sardonica) Ma con un mi­raggio di mille sterline...

La signora Ponson        - No, signora. Mio marito, sicuramente, non si conquisterà mai le mille sterline e, sicuramente, per­derà intanto, per studiare, per essere li­bero, le poche sterline che guadagna da geometra. Oh, lo conosco bene, mio ma­rito! Poveraccio!

Marta                            - Considerate la prospettiva, l'avvenire...

La signora Ponson        - Io considero il presente e non voglio sacrifici, rinunce come lui ha già progettato di fare. No, no, meglio un uovo oggi... Io sono una donna pratica e non voglio salti nel buio...

Elisabetta                      - (di scatto) Non ha tor­to! Non si sconvolge di punto in bianco un'esistenza!

La signora Ponson        - Un'esistenza? Tre esistenze! La mia, la sua e quella di una creatura di sette anni! Tre bocche da sfamare! E che non si sfamano col fumo in attesa dell'arrosto! E mio ma­rito, sapete, a seguirlo sarebbe stato tutto fumo! Da ventiquattro ore è mu­tato... Fa il tacchino, il pavone, si proclama già ingegnere... e, a dirla schietta, non vorrei che... Siamo donne e... ci do­vremmo capire...

Marta                            - Avanti, non abbiate timori...

La signora Ponson        - Ecco: non vor­rei che un'altra più giovane di me, ma­gari un pochino... che so... non dico più bella... ma più elegante e... basta un po­chino alle volte, quando lo dovessero chiamare ingegnere, ingegnere di qua, di là... no, no, no, me lo sono legato e non intendo correre pericoli...

Marta                            - In conclusione io dovrei in­tervenire presso mio marito...

La signora Ponson        - ... per impedire un disastro!..,

Elisabetta                      - E poiché io sono della vostra opinione, vi prometto che mia nipote interverrà.

La signora Ponson        - Oh, grazie, ci conto; ma bisogna far presto perché il notaio l'ha già mandato a chiamare.

Marta                            - State tranquilla, prestissimo.

La signora Ponson        - Oh, questa, sì, sarà un'opera buona; grazie. Scappo a casa, ed a mio marito ci penso io! (Sa­luta, via).

Elisabetta                      - (passeggia, livida) Si prende le amanti... getta via il denaro... vuol fare il mecenate!.... Non ragiona più!

Marta                            - Io mi domando, da ventiquat­tro ore, se Paolo Rod, l'architetto Paolo Rod, sia l'uomo che ho conosciuto io!!

Elisabetta                      - Io preferirei non averlo conosciuto mai! (Vedendo entrare Paolo) Entrate... entrate, mecenate!

Marta                            - (con ironia) Di' la verità, Paolo! Tu stai per concludere, o hai con­cluso, uno strepitoso affare?...

Paolo                             - Strepitoso, no; definitivo forse...

Elisabetta                      - Ed è per ciò che semi­nate il denaro per le strade?

Paolo                             - Se ne avessi e se sapessi di seminare del bene farei anche questo...

Marta                            - Congratulazioni per quello che hai donato al tuo geometra Achille Ponson.

Paolo                             - Achille Ponson diverrà inge­gnere per mio merito!

Elisabetta                      - Sua moglie vi scongiura, per mezzo nostro, di lasciarlo geometra! E' stata qui. Ha scongiurato noi...

Paolo                             - Io innalzo, elevo suo marito!

Marta                            - Ma chi te l'aveva chiesto?...

Paolo                             - Non è necessario che qual­cuno chieda; quando si può, quando si deve dare!

Marta                            - Ah! Perché tu «devi»? Tu hai il « dovere » per gli altri...

Paolo                             - Per tutti... anche per te! E per te compirò un gesto che appagherà per sempre anche la tua coscienza... Tu mi ringrazierai...

Marta                            - (scattando) Io? Proprio io dovrei ringraziarti?

Paolo                             - Tu, tu! Perché mi vedrai su di un piedestallo di superiorità smisu­rata! Mi ammirerai...

Marta                            - (feroce) Ti dovrò anche am­mirare... perché hai un'amante?

Elisabetta                      - (contrariata per quello sfo­go) No... Marta... no, non così a bru­ciapelo. Sei un'impulsiva, hai rovinato tutto il mio piano.

Marta                            - Non ne potevo più, zia... A-scoltandoti rovinavo i miei nervi...

Paolo                             - Io, io un'amante? E' la se­conda volta che tu insinui...

Elisabetta                      - Non insinua nulla. Io sono testimone! Lo sappiamo entrambe.

Paolo                             - E' una ritorsione...

Marta                            - E' la verità...

Paolo                             - Ditemi allora: Chi è? Dove l'ho conosciuta? Dove mi avete sorpreso?...

Marta                            - Altro che le ispezioni not­turne...

Elisabetta                      - Già, nell'alcova del vo­stro studio...

Paolo                             - Del mio studio?

Skipper                          - (sessant’anni, alto, ancora vi­goroso. Entra adiratissimo, quasi scostan­do il cameriere che lo vorrebbe trattene­re) Io passo! Non ho nessun motivo d'essere gentile, qui dentro!... (A Rod) Voi siete l'architetto Rod?

Paolo                             - Io, sì.

Skipper                          - E questa è la vostra signo­ra? Tanto meglio che anche lei sappia! Tanto meglio! Domandate, signora, a vo­stro marito se conosce la signorina Giu­ditta Skipper!

Elisabetta                      - (atterrita) La sua a-mante!

Paolo                             - La mia impiegata?...

Skipper                          - ... e la chiamate vostra im­piegata?! Io ho da tutelare la signorina Giuditta...

Elisabetta                      - (con un grido) Dio mio, è suo padre?!

Skipper                          - Sono Pietro Skipper, il tu­tore, che l'ha allevata, che le ha data un'educazione...

Paolo                             - Io le ho dato del lavoro... un onesto guadagno!

Skipper                          - Ah! Ah! Un onesto guada­gno? (Estraendo un assegno) Riconoscete questa firma?

Paolo                             - E' la mia!

Marta                            - Un assegno!?

Elisabetta                      - Dell'altro denaro!...

Skipper                          - Denaro, sissignora, denaro! Per tentarla, per corromperla...

Paolo                             - Volevo soccorrerla, volevo che si sposasse...

Skipper                          - Non si soccorre una gio­vane di vent'anni regalandole duecento sterline! La si compera!

Elisabetta                      - Duecento sterline! Mille per l'impiegato, duecento per la ragazza...

Paolo                             - Io volevo compiere un'opera buona.

Elisabetta                      - Attraverso una tresca!?

Skipper                          - Ah? Voi pure, signora, sa­pevate?!...

Paolo                             - (è invelenito, comincia in lui una reazione di disgusto) Sì... sì... Non avete sentito? Loro sapevano... sapevano tutto! Io solo non sapevo niente, io che credevo di offrire un aiuto e invece eser­citavo un mercato; io che mi illudevo di salvaguardare il suo onore, e invece ne facevo scempio...

Marta                            - Le prove... ci sono le prove!

Skipper                          - C'è l'assegno! Non sono un imbecille, signor Rod!

Paolo                             - E chi vi contraddice? Chi?... Sono io l'insensato, il libertino, sono io il...

Lysle                             - (compare affannato, con la gran busta di prima sotto il braccio) Oh! scusate, scusate signori... (A Paolo) Quel che succede è grave...

Paolo                             - Anche voi! E' grave! Imma­gino!

Lysle                             - Il Consiglio di amministra­zione dell'Istituto Biochimico si è radu­nato poco fa... ed ha...

Paolo                             - ...fatto il processo alla mia onestà?

Lysle                             - ... io ho fatto l'impossibile, ho protestato, ma la maggioranza...

Paolo                             - ...la maggioranza ha dichia­rato che io sono un truffatore... Dite... mi hanno bollato?...

Lysle                             - Peggio... peggio... C'è già una denuncia precisa...

Marta                            - Una denuncia?

Paolo                             - Bene! Spicci! Anche in tri­bunale?

Marta                            - Ma che cosa hai fatto? Una denuncia!

Elisabetta                      - Il nome disonorato.

Anna                             - (attratta dalle urla entra dalla destra).

Paolo                             - (sempre più convulso) Diso-noratissimo! E che me ne importa del di­sonore del mondo? Io volevo insegnare qualcosa a questo mondo ipocrita; lo po­tevo fare, io, lo dovevo fare... (Vedendo la signora Copperfield) Ah! Voi? Siete capitata in un momento ottimo... Voi, poco fa, mi avete preso per un pazzo... Ma, sì, avevate ragione, mille ragioni... Perché è pazzia fabbricare la felicità de­gli altri sui dolori propri... Io dovevo of­fendermi, vendicarmi...

Anna                             - (spaventata dello stato di Paolo e della gente d'attorno) No, signor Rod, per amor del Cielo, non ho detto nulla, non voglio più nulla, io...

Paolo                             - Più nulla... adesso? Adesso che ragiono, che sono un saggio? Adesso che voglio comportarmi, io, come vuole la società; come, anche voi volevate che mi comportassi?...

Anna                             - Signor Rod, che cosa dite, che cosa volete fare?

Paolo                             - Quello che farebbe qualsiasi altro uomo in questi casi. Mi difendo... mi tutelo! Schiaffeggerò vostro marito, lo sfiderò.

Anna                             - (urla) No, per carità!...

Paolo                             - Sicuro! Pistola o sciabola? Sciabola o pistola?... E', o non è, vostro marito l'amante di mia moglie?

Marta                            - (con un urlo di sdegno) Io? Io l'amante del signor Copperfield?

Elisabetta                      - (subito) Marta! Marta! Una simile calunnia? E' un indiavolato...

Il Dottore ed Edoardo - Queste ur­la?...

Paolo                             - Benissimo! Tutti qui... Qui c'è la festa, qui c'è il ricevimento... Ci siete tutti? E allora voglio che mi cono­sciate bene... Che mi ricordiate come so­no e non come avrei voluto essere...

Edoardo                        - (accostandolo) Paolo, cal­mati... Ti ritorno vicino...

Paolo                             - (sempre più eccitato) Lascia, lascia... (A tutti) Io ero un galantuomo, non è vero? Un professionista onesto, rispettabile?... Be', vi siete ingannati, in­gannati. Sono un imbroglione... io insi­dio delle povere innocenti... io rovino una ditta... io sono ridicolo perché non difen­do il mio onore... Vi basta? Non mi cre­dete? Volete le prove? Prove schiaccian­ti?! Le ha il mio notaio, le ha il mio geometra e sua moglie, le ha il signor Skipper, la signora Copperfield, il mio caro amico Edoardo!... Le ha mia moglie, sua zia!... (Tutti, attoniti, lo fissano come si fissa uno squilibrato). Proclamate an­cora che sono un galantuomo? Non lo sono... non lo sono... I galantuomini siete voi, si capisce. Voi, che avete per ogni sentimento e per ogni atto della vita una norma fissa di egoismo, di interesse, dì convenienza e chiamate questa norma « la morale ». Io non sono un morale, ve l'ho dimostrato... Non sono un morale. (Qua­si aggrediti dalle parole di Paolo, tutti si scostano). Volete scappare? Avete paura... paura... Maschere... maschere... Portate tutti la maschera... Io solo non la porto... perché io solo sono un morto, e soltanto i morti sono sinceri... i morti! (Si preme il cuore, allarmato).

Il Dottore                      - (avvicinandolo affettuoso) Che cosa dici? Che cosa fai?

Paolo                             - Ah! Tu? Che ore sono? Le ore... (.4 tutti) Ditemi le ore...

Il Dottore                      - Il mio orologio l'hai tu.

Edoardo                        - Le cinque.

Borthis                          - Le cinque e un quarto...

Copperfield                   - Le cinque meno un quarto!

Paolo                             - (strappandogli l'orologio) Da­temi il vostro orologio. Ho guadagnato mezz'ora!

Fine del secondo atto

ATTO TERZO

Non appena sarà spenta la luce nella sala ed illuminata la ribalta, si udrà una voce radiofonica: « ...meno cinque, meno quattro, meno tre, meno due, meno uno... »      - (tocco di campana). « Abbiamo trasmesso il segnale orario delle ore 23,30 ». Quindi si alzerà il velario.

(Lo studio di Paolo Rod, come nel pri­mo atto. Il mastodontico orologio a pen­dolo segnerà l'ora anzidetta. Una sola lampada è accesa. Ma cominciano a sfa­villare delle fiamme nel caminetto).

Augusto                        - (inginocchiato sta accen­dendo il caminetto. Qualche minuto di pausa. Entrerà Edoardo).

Edoardo                        - (indosserà il soprabito che gli coprirà l'abito nero) C'è fumo... (Togliendosi il soprabito e accendendo le altre luci) Ma hai fatto bene... di notte fa ancora treschino. E s'è rimesso a pio-vera...

Augusto                        - Però che idea l'architetto! Lavorare nello studio a queste ore... Cose urgenti?

Edoardo                        - Purtroppo! Urgenti!

Augusto                        - Ho aperto la cassa che hanno portato stasera. Le bottiglie e i bicchieri sono là... (indica su di un ta­volo). C'è da ubriacare un reggimento!

Edoardo                        - (indifferente) No, no... non c'è da ubriacare nessuno... Ne rimarrà anche per te... (Squilla il campanello). Chi sarà?... Paolo l'ho lasciato a Piccadilly...: lui non può essere. (Augusto esce).

Lysle                             - (entra stralunato; porterà sem­pre la busta) Ah! Almeno qui potrò respirare!... Scusate: io son qui come in un rifugio. Non ne posso più!...

Edoardo                        - Difatti... per venire qui a quest'ora... Volevate Rod?

Lysle                             - Ne ho assoluto bisogno. Non posso aspettare domani. Deve accettare le mie dimissioni subito...

Edoardo                        - Sembrate terrorizzato...

Lysle                             - Altro che terrorizzato. Mi fa­ranno la pelle. E' un miracolo che l'ab­bia salvata sinora... (Abbassando la vo­ce) Sotto il portone, qui sotto, c'è un giovanotto che mi ha seguito, che mi aspetta. Ha perduto al gioco, sulla pa­rola, trecento sterline; deve consegnarle entro stanotte. (Se non le avrà tutte, sparerà contro se stesso, poi... contro di me. No, cioè... si ucciderà dopo avermi ucciso. Mi ha messo la rivoltella sotto il naso...

Edoardo                        - Telefoniamo alla polizia, lo faremo arrestare...

Lysle                             - Arrestare? Eh, allora occor­rerebbe farne arrestare parecchi.

Edoardo                        - Aspettate... Intuisco: forse quelli che vuole aiutare Paolo, i bisognosi, gli sventurati...

Lysle                             - Quelli, quelli! Ma il più sven­turato di tutti da due giorni sono io... Guardatemi, sono persino dimagrito...

Edoardo                        - E le benedizioni che Paolo si aspettava...

Lysle                             - Benedizioni? Ingiurie, be­stemmie, minacce... che intanto piglio io! Altro che gratitudine! Tutti non han­no che diritti, e quali diritti! Per un bisognoso contento, cinquanta si agita­no, protestano... Uno pretende che per salvarlo dal fallimento gli si versino mille e non cinquanta sterline - fissate di media - altrimenti è inutile l'effetto giudiziario... Un altro proclama che lo svaligiamento del suo negozio è una scia­gura più dolorosa e impellente della mor­te di un marito per una moglie... Un terzo sostiene che l'amputazione del suo braccio vale assai più dell'aspirazione di uno studente a concludere gli studi... Tutti, tutti così... tutti paragonano, esi­gono e si ribellano a quella che per loro è la mia palese ingiustizia... Giurano di vendicarsi...

Edoardo                        - Ed io a urlargli: «Non è un bene, è un male... è la rovina ».

Lysle                             - Intanto, è la mia rovina...

Edoardo                        - Vi comprendo, ma non esasperatevi. Gliene parlerò io; voi avete bisogno di riposo, andate a casa...

Lysle                             - A quale casa?! Nell'antica­mera del mio appartamento si è instal­lato l'inventore delle scarpe magnetiche. Già, garantisce che si cammina senza muovere le gambe, pel solo contatto con la terra... Gli occorrono quattrocento sterline per rendere pratica la sua in­venzione, e sono quarant’anni che nes­suno lo vuol pigliare sul serio... Infatti, è vecchio. Adesso anche lui è deciso a tutto, a tutto; e so ben io che cosa si­gnifichi quel «tutto»...

Edoardo                        - (quasi ridendo) E Paolo che voleva obbedire al precetto di aiu­tare i bisognosi!...

Lysle i                           - Ma, io... non obbedirò più nemmeno a quello di dar da mangiare agli affamati! Ho imparato che cos'è la fame umana!... Questi sono i conti. (Estrae e depone un plico sul tavolo). Io, mi dimetto...

Edoardo                        - Non avete torto... Lasciate pure qui... E andate a riposare.

Lysle                             - (vorrebbe e non vorrebbe usci­re. Guarda d'attorno) Scusate, non potrei uscire da un'altra parte?... Sa­pete, quel giovanotto sotto il portone...

Edoardo                        - Sì... pel cortile, dal can­cello... Vi accompagno. (Si rimette il so­prabito, esce col dottor Lysle. Subito do­po, voci sguaiate dall'anticamera).

Paolo                             - (un po' alticcio, quindi loquace e irrequieto. Gli occhi accesi e dilatati sulla faccia congestionata. Gioca, in lui, il contrasto tra l'incubo della morte e la volontà di mostrare una maschera gioconda. E' in pipistrello e gibus e abito da sera) Avanti, avanti, e che il tem­pio della mia scienza esatta e severa sia profanato!

Gianna                          - (le donne, eleganti e alticce anch'esse, irrompono con festosità. Allu­dendo allo studio) Ah! Ah! Che stu­dio! E che cosa si studia?

Lucia                             - Si studia il modo di imbro­gliare la gente!

Gianna                          - (sdraiandosi sul divano) Al­lora per me è il posto ideale!

Lucia                             - (attirata dal grande orologio a pendolo) Che meraviglioso orologio!

Gianna                          - Troneggia! Sembra lui, il padrone!-

Paolo                             - (buffonescamente sussultando) No, no, il padrone sono io! Io, di tutto! Anche della mia vita! E la devo godere: « Champagne... Champagne ». (Stura le bottiglie).

Edoardo                        - (rientra. E' sorpreso e disgu­stato) Le hai accompagnate anche qui?! E' sconveniente!

Paolo                             - (presentando) Lucia, Gian­na... Le rose della mia corona di spine. Bevi, Edoardo!...

Edoardo                        - (c. s.) Ah no, in questi momenti!?...

Paolo                             - Che? Li credi momenti tri­sti? Uomo, costruisci il tuo momento! Il mio è un momento d'ebbrezza... Lucia, quante volte hai mentito con queste lab­bra di corallo?

Lucia                             - Mai! Mai! (ride).

Paolo                             - (estraendo e sciorinando biglietti di banca) E tu, Gianna... Pei tuoi ba­ci, pei tuoi amplessi quanti hanno cre­duto alla felicità?...

Gianna                          - Non li ho contati...

Paolo                             - E che cosa ottenevano? Quel­lo che io posso ottenere... Quanto? Cin­que... dieci... venti sterline... (Le distri­buisce all'una e all'altra).

Lucia                             - (saltandogli al collo) Tu sei il mio primo amore!

Gianna                          - (abbracciandolo) Tu sei l'ul­timo!

Paolo                             - Primo od ultimo non importa. E' sempre lo stesso! E' quello che io ot­tengo! Corpo! Corpo! L'anima in amore è brivido. E il brivido è carne!... Quan­to?... Quanto?

Lucia                             - Sei logico, Paolo. (Lo bacia).

Gianna                          - Sei intelligente, Paolo. (Lo bacia).

Edoardo                        - (afferrandolo bruscamente) Sei un idiota! (Gli strappa il portafogli) Basta, è denaro! E' disonestà sciuparlo in questo modo!

Paolo                             - Ah! E' disonestà anche que­sta? Ieri davo un utile agli altri, ed ero un disonesto. Oggi ho un utile io, e sono un disonesto. Decidetevi. Oggi l'uti­le è mio, e me lo godo...

Lucia                             - Bravo, Paolo, non ascoltarlo. Mettilo in circolazione il tuo denaro!

Gianna                          - Godilo fin che puoi!

Lucia                             - Tanto, si deve morire...

Paolo                             - (a questa battuta ha un sussul­to; spalanca gli occhi. Fissa l'orologio) Sicuro! Si deve morire!

Gianna                          - Se io fossi un uomo, vorrei morire come Petronio, svenato tra i fiori...

Paolo                             - Svenato?!

Lucia                             - lo preferirei la morte di Cleo­patra, avvelenata dall'aspide...

Paolo                             - Avvelenato?! (E' impallidito, siede, l'incubo lo riprende. Ad Edoardo) Avvelenato?... Infatti ho sete... Porse ho bevuto troppo alcole... Ho la gola arsa...

Edoardo                        - Devi licenziare queste don­ne. (Alle donne) Dovete andarvene.,.

Gianna                          - E' presto. Non è ancora mezzanotte!

Edoardo                        - Appunto per questo! Vi prego... su!...

Lucia                             - E allora saremo discrete...

Gianna                          - ... a patto che Paolo mi fissi un appuntamento per domani!  (Insinuante) N'è vero, Paolo, che ci vedremo domani?

Paolo                             - (assente) Sì... domani...

Lucia                             - (pure accostando Paolo) Ci vedremo anche noi... ma soli...

Paolo                             - (c. s.) Soli...

Edoardo                        - (avviandole sulla soglia del­la anticamera) Augusto... accompa­gnale...

Gianna                          - Arrivederci.

Lucia                             - Arrivederci... (Le donne escono).

Paolo                             - (l'allucinazione è accresciuta dallo spumante) Arrivederci? A chi arrivederci? Loro lo possono dire... An­che tu lo puoi dire...

Edoardo                        - Quanto fumo. (Fa per apri­re la vetrata. Giungerà il suono di un pianoforte. Si vedrà illuminata una fine­stra nel palazzo prospiciente).

Paolo                             - Chiudi... chiudi,.. Là... bal­lano... e qui... (Guardando l'orologio) Venti minuti... (Guardando attorno) For­se là, su quel divano.,. Oppure qui, anche qui, stramazzerò qui...

Edoardo                        - Non vuoi capire che il ma­lore fisico è escluso!?

Paolo                             - Un motivo esterno? Come? Dove?... Che è nell'aria?... Parla, parla...

Edoardo                        - Non so... ma può essere il più trascurabile, il meno pensabile...

Paolo                             - Ma che cosa? Che cosa? Co­me verrà? Da dove entrerà? (Pausa), Chissà perché... ho freddo.

Edoardo                        - Siedi qui... ho fatto accen­dere il caminetto apposta...

Paolo                             - (siede sulla poltrona accanto al caminetto).

 Edoardo                       - Va bene? Puoi anche asso­pirti...

Paolo                             - Ah! noi Sbarrati, li tengo gli occhi... sbarrati, per quel poco che an­cora posso...

Edoardo                        - Che cosa vuoi vedere?

Paolo                             - Vedere... Vedere sino all'e­stremo...

Edoardo                        - Intanto stai calmo. (Gli copre le ginocchia con una coperta di pelliccia).

Paolo                             - Hai pensato a tutto, tu. Per­sino alla coperta...

Edoardo                        - Magari avessi potuto pen­sare a qualcosa di veramente utile...

Paolo                             - Potrà essermi utile anche questa... a coprirmi tutto... come gli an­negati...

Edoardo                        - Non creare fantasmi! Dov'è l'acqua?

Paolo                             - Non lì creo, li vedo! Qui, là, dappertutto! E non poter difendersi! C'è l'agguato: davanti a me, di dietro a me, in alto, in basso... in ba-s-so... (di scat­to con un grido, si alza) là... là... il fuoco... il caminetto...

Edoardo                        - (spaventato) Che cosa? Dove?

Paolo                             - Lì... lì... e questo, tu, non l'hai pensato?!,.. Quelle fiamme?

Edoardo                        - E' quasi spento... guarda...

Paolo                             - Basta una favilla... e gli abiti, il corpo...

Edoardo                        - Non ci si carbonizza in un attimo! Non sei cosparso di benzina!

Paolo                             - (verso l'anticamera) E là... là... chi c'è?

Edoardo                        - (si precipita e per mimetismo ripete) Chi c'è?

Il Dottore                      - (dalla comune) Come chi c'è? Io...

Paolo                             - (esagitato) Ah, tu? No, no, non voglio dottori, non mi occorrono più dottori...

Edoardo                        - (all'orecchio del dottore) E' sconvolto...

Il Dottore                      - (a bassa voce a Edoardo) Lo immaginavo... e non so, proprio, se ridere o preoccuparmi...

Paolo                             - Che cos'hai da borbottare? Dillo a me... sii una buona volta sincero... Ti riscatterai dalla malvagità della tua professione...

Il Dottore                      - Pigliatela pure con me... ma con la mia professione, no! Ieri ne avevi ancora bisogno.

Paolo                             - Ieri, ma oggi, no! Oggi, tutto è capovolto, è diverso...

Il Dottore                      - Tu sei in uno stato di terrore... ed anche il terrore può rien­trare in un quadro clinico...

Paolo                             - Bravo, sì... sono in uno stato di terrore... del terrore più inconsulto e tremendo di cui soffra l'umanità e dì cui, voi, medici, avete sempre approfit­tato! Ho terrore... sì, il più sciocco, il più ingiusto, perché nessuno, sai, nessu­no potrà godere mai l'intera gioia della vita, finché esisterà questo enorme ter­rore della morte!! Buffi, eh, buffi a le­garci noi stessi questa pietra al collo... a tenerla da secoli, noi tutti... poveri imbecilli! Nasciamo e viviamo con que­sto incubo: la fine! Lavoriamo, prospe­riamo, ci illudiamo, e l'incubo non cam­bia: la fine! Sempre davanti con la sua bella cornice di lacrime, di rimpianti, di pietà. Ti par giusto? Ti pare che sia questa, fede, forza... vita? No, caro! Noi dobbiamo considerare questa fine come il migliore, il più logico, il perfetto ri­poso, la più dolce vacanza, la domenica: ecco, la vera domenica della vita. E sai, tu, quando l'uomo potrà proclamarsi fe­lice, veramente felice? Quando con as­soluta convinzione, e col più bel sor­riso, saprà esclamare: « Ah, finalmente crepo! ».

Il Dottore                      - (pacato) La tua dot­trina non è disprezzabile. Ti auguro di poterla divulgare, di far proseliti...

Paolo                             - Che? Vorresti dire che non sono più a tempo, che è per me troppo tardi?...

Il Dottore                      - Volevo dire che io sarò un tuo discepolo. Anzi, lo sono sin d'ora, purché tu sia più calmo, meno agitato.

Paolo                             - Se te ne vai, mi sarà più facile... e ti ho detto il perché.

Il Dottore                      - (riguarda Edoardo, riguar­da Paolo) Sta' bene... e molti auguri...

Paolo                             - Non li accetto.

Il Dottore                      - (ad Edoardo, uscendo) Non lasciatelo solo... (Via),

Paolo                             - (ripiomba su di una poltrona. Fa il gesto di colui che si controlla le pulsa­zioni. A Edoardo) Vieni qui, senti... Quante sono? Cento, centoventi... a mar­tellate...

Edoardo                        - Benedetto uomo, ti esaspe­ri; fai certi discorsi... Sai che, in questi momenti, può bastare un'emozione...

Paolo                             - (interrompendolo) ...un'emo­zione? Tu ritieni che possa avvenire per un'emozione? (Premendosi il cuore) Ma sicuro!... Ecco il cuore, sentilo... una molla... A mezzanotte: crrrack... e pun­to fermo! (Deciso) Allora ho fatto male a licenziare le donne!

Edoardo                        - Hai fatto benissimo!

Paolo                             - Malissimo! Pensa: ^'emozio­ne di un desiderio, di un bacio... e crrrack. Che ci può essere di più dolce?...

Edoardo                        - Dolcissimo!

Paolo                             - (a se stesso) Stupido!... Ho fatto malissimo Quello era il mio desti­no, quello, su due labbra che dicono: «Amore...». Invece, no...; qui a tremare per chissà quale attesa, a rabbrividire per chissà quale insidia... (Giungerà del rumore dalla porta di destra. Paolo illividisce). Là!... là!... hai sentito?

Edoardo                        - No, non ho sentito.

Paolo                             - (poiché il rumore sarà più di­stinto) C'è qualcuno!

Edoardo                        - (si udrà dall'interno un colpo di tosse) Sì... c'è! (Chiamando dalla comune) Augusto, Augusto!

Paolo                             - L'agguato! Vedrai!

Edoardo                        - (alla porta di destra) E' chiusa! Non comprendo!

Paolo                             - Qualcuno si è nascosto. Mi attende...

Edoardo                        - (più forte) Augusto.., Au­gusto!...

Augusto                        - (dalla sinistra, piagnucoloso, timoroso).

Edoardo                        - C'è qualcuno qua dentro?

Paolo                             - Chi? Chi?

Augusto                        - Signor architetto, perdo­natemi...

Paolo                             - Che cosa hai tramato contro di me?

Augusto                        - Perdonatemi... Mi son la­sciato impietosire ancora! Son sei giorni... Lo so che non dovevo... ma l'hanno cacciata di casa!

Edoardo                        - Chi c'è insomma?

Augusto                        - (La signorina... la signo­rina Giuditta!... Mi ha chiesto ricovero-Donne là...

Edoardo                        - La signorina Giuditta?

Paolo                             - (è d'improvviso mutato. E' come giubilante. Sorride) Giuditta? Lei? Non mentisci?

Augusto                        - No, no, purtroppo... Ecco la chiave (consegna a Paolo). L'ho rin­chiusa io! Non avevo cuore di lasciarla sulla strada!

Paolo                             - (ad Edoardo) Sai, è la Prov­videnza! Ce n'è un po' anche per me! Tutto disposto! Che cosa ti dicevo? Io devo morire tra una giovinezza e un so­spiro! (Ad Augusto) Va', va'. (Augusto esce). (Ad Edoardo) Anche tu.

Edoardo                        - Lasciarti solo? Stai già male...

Paolo                             - Sto benone! Lasciami!

Edoardo                        - Guarda (indica l'orologio).

Paolo                             - Lo so... non mi ritroverai... Qua, una stretta di mano.

Edoardo                        - Sei in uno stato frenetico!

Paolo                             - Meglio!

Edoardo                        - (accorato, triste) Paolo... (Fa per uscire).

Paolo                             - E' l'addio che volevo... è il più bello! (Edoardo esce. Paolo acco­moda i cuscini sul divano. E' davvero in uno stato di frenesia, ma quasi giu­liva. Sparge dei fiori) Per me e per lei... qui... sì... cadrò lì.,. Fermare nelle pupille per sempre un sorriso di donna! E' la vita che si specchia nella morte!... (Apre con la chiave l'uscio di destra).

Giuditta                        - (dall'interno, al primo giro di chiave, grida) Chi è? Chi è? Aiuto!

Paolo                             - (ha aperto) Sono io... io... non urlate!

Giuditta                        - (in camicia da notte si strin­ge al petto la vestaglia) Voi, signor architetto, mi avete sorpresa!

Paolo                             - Venite, sedete qui... Volete champagne? I fiori? (Tra le braccia, per forza, le caccia un mazzo di fiori). Come siete bella! Quanto mi piacete!...

Giuditta                        - Oh, Dio! Ho paura...

Paolo                             - No, non abbiate paura...

Giuditta                        - (tremante) No... voi mi licenzierete... Non dovevo... non dovevo abusare...

Paolo                             - Sono io che voglio abusare del momento, della situazione, del pericolo...

Giuditta                        - Quale pericolo?

Paolo                             - Quello che è nei vostri oc­chi, sulle vostre labbra... Siete tutta una seduzione mortale!!!

Giuditta                        - Sono ancora qui, perché mi ha scacciato lo zio...

Paolo                             - Ha fatto bene...

Giuditta                        - Come?

Paolo                             - Dicevo che è un bene, un sommo bene per me il vedervi!...

Giuditta                        - A quest'ora?

Paolo                             - L'ora giusta, l'ora esatta! Quindici minuti! Abbiamo quindici mi­nuti di fronte a noi! Sarà il paradiso! Me l'avete promesso!  Avevate aperta una porta ed io imbecille l'avevo rin­chiusa...

Giuditta                        - (risentita) Io vi ho chie­sto perdono...

Paolo                             - E la tua offerta di ieri l'altro?

 Giuditta                       - Ieri l'altro ero una stolta, ieri l'altro era l'irreparabile che cercavo...

Paolo                             - Ora sono due irreparabili che dobbiamo cercare.

Giuditta                        - Voi... voi... che avete par­lato di onestà... di dignità... (Ritrosa) E, adesso...

Paolo                             - Sì, sì, resisti... tu, devi re­sistere! La battaglia mi giova... (Le si è appressato smanioso).

Giuditta                        - Signor architetto, sono stordita... non capisco...

Paolo                             - Non capire; sì, stordisciti, cara. Tanto più mi piaci... Si capisce! Devi arrossire... devi tremare... Il pu­dore è il linguaggio più degno dell'amo­re... Sono felice!...

Giuditta                        - (stupefatta) Non vi rico­nosco più...

Paolo                             - Non devi riconoscermi! Son felice perché il mio cuore batte, strepita, s'accanisce.. Sentilo          - (le afferra una ma­no e se la preme contro il cuore). Fallo schiantare! ... Guardami negli occhi. Si schianterà...

Giuditta                        - (impressionata) Signor Rod...

Paolo                             - Si muore d'amore! Non lo sai? Non l'hai mai letto? Giuditta, li­berami... Solo che tu lo voglia... che tu mi lascia affondare le mani nei tuoi tuoi capelli... che tu conceda la tua bocca alla mia bocca... (S'avvicina a lei, poi pre­mendosi il cuore) Non ne può più... si spezza... il merito è tuo... (Si abbranca a lei) Salvami!... baciami... fammi mo­rire...

Giuditta                        - Signor Paolo!  Aiuto, aiuto...

Paolo                             - (si scosta lento, poi biascica, ta­steggiandosi deluso) Ancora vivo?... Bugiardi... non è vero... non si muore d'amore!...

Edoardo e il Dottore     - (entrano dalla sinistra. Giuditta raccogliendosi attorno la vestaglia scappa).

Paolo                             - (ai due) Ah! Ancora voi! Mille volte meglio la ghigliottina, la se­dia elettrica, il capestro! Chi sa di qual morte deve morire, ha almeno il con­forto di prepararsi... Sicuro, anche fisi­camente!  Ci si prepara a tutto: alla lama della ghigliottina, alla forca, alle pallottole... Il segreto è sapere, sapere, sapere! Fossero anche due mani che ti strozzano. Sapere! Costruisci la tua sen­sazione e l'affronti. (Seduto sulla pol­trona si mostrerà sempre più affaticato).

Edoardo                        - E chi ti ha detto che av­verrà per mano d'altri?

Paolo                             - (sospettoso) Per mano mia, allora? No, Edoardo,( no... Tu mi sor­vegli... mi immobilizzi', ti autorizzo!

Edoardo                        - Ti difenderò fino all'ulti­mo! Ma devi mostrare un altro animo!

Il Dottore                      - C'è un caldo qui den­tro! Non si respira!

Paolo                             - (alzandosi di scatto) Non si respira... E' vero... io soffoco!

Edoardo                        - Avevo aperto anche prima...

Il Dottore                      - Un po' d'aria ti farà bene... (Sul balcone) Vieni qui... (Lo accompagna).

Paolo                             - (d'improvviso retrocede terro­rizzato) Venite via! Qui, qui, fuggite!

Edoardo                        - (pure retrocedendo) Che c'è? Che cosa vedi?

Paolo                             - Il balcone! Come? Non avete pensato al balcone?

Il Dottore                      - C'è il parapetto...

Paolo                             - Non serve! Un crollo ed è finita!  Quanti balconi precipitano!  Si legge spesso...

Edoardo                        - Già, ho letto anch'io...

Il Dottore                      - Può precipitare anche il soffitto... crollare la casa.

Paolo -                           - Sì, anche la casa!...

Il Dottore                      - Allora usciamo.

Edoardo                        - Difatti saremo più sicuri...

Paolo                             - (interrogando incerto) Uscia­mo?! Sulla strada?... (Dal balcone aper­to giungeranno echi di voci rumorose e lontanissime). No... no!... Sulla strada? No!  Una lite... sparano magari ; mi scambiano per un altro... Oppure un tassì... un autobus... Non vengo, sto qui... Avrò negli occhi le mie carte, il mio la­voro!... Voglio finirla qui!  (Squilla il campanello).

Il Dottore                      - A quest'ora?

Edoardo                        - Chi può essere? (Va a ve­dere).

Paolo                             - Lascia entrare! E' lei... la­sciala entrare.

Il Dottore                      - E' curioso... disturbare adesso...

Paolo                             - Tutto è verosimile... Venisse anche il boia!

Edoardo                        - (dall'interno concitato) Voi siete un prepotente!  Non sono queste le ore!

Gaiera                           - Io tutelo il mio diritto a qualunque ora. Ho visto illuminato. Ho suonato. Entro!

Edoardo                        - E vi pare un'ora lecita?

Gaiera                           - E a voi pare lecito di truf­fare la gente? Sono venuto tre volte ieri, due volte oggi e non ho trovato nessuno.

Il Dottore                      - (sulla porta) Ma voi chi siete? Che cosa volete?

Gaiera                           - Io voglio l'architetto Paolo Rod! Mi fu promesso un progetto di villa in ventiquattro ore... Ho sborsato cin­quecento sterline d'anticipo, ma non ho avuto nulla...

Edoardo                        - Ritornate in ore d'ufficio!

Gaiera                           - Non provocatemi! Non mi conoscete! Sarà peggio per voi, per voi tutti!

Paolo                             - (trasognato) Aspettate, spie­gatevi... Voi avete consegnato una ca­parra? A chi?...

Gaiera                           - (indicando Edoardo) A costui...

Edoardo                        - Consegnata? Me l'ha im­posta senza che io gliela chiedessi...

Gaiera                           - lo non attendo mai che mi si chieda! E' il mio metodo e non tran­sigo!

Il Dottore                      - Voi avrete tutte le ra­gioni, ma non è questa l'ora...

Gaiera                           - Ma che ora... che ora... L'una o l'altra... Io voglio soddisfazione!

Il Dottore                      - (seccamente) Basta... andatevene...

Paolo                             - (con un'idea al dottore) Un momento!... (A Gaiera) Voi esigete soddisfazione?

Gaiera                           - Naturalmente! La esigo!

Paolo                             - Quindi voi siete un uomo risoluto...

Gaiera                           - Sissignore, guardatemi: ri­solutissimo!

Paolo                             - Perciò voi non sopportereste che uno vi desse del mascalzone!?...

Gaiera                           - «Mascalzone!?».., A me? A me?

Paolo                             - Sissignore, a voi! Del ma­scalzone ve lo do io!...

Gaiera                           - (alterato) Che cosa dite?

Paolo -                           - E voi che cosa fate? Che cosa fa un uomo risoluto che si sente dare del mascalzone? Anzi del farabut­to? Anzi del vigliacco?

Gaiera                           - Ah!  (Con gesto violento) Ah! Per Dio!

Paolo                             - Benissimo! Rivoltatevi, rea­gite... Avanti, prendetemi per la gola, aggreditemi, strozzatemi... Non ne posso più!...

Gaiera                           - (prende dalla tasca interna della giacca un biglietto da visita) Eccoche cosa fa un uomo risoluto! (e con gesto fiero protende a Paolo il bi­glietto).

Paolo                             - (lacerandolo) Bel coraggio... la solita buffonata!... Ve lo insegno io che cosa fa un uomo risoluto, energico e deciso. Ve lo insegna Paolo Rod il 26 aprile 1939! (Si precipita al tiretto dello scrittoio: lo apre, estrae una rivol­tella e la mette in mano violentemente a Gaiera. Questi è stupefatto. Non si rende conto) E' carica... Un uomo che ha una dignità da difendere, spara! Avanti! (Si scopre il petto) Fuoco! Una pallottola! Questo è il bersaglio!

Il Dottore                      - (a Gaiera) Non ascol­tatelo... delira!

Gaiera                           - (osserva comicamente l'arma) E’ proprio carica! Non è uno scherzo!?

Paolo                             - Scherzo? Nossignore! Spa­rate! Non ne posso più! Tre minuti a mezzanotte... Vi scongiuro! Non siate così vile, non rifiutate! Sparate! Io so, io so chi vi manda!

Gaiera                           - Io, mandato qui? Dove sono capitato? E' un'imboscata! (Depone l'arma sulla scrivania di destra).

Paolo                             - Allora, no? No? (Coi pugni chiusi) Avete paura? Vigliacco!

Il Dottore                      - (a Gaiera) Vi spie­gherò... Venite...

Gaiera                           - (uscendo col dottore) Ma fa­tevi uccidere da chi volete, pazzo!  (Escono).

Paolo                             - (invasato, convulso, corre a chiudere la comune) Nemmeno lui mi ha voluto!... Ah! (Chiude anche la finestra, indi sì pianta di fronte al gran­de orologio) Due minuti! (Ad Edoardo) Stai attento... mi prendi tra le brac­cia... Io conto i secondi... centoventi! (All'orologio coi pugni alzati) Cammi­na... fai presto... Tac... tac... Quanti ne vuoi ad ogni «tac»?... Vampiro che in­ghiottì la vita... tac... un morto... tac... un vivo... Che cosa vuoi? Vuoi anche me? Ma prima, io... io, ti rompo la fac­cia... io, ti spacco il cuore... (e Paolo tempesterà di pugni il vetro dell'orologio a pendolo: è come avesse di fronte un nemico, vivo, odioso, mortale. Rumore di vetri infranti).

Edoardo                        - (tentando di trattenerlo) Ti fai male, Paolo... sei ferito...

Paolo                             - (ha difatti le mani insangui­nate) Lascia, lascia... accoppo lui... vendico tutti... (L'orologio batte le ore. Paolo si arresta nella sua furia selvag­gia. Ha gli occhi sbarrati, ansima. L'uno fissa l'altro: Edoardo quasi rovesciato sulla scrivania di destra; Paolo davanti all'orologio, immobile. Un fantasma).

Paolo                             - ...sette... otto...

Edoardo                        - Nove.., dieci...

Paolo e Edoardo           - (contemporanea­mente) Undici... dodici... (al dodice­simo tocco rintronerà un colpo di rivol­tella. Edoardo pressoché rovesciato sulla scrivania, ha fatto cadere l'arma da cui il colpo è partito. Il proiettile è andato a vuoto. Paolo ed Edoardo esploderanno in un urlo).

Paolo                             - Morto!... (S'è accasciato al suolo ai piedi dell'orologio).

Edoardo                        - No... io!... (E' inginoc­chiato presso la scrivania).

Paolo                             - Tu?

Edoardo                        - Io!... Wallace ha sba­gliato!...

Il Dottore                      - (dalla comune, allegro) Che, mammalucchi... (riapre la vetrata). Sentite... la torre di Westminster... (Si udranno gli ultimi tocchi) E' mezza­notte e siete vivi... Questa volta gliela avete fatta agli spiriti... (I due dal suolo, fissano il dottore, ebeti, assenti) Che? Siete vivi... dico... e ve lo provo io a schiaffi! (Scoppia a ridere).

Paolo                             - Mezzanotte!  (Rialzandosi come un automa, sbarra gli occhi sul grande orologio frantumato e fermo. Ha un riso convulso) Ah! Ah! Ti ho in­chiodato! Mezzanotte! Segnerai quest'ora per tutta la mia vita: perché io ho provato a morire, io ho provato a morire!

FINE