Girotondo

Stampa questo copione

GIROTONDO, di Arthur Schnitzler

GIROTONDO

di Arthur Schnitzler

1.             LEOCADIA e FRANZ

Sul ponte di Augarten. Di sera tardi.

LEOCADIA: Vieni, mio angelo bello…Non vuoi venire con me?
FRANZ: Ah, sarei io l'angelo bello?
LEOCADIA: Sì, chi se no? Dai, vieni. Io abito da queste parti.
FRANZ: Non ho tempo. Devo rientrare in caserma!
LEOCADIA: Arriverai sempre in tempo in caserma. Con me per un po’starai meglio del solito...
FRANZ le si avvicina             Guardandoti bene da vicino, mi sa che hai proprio ragione…
LEOCADIA: Forza allora, che può arrivare da un momento all'altro una guardia.
FRANZ:  Sai che paura! La guardia! Ho anch'io la mia baionetta, se è per questo…
LEOCADIA:   Bene, non ci serve altro: andiamo allora.
FRANZ:  Ti dico subito che non ho denaro.
LEOCADIA: Non ho detto che voglio denaro da te.
FRANZ Non vuoi denaro?
LEOCADIA: A pagarmi ci pensano quelli con più anni e più soldi di te. Con uno come te lo faccio gratis.
FRANZ:                Aspetta: allora sei forse quella tale di cui il mio amico Huber mi ha riferito?...
LEOCADIA: Io non conosco nessun Huber.
FRANZ: Devi essere proprio tu. Hai presente il caffè nella Schiffgasse? Lo hai rimorchiato là, e portato a casa tua.
LEOCADIA: Da quel caffè sono tornata a casa con talmente tanti uomini...
FRANZ:   Se le cose stanno così, andiamo. Alle dieci devo essere in caserma.
LEOCADIA: Quando hai cominciato il servizio militare?
FRANZ: Ah, lascia perdere. Abiti lontano?
LEOCADIA: Dieci minuti a piedi.
FRANZ: E' troppo lontano, allora. Comincia col darmi un bacino, va...
LEOCADIA         Baciare è quello che più mi piace, quando sto con uno che mi piace.
Ascolta... Se la mia casa è troppo lontana... possiamo andare giù sull’argine del Danubio: laggiù è così silenzioso... e poi adesso non c'è nessuno.
FRANZ Bah…sono indeciso…non vorrei farmi beccare…
LEOCADIA         Su, fatti coraggio: chissà se domani saremo ancora vivi…
FRANZ: Va bene mi hai convinto: si va di lì?
LEOCADIA:  Si ma fai attenzione, è buio qui. E se scivoli cadi nel Danubio.
FRANZ:   Chissà…Magari sarebbe la soluzione migliore per me.
LEOCADIA:   Non ho sentito quello che hai detto...Aiutami,  da queste parti ci deve essere una panchina…
FRANZ: Conosci bene questo luogo, vedo.
LEOCADIA:  E tu lo sai che sei proprio un bel tipo? Uno come te lo vorrei avere per amante…
FRANZ: Sarei troppo geloso.
LEOCADIA: Te la spazzerei via la gelosia.
FRANZ: Ah, e in che modo?
LEOCADIA: Ssst: parla piano. Ci potrebbe essere una guardia in perlustrazione. Chi direbbe che siamo al centro di Vienna?
FRANZ: Vieni, vieni qui.
LEOCADIA: Non qui, che ti salta in mente… se scivoliamo andiamo a finire in acqua!
FRANZ:  Non ho più voglia di aspettare...
LEOCADIA: Sta attento, però...
FRANZ: Non temere…Ecco, brava, così…

- - - - - - - - - - - -

LEOCADIA: Sulla panchina sarebbe stato più piacevole.
FRANZ: Qui o là è sempre la stessa cosa, no ?... Dai, togliti ora.
LEOCADIA: Quanta fretta...
FRANZ: Devo andare in caserma, te l’avevo detto. Sono già in ritardo.
LEOCADIA: Vai allora. Prima mi dici almeno come ti chiami?
FRANZ: Che ti importa del mio nome?
LEOCADIA: Io mi chiamo Leocadia.
FRANZ:  Leocadia? Che razza di nome…
LEOCADIA: Ah, senti!...
FRANZ: Che altro c'è, ora?
LEOCADIA: Mi daresti almeno qualche soldo per il caffè?
FRANZ:  Neanche per sogno! Mi hai preso per l’unico fesso che paga? Ti saluto, Leocadia...
LEOCADIA:  Va all’inferno, lazzarone!


2. FRANZ e  MARIE

Prater. Domenica sera.
Una viuzza che dal Wurstelprater porta nei viali bui. Dal Wurstelprater si diffonde ancora una musica, anche il suono di una Fünfkreuzertanz, una polca grossolana suonata da strumenti a fiato.


MARIE: Ora però mi deve spiegare perché ha avuto così tanta fretta ad andarsene. Era così bello, là dentro! Io ballo sempre molto volentieri.  Che fa? Perché mi stringe così forte?
FRANZ: Come si chiama? Kathi?
MARIE: Lei ha sempre in mente una Kathi.
FRANZ: Ah, mi sono ricordato: Marie!
MARIE: Ma qui è proprio buio: le dirò che ho un po’ di paura...
FRANZ: Quando è con me non deve avere paura, Marie.Qualunque cosa accada, io la saprei difendere.
MARIE: Ma dove stiamo andando? Qui non c'è più nessuno. Venga, torniamo indietro!... E' troppo buio!
FRANZ   Ecco un po' di luce! Ah… Oh-Oh ! che bel tesoruccio!
MARIE: Ah, ma che mi sta facendo? Se lo avessi immaginato…
FRANZ: Che il diavolo mi porti se oggi da Swoboda ce n'era una più morbida di lei, signorina Marie.
MARIE: Le ha provate tutte, prima di invitare me?
FRANZ: Parlo in base a ciò che si capisce ballando. Si comprendono molte cose, mi creda…
MARIE:   Con quella bionda dal muso storto ha ballato più che con me.
FRANZ: E' una vecchia conquista di un mio amico.
MARIE: Del caporale con i baffi arricciati?
FRANZ: Ah no, era quel civile che in principio stava seduto vicino a me, ricorda, quello con la voce roca.
MARIE: Ah, ho capito. E' un tipo sfacciato mica male, devo dire!
FRANZ: L'ha importunata? Lo sistemo io appena lo rivedo! Che le ha fatto?
MARIE: Oh, niente. Ho solo visto come si comportava con le altre.
FRANZ: Senta, signorina Marie...
MARIE: Stia attento a non bruciarmi con il sigaro.
FRANZ: Pardon... signorina Marie. Diamoci del tu.
MARIE: Ma ci conosciamo ancora così poco…
FRANZ: C'è gente che si detesta, e tuttavia si dà del tu.
MARIE: La prossima volta, quando ci... Ma, signor Franz...
FRANZ: Ricorda come mi chiamo?
MARIE: Ma, signor Franz...
FRANZ: Mi chiami semplicemente Franz, signorina Marie.
MARIE: Non sia così sfrontato... Potrebbe venire qualcuno!
FRANZ: E anche se viene? Non ci si vede da qui a lì!
MARIE: Ma santo Dio, ma cosa mi sta facendo?
FRANZ: Guardi, lì ci sono altri due come noi.
MARIE: Perché dice " due come noi"?
FRANZ: Eh, voglio dire che si vede che anche loro stano bene insieme…
MARIE: Non mi spinga così, mi fa cadere.
FRANZ: Sst, abbassi la voce.
MARIE: Senta, ora se non la smette mi metto a gridare! Ma cosa fa... ma...
FRANZ: In giro qui non c'è proprio nessuno.
MARIE: Allora torniamo in mezzo alla gente.
FRANZ: Ma noi non abbiamo bisogno di gente, Marie... Ci serve solo... Aaah!
MARIE: Ma, signor Franz, la prego, in nome di Dio, se avessi immaginato una cosa del genere... oh... oh... si…entra!...

- - - - - - - - - - - -

FRANZ (felice)... Ah, che bello !...
MARIE:  Si…Però è’ tanto buio che quasi non riesco a vedere il tuo volto…
FRANZ: Eh? Il volto qui non è che importi molto...ascolta Marie, girati un momento … ecco si…così…

- - - - - - - - - - - -

FRANZ:   Su, signorina Marie, dobbiamo andare ora: non può rimanere lì, distesa sull'erba in eterno!
MARIE:  Aspetta un momento, Franz, aiutami almeno ad alzarmi...
FRANZ: Dai,spicciati.
MARIE: Oh Dio, come sei diventato di colpo cattivo, Franz!
FRANZ: Sì, sì, cattivo... Ma pensa un po'...
MARIE: Che fai ora, mi abbandoni qui?
FRANZ: Lasciami almeno accendere il sigaro...
MARIE: Dimmi, dopo aver fatto quello che hai fatto, mi vuoi almeno un po’ di bene?
FRANZ: Dovresti averlo capito da te, signorina Marie, no?
MARIE: Adesso dove andiamo?
FRANZ: Ritorniamo da dove siamo venuti.
MARIE: Per piacere, non camminare così alla svelta!...Senti, Franz, mi vuoi bene?
FRANZ: Ma se te l'ho appena detto, che ti voglio bene!
MARIE: E come mai non mi dai neanche un bacio?
FRANZ: Ecco, senti... Si ode di nuovo la musica.
MARIE: Vorresti tornare là, a ballare?
FRANZ: Certo, perché no?
MARIE: Vedi, Franz, io devo rincasare; chissà che cosa staranno già dicendo... La mia padrona è una... A suo avviso io non dovrei mai uscire.
FRANZ: Be', se devi andare, ciao.
MARIE: Io ero convinta, signor Franz, che lei mi avrebbe accompagnato.
FRANZ: Accompagnarti? Scordatelo.
MARIE: Senta, è tanto triste rincasare da soli.
FRANZ: Dove abiti?
MARIE: Non è lontano... Nella Porzellangasse.
FRANZ: Là in fondo? Ne hai strada da fare, allora... Adesso si fa ancora un po' di baldoria, oggi ho tempo in abbondanza... Non devo essere in caserma prima di mezzanotte. Perciò torno a ballare.
MARIE: Ho capito, adesso è il turno della bionda col muso storto.
FRANZ: Non è poi così storto...
MARIE: Oddio, come sono cattivi gli uomini. Lei si comporta così con tutte quante, no?
FRANZ: Mi piacerebbe, ma con tutte sarebbe troppo! Eccolo qui di nuovo...
MARIE: Chi?...
FRANZ: Lo Swoboda! Come siamo stati veloci. Stanno sempre suonando la solita musica... tarararà tarararà... (Canterella)... Senti, se mi vuoi aspettare qui, dopo ti accompagno. Se no, ciao.
MARIE: Va bene, ti aspetto qui.

FRANZ:  Intanto, si faccia portare una birra. (Poi si rivolge a una, che gli passa vicina…) Permette, signorina?...


3. MARIE e ALFRED

MARIE: Prego, signorino?
ALFRED  Ah sì, Marie, ah sì, ho suonato, sì... Che volevo?... Giusto, tiri giù le imposte, Marie... Fa più fresco quando le imposte sono giù... sì...Che fa, Marie? Ah, già. Ora però non ci si vede più a leggere.
MARIE: Lei, signorino, studia così tanto...
ALFRED    Così va bene. Lei, Marie... sì, che cosa volevo dirle... sì... c'è forse del cognac in casa?
MARIE: Sì, ma deve essere chiuso.
ALFRED               E chi ha la chiave?
MARIE:     Ce l'ha la Lini.
ALFRED    Chi è la Lini?
MARIE: La cuoca, signor Alfred.
ALFRED               Allora chieda la chiave alla Lini.
MARIE:                Ora non c’è: è il suo giorno libero.
ALFRED Ah...Allora Marie, mi porti un bicchiere d'acqua... ma la faccia scorrere prima, che sia bella fresca...
ALFRED   Oh, grazie... Che cosa c'è? Stia attenta; rimetta il bicchiere sul vassoio.... Che ore sono?
MARIE: Le cinque, signorino.
ALFRED   Ah, le cinque... Bene... Cosa volevo chiederle, Marie... Stamane non è venuto qui il dottor Schüller?
MARIE: No, non è venuto nessuno, stamane.
ALFRED    E’ davvero strano… Così il dottor Schüller non è venuto… Lei lo conosce il dottor Schüller, vero?
MARIE: Sicuro. E' quell'uomo grosso con la barba nera.
ALFRED   Sì. Non è venuto qui?
MARIE: No, qui non è venuto nessuno, signorino.
ALFRED Venga qui, Marie.
MARIE  Prego.
ALFRED  Più vicina... così... ah... credevo solo...
MARIE: Che cos'ha signorino?
ALFRED  Credevo... Credevo... Soltanto per via della sua camicetta... Che roba è ?... Su, si avvicini un po', non la mangio mica!
MARIE: Che cos'ha di strano la mia camicetta? Non le piace, signorino?
ALFRED  E' un bellissimo azzurro, molto piacevole. Anche lei è molto piacevole, Marie.
MARIE: Ma, signorino...
ALFRED   Che c'è?... (Le apre la camicetta, freddamente.) Lei ha una bella pelle bianca, Marie.
MARIE: Signorino, lei mi lusinga.
ALFRED  le bacia il seno  Questo non fa certo male.
MARIE: Oh, no.
ALFRED  Perché sospira? Perché sospira così, Marie?
MARIE: Ah, signor Alfred...
ALFRED   E che pantofole carine ha...
MARIE: Ma, signorino, e se qualcuno suonasse?...
ALFRED  Chi mai potrebbe suonare a quest'ora?
MARIE:   Ma, signorino... c'è troppa luce...
ALFRED   Non deve sentirsi intimidita né di me... né di altri. Lei è così bella. Sì, lo giuro sulla mia anima. Marie, lei è... Sa che i suoi capelli mandano un così buon profumo...
MARIE: Signor Alfred...
ALFRED   Non faccia la difficile, Marie... L'ho già vista nuda più volte. Ad esempio una notte che, appena rientrato, andai a prendere un bicchiere d'acqua, e la porta della sua cameretta era aperta...
 MARIE    O Dio, non immaginavo che il signor Alfred fosse così cattivo.
ALFRED   Ho visto tante cosine tue... questo... e questo... e questa... e...
MARIE: Ma, signor Alfred!
ALFRED   Vieni... così... sì, così...
MARIE: Ma se… adesso… qualcuno… suon…asse...
ALFRED    Ora la finisca, via... Nella peggiore delle ipotesi non apriremo...

- - - - - - - - - - - -

Suonano.
ALFRED    Diavolo!... Senti che cagnara fa, quel villano! Dov'essere da un po' che suona, e noi non lo abbiamo sentito.
MARIE: Ma io sono sempre stata con le orecchie tese.
ALFRED   Via, guardi un po' chi è... dallo spioncino.
MARIE   Signor Alfred... Ma lei...ma noi…
ALFRED    La prego, vada a vedere...
MARIE   Se c'era qualcuno, se ne è già andato via. Forse era il dottor Schüller.
ALFRED    Non importa. Ah, Marie... Io adesso vado al caffè.
MARIE   Di già... signor Alfred?
ALFRED  Le dicevo che vado al caffè: nel caso venisse il dottor Schüller...
MARIE: Ormai non verrà più…
ALFRED    Se venisse il dottor Schüller io, io... io sono... al caffè.


4. ALFRED ed EMMA

Sera. Una sala arredata con banale eleganza in una casa della Schwindgasse.
EMMA: Alfred... Alfred!
ALFRED: Venga, venga, signora Emma...
EMMA: Attenda ancora un momento... La prego... prego, Alfred! Dove realmente mi trovo?
ALFRED: Da me.
EMMA: Questa casa è spaventosa, Alfred.
ALFRED: Perché mai? E' una casa assai signorile.
EMMA: Per le scale mi sono imbattuta in due uomini.
ALFRED: Conoscenti suoi?
EMMA: Non lo so. E' possibile.
ALFRED: Mi perdoni, signora... Ma lei dovrebbe riconoscere i suoi conoscenti.
EMMA: Io non ho visto nessuno.
ALFRED: Ma anche se fossero stati i suoi più stretti amici... come avrebbero potuto riconoscerla? Io stesso... se non sapessi che è lei... Questo velo...
EMMA: E' un velo doppio.
ALFRED: Non vuole accomodarsi?... Si tolga almeno il cappello!
EMMA: Che cosa le passa per la testa, Alfred? Le dissi: una visita di cinque minuti... Non uno di più... Lo giuro...
ALFRED: Suvvia, il velo...
EMMA: Sono due.
ALFRED: Allora tutte e due i veli... Potrò, spero, avere il piacere di guardarla in faccia?
EMMA: Mi ama così tanto, Alfred?
ALFRED Emma, e lei me lo chiede?
EMMA: Qui dentro fa molto caldo.
ALFRED:  Per forza, lei ha ancora addosso il mantello di pelliccia... Corre il pericolo di prendersi un raffreddore.
EMMA    Sono stanca morta.
ALFRED: Mi permetta.  A. in piedi davanti a lei scuote il capo.
EMMA: Che c'è?
ALFRED: Lei non è mai stata tanto bella.
EMMA: Come mai?
ALFRED:   Solo lei esiste per me... solo con lei mi sento uomo... Emma... Si inginocchia vicino alla poltrona, e stringe le mani della donna che copre di baci.
EMMA: E ora... mi lascia andare via. Ho già fatto ciò che mi chiedeva.      A. posa il capo sul grembo di lei.  Mi aveva promesso che avrebbe fatto il bravo.
ALFRED: E' vero.
EMMA: In questa stanza si soffoca.
ALFRED    Lei ha ancora addosso il mantello.
EMMA: La posi vicino al cappello. E adesso... addio... I cinque minuti sono passati da un bel po'.
ALFRED: Ma no, non ne è passato nemmeno mezzo...
EMMA: Alfred, prima mi dica che ore sono precisamente.
ALFRED: Sono le sei e un quarto.
EMMA: A quest'ora dovrei già essere da mia sorella.
ALFRED: Può vedere sua sorella in qualsiasi momento...
EMMA: Oh Dio, Alfred, perché mi ha convinta a comportarmi in questo modo!
ALFRED: Perché... l'adoro, Emma.
EMMA: A quante altre lo ha detto?
ALFRED: A nessuna, da quando l'ho incontrata.
EMMA: Quanto sono sventata! Chi lo avrebbe detto... una settimana fa... o anche ieri...
ALFRED: Ma l'altro ieri ci eravamo già messi d'accordo...
EMMA: Ha tanto insistito. Io però non volevo. Dio mi è testimone... io non volevo farlo... Ieri ero proprio decisa... Lei sa che ieri sera le ho anche scritto una lunga lettera?
ALFRED: Io non l'ho ricevuta.
EMMA: Perché l'ho stracciata. Ma chissà, sarebbe stato meglio che l'avessi spedita.
ALFRED: E' meglio averla buttata via.
EMMA: Oh no, è una vergogna da parte mia. Fatico a darmi una spiegazione. Addio, Alfred, mi lasci andare via.
A. la abbraccia e la copre di baci voluttuosi. E' in questo modo... che lei mantiene la promessa...
ALFRED: Ancora un bacio... uno solo.
EMMA: L'ultimo. (Lui la bacia, lei ricambia il bacio, e le loro bocche rimangono unite a lungo.)  Alfred, Alfred, che cosa sta facendo di me!
ALFRED: Vero... che qui non si sta male?... E poi qui dentro siamo proprio al sicuro! E' mille volte meglio degli appuntamenti all'aria aperta...
EMMA: Oh, non mi faccia ricordare quei momenti.
ALFRED: Io invece li ricorderò sempre con immensa felicità. Per me ogni minuto trascorso con lei è un ricordo dolcissimo.
EMMA: Ricorda anche il ballo dei commercianti?
ALFRED: Se lo ricordo?... Durante la cena con gli ospiti ero seduto accanto a lei, proprio accanto. Suo marito aveva chiesto una bottiglia di champagne... E. gli getta una occhiata infastidita. Intendevo parlare solo dello champagne. Mi dica, Emma, vuole un cognac?
EMMA: Un goccio, si, ma prima vorrei un bicchiere d'acqua.
ALFRED: Sì... Dov'è che l’ho messo... ah, sì...!

EMMA: Ora le faccio una domanda, Alfred... Prometta di dirmi la verità.
ALFRED: Glielo prometto.
EMMA: In questo appartamento non c'è stata mai un'altra donna?
ALFRED: Ma Emma... questo edificio ha più di vent'anni!
EMMA: Lei sa cosa intendo dire, Alfred... Con lei! Con lei in un certo modo…
ALFRED: Con me... qui... Emma! Non è bello che lei pensi a una cosa del genere.
EMMA:    Così lei ha già per così dire... mi dica... Ma no, preferisco non farle domande. E' meglio che stia zitta. Io stessa sono in colpa. Tutto a questo mondo ha un prezzo…
ALFRED: Che cosa dice? Che le succede? Cos'è che ha un prezzo?
EMMA: No, no, no, preferisco non pensarci... Altrimenti dovrei sprofondare sotto terra per la vergogna.
ALFRED     Emma, se immaginasse quanto mi rattrista vederla così! Vorrei suggerirle una cosa, Emma. Se lei si vergogna di trovarsi in questa casa... se io, dunque, non le piaccio abbastanza... se non capisce che lei per me è tutta la felicità di questo mondo... ebbene, allora è meglio che se ne vada via.
EMMA:   Sì, farò proprio così…
ALFRED    …Ma se lei si rende conto che io non posso vivere senza di lei, che un bacio sulla sua mano vuol dire per me più di tutte le affettuosità con tutte le donne di questo mondo... Emma, io non ho nulla a che fare con altri uomini che cercano di conquistare una donna facendole complimenti... io sono, forse, troppo ingenuo... io...
EMMA: E se lei, invece, fosse proprio come tutti gli altri?
ALFRED: Se io fossi uguale agli altri, lei non sarebbe qui, perché lei non è come tutte le altre donne.
EMMA: Come  fa a dirlo?
ALFRED   Ho pensato molto a lei. Sono persuaso che lei sia infelice.  L'esistenza è così fatua... e poi così breve... così spaventosamente breve. C'è solo un piacere al mondo per una donna bella come lei: trovare un uomo, dal quale essere amata...
EMMA   Ma insomma, Alfred, che fa ora...! non era questa la sua promessa…
ALFRED     La vita è così breve.
EMMA    Questa non è una buona ragione per...
ALFRED: Oh, sì che lo è.
EMMA    Badi, Alfred, lei mi aveva promesso che si sarebbe comportato bene... E comunque c'è troppa luce qui dentro...
ALFRED:   Di là non c'è luce…
EMMA: C'è un'altra stanza?
ALFRED  Certo: una camera bella...con un grande letto… e del tutto buia!
EMMA:   Sarà meglio rimanere qui, allora...   A. cerca di svestirla. Lei è così... oh Dio, che cosa sta facendo di me, Alfred!
ALFRED: Io ti adoro, Emma!
EMMA: Ma aspetta, aspetta almeno che mi svesta... Va', ti chiamo io, appena sono pronta...
ALFRED: Lasciami stare qui …lascia... che... ti... aiuti...
EMMA:  Più delicato! Così mi rompi tutto!  Puoi slacciarmi le scarpe, se proprio vuoi...A. le slaccia le scarpe e le bacia i piedi.
 Oh, che freddo!
ALFRED: Fra poco sarai calda, vedrai...
EMMA    Ne sei convinto?
ALFRED    Questo era meglio non dirlo…
EMMA    Sono pronta: vieni!
ALFRED: Eccomi...
EMMA: Alfred... Alfred!!!
ALFRED: Emma...

- - - - - - - - - - - -

ALFRED: E' evidente che ti amo troppo... Mi hai fatto perdere la testa.
EMMA: ...
ALFRED: Da giorni ero come diventato pazzo... Io lo avevo come presagito, che potesse accadere...
EMMA: Sono cose che capitano. Non te ne fare una colpa.
ALFRED: Oh, no di certo...
EMMA: Sei troppo teso. Su, calmati...parliamo un po’d’altro…
ALFRED:  Aspetta, voglio spiegarti una cosa, prima: Tu lo conosci Stendhal, vero?
EMMA: Stendhal? Certo...
ALFRED: La psychologie de l'amour?
EMMA:  No, quel libro no: come mai me lo chiedi?
ALFRED: Contiene una vicenda assai illuminante.
EMMA:    Ah si? Che razza di vicenda?
ALFRED: Parla di un drappello di ufficiali di cavalleria...
EMMA: Capisco...
ALFRED: ... i quali si narrano le proprie storie erotiche. E ognuno racconta che con la donna che più amava e desiderava... che lei lo... che lui la...  In breve, che con questa donna gli è accaduto la stessa cosa che adesso è capitata a me.
EMMA: Sì.
ALFRED: Capita di frequente.
EMMA: Sì.
ALFRED: Ma non è finita. Solo uno assicura... che una cosa del genere non gli era mai accaduta in vita sua. Ma, suggerisce Stendhal, costui era un fanfarone risaputo.
EMMA: Ma pensa!
ALFRED: Però… uno si rode il fegato lo stesso, questa è la cosa ridicola... Per quanto ciò sia del tutto insignificante.
EMMA: Sicuro. E comunque non preoccuparti, se ben ricordi... mi avevi promesso che avresti fatto il bravo: hai mantenuto la promessa…
ALFRED:   Almeno non prendermi in giro, che non migliori certo la situazione…
EMMA: Ma no, non ti prendo in giro! E' interessante il racconto di Stendhal. Prima di adesso pensavo che certe cose accadessero ai vecchi... oppure... capisci, alle persone che lo fanno con tante donne...
ALFRED: Ma cosa vai a pensare! Le tue sono solo torbide fantasie. Dimenticavo di raccontarti la vicenda più divertente di Stendhal. Uno degli ufficiali di cavalleria narra di essere stato addirittura per tre notti, o sei... ora ho una amnesia, con una donna che aveva per lunghe settimane desiderato, désirée, intendi... E che per tutte quelle notti aveva solo pianto dalla contentezza... insieme a lei...
EMMA: Sia lui, che lei?
ALFRED: Sì, ti stupisce? Io lo trovo tanto naturale... quando ci si ama…
EMMA: Però…ammetterai che ci sono anche quelli che non piangono…
ALFRED, irritato: Certo... Si parlava di un fatto eccezionale.
EMMA: Ah... Pensavo che Stendhal sostenesse che tutti gli ufficiali di cavalleria, quando sono a letto con una donna, si mettono a piangere.
ALFRED: Vedi, adesso ti diverti alle mie spalle…
EMMA: Ma cosa stai dicendo? Non essere ridicolo, Alfred.
ALFRED: Comunque questa situazione mi dà fastidio... E poi ho l'impressione che tu abbia preso male la cosa, e tutto ciò mi deprime. Ma pare che tu ci sia rimasta davvero male…
EMMA: Ma no, cosa vai a pensare…E’ stato così piacevole…
ALFRED:   Lo vedi... non fai altro che canzonarmi.
EMMA: Perché mai? Vieni, posa la tua dolce testolina sul mio grembo…
ALFRED: Ah, così va meglio: almeno mi sento coccolato…Oh, sono così felice!
EMMA:  Mi raccomando però: non è necessario che ti metta anche a piangere…
ALFRED si allontana da lei, profondamente irritato: Di nuovo, di nuovo! Ti ho pure detto che non sopporto che...
EMMA:  Che ho fatto? Ti ho solo detto di non piangere...!
ALFRED: Mi hai detto: non è necessario che ti metta anche a piangere!
EMMA: Sei proprio teso, tesoro mio…
ALFRED: A chi lo dici…
EMMA: Non ti devi preoccupare. Mi diverte anzi, che... che noi, come dire, ci si comporti da buoni amici...
ALFRED: E dagliela!
EMMA: Ma non ricordi proprio? Ci conoscevamo da poco tempo, eravamo a casa di mia sorella, al gran ballo di gennaio, durante la quadriglia... Oh Dio, a proposito! dovrei essere da lei già da un bel po'... Mia sorella mi aspetta! Come potrò giustificarmi, ora... Alfred, devo andare.
ALFRED: Emma!... Non mi vorrai lasciare in queste… condizioni? Ti prego, ancora cinque minuti...
EMMA: Bene, ancora cinque minuti. Ma devi promettermi... di non toccarmi... Intesi?... Ti darò un altro bacio prima di congedarci... Sst... Stai fermo... Ti dico di non toccarmi, se no mi alzo immediatamente…ehi ehi! Cosa vedo mai! mio dolce... dolce Alfred!
ALFRED: Emma... mia adorata...!

- - - - - - - - - - - -

ALFRED: Ah, ora mi pare davvero di essere in paradiso!
EMMA:  Bene: ora però me ne devo andare sul serio.
ALFRED: Ma dai, lascia che tua sorella aspetti ancora un po’...
EMMA: Devo precipitarmi a casa. Ormai è troppo tardi per andare da mia sorella. Che ora è?
ALFRED: Come faccio a indovinarlo?
EMMA: Guarda l'orologio.
ALFRED: Ho messo l'orologio nel gilè.
EMMA: Va a prenderlo.
ALFRED: Sono le venti.
EMMA, alzandosi di scatto: Buon Dio... Presto, Alfred, passami le calze. Come mi giustificherò ora? A casa saranno già in ansia... Le otto...
ALFRED: Quando ti rivedrò?
EMMA: Non mi rivedrai.
ALFRED: Emma! Mi stai dicendo che non mi ami più?
EMMA: E' vero il contrario. Passami le scarpe.
ALFRED: Non ti rivedrò? Eccoti le scarpe.
EMMA: Nella mia borsa c'è un calzastivali. Ti prego, spicciati...
ALFRED: Eccolo!
EMMA: Alfred, tutto ciò può costare molto caro ad entrambi.
ALFRED: Perché?
EMMA: Come mi giustificherò, se mio marito vorrà sapere dove sono stata?
ALFRED: Digli che sei stata da tua sorella.
EMMA: Sì, dovrei: ma non so mentire… E' tutto per un uomo come te. Su, vieni qui... fatti dare ancora un bacio. (Lo abbraccia.)  E' stato meglio che non ci siamo messi a piangere, vero?
ALFRED sorride orgogliosamente: Come fai a fare commenti così frivoli...
EMMA: Come ci comporteremo... quando un giorno ci incontreremo nuovamente, magari per caso in società?
ALFRED: Un giorno... per caso... Domani ci vai dai Lobheimer, no?
EMMA: Sì. Anche tu?
ALFRED: Sicuro. Posso impegnarti per il cotillon?
EMMA: Oh, io non ci sarò. Per chi mi prendi? Io... (raggiunge il salotto completamente vestita, e prende un pasticcino di cioccolata) cadrei certamente per terra.
ALFRED: Dunque domani dai Lobheimer, stupendo!
EMMA: No, no... Revocherò di certo...
ALFRED: Allora dopo domani... qui da me.
EMMA: Ma che idee ti vengono?
ALFRED: Alle sei...
EMMA: Qui all'angolo ci sono delle carrozze, no?
ALFRED: Ce n'è da vendere. Allora dopo domani alle sei, qui. Dimmi di sì, tesoro.
EMMA: Ne parleremo domani al cotillon.
ALFRED l'abbraccia: Angelo mio!
EMMA : ... Non spettinarmi di nuovo. Ciao!
ALFRED solo.  Dunque, ora ho finalmente un rapporto con una donna della buona società.


5.   EMMA e KARL


Una accogliente camera da letto. La moglie legge a letto. Il coniuge in veste da camera entra nella stanza.

EMMA: Non lavori più?
KARL: No. Sono stanco. E poi...
EMMA: Sì?
KARL: Tutta a un tratto mi sono sentito tanto solo, alla mia scrivania. Ho sentito nostalgia di te.
EMMA   Sul serio?
KARL   Ora smettila di leggere. Non vorrai rovinarti gli occhi.
EMMA chiude il libro: Che cos'hai?
KARL: Nulla, bimba mia. Sono innamorato di te! Lo sai, no…
EMMA:  Davvero?Certe volte me ne dimentico.
KARL: Certe volte è perfino necessario dimenticarsene.
EMMA: Perché?
KARL: Perché se no il matrimonio sarebbe difettoso. Perderebbe... come si può dire... perderebbe la sua santità.
EMMA: Oooh...
KARL: Credimi... è così... Se durante i cinque anni del nostro matrimonio di tanto in tanto non ci fossimo scordati di volerci bene... a quest'ora saremmo sazi l'uno dell'altra.
EMMA: Il tuo ragionamento è alquanto complicato per me: spiegati meglio.
KARL: E' una questione elementare: ci siamo innamorati l'un dell'altra forse già una dozzina di volte... Non pare anche a te che sia accaduto qualcosa del genere?
EMMA: Non ho tenuto il conto...
KARL: Se fin dal primo giorno ci fossimo amati senza ritegno, se fin dell'inizio avessi saziato la mia passione per te, a quest'ora faremmo parte di quella categoria a cui appartengono milioni di copie : la categoria di chi non ha più nulla da dirsi.
EMMA: Ah... la pensi in questo modo?
KARL: Credimi... Emma... all' inizio del nostro matrimonio, temevo potesse finire così.
EMMA: Anch'io.
KARL:   Lo vedi? Non ho ragione? Ecco perché è meglio ogni tanto trattarci da amici anziché da innamorati...
EMMA:   Capisco.
KARL: Così può accadere che noi si trascorra sempre nuovi viaggi di nozze, e io non permetto mai che i viaggi di nozze...
EMMA: Durino mesi.
KARL: Esatto.
EMMA: E adesso... pare che un lungo periodo di, diciamo, amicizia, stia per avere termine?...
KARL stringendola con tenerezza a sé: Potrebbe essere davvero così, per quanto mi riguarda...
EMMA: E se... per me non fosse la stessa cosa?
KARL: Lo sarà, vedrai... Tu sei la persona più intelligente e straordinaria che ci sia. Sono tanto contento di averti conosciuta.
EMMA: Sei molto bravo a fare la corte... di tanto in tanto.
KARL: Per un uomo che sia esperto dei fatti del mondo - vieni, posa il capo sulla mia spalla - il matrimonio è qualcosa di molto più indecifrabile che per voi, ragazze di buona famiglia. Voi vi presentate pure e... almeno in linea di massima, innocenti. Ecco perché distinguete la sostanza dell'amore con un colpo d'occhio più sicuro del nostro.
EMMA: Oooh! Siamo in vena di complimenti!
KARL: Certo. Le molte e utili avventure prematrimoniali a noi uomini ci eccitano, ma ci rendono perplessi. Voi siete a conoscenza di molti fatti, ma non avete una chiara opinione delle esperienze di noi uomini. A noi ciò che si usa chiamare amore viene ben presto a noia, perché, dopotutto, le donne a cui ci rivolgiamo sono delle femmine strane!
EMMA: Già, come sono costoro?
KARL la bacia sulla fronte: E' una fortuna per te, bimba mia, non essere stata costretta a vedere quel mondo. Sono femmine del tutto meschine... ma non voglio scagliare su di loro la prima pietra…
EMMA: Ti prego... questa pietà... non giunge molto a proposito!
KARL: Se la meritano. Voi, ragazze di buona famiglia, che protette dai vostri genitori avete atteso serene l'uomo che vi avrebbe sposato, ignorate certamente la miseria che costringe queste disgraziate a imboccare la via del male.
EMMA: Ma, si vendono tutte per sopravvivere?
KARL: Non dico questo. Non alludo solo alla miseria materiale. Esiste anche un miseria che definirei morale, una scarsa cultura di ciò che è lecito, e soprattutto di ciò che è elevato.
EMMA: Ma perché dovremmo commiserarle?... Non si divertono a fare ciò che fanno?
KARL: Sei buffa, bimba mia. Non dovresti ignorare che simili donne sono condannate per loro natura a precipitare sempre più in basso. Cadono, cadono… senza fermarsi mai.
EMMA, stringendosi a lui: Evidentemente dev'essere bello cadere.
KARL: Come puoi parlare in questo modo, Emma? Io credo che per voi, donne oneste, non ci sia nulla di più ripugnante  delle donne disoneste.
EMMA: Certo, Karl, certo. Parlo così, tanto per dire. Su, conversa ancora: mi piace sentire la tua voce. Raccontami qualche episodio, qualche aneddoto strano…
KARL: Rispetto a cosa?...
EMMA:  Sulle tue esperienze con quelle creature…
KARL: Che cosa ti viene in mente?
EMMA: Una volta, quando ti frequentavo da poco, ti pregai di narrarmi qualcosa della tua gioventù.
KARL: Perché ti interessa così tanto questa questione?
EMMA: Non sei forse mio marito? E' non è ingiusto che io non sappia in pratica nulla del tuo passato?...
KARL: Non crederai mica che io ci provi gusto a... Basta, Emma... sarebbe una profanazione...
EMMA: Comunque tu hai... stretto fra le braccia chissà quante altre di queste donne, così come ora stringi me.
KARL: Non parlare di "donne". Donna per me sei solo tu.
EMMA: Mi devi però chiarire un particolare... se no... se no... niente viaggio di nozze…
KARL: Ti esprimi in un modo!... ricordati che sei madre... e che la nostra bimba è di là che dorme...
EMMA, stringendosi a lui: Ma io vorrei avere anche un maschietto…
KARL: Emma!
EMMA: Su, non essere così... sono di certo tua moglie... ma stavolta vorrei anche essere un poco... la tua amante.
KARL: Vorresti davvero?...
EMMA:   Si... prima però rispondi alla mia domanda.
KARL    Cosa vuoi sapere di preciso?
EMMA: C'era... una donna sposata... tra quelle?
KARL       Come ti è venuta in mente una domanda del genere?
EMMA: Vorrei sapere se... insomma... se tu...
KARL: Ne conosci una per caso? Ce n'è forse una fra le tue amiche?
EMMA: Come posso affermarlo con sicurezza... o negarlo?
KARL: Le donne fra loro sovente si raccontano le cose più segrete... Qualcuna ti ha mai confessato qualcosa del genere?...
EMMA: No.
KARL:    Allora sospetti che qualcuna delle tue amiche...
 EMMA: No, Karl, con sicurezza no. Riflettendoci... non potrei affermarlo di nessuna.
KARL: Di nessuna?
EMMA: Di nessuna delle mie conoscenti.
KARL: Devi farmi una promessa, Emma.
EMMA: Sì?
KARL: Che non resterai amica di nessuna donna di cui tu possa sospettare che... non conduca una vita irreprensibile.
EMMA: Ti devo fare proprio questa promessa?
KARL: Sono certo che non bazzicheresti mai simili donne. Ma può accadere che tu... Anzi, capita spesso che queste donne dalla reputazione dubbia cerchino la compagnia di donne perbene, un po' per darsi importanza e un po', come si potrebbe dire, perché sono nostalgiche della virtù.
EMMA: Ah!
KARL: Sì, mi pare proprio l'espressione giusta: nostalgia della virtù. Infatti queste donne, credimi, sono in definitiva molto infelici.
EMMA: Ah si? Come mai?
KARL: Me lo domandi, Emma?... Che cosa ti salta in mente di chiedermelo? Immagina il loro tipo di vita. Bugie, imbrogli, volgarità…
EMMA: Sì, certo, hai ragione.
KARL: La pagano a caro prezzo... quel po' di gioia... quel po'...
EMMA: Di incanto.
KARL: Perché incanto? Come mai ti viene in mente di chiamarlo incanto?
EMMA: Insomma... qualche cosa si deve pur provare!... Altrimenti, perché lo farebbero?
KARL: In tutti i modi, la pagano a caro prezzo.
EMMA: Allora... tu stesso hai provato... non è così?
KARL: Sì, Emma... Ed è il mio ricordo più cupo.
EMMA: Chi era? La conosco?
KARL: Che cosa ti salta in mente?
EMMA: E' un fatto avvenuto molto tempo fa? Molto prima che ci sposassimo?
KARL: Non farmi queste domande. Ti prego, taci.
EMMA: Ma Karl!
KARL: E' morta!
EMMA: Davvero?
KARL: Certo... E' quasi grottesco, ma ho come l' impressione che questo tipo di donne muoiano presto.
EMMA: Le volevi molto bene?
KARL: Una persona che mente non può essere amata.
EMMA: ma allora, perché?...
KARL: Una vertigine.
EMMA: E' vero, dunque!
KARL: Ti prego, non ne parliamo più. Sono vicende del passato. Ho voluto bene a una sola donna... te. Si ama solo dove si trova candore e fedeltà.
EMMA: Karl…
KARL: Perché non ti ho conosciuta quand'eri ancora piccola? Penso che non avrei cercato nessun'altra donna.
EMMA: Karl!
KARL: Sei così bella!... Bella!... Vieni.... (Spegne la luce.)

- - - - - - - - - - - -

EMMA: Sai di che cosa oggi mi sono ricordata?
KARL: Di cosa?
EMMA: Di Venezia...
KARL: La prima notte...
EMMA: Già... Quello...
KARL: E come mai?... Dimmi!
EMMA: Oggi mi hai desiderato per davvero...
KARL: Sì, tanto.
EMMA: Ah... Se tu mi amassi sempre...
KARL: Che intendi dire? Se io ti amassi sempre...?
EMMA: Nulla.
KARL: Non si può essere sempre disponibili, certe volte si viene presi dall'asperità della vita, e ci si deve accapigliare, competere, lottare…! Non scordarlo mai, bimba mia! Nella vita matrimoniale non sono molti quelli che si possono vantare, dopo cinque anni... di ricordarsi della loro Venezia.
EMMA:  Forse è vero.
KARL: E ora... buona notte, cara.
EMMA: Buonanotte…


6.   KARL e RAGAZZINA

RAGAZZINA seduta su una sedia vicino a Karl, assapora con gusto una meringa con panna montata.

KARL: E' buona?
RAGAZZINA: Si!
KARL: Ne vuoi ancora?
RAGAZZINA: No, ne ho già mangiate troppe.
KARL: Non hai più vino. (Gliene versa.)
RAGAZZINA: No... guardi, lo lascerò lì.
KARL: Mi dai di nuovo del lei?
RAGAZZINA: Davvero?... Sa, lei capisce, è difficile abituarsi...
KARL: Sai.
RAGAZZINA: Che cosa?
KARL: Devi dire sai, non sa... Vieni, siediti accanto a me.
RAGAZZINA:  Un momento... non ho ancora finito.
KARL si alza, va dietro la sedia e stringe la giovane girando la testa di lei verso di sé.
RAGAZZINA: Be', che c' è?
KARL: Vorrei avere un bacio.
RAGAZZINA gli dà un bacio: Lei è... pardon, tu sei un uomo molto determinato…
KARL: Te ne accorgi soltanto ora?
RAGAZZINA: Ah no, me ne ero già accorta prima.... per il vicolo... lei deve...
KARL: Tu devi...
RAGAZZINA: Tu non devi avere un grande concetto di me, però...
KARL: Perché mai?
RAGAZZINA: Perché ho subito accettato la sua proposta di tenerle compagnia in un salottino riservato.
KARL: Be', non si può affermare che tu abbia accettato subito.
RAGAZZINA:  D’altra parte lei sa chiedere con tanta gentilezza…
KARL: Ne sei convinta?
RAGAZZINA: In fondo, che c' è di male?
KARL: Nulla.
RAGAZZINA: Tra l’altro, fuori faceva un po’ troppo freddo.
KARL: Qui invece fa un bel caldo, non ti pare? ( Si è nuovamente seduto, stringe la ragazza e la attira a sé.)
RAGAZZINA: Allora?
KARL: Tu mi avevi già notato prima che ti avvicinassi, vero?
RAGAZZINA: Certamente. Già nella Singerstrasse.
KARL: Non parlo di oggi. Anche ieri l'altro, e il giorno prima, quando ti ho seguita.
RAGAZZINA: Non saprei: mi seguono in molti, devo dire...
KARL: Non ne dubito. Ma ti chiedo se mi avevi notato.
RAGAZZINA: Sa... ah... sai cosa mi è accaduto l'altro giorno? Il marito di mia cugina mi ha pedinato nell'oscurità senza riconoscermi.
KARL: Ti ha rivolto la parola?
RAGAZZINA: Ma che cosa credi, che tutti siano audaci come te?
KARL: Però succede.
RAGAZZINA: Succede, sì.
KARL: Come reagisci in questi casi?
RAGAZZINA: Ah, nulla, non rispondo.
KARL: Hmm... A me hai risposto.
RAGAZZINA: Le è forse dispiaciuto?
KARL la bacia con foga: Le tue labbra sanno di panna.
RAGAZZINA: Oh, sono dolci di natura.
KARL: Te le hanno già detto in molti?
RAGAZZINA: Molti! Ma che idee ti vengono in mente ora?
KARL: Beh, sii sincera. In quanti ti hanno già baciata?
RAGAZZINA: Perché me lo domandi? Se te lo dicessi, non mi crederesti.
KARL: Perché no?
RAGAZZINA: Indovinalo.
KARL: Be', diciamo... Ma non te la prendere!
RAGAZZINA: Perché dovrei prendermela?
KARL: Dunque, diciamo... venti.
RAGAZZINA, spingendolo via: Ehi!... E perché non cento?
KARL: Ho detto così, tanto per dire.
RAGAZZINA: Ti sei sbagliato.
KARL: Allora dieci.
RAGAZZINA, offesa: Sicuro! Una che si fa rimorchiare per strada e che si fa portare subito in un salottino con séparée…
KARL: Eri mai stata in un salotto con séparée?
RAGAZZINA: A dire il vero sì.
KARL: Vedi, sono contento che tu dica la verità.
RAGAZZINA: Ma non come credi tu: ci sono stata una volta quest'anno, a carnevale, con una mia amica insieme al fidanzato
KARL: Ma non sarebbe una sventura, se una volta... col tuo innamorato...
RAGAZZINA: Certo che non sarebbe una sventura. Ma io non ho l' innamorato.
KARL: Si, a chi vuoi darla a intendere!
RAGAZZINA: Che mi venisse un colpo!E poi, perché è così curioso?
KARL: Sono curioso, perché mi piaci.
RAGAZZINA: Ci devo credere?
KARL: Sicuro, dovresti capirlo da te. Dimmi, dunque. ( La stringe a sé.)
RAGAZZINA: Che cosa ti dovrei raccontare?
KARL: Voglio sapere chi era.
RAGAZZINA,: Beh, un uomo era...Era un po' simile a te.
KARL: Ah...
RAGAZZINA: Se tu non avessi somigliato a lui così tanto...
KARL: Capisco: per questo ti sei fatta rimorchiare da me.
RAGAZZINA: E' così.
KARL: Adesso non so più se devo essere felice o in collera.
RAGAZZINA: Se fossi al tuo posto, mi sentirei contento.
KARL: Già.
RAGAZZINA: Anche quando parli mi ricordi lui... e quando mi guardi...ti prego, non fissarmi così.
KARL l'abbraccia. Si baciano a lungo con ardore.
RAGAZZINA: E' tempo di tornare a casa, ora...
KARL: E' ancora presto, su...
RAGAZZINA: No, devo proprio andarmene. Che dirà mia madre?
KARL: Vivi con tua madre?
RAGAZZINA: Certo che vivo con lei. Che cosa ti eri messo in testa?
KARL: Già, con tua madre. Siete voi due sole?
RAGAZZINA: Proprio sole! Siano in sei! Due ragazzi e altre due ragazze.
KARL: Siediti ancora un po'. Tu sei la più vecchia?
RAGAZZINA: No, sono la seconda. Prima viene Kathi, che lavora da un fioraio, poi vengo io.
KARL: Dove lavori?
RAGAZZINA: Sto a casa.
KARL: Sempre?
RAGAZZINA: Una persona deve pure rimanere a casa.
KARL: Eh sì... Come ti giustifichi con tua madre, quando... rincasi così a tarda ora?
RAGAZZINA: Faccio tardi di rado.
KARL: Oggi, per esempio. Tua madre ti fa domande?
RAGAZZINA: E' chiaro che me le fa. Anche se entro in casa in punta di piedi, lei mi sente.
KARL: E tu come ti giustifichi?
RAGAZZINA: Dico che sono stata a teatro.
KARL: E lei la manda giù?
RAGAZZINA: E perché no? A teatro ci vado spesso. Proprio domenica sono andata all'Opera con una amica, il suo fidanzato e il mio fratello più grande.
KARL: Da chi ottenete i biglietti?
RAGAZZINA: Oh, mio fratello fa il parrucchiere!
KARL: Già, il parrucchiere... sì, forse il parrucchiere del teatro, no?
RAGAZZINA: Come mai questo interrogatorio?
KARL: E l'altro fratello che cosa fa?
RAGAZZINA: Va ancora a scuola. Vorrebbe diventare maestro. Che idea balzana!
KARL: E infine hai una sorella più piccola?
RAGAZZINA: Sì, è già una birba, ma io la controllo. Pensa che l'altro giorno l'ho sorpresa con un ragazzo!
KARL: Come?
RAGAZZINA: Sì, passeggiava per la Strozzigasse con un ragazzo della scuola di fronte. Una vera birba!
KARL: E tu, che cosa le hai fatto?
RAGAZZINA: Be', gliele ho suonate...
KARL: (La bacia, facendosi più tenero.) Anche tu mi ricordi qualcuna…
RAGAZZINA: Davvero?... Chi?...
KARL: Non una donna precisa... ma il tempo andato... sì, la mia giovinezza. Dai, bevi!
RAGAZZINA: Dimmi, quanti anni hai? Tu... sì... Non so neanche come ti chiami.
KARL: Karl.
RAGAZZINA: Davvero? Proprio Karl?
KARL: Anche lui si chiamava Karl? Ma chi era...?
RAGAZZINA: Un uomo cattivo... altrimenti non mi avrebbe scaricato.
KARL: Gli volevi molto bene?
RAGAZZINA: Gliene volevo sì.
KARL: Immagino chi fosse... un tenente.
RAGAZZINA: No, non ha neanche prestato il servizio militare, non lo hanno voluto. Suo padre ha una casa nella... Ma perché ti devo raccontare i fatti miei?
KARL: Hai gli occhi grigi; in principio mi pareva che fossero neri.
RAGAZZINA: Perché, grigi non sono di tuo gradimento?KARL le bacia gli occhi. No, no... non posso... ti prego... oh Dio... no, lascia che mi alzi... ti prego.
KARL    No...
RAGAZZINA: Ti scongiuro, Karl...
KARL: Quanti anni hai?... Diciotto, vero?
RAGAZZINA: Diciannove compiuti.
KARL: Diciannove... e io...
RAGAZZINA: Tu ne hai trenta...
KARL: Con l'aggiunta di qualche altro... Ma lasciamo perdere.
RAGAZZINA: Anche lui aveva trentadue anni, quando ci mettemmo insieme.
KARL: Quando accadde tutto questo?
RAGAZZINA: Non lo ricordo più... Senti, nel vino c'era qualcosa? Mi gira la testa.
KARL graziosa: Allora stringiti a me. Così... ( La tiene stretta sempre più dolcemente, e la ragazza lo lascia fare.) Direi, tesoro mio, che adesso potremmo andare.
La ragazza: Sì... a casa.
KARL: Non esattamente a casa.
 RAGAZZINA: Che cosa fai?... Oh, nel vino ci doveva essere qualcosa... un sonnifero... non riesco più a stare in piedi, che mi capita? Karl, ti prego... se entra qualcuno... dai... se entrasse il cameriere...
KARL:  Tranquilla, il cameriere... non entra... di sicuro...

- - - - - - - - - - - -

RAGAZZINA sta distesa in un angolo del divano con gli occhi chiusi.
KARL cammina avanti e indietro per il salotto, fumandosi una sigaretta.
Silenzio prolungato.
KARL    Chissà mai chi è questa tipa... Diamine... C’è stata subito... E io non sono stato certo prudente...

RAGAZZINA Nel vino ci doveva essere proprio qualcosa.
KARL: Ma perché?
RAGAZZINA: Altrimenti...
KARL: Perché vuoi dare tutta la colpa al vino?D'altra parte, quando due persone giovani si trovano da sole in un salottino, cenano e bevono vino... non serve che nel vino ci sia qualcosa...
RAGAZZINA: Dicevo così, tanto per dire.
KARL: Cioè?
RAGAZZINA, alquanto cocciuta: Mi vergognavo.
KARL: Ma è assurdo. Non c'è alcun motivo. E poi, io somiglio al tuo primo amante.
RAGAZZINA: Già.
KARL: Al primo.
RAGAZZINA: E' proprio così.
KARL: Ora mi interesserebbe capire chi sono stati gli altri.
RAGAZZINA: Non ce ne sono stati degli altri.
KARL: Non ci credo, non è possibile.
RAGAZZINA: Dai, smettila, non stressarmi...
KARL: Vuoi una sigaretta?
RAGAZZINA: No, grazie.
KARL: Sai che ore sono?
RAGAZZINA: Che ore sono?
KARL: Le undici e mezzo.
RAGAZZINA: Così tardi?
KARL: Già... e tua madre? Ci è abituata, no?
RAGAZZINA: Vorresti davvero già mandarmi via?
KARL: Sei stata tu prima a dire...
RAGAZZINA: Dai, adesso ti vuoi liberare di me. Che cosa ti ho fatto?
KARL: Ma no, che cosa ti metti in testa?
RAGAZZINA: E che mi guardavi con tanto affetto, altrimenti non mi sarei affatto concessa... Non sei certo il primo a volermi portare in un salottino riservato.
KARL: Senti, se credi... ci rivediamo presto qui... o altrove...
RAGAZZINA: Non lo so.
KARL: Che cosa intendi dire con "non lo so"?
RAGAZZINA: E' la mia risposta.
KARL: Quando, allora? Ti informo che non abito a Vienna, ci vengo solo di tanto in tanto, per un paio di giorni.
RAGAZZINA: Questa poi, non sei viennese!
KARL: Viennese, sì, ma adesso abito fuori...
RAGAZZINA: Dove?
KARL: Diamine, che importanza può avere!
RAGAZZINA: Non temere, non verrò a disturbarti.
KARL: Be', se ti fa piacere, ci puoi venire. Abito a Graz.
RAGAZZINA: Davvero?
KARL: Sicuro. Che c'è di strano?
RAGAZZINA: Sei sposato, no?
KARL: Sì, come lo hai capito?
RAGAZZINA: Così, l'ho immaginato.
KARL: Per te è lo stesso, no?
RAGAZZINA: Avrei certo preferito che tu non lo fossi. Ma sei sposato.
KARL: Dimmi un po', come hai fatto a capirlo?
RAGAZZINA: Quando uno afferma di non abitare a Vienna e di non essere sempre libero...
KARL: Non è poi una cosa tanto rara.
RAGAZZINA: Io non ci credo.
KARL: E non ti senti in colpa a spingere un marito sulla via dell'infedeltà?
RAGAZZINA: E perché mai? Tua moglie farà sicuramente la stessa cosa.
KARL, indignato: Senti, non ti permetto di fare certe insinuazioni...
RAGAZZINA: Pensavo che tu non avessi moglie.
KARL: Moglie o no... certe cose non si dicono. (Si è alzato.)
RAGAZZINA: Karl, andiamo, cosa c' è? Ce l' hai con me? Ho detto solo così per dire!  Su, non tenermi il muso...
KARL: Siete della strane creature, voi... donne. (Si fa di nuovo affettuoso.)
RAGAZZINA: Non ti basta?... E' tardi...
KARL: Ebbene, ascoltami, parliamo un po' seriamente. Io intendo rivederti, rivederti presto.
RAGAZZINA: Sul serio?
KARL: Ma per fare questo bisogna... insomma, devo potermi fidare di te. Non posso certo sorvegliarti.
RAGAZZINA: Ci penso io, se è per questo, a sorvegliarmi.
KARL: Tu sei... be', non sei esattamente inesperta... però sei giovane... e... gli uomini hanno pochi scrupoli...La prossima volta... ci incontreremo in un altro luogo, d'accordo?Dove nessuno potrà disturbarci.
RAGAZZINA: Sì.
KARL la abbraccia con passione: Continuiamo il discorso adesso, andando a casa.( Si alza, apre la porta). Cameriere... il conto!


7.   RAGAZZINA e ROBERT


ROBERT: Eccoci qui, tesoro mio. (La bacia.)
RAGAZZINA: Ah! Qui è bello! Solo che non ci si vede niente!
ROBERT: I tuoi occhi si dovranno abituare al semibuio... Questi dolci occhi... (Le bacia gli occhi.)
RAGAZZINA: Questi dolci occhi non avranno il tempo di abituarsi.
ROBERT: Perché poi?
RAGAZZINA: Perché rimango qui soltanto un paio di minuti.
ROBERT: Togliti il cappello, vuoi?
RAGAZZINA: Per due minuti?
ROBERT: E lo scialle...
RAGAZZINA: Che senso ha?... Devo andarmene via subito.
ROBERT: Ma dovrai pure riposare un po'! Siamo stati in giro per tre ore.
RAGAZZINA: Abbiamo camminato.
ROBERT: Sì, verso casa... ma a Weidling, lungo il ruscello, abbiamo sgroppato per ben tre ore. Suvvia, siediti, piccola mia... dove vuoi... qui alla scrivania... ma no, non è un posto comodo. Siediti sul divano... Così. (La costringe a sedersi.) Se sei molto stanca, puoi anche stenderti. Ecco. Posa la testolina qui, sul cuscino.
RAGAZZINA, ridendo: Ma io non sono per niente stanca!
ROBERT: Lo dici tu. Be'... e se hai sonno, puoi dormire tranquillamente. Io starò assolutamente silenzioso. Se lo desideri, ti posso suonare anche una ninnananna... che ho scritto io... (Si avvicina al pianoforte.)
RAGAZZINA: L'hai scritta tu?
ROBERT: Già.
RAGAZZINA: Io pensavo, Robert, che tu fossi un dottore.
ROBERT: Come mai? Ti avevo detto che sono uno scrittore.
RAGAZZINA: Gli scrittori sono pure tutti dottori.
ROBERT: No, non tutti. Io a esempio no. Ma come ti è venuta in mente una cosa del genere?
RAGAZZINA: Be', perché mi hai detto che il pezzo che intendi suonare lo hai composto tu.
ROBERT: Sì... forse non è neanche mio. Ma è lo stesso. Non ha nessuna importanza sapere chi lo ha composto. Quello che conta è che sia bello... Non ti pare?
RAGAZZINA: Certo... che sia bello... questo è primario!...
ROBERT: Sai che cosa intendevo dire?
RAGAZZINA: Cosa?
ROBERT: Ciò che dicevo poco fa.
RAGAZZINA: Certamente.
ROBERT le si avvicina e le accarezza i capelli: Non hai capito niente di quanto dicevo.
RAGAZZINA: Cosa credi, non sono poi così sciocca!
ROBERT: Certo che sei sciocca. Ma mi piaci proprio per questo. Ah, è così bello aver a che fare con donne sciocche! Intendo dire come lo sei tu.
RAGAZZINA: Ascolta, ti diverte insultarmi?
ROBERT: Angioletto mio, non è vero che si sta volentieri stesi sul soffice tappeto persiano?
RAGAZZINA: Oh sicuro! Di', perché non suoni qualcosa al pianoforte?
ROBERT:  Preferisco rimanere vicino a te. (La accarezza.)
RAGAZZINA: Ascolta, non sarebbe forse meglio fare un po' di luce?
ROBERT: Oh no... Questo semibuio è così gradevole! Abbiamo fatto per tutto il giorno un bagno di sole. Ora per così dire abbiamo finito il bagno di sole e ci siamo messi addosso... il semibuio a guisa di accappatoio... Ah no, avrei dovuto esprimermi in altro modo... Non ti pare?
RAGAZZINA: Non saprei.
ROBERT: Divina, questa stupidaggine! (Raccoglie un quaderno e ci scrive un appunto.)
RAGAZZINA: Ma che fai? Cosa stai scrivendo?
ROBERT: Sole, bagno, semibuio, accappatoio... ecco... (Mette via il quaderno.) Non scrivo nulla... Ora dimmi, mio tesoro, vorresti qualcosa da bere o da mangiare?
RAGAZZINA: In verità non ho sete, solo fame.
ROBERT: Hmm... avrei preferito che tu avessi sete. In casa ho cognac, il cibo invece dovrei andarlo a prendere.
RAGAZZINA: Non potresti mandare qualcuno a comprarlo?
ROBERT: Difficile, la cameriera è andata via... aspetta... vado giù io... che cosa vuoi mangiare?
RAGAZZINA: Ascolta, non ti scomodare, tanto devo tornare subito a casa.
ROBERT: Bambina mia, neanche per sogno. Ti faccio una proposta: quando usciamo di qui, andiamo insieme a mangiare da qualche parte.
RAGAZZINA: Oh no. Manca il tempo. E poi, da qualche parte dove? Potremmo incontrare qualcuno che ci conosce.
ROBERT: Hai così tanti conoscenti?
RAGAZZINA: Basta incontrarne uno, e la frittata è fatta.
ROBERT: Quale frittata?
RAGAZZINA: Per te è tutto facile, ma se mia madre venisse a saperlo...
ROBERT: Possiamo anche andare dove non si incontra nessuno: ci sono ristoranti che hanno salotti riservati.
RAGAZZINA: Sì, la cenetta nella stanza con séparée!
ROBERT: Ci sei mai stata in una stanza con séparée?
RAGAZZINA: A voler essere sincera... sì.
ROBERT: Chi è stato il fortunato?
RAGAZZINA: Oh, ora non immaginare troppo... stavo insieme a una mia amica con il suo fidanzato.

ROBERT: Ah, ecco! E io dovrei crederti?
RAGAZZINA: Pensa quello che vuoi!
ROBERT: Ora diventi rossa? Non ci si vede più in faccia! Non riesco più a distinguere le tue fattezze. (Le tocca le guance con le mani.) Però ti riconosco anche così.
RAGAZZINA: Non vorrei che tu mi scambiassi per un'altra.
ROBERT: E' strano, adesso ho cancellato dalla mente il tuo volto.
RAGAZZINA: Grazie tante!
ROBERT: Ascolta, è una cosa che mette quasi spavento, io non ricordo più il suo aspetto... Da questo punto di vista è come se non ti conoscessi più... Se per assurdo non potessi più udire il suono della tua voce... in realtà che cosa saresti?... vicina e lontana a un tempo... spaventoso.
RAGAZZINA:  Ma cosa dici?
ROBERT: Nulla, angelo mio, nulla. Dove sono le tue labbra... (La bacia.)
RAGAZZINA: Non vuoi fare di grazia un po' di luce?
ROBERT: No... Dimmi se mi vuoi bene.
RAGAZZINA: Molto... oh, molto!
ROBERT: Hai amato qualcuno quanto ami me?
RAGAZZINA: Te l'ho già detto... no.
ROBERT: Ma... (Sospira.)
RAGAZZINA: E' stato il mio fidanzato.
ROBERT: Gradirei che ora tu non pensassi a lui.
RAGAZZINA: Dai, che stai facendo con le mani... senti...!
ROBERT: Ora noi possiamo anche immaginare di essere in un castello in India.
RAGAZZINA: Là non sono certo birbanti come te.
ROBERT: Che sciocchezze! Sublime... ah, se tu immaginassi quello che rappresenti per me.
RAGAZZINA: Allora?
ROBERT: Non scansarti sempre, non ti faccio nulla.... per adesso.
RAGAZZINA: Ascolta, mi dà fastidio il busto.
ROBERT: Toglilo.
RAGAZZINA: D'accordo, ma tu non ne approfittare.
ROBERT: No.  Lei si alza e si toglie il busto al buio. Senti, non vorresti sapere come mi chiamo?
RAGAZZINA: Già, che nome hai?
ROBERT: Non ti dirò il mio nome vero, ma il mio nome d'arte.
RAGAZZINA: Che significa una simile distinzione?
ROBERT: Be', come poeta uso uno pseudonimo.
RAGAZZINA: Ah, non ti firmi con il tuo vero nome? ROBERT le si è fatto addosso No, dai...
ROBERT: Emani un profumo dolce... (Le bacia il petto.)
RAGAZZINA: Mi strappi la camicia.
ROBERT: Via... via... tutte queste cose superflue.
RAGAZZINA: Ma Robert!
ROBERT: E ora entra nel nostro castello indiano.
RAGAZZINA: Prima dimmi se mi ami davvero.
ROBERT:  Ti adoro. (La bacia con voluttà.) Ti adoro, mio tesoro, mia primavera, mio...
RAGAZZINA: Robert... Robert...

- - - - - - - - - - - -

ROBERT: E' stato un piacere divino...

RAGAZZINA: Robert, Robert mio!
ROBERT: Mi chiamo Biebitz.
RAGAZZINA: Perché ti chiami Biebitz?
ROBERT: Io non mi chiamo Biebitz... ho preso questo nome... Ma forse tu non lo conosci?
RAGAZZINA: No.
ROBERT: Ah... cielo! Sul serio? Fai a posta ad affermare che non lo conosci, no?
RAGAZZINA: Ti giuro che non l'ho mai sentito nominare!
ROBERT: Non vai mai a teatro?
RAGAZZINA: Oh, sì... Ci sono stata proprio pochi giorni fa con un... sai, sono stata con la mia amica e suo zio all'Opera, a sentire la Cavalleria Rusticana.
ROBERT: Hmm, allora al Burgtheater non ci vai mai.
RAGAZZINA:  Lì non mi riesce di avere i biglietti in omaggio.
ROBERT: Te ne farò avere io uno.
RAGAZZINA: Oh, sì! Ma non scordartene! E che sia una cosetta divertente!
ROBERT: Sì... divertente... non vuoi andare a sentire le cose malinconiche?
RAGAZZINA: No.
ROBERT: Nemmeno se si tratta di un mio lavoro?
RAGAZZINA: Ma va' là !... un tuo pezzo! Scrivi per il teatro?
ROBERT: Permetti, voglio fare solo un po' di luce. Non ti ho ancora vista in faccia, da quando sei diventata la mia amante... (Accende una candela.)
RAGAZZINA: Dai, mi vergogno! Passami perlomeno una coperta!
ROBERT: Dopo. (Si avvicina con una candela accesa, e la scruta attentamente.)
RAGAZZINA si copre il volto con le mani: Finiscila, Robert!
ROBERT: Sei bella, sei la beltà, forse sei addirittura la Natura, sei la santa semplicità.
RAGAZZINA: Ehi, la cera mi si scioglie addosso! Mettici un po' di attenzione!
ROBERT: Sei la donna che cercavo da tempo. Ami solo me, mi ameresti anche se fossi solo un commesso in un negozio di tessuti. Questo è bello. Ti devo confessare che fino a poco tempo fa non riuscivo a liberami da un certo sospetto. Rispondimi con la massima sincerità, non ti era venuto il sospetto che fossi io Biebitz?
RAGAZZINA: Senti, si può sapere che vuoi da me? Io Biebitz non lo conosco proprio.
ROBERT: Cos' è mai la fama! No, cancella ciò che ti ho riferito, cancella anche il nome che ho pronunciato! Soltanto Robert, e per te voglio restare tale. Ho soltanto scherzato. Non sono scrittore, sono solo commesso e la sera accompagno i cantanti al pianoforte.
RAGAZZINA: Ascolta, adesso non ci capisco più nulla... no, e poi mi osservi in un modo! Che c' è, che cos'hai?
ROBERT: E' molto strano... non mi era mai accaduto, mio tesoro, ma io sto per piangere. Mi commuovi molto. Vuoi che restiamo sempre insieme? Ci ameremo molto.
RAGAZZINA: Senti, ma è poi vera la storia dei cantanti?
ROBERT: Sì, ma se mi ami non chiedermi più niente. Senti, ti potresti liberare da ogni impegno per un paio di settimane?
RAGAZZINA: Che intendi dire per completamente libera?
ROBERT: Assentarti da casa.
RAGAZZINA: Ma!! Come potrei? Cosa direbbe mia madre? E poi, la casa senza di me non andrebbe avanti.
ROBERT: Avevo pensato di poter vivere insieme a te per un po' di tempo, solo con te, in un luogo solitario, nel bosco, in mezzo alla vegetazione. Natura... nella natura... E poi, un giorno dirsi addio... lasciarsi, e non sapere dove andiamo.
RAGAZZINA: Ecco che già parli dell'addio! E io che già pensavo che tu mi volessi un gran bene.
ROBERT: Proprio perché ti amo... (Si china su di lei e le dà un bacio sulla fronte) dolce creatura!
RAGAZZINA: Dai, stringimi con forza, sono infreddolita.
ROBERT: E' ora che ti vesta. Aspetta, accendo ancora un paio di candele.
RAGAZZINA Non guardare.
ROBERT: Dimmi, bambina mia, sei contenta?
RAGAZZINA: Che intendi dire?
ROBERT: Intendo chiederti se sei contenta, in generale.
RAGAZZINA: Potrebbe andare meglio.
ROBERT: Non mi sono spiegato. Della tua situazione in famiglia mi hai già detto abbastanza. So che non sei una principessa. Intendo dire, quando fai astrazione da tutto ciò, quando ti senti sorgivamente vivere... Ma ti senti davvero vivere?
RAGAZZINA: Scusa, non hai un pettine?
ROBERT:  Madonna, sei proprio deliziosa!
RAGAZZINA: Ah... no!
ROBERT: Ascolta, aspettami qui, aspettami, io scendo a prendere qualcosa per cenare e...
RAGAZZINA: Ma è già tanto tardi!
ROBERT: Non sono ancora le nove.
RAGAZZINA: Via, fai il bravo, devo tagliare la corda.
ROBERT: Allora, quando ci rivedremo?
RAGAZZINA: Tu che cosa mi proponi?
ROBERT: Domani.
RAGAZZINA: Che giorno è domani?
ROBERT: Sabato.
RAGAZZINA: No, non posso proprio, devo stare con la mia sorellina.
ROBERT: Allora domenica... hmm... domenica... di domenica... Ora ti devo spiegare una cosa. Io non sono Biebitz, Biebitz è un mio amico. Un giorno te lo farò conoscere. Ma domenica danno un pezzo di Biebitz; ti farò avere un biglietto e poi verrò a prenderti in teatro. Mi saprai dire, poi, se la commedia ti è piaciuta, d'accordo?
RAGAZZINA: Di nuovo la vicenda di Biebitz... Non ci capisco proprio nulla.
ROBERT: Potrò dirti di conoscerti bene quando mi dirai quello che hai provato assistendo allo spettacolo.
RAGAZZINA: Ecco... sono pronta.
 


8.             ROBERT e l’ATTRICE

Profondo silenzio. ROBERT e ATTRICE si introducono nella stanza; come sono entrati, la candela che stringe in mano R. si spegne.


ATTRICE: Cosa succede?
ROBERT: La luce... Ma non ci serve. Guarda com' è luminosa la sera. Stupendo! A. tutt'a un tratto si inginocchia davanti alla finestra, a mani giunte. Che ti succede? Cosa stai facendo?...
ATTRICE: Non vedi che sto pregando?
ROBERT: Credi in Dio?
ATTRICE: Sicuro, vieni qui vicino a me, e inginocchiati. Una volta tanto potresti pregare anche tu. La tua dignità non ne soffrirà.   R. si inginocchia vicino a lei e l’abbraccia. Libertino! (Si alza.) E sai per chi ho pregato?
ROBERT: Per un qualche Dio, immagino.
ATTRICE, con sarcasmo:  Esattamente: pregavo per te!
ROBERT: Come mai allora guardavi fuori della finestra?
ATTRICE: Dimmi, piuttosto, dove mi hai portata, seduttore!
ROBERT: Ma bimba, l' idea è stata tua. Volevi andare in campagna... e in campagna ci troviamo.
ATTRICE: E non avevo forse ragione?
ROBERT: Sicuro, è un posto incantevole. Se pensiamo che si trova a sole due ore da Vienna... in totale isolamento. E che paesaggio!
ATTRICE: Eh? Potresti ricavarne qualcosa, se avessi qualche talento.
ROBERT: Sei già venuta qui?
ATTRICE: Se sono già venuta? Eh, ci sono vissuta per anni!
ROBERT: Con chi?
ATTRICE: Be', con Fritz, no?
ROBERT: Ah, già!
ATTRICE: Ho adorato quell'uomo!...
ROBERT: Me ne hai già parlato.
ATTRICE: Scusa... se ti annoio me ne vado subito via!
ROBERT: Tu, annoiarmi?... Tu non sai quello che sei per me... Tu sei un mondo a parte... Sei il divino, il genio... Sei... Sei la sacra Purezza... Sì, tu... Ma adesso non dovresti nominarmi Fritz.
ATTRICE: E' stato un lapsus, via!
ROBERT: Mi fa piacere che tu ne prenda atto.
ATTRICE: Vieni qui, dammi un bacio! Ora auguriamoci una buona notte! Ciao, mio tesoro!
ROBERT: Cosa intendi fare?
ATTRICE: Intendo andare a dormire!
ROBERT: Sì... d'accordo, ma per ciò che riguarda la buona notte... dove dovrei trascorrerla, io?
ATTRICE: Ci sono tante altre stanze in questo albergo!
ROBERT: Ma le altre non mi piacciano affatto. Ora però sarà meglio illuminare la camera, ti pare?
ATTRICE: Certo.
ROBERT accende la candela sul comodino: Che stanza carina... e che gente pia vi abita. Tutte icone sacre... Dev'essere interessante trascorrere un po' di tempo insieme a questa gente... E' proprio un altro universo. E noi siamo così all'oscuro del mondo degli altri.
ATTRICE: Non parlare a vanvera, e dammi piuttosto la borsetta che sta lì sul tavolo.
ROBERT: Eccola qui, mia eletta! A. tira fuori dalla borsetta una piccola icona incorniciata e la mette sul comodino.
ROBERT: Che cos'è?
ATTRICE: La Madonna.
ROBERT: Te la porti sempre dietro?
ATTRICE: E' il mio talismano. E ora vai a fare un giro, Robert!
ROBERT: Ma che scherzi sono mai questi? Non posso aiutarti?
ATTRICE: No, adesso tu devi uscire.
ROBERT: E' quando potrò ritornare, di grazia?
ATTRICE: Fra dieci minuti.
ROBERT: A presto!
ATTRICE: Dove andrai?
ROBERT: Andrò avanti e indietro sotto la finestra. Amo molto passeggiare di notte all'aria aperta: è così che mi vengono le ispirazioni più geniali. E poi intanto sono vicino a te, per così dire appiccicato sentimentalmente a te... e vivo immerso nel tuo mondo artistico.
ATTRICE: A sentirti così sembreresti un idiota...
ROBERT: Ci sono donne che forse avrebbero detto... un poeta.
ATTRICE: Va', va'... Ma non sfruttare l'attimo per corteggiare la cameriera...
ROBERT esce. A. si sveste ascoltando i passi del poeta che scende le scale di legno e poi passeggia sotto la finestra. Tolti gli abiti, lei raggiunge il davanzale e guarda in cortile: R. è lì sotto. Gli fa cenno di salire: R. sale sveltamente le scale, corre verso di lei che intanto si è coricata e ha spento la luce. Chiude la porta.
ATTRICE: Bene, adesso puoi sederti qui vicino a me e raccontarmi qualcosa.
ROBERT  Non sarebbe meglio chiudere la finestra? Non hai freddo?
ATTRICE: Oh no!
ROBERT: Cosa ti posso raccontare?
ATTRICE: Senti, chi stai tradendo in questo momento?
ROBERT: Ahimè, non sto tradendo proprio nessuno.
ATTRICE: Se ti può consolare, tradisco anch' io qualcuno.
ROBERT: Ci credo!
ATTRICE: Sai chi è?
ROBERT: Mio angioletto, ora mi chiedi troppo.
ATTRICE: Dai, indovina.
ROBERT: Aspetta... Sì, il tuo regista.
ATTRICE: Mio caro, non sono mica una comparsa!
ROBERT: Era solo una ipotesi.
ATTRICE: Prova ancora a indovinare.
ROBERT: Vediamo, tradisci un tuo collega... Benno...
ATTRICE: Ah! A lui le donne non interessano... Non lo sai? E' l'amante del suo portalettere!
ROBERT: Parli seriamente?...
ATTRICE: Dai, dammi se mai un bacio... R. la abbraccia. Che stai facendo?
ROBERT: Perché mi tormenti così?
ATTRICE: Ascolta, Robert, ti faccio una proposta. Mettiti disteso accanto a me.
ROBERT: Proposta accettata!
ATTRICE: Dai, spicciati, svelto!
ROBERT: Sì... se fosse stato solo per me, ci sarei già da un bel pezzo... Senti...
ATTRICE: Cosa?
ROBERT: Là fuori i grilli friniscono.
ATTRICE: Sei matto, qui non ci sono grilli.
 ROBERT: Ci sono. (Si mette accanto a lei.)
ATTRICE: E ora sta lì fermo... Pst... Non muoverti.
ROBERT: Ma cosa stai architettando?
ATTRICE: Vorresti diventare il mio amante?
ROBERT: Ormai dovrebbe essere palese.
ATTRICE: Sono molti quelli che mi vorrebbero...
ROBERT: Non c' è dubbio che al momento io sia il più vicino a diventarlo.
ATTRICE: Allora dai, grillo mio! Ti voglio chiamare grillo da adesso in avanti.
ROBERT: Bene...
ATTRICE: Allora, chi sto tradendo?
ROBERT: Chi?... Forse me...
ATTRICE: Bimbo mio, non hai il cervello a posto.
ROBERT: Oppure uno... che non hai ancora mai visto... che non conosci affatto... che però è tuo, ma che non riesci mai a individuare...
ATTRICE: Ti prego, finiscila con queste stupide fantasie.
ROBERT:... Non è per nulla strano... anche tu... e tuttavia si dovrebbe credere... Ma no, si perderebbe la parte migliore di te, se si volesse... Vieni, vieni... vieni...

- - - - - - - - - - - -

ATTRICE: E' più piacevole fare così che recitare stupide commedie... non ti pare?
ROBERT: Be', io penso che sia meglio per te recitare di tanto in tanto una parte più intelligente.
ATTRICE: Alludi certo alla tua commedia, vanitoso che non sei altro.
ROBERT: Sicuro.
ATTRICE: E' una commedia davvero strepitosa!
ROBERT: Vedi!...
ATTRICE: Sì, sei un vero e proprio genio, Robert!
ROBERT: Già che siamo entrati in argomento, si può sapere perché l'altro giorno hai rinunciato al tuo ruolo, senza dare una spiegazione?
ATTRICE: Intendevo farti un dispetto.
ROBERT: Per quale motivo? Che cosa ti avevo fatto?
ATTRICE: Eri stato insolente.
ROBERT: Cioè?
ATTRICE: Lo sostengono tutti quanti, in teatro.
ROBERT: Davvero?
ATTRICE: Io però ho ribattuto che uno come te ha il diritto di fare l'arrogante.
ROBERT: E cosa hanno detto?
ATTRICE: Che cosa mai potevano dire? Io poi non do confidenza a nessuno.
ROBERT: Eh, già.
ATTRICE: Vorrebbero avvelenarmi, ma non ci riusciranno.
ROBERT: Ora non pensare a quella gente. Sii felice di essere insieme a me, e dimmi che mi vuoi bene.
ATTRICE: Hai bisogno di altre conferme?
ROBERT: L'amore è un sentimento che non si trasmette!
ATTRICE: Questa poi è grossa! Che cos'altro verresti da me?
ROBERT: A quanti altri hai fatto provare quello che ho provato io adesso?... Ed è sempre stato amore?
ATTRICE: Oh no. Ne ho amato uno solo.
ROBERT: Mia adorata...
ATTRICE: Fritz.
ROBERT: Mi chiamo Robert. Allora che cosa sono io per te, se anche adesso pensi a Fritz?
ATTRICE: Sei un capriccio.
ROBERT: Bene, era proprio ciò che volevo sentire.
ATTRICE: E non ne sei fiero?
ROBERT: Fiero di che?
ATTRICE: Mi pare che ci sia un motivo per esserlo.
ROBERT: Sul serio?
ATTRICE: Eh, certo, mio pallido grillo!... Già, e il frinire dei grilli nei campi? Cantano ancora?
ROBERT: Senza tregua. Non senti?
ATTRICE: Sento, sì. Ma sono rane, bimbo mio.
ROBERT: Ti stai sbagliando. Mia bambina, le rane gracidano.
ATTRICE: E' chiaro, gracidano.
ROBERT: Ma non qui, questo è il verso dei grilli.
ATTRICE: Sei la persona più testarda che conosca. Dammi un bacio, ranocchio mio!
ROBERT: Non chiamarmi più così. Mi rendi nervoso.
ATTRICE: Allora come ti posso chiamare?
ROBERT: Io ho pure un nome: Robert.
ATTRICE: Ah, ma è proprio sciocco.
ROBERT: Ti prego di chiamarmi solo con il mio nome.
ATTRICE: Allora, Robert, baciami... Ah! (Si baciano.) Adesso sei contento, ranocchio? Hahahaha!
ROBERT: Permetti che accenda una sigaretta?
ATTRICE: Danne una anche a me.
L'uomo raccoglie l'astuccio dal comodino, prende due sigarette, le accende e ne porge una alla donna.
ATTRICE: Ancora non hai fatto alcun commento su come ho recitato ieri.
ROBERT: Quando?
ATTRICE: Dai...
ROBERT: Ah sì, non ero in teatro.
ATTRICE: Hai voglia di scherzare?
ROBERT: Non scherzo. Dopo il tuo rifiuto dell'altro ieri mi sono detto che non avresti recuperato subito la forma, così non mi sono presentato.
ATTRICE: Hai perso molto.
ROBERT: Sul serio?
ATTRICE: E' stata una recita strepitosa. La gente pendeva dalle mie labbra.
ROBERT: Te ne sei proprio accorta?
ATTRICE: Benno mi ha detto: bimba, hai recitato come una dea.
ROBERT: Hm!... e l'altro ieri stavi tanto male...
ATTRICE: Sì, stavo proprio male. E sai perché? Perché ti desideravo.
ROBERT: Poco fa mi hai detto di aver rinunciato per farmi dispetto.
ATTRICE: Ma che ne sai, tu, del desiderio che mi fai provare? Tutto ciò ti lascia indifferente, mentre io ho trascorso notti intere con la febbre alta. Quaranta gradi!
ROBERT: Per un capriccio hai avuto una febbre davvero alta.
ATTRICE: Lo chiami capriccio? Io muoio d'amore per te, e tu, e tu lo chiami capriccio?!...
ROBERT: E Fritz allora?...
ATTRICE: Fritz?... Non nominarmi quel fondo di galera!...


9.             L’ATTRICE e il CONTE

Entra il CONTE, che indossa la divisa da capitano dei dragoni di cavalleria. Si ferma davanti alla porta.


ATTRICE: Ah, signor conte.
CONTE: La signora madre mi ha dato il permesso, se no io non sarei...
ATTRICE: Prego, si accomodi.
CONTE: I miei ossequi. Pardon... quando si viene dalla luce... ancora non scorgo nulla. Ecco... dovremmo essere vicini. I miei ossequi.
ATTRICE: Si segga, signor conte.
CONTE: La signora madre mi ha informato che la signorina non sta molto bene... Spero non sia nulla di preoccupante.
ATTRICE: Nulla di preoccupante? Per poco non morivo.
CONTE: Buon Dio, sul serio?
ATTRICE: In tutti i casi, è stato molto cortese da parte sua venirmi a trovare.
CONTE: Non è morta per poco! E ieri sera ha recitato come una dea.
ATTRICE: Si, è stato un vero trionfo.
CONTE: Grandioso!... Gli spettatori erano in delirio. Quanto a me, se lo può ben immaginare!
ATTRICE: Grazie per i bellissimi fiori.
CONTE: La prego, signorina!
ATTRICE con lo sguardo fa cenno a un grosso mazzo di fiori posto su un piccolo tavolino sopra il davanzale: Sta lì.
CONTE: Ieri è stata del tutto coperta con fiori e corone.
ATTRICE: Ho lasciato ogni cosa nel mio guardaroba. Ho portato soltanto il suo cesto con me.
CONTE  E' molto caro da parte sua. A. prende tutt'a un tratto la mano di lui e la bacia. Ma signorina...
ATTRICE: Non si spaventi, signor conte, questo non vuol dire assumersi un obbligo.
CONTE: Lei è un tipo originale... misterioso, si potrebbe quasi dire...
ATTRICE: La signorina Birken è meno complicata di me.
CONTE: Sì, la piccola Birken non è problematica, sebbene... io la conosca solo per modo di dire.
ATTRICE: Ah!
CONTE: Può credermi. Lei invece mi mette in difficoltà. Poi ha rinfocolato il mio ardore. Perciò ho perduto molto, vedendola recitare... per la prima volta, solo ieri.
ATTRICE: E' mai possibile?
CONTE: Sì. Guardi, signorina, il mio rapporto con il teatro è difficile. Sono abituato a cenare tardi... e quando poi si arriva, lo spettacolo è alla fine. Non è vero?
ATTRICE: Allora da adesso in avanti cenerà prima.
CONTE: Sì, me lo sono già detto. O non cenerò. Non è poi così dilettevole, mangiare.
ATTRICE: C' è ancora qualcosa che considera un piacere, mio giovane vecchietto?
CONTE: E' ciò che io stesso, talvolta, mi chiedo. Ma non sono certo vecchio. Il motivo è un altro.
ATTRICE: Lei crede?
CONTE: Lulu afferma a esempio che sono un filosofo. Capisce, signorina, sostiene che rimugino troppo.
ATTRICE: Sì... pensare è una sciagura.
CONTE: Ho troppo tempo a mia disposizione, ecco perché penso. Scusi, signorina, stia attenta, mi ero detto che col mio trasferimento a Vienna ci avrei guadagnato. Divertimenti, eccitazioni. Ma dopo tutto non è molto diverso da quando ero laggiù.
ATTRICE: Laggiù dove?
CONTE: Laggiù, in quei buchi dove io stavo di solito di guarnigione.
ATTRICE: Sì, ma cosa faceva in Ungheria?
CONTE: Be', come dicevo, signorina, il servizio militare.
ATTRICE: Sì, e come mai è rimasto così a lungo?
CONTE: Sono cose che capitano.
ATTRICE: Dev'essere da diventare matti.
CONTE: E perché? C'era più da sgobbare che qui: addestrare le reclute, montare i cavalli... e poi il luogo non è così brutto come si vuole far credere. Ci sono anche delle cose belle: il bassopiano... e certi tramonti. Peccato che non sappia dipingere, altrimenti li avrei dipinti, mi sono ripetuto tante volte. Al reggimento c'era un giovane, un certo Splany, che ci riusciva...Ma che vicende noiose le sto narrando, signorina.
ATTRICE:Assolutamente, mi sto divertendo molto invece.
CONTE: Sa, signorina, con lei si parla volentieri, me lo aveva già detto Lulu, ed è una cosa proprio rara.
ATTRICE: Be', non siamo in Ungheria.
CONTE: Ma non si scherza neanche a Vienna. Gli uomini sono uguali da per tutto: dove c'è più gente, c'è anche più confusione, questa è l'unica differenza. Mi dica, signorina, lei ama la gente?
ATTRICE: Se la amo?... Non la posso soffrire! E non vedo mai nessuno! Sono sempre da sola, in questa casa non entra mai nessuno.
CONTE: Vede, signorina, supponevo che lei fosse una misantropa. Una cosa che capita spesso nel mondo dell'arte. Quando si vive nel mondo delle nuvole... Be', almeno lei ci sta bene, ha uno scopo nella vita!
ATTRICE: E chi glielo dice? Io devo ancora capire quale sia lo scopo della mia vita.
CONTE:  Ma come, signorina... la celebrità... il successo...
ATTRICE: Tutto ciò dà gioia secondo lei?
CONTE: Gioia? Scusi, signorina, la gioia non esiste. In genere, sono proprio le cose di cui più parliamo che non esistono... a esempio l'amore. Questa è un'altra bella questione.
ATTRICE: Qui lei ha certamente ragione.
CONTE: Piacere... estasi... un piacere indicibile, dunque... questo è sicuro. In questo istante ad esempio io sono beato, sì, è vero, mi sento felice. Oppure sono in estasi, bene, anche questo è sicuro. Ma quando l'incanto è passato, ebbene, non rimane traccia di niente.
ATTRICE: E' passato, appunto…
CONTE: Ma quando, come potrei dire, non ci si abbandona al carpe diem, e si penso al pro e al contro, be', allora è finita; il pro è insicuro... e il contro è triste... insomma, ci si riempie la testa di confusione. Non le pare?
ATTRICE approva sgranando gli occhi: Le sue sono parole sacrosante.
CONTE: E vede, signorina, quando uno ha capito questo, gli è indifferente vivere a Vienna, nella puszta o sulla luna. Per fare un esempio... Dove posso mettere il cappello? Ah, tante grazie... di che stavamo discorrendo?
ATTRICE: Della luna.
CONTE: Giusto. Dunque, come dicevo, non cambia gran che. Che io passi la serata al Casinò o al club è la stessa cosa.
ATTRICE: Ma cosa ha a che fare tutto questo con l'amore?
CONTE: Quando si crede nell'amore, c'è sempre qualcuna a cui voler bene.
ATTRICE: Ad esempio la signorina Birken.
CONTE: Non mi è chiaro, signorina, perché lei insista tanto sulla piccola Birken.
ATTRICE: Ma è la sua amante!
CONTE: Chi lo dice?
ATTRICE: Lo sanno tutti quanti.
CONTE: Io però non lo so, e questo è un fatto stupefacente.
ATTRICE: Ma se ha perfino avuto un duello per colpa sua!
CONTE: Forse mi hanno ammazzato, e io devo ancora saperlo.
ATTRICE: Signor conte, lei è un signore. Si sieda più vicino.
CONTE: Con il suo permesso.
ATTRICE: Qui. (Si stringe a lui e gli accarezza il capo.) Sapevo che oggi sarebbe venuto!
CONTE: Sì?
ATTRICE: Lo sapevo fin da ieri, a teatro.
CONTE: Mi ha scorto dal palcoscenico?
ATTRICE: Ma conte! Non si è accorto che recitavo solo per lei?
CONTE: Davvero?
ATTRICE: Ho fatto un salto, quando mi sono accorta che stava seduto in prima fila!
CONTE: Un salto? Per me? Non mi ero neanche accorto che mi avesse notato!
ATTRICE: Con la sua signorilità potrebbe portare una donna alla disperazione. Ma si levi almeno la sciabola!
CONTE : Se permette.
ATTRICE: E poi dammi un bacio. C.la bacia, e lei lo trattiene. Sarebbe stato meglio per me se non ti avessi guardato.
CONTE: Invece è meglio così!...
ATTRICE: Signor conte, lei è una persona molto controllata!
CONTE: Io?... perché mai dice questo?
ATTRICE: Cosa crede, molti uomini sarebbero felici di trovarsi al suo posto!
CONTE: Io sono felicissimo, infatti!
ATTRICE: Non era del parere che la felicità non esistesse? Ma come mi guarda ora? Io credo che lei, signor conte, abbia paura di me!
CONTE: Le ho già detto, signorina, che lei è un problema per me.
ATTRICE: Ah, lascia perdere la tua filosofia. Vieni qui. E prenditi quello che vuoi... puoi avere tutto ciò che desideri. Sei bello.
CONTE: Allora le chiedo il permesso di tornare questa sera.
ATTRICE: Questa sera... io recito.
CONTE: Dopo il teatro.
ATTRICE: Non mi chiedi altro?
CONTE: Ti chiederò tutto il resto dopo lo spettacolo. Credo che il nostro incontro sarebbe più stimolante la sera, dopo lo spettacolo... più confortevole... adesso ho come l'impressione che la porta si possa spalancare da un istante all'altro...
ATTRICE: Non si apre da fuori.
CONTE: Io credo che non dovremmo correre il rischio, per una questione di leggerezza, di sciupare qualcosa che potrebbe essere davvero bello.
ATTRICE: Che potrebbe!...
CONTE: Sarò sincero con te. Trovo che di mattina l'amore sia insopportabile.
ATTRICE: Oh... sei l'essere più squinternato che abbia mai incontrato!
CONTE: Non parlo di donne facili... con loro mattina o sera è la stessa cosa. Ma con donne come te... guarda, puoi considerarmi bislacco fin che vuoi, però le donne come te... non si trattano prima di colazione. E' così... sai... è così.
ATTRICE: Dio, che tesoro!
CONTE: Hai capito, vero, quello che intendo dire. Suppongo...
ATTRICE: Che cosa supponi?
CONTE: Penso che... dopo lo spettacolo ti attenderò in una carrozza, così ce ne andremo insieme a cenare da qualche parte...
ATTRICE : Non sono la signorina Birken.
CONTE: Non intendevo dire questo. Solo, credo che per ogni cosa ci voglia una preparazione... soltanto a cena si trova una certa atmosfera. E' così magico quando, dopo cena, si rincasa, e poi...
ATTRICE: E poi?
CONTE: E poi... tutto dipende dalla piega che prendono gli avvenimenti.
ATTRICE: Stammi più vicino.
CONTE: Devo dire che dai guanciali emana un profumo di... reseda... non è così?
ATTRICE: Fa molto caldo qui, non ti pare? C. si abbassa e la bacia sul collo. Oh, signor conte, questo non era in programma.
CONTE: Chi lo ha detto? Io non ho programmi. Fa davvero caldo.
ATTRICE: Davvero? E' il buio è intenso, come se facesse notte... E' sera... E' notte... Chiudi gli occhi, se per te c'è troppa luce. Vieni... Vieni...
 - - - - - - - - - - - -

ATTRICE: Allora, come stai adesso, uomo super controllato?
CONTE: Sei un piccolo demone.
ATTRICE: Come mai mi chiami così?
CONTE: Be', intendevo dire che sei un angelo.
ATTRICE:  Tu avresti dovuto fare l'attore! Davvero! Conosci e come le donne! E sai quello che farò adesso?
CONTE: Cosa?
ATTRICE: Ti comunico che non ti voglio più rivedere.
CONTE: Perché poi?
ATTRICE: Per conto mio sei troppo pericoloso. Tu sai come far perdere la testa a una donna. E ora te ne stai lì, come se non fosse accaduto nulla.
CONTE: Ma...
ATTRICE: Le ricordo, signor conte, che poco fa ero tra le sue braccia.
CONTE: Non me ne dimenticherò mai.
ATTRICE: E questa sera?
CONTE: Come dici?
ATTRICE: Ma... Non intendevi aspettarmi dopo lo spettacolo?
CONTE: Ah, certo, per esempio dopodomani.
ATTRICE: Dopodomani?! Noi abbiamo parlato di oggi.
CONTE: Vederci oggi non avrebbe senso.
ATTRICE: Sei già spompato?
CONTE: Mi hai frainteso. E' lo spirito che non sarebbe più lo stesso.
ATTRICE: Che me ne faccio dello spirito?
CONTE: Credimi, ha la sua importanza anche lo spirito. E' sbagliato non mescolare le due cose.
ATTRICE: Lascia perdere la tua filosofia. Se mi interesserà, la troverò leggendo un libro.
CONTE: I libri non insegnano mai niente.
ATTRICE: E' proprio vero! Ecco perché questa sera ci dobbiamo vedere.

CONTE: Se la pensi così, ebbene, allora verrò con la mia carrozza...
ATTRICE: Qui davanti a casa mia devi aspettarmi...
CONTE: ... dopo lo spettacolo.
ATTRICE: Naturalmente. CONTE si aggiusta la sciabola. Che cosa fai ora?
CONTE: Io credo che sia ora che me ne vada. Una visita di cortesia non dovrebbe durare così a lungo.
ATTRICE: Be', questa sera non sarà una visita di cortesia.
CONTE: Dici?
ATTRICE: Lascia fare a me. E ora dammi un altro bacio, mio filosofo. Ecco, dongiovanni... tesoro…tu... (Lo bacia con ardore un paio di volte, e poi lo allontana con forza da sé.) Signor conte, è stato per me un grande onore!
CONTE: Le bacio le mani, signorina! (Sulla porta.) Arrivederci.
ATTRICE: Addio!


10.           Il CONTE e  LEOCADIA


CONTE   si muove, si strofina gli occhi, si alza con prontezza, resta seduto, si guarda intorno: Sì, come sono... Ah, così... Dunque, la ragazza mi ha portato a casa sua... Lei è lì... Cosa può succedere a uno della mia età. Non ricordo più nulla, mi hanno portato qui? No... ho visto bene... entro in camera... sì... allora ero ancora sveglio, oppure mi sono svegliato... o... oppure è solo che la stanza mi ricorda qualcosa?... Caspita, certo... l'ho vista ieri... (Osserva l'orologio.) Cosa?! Ieri, cioè due ore fa... Ma me la sentivo che sarebbe accaduto qualcosa... me la sentivo... come mi sono messo a bere, ho capito che... E cosa è successo?... Proprio niente... Oppure è successo...? Caspita... da quando... era da dieci anni che non mi accadeva di non ricordare... In parole povere, ero ubriaco... Se almeno ricordassi quando... Però ricordo esattamente quando sono entrato con Lulu nel caffè frequentato dalle prostitute e... no, no... siamo stati da Sacher... e poi a passeggiare... Oh già, sono entrato nella mia carrozza con Lulu... Perché sto qui a scervellarmi? Non cambia nulla. Cerchiamo se mai di andare avanti. Oh! Dorme profondamente. Io non so proprio niente... ma le metterò del denaro sulla tavola... e ciao... ( E' in piedi davanti a lei, e la osserva a lungo.) Se non sapessi quello che è! Ne ho conosciuto a josa di ragazze come lei, ma nessuna aveva un aspetto così innocente, mentre dormiva... Caspita... Lulu mi rimprovererebbe di essere il solito filosofo, eppure è proprio così, il sonno ci mette tutti allo stesso livello, mi pare... come sua sorella, la morte... Hm, vorrei proprio sapere, se... No, mi sarebbe rimasta addosso una traccia... No, no, sono subito caduto sul divano... senza che sia successo niente... E' strano come tutte le donne in certi momenti si assomiglino... Be', andiamo via. Ah, mi stavo dimenticando.( Toglie di tasca il portafoglio e sta per estrarre una banconota.)

LEOCADIA, svegliatasi: Oh... Chi mi cerca così di buonora...? (Riconoscendolo): Ciao, dolcezza!
CONTE: Buon giorno. Hai dormito bene?
LEOCADIA: Ah, vieni qui. Dammi un bacetto.
CONTE Stavo proprio andandomene via...
LEOCADIA: Te ne vai?
CONTE: E' veramente tardi.
LEOCADIA: Dunque vai via?
CONTE: Ecco...
LEOCADIA: Be', ciao, fatti rivedere.
CONTE: Sì, arrivederci. Ah, vuoi darmi la manina?  prende la mano di lei baciandola meccanicamente; se ne accorge, e ride.
Come una principessa. D'altra parte, sarebbe sufficiente soltanto...
LEOCADIA: Perché mi guardi così?
CONTE: Se uno le guardasse la testolina. come ora... quando si svegliano hanno tutte un aspetto innocente... Diamine, potremmo metterci a tessere sogni, se non ci fosse questo tanfo di petrolio...
LEOCADIA: Sì, con quella lampada c'è sempre da irritarsi.
CONTE: Quanti anni hai?
LEOCADIA: Quanti me ne dai?
CONTE: Ventiquattro.
LEOCADIA: Sì, certo.
CONTE: Sei più vecchia?
LEOCADIA: Sono una ventenne.
CONTE: E da quanti anni fai...
LEOCADIA:  …la puttana: è da un anno che batto.
CONTE: Hai iniziato presto.
LEOCADIA: Meglio presto che tardi.
CONTE: Di' un po', sei proprio contenta di quello che fai?
LEOCADIA: Come?
CONTE: Intendo dire, te la passi bene?
LEOCADIA: Oh, per me va sempre bene.
CONTE: Già... Senti, non hai mai pensato che potevi fare una vita diversa?
LEOCADIA: Che cosa avrei potuto fare d’altro?
CONTE: Ecco... Tu sei una ragazza davvero bella. Potresti ad esempio avere un fidanzato.
LEOCADIA: Pensi forse che non ne abbia?
CONTE: Sì, lo so... ma io volevo dire uno, capisci, che ti mantiene, in modo che tu non sia costretta ad andare con tutti.
LEOCADIA: Ma io non vado con tutti. Grazie a Dio non sono ridotta così male e posso scegliere.
CONTE dà una occhiata alla camera.
LEOCADIA    Il prossimo mese traslocheremo in centro città, nella Spiegelgasse.
CONTE: Noi? Noi chi?
LEOCADIA: Be', la signora e un altro paio di ragazze, che abitano qui.
CONTE: Qui abitano altre persone...
LEOCADIA: Nella stanza adiacente... non senti?... è Milli, al caffè c'era anche lei.
CONTE: C'è qualcuno che russa.
LEOCADIA: E' Milli, che russa per tutto il giorno, fino alla dieci di sera. Poi si sveglia e va al caffè.
CONTE: E' una vita davvero atroce.
LEOCADIA: Io, a mezzogiorno, sono già sul marciapiede.
CONTE: E che ci fai a mezzogiorno sul marciapiede?
LEOCADIA: Che ci faccio? Cerco clienti.
CONTE: Ah sì... certo... (Si alza, estrae il portafoglio e mette una banconota sul comodino.) Addio!
LEOCADIA: Vai già via?... Buon giorno... Torna presto (Si gira su un fianco.)
CONTE: Senti, per te è indifferente...no?
LEOCADIA: Cosa?
CONTE: Intendo dire, lo fai senza provare piacere.
LEOCADIA, sbadigliando: Ho sonno.
CONTE: Per te è la stessa cosa che un uomo sia giovane o vecchio, e se...
LEOCADIA: Ma che domande mi fai?
CONTE :... Ecco... adesso ricordo chi è che mi ricordi...
LEOCADIA: Somiglio a qualcuna?
CONTE: Inconcepibile, inconcepibile... ma ora ti prego di non dire nulla, almeno per un minuto... (La guarda.) Lo stesso viso, proprio identico. (Le bacia tutt'a un tratto gli occhi.)
LEOCADIA: Be'...
CONTE: Caspita, è peccato che tu... non sia... potrebbe fare la tua fortuna!
LEOCADIA: Tu e Franz vi comportate allo stesso modo.
CONTE: Chi è Franz?
LEOCADIA: E' il cameriere del nostro caffè...
CONTE: E perché somiglio a Franz?
LEOCADIA: Lui mi dice talvolta che io potrei far fortuna, e che dovrei sposarlo.
CONTE: Perché non gli dai retta?
LEOCADIA: Grazie tante... io non mi sposerei, neanche per tutto l'oro del mondo. Forse in futuro.
CONTE: Gli occhi... i medesimi occhi... Lulu direbbe che sono un matto, ma io desidero baciarti ancora una volta gli occhi... così... e ora arrivederci, adesso vado.
LEOCADIA:  Ciao.
CONTE, davanti alla porta: Tu... dimmi... non ti stupisce...
LEOCADIA: Che cosa?
CONTE: Che io non ti chieda niente?
LEOCADIA: Ci sono parecchi uomini che di mattina non lo fanno.
CONTE: Sì, è così. (Fra sé.) Non posso essere così sciocco da pretendere che si stupisca... Allora salve… Sono proprio arrabbiato. Sono a conoscenza che a donne di questo tipo interessino solo i soldi... ma che dico... donne simili... è bello... che almeno non finga... un fatto che dovrebbe rendere felici... Senti, ritornerò presto a trovarti.
LEOCADIA, tenendo gli occhi chiusi: Bene.
CONTE: Quando sono certo di trovarti in casa?
LEOCADIA: Io sono sempre a casa. Basta che tu chieda di Leocadia.
CONTE: Leocadia... Bene... Allora salve. (Sulla soglia.) Il vino mi ha proprio intontito... E' proprio il massimo, che io sia con una di quelle e mi limiti a baciarle gli occhi, perché mi ricorda un'altra donna... (Si gira dalla sua parte.) Senti, Leocadia, ti capita sovente che un cliente esca senza aver combinato nulla?
LEOCADIA: In che senso?
CONTE: Che non abbia combinato nulla, come è accaduto a me.
LEOCADIA: Di mattino presto?
CONTE: No... volevo chiederti se da te è venuto qualcuno... senza pretendere nulla.
LEOCADIA: No, non è mai accaduto.
CONTE: Cosa pensi di me allora? Pensi di non piacermi?
LEOCADIA: Perché non dovrei piacerti? Stanotte ti sono piaciuta!
CONTE: Mi piaci anche ora.
LEOCADIA: Ma stanotte ti piacevo di più.
CONTE: Perché lo pensi?
LEOCADIA: Be', perché mi fai una domanda così idiota?
CONTE: Questa notte... sì, dimmi, io non sono caduto immediatamente lungo disteso sul divano?
LEOCADIA: Certo, ma abbracciato a me.
CONTE: Con te?
LEOCADIA: Sì, non te ne ricordi più?
CONTE: Io ho... noi siamo stati insieme... sì...
LEOCADIA: Ma ti sei presto addormentato.
CONTE: Mi sono subito... Be'... E' andata così!...
LEOCADIA:  Devi avere preso proprio una grossa sbronza, per non ricordare più niente...
CONTE: Già... E anche... mi hai ricordato un'altra persona... Salve...

LEOCADIA: La domestica è già sveglia. Dalle la mancia, quando esci. La porta è aperta.

CONTE, nell'anticamera: Dunque... Sarebbe stato bello se le avessi baciato solo sugli occhi. Sarebbe stata quasi una avventura... E invece è accaduto quello che accade sempre in queste circostanze.
La cameriera gli apre la porta.
CONTE: Ah, ecco, è per lei... Buona notte.
MARIE: Buon giorno.
CONTE: Sicuro, è già chiaro... Buon giorno... Buon giorno.