Gli agnellini mangiano l’edera

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GLI AGNELLINI MANGIANO L’EDERA

Titolo Originale Dell'opera: Little Lambs Eat Jvy

Commedia in tre atti

di NOEL LANGLEY

Versione italiana di Ada Salvatore

                                   

PERSONAGGI

DOUGALL PITCHFORD

PY NEGAR, infermiera

ESSIE (LADY BUCKERING)

CORDEB, mag­giordomo

GLIFFORD MAGILL

BICKY, GERDA e CATERINA, figlie di lady Buckering

VILFREDO MARKS, marito di Gerda

ROLY WAYNE

IL DOTTOR DREW

UN POLIZIOTTO

I tre atti si svolgono nella casa di lady Buckering, in Eegent's Park.

Commedia formattata da

ATTO PRIMO

La stanza di soggiorno nella casa di lady Buckering in Regent's Park. Ambiente spazioso, arredamento anteguerra, con aggiunta di creton a disegni liberty e di stampe antiche che stabiliscono un compromesso. La stanza è separata dall'anticamera a mezzo di un'ar­cata di guercia sintetica; la scala scende direttamente dal primo piano verso la porta d'ingresso che è in fondo a sinistra, lasciando solo lo spazio sufficiente per un attaccapanni e un arazzo. Nulla di ciò che accade nel vestibolo può perciò sfuggire allo sguardo di chi sta nella stanza di soggiorno; chiunque scende la scala per andare alla porta d'ingresso o in cucina deve neces­sariamente essere visto dal pubblico. Librerie lungo la parete a destra con una poltrona all'estremità. Un divano è disposto obliquamente a sinistra, verso il fondo; dietro ad esso un tavolino con bottiglie di liquori, fiori,, ecc. A sinistra è la poltrona di Essie; dietro   a questa, contro la parete, la sua scrivania piena di carte in disordine. Nella stessa parete è una finestra; in quella del fondo il caminetto. Davanti al camino uno sgabello. A sinistra, in fondo, altre sedie. È un sabato mattina.

(Il telefono squilla).

La voce di Bickt              - Non va nessuno a rispondere al telefono, prima che io impazzisca? (Pausa) Possi­bile che non si possa mai dormire in questa maledetta casa? Andate, qualcuno, a rispondere al telefono!

 (Dougall scende in pigiama e vestaglia, portando un vassoio da colazione. Lo posa sulla tavola e va al tele­fono; questo cessa di suonare quando Dougall si avvi­cina. Allora egli va a riprendere il vassoio; il telefono riprende a squillare. Dougall torna indietro, stacca il ricevitore).

Dougall                            - Casa di lady Buckering... Oh, salve, Sholto... No, non sono ancora padre... Da un mo­mento all'altro... È quello che ho detto ieri... Doretta sopporta bene i dolori... Grazie, glielo dirò... Grazie; Sholto. Verrò in ufficio appena sarà tutto finito... Grazie. (Essie scende. Prende una lettera dalla cassetta che è dietro alla porta, e il giornale che è a terra).

Essie                                - Buongiorno, Dougall caro.

Dougall                            - Buongiorno, Essie. Possa tu non avere altri pensieri che il giornale!

Essie                                - Come va Doretta stamattina?

Dougall                            - (va al caminetto e cerca una sigaretta nel pacchetto che è vuoto) Ha dormito poco.

Essie                                - Peccato. Tirati giù le maniche, caro.

Dougall                            - Sono giù. (Va alla tavola in centro, trova le sigarette, ne prende una, l'accende).

Essie                                - Bisogna che compri un po' di seta da paracadute e ti faccia qualche pigiama. Queste ma­niche si sono terribilmente accorciate. (Va a posare il giornale sulla tavola; ha in mano la lettera) E tu hai dormito bene?

Dougall                            - Sì, ma... Sai che russo; Doretta ha dovuto picchiarmi due volte con una pantofola. Bella mattinata. L'alba era rossa.

Essie                                - « Eosso di sera bel tempo si spera; rosso di martina, fa pioggia è vicina ». Così dicono i con­tadini. Meno male che non siamo in campagna. (Ride. Va alla sedia che è vicino alla finestra e siede) A che ora devi trovarti in ufficio?

Dougall                            - Non vado. Mi ha telefonato Sholto. Posso fare a meno di andare finché non è nato il bambino. È molto gentile, vero, da parte sua? (Va verso la cucina).

Essie                                - Sì. (Legge la lettera) Oh Dio. Vengono di nuovo a tagliare il gas.

Dottgall                           - (si volge in fretta e viene sul davanti) Oggi?

Essie                                - No. E solo l'ultima sollecitazione. Lo lasciano ancora per un giorno o due. (Entra Corder. Dougall va in cucina).

Corder                             - Buongiorno, signor Pitchford. (Va verso Essie) Scusi, c'è il lattaio alla porta di servizio, milady.

Essie                                - Che cosa vuole?

Corder                             - Non vuole lasciare altro latte se non è pagato, milady.

Essie                                - (alza la testa) Ma è un delinquente! Gli avete detto che abbiamo in casa una madre che aspetta il suo bimbo?

Corder                             - Sì, milady.

Essie                                - E che ha risposto?

Corder                             - Che lui ha un padrone che aspetta che gli porti i quattrini.

Essie                                - (si alza e va verso la cucina) Bisognerà che vada a parlargli io. (Esce. Corder va verso la tavola canterellando. Prende l'ultima sigaretta, va verso la cucina. Suona il campanello dell'ingresso. Corder va ad aprire. Entra Clifford Magill, bel giovine sulla trentina; simpatico e impressionabile).

Magill                              - Buongiorno. Vorrei vedere lady Buckering, per favore. È in casa?

Corder                             - Credo di no, signore.

Magill                              - Oh! (Come spiegazione) Sono il signor Magill.

Corder                             - Se vuole lasciare il suo biglietto...

Magill                              - Non ho biglietto, ma c'è il mio nome sulla fodera del cappello... Potete portarglielo, se credete.

Corder                             - Non è la stessa cosa, signore.

Magill                              - No?! ma io ho bisogno di vederla. Sono il suo padrone di casa.

Corder                             - Ah sì, davvero?

Magill                              - Forse ora vorrete vedere la mia carta d'identità?

Corder                             - No, affatto. (Prende il cappello di Magill e lo depone su una sedia in anticamera) La annun­cerò a Sua Signoria. (Il telefono squilla) Un momento, signore. Questo telefono suona in continuazione. Le mie incombenze sono varie... Vuole attendere un momento? (Magill si è avvicinato alla finestra. Il telefono squilla ancora. Corder va a rispondere) Casa di lady Buckering... L'infermiera Pynegar? Vado a chiamarla. (A Magill) Si accomodi, signore. (Sale. Mentre Magill sta per sedere, l'orologio a cucù comincia a suonare. Magill va a guardarlo; poi torna verso la finestra e siede. BicJcy appare al sommo della scala, mentre Essie esce dalla cucina. Magill si volta).

Bickt                                - Mamma... ho avuto una lettera orribile da Roly.

Essie                                - Un'altra?

Bickt                                - Dice che qualcuno ha annunciato il nostro fidanzamento ed è furibondo. Dice che gli ho fatto fare una figura ridicola e che tutti i suoi amici ridono di lui.

Essie                                - Che stupidaggine! Come se avesse degli amici! (Va al caminetto per prendere una sigaretta e trova il pacchetto vuoto).

Bicky                               - E dice che non mi sposerebbe neanche se gli dessero un milione di sterline.

 Essie                               - Come può esservi una persona così negata agli affari?

Bickt                                - (è scesa) Sei stata tu che hai detto a qualcuno che Roly ed io eravamo fidanzati?

Essie                                - (offesa) Io? Bicky! Come ti permetti? Andare a pensare... (Va verso il sofà).

Bicky                               - Lo hai detto tu?

Essie                                - No! (Si volta, guardandola in faccia. Pynegar, un'infermiera professionista di aspetto anti­patico, scende la scala).

Bicky                               - Lo hai detto! Devi averlo detto! Non. può essere stato nessun altro! Sei stata tu?

Pynegar                           - Mille scuse. Mi chiamano al telefono, (Spinge Bicky per passare. Va al telefono) Sì...

Essie                                - (si alza e va verso la tavola in centro. Dram­matica) «Ti giuro » di no!

Pynegar                           - (al telefono) Sì, sono io...

Bicky                               - Chi altro potrebbe aver parlato? (Va verso il sofà).

Essie                                - (muove verso la libreria) Probabilmente nessuno... Lo sai come si diffondono certe voci... Come il fuoco greco... (Bicky siede sul sofà).

Pynegar                           - (al telefono) Lo aspettiamo da un momento all'altro.

Bicky                               - Lo hai detto... Ne sono sicura.

Essie                                - Ti dico di no.

Pynegar                           - Ho detto che lo aspettiamo da un momento all'altro.

Bicky                               - Allora avrai fatto qualche allusione. Tutti sanno che cosa sono le tue allusioni.

Essie                                - Ma se non me lo sono neanche sognato!

Bicky                               - Ecco; così la mia vita è rovinata.

Pynegar                           - Il bimbo.

Bicky                               - La mia felicità è distrutta.

Pynegar                           - (sempre al telefono) L'abbiamo annul­lata... annullata.

Bicky                               - Ti divertirà vedermi diventare una. zitellona.

Essie                                - Bicky, non drammatizzare così.

Pynegar                           - (a Essie) Lady Buckering, debbo pre-. garla un momento...

Essie                                - Sei troppo giovine per parlare di ma, trimonio.

Bicky                               - Niente affatto. Mi parli sempre come se fossi una bambina.

Essie                                - La sei.

Pynegar                           - Lady Buckering, per favore...

Bicky                               - Non sono una bambina. Ho compiuto 17 anni il 22 febbraio.

Pynegar                           - (al telefono) Provi a parlare più forte. Qui c'è tale un chiasso che non si capisce niente.

Essie                                - (a Pynegar) Fatemi il favore, Pynegar, dite che chiamino in un altro momento e andate via!

Pynegar                           - Quando la gente si mette in mente di partorire in casa invece che in clinica - come sarebbe opportuno - deve anche sopportare che gli altri curino le proprie faccende. (Al telefono) Pronto?

Essie                                - Ma il bambino non è ancora nato, vero?

Pynegar                           - Potrebbe anche esserlo, per conto mio! (Al telefono) Pronto?

Essie                                - Non siate catastrofica! (Spolvera la tavolat prende il cestino da lavoro).

Pynegar                           - Niente affatto.

Biokt                               - Doretta dice che non nascerà prima di lunedì; e lei dovrebbe saperlo!

Pynegar                           - Ma è l'ultima persona al mondo che può assicurare una cosa simile!

Essie                                - Non vi eccitate, Pynegar.

Pynegar                           - Non è la prima volta che vedo nascere un bambino, Vostra Signoria! (Al telefono) Pronto? Richiamerò io più tardi... (Riattacca) Poteva anche essere una cosa urgente... (Con un fruscio iroso di gonne inamidate, Pynegar va in cucina).

Bicky                               - Dio, come odio la vita! (Essie si scosta dalla figlia, esaurita; e improvvisamente si accorge di Magill. Questi si alza).

Essie                                - Oh?

Magill                              - Sono il signor Magill.

Essie                                - (gentile) Ah, bene. (Vagamente) Magill?

Magill                              - Il vostro domestico mi ha annunciato poco fa. Sono il vostro padrone di casa.

Essie                                - Ah, sì, sicuro! Che sciocca! Scusate tanto... Molto lieta! Mia figlia Bicky. Bicky, il signor Magill.

Magill                              - Fortunatissimo.

Bicky                               - (senza voltarsi a guardare) Piacere. (Magill va verso sinistra).

Bicky                               - (forte) Corder, portate un po' di caffè.

Essie                                - Bicky, tesoro, ti prego, vai di sopra... E dimentichiamo tutta la faccenda di quell'orribile Eoly...

Bicky                               - Lo farò pentire di essere venuto al mondo! (Con un gemito soffocato si getta improvvisamente su per la scala).

Essie                                - Che intendi fare, Bicky?

Bicky                               - (sulla scala) Vado a buttarmi dalla finestra!

Essie                                - Non fare la stupida! (A Magill) Non ci pensa neppure...

Magill                              - Ne sono ben contento.

Essie                                - (va al caminetto a cercare una sigaretta) Mi fa diventare talmente nervosa... Una sigaretta?

Magill                              - Grazie.

Essie                                - Quel ragazzo... quel Rolando Wayne... frequentano insieme la stessa accademia dramma­tica... E mi pare che lui abbia sopra di lei una pes­sima influenza... (Trovando il pacchetto vuoto) Oh, mi dispiace...

Magill                              - Ne ho io.

Essie                                - Ma no, ne abbiamo in quantità. Dunque: si precipita qui e accadono delle scenate violente; si accusano a vicenda di straordinarie infedeltà... (Magill va ad offrirle una sigaretta) ... naturalmente sono cose innocenti; fanno la pace e non se ne parla più fino alla prossima scenata! (Prende la sigaretta) Io credo che qualcuno, qui in casa, le mangi.

Magill                              - Servitevi senza complimenti! (Le accende la sigaretta).

Essie                                - Grazie, siete molto gentile. Di solito ne abbiamo in giro delle centinaia... Siete venuto per l'affìtto?

Magill                              - Sì; veramente, proprio per quello.

Essie                                - Sedete!

Magill                              - Pare che il nostro amministratore non sia riuscito ad incassare...

Essie                                - Dio mio, siamo in arretrato di molti trimestri?

 Magill                             - Quattro, per essere precisi.

Essie                                - Ma sapete che è proprio scandaloso? Non so come non ci abbiate mandato in casa le guardie! Ed è soltanto per indolenza; e poi la mia famiglia mi dà tanto da fare che dimentico tutto il resto! (Siede sul divano).

Magill                              - (siede su una sedia).

Essie                                - (continuando) Al piano di sopra c'è Dora che sta per avere un bambino... È la maggiore delle mie figlie... Abita col marito su un barcone a Hampton Court e non ho voluto che il mio primo nipotino nascesse in mezzo al fiume. (Entra Corder col caffè. Posa il vassoio sul tavolino a destra del sofà; porta un tavolinetto davanti al sofà, poi va in cucina) Dougall, suo marito, era nella Marina canadese. Si sono cono­sciuti durante la guerra. Lui è tornato apposta per sposarla. E un simpatico ragazzo; ma le sue condi­zioni non sono molto brillanti. Non ricordo più chi gli ha prestato il barcone. Lui è in un'agenzia di pubblicità: scrive gli avvisi. Non avrei mai creduto che si guadagnasse tanto poco, con quella profes­sione... Quanto vi dobbiamo?

Magill                              - Centottanta sterline. (Essie ammutolisce per un momento; poi si volge verso il tavolino del caffè che è davanti a lei e sorride a Magill il quale le sor­ride a sua volta).

Essie                                - Ah, il caffè! (Lo versa) C'è un mio amico che ha 2000 sterline immobilizzate in Jugoslavia.

Magill                              - Una bella seccatura, no?

Essie                                - (gli porge il caffè) Tito.

Magill                              - Oh!

Essie                                - (versa il caffè per sé) Sapete che mi sembra strano, parlare così col mio padrone di casa! Abitiamo qui da tanto tempo che ci pare proprio di essere i proprietari!

Magill                              - È naturale.

Essie                                - Avete molte case?

Magill                              - Tutto questo lato della strada è nostro. Cioè, di mio padre... Io sono una specie di fattorino di un grado più elevato... Tutto questo faceva parte della proprietà familiare quando eravamo despoti feudali.

Essie                                - (sorpresa) Oh, ma allora non siete affatto un uomo d'affari!

Magill                              - Faccio del mio meglio.

Essie                                - Vi capisco benissimo. Anch'io tento di badare agli affari, ma vedete quello che capita: vi debbo 160 sterline.

Magill                              - (gentilmente) Centottanta.

Essie                                - (ride leggermente; poi fra sé, come calco­lando) Sei per cinque. Zero e porto tre. (Ingenua­mente) Sicuro, ottanta. (La porta d'ingresso si apre; entrano Gerda e Vilfredo Marks. Gerda è la seconda figlia di Essie; attraente ma piuttosto trasandata. Vilfredo ha un'« intoccabilità » intellettuale: i suoi idoli sono Sitwell, Huxley e Coward; è riuscito a farsi cre­scere mezzo centimetro di barba che va, a forma di mezza luna, da un' orecchio alValtro. Gerda è costretta a mostrarsi sempre doppiamente cordiale e brillante, per nascondere la noia del marito quando si trova in una compagnia che è al disotto del suo livello intel­lettuale; la qual cosa accade invariabilmente, a meno che nella compagnia non si trovino Sitwell o Huxley o Coward).

Gerda                              - Essie!

Essie                                - Gerda!

Gerda                              - Non c'è nessuno in casa per aprire la porta?

Essie                                - (si alza per andarle incontro) Permettete un momento: mia figlia. (Magill si alza) Salve, caris­sima Gerda.

Gerda                              - Ciao, Essie. (Si baciano).

Essie                                - Salute, Vilfredo.

Vilfredo                           - (borbotta) Buongiorno. (Guarda Magill dall'alto in basso; poi va dritto alla libreria e si spro­fonda subito in un libro, sedendo sulla panchetta della finestra e volgendo le spalle agli altri. Magill va a posare la tazza sul vassoio, poi va verso il caminetto).

Essie                                - (esaminando Gerda) Sei palliduccia, Gerda... E anche magra! Che cos'hai fatto?

Gerda                              - Ma... non mi sono mai sentita così bene! Come va Dora? Le ho portato uno di quei libriccini che servono per alimentare lo spirito durante l'attesa; ma forse arrivo in ritardo e tu sei già nonna!

Essie                                - No, cara; ma credo che da un momento all'altro...

Gerda                              - Lo avevate già detto una settimana fa.

Essie                                - Lo so; ma non si può mai precisare il momento, in queste cose.

Gerda                              - Beh, sono contenta che accada a lei e non a me. .

Vilfredo                           - (senza voltarsi) Anch'io.

Essie                                - Oh... signor Magill... mia figlia, la signora Marks, e il signor Marks.

Gerda                              - (cordiale) Lietissima!

Magill                              - (si inchina; risponde a soggetto).

Gerda                              - (al distratto Vilfredo, con aria di rimprovero) Vilfredo!

Vilfredo                           - (voltandosi a metà) Piacere. (Torna a immergersi nel suo libro).

Magill                              - (c s.).

Essie                                - (nascondendo a stento il desiderio di scusare Vilfredo) Vilfredo è il genio della famiglia. Sta scrivendo un libro che si intitola « Gli idioti sono idioti dovunque ». Stanno anche trasmettendo una sua commedia per radio. Terzo programma.

Gerda                              - Mamma, sai bene che gli dà noia che si parli in sua presenza di quello che fa!

Essie                                - (innocentemente) Lo so, tesoro; ma bisogna che spieghi, per far capire alla gente...

Gerda                              - La sconcertiamo un pochino, noialtri, la povera mamma. Ci crede una coppia di snobs intellettuali; cosa che infatti corrisponde al vero... Posso avere un po' di caffè? (Va al tavolino del caffè).

Essie                                - Serviti, gioia. (Magill dimostra un'educata imparzialità).

Gerda                              - (versandosi il caffè) Come mai non sei su da Dora? Hai qualche misteriosa faccenda con questo signore?

Essie                                - (passando fra Gerda e Magill) Il signor Magill è il nostro padrone di casa. Cioè, suo padre lo è.

Gerda                              - Davvero? (A Magill) State cercando di ridurre sul lastrico questa povera vecchierella?

Essie                                - Ma Gerda!

Il Gerda                           - Vi avverto che non riuscirete a cavarle un quattrino! Siamo tutti in completa bolletta, da anni.

Essie                                - Gerda! (A Magill) Dovete pensare di essere capitato in Dio sa che famiglia! (Prende la tazza di Gerda) Non voglio mandarti via, tesoro; ma il signor Magill ed io stavamo parlando d'affari. (Accenna col capo verso Vilfredo) Sarà questione di pochi minuti.

Gerda                              - Scusami. Andrò a fare le condoglianze a Dora. E non preoccuparti di Vilfredo; è assente dal mondo intero, per tutta la mattina. (Gorder appare improvvisamente e va verso la porta d'ingresso cante­rellando sottovoce una melodia. Appena ha aperto, Rolando Wayne irrompe drammaticamente. È avvolto in un cappotto peloso, da orso, ed ha il cappello inclinato stranamente su un occhio. Passa davanti a Gorder come un fulmine e si precipita su per la scala).

Essie                                - Oh, è... era Bolando Wayne. Ancora un po' di caffè?

Magill                              - Grazie infinite. (Posa la tazza, che aveva ancora in mano sul camino e siede sullo sgabello. Dougall appare in cima alla scala).

Dougall                            - (di dentro, prima di entrare) Pynegar! Pynegar! Essie! Presto! Dora... Ci siamo! Ci siamo!

Essie                                - (premurosa) Pynegar! Pynegar!

Dougall                            - (con angoscia) Presto, Pynegar, presto! Essie! Venite subito! Pynegar! Pynegar!

Essie                                - Calma, Dougall, calma. Non devi agi­tarti... (Va al telefono. Pynegar viene in fretta dalla cucina e corre su).

Dougall                            - Chiamate il dottor Drew.

Essie                                - Debbo chiamarlo?

Pynegar                           - (mentre sale) Prima debbo vedere se non si tratta di un falso allarme!

Dougall                            - (correndole dietro) Ma no che non è falso allarme! Cosa credete che sia? una pompa da incendio?

Pynegar                           - Voglio prima assicurarmi!

Essie                                - (a Magill) Scusatemi...

Magill                              - Ma vi pare?!

Dougall                            - (esasperato, a Essie) Quella donna... (correndo dietro a Pynegar) non sa quello che dice. (Via. Essie si precipita per la scala dietro a loro).

Magill                              - (andando verso l'anticamera) Credo... Sarà meglio che venga un'altra volta, quando lady Buckering sarà meno occupata.

Gerda                              - (va al tavolino a vedere se c'è ancora caffè; poi al caminetto a prendere la tazza) Oh, la mamma non ha niente da fare!

Magill                              - A me pare di sì...

Gerda                              - Non potrete mai entrare in questa casa senza trovare una crisi domestica in corso o all'inizio o alla fine. (Caterina scende; ha un anno meno di Gerda. E un tipo nordico ed ha un'aria innocente).

Caterina                           - Ora mangio qualche cosa; poi andrò a fare una lunga passeggiata e - non voglio darlo per certo                                     - ma può darsi che non torni mai più. Ciao, Gerda. (Si avanza) Ciao, Vilfredo... (Vilfredo alza la testa e poi si immerge nuovamente nel libro) ... seccatore maleducato! (Si volge e vede Magill).

Gerda                              - (presenta) Il signor Magill, mia sorella Caterina. Il signore è il vostro padrone di casa.

Magill                              - (cordiale) Salve, Caterina! (Avanza verso la tavola).

Caterina                           - Salve.

Gerda                              - Come? Vi conoscete?

Magill                              - Sì, ci troviamo ogni tanto in qualche ricevimento.

Caterina                           - Non avevo mai pensato che anche voi poteste avere una vita domestica come tutti gli altri! Mi pare strano vedervi di giorno!

Gerda                              - (ironica) Come fai bene la tortorella!

Caterina                           - Possibile che siate proprio il nostro padrone di casa?

Magill                              - Proprio così.

Gerda                              - Vi trovate in tanti ricevimenti e non sei stata capace di indurlo a ridurre l'affitto?

Caterina                           - Veramente, lui non sapeva neanche che Essie fosse mia madre.

Vilfredo                           - Neanche i « nostri » amici lo sanno.

Caterina                           - Non mi stupisce. Hai finito di pren­dere il caffè? Voglio andare a far colazione... (Va in cucina portando il vassoio del caffè. 8i sente sbattere un uscio al piano di sopra; poi le voci di Boly e di Bicky, in tono di furore isterico).

Bicky                               - Fuori di casa mia, animale! Bruto! Chiamerò i domestici e ti farò buttare in istrada! Vattene e non farti più vedere!

Roly                                 - Me ne vado, me ne vado! (Scendono di corsa e vanno verso la porta).

Bicky                               - Vieni a insultarmi in casa mia! Se fosse vivo mio padre, ti avrebbe frustato! Approfitti perché siamo donne senza difesa!

Boly                                 - Questa poi è una bugia! È pieno di uo­mini, qui!

Bicky                               - (urlando) Non chiamarmi bugiarda! Non sono una bugiarda!

Roly                                 - La sei! Sei una sfrontata mentitrice!

Bicky                               - Non è vero!

Roly                                 - Finiscila di urlare! Mi fai diventar sordo!

Bicky                               - (isterica) Buttatelo fuori, qualcuno di voi; non state lì in quel modo... (A Magill) Se qui ci fosse un mezzo uomo, lo avrebbe già scaraventato fuori della porta!

Roly                                 - (aprendo la porta) Stai tranquilla! Me ne vado! (Si appoggia allo stipite con aria drammatica).

Bicky                               - (afferrandogli un braccio) No! Roly! Se mi lasci mi ammazzo ! Mi butto dalla finestra. Lo giuro !

Roly                                 - (frenetico) È pazza! Bisognerebbe rin­chiuderla!

Gerda                              - Mi pare che anche voi, però...

Bicky                               - Oh, Gerda, diglielo tu che non ho mai detto a nessuno che siamo fidanzati; digli che è stata la mamma che ha fatto delle chiacchiere! Dice che non vuol vedermi mai più!

Roly                                 - Mi ha fatto fare la figura dell'imbecille davanti a tutta Londra, ecco! (Viene verso il sofà) Non posso fare un passo senza che tutti mi facciano dei sorrisetti d'intesa! Sono stufo di queste ossessioni isteriche! Preferirei essere chiuso in prigione e non vedere più nessuno!

Bicky                               - Mascalzone! (Gli tira il cappello giù sugli occhi).

Roly                                 - (per la prima volta dà segno di qualche cosa di umano) Smettila! Guarda come hai ridotto il mio cappello!

Bicky                               - (gli strappa il cappello di mano lo butta a terra e lo calpesta).

Roly                                 - Smettila, ho detto! (Fa un balzo per ripren­dere il cappello. Bicky gli dà uno spintone facendolo cadere; gli cade addosso e lo tempesta di pugni).

Bicky                               - Animale! Presuntuoso imbecille! Tra­ditore vigliacco!

Roly                                 - Questa è proprio la fine! Siete tutti testi­moni che questa è la fine! Ma toglietemela di dosso, qualcuno di voi! (Gerda tira su Bicky e poi siede sul puff. Boly si alza e si ripulisce dalla polvere. Dougall appare sulla scala).

Dougall                            - (violento, voce di toro inferocito) Ma nessuno vuol capire che in questa casa c'è una par­toriente, o siete tutti troppo egoisti per pensarci?

Bicky                               - (con vivacità) Ma va al diavolo!

Roly e Caterina               - (insieme) Senti...

Gerda                              - Bicky! (Essie scende).

Dougall                            - (è sceso e cerca un numero nella guida del telefono) Che numero ha il dottor Drew? Perché in questa casa la rubrìca dei telefoni non è mai al suo posto? Dio mio, sta nascendo un bambino e nessuno sa il numero del telefono. (Bicky dà uno spintone a Boly il quote lo ricambia).

Essie                                - (calmando Dougall, scende) Lascia, Dou­gall; ora ci penso io. Bicky, Bicky, ma come hai potuto? Basta che io volti le spalle un momento perché succedano queste cose!

Gerda                              - Maschio o femmina, o tutti e due o nessuno dei due?

Essie                                - Nessuno dei due, per ora. Un altro falso allarme. (Guarda Gerda; drammaticamente) Non è il caso di scherzare, mia cara!

Dougall                            - Oh, la prendono tutti in ischerzo! La vita è il più grande dei misteri, e la gente si diverte a fare la lotta e rovinare i mobili! Quanto a quella vecchia rimbambita della Pynegar, non bisognerebbe farle assistere neanche una coniglia partoriente! (Bisale ed esce).

Bicky                               - (a Boly) Come hai avuto il coraggio di venire in casa mia?

Essie                                - Roly, Bicky, volete cercare tutti e due di avere « un pochino » di riguardo per gli altri?

Bicky                               - (stancamente e lagrimosa) Digli che sei stata tu che hai detto che eravamo fidanzati.

Essie                                - (con un'ombra di emozione) Di un granello di sabbia che non avrebbe mai dovuto essere altro che un granello, avete fatto una tale montagna che dovrebbe bastare a soddisfare la dignità di chiunque. (A Magill) Oh, signor Magill, scusatemi... sarà meglio che ci vediamo un altro giorno.

Roly                                 - (accorato e con sentimento) Lady Bucke-ring, nessuno deplora più di me che una semplice divergenza di opinioni si sia risolta in una disputa che ha coinvolto e infastidito voi e tutti i presenti... (Si inchina a Gerda. Boi con crescente indignazione) ... Ma l'uso dell'espressione « granello di sabbia » mi ferisce come una definizione particolarmente infelice di una situazione disperatamente grave. (Altera­mente) Non vi disturberò più a lungo. Buon giorno! (Esce dalla casa precipitosamente).

Gerda                              - (sconcertata) E lo lasci andar via in quel modo?

Bickt                                - (con cupa rassegnazione al suo destino) Tanto, a ohe scopo? (Va a sedere sul divano) Sento che qualche cosa è morta qui dentro. (Si tocca il seno con mano indifferente) Proprio in questo momento. L'ho sentito. (Si alza e va verso la scala) Si sopporta tanto dolore; e poi improvvisamente è come se si spezzasse una molla; e si rimane paralizzati.

Gerda                              - Dovresti andar su e raccontare tutto a Doretta.

Essie                                - Piuttosto va a dire a Corder che ti dia la colazione. (Pynegar scende).

Pynegar                           - Signora Buckering.

Essie                                - Che c'è, Pynegar? (Bichy cambia direzione e va in cucina).

Ptnegar                            - (scendendo) Voglio dirle che ne ho abbastanza! Potrei fare assai meglio il mio dovere se si potesse persuadere il signor Pitchford ad andare a fare una passeggiata al parco o altrove. Sono tre giorni che non ha messo piede fuori da quella camera, se non per gridare « al lupo, al lupo ! ».

Essie                                - Va bene, Pynegar; glielo dirò. (Va alla scrivania e si mette a scrivere).

Pynegar                           - Altrimenti continuerà a gridare « al lupo » e nessuno di noi gli crederà più. Si ricordi quello che le dico.

Essie                                - Va bene, Pynegar. (Pynegar va in cucina facendo frusciare le vesti inamidate).

Gerda                              - (posa la tazza e siede) Dove l'hai trovata?

Essie                                - È stata da lady Abbott per degli anni. (Seria) È un'ottima raccomandazione.

Gerda                              - E perché non sta più con lei?

Essie                                - Perché lady Abbott aveva perduta l'abi­tudine di pagarla.

Gerda                              - Prevedo, allora, che resterà poco anche con te.

Vilfredo                           - (si alza e va alla libreria).

Gerda                              - Ora salgo da Dora e ti manderò giù Dougall. Vieni, Vilfredo? (Magill va in anticamera a prendere il suo cappello).

Vilfredo                           - No, per carità!

Essie                                - Sarebbe gentile che ci andassi almeno una volta!

Gerda                              - Non insistere, Essie. Del resto, ci conosci: non siamo i tipi adatti per Dora, in questo momento. (Entra Caterina dalla cucina) Dov'è quel libriccino che ho portato per lei?

Essie                                - (ansiosa) Non andrai a dirle un sacco di sciocchezze, Gerda! Eicordati ohe Dora non è in condizioni normali.

Gerda                              - Non aver paura. Sarò piena di tatto. (Vilfredo ha scelto un altro libro e va a sedere a sinistra. Gerda sale la scala ed esce).

Caterina                           - (si avvicina a Vilfredo e guarda il libro) Ora ti abbandoni un momento alla tua passione per Carlyle, eh? (Magill posa nuovamente il cappello su una sedia in anticamera).

Vilfredo                           - Tento, se mi si lascia un po' tran­quillo.

Caterina                           - Scusa, « tovarich ».

Magill                              - Lady Buckering...

Caterina                           - Signor Magill, qui c'è una vera autorità in fatto di libri. Deve farvi piacere trovare questa casa un intellettuale... (Vilfredo squadra Ma da capo a piedi) ... degno del vostro spirito. (Co denzialmente a Vilfredo) Sai, conosce perfino Eve Waugh.

Vilfredo                           - (si volge a Magill con improvviso v interessamento) Davvero?

Magill                              - (malvolentieri) Ma... non molto. Professionalmente. L'ho conosciuto per caso.

Vilfredo                           - Mi piacerebbe avvicinarlo. È n dei pochi chiari ingegni del nostro secolo. Dio ir. (va verso il sofà) vorrei avere quel suo modo di se vere sarcastico e impersonale... Conoscete nesau dei Sitwell?

Magill                              - S...sì.

Vilfredo                           - (a Caterina con importanza) A

Caterina                           - (siede a sinistra. Magill siede sul puff)

Vilfredo                           - Ho finito in questi giorni di legge Giorgio Moore, tutto quello che ha scritto. È il p: grande di tutti; eppure ha scritto per parecchi ann prima di giungere a una vera grandezza... Io creò che uno stile veramente maturo non si riesca a averlo che tardi; non vi pare? Guardate qui il vecchi Carlyle, arcaico e polveroso, ma impeccabile costruì tore di parole... Certo il maestro vero è Noel Coward « Spirito allegro » lo pone alla stessa altezza di She ridan. Ho cominciato a scrivere una commedia su genere di « Spirito allegro »... certo non copiando quella! Ho scritto una parte per Bicky: credo chi sotto a tutte quelle sue esagerazioni vi siano dellt qualità di attrice. Veramente non prendo il teatre molto sul serio; lo considero come una potenziale sorgente di reddito.

Magill                              - (cortesemente) Non avete mai pensata a fare qualche cosa per il cinema?

Vilfredo                           - No. Troppo sfruttato.

Caterina                           - (prendendo la borsetta e i guanti che aveva posato sul tavolino dietro al sofà) Beh, visto che voialtri ve la intendete così bene, io vado a fare la mia passeggiata.

Essie                                - Mi fai il favore di impostarmi questa, tesoro? (Magill prende la lettera dalle mani di Essie e la dà a Caterina).

Caterina                           - (a Magill) Probabilmente vi rivedrò in casa di qualcuno, oggi; perciò non vi saluto defi­nitivamente.

Magill                              - Bene. E la prossima volta resterò seduto, così non mi scambierete per un domestico.

Caterina                           - D'accordo. Ciao, mamma. Tornerò per la colazione, a meno che non trovi nel parco un vecchio signore che mi inviti. (Esce dalla porta d'ingresso).

Essie                                - Caterina! Lo dice soltanto per farmi arrabbiare. Beh, ora che siamo soli... (Vilfredo si alzai e va a sedere sulla panchetta della finestra. Essie mette il grembiule sulla balaustra della scala) ... non vi pare che si potrebbe definire la nostra faccenda amiche­volmente e senza cerimonie? (Magill siede sul sofà. Soavemente) Ecco... per il momento non ho 180 sterline in banca.

Magill                              - Oh!

Essie                                - Cioè, le avrei, ma... So che quello che 1 sto per dirvi vi sembrerà stupido; ma dovete sapere che prima della guerra mandammo 2000 sterline in America, per metterle al sicuro; e stiamo ancora cercando il modo di riaverle... Sicché finché non tornano, non ho altro che alcune azioni... (Prende la sua borsetta e la apre) ... Le ho preso poco fa quando sono andata su; ve lo dico perché non crediate che le porti sempre nella borsetta! (Trae un foglio) Mio marito le comprò; questo certificato è di 200 sterline. Disopra ne ho un altro di 500; e poi ce n'è un terzo non so più dove... (Guarda sulla scrivania).

Magill                              - (un po' a disagio, prende il certificato e lo legge) Sikoi... (Sorpreso) Miniere d'oro!

Essie                                - Sì.

Magill                              - Ma è un ottimo investimento!

Essie                                - Sì, vero? (Gaiamente) Beh, ho pensato che se volete prendere queste, potete darmi la dif­ferenza; cioè 200 meno 180... sono 40 sterline.

Magill                              - (gentilmente) Venti.

Essie                                - (siede) Otto al dieci, due... Come siete rapido a calcolare! (Gorder entra, va ad aprire e fa entrare il dottor Drew. È sulla cinquantina; bell'uomo e simpatico).

Dreav                               - Buon giorno, Corder. Arrivo in tempo?

Corder                             - Credo di sì, signor dottore.

Magill                              - (alzandosi) Bene; se permettete porterò questo al mio agente di cambio incaricandolo di ven­dere i titoli e mandarvi un assegno per la differenza.

Drew                               - Buongiorno, Essie.

Essie                                - Oh, salve, Sydney! (Drew si avanza; Essie presenta) Il signor Magill, il dottor Drew. (Stretta di mano; frasi a soggetto).

Ptnegar                            - (da destra) È il dottore?

Magill                              - (avviandosi) Allora vado.

Drew                               - No, non disturbatevi per me. Io vado subito dalla mia paziente. Buongiorno, Pynegar.

Ptnegar                            - (è entrata dalla cucina) Buongiorno, dottore.

Drew                               - Tutto procede regolarmente?

Ptnegar                            - (docile e gentile) Sì; ma non c'è niente di nuovo. Il signorino non si fa ancora vedere.

Drew                               - (a Pynegar) E come si comporta il signor Dougall?

Ptnegar                            - Ha passato una notte inquieta; ma stamattina sta meglio.

Drew                               - Bene, bene; ora vedrò io. (Scherzoso) Da trent'anni aiuto dei bambini a nascere e non mi è mai accaduto che mi morisse il padre. (Pynegar si smascella dal ridere. Il dottore sale con lei).

Essie                                - (con calore) È un uomo straordinario... così rassicurante! Mi piace essere ammalata, con lui... a meno di non sentirmi troppo male! (Magill si avvia) Che stavo dicendo?

Magill                              - Io stavo per andarmene.

Essie                                - Ah sì; mi dovevate dare una ricevuta di 200 sterline... (Entra Bichy; va alla scrivania; prende il telefono e forma un numero) Cioè, per 180. Come sono sciocca!

Magill                              - (va alla scrivania; un po' sconcertato) Ah sì?

Essie                                - Si capisce; in affari bisogna essere precisi.

Magill                              - Sicuro, sicuro. Se la volete adesso, sono pronto...

Essie                                - (va alla scrivania) Il biglietto del vostro amministratore dev'essere qui... (Fruga) Anche Bicky si serve di questa scrivania, sicché quando ho bisogno di qualche cosa, mi tocca sempre buttare tutto in aria... Ah, eccolo! Ora ci vuole una marca da bollo... e una penna.

Magill                              - (si è avvicinato; siede alla scrivania) Grazie.

Essie                                - (mentre Magill prende la penna) No, quella non scrive... la tengo unicamente perché è carina... prendete quella piccola nera. Oh Dio! Dovevo avver­tirvi: da principio fa sempre una macchia.

Bickt                                - (al telefono) Pronto? C'è il signor Wayne?... La signorina Buckering. (Gerda e Dougall scendono).

Dougall                            - (triste) Credevo di avere il diritto di stare vicino a mia moglie, in questi momenti! (Gira attorno al sofà, siede su una sedia).

Gerda                              - (consolandolo) Ma Dora si sta compor­tando con grande stile.

Bickt                                - (al telefono) Per favore, ditegli che è urgente.

Essie                                - (a Magill, mentre questi finisce di scrivere) Grazie mille... Ah, mi sono levata un gran peso!

Bickt                                - (al telefono) Deve esserci. So che c'è.

Essie                                - (a Dougall) Ah, sei qui, Dougall. Eiposati un poco.

Dougall                            - Sono riposatissimo. (Si alza e siede sul sofà) Ma che diritto ha un medico di allontanare un marito dal letto di sua moglie proprio quando questa ha più bisogno di lui?

Essie                                - Ma non ne ha affatto bisogno, mio caro; la tua parte è finita!

Gerda                              - La fai diventare nervosa e irritabile come te. È molto meglio che tu rimanga qui.

Bickt                                - (al telefono) Volete pregarlo di venire al telefono?

Dougall                            - (si alza, va al caminetto) Sarà; ma sarebbe meglio se uno avesse piena fiducia nel dottore.

Essie                                - (confortandolo) Ma sì, Dougall; è tanto bravo!

Bickt                                - (improvvisamente sbatte il ricevitore e corre alla porta) E allora ditegli che ora vado da lui! (È già fuori).

Essie                                - Bicky, dove vai? Bicky! (Le corre dietro) Torna subito indietro! (Torna verso il centro) Dougall, raggiungila e dalle il denaro per l'autobus; non può andare a piedi fino a Chelsea! (Dougall esce dalla porta d'ingresso).

Vilfredo                           - (emerge a un tratto dal regno della lette­ratura; a Gerda) Vieni, andiamo.

Gerda                              - Sì, tesoruccio; a momenti. (Gli accarezza la sommità della testa).

Magill                              - (a Essie) Credo di dovermene andare anch'io...

Essie                                - Davvero? Beh, grazie infinite per la vostra cortesia. Molti padroni di casa non sarebbero stati così condiscendenti... E sempre che vi trovate a passare... Veramente non so che cosa penserete di noi... (Dougall rientra) Glielo hai dato?

Dougall                            - No; ha preso un tasi. Non mi ha neanche risposto quando l'ho chiamata. (Va a sedere sul puff).

Essie                                - (continua a stringere distrattamente la mano a Magill) Oh, allora va bene. Lo pagherà Eoly... (A Magill) Ah, arrivederci e grazie di nuovo. (Magill esce) Che stavo facendo? (Ha un sospiro di stanchezza e torna nella stanza).

Vilfredo                           - (alzandosi) Mamma, se non ti dispiace, mi porto questo libro a casa. (Va ad aprire la porta per uscire).

Essie                                - Che dici, Vilfredo? Oh, sì, prendilo pure.

Dougall                            - (camminando, avanti e indietro) Mamma... perché ci mette tanto tempo? Di solito non ci vuole tanto!

Essie                                - (infilando la mano in una calza da rammen­dare) Dougall, perché non accompagni Gerda e Vilfredo fino all'autobus? Sono settimane che non prendi un po' d'aria!

Dougall                            - Sono uscito ieri.

Essie                                - Ma pareva tanto tempo... Vilfredo, con­ducilo con te fino all'autobus.

Vilfredo                           - Sono forse il guardiano di mio cognato ?

Essie                                - Ho soltanto dato un consiglio...

Dougall                            - (con dignità) Non intendo andare neanche sino alla fermata dell'autobus con un misan­tropo che ritiene sia una cosa disgustosa mettere al mondo dei figli.

Vilfredo                           - Affermi che Io trovo disgustoso uni­camente perché non vado in estasi davanti a certe funzioni non troppo piacevoli.

Gerda                              - Non ricominciare, Vilfredo.

Vilfredo                           - E poi? Anche se lo trovo disgustoso? Hai delle obiezioni?

Dougall                            - Nessuna! Ciascuno ha diritto alle proprie opinioni. Ma se questa casa fosse mia, la disinfetterei !

Vilfredo                           - Caro Dougall, tu non hai mai avuto un'opinione tua, in tutta la vita; non sei che un ammasso di mediocri abitudini borghesi!

Essie                                - (cercando automaticamente di allentare la ten­sione) Oh, Vilfredo! Non sei gentile!

Dougall                            - Beh, preferisco essere quello che sono piuttosto che un genio eternamente in incubazione! Almeno mi guadagno borghesemente da vivere!

Vilfredo                           - (rimane freddo e impassibile) Ah, ecco la gelosia. I testi pubblicitari non hanno espressioni sufficienti per la tua anima artistica, vero? « Il succo di pomodoro di Pinco Pallino vi ravviva lo spirito »; ma per te è insufficiente, perciò fingi di disprezzare quello che non puoi raggiungere!

Gerda                              - Basta, basta! Non valete niente né l'uno né l'altro!

Vilfredo                           - Come sarebbe a dire?

Dougall                            - (si alza irritatissimo) Non credere che voglia essere paragonato a te! E vorrei che trovassi davvero qualcuno degno delle tue spiritosaggini idiote! Io sono stufo; (si volge a Essie) ogni volta che si viene in questa casa...

Essie                                - (col cestino da lavoro in mano; irritata come Dougall) Non la renderete certo più piacevole coi vostri litigi! Tutti e due vi siete sposati entrando nella stessa famiglia, lo vogliate o no...

Vilfredo                           - Purtroppo!

Essie                                - (esasperata, con voce acuta, mentre Dougall, nel voltarsi, si scontra con lei) Per l'amor di Dio, Gerda, portalo via! E tu, Dougall, siediti e leggi il giornale o quello che ti pare; ma smettila con questi nervi! (Dougall siede davanti al camino).

Gerda                              - (prende Vilfredo per un braccio, calmandolo) Vieni, tesoro; arrivederci, mamma. Spero che Dora si sbrighi e che vada tutto bene.

Essie                                - Arrivederci, Vilfredo. E non prendertela. (Siede sul sofà).

Vilfredo                           - Ciao, idiota.

Dougall                            - (troppo irritato per prenderla con spirito; si alza) Non sono un idiota!

Essie                                - Dougall!

Dougall                            - (scusandosi con sincerità) Scusami, Essie. Non sono io che lo stuzzico. Tutti sapete che è difficile che io perda il controllo.

Essie                                - Lo so, caro, ma... È un peccato che tutto sia così difficile per noialtri!

Drew                               - (scendendo la scala) Macché! Per voialtri tutto questo è come bere nettare!

Essie                                - Niente affatto!

Drew                               - Vi dico di sì!

Dougall                            - Come sta Dora, dottore? Quanto ci vorrà ancora?

Drew                               - Sta benone. Ma non posso davvero dire quando... magari fra un giorno o due... (Dougall lo guarda) ... oppure da un momento all'altro. (Guarda Dougall negli occhi) Pupille dilatate. Perché non andate a fare un po' di moto? Una bella nuotata?

Dougall                            - Una nuotata? Io?

Drew                               - Ma sì. In mare. Ci vuole solo un'oretta per arrivare a Brighton.

Dougall                            - (scandalizzato) A Brighton? In un momento come questo?

Drew                               - Allora, a vedere un bel film. (Va a posare la sua borsa in anticamera).

Dougall                            - Ma vi pare che possa aver voglia di andare al cinema?

Essie                                - Ti piace tanto! (Tentandolo) Per esempio, Topolino. (Dougall va alla finestra).

Drew                               - (gli va vicino, gli batte cordialmente una mano sulla schiena) Allora, proprio per farmi piacere, andate fino allo zoo a vedere il pasto dei leoni.

Dougall                            - (a un tratto diventa sospettoso) Perché volete che me ne vada di casa? C'è qualche cosa... È accaduto qualcosa e non volete dirmelo; ma io ho il diritto di sapere...

Drew                               - Beh, se volete proprio saperlo, vi dirò che state talmente innervosendo Dora che se restate ancora qui vi capiterà sulla testa qualche oggetto pesante. (Dougall sembra profondamente offeso) Suvvia, Dougall, noi sappiamo benissimo quello che provate e riconosciamo che avete ragione. Vi fa onore ma non è pratico. (Dougall si scosta dalla finestra) Per quanto vi agitiate, non potete fare voi il bambino. Quindi perché non state tranquillo lasciando che Dora faccia quello che deve fare?

Essie                                - Mi pare che tutto questo sia molto giusto, Dougall.

Dougall                            - (arrendevole) E va bene. Che debbo fare?

Drew                               - (prendendolo per un braccio) Andare allo zoo a vedere il pasto delle foche.

Essie                                - (per aiutare) Ho tanti spiccioli... (Fruga nella borsa) Almeno, li avevo...

Dougall                            - (sulla porta) Non fa niente, Essie: ne ho, guarda. (Con ansia) Ma se succedesse qualche cosa... mi mandate a chiamare subito, vero?

Drew                               - (accompagnandolo alla porta) Sentite, figliuolo, c'è da stare tranquilli almeno sino a mez­zanotte. Avete tempo di vedere anche il pasto delle scimmie.

Essie                                - Arrivederci, caro Dougall. Divertiti!

Dqugall                            - Grazie. Arrivederci. (Esce).

Drew                               - (mentre chiude la porta) Che bravo ragazzo! Vorrei che tutti i miei padri fossero così condiscen­denti. (Avanza verso il sofà) E voi siete stranamente calma, nell'imminenza di diventar nonna.

Essie                                - Non fate lo sciocco, Sydney. Io sono sempre calma, nelle circostanze importanti: perché non dovrei esserlo? Voi avete aiutato a venire al mondo le mie figlie... Con pagamento alla consegna.

Drew                               - (ride; tira fuori la pipa, va al caminetto e sbatte la pipa su un portacenere per vuotarla) Meno male che dite questo! Mentre mi dovete ancora quattro sterline e mezzo per Bicky!

Essie                                - (richiamata dal ricordo della figlia) Vorrei sapere che cosa si può fare per quella ragazza. Non riesco a trovare niente di efficace.

Drew                               - Una buona sculacciata ogni tanto fa miracoli. Mi pare ieri che le diedi proprio il primo ceffone.

Essie                                - No!

Drew                               - E sono passati quasi quindici anni dalla morte di Michele. Possibile che sia già tanto tempo? (Accende la pipa).

Essie                                - A volte mi pare che questi anni siano passati in un baleno, altre volte... mi pare di essere sempre stata qui, da quando posso ricordarmi. Sono stata proprio un disastro, come madre, Sydney?

Drew                               - (va verso la finestra accendendosi la pipa, mettendo il fiammifero, nel passare, in un posacenere sulla tavola) Ma... Dio mio, no, Essie.

Essie                                - È tutto questione dell'esempio che si dà, non è vero? Guardate Caterina. Oggi è una bambina e domani te la vedo direttrice di un giornale di mode che nessuno legge. E da quando è andata a passare quella fine di settimana in Iscozia, è completamente cambiata. Mi preoccupa.

Drew                               - Bah! Dov'è il vostro istinto? Probabil­mente è innamorata.

Essie                                - E di chi? Mi piacerebbe saperlo. Vorrei che mi dicesse qualche cosa. Nessuno di loro mi dice nulla. Forse perché pensano che io sia più vecchia di Matusalemme.

Drew                               - In fin dei conti, quanti anni avete? (Prende un taccuino che è sulla panchetta della finestra).

Essie                                - Povero Sydney, che mancanza di tatto!

Drew                               - A ottobre fanno venticinque anni da quando sposaste Michele invece di me.

Essie                                - Sydney!

Drew                               - Vi sposaste il venerdì, 12. Io ritagliai tutte le fotografìe dai giornali e le misi accurata­mente in un libro.

Essie                                - Sul serio, Sydney? Che cosa commovente! E le avete riprese qualche volta per guardarle ricordando ?

Drew                               - No, non lo ho mai più rivedute; doveva essere un libro non mio. Ma se fossi andato a Oxford invece che a Cambridge, non avrei mai conosciuto Michele, non ve lo avrei presentato ed io non sarei un vecchio scapolone che fa dire 33 ai suoi clienti.

Essie                                - Che sciocchezza! Avreste ugualmente fatto il medico; io non sono mai stata altro per voi che un polso e una temperatura.

Drew                               - Questa è un'errata constatazione di fatto... (siede sul divano) ... e intanto Dora sta per rendervi nonna.

Essie                                - Gerda è la sola per la quale sono vera­mente in pensiero.

Drew                               - Oh, vi assicuro che se Vilfredo non riesce a fare qualche cosa di buono, lei lo pianterà e lascerà che se la cavi da solo!

Essie                                - Credete? Non direi. Mi pare che unaragazza sana possa subire un fascino morboso da un tipo come Vilfredo; e più è strambo, più lei prova una specie di voluttà nel vedere fino a che punto può arrrivare.

Drew                               - Mi ricordo quando eravate tutti quanti entusiasti. Sposava un genio: che cosa eccitante!

Essie                                - Lo dicevano tutti, che era un genio. Come potevo sapere che invece era in continua ado­lescenza? Che cosa avete in mano?

Drew                               - Non so... L'ho trovato su quella pan­chetta.

Essie                                - Ha lasciato qualcuna delle sue prose immortali. (Sfoglia il taccuino) Sydney!

Drew                               - Che volete?

Essie                                - Leggete questo, Sydney!

Drew                               - (leggendo) « Cocomero cocomero battente battente stivaloni cadi; fumante coperta da cavallo pulci qui pulci là e il cielo laggiù che guarda e guarda ancora nove pence... ».

Essie                                - (continuando) «... dieci pence di resto per due scellini di cocomero cocomero prugne prugne... Plop. ».

Drew                               - Santo Dio!

Essie                                - E magari questa roba la chiamano « poesia ermetica »?

Drew                               - In questo caso, la poesia dovrebbe co­prire un'infinità di peccati. Che roba!

Essie                                - C'è poco da ridere.

Drew                               - Dovrebbe farsi visitare da uno psichiatra.

Essie                                - (si alza e va a deporre il taccuino sulla men­sola del caminetto) Sapevo che avevo ragione... che c'era qualcosa che non andava. Sapevo che Gerda aveva paura di quello sciagurato Vilfredo. Sydney, vorrei che le parlaste in modo da provocare le sue confidenze.

Drew                               - Sì, Essie. Appena mi si presenterà l'oc­casione. Non ci pensate ora. (Si alza) Può darsi che siano solo versi e nient'altro.

Essie                                - (sedendo sullo sgabello davanti al camino) Può anche darsi che sia soltanto uno scervellato; ma sono certa che Gerda ne soffre.

Drew                               - Guai combinati dal piccolo demonio della vostra casa, no? Beh, ora debbo andare. Posso pran­zare con voi stasera? (Va verso l'anticamera).

Essie                                - Volete? Dio mio, è sabato; non c'è mai niente di buono. (Pynegar appare al sommo della scala. Essie si volge verso di lei).

Pynegar                           - Dottore, dottore! Venga subito su, la prego! Credo che la signora ci abbia giuocato un tiro!

Drew                               - Dio mio! Di già? (Prende la borsa dei ferri in anticamera).

Essie                                - Debbo mandare Corder a chiamare Dougall?

Drew                               - No, per carità! È l'ultima persona al mondo che voglio tra i piedi! (Sale e scompare. Entra Corder portando il cestino per la cartaccia; lo posa acca-rito alla scrivania, poi va verso il sofà).

Corder                             - Domando scusa a milady.

Essie                                - Che c'è, Corder?

Corder                             - Quelle azioni Sikoi, milady...

Essie                                - Ebbene?

Corder                             - Vostra Signoria me ne ha date ieri per il valore di 50 sterline, come salario.

Essie                                - Beh, non capisco... Ah, ecco dov'erano andate a finire!

Corder                             - Sì; e pensavo se la signora potesse darmi invece un assegno.

Essie                                - Dio mio, se preferite...

Corder                             - Lo preferirei, milady, se per milady è lo stesso. Grazie infinite. (Esce. Entra Caterina).

Essie                                - (va a prendere uno strofinaccio dalla tasca del grembiale, lo piega e lo mette nel cassetto della scrivania) Oh, Caterina! Già di ritorno? ,

Caterina                           - Sì; ho incontrato il tuo padrone di casa.

Essie                                - Il signor Magill?

Caterina                           - Sì: mi ha invitata ad uscire stasera con lui.

Essie                                - Davvero? Com'è gentile! Hai detto di sì?

Caterina                           - Prima gli pagheremo quello che gli dobbiamo, no?

Essie                                - Sicuro, tesoro. Che strana domanda!

Caterina                           - Mi hai assicurata che non vi sareb­bero stati fastidi per i denari!

Essie                                - Ma no, cara; nessun fastidio.

Caterina                           - Benissimo. (Sale. Il dottor Drew scende. Essie va a sedere sul sofà).

Drew                               - Salve, Caterina. (A Essie) Un altro falso allarme. Perfino Pynegar sta cominciando a non capir più nulla. A proposito, prima che mi dimen­tichi: Dora è stata presa improvvisamente da un folle desiderio di mangiare una frittura di scampi e bere del vino di Borgogna per mandarla giù; ma è un'idea stramba... Non datele quanto chiede, altri­menti non rispondo delle abitudini del bambino più tardi. (Roly irrompe dalla porta e sale in fretta).

Essie                                - (vedendolo) Roly! Bicky non c'è... è venuta da voi! Vi sarete incrociati per strada...

Drew                               - Non state in ansia, Essie. Tornerò verso le sette e mezzo per il pranzo. Arrivederci. (Esce).

Roly                                 - (ridiseende) Dov'è Bicky, lady Bucke-ring? In camera sua non c'è.

Essie                                - È uscita.

Roly                                 - Non esce mai quando siamo in rotta.

Pynegar                           - (appare sulla scala) Lady Buckering, vuole avere la cortesia di venire subito su?

Roly                                 - Sono stato ingannato.

Pynegar                           - La signora Pitchford mi ha chiusa fuori,

Essie                                - Va bene, Pynegar... vengo subito. (Sale).

 Roly                                - (correndo a tirarla per Vabito) Se Bicky è uscita con qualcuno, voglio sapere con chi!

Essie                                - Non lo so e non me ne importa niente! Spero soltanto che sia una persona allegra, per cam­biare un poco; e che abbia una magnifica Bolls Royce.

Roly                                 - Rolls Royce! Capite fino a che punto siamo arrivati? Se lo trovo lo ammazzo; vi giuro che lo ammazzo! (Esce a precipizio dalla porta d'ingresso).

Essie                                - (torna giù di corsa, va ad aprire la porta) Roly... Tornate indietro, Roly... Fino a che punto è arrivato che cosa?

Pynegar                           - (da destra) Signora Pitchford... Signora Pitchford... Signora Pitchford!

Essie                                - (guardando in su) Che c'è, Pynegar? (Corder entra dalla cucina).

Corder                             - Lady Buckering!

Essie                                - Che c'è?

Corder                             - Stanno tagliando il gas.

ATTO SECONDO

La stessa scena. Le otto pomeridiane dello stesso giorno.

(Corder viene dalla cucina e va alla porta d'ingresso di dove giunge il grido « Giornale! ». Prende il giornale e torna sul davanti mentre Pynegar scende la scala).

Corder                             - (prima di vederla, dà un'occhiata al gior­nale) Accidenti! (Pynegar è arrivata in scena) Oh, infermiera. Debbo parlarvi a proposito di una padella.

Pynegar                           - (andando verso la cucina) Ora non ho tempo.

Corder                             - Una padella è stata lasciata sul fuoco finché il fondo si è completamente bruciato.

Pynegar                           - Io non ho lasciato nessuna padella sul fuoco.

Corder                             - È stata lasciata una padella sul fuoco, e non l'ho lasciata io.

Pynegar                           - Sarebbe un'accusa personale, signor Corder?

Corder                             - È una constatazione di fatto a pro­posito di una padella che è stata lasciata sul fuoco nella mia cucina.

Pynegar                           - Mi piace l'idea di chiamarla « la vostra cucina » quando non lavate neanche un piatto!

Corder                             - A sentirvi, si direbbe che li avete la­vati voi!

Pynegar                           - Io lavo gli utensili che adopero. E non ho tempo da perdere con queste sciocchezze. (Fa per andare in cucina).

Corder                             - Bisogna prima che rispondiate alla mia domanda per la padella.

Pynegar                           - Insomma, volete proprio caricare questa colpa sulle mie spalle?

Corder                             - Sono abbastanza larghe, no?

Pynegar                           - Inutile ricorrere agli insulti per ren­dere le cose più difficili, signor Corder.

Corder                             - Io rendo le cose difficili? E voi che cosa fate con quella vostra aria di superiorità?

Pynegar                           - lo sto aspettando con tutta la pazienza di cui posso disporre il momento di lasciare questa casa e non vedere mai più nessuno dei suoi abitanti.

Corder                             - Se la pensate così adesso! aspettate il momento in cui dovranno pagarvi!

Pynegar                           - Sarebbe meglio che voi ed io parlas­simo soltanto di cose essenziali. Ora andrò a dirlo al dottor Drew.

Corder                             - Scommetto che anche lui è ben felice quando può allontanarsi da voi senza nessun danno... con quelle occhiate da iena che gli lanciate!

Pynegar                           - (risalendo) Mi fate pietà, signor Corder. Siete un deprimente esempio della gelosia di classe. (Scompare al piano di sopra. Il campanello della porta squilla. Corder va ad aprire. Entra Magill

Magill                              - (cordiale) Buona sera! Eccomi di nuovo qui!

Corder                             - Lo vedo. La signorina Caterina mi ha detto di farla accomodare se per caso non era ancora pronta quando lei arrivava.

Magill                              - Grazie.

Corder                             - Debbo prepararle un cocktail speciale?

Magill                              - No, no, niente. Grazie.

Corder                             - Proprio no?

Magill                              - No, grazie. (Essie appare frettolosa in cima alla scala).

Essie                                - (con ansia) È Bioky che è rientrata?

Corder                             - No, milady, è il signor Magill. (Esce).

Essie                                - Oh, buona sera, signor Magill. Caterina è quasi pronta. Ma sono tanto in pensiero per Bicky; è stata fuori tutto il giorno. Dio sa che cosa le è accaduto e chi ha pagato il taxi... (La voce si spegne mentre Essie scompare).

Magill                              - (va alla tavola, prende il coperchio di vetro di una scatola di sigarette e se ne serve come specchio per raddrizzarsi la cravatta. Pynegar scende; si ferma a guardarlo stupita. Magill chiude con un colpo la scatola. Pynegar va verso la cucina. Sul pianerottolo Essie si è incontrata con l'infermiera).

Essie                                - Pynegar, la signora Pitchford ha rico­minciato a chiedere gli scampi fritti.

Pynegar                           - Lo so, lo so. Ho fatto tutto il possibile perché si contentasse del semolino! (Va in cucina).

Essie                                - (scende) Spero che Corder vi abbia fatto... gli onori di casa!

Magill                              - Si, grazie.

Essie                                - Spero che vi abbia anche offerto un aperitivo... Curioso che con Caterina vi conosciate da un pezzo e che siate il nostro padrone di casa... Perché non me lo avete detto stamattina che la conoscevate? Vi avremmo accolto con maggior confidenza...

Magill                              - (gentile) Non avreste potuto essere più gentile di così, lady Buckering.

Essie                                - (contenta) Ed ora andate a teatro insieme!

Magill                              - Sì.

Essie                                - Ma perché non avete preso un cocktail? Non bevete?

Magill                              - Non molto.

Essie                                - (andando verso la tavola e prendendo un pac­chetto di sigarette) Però fumate, vero ? Ora abbiamo le sigarette...

 Magill                             - Grazie, no. Non fumo adesso. (Un lieve imbarazzo reciproco).

Essie                                - Peccato. (Accende la sigaretta con una risatina) Caterina verrà a momenti... (Debolmente) Spero.

Magill                              - (si fa coraggio e prende un gran respiro) Sono venuto presto, lady Buckering, per... Non vi dico quanto mi dispiaccia dovervi dire... Quei titoli che mi avete dato oggi... Mio padre è molto all'an­tica, sapete, ed ha le sue idee... Gli affari debbono andare in quel dato modo, senza considerare circo­stanze eccezionali... Insomma, preferirebbe un assegno, per le 180 sterline... (in fretta) non subito, natural­mente; ma fra qualche giorno. (Essie siede sul divano) Potrei anche fare in modo da aspettare che vi arrivi quel denaro dall'America...

Essie                                - (scusandosi) Signor Magill... non vi ho detto tutta la verità in proposito. (Con tristezza) Non ci sono denari.

Magill                              - (commosso) Come... Niente?

Essie                                - (annuisce) Niente. Vuol dire che ci darete lo sfratto?

Magill                              - No, no, questo no! Non potreste... per­donatemi... farvi prestare da qualcuno?

Essie                                - Avete mai cercato di farvi prestare dei quattrini?

Magill                              - Capisco. (Siede).

Essie                                - Quei titoli... non hanno... nessun valore, immagino. (Magill non risponde; la guarda) Sicuro; proprio così. (Sono entrambi molto tristi).

Magill                              - Non potreste... perdonatemi ancora... ma vi sono delle agenzie di prestiti su pegno...

Essie                                - Ne conosco parecchie... intimamente. Ma che cosa potrei impegnare? Danno talmente poco...

Magill                              - Lo so. Era soltanto per suggerirvi un'idea...

Essie                                - Avrei quest'anello... (Se lo toglie dal dito) Non l'ho mai fatto stimare. Me lo regalò mio marito. Una volta che vinse alle corse.

Magill                              - (si alza, va ad osservare fanello) Mi pare un oggetto di gran valore, lady Buckering. Credo che ne possiate avere facilmente 180 sterline.

Essie                                - Davvero? Credete? (Rischiarandosi) Oh, così si risolverebbe ogni cosa, non è vero? Come siete intelligente, signor Magill! (Gorder entra portando il giornale) Lo porterò domani a una di queste agenzie! Lo metto subito in una busta per non dimenticar­mene e ci scrivo sopra: « da impegnare - gioiello »... (Eseguisce).

Magill                              - A proposito: vi ho riportato i titoli.

Essie                                - (vedendo Corder) Dateci un po' di sherry, Corder.

Corder                             - Subito, milady.

Magill                              - Mi dispiace di aver creato tutto questo fastidio...

Essie                                - Ma no: siete stato così gentile! Bisogna pur pagarlo ogni tanto, quest'affitto! Che peso mi sono levato dallo stomaco!

Magill                              - Scusate... mi vergogno proprio... ma potreste restituirmi la ricevuta?

Essie                                - (vagamente) Che ricevuta?

Magill                              - Quella che vi ho dato per le azioni... ho fatto una ricevuta a saldo dell'affitto.

Essie                                - Ah sì, è vero. Che stupida! Me ne ero completamente scordata! Un giorno o l'altro dimen­ticherò perfino il mio nome... Crederete che sia tutto un trucco per imbrogliarvi! (Fruga sulla scrivania. Magill va verso la tavola) Eccola... no, questa è... no. (Guarda un cartoncino) Ma guardate! Due inviti per le nozze della principessa! (Frugando) Credete che sia riuscita a trovarli il giorno in cui mi occorrevano? (Caterina appare sul ballatoio) Ma dove l'ho messa? Non l'avrò portata disopra, quando sono salita?

Caterina                           - (scende in fretta) Salve, Clifford.

Magill                              - Salve, Caterina.

Caterina                           - Mi sono fatta aspettare molto? Credo che i nostri orologi vadano tutti indietro. (Entra Corder portando un vassoio su cui sono cinque bic­chieri e una bottiglia di sherry).

Magill                              - No, sono io che son venuto in anticipo. Ma come siete bella!

Caterina                           - Davvero? Grazie.

Essie                                - (correndo verso la scala) Aspetta un mo­mento ad andar via, tesoro. Vado su a cercare una cosa per il signor Magill; torno subito! (Sale).

Caterina                           - (leggermente) Che cosa sta combi­nando mia madre? Cerca di vendervi qualche cosa?

Magill                              - (imbarazzato) Oh Dio, no!

Caterina                           - Bevete un po' di sherry?

Magill                              - Grazie. Ma non è strano? Per otto mesi non ho fatto che cercarvi per tutta Londra; ed ecco che vi ritrovo in modo così inatteso!

Caterina                           - Perché non avete messo un avviso sul giornale?

Magill                              - Lo avreste visto?

Caterina                           - Diamine! Anche nel mio giornale c'è della pubblicità!

Magill                              - Non avete mai cercato, voi, di ritro­varmi?

Caterina                           - (dopo un attimo di esitazione) No.

Magill                              - Loro sanno?

Caterina                           - La famiglia? (Si muove irrequieta) Credete che abbia avuto voglia di informarli?

Magill                              - Mi è parso che vostra madre non fosse completamente all'oscuro...

Caterina                           - Crede che siamo conoscenze occa­sionali.

Magill                              - E voi siete ancora innamorata di quel­l'austriaco?

Caterina                           - No.

Magill                              - Dov'è adesso?

Caterina                           - Ancora in carcere, credo.

Magill                              - Lo dite come direste che è a fare un bagno turco!

Caterina                           - (con energia) Come volete che lo dica? In musica? e magari patetica?

Magill                              - (avvicinandosi a lei) Perché non mi avete permesso di rivedervi?

Caterina                           - Perché non lo desideravo. E mi sembra che sia abbastanza naturale, no?

Magill                              - Non mi avete mai dato una possibilità, sebbene... Sentite. Quando vi pregai di non cercare di me, parlavo sul serio.

Caterina                           - È stato un peccato che stamattina siate capitato qui, ed è stupido per tutti e due uscire insieme stasera. Non lo farei se non fossi stata sul punto di esplodere. Sono otto mesi che continuo a rimuginare quella storia e... non ho più tutto il mio equilibrio spirituale. Ho bisogno di sfogarmi, ecco. (Va a posare il bicchiere).

Magill                              - (la guarda con curiosità ma parla legger­mente) Ho l'impressione che siate su una cattiva strada...

Caterina                           - (andando verso la finestra) Sì; ma questo non vi riguarda.

Magill                              - (seguendola) Eppure, credo che se tutti e due ci dessimo reciprocamente ima possibilità, tutto si potrebbe aggiustare. (Essie scende dalla scala e va alla scrivania).

Essie                                - Pare impossibile... non riesco a trovarla! In camera mia non c'è... Mi dispiace avervi fatto aspettare tanto... Do' un'ultima occhiata alla scri­vania... Stamattina la avevo...

Magill                              - (andando alla scrivania; in fretta) Non importa, lady Buckering; la troverete in un altro momento.

Essie                                - No, voglio guardare adesso... Mi pare di commettere... (Si volge a lui, innocentemente) Non crederete che lo faccia per truffarvi?

Magill                              - Ma no, che idea!

Caterina                           - Che cos'è? Che stai cercando?

Essie                                - (frugando) Il signor Magill mi ha fatto una ricevuta per l'affìtto; invece non lo abbiamo pagato perché suo padre non ha voluto accettare i titoli. Perciò la vuole indietro ed io non riesco a trovarla...

Magill                              - (a disagio) Ma non importa, « davvero... ».

Caterina                           - (con una punta di asprezza) Sì che importa. Che titoli erano, mamma?

Essie                                - Lo sai, gioia... quelle tali azioni che tuo padre comprò... Ma sto cercando la ricevuta; e finché non la trovo il signor Magill crederà che io gli voglia giocare un brutto tiro.

Magill                              - Vi assicuro di no, lady Buckering!

Essie                                - (con sollievo, raggiante) Proprio?

Magill                              - Ma si capisce! Se non fosse per mio padre... voglio dire: se non sapessi che ne farà un affare di Stato, non vi avrei neanche disturbata a richiedervela.

Essie                                - (nascondendo il suo disappunto) Bene; la cercherò e appena trovata ve la manderò a mezzo di Corder.

Magill                              - Sarete molto gentile... (Avviandosi alla porta) Caterina...

Caterina                           - (squadrandolo) Naturalmente non usciremo finché mia madre non avrà trovato quella ricevuta. La aiuterò io a cercarla.

Essie                                - (stupita) Ma Caterina... arriverete in ritardo a teatro... o non ci andate?

Magill                              - Sì, ci andiamo...

Caterina                           - Cioè, ci volevamo andare... Ma sa­rebbe una stupidaggine andare, mentre tutta la sera Clifford sarà ossessionato dal pensiero di dovere affrontare il padre furibondo.

Magill                              - (un po' seccato) Questo è un atteggia­mento assurdo, Caterina...

Essie                                - Pare anche a me...

Caterina                           - (con sentimento) Scusatemi; ma non uscirò con voi finché c'è un malinteso per il denaro...

Magill                              - (muovendosi inquieto) Ma che malinteso? In fin dei conti, non è successo altro che questo: una ricevuta smarrita. Cosa che accade tutti i giorni, dovunque... (A Jessie) Non è vero?

Essie                                - (con calore) Certamente! (Siede alla scri­vania).

Cateeina                          - Allora ditemi perché non avete accet­tato quei titoli!

Magill                              - Perché questa è la regola nel nostro ufficio!

Cateeina                          - Allora dovevate saperlo, quando li avete accettati!

Magill                              - Non ne ero certo.

Caterina                           - Che cos'hanno quelle azioni?

Essie                                - (smarrita) Caterina...

Magill                              - Niente di male. (Irritato) Ma che inten­zioni avete, Caterina? Volete creare assolutamente un malinteso?

Caterina                           - (ostinata) Non valgono niente, vero?

Magill                              - (improvvisamente furente) Come volete che lo sappia? Non è affar mio, la borsa!

Caterina                           - (a Essie) Fra tante persone che ci sono a Londra, perché sei andata a scegliere proprio lui per dargliele?

Magill                              - (disperato) Dio mio, perché non lasciamo perdere anche la ricevuta per ora? Vi do la mia parola che non ne parlerò mai più; e neanche dei titoli e del denaro... lo cancellerò io stesso dai libri, se in questo modo potrò rendervi un po' ragionevole.

Caterina                           - (a Essie, tagliente) Lo sai che significa questo? Significa che questo signore ti lascerà abi­tare qui senza pagare l'affitto, come una volta ha salvato tua figlia da un destino peggiore della morte. Eingrazialo!

Magill                              - Oh, accidenti! (Si volge, va verso la finestra e rimane con le sfalle voltate).

Essie                                - (debolmente) Ma credevo che vi foste conosciuti a qualche ricevimento...

Caterina                           - No. È stato in un albergo, a Torquay.

Essie                                - (credendo di essere su un terreno più solido) Non dire sciocchezze, tesoro! Quando mai sei stata a Torquay! Vi andò Dora, a passarvi la luna di miele!

Magill                              - (rivolgendosi, con amarezza) Credevo che nessuno dovesse saperlo!

Caterina                           - Ora non ha più importanza! (A Essie) Quella volta, quando tu credesti che io fossi andata in Iscozia, andai a Torquay con Corrado Singer...

Essie                                - (involontariamente) Corrado Singer? Ma era un giovine tanto simpatico... (Magill volta le spalle).

Caterina                           - (con violenza) Perché sarei andata con lui a Torquay se non lo fosse stato? Credevo di essere innamorata di lui. Forse lo ero... che importa adesso? Quella sera, mentre eravamo in camera nostra, sen­timmo bussare alla porta; poi entrarono e lo arresta­rono. Io rimasi seduta sul letto mentre lui preparava la sua roba; e le guardie ci sorvegliavano. Era un ladro e falsario internazionale. Faceva assegni falsi e rubava i gioielli delle vecchie signore stupide. Non credettero che io non fossi complice. Una donna poli­ziotta venne a rivolgermi una quantità di domande; e siccome non volli dirle chi ero, stavano per arre­stare anche me. Allora apparve Clifford (si volge verso di lui) non so da dove. Non so perché - e vorrei non averlo mai visto! - ma spiegò le cose con tanto tatto e diplomazia che mi lasciarono in libertà prov­visoria, dietro cauzione. La direzione dell'albergo, dopo l'accaduto, voleva mandarmi via, ma lui riuscì ad evitare anche questo. Fece portare una bottiglia di cognac ed io bevvi e poi piansi per delle ore con la testa sulla sua spalla... Ecco, ora sai tutto.

Essie                                - (dolcemente, dopo una breve pausa) Povera Caterina... dev'essere stata una cosa terribile... (guardando Magill) e voi siete stato straordinaria­mente buono. Vi ringrazio. (Un silenzio).

Caterina                           - Ebbene? La censura materna non ha nulla da dire?

Essie                                - (semplicemente) No. Sono contenta di poter comprendere meglio le cose.

Caterina                           - (mezzo stupita) Hai voglia di scher­zare? (Pausa. Poi a Magill) Mi dispiace di avere sciupato la vostra serata. Troveremo la ricevuta e ve la manderemo immediatamente. (Va verso la scala).

Magill                              - (rapido) Dove andate adesso?

Caterina                           - In camera mia a svestirmi.

Essie                                - Via, Caterina... (Si alza).

Magill                              - Lasciatela andare... (A Caterina) Avete ragione. Non concluderemmo nulla riprendendo dal principio.

Essie                                - (cerca sul caminetto) Non posso capire perché il fatto che io abbia smarrito quella stupida ricevuta debba impedirvi di uscire e andarvi a diver­tire per qualche ora!

Magill                              - Nessun altro lo capirebbe, eccetto Caterina!

Caterina                           - (ritornando; con passione) Non ho voglia di ricominciare. Che importa se si tratta di una ricevuta o di un mazzo di cipolle? È tutta la situazione che è diventata così antipatica... e voi la peggiorate offrendo di sanarla col vostro denaro... (si volge a Essie) col risultato che fra due giorni tutti sapranno che la mamma ha cercato di pagare i suoi debiti con delle azioni che sono cartaccia!

Essie                                - Dio, Dio, è tutta colpa mia... (Siede davanti al camino).

Caterina                           - No, no! Sai che non volevo dir questo!

Magill                              - E allora di chi è la colpa?

Caterina                           - (gridando) Di nessuno! (Violenta) Per l'amor di Dio, volete andarvene, sì o no? Troveremo la ricevuta o il denaro o che so io per lunedì... Questo è quello che importa, vero?

Magill                              - No!

Essie                                - (eccitata anche lei, si alza) Perché non andate all'aria aperta tutti e due, riconoscendo che la colpa è mia? È tanto evidente!

Magill                              - (avanza tra Essie e Caterina e si volge a Caterina) Non è vero! Vostra madre non c'entra! Se io avessi saputo che specie di ammasso di con­traddizioni femminili siete, vi avrei piantata nei guai a Torquay e avrei preso la fuga col primo treno!

Caterina                           - Magari!

Magill                              - Lo avrei fatto se non fossi stato tanto imbecille da innamorarmi di voi!

Essie                                - (dolce fra lo strepito degli altri due) Vi siete innamorato di lei?

Magill                              - Non si vede, forse?!

Caterina                           - La mamma non dà lo stesso signi­ficato...

Essie                                - Ma sì, capisco benissimo che cosa intende dire il signor Magill!

Caterina                           - E oltre a capirlo, glielo perdoni!

Essie                                - (muovendosi inquieta; con stravaganza) Ma che dovrei fare? Mandarti a letto senza cena? Non sei più una bambina, benedetta figliuola... (Si ferma improvvisamente e trae un respiro profondo; poi siede sul sofà, a destra) Non so perché mi sto agi­tando in questo modo. Bisogna conservare la calma. Posso dare un consiglio a tutti e due? La ricevuta non può essere scomparsa. Andate a teatro e lasciate che io rimanga a cercarla tranquillamente. Quando tornerete a casa l'avremo trovata. Volete farmi questo piacere?

Caterina                           - (dopo una pausa) No, mamma. Scusami. (Va alla finestra).

Magill                              - Mi sembra un consiglio ragionevole. (Corder interrompe Vintimità del gruppo entrando e andando alla porta).

Caterina                           - (torna in sé; calma) Bene... se avete ancora voglia di andare, Clifford...

Magill                              - (con sollievo) Venite, allora. (Prende dal sofà il mantello di Caterina e la aiuta a metterlo. Corder introduce Drew).

Drew                               - ... sera, Corder. Salve, Caterina. Buona sera, signor Magill. State per uscire!

Caterina                           - Sì.

Drew                               - Se vi sbrigate, potete ancora trovare il mio taxi. Corder, dite all'autista che aspetti. Salute, Essie. Vi ho portato un regaluccio.

Essie                                - Perché vi siete disturbato, Sydney? Grazie mille... (Corder esce dalla porta d'ingresso).

Drew                               - Ci sono stati falsi allarmi mentre io non c'ero? (Va a posare la borsa sulla panchetta della finestra).

Essie                                - No.

Caterina                           - Buona notte, mamma.

Essie                                - Buona notte, tesoro.

Magill                              - I miei omaggi, lady Buckering. E grazie per il buon consiglio. (Escono. Corder rientra e chiude la porta).

Essie                                - Sydney, non avete per caso incontrato Bicky?

Drew                               - No, affatto.

Essie                                - Che pensiero! Almeno poteva telefonare...

Drew                               - Telefona qualche volta?

Essie                                - No; ma questa volta avrebbe potuto! (Entra Pynegar).

Ptnegar                            - Oh, Corder... Buona sera, dottore. Il signor Pitchford... (Dougall scende con aria decisa).

Dougall                            - Mamma, se Dora vuole gli scampi e il vino, non credo che abbiamo il diritto di negarglieli!

Drew                               - Ah sì? (Va al caminetto).

Dougall                            - Credo che questo sia un tentare la Provvidenza. (Si volge al dottore) Una cosa simile, in questi momenti, potrebbe produrle delle inibizioni...

Drew                               - Che cosa?

Dougall                            - Inibizioni.

Drew                               - Inibizioni un corno!

Dougall                            - (con dignità) Non credo, dottore, che vi rendiate conto della serietà...

 Drew                              - Mi rendo conto, mi rendo conto!

Dougall                            - Non vuol mangiare altro... (va verso Essie) ... e dice che non risponde di quello che può succedere se non la contentiamo.

Drew                               - Volete che vi descriva, con particolari professionali gli effetti che potrebbero produrre uno scampo fritto e l'odore del vino, in quest'ora peri­colosa, nel destino del suo apparato digerente? .

Essie                                - (in fretta) No di certo; vero, Dougall?

Dougall                            - Oh, a che serve... (Siede sul sofà) Non potrò mai capire quello che prova una donna. Non sono io che ho le doglie!

Essie                                - Sarebbe troppo bello, se le avessi!

Dougall                            - Essie, c'è una cosa che voglio dirti da un pezzo... La coscienza mi rimorde: bisogna che te la dica.

Essie                                - Caro... è proprio necessario? (Guarda Drew).

Dougall                            - Sì... Un giorno, mentre mi radevo la barba - eravamo nel barcone - Dora stava tentando di fare il bagno. Tu conosci la misura di quella vasca da bagno: se la offrissi ad un passero, mi riderebbe in faccia! Dora mi prese in giro dicendomi che ero tutto orecchie e gomiti; litigammo ed io la picchiai. (Drew siede).

Essie                                - E lei che fece?

Dougall                            - Mi picchiò anche lei.

Essie                                - Così la partita è stata pari, no?

Dougall                            - (chinando la testa) No, no. Vi sono certe cose che un uomo non può mai perdonare a se stesso. Non avevo il diritto di picchiarla... Eppure mi ha perdonato. Non ne ha quasi mai parlato. Dio mio, quando penso al modo come l'ho trattata qualche volta, quando insisteva per farmi alzare altrimenti arrivavo tardi in ufficio... mi pare proprio di essere un mascalzone.

Essie                                - Ma no, Dougall!

Dougall                            - Bisogna guardare le cose in faccia. A volte il mio principale mi dice che sono un buono a nulla - naturalmente lo dice per scherzo - ma Dora non mi rimprovera mai. E non si è neanche lamentata quando ha saputo di dover mettere al mondo il bambino; anzi, fin dal primo giorno è stata felice e contenta. E mi disse che era un dovere avere dei figli; perché se tutti smettessero di averne, il mondo andrebbe assai peggio...

Drew                               - Dougall!

Dougall                            - Non si è mai lagnata; non è mai stata insofferente... e poco fa mi ha detto... che se le cose andassero male, non vuole che io rimproveri me stesso per non averle voluto dare gli scampi e il vino!

Essie                                - (si alza e va alla scrivania. Praticamente) Mi sembra una bella cattiveria da parte di Dora! Che cosa vuoi che vada male? Dille che la smetta di parlare come una sciocca!

Drew                               - Niente affatto. Dovete invece tenerla dij buon umore. Non sarebbe un essere umano se noni si desse il lusso di drammatizzare un pochino! (Sii alza, va a versarsi del whisky) Avreste dovuto sen-l tire Essie!

Essie                                - (severa) Non posso credere che vogliatel accusarmi, Sydney...

Drew                               - (ridendo) Passò le ultime 48 ore precedenti alla nascita di Dora torturando Michele in modo tale che credevo di vederlo impazzire da un minuto all'altro.

Essie                                - È vero. (Allegramente) Mi divertii mol­tissimo. Povero Michele. Però, quando nacque Cate­rina, aveva imparato a infischiarsene. (Dougall va verso la finestra; nel passare, guarda verso il ballatoio).

Drew                               - Oramai vi conosceva bene! Ma che state cercando con tanto ardore? Posso aiutarvi?

Essie                                - (distratta) No, grazie.

Drew                               - Avete perso qualche cosa?

Essie                                - (si volge a dargli un9occhiata espressiva, con sarcasmo) No, Sydney; sto semplicemente cercando!

Drew                               - Se cercate una cosa, vuol dire che l'avete perduta!

Essie                                - E va bene, l'ho perduta. (Dougall gironzola senza scopo; poi va malinconicamente vicino alla scala).

Drew                               - E allora perché prima avete detto di no?

Essie                                - Sentite, Sydney: di interrogatori ne ho già abbastanza dai miei familiari. Quando vorrò averne di più, velo farò sapere... Dougall, non andare su... Riposati, bevi qualcosa... (Va a prenderlo per un braccio) Su, via, non è poi una cosa tanto terribile...

Dougall                            - Lo so, ma... (La sua voce si spezza).

Essie                                - Oh!

Dougall                            - Tu non puoi capire... (Va a sedere sullo sgabello davanti al camino).

Essie                                - Ma sì che capisco! Dora non desidera affatto gli scampi e il vino; è semplicemente un capriccio; e non aver paura che il bimbo venga al mondo con uno scampo sul... (Dougall ha un sob­balzo) È la cosa più facile del mondo fare un figlio... Guarda qui il nostro vecchio Drew. Credi che ne avrebbe aiutati a nascere tanti, se non fosse facile?

Drew                               - Grazie, Essie.

Essie                                - Stattene qui tranquillo e bevi qualche cosa. Avanti, vieni. (Dougall va con lei al sofà e siede. Essie rimane in piedi) Dopo cena giocheremo a poker; e prima che la partita sia terminata, tutto sarà finito, meno gli urli.

Dougall                            - (angosciato) Gli urli?

Drew                               - Beh, qualche urlo di più, in questa casa, che cosa può fare?

Dougall                            - (impermalito) Oh, niente. Sicché io sono un imbecille, se mi preoccupo?

Essie                                - Buono, Dougall, buono. (Gli batte la mano sulla spalla).

Dougall                            - Perché cerchi di confortarmi? (Pia­gnucola) Guarda cosa mi fai fare! (Cerca in tasca) Ora ho bisogno di un fazzoletto...

Essie                                - (prendendolo dalla tasca di Drew) Eccolo.

Dougall                            - Grazie. (Va verso l'uscio della cucina) Torno subito. Scusatemi. Da ora in poi cercherò di essere più filosofo. (Esce).

Drew                               - (va verso il camino portandosi il bicchiere del whisky) Bisogna riconoscere che sapete trat­tarli, questi ragazzi!

Essie                                - A proposito, Syd, avevate ragione. Caterina è innamorata. Siete un vecchio furbacchione, sapete!

Drew                               - Una lode che viene da Cesare... Sapete, Essie (guarda in atto) ho riflettuto molto a quello di cui abbiamo discusso - o meglio cercato di discu­tere - stamattina.

Essie                                - Cioè?

Drew                               - Noi.

Essie                                - Abbiamo parlato di noi?

Drew                               - Sì. Mi avete detto che per me siete stata soltanto un polso e una temperatura.

Essie                                - Ebbene?

Drew                               - Ebbene, siete stata molto di più.

Essie                                - Grazie, Sydney.

Drew                               - E lo siete ancora. Arriva un momento, nella vita... (Gorder rientra, va ad aprire la porla, introduce Gerda. Drew, seccatissimo, toma vicino al camino). Come mai, Gerda... c'è anche Vilfredo Essie con te?

Gerda                              - No.

Essie                                - È successo qualche cosa?

Gerda                              - No; sono soltanto venuta per sapere se c'è niente di nuovo. Come sta Dora?

Essie                                - Sempre lo stesso. (Va a prendere una sigaretta).

Gerda                              - Salgo da lei.

Essie                                - Sì, cara. Forse le farà bene... Ma è certo che non è successo niente fra te e Vilfredo?

Gerda                              - Cèrtissimo. Solo in questi ultimi giorni io sono un po' nervosa.

Essie                                - (scrutandola) Hai pianto, tesoro. Perché? Che cosa ti ha fatto? (Gerda crolla la testa) E allora che hai?

Gerda                              - Sono stanca; ecco tutto. (Va verso il sofà).

Essie                                - Siediti; Sydney ti preparerà qualcosa da bere. (Drew va alla credenza, prende la soda e prepara un whisky con soda).

Gerda                              - Sì, grazie.

Essie                                - Proprio stamattina dicevo a Sydney che ti farebbe bene andar via per qualche giorno... (Siede sul sofà).

Gerda                              - (senza entusiasmo) Ah, certo. (Drew mette la soda nel whisky) Credo che siano nervi. Oggi sono andata al cinema e poi a prendere una tazza di tè; e poi sono venuta qui. Ho tanto pensato, Essie... Certo il mio matrimonio è un fallimento. 0 forse io non sono riuscita a farne un'unione felice... Il male è che non posso lasciare Vilfredo. E dovrei farlo. Non sono la moglie per lui. Gli impedisco di avere lo slancio che certo non gli mancherebbe...

Drew                               - (calmo) Questo lo dice lui. (Le porge il bicchiere).

Gerda                              - No. Ma non ce n'è bisogno. È evidente. Non riesce a farsi avanti...

Essie                                - E sei proprio sicura che sia colpa tua?

Gerda                              - E di chi, se no?

Essie                                - Potrebbe essere sua.

Gerda                              - No. C'è in lui qualche cosa, una specie di ardore che non è naturale. Non potrebbe esserne tanto sicuro se non fosse... Ne è profondamente con­vinto. Se gli si togliesse quello, non rimarrebbe più nulla.

Drew                               - Forse vi sarebbe altra cosa.

Gerda                              - No. Vilfredo ha basato tutta la sua vita sui suoi futuri successi letterari. Successi a cui non può giungere da solo. Chi è mai riuscito da solo? (Drew va al caminetto, rimane con le spalle voltate. Tira fuori la pipa) Dovrei aiutarlo... e non lo aiuto in nessun modo.

Essie                                - Lo ami molto, Gerda?

Gerda                              - Sì... lo amo.

Essie                                - Oppure ami quello che «,desideri» che lui sia?

Gerda                              - Anche questo, naturalmente.

Drew                               - Vogliamo parlarne un momento"?

Gerda                              - Sono venuta apposta.

Drew                               - Ebbene, io non credo che sia destinato a diventare qualche cosa. (Una pausa. Gerda guarda Essie).

Essie                                - (con tristezza) Non lo credo neanch'io, tesoro... Mi dispiace... (Drew siede sullo sgabello davanti al camino).

Gerda                              - Lo sapevo che tu la pensavi in questo modo. A volte anch'io... E poi capisco che è una specie di giustificazione che cerco di crearmi.

Drew                               - Se avesse possibilità di diventare quello che tu credi, questo scuserebbe tutto. Menzogne, egoismo, la sua scortesia, i suoi discorsi su argo­menti che conosce soltanto per sentito dire,., la sua completa indifferenza alla tua felicità. (Gerda annuisce) Non avresti allora alcun bisogno di crearti giustifi­cazioni, perché saresti sicura che vale la pena di sopportare tutto questo.

Gerda                              - (sentendosi colpevole) Faccio male a par­larvi di lui. Ma non ho nessuno con cui sfogarmi... (Singhiozza. Essie mette una mano su quella della figlia) Se potessi lasciarlo, Essie! Ma non ci riesco! Non potrei vivere senza di lui. (Singhiozza ancora).

Essie                                - Credi che si... si interessi di un'altra donna?

Gerda                              - (con convinzione) Oh no! Vilfredo non è il tipo! La sola cosa che ha importanza per lui è il suo lavoro: quello che scrive. Nulla deve turbarlo in questo. Una volta stavo per avere un bambino e mi fece...

Essie                                - Cooosa?!

Gerda                              - Cercai di non dare importanza al mio stato, Essie, te lo assicuro; ma lo innervosivo lo stesso. Se ne andò a passare altrove la fine-settimana perché non poteva scrivere in casa: gli davo ai nervi...

Essie                                - (affettuosa) E perché non venisti da me, gioia?

Gerda                              - Non volevo che tu sapessi...

Essie                                - (commossa) Ma Gerda! In una circostanza simile! Chi c'era con te?

Gerda                              - Nessuno.

Drew                               - (incredulo si alza e va verso di lei) Sei rimasta sola nel tuo appartamento per due giorni?

Gerda                              - C'era tanta roba da mangiare; e se la padrona di casa... (Si interrompe. A un tratto, con voce sommessa) Solo la notte avevo paura. Pen­savo che se fossi morta, non avrei avuto vicino nessuno... (Drew va verso la finestra).

Essie                                - Ma perché non me lo dicesti? Perché?

Gerda                              - Hai già tanti pensieri per gli altri! (a disagio) Ma non c'è da preoccuparsi adesso, Essie... è cosa finita.

Drew                               - (voltandosi) Finita?

Gerda                              - Sì. Parlarne mi ha fatto bene... Vedo le cose più chiaramente.

 Essie                               - Sei proprio sicura, Gerda, che Vilfredo non pensi a un'altra donna?

Gerda                              - Sicurissima. Vorrei che ci pensasse... è una cosa che potrei sopportare. Lo capirei. Sarebbe un fatto normale... quasi quasi mi farebbe piacere!

Essie                                - (guardandola) Davvero?

Gerda                              - Sì. (Con subitaneo timore) A meno che non fosse una che riuscisse a fare per lui quello che non ho fatto io. (Pynegar scende portando un vassoio con una tazza).

Pynegar                           - Ah, il dottore è qui? Venivo appunto a cercarla...

Drew                               - Che cosa c'è che non va, adesso?

Pynegar                           - Non riesco a tenerla tranquilla. Butta il semolino sotto al letto.

Drew                               - Il posto migliore... Vieni su, Gerda. Vieni ad aiutarmi a tirar su il morale di Dora. Le ore sono lunghe per lei! (Sale. Pynegar va in cucina).

Gerda                              - Vengo. Mi dispiace di averti portato in casa questa nota di scoraggiamento, Essie. Ma mi sento meglio dopo essermi sfogata.

Essie                                - Figliuola mia, la cosa non mi sembra tanto semplice. Ti pare proprio di non poterlo lasciare?

Gerda                              - Assolutamente.

Essie                                - E se ti lasciasse lui?

Gerda                              - Sarebbe un'altra cosa. (Scansando Essie, si affretta a seguire Drew. Pausa. Essie si alza e va alla scrivania; cerca Vanello. Entra Gorder).

Corder                             - (dopo un momento di attesa) Mi dispiace disturbare Vostra Signoria in questo momento...

Essie                                - Che c'è, Corder?

Corder                             - Volevo chiederle se può favorirmi l'assegno adesso. Ho portato i titoli... (Li tira fuori dalla tasca).

Essie                                - (con un grido) Corder, il mio anello!

Corder                             - (con sorpresa) Il suo anello, milady? (Entra Dougall; guarda verso il ballatoio; va vicino alla finestra, prende un libro).

Essie                                - Sì, era in una busta... Me lo sono levato per farlo vedere al signor MagiU e l'ho posato qui, non so dove, mentre cercavo la ricevuta... Il mio anello di brillanti, quello che porto sempre... Quando avete vuotato lo stracciacarte? Andate a guardare quello che c'era dentro!

Corder                             - Vado, milady... (Fa per andare).

Essie                                - Bisogna trovarlo, Corder; è questione di vita o... (a un tratto si accorge che sta dicendo troppo) È importante che si trovi.

Corder                             - Sì, milady. Capisco che è insostitui­bile. Cercherò anche nella pattumiera. (Esce).

Essie                                - (cercando sul sofà) Hai visto il mio anello, Dougall?

Dougall                            - No, non l'ho visto, (Va verso il camino e siede).

Essie                                - Dimmi, Dougall: che cosa mi farebbero se scoprissero che vendo delle azioni che non valgono nulla?

Dougall                            - (giudiziosamente) Credo che ti dareb­bero una diecina d'anni.

Essie                                - Anche se le avessi date senza sapere che non valevano?

Dougall                            - Questo è quello che dicono tutti.

Essie                                - Ma nel caso mio è vero... Ci vorrebbe però la denuncia di qualcuno per farmi arrestare, vero?

Dougall                            - Se hai venduto delle azioni che non valevano nulla, la denuncia non potrà mancare. (Improvvisamente sgomento) Essie, non avrai... Perché vuoi sapere? (Balza in piedi e va da lei) Dio mio, Essie!

Essie                                - (rapida) Ecco che arrivi subito alle conclusioni...

Dougall                            - (serio) Dimmi, Essie: hai venduto a qualcuno dei titoli senza valore?

Essie                                - Ma no, Dougall. Me li ha restituiti, perché è un ragazzo che capisce; ma Caterina si sta comportando in modo così strano... Ora poi ho anche perso l'anello. (Va alla panchetta della finestra e sprimaccia i cuscini) Ma non posso averlo perso, Dougall. Cerca anche tu... E bisogna che trovi anche quella ricevuta, prima che tornino...

Dougall                            - (cerca sul sofà e poi sulla scrivania) Ah, si tratta di Magill?

Essie                                - Te l'ho detto... l'anello non può essere sparito da solo... Chi altri, se non Corder... « deve » essere Corder! « So » che è stato lui! (Si volge a Dougall).

Dougall                            - Senti, Essie...

Essie                                - Sssh! (Pynegar viene dalla cucina e va verso la scala portando un vassoio. La guardano fin­ché scompare).

Dougall                            - (con circospezione) Credi di poter incolpare Corder?

Essie                                - Sono sicura che ha rubato il mio anello!

Dougall                            - Allora chiamalo e glielo faremo restituire.

Essie                                - Come se quello lì confessasse di averlo!

Dougall                            - Allora non so come vuoi fare... A meno che io non lo atterri con un pugno e gli frughi nelle tasche; ma poi ci sarebbe querela...

Essie                                - Niente affatto, se tu glielo trovassi in tasca!

Dougall                            - Se rubassi qualche cosa, io, non la porterei in giro. La chiuderei a chiave. ,

Essie                                - Allora è in camera sua.

Dougall                            - Anche se vai a perquisire la sua ca­mera può darti querela.

Essie                                - Ma no, se si trovasse... (Esasperata) E poi, lascia che dia querela! « So » che lo ha preso lui! Vai a guardare, Dougall!

Dougall                            - No! (Si scosta).

Essie                                - Per piacere, Dougall! (Lo segue).

Dougall                            - Sono disposto a fare tante cose per te, Essie; ma non questo! (Va al camino).

Essie                                - (disperata) Dougall, ho fatto venire tua moglie a partorire in casa mia con molto incomodo per tutti noi. Ora mi trovo in procinto di affrontare un disastro che mi rovinerà socialmente; ed anche se non fosse, Caterina ne farà un affare di Stato; e non faccio che chiederti di aiutarmi, cercando l'anello in camera di Corder. Non posso rivolgermi a nessun altro... Vuoi aiutarmi, sì o no?

Dougall                            - Certo, se metti la questione in questi termini, non posso rifiutare; ma non riuscirò a niente; ne sono certo. (Va in anticamera).

Essie                                - (seguendolo) Riuscirai benissimo. Non devi fare altro che guardare dappertutto! Su, vai, fa' presto!

Dougall                            - Un momento! Bisogna almeno che Corder non sia in casa!

Essie                                - Non sia in casa?

Dougall                            - Non vorrai che entri ad un tratto nella sua stanza e mi trovi che sto frugando!

Essie                                - Posso trattenerlo qui a discorrere.

Dougall                            - Il modo sicuro di indurlo poi a ricat­tarti!

Essie                                - Beh, posso mandarlo a comprare qualche cosa.

Dougall                            - Che cosa?

Essie                                - Aspirina.

Dougall                            - Bene, chiamalo.

Essie                                - (suona il campanello. Poi) Quanto costa l'aspirina?

Dougall                            - Mezza corona basterà.

Essie                                - Non si potrebbe avere un tubetto pic­colo, con uno scellino?

Dougall                            - (fruga in tasca) Eccoti mezza corona. Non ho altro.

Essie                                - Te la restituirò... (Entra Corder. Essie gli va incontro mentre Dougall va verso la finestra) Corder, fatemi il favore, andate in farmacia e prendetemi un tubetto di aspirina. Lo vorrei subito... è per la signorina Bicky... Tenete e fate presto... Non occorre che corriate, ma vorrei che andaste subito.

Corder                             - Bene, milady. Una marca speciale?

Essie                                - No, no. Basta che sia aspirina. (Si scosta).

Corder                             - Perché ne ho un tubetto disopra, in camera mia; lo presterò volentieri a milady.

Essie                                - Ah sì? (Debolmente) Ma guarda che for­tuna, Dougall!

Dougall                            - È con caffeina?

Corder                             - Nossignore; è aspirina semplice.

Essie                                - No, bisogna che sia con la caffeina; il dottor Drew ha sempre ordinato che si prendesse quella. Perciò bisogna andare alla farmacia Boots; lì si è sicuri di trovarla. Prendete l'autobus...

Corder                             - Come comanda, milady. (Va alla porta ed esce. Dougall lo segue e chiude).

Essie                                - (appena la porta è chiusa) Vai senza perder tempo, Dougall.

Dougall                            - (affrettandosi verso la cucina) Se c'è qualcosa di nuovo per Dora, chiamami.

Essie                                - (spingendolo) Sì, sì.

Dougall                            - Si trovi o non si trovi l'anello... altrimenti non vado!

Essie                                - Ma sì, giuro che ti chiamerò subito. Sbrigati, sbrigati! (Dougall esce. Essie cammina agitata per la stanza. Entra Drew, dalla scala).

Drew                               - Ho lasciato Gerda e Dora che chiac­chierano allegramente come due gazze.

Essie                                - Meno male. Ma che possiamo fare per Vilfredo, me lo sapete dire? Non posso permettere che mia figlia continui a rendersi infelice in questo modo!

Drew                               - Non dovete cercare di affrettare una soluzione... (Entra Corder).

Corder                             - Sono tornato per prendere il sopra­bito, milady. Non posso andare fuori così... (Via in cucina).

Drew                               - Altrimenti, Gerda è tipo da chiudersi come un'ostrica.

Essie                                - (corre in anticamera) Dougall! Dougall!

Drew                               - Che volete da Dougall?

Essie                                - (con voce strozzata) Sydney, sta per crearsi una situazione terribilmente umiliante. Vi prego, restatemi vicino.

Drew                               - E che cosa ho fatto, per anni ed anni, se non starvi vicino ed esserne ricompensato con dei calci? (Guardandola più attentamente) Che c'è, Essie? Non avrete l'intenzione di svenire, per caso?

Essie                                - Magari! Perché non torna Dougall? (Siede sul sofà).

Drew                               - Ma dov'è questo ragazzo?

Essie                                - (evasiva) In una camera.

Drew                               - Anche noi siamo in una camera!

Essie                                - Sydney, qualunque cosa accada, dovete credere che abbiamo agito per il meglio. (Corder ritorna: Essie rimane impietrito a fissarlo).

Corder                             - Vado, milady. (Via dalla porta).

Essie                                - (febbrile) Come vi è parso, Sydney? Strano?

Drew                               - Chi, Corder? Non mi è mai sembrato che non lo fosse. (Va verso il sofà) Dunque, Essie, che avete?

Essie                                - Se sapeste! Ma se almeno Dougall... (Si volta verso l'uscio della cucina) Perché non succede niente? Dovè? Sydney! (Si alza).

Drew                               - (la trattiene) Se smetteste per un minuto di pensare a Dougall? (Vedendola inqiueta) Per mezzo minuto solo... e pensare a voi stessa. È successo qualche altro pasticcio?

Essie                                - No.

Drew                               - Invece sì.

Essie                                - (va a spalancare l'uscio di cucina; poi va a guardare fuori della porta d'ingresso e torna al cami­netto) No, vi dico; niente! E se anche fosse, perché dovrei dirvelo? Del resto, sapete benissimo che ve lo direi.

Drew                               - Macché! Mi tocca sempre scoprire le cose da solo. E occupai'mi di voi, con la vostra forma maniaco - depressiva...

Essie                                - (indignata) Sydney! In questi momenti...!

Drew                               - Dunque è successo qualche altro «guaio!

Essie                                - No e no! Inutile che cerchiate di spa­ventarmi!

Drew                               - E allora perché non piantate tutto?

Essie                                - Piantar tutto?

Drew                               - Lasciare la casa, abbandonare la fami­glia a sé stessa: che affondino o stiano a galla! E venire a stare a casa mia!

Essie                                - (severa) Siete impazzito, Sydney?

Drew                               - Affatto: vi sto chiedendo se volete spo... (Vedendo che Essie corre alla porta) ...Già, avrei dovuto sapere che non era possibile fare un discorso di questo genere in questa casa! (Essie apre la porta; sulla soglia appare Dougall con gli abiti scomposti. Drew va in anticamera).

Dougall                            - (con eccitazione) Essie, vuoi farmi il favore di dire a questo poliziotto che io abito qui ed ho il diritto di arrampicarmi o di scendere da una finestra se mi fa comodo?

Essie                                - È verissimo, signor agente. Ti senti bene, Dougall caro? (Dietro a Dougall si vede un poliziotto).

 Dougall                           - Non sono mai stato meglio.

Il Poliziotto                     - Mi scusi, signora... ho sempli­cemente fatto il mio dovere.

Essie                                - Lo so, signor agente. (A Drew) Presta­temi cinque scellini. (Al poliziotto) Era soltanto una scommessa che avevano fatta.

Dougall                            - Abbiamo sempre voglia di giocare, noi!

Essie                                - Vi ringrazio molto; spero che siate sempre di servizio nei nostri paraggi. È stato un errore natu­ralissimo... Buonanotte. (Gli dà gli scellini datigli da Drew).

Il Poliziotto                     - Buona notte, signora. (Esce).

Essie                                - Non ti sei fatto male, Dougall?

Dougall                            - Come sta Dora?

Drew                               - Bene e tranquilla; ma per mettervi l'animo più in pace, vado ad assicurarmene. (Essie chiude la porta e torna verso il sofà; Drew prepara da bere per Dougall e glielo porge).

Dougall                            - Quanto whisky ci avete messo?

Drew                               - Un paio di dita.

Dougall                            - Di guanti da boxe? (Va a sedere sul sofà. Drew sale ed esce).

Essie                                - (va a sedere accanto a Dougall. Ansiosa) Che è successo, Dougall? Ti ha buttato fuori dalla finestra? Ti sei fatto male? Vi siete picchiati?

Dougall                            - No. L'ho sentito venire; cioè, ho sentito che veniva qualcuno, senza sapere che fosse lui e sono uscito dalla finestra. (Indispettito) Il livello dello strada è più basso del livello della casa. Mi pareva di non finir mai di cadere... C'è mancato poco che non tornassi più indietro. Il poliziotto ha cominciato a dirmi: « Venite senza fare resistenza » e « Vi ho preso, delinquente! »                      - (Trangugia il contenuto del bicchiere e va a versarsene dell'altro) Non sapevo che cosa volesse dire il terrore gelido.

Essie                                - (in un rauco sussurro) Hai trovato quello che cercavi?

Dougall                            - No. Figurati, Essie: la stanza di quell'uomo è come se vi fosse passata un'orda di elefanti: non un oggetto si trova dove dovrebbe normalmente essere. Non avrei saputo da dove cominciare,..

Essie                                - Beh, consoliamoci pensando che oramai non ci può succedere più niente! (La porta d'ingressa si apre).

Bicht                                - (appare sulla soglia e per un momento rimane immobile come la statua del destino; poi sbatte la porta dietro di sé, avanza, si ferma sotto Varcata con lo sguardo fisso nel vuoto).

Essie                                - Bicky! (Si alza e le va incontro) Dove sei stata, Bicky?

Bicht                                - (avanza nella stanza come un automa, senza badare in alcun modo a Essie, come se questa non esistesse).

Essie                                - Ho telefonato tutto il giorno per rintrac­ciarti; cioè volevo telefonare... Ho chiamato Roly e mi ha detto che eri andata via da un secolo...

Bicky                               - (in un sussurro rauco) Infatti.

Essie                                - Ma dove sei stata? Sono quasi le otto e un quarto...

Bicky                               - (come in trance) Ho camminato.

Essie                                - Hai camminato? Sei venuta a piedi da Chelsea?

Bickt                                - (fra Dougall e Essie) Non lo so... ho camminato... camminato... camminato tanto...

Essie                                - Ma non può essere che tu abbia fatto tanta strada!

Bickt                                - Ho camminato lungo il fiume... era calmo, profondo, confortante. E mormorava: «Vieni a me, piccola creatura stanca. Qui troverai pace e riposo... pace e riposo... ». (Con un gemito) Roly! (Sviene cadendo graziosamente a terra accanto al sofà).

Essie                                - Bicky! (Cade in ginocchio) Bicky! Par­lami... Corri a chiamare Sydney, Dougall... (Dougall corre verso la scala) No, non andare... sì, chiamalo... Oh, Dougall, che dobbiamo fare?

Dougall                            - (torna indietro, si avvicina a Biclcy) È meglio portarla sul letto. Francamente, Essie, se non la mandi a terminare le scuole, questa osses­sione finirà col rovinarla. (La solleva e la trova più pesante di quello che credeva. Con voce incerta) Deve essere piena di sabbia!

Essie                                - Ti darò una mano.

Bickt                                - Roly!

Dougall                            - No, no; lascia! (Si avvia barcollando).

Essie                                - (lo precede) Vado a preparare il letto... (Improvvisamente appare Pynegar; scende di corsa e va in cucina).

Dougall                            - (vedendo Pynegar, comincia a perdere la testa) Che cosa è successo, Pynegar? Ci siamo? Dio mio, Essie, ci siamo! (Comincia a correre avanti e indietro angosciato, quasi crollando sotto al peso di Biclcy) Qua, prendila! Come faccio? (Corre alla scala; si ferma e torna indietro) Dio mio, Essie, che debbo fare?

Essie                                - (correndogli dietro) Non lasciarla cadere, Dougall... Stai calmo, posala in qualche posto... Cerca di esser calmo, Dougall! (Dougall corre al sofà, fa per deporre Biclcy ma perde l'equilibrio e finisce col sedere sul sofà con Biclcy attraverso le ginocchia).

Dougall                            - (durante Vazione) Avrei dovuto esserle vicino; inveco ero qui mentre lei aveva bisogno di me! (Mentre cerca di alzarsi e di deporre Bicky) Non me lo perdonerò mai, mai... Aiutami, mamma, ti prego! Non posso muovermi.,. Dio mio, mamma, se dovesse succedere qualche cosa... (Si contorce per liberarsi da Biclcy, lasciandola cadere sul pavimento. Drew scende molto tranquillo).

Drew                               - Dunque Bicky ha finito col tornare a casa sana e salva?

Dougall                            - (balzando in piedi e precipitandosi verso la scala) Perché siete venuto giù? Dio mio, l'avete lasciata sola! (Corre su per la scala).

Essie                                - Bicky, Bicky, tesoro, non è niente. Ora ti dò un po' di cognac.

Drew                               - (afferrando Dougall per trattenerlo) Ehi, ehi, ehi, cos'è tutta questa fretta?

Dougall                            - (violento) Sono cominciate le doglie, no?

Drew                               - No.

Dougall                            - Allora, perché mi trattenete? (Sale in fretta tre gradini, poi si ferma e si volta) Che avete detto, che non è cominciato?

Drew                               - Precisamente.

Ptnegar                            - E allora perché Pynegar è venuta giù correndo come una pazza e facendo spaventare tutti quanti? (Giacché nessuno le bada, Bicky si alza decisamente).

Drew                               - Per andarle a fare un'omelette prima che cambi idea. Se la mangia volentieri, non pen­serà più agli scampi e al vino.

Essie                                - Avete avuto una magnifica idea, Sydney. (A un tratto si accorge che Biclcy si sta avviando alla porta) Bicky! Dove vai? Vieni subito qui. (Bicky si avvicina alle tende e comincia a cogliere da queste dei fiori immaginari) È impazzita, Sydney! Bicky! (Le va vicino) Bicky cara! Guardami! Sai ehi siamo? (Bicky coglie fiori dalla tappezzeria delle pareti. Guarda tutti solennemente ma senza aprir bocca) Vedete! Non ci riconosce! Bicky, tesoro mio! (Bicky va verso Drew).

Drew                               - Vieni a sederti, Bicky. (Biclcy si scosta).

Bickt                                - No. (Vicino alla scala) « Ecco, finocchio selvatico per voi, e ranuncolo... ».

Essie                                - (piangendo) Per pietà, Bicky!

Bickt                                - (a Dougall) «Vorrei darvi delle violette, ma si appassirono tutte quando mio padre mori...».

Dougall                            - No, grazie. Non ci tengo.

Drew                               - Ti darò io delle violette, bimba mia (La prende per un braccio facendola voltare) Vieni qui. Ecco. (Le prende il mento e le osserva attentamente gli occhi) Di' « ah ».

Bickt                                - Ah.

Drew                               - No. Così: ah-h-h-h. (Esala il fiato).

Bicht                                - Ah-h-h-h.

Drew                               - Mi pareva! (Bicky siede sullo sgabello del camino).

Essie                                - (in ansia) Sydney, non dovete aver paura di dirmi la verità.

Drew                               - Non ho paura. È Martini secco.

Essie                                - Martini secco! (Indignata) Sydney!

Drew                               - Non hai bevuto dei cocktails, Bicky?

Bickt                                - (accenna timidamente di sì e si avvia alla porta) Debbo andare...

Essie                                - (sbarrandole il passo) Niente affatto! Mi stupisci molto, Bicky! Dove hai bevuto tanto? (Pausa. Bicky sorride) No, Bicky. È inutile ridere. Sono molto in collera.

Bickt                                - Me l'ha dato Vilfredo.

Essie                                - Vilfredo! Non dire sciocchezze! Non eri andata a trovare Roly?

Bickt                                - Sì. Poi sono andata da Gerda per farmi dare il denaro per prendere l'autobus e tornare a casa; ma Gerda non c'era. C'era Vilfredo e abbiamo bevuto un poco. (Va a sedere sullo sgabello del camino e sorride).

Essie                                - (irritata) Che dobbiamo fare, Sydney? È inutile che ridi, Bicky! Parlo sul serio!

Bickt                                - (stupita) Sto ridendo? (Si accorge a un tratto di Dougall) Oh, c'è quel caro vecchio Dougall. Ciao, Dougall. (Va al sofà).

Dougall                            - Ciao, Bicky.

Bickt                                - Credevo che fossi disopra a fare il bambino.

Dougall                            - (immusonito) E Dora che lo fa.

Bickt                                - Chi Dora? (Cade sul sofà).

Essie                                - Oh, mi fa proprio rabbia, Vilfredo! Divertirsi a far bere una bimba e poi mandarla sola a casa!

Bickt                                - Non dir male di Vilfredo... è mio grande amico e andiamo molto d'accordo... (Pausa) Una intelligenza superiore.

Drew                               - A quale: alla tua?

Bickt                                - Vi dico che un giorno Vilfredo sarà un gran genio letterario, vecchio rimbam...

Drew                               - Lo dice lui, vero? (Siede all'estremità del sofà).

Bickt                                - (annuisce) E Gerda è come una pietra da mulino che deve trascinarsi dietro.

Essie                                - (aspra) Bicky!

Bickt                                - (aggressiva) Lo ha detto lui! Dice che è suburbana; e questo è peggio del marchio sugli animali.

Dougall                            - (con amarezza) Che bei discorsi! (Siede).

Essie                                - (infelice) La piccola non sa quello che dice...

Drew                               - (seccamente) SI che lo sa!

Bickt                                - Giustissimo, Syd. (Gli batte una mano su un ginocchio) Non è scemo, il vecchio Sydney.

Drew                               - Dimmi: Vilfredo ha bevuto tanto quanto te?

Bickt                                - (alteramente) Io non guardo queste cose quando un uomo ha una conversazione brillante.

Essie                                - (desolata) Andrò a dirgli il fatto suo, a Vilfredo; vedremo se anche con me parlerà bril­lantemente!

Drew                               - No, no, no; non fate niente di questo. Prima sentiamo qualclfe cosa di più sul conto di questo pìccolo Vilfredo incompreso; Vilfredo il mistico. Non si è mai degnato di svelarsi davanti a noi!

Bickt                                - (risentita) State ridendo di lui!

Essie                                - Se sapessi quanto c'è poco da ridere! Perché ti ha parlato così, Bichy? Dev'esserci stato un motivo!

Bickt                                - Perché eravamo alla stessa altezza intel­lettuale; e lui capiva benissimo la ragione del disac­cordo fra Roly e me; non ho avuto bisogno di spie­gargli nulla.

Drew                               - Questo non mi piace.

Essie                                - (allarmata) Non ti avrà per caso riempito la testa di stupidaggini?

Bickt                                - (con dignità) Mi ha trattata come un essere intelligente; cosa che qui non avviene. E la ragione per cui tutto va male fra Roly e me è che tutti e due siamo degli esseri inutili.

Drew                               - (ironico) Ma davvero?

Bickt                                - Sì; e anche Caterina è inutile.

Essie                                - Questo poi è troppo! (Va al caminetto).

Bickt                                - Sì; così ha detto Vilfredo. Caterina è ridotta una creatura vana e inutile; e questa dovrebbe essere una lezione per tutti noi.

Drew                               - Presumo che questa voce che si leva contro questo deserto di ignoranza abbia anche dei rimedi da offrire?

Bickt                                - (ostile) Non sono disposta a discutere di cose serie in questo tono faceto.

Essie                                - (turbatissima) Bicky, devi ripetermi tutto quello che ti ha detto Vilfredo: parola per parola!

Bickt                                - (lenta e decisa) N-no. No.

Essie                                - È tua madre che ti parla, Bicky! Ho « il diritto « di sapere...

Bickt                                - Niente affatto. Non intendo essere oppressa! Amore represso, così lo ha chiamato Vilfredo; e dice che è questo il male fra Roly e me. Non si sa se è carne o pesce o anfibio. E dice che siamo pazzi a volerci sposare così stupidamente.

Dougall                            - E lui perché si è sposato?

Bickt                                - Perché era troppo giovine per capire che commetteva un suicidio artistico...

Dougall                            - Oh santo Dio!

Bickt                                - ... e se lui e Gerda avessero continuato a vivere insieme...

Essie                                - (con un grido) Avessero continuato?

Bickt                                - ... lui l'avrebbe trattata razionalmente come una donna qualunque, con qualche privilegio; ma come moglie è una pietra da mulino, e se Roly non fosse stato allevato nell'inutilità, lui ed io saremmo andati a vivere insieme; ma dato come stanno le cose, non c'è nessuna speranza.

Drew                               - Dunque non sei molto disposta al matri­monio, Bicky?

Bickt                                - Il matrimonio è per la massa che non sa pensare. (Dougall muggisce come una mucca).

Drew                               - (alzandosi e andando verso il camino) Beh, tutto questo non è molto nuovo. E nessuno si lascia più impressionare da questa roba, anche se Vilfredo è persuaso del contrario.

Bickt                                - (leggermente smontata) Mamma è im-pressionatissima! Guardatela!

Drew                               - Si capisce che per lei è diverso.

Essie                                - (volgendosi verso Drew) Lo spero bene!

Bickt                                - Perché è immatura emozionalmente.

Essie                                - (pericolosamente) Ah, dunque ha analiz­zato anche me?

Bickt                                - Sì, ma dice che Dougall è l'unico, qui dentro, per il quale non c'è nessuna speranza. (Si accoccola sul sofà per dormire. Dougall si alza e si stringe le mani al disopra della testa come il vincitore di una gare di boxe; poi va verso la finestra).

Essie                                - (all'improvviso) Bicky, chi ha pagato il taxi?

Bickt                                - Quale taxi?

Essie                                - (sbigottita) Come sarebbe a dire? Quanti ne hai presi?

Bickt                                - Uno solo.

Essie                                - (sollevata) Meno male! Lo ha pagato Roly?

Bickt                                - Chi, Roly?

Essie                                - Roly Wayne!

Bickt                                - E allora?

Essie                                - Ti sto domandando se ha pagato lui il taxi! (Si alza) Che dobbiamo fare, Sydney?

Bickt                                - Vilfredo ha detto che... (A un tratto la sua voce si spegne e un'espressione di orrore appare nei suoi occhi. Emette improvvisamente un gemito doloroso e si rizza a sedere) Oh!

Essie                                - Bicky! Che hai?

Bickt                                - (levandosi in piedi) Come sono arrivata qui?

Dougall                            - Camminando.

Essie                                - Hai detto che sei venuta a piedi!

Bickt                                - (con un altro gemito profondo) Mamma! Lo ha ammazzato? (Dougall si avvicina in fretta).

Essie                                - Ammazzato chi?

Bickt                                - Roly! Sì, lo ha ucciso! Deve averlo ucciso!

Essie                                - Ma che stai dicendo?!

Bicky                               - (con crescente isterismo) E poi sono corsa da Gerda ma non c'era...

Essie                                - Ma ehi sarebbe l'uccisore e chi l'ucciso?

Bicky                               - Ha detto cbe io andavo a spasso con qualcuno in una Rolls Royce... (tutto le torna in mente, ed ora ella punta contro Essie un dito accusatore) Glielo bai detto tu! Gli bai detto cbe andavo a spasso con qualcuno in una Rolls Royce!

Essie                                - Io? Ma neancbe per sogno!

Bicky                               - Sì, glielo bai detto. E, chiunque sia, Roly lo ha ucciso ed ora lo impiccheranno! (Corre verso la porta. Dougall e Drew la raggiungono) Lascia­temi andare! Il mio posto è accanto a lui! La colpa è mia...

Dougall                            - Non fare la stupida! Se Roly tentasse di uccidere qualcuno, gb: darebbero tante di quelle busse...

Bicky                               - (dibattendosi) Lasciatemi andare!

Dougall                            - (esasperato) Come diavolo si può tenere questa pazza?!

Essie                                - Vieni subito qui, Bicky! (Dougall cir­conda Bicky con le braccia dal di dietro e Drew la afferra alla vita).

Bicky                               - (a Essie, gridando) Mi hai rovinata la vita! Hai tradito tua figlia! Spero che questo pensiero ti tormenterà finché vivi! Dio ti perdonerà, ma io no! Non ti perdonerò mai! (A Dougall) Lasciami, altrimenti ti mordo!

Dougall                            - (a Drew, disperato) Non potete darle una pillola qualsiasi? (Bicky lo morde) Ahi! (La lascia e si stropiccia la mano morsa).

Essie                                - Bicky!

Bicky                               - (è rimasta a fissare Dougall, piena di rimorso) Scusami, Dougall. Non so come ho potuto... (A Essie, con voce patetica) Mamma, ho lo stomaco sossopra: mi sento tanto male! (Dougall è da una parte di Bicky e Drew dall'altra. Tenendola per le braccia, salgono la scala e scompaiono tutti e tre. Essie rimane a fissare la scala).

ATTO TERZO

La stessa scena, qualche minuto dopo.

(Essie è seduta alla scrivania e cerca disperatamente in mezzo alle carte. Dalla cucina entra Pynegar con un vassoio sul quale c'è l'omelette e si avvia dritta alla scala).

Essie                                - Oh, Pynegar. Fatemi il favore di passare un momento dalla signorina Bicky quando avrete dato l'omelette a Dora. C'è il dottor Drew da lei.

Pynegar                           - Ci andrò se posso; ma ho due mani e due gambe sole. (Via. Essie continua a cercare. Dougall scende e va a sedere a sinistra).

Dougall                            - Ha proprio il cervello fuori posto.

Essie                                - Chi?

Dougall                            - Bicky. Dora sta benissimo. Sono entrato un momento da lei prima di scendere. Non parla più di scampi e di vino. Mi ba appena guar­dato. Che altro hai perduto, adesso?

Essie                                - Continuo a cercare l'anello. Non può essere che in camera sua. (Con speranza) Avresti ancora il tempo di andare a guardare...

Dougall                            - (alzandosi a mezzo, spaventato) No!!!

Essie                                - E va bene. Ci andrò io. (Va in anticamera. Si volge verso la scala sentendo Drew che scende).

Drew                               - E se dovete saltare dalla finestra, siete capace di cavarvela? Siete sempre in forma?

Essie                                - Vi pare cbe sia il caso di scherzare?

Dougall                            - Santa pace! (Si alza e va a versarsi da bere) Debbo darmi forza... Tanto vale che com­pleti il sacrifìcio!

Essie                                - (tornando indietro) Davvero, Dougall? Appena Corder rientra, lo manderò subito disopra, così avrò il tempo di avvertirti.

Dougall                            - (sulla porta della cucina) Avvertirmi? Avrei dovuto essere avvertito prima di lasciare il Pacifico! (Esce. Essie lo segue con lo sguardo. Poi va a sedere stilla panchetta della finestra).

Drew                               - (con voce calma, disarmante) Essie. (Scende).

Essie                                - Che c'è?

Drew                               - Che cos'è questa storia?

Essie                                - (con impazienza) Ufff!... Crediamo cbe Corder abbia rubato una cosa e stiamo cercando di assicurarcene.

Drew                               - Perché non chiamate la polizia? Fanno le cose assai meglio.

Essie                                - (furiosamente) Non voglio cbiamare la polizia finché non ho la prova!

Drew                               - Capisco, capisco... Questi vostri figli che continuano a divorarvi, come agnellini affamati, suc­chiandovi l'anima come da piccoli vi hanno succhiato il latte. E voi sempre attaccata a loro come l'edera... (Riflette un momento) Buffo, no? Degli agnellini che mangiano l'edera... Eppure... Ma ditemi, Essie, fino a che punto siete impelagata?

Essie                                - (improvvisamente debole e con stanchezza) Ob, Sydney... (Siede a sinistra) Fino al collo... Mi capita tutto insieme!

Drew                               - Allora cominciamo dal principio e vediamo come si possono sistemare le cose.

Essie                                - (scuote la testa) No, non voglio il vostro aiuto... (Drew va verso di lei) ...ma vi ringrazio lo stesso. Siete molto buono... ma sono affari di famiglia.

Drew                               - Credo di fare parte della famiglia tanto quanto Dougall!

Essie                                - No, affatto. E vedete... non è che non voglia dirvelo; ma non voglio coinvolgervi nei nostri fastidi; ecco tutto.

Drew                               - (con calore) Se non volessi essere coinvolto, perché vi avrei chiesto di sposarmi proprio adesso?

Essie                                - (sorpresa) Di sposarmi? Quando?

Drew                               - Mentre correvate alla porta... Oh, un momento scelto bene! (Va verso il fondo con le mani in tasca).

Essie                                - (commossa) Syd... Dicevate sul serio?

Drew                               - Sul seriissimo! (Si volge a guardarla).

Essie                                - (ricordando) No... mi avete detto di venire a stare con voi. Questo poteva voler dire...

Drew                               - Essie, mi avete mai conosciuto come un tipo che ha delle idee da « bohème »?

Essie                                - No davvero!

Drew                               - E allora...!

Essie                                - Ma dovete esser vicino ai sessanta, no?

Drew                               - Ho tanto dì quel tempo prima di arrivare a sessantanni! Ma anche se fosse, non voglio finire come un vecchio rimbambito su una poltrona a rotelle, in un ricovero per vecchi. (Sta camminando avanti e indietro; ora va in fondo alla scala) Voglio avere qualcuno che si occupi di me. Voglio essere amato; e considerando che ho passato la maggior parte della mia vita senza di voi, perché allora, tanti anni fa, tardai a decidermi... Almeno, credo che potreste dividere il vostro autunno con me!

Essie                                - Mi pare una stagione un po' freddina...

Drew                               - Freddina?

Essie                                - Ma piena di poesia.

Drew                               - (involontariamente sincero) Mi è parso di essermi espresso meglio di come credevo... (Avvi­cinandosi a lei) Allora, dite di sì, Essie?

Essie                                - (semplicemente) Sì, sì... Mi piacerebbe molto.

Drew                               - Ah! (Tirando fuori l'agenda) Quando?

Essie                                - Appena sistemata la famiglia.

Drew                               - (andando verso il camino, con un ruggito) Questa famiglia non sarà mai sistemata, che il diavolo li porti!

Essie                                - Ma sì, Sydney, vedrete!

Drew                               - Sì, quando avrò lasciato la mia poltrona a rotelle e ingrasserò la terrà per far crescere le margherite!

Essie                                - Via, non siate così morboso!

Drew                               - Ci sono cose molto più morbose... Prima di tutto, quel piccolo imbecille nevrastenico che viene qui a fare delle scenate a Bicky... (Gerda appare sul ballatoio) E poi quel topo di biblioteca di Vil­fredo, coi suoi buffi scrupoli! Se aspettate che costoro imparino perché stanno al mondo, faccio a teinpo a tirare le cuoia cento volte!

Essie                                - (si alza, va a fermarsi davanti a lui. 'Ecci­tata) Credevo che almeno voi foste capace di dominarvi e parlare senza gridare! Non siete migliore di tutti loro! (Si guardano ostili per un attimo ; intanto Gerda scende silenziosamente).

Drew                               - (calmo) Avete ragione, Essie. Sapete, sono quei contagi che si subiscono inconsciamente. Vi chiedo mille scuse. (Siede sul sofà).

Essie                                - (battendogli sulla mano) Che sciocchezza! Ma sono contenta che abbiate capito. (Si accorge a un tratto di Gerda) Gerda, cara... da quanto tempo sei qui?

Gerda                              - Da pochi secondi. (Va verso il camino, prende un libro).

Drew                               - (turbato) Perdonami, Gerda... Stavo chiacchierando proprio a vanvera... Non ci far caso.

Gerda                              - (senza scomporsi) Oh, non ci faccio caso davvero. So benissimo come la pensate tutti quanti sul conto di Vilfredo. (Siede sul puff) Del resto, è lui che lo vuole.

Essie                                - (andando da lei) Ti senti meglio?

Gerda                              - Mi sento benissimo. Mi dispiace di aver messo il campo a rumore poco fa. Vuoi farmi il pia­cere di dimenticarlo? Era soltanto auto-compassione. E che cos'è tutta questa storia di Bicky?

 

Essie                                - Niente, cara. Deve aver mangiato qualche cosa che le ha fatto male.

Drew                               - Altro che male! L'ha completamente sconvolta. Credo che sia meglio che tu sappia, Gerda...

Essie                                - Non ora, Sydney! Più tardi...

Gerda                              - Perché? Che cos'è questo mistero?

Essie                                - Niente di serio, mia cara.

Drew                               - Io credo di sì. (Pynegar appare sul bal­latoio).

Pynegar                           - Dottore, dottore! Questa volta ci siamo!

Drew                               - (balza in piedi, corre a prendere la borsa dei ferri) Finalmente! Eccomi, Pynegar! Non ditelo a Dougall finché non è necessario, Essie; e comunque, trattenetelo quaggiù!

Essie                                - Buona fortuna, Syd! Gerda, ci siamo! (Va verso la scala) Chi sa che cosa sarà?

Drew                               - (sale di corsa. La porta in fondo si apre e Corder appare. Essie si volta verso di lui. Il telefono squilla. Essie si volge verso il telefono; è in questo momento che vede Corder. Vacilla ma si riprende subito).

Essie                                - Il telefono, Corder! (Verso la cucina) Dougall! Dougall!

Corder                             - (al telefono) Casa di lady Buckering... Un momento. (A Essie, coprendo con la mano il microfono) È rientrata la signorina Caterina?

Essie                                - La signorina Caterina? Non so... Aspet­tate... No, non è rientrata. Chi la vuole?

Corder                             - Il signor Magill.

Essie                                - Magill? Ma se è uscita con... Aspettate, gli parlo io. (Va al telefono. Corder va in anticamera) Pronto, signor Magill?... (A Corder) Aspettate un momento, Corder, non ve ne andate... (Al telefono) No, non ancora... Quando vi siete lasciati?... Allora, avrebbe avuto appena il tempo di arrivare... Sì, senza dubbio... Anch'io sono spiacentissima; è tutta colpa mia! (Dougall entra dalla cucina; va al tavolino).

Dougall                            - È inutile, Essie; i nervi non mi aiu­tano! (Vede Corder, si interrompe. Si versa da bere).

Essie                                - (al telefono) La sto ancora cercando... Davvero? Grazie. Arrivederci. (Riattacca) Che c'è, Corder?

Corder                             - L'aspirina, milady.

Essie                                - Quale aspirina?

Corder                             - Quella con caffeina.

Essie                                - Ah sì, grazie... (Prende il tubetto sbada­tamente. Corder esce).

Gerda                              - (prendendo un bicchiere che Dougall le offre) Che cos'era?

Essie                                - Caterina è uscita al secondo intervallo e non è tornata. E in tutta la sera non gli ha mai rivolto la parola. (È disperata. Va verso Dougall) Hai trovato, Dougall?

Dougall                            - Ho frugato dappertutto. Non c'è. (Essie prende la sua borsetta che è sulla scrivania, va al sofà e vi rovescia sopra tutto il contenuto della borsetta).

Gerda                              - Dammi uno di quegli altri, Dougall. (Dougall le versa un altro liquore, glielo porta e torna al tavolino) Che stai cercando?

Dougall                            - Un ago in un mucchio di fieno.

Essie                                - Speravo che Caterina avrebbe tentato di trarre il maggior profitto da questa serata... (Cerca) Può darsi che non lo abbia preso Corder.

Dougall                            - (ricordando quello che ha patito per questa faccenda, si inalbera) Credevo che fossi « sicura! ».

Essie                                - Come vuoi che sia sicura? Certo quel­l'uomo non verrà a dirmi che ha rubato!

G-ekda                            - Che avrebbe rubato?

Essie                                - (rimettendo gli oggetti nella borsetta) Ho perso qualche cosa, Gerda. (Con sentimento) Oh, non posso continuare a fare dei misteri! Tanto, che altro può succedermi...? Dougall, dove potrei averlo messo? Fingi di essere me e di avere in mano l'anello... Che cosa faresti?

Dougall                            - (Dougall si avanza; ha in mano il bicchiere dove si è versato nuovamente da bere. Fa un gesto come a dire che inghiottirebbe l'anello).

Essie                                - (si alza, va a posare la borsa) Nessuno fa più di queste cose... Oh, Gerda, vorrei sapere che cosa posso fare per te!

Gerda                              - Niente, Essie. Ora che mi sono sfogata, mi sento bene. Avevo bisogno soltanto di una spalla per piangervi sopra. (Pynegar scende di corsa. Dougall si volta e la vede; Pynegar se ne accorge, rallenta il passo negli ultimi gradini e va verso la cucina con aria calma).

Dougall                            - Come vanno le cose, Pynegar? (Pynegar si stringe nelle spalle con indifferenza, come se non avesse nulla di importante da dire, ed esce) Povera Dora: aspettare, aspettare... Sono abbastanza calmo,

Essie                                - Ti stai comportando magnificamente, Dougall. (Dal fondo entra Boly e si precipita su per la scala) Venite qui, Roly. Non potete andare di sopra! Bicky è a letto! (Eoly si volta e ridiscende).

Rolt                                 - (rauco) Fatela alzare! Debbo vederla! Assolutamente!

Dougall                            - (gentile) Salve.

Rolt                                 - Buona sera... Vi prego, ditele che debbo vederla subito... urgentemente! Non me ne andrò finché non le avrò parlato! Starò seduto qui fuori, sulla soglia, finché mi vedrà! (Si avvicina a Essie) Lo farò! Potete chiamare la polizia, se volete!

Dougall                            - Niente polizia!

Essie                                - Fate il bravo ragazzo, Roly, e andate ai CMS,'),. Bicky non può vedervi stasera.

Rolt                                 - (con eccitazione) E se io mi ammazzo?

Essie                                - (esasperata) Ma possibile che non siate capaci di parlare d'altro che di uccidervi?

Rolt                                 - (va verso la scala gridando) Bicky! Bicky!

Essie                                - (disperata) Zitto! Dora sta... Dora dorme e Bicky non vi può sentire... Dorme anche lei e non sta bene, Roly. Volete essere gentile e andarvene a casa?

Rolt                                 - (avvilito) Non posso. Vedo troppi spettri.

Essie                                - Quali spettri?

Rolt                                 - (con impazienza) Spettri; voglio dire... (Essie va al camino).

Dougall                            - Non volete dire proprio niente. (Versa da bere).

Rolt                                 - Mi disprezzate, non è vero? (Va verso Dougall) Sì, mi disprezzate. Ma non quanto mi disprezzo io stesso.

Dougall                            - Non saprei. Quanto vi disprezzate, voi?

Rolt                                 - (umilmente a Essie) Vi prego, chiamate Bicky. (Pynegar passa, senza che nessuno le badi, con una pentola in mano e sale, scomparendo).

Essie                                - Se volete saperlo, Roly, Bicky sta vera­mente poco bene.

Rolt                                 - (è preso dal panico. Dougall gli mette in mano il bicchiere. Eoly beve macchinalmente, sbruffa) Poco bene? Bicky? Che roba è questa? (Beve).

Dougall                            - (torna al tavolino e riempie di nuovo il proprio bicchiere).

Rolt                                 - (sgomento) Che è successo? Che cos'ha? È colpa mia? Se è colpa mia...

Dougall                            - Vi ammazzerete. Lo sappiamo.

Rolt                                 - Lasciatemi andare da lei, lady Buckering; siate buona, fatemela vedere! Debbo vederla! Ho picchiato un tale, poco fa, per causa sua...

Essie                                - « Cooosa? ».

Dougall                            - Chi era? Uno qualunque?

Essie                                - (lamentosa) Per carità! Ci sarà un altro scandalo! Non avrete perso il ben dell'intelletto, Roly? (Bicky è apparsa sul ballatoio; non vede e non è veduta).

Rolt                                 - (difendendosi) Mi avevate detto che sarebbe uscita con un altro; e quando me la sono trovata di fronte in compagnia, ha negato ed è fuggita...

Dougall                            - (improvvisamente vede Bicky) Come, Bicky, ti sei alzata? (Tutti si voltano).

Essie                                - Torna subito a letto! (Siede sullo sgabello).

Rolt                                 - Bicky! (Va in fondo alla scala, sale di corsa ma Bicky lo respinge con energia).

Bickt                                - (respingendolo) Lasciami in pace! (Eoly indietreggia, abbattuto) Che sei venuto a fare?

Rolt                                 - (pronto con le artiglierie pesanti) A vederti, naturalmente...

Bickt                                - (calma e dignitosa) Vattene.

Rolt                                 - (dopo una pausa, ipnotizzato) Vuoi pro­prio che me ne vada?

Bickt                                - Sì.

Rolt                                 - (con voce incerta) Sai quello che hai detto, Bicky?

Bickt                                - Sì. (Senza rancore) Tu e il tuo amore da ragazzino!

Dougall                            - (con ammirazione) Oh bella! Questa, poi...

Rolt                                 - (pronto a usare le bombe più micidiali) Sono venuto qui stasera per...

Bickt                                - Non mi interessa.

Rolt                                 - Ti deve interessare! Ho saputo chi è quell'uomo! Stasera l'ho trovato! Ho forse tracce di lotta? Lui, invece, ha preso un bel pugno in un occhio e ti assicuro che non ti starà più intorno!

Bickt                                - (a disagio) Che stai dicendo? Con chi hai litigato?

Rolt                                 - (viene verso il centro. Lealmente) Non voglio dirlo in presenza della tua famiglia.

Essie                                - (si alza, prorompe) Avete preso un bel granchio, Eoly! Non c'era nessun altro intorno a Bicky! Ve l'ho detto senza pensare e perché volevo liberarmi di voi; ed ora siete andato a prendere a pugni un povero diavolo che non c'entra per nulla!

Rolt                                 - Ah, non c'entra? Povero diavolo un corno! Ho seguito Bicky fino al suo appartamento ed ho aspettato che uscisse; allora sono salito e gli ho detto in faccia...

Bickt                                - (scende. Con un grido) No, Eoly! Non era « lui! ».

Essie                                - (un attimo dopo) Avete picchiato Vilfredo?

Rolt                                 - Precisamente! (Essie piomba sulla sedia della scrivania. Bicky emette un gemito).

Dougall                            - Gli avete dato un pugno in un occhio?

Rolt                                 - Proprio così.

Dougall                            - Alleluia! (Prende il bicchiere di Boly e lo riempie di nuovo. Gerda si alza).

Rolt                                 - (scusandosi) Scusatemi, Gerda. Non dovevo dirlo davanti a voi. (Dougall va verso la finestra).

Gerda                              - (con voce calma) Non importa.

Bickt                                - Dio, come mi vergogno! (Si inginocchia vicino a Essie. Essie la circonda con un braccio).

Gerda                              - (sempre calma) Non capisco come c'entri Vilfredo in tutta questa faccenda,

Essie                                - Contavo di dirtelo più tardi, Gerda... Ecco quello che succede quando si cerca di avere riguardo peri sentimenti altrui: tutto va molto peggio.

Gerda                              - Ma non stai cercando di dirmi che Vil­fredo... che Bicky... solo perché Eoly ha avuto una idea ridicola... ha immaginato...

Rolt                                 - Non ho immaginato niente! Vilfredo ha detto che più presto smettevo di vedere Bicky e più fastidi mi sarei risparmiato, perché Bicky era stufa di me. Gli ho chiesto come faceva a saperlo e mi ha risposto che aveva sistemato lui ogni cosa e che il frutto che è maturo deve essere colto da persone esperte, non da invertiti - e alludeva a me. Allora gli ho chiesto se la persona esperta era lui e mi ha risposto di sì. Così l'ho picchiato. (Gerda siede sul sofà).

Dougall                            - (portando il bicchiere a Boly) Tenete. (Va al tavolino e versa nuovamente da bere per se).

Bickt                                - (va ad inginocchiarsi vicino a Gerda che siede sul sofà. Gon tristezza) Non è vero... non è vero, Gerda. (Seria) Non ho fatto altro che andare a casa tua per farmi dare il denaro per l'autobus; tu non c'eri e Vilfredo mi ha detto che ero stata fino ad ora una sciocca e che dovevo migliorare. Ti assicuro, Gerda, non c'è stato altro! Devi credermi!

 Gerda                             - (calma) Ti credo, Bicky.

Dougall                            - Non è successo soltanto questo...

Bickt                                - Nient'altro!

Dougall                            - Perché non parli di qualche bicchierino?

Bickt                                - (a Gerda) È stato un delitto bere un Martini?

Dougall                            - Di un litro e mezzo, almeno. Non sappiamo ancora come è riuscita a venire a casa.

Bickt                                - (si alza in lagrime) Non è giusto! (A Essie) State tutti cercando di far credere che ero ubriaca, mentre non è vero. Mi ricordo tutto quello che è successo... (si volge a Dougall) ... anche quando ho citato Shakespeare e tu mi hai portata disopra!

Rolt                                 - (scandalizzato) È vero, questo?

Dougall                            - L'avete vista quando è uscita dal­l'appartamento ?

Rolt                                 - Sì, ma camminava dritta. (Infiamman­dosi) Credete che l'avrei lasciata tornare a casa sola se avessi saputo che era ubriaca?

Bickt                                - (comincia a piangere e si avvicina a Essie) Ubriaca! Oh, Essie, diglielo tu che non ho fatto niente di male... digli che sono tutte bugie, quello che dice di me e di Vilfredo... (Singhiozzando fra le braccia di Essie) Non sono capace... e neanche Vil­fredo... Diglielo, Essie!

Essie                                - (a Gerda) Occorre che ti dica qualcosa, Gerda?

Gerda                              - No.

Essie                                - Lo vedi, Bicky... Nessuno pensa male di te.

Bickt                                - Ma Eoly sì! (Siede sul puff).

Rolt                                 - (dolce) No, Bicky, neanch'io. (Le va vicino).

Bickt                                - Tutta colpa tua... della tua gelosia... delle tue bugie...

Essie                                - Su, Bicky, ora basta!

Bickt                                - Ti dico di sì! (Si scioglie dalla braccia di Essie e si asciuga gli occhi con la manica).

Essie                                - E io ti dico di no. Eoly non ha detto bugie. (Bicky fissa Essie a bocca aperta. Boly la guarda anche lui: sono le prime parole che sente in sua difesa).

Bickt                                - (sbalordita) Ma se hai detto anche tu...

Gerda                              - (con voce atona, senza emozione) Lascia andare Bicky. Tutt'e due abbiamo fatto per la prima volta una scoperta sul conto di Vilfredo. (La porta in fondo si apre; entra Caterina e si affretta verso la scala. Tutti si interrompono per guardarla).

Essie                                - Caterina... Caterina! Dove sei stata? Il signor Magill ha telefonato... (Bimane indecisa un momento; poi si affretta a seguirla su per la scala. Bicky rimane seduta).

Dougall                            - Sapete che cosa mi pare? Il crollo di una dinastia! Vuoi un altro sorso, Gerda? (Versa e le porge il bicchiere. A Boly) Dite se avete finito, amico. Ah, avete finito. (Gerda va verso la finestra. Prende il bicchiere di Boly e lo riempie) Possiate essere giocondo come me che a momenti sarò padre... A momenti! (Gli porge il bicchiere) Ecco, amico.

Rolt                                 - (prende il bicchiere ma guarda Bicky) Bicky... (Le si avvicina).

Bicky                               - (triste) Lasciami in pace. Perché non te ne vai a casa?

Roly                                 - (fissando il proprio bicchiere con lo sguardo vuoto) Credo di aver fatto una gran confusione. E di aver complicato le cose. Non immaginavo che sarebbe andata così. Ora sarà meglio che me ne vada. (8i avvia) Addio, Bicky.

Dougall                            - Ti sta dicendo addio, Bicky.

Boly                                 - Ti ho detto addio.

Bickt                                - (senza espressione) Addio. (Boly va alla porta e l'apre; entra Vilfredo).

Vilfredo                           - (soffermandosi sulla soglia) Gerda è qui? (Dougall gli indica Gerda; Vilfredo si avanza e si ferma sotto l'arcata. Gli altri non si muovono. Durante la scena seguente i movimenti debbono essere ridotti al minimo. A Gerda) Avresti potuto dirmi che venivi qui.

Gerda                              - Non lo sapevo neanch'io fino all'ultimo momento.

Vilfredo                           - Dov'è Essie?

Gerda                              - Disopra.

Roly                                 - (a bassa voce) Mi dispiace di avervi pic­chiato.

Vilfredo                           - (non gli bada) Quanto tempo intendi trattenerti?

Gerda                              - Non lo so.

Vilfredo                           - Allora prendi la tua roba e vieni a casa. (Si volta, va in anticamera).

Gerda                              - (indifferente) Non vengo a casa.

Vilfredo                           - (va verso Gerda; dopo brevissima pausa) Perché?

Gerda                              - Lo sai il perché. (Essie discende).

Vilfredo                           - Scusami, ma non lo so.

Bicky                               - (si alza; con uno scoppio di voce) Per causa mia e per quello che ha raccontato Roly!

Dougall                            - Non ti immischiare, Bicky.

Vilfredo                           - Non immischiarti tu, piuttosto!

Essie                                - (avanzando in fretta) Bicky, ti prego, torna a letto!

Bicky                               - Lasciami stare! Si tratta « di me! ».

Gerda                              - (voce atona) Non si tratta affatto di te, Bicky. Non perderai niente, tornando a letto.

Vilfredo                           - (tentando di avere un tono indifferente) E allora, di che si tratta?

Gerda                              - Non ho voglia di parlarne qui.

Vilfredo                           - E « dove », se stasera non torni a casa?

Gerda                              - Ti scriverò.

Vilfredo                           - (per la prima volta si sente smontato; si guarda attorno) Scrivermi? Evidentemente tutti voialtri avete parlato molto di me. Credo di avere il diritto di conoscere i vostri apprezzamenti. (Dougall alza il pollice e l'indice, tenendoli a qualche centimetro di distanza, come a indicare una cosa piccola) Che cosa ti è venuto in mente, Gerda? Non mi dirai che hai creduto alle sciocchezze che avrà raccontato quella stupidella isterica... qualunque cosa abbia detto...

Dougall                            - Peccato che ti abbia dato solo un pugno in un occhio.

Vilfredo                           - (ha un primo accenno di collera; a Dougall) Ti ho detto di non immischiarti.

Dougall                            - (posa il bicchiere, si alza come se volesse picchiarlo) Che tono è questo?

Essie                                - (va ad afferrare Dougall per un braccio) Non fare lo sciocco, Dougall! (A Vilfredo) Nessuno crede a quello che Roly ha detto di te.

Bicky                               - (desolata) È quello che pare che abbia detto io... e non ho detto niente, Vilfredo! Ho sol­tanto raccontato quello di cui abbiamo parlato e loro hanno capito tutto alla rovescia.!

Gerda                              - È un bel modo di spiegare le cose, questo.

Vilfredo                           - Niente affatto. Non ho detto a Bicky neanche una parola che non sarei pronto a ripetere davanti a te o ad Essie o a chiunque. (Prorompendo) Dio mio, Gerda, ma credi proprio che vorrei bru­ciarmi le dita toccando una piccola esaltata che va attorno raccontando le sue emozioni a chiunque vuole ascoltarla!? Non sono completamente pazzo.

Gerda                              - (in fretta) Non c'è altro da dire, Vilfredo.

Vilfredo                           - Avresti potuto darmi modo di com­prenderti!

Gerda                              - Potevi cominciare un po' prima, a cercare di capirmi.

Vilfredo                           - Credevo di averlo fatto...

Dougall                            - Difatti, l'hai descritta abbastanza lucidamente a Bicky.

Vilfredo                           - (con amarezza) Perché sei venuta « qui » a parlare dei tuoi guai? (Si volta a guardare gli altri) Non lo sapevi che tutti loro mi hanno sempre odiato? Io conosco le mie colpe meglio di tutti voi. Non accetto la vita come viene. Lotto per realizzare un mio sogno; perciò non quello che « sono », ma quello che « faccio » vale qualcosa. Ho dietro di me una lunga serie di insuccessi. In gioventù ho avuto tutto il tempo necessario per comprendere che effetto mi avrebbero fatto gli insuccessi. Ho cercato di tirarmi su dal nulla; e conosco un solo modo di vivere... (va verso il sofà) ...quello come vivo. Tu lo sapevi, prima di sposarmi. Te lo avevo avvertito. Siccome non ho niente da perdere, posso dirtelo francamente e farla finita. Abbiamo passato il novanta per cento della nostra vita coniugale come estranei, perché tu non ti sei mai presa la briga di cercar di capire i miei sentimenti. La prima vera discussione che ab­biamo avuta è stata a propostito di un bambino; ma tu non sei mai stata abbastanza schietta per discutere la cosa sinceramente con me. È vero, odio i bambini. Mi ripugnano fisicamente; non posso farci nulla. (A Dougall) Ma anche se fossi entusiasta per i pupi come Dougall, mi sarei tagliato la mano destra prima di introdurre un bambino in questo porcile che è il mondo d'oggi, dove non c'è altra scelta che essere bombardati o morire di fame.

Dougall                            - (indignato) Dovresti fare l'agit-prop dei piccoli comizi!

Vilfredo                           - Proprio tu puoi dirmi quello che dovrei fare! Con quattro sterline per settimana e senza avvenire... ed essere ben contento di averle... e non hai neanche potuto pagare le spese per la nascita del tuo bambino! Come potrai dargli, quando sarà grande, una possibilità di fare qualche cosa1? Mandandolo a fare il parassita in casa dei parenti? (Pongali si alza, pronto alla lotta).

Essie                                - (trattenendo Dougàll; furente) Finiscila, Vilfredo!

Vilfredo                           - E avete giudicato me! (Tremante di nervosismo, si volge a Gerda) Va bene, Gerda; serviti come credi di quello che ho detto a Bicky; me ne vado e non mi opporrò al divorzio o a quello che vorrai fare. (Dougall siede sullo sgabello a capo chino) Non mi hai offerto una possibilità; sei andata in giro a piagnucolare invece di cercare di appianare le divergenze; ma non riuscirai mai a mutare il mio modo di vivere; e finirò con l'essere un grande scrit­tore, senza l'aiuto di nessuno! (Silenzio mortale).

Gerda                              - (a Vilfredo) Per la prima volta ho ascol­tato « quello » che dicevi invece del « modo » come lo dice­vi. Per te le persone non esistono, vero? Sono soltanto soggetti per fabbricare delle frasi. Non ti scomode­resti neanche a prendermi la mano, se non vi fosse un bell'aggettivo che la definisse. Puoi dire che desiderare dei figli è un delitto volgare; puoi perfino indurmi a chiedermi se hai ragione o no quando blateri le stupidaggini che hai detto a Dougall, ma ad un tratto ho una tale nausea, provo una tale vergogna, che non so neanche da che parte guardare!

Vilfredo                           - (con voce strozzata) Ti ci è voluto molto tempo per arrivare a questo.

Gerda                              - (avvilita) È vero. Forse anche tu un giorno ti renderai conto. E sono certa che prima di allora, non scriverai mai niente che valga. (Si inter­rompe) Ma sono una sciocca a parlare di questo. Avrei dovuto « cominciare » in questo modo, invece di finire! (Si volta e va in fretta verso la scala).

Vilfredo                           - (dopo un attimo di esitazione la raggiunge) Aspetta, Gerda. Ti prego, dammi il modo di...

Gerda                              - (si ferma ma non si volta a guardarlo) No; tu non puoi cambiare.

Vilfredo                           - (con sentimento) Ma « ho bisogno » di te, Gerda! (Per un attimo sul viso di Gerda passa un'espressione di indecisione; ma Vilfredo non se ne accorge perché si è voltato verso Essie. Eidiscende i due o tre gradini che aveva saliti e va verso il sofà) Essie, non permettere che tronchi tutto così! Ti ascol­terà! Dev'esserci una via d'uscita! Non so che fare... ma Gerda è parte della mia vita e non so quello che farò senza di lei! Tenterò - lo giuro! - Ma dille che non mi lasci! Non soltanto per me - io non conto -ma se la mia opera dovesse subirne il contraccolpo... (Gerda corre su per la scala) «Gerda»! (Guarda tutti quanti per un momento senza parlare, come sbalordito. Poi istintivamente si domina e torna ad assumere la consueta aria di sfida e di disprezzo, mentre esce dalla casa con passo svelto. Una pausa).

Dougall                            - (un po'" addolorato) Con tutte le scioc­chezze che ha detto... (Bielcy va a sedere a sinistra).

 

Essie                                - (tranquilla) Bicky, ti ho detto di andare a letto. Vuoi farmi il piacere di andare?

Bicky '                             - Ma ora non mi sento più male!

Dougall                            - Te ne accorgerai domattina. (Si alza, barcolla) Non mi sento molto bene neanch'io, ma che diamine... (Va a versarsi da bere. A Eoly) Beh, come andiamo, amico?

Roly                                 - (è vicino alla tavola e guarda il bicchiere con occhio leggermente incerto) Per favore, non tanto forte come l'ultimo... Debbo andare fino a Chelsea!

Dougall                            - « Chelsea è ben lungi, ma l'onore ci impone di seguire la voce di un fanciullo che dice: giuocate, giuocate con ardore... ».

Roly                                 - « ... e con grido giocondo, agitiamo la fiaccola! ».

Roly e

Dougall                            - (insieme) «... e ripetiamo: giuochiamo, giuochiamo con ardore! ».

Dougall                            - L'ho imparata quando andavo a scuola.

Roly                                 - Anch'io.

Dougall                            - La sola cosa che ho imparata.

Bicky                               - (con disapprovazione) Essie, guarda Roly! Si stanno ubriacando tutti e due!

Essie                                - Senti chi parla! (Va al camino e si ac­cende una sigaretta).

Dougall                            - Come dice dopo?

Roly                                 - Niente. Finisce così.

Dougall                            - Allora ricominciamo.

Essie                                - No, Dougall!

Dougall                            - « Il campo è pronto... ».

Roly                                 - «... e la squadra avanza... ».

Dougall                            - « È l'ora di partire per Chelsea... ». (0aterina scende e va al sofà).

Caterina                           - Vorrebbe uno di questi due poeti laureati darmi qualcosa da bere?

Dougall                            - Gin, vermut, sherry, porto, Martini...

Caterina                           - Quello che avete bevuto voialtri. Mi pare che abbia avuto un magnifico effetto.

Dougall                            - (versando da bere) Ecco servita! Dammi anche il tuo bicchiere, amico, giacché sono all'opera! (Eoly si alza per dargli il bicchiere e ricade dolce­mente sul sofà. Bielcy accorre e accoglie il capo di lui sulle sue ginocchia).

Dougall                            - Oh boscaiolo, risparmia quest'albero!

Bicky                               - (preoccupata) Roly!

Dougall                            - Troppo tardi. Oramai è già fradicio.

Essie                                - Questo è il colmo! Bicky, sbottonagli il colletto!

Caterina                           - (andando verso Essie) Essie, mi ver­gogno tanto di quello che ho fatto... Ora mi sento tutt'altra! (Dougall va verso di lei e le porge un bicchiere).

Essie                                - Sono proprio contenta, tesoro!

Caterina                           - Andrò in Iscozia, da Gianna; così non mi vedrai neanche in casa come un tacito rimprovero.

Essie                                - In Iscozia? Adesso? (A un tratto comprende) ... Ma non hai detto che ti senti tutt'altra? Via, Caterina...

Caterina                           - Difatti. Non so ancora come mai ho potuto credere di amare quell'uomo... (Vede Dougall che si è messo ad ascoltare) Ti interessa, Dougall?

Dougall                            - (senza scomporsi) Naturalmente!

Essie                                - (desolata) È per quella seccatura del­l'affitto, capisci? (Dougall tende ancora Vorecchio).

Caterina                           - (con forza) No. Sono contenta che tu abbia perso quella disgraziata ricevuta proprio nel momento giusto. (A Dougall) Vattene, Dougall; va a, giocare con lioly. (Dougall va verso il sofà).

Bickt                                - (proteggendo Boly) Non si può. Dorme.

Essie                                - È quello che dovresti fare anche tu... Ti avevo detto di andartene a letto!

Bickt                                - Non posso. È sulle mie ginocchia. Ed è tanto caro, quando dorme. Vorrei che fosse sempre così.

Dougall                            - Dagli dei sonniferi. 0 fallo bere. (Va verso la scala. Pausa. Va verso la cucina) Corder!

Essie                                - Dougall! (Dougall grida chiamando Cor­der; poi va a scrollare Boly).

Dougall                            - Sveglia, sveglia, sveglia! Avanti, alzati!

Bickt                                - (indignata) No, Dougall! Stava dormendo così bene!

Rolt                                 - (rizzandosi in piedi) Non dormivo affatto!

Essie                                - (spaventata) Ma che vuoi fare, Dougall?

Dougall                            - Ora vedrai!

Essie                                - Non dovevo lasciarti bere tanto. Non fare stravaganze, ora, con Corder! (Corder entra).

Corder                             - Il signore ha chiamato?

Dougall                            - Sì, Corder. A proposito di quel... (Va verso l'anticamera).

Essie                                - (si alza e va in fretta verso la scala) Corder, avete trovato quell'anello che vi avevo detto di cercare? Siedi, Dougall, per piacere! Mi innervosisci!

Corder                             - No, milady. Ho ripassato per la seconda volta la spazzatura.

Essie                                - Continuate a cercare, vi prego!

Cokder                            - Sì, milady.

Dougall                            - Hum... un momento!

Essie                                - Dougall!

Dougall                            - Credo leale dirvi che mentre eravate fuori ho frugato nella vostra camera!

Essie                                - Dougall!

Corder                             - (offeso) Che cosa ha fatto, signore?

Dougall                            - Ho frugato nella vostra camera.

Corder                             - Il signore sa che questo costituisce un'azione illegale?

Essie                                - No, Corder, avete frainteso... Il signor Pitchford è semplicemente entrato in camera vostra...

Corder                             - Col permesso di Vossignoria, ho capito benissimo. Il signor Pitchford ritiene che io abbia rubato l'anello. Ho capito dal primo momento che si sospettava di me!

Essie                                - Ma è ridicolo: come potevate capirlo? A meno che non abbiate origliato!

Corder                             - È impossibile non sentire, quando ogni parola si ode dalla dispensa con la limpidità del cristallo. Mi dispiace di non avere altra alternativa se non ricorrere ad un'adeguata azione legale. La signora ha altri comandi?

Essie                                - (fiacca) No. (Va verso la scala e poi al camino).

Corder                             - (si inchina rigidamente ed esce).

Essie                                - (a Dougall) Vedi che hai fatto? Ora ci darà querela! Perché poi sono andata a rompermi la testa... Non mi importa niente di quello che dirà la gente; non ne vale la pena! Fate tutti quanti quello che vi pare! (Dougall va a versarsi da bere) Tanto, siete più contenti così! Tutto quello che ho fatto per cercare di aggiustare le cose, non è servito che a complicarle maggiormente! E finisco con l'andare in tribunale a causa di Corder. In fondo, è tutta colpa mia! (Siede sullo sgabello).

Caterina                           - No, Essie!

Essie                                - Sì, è colpa mia! Sono stata una madre snaturata!

Bickt                                - (piagnucolosa) Non è vero! (Le va accanto, siede a terra) Essie!

Essie                                - (sorda alle parole di conforto) Sì, sono stata una madre snaturata per i miei agnellini. Non avrei dovuto essere una madre: non ne avevo il diritto. Spero soltanto che troverete nei vostri cuori tanto da perdonarmi. (Dougall va a portarle da bere) Grazie.

Caterina                           - (a disagio) Essie, stai parlando uni­camente per sentire l'effetto che ti fa il suono delle tue parole. Sai benissimo che hai fatto per noi tutto quello che potevi.

Dougall                            - Vieni, Eoly. (Va in anticamera).

Essie                                - (sgomenta) Dove vai, Dougall?

Dougall                            - A cercare l'anello.

Essie                                - (balzando in piedi) Per l'amor di Dio, non peggiorare ancora la situazione!

Dougall                            - Voglio vedere se può darmi querela! Se non ha l'anello, mangio un gatto!

Rolt                                 - Anch'io.

Dougall                            - Anche Roly.

Rolt                                 - C'è qualcuno alla porta. (Va in anticamera).

Essie                                - (correndogli dietro) Ti prego, Dougall, lascia stare Corder! Non credo che tu abbia voglia di andare in carcere!

Dougall                            - No; ma mi ha esasperato. Vieni, Roly.

Rolt                                 - C'è qualcuno alla porta.

Essie                                - Dougall, « ti proibisco » di andare in cucina e in dispensa! Sei ubriaco!

Dougall                            - Sei stata tu che mi hai detto di non stare in pensiero e di bere qualcosa.

Rolt                                 - C'è qualcuno alla porta. (Va per aprire).

Essie                                - Bere qualcosa! Altro che qualcosa! Non sai più quello che fai... e ti sei perfino dimenticato di Dora. In questo momento... (Boly apre la porta. Entra Magili).

Magill                              - (a Essie) Lady Buckering, debbo dirvi una cosa... Questione di un minuto...

Caterina                           - (andando verso di lui) Questo poi è troppo! Potevate almeno risparmiare mia madre...

Magill                              - (in fretta) Caterina! Caterina, dovete ascoltare quello che ho da dire.

Caterina                           - (con voce stridente) Vi pagheremo immediatamente, appena potremo... Credo che non ci sia da dire altro!

Magiix                             - (con autorità) Smettetela di compor­tarvi come un'attrice sullo schermo e ascoltatemi! È mio padre la causa di tutte queste noie, non io!

Caterina                           - (con forza) Non me ne importa! Avete capito? Non me ne importa!

Essie                                - (va verso Caterina; anche lei gridando) Dal momento che è qui, non so che cosa ci perdi ad ascoltare quello che ha da dire!

Caterina                           - Che vuoi che abbia da dire, oltre quello che ha già detto? A meno che non porti un ultimatum di suo padre!

Magiix                             - (forte) Per quel che concerne mio padre, vi informo che non faccio più parte della ditta. Sono stato licenziato stasera. Ho avuto la scenata più furibonda di tutta la mia vita.

Caterina                           - Vado in camera mia.

Magiix                             - Non ancora, madamigella! La ragione per cui ho riportato quei titoli è questa: mio padre non voleva che l'affitto fosse pagato; intendeva aspettare altre quattro settimane e poi darvi lo sfratto.

Caterina                           - E perché non lo avete lasciato fare?

Magiix                             - Perché l'ho saputo soltanto stasera, ecco perché! Ha intenzione di vendere tutto questo angolo della strada, e non si aspettava che Ess... che lady Buckering fosse in grado di pagare. Perciò, quando essa ha pagato, invece di venire qui a par­lare amichevolmente della faccenda, si è inferocito e mi ha dato l'incarico più spiacevole che io abbia mai avuto nella mia vita! Mi ha imposto di restituire i titoli! E va bene: debbo obbedirgli finché faccio parte del suo ufficio; ma quando mi trovo a dover giurare il falso...

Essie                                - (con un grido) Come! Intendete dire che le azioni sono buone?

Magiix                             - Ottime: come denaro contante!

Essie                                - Hai sentito, Dougall! Sono buone! (In questo momento si sente un fracasso tremendo che viene dalla cucina. Biclcy siede sullo sgabello; Essie corre alla scala) Aiuto! Stanno ammazzando Corder! (Magili corre alla porta in fondo; Caterina va alla finestra. Dougall e lloly irrompono dalla cucina).

Dougall                            - Essie! Essie, l'ho trovato! Lo aveva lui! Eccolo! Magìll, chiamate pure i vostri segugi, lo abbiamo trovato! E anche « questo », Essie! (Le getta una collana).

Essie                                - Ma questa « è mia »! E anche i miei orecchini e un dente d'oro... Dove diamine l'ha preso?

Dougall                            - Quello sarà suo.

Essie                                - Come sei stato bravo, Dougall... e anche voi, Roly! (Siede sul sofà).

Bicky                               - (va verso Roly; tipo Fiorenza Nightingale, ossia infermiera provetta) Sei ferito, Roly caro?

Roly                                 - Macché! Mi sono riscaldato! (Biclcy lo circonda con le braccia, lo conduce in anticamera, siede).

Caterina                           - E che farete, Clifford, ora che siete rimasto senza impiego?

Magìll                              - Ne troverò un altro.

Dougall                            - Se volete occuparvi di pubblicità, posso farvi entrare nella mìa ditta... purché vi con­tentiate di cominciare senza stipendio. Io ho cominciato così... e non percepisco ancora niente. (Drew scende dalla scala).

Drew                               - Ehi, padre felice!

Essie                                - (alzandosi) Sydney... è nato? Tutto bene?

Drew                               - Benone. Dora sta magnificamente.

Essie                                - Maschio o femmina?

Drew                               - Tutt'e due.

Essie                                - Sono due?!

Drew                               - Due: un maschio e una femmina.

Essie                                - Che gioia, Dougall! Gemelli! Congratu­lazioni! (Lo bacia. Dougall è rimasto immobile, come pietrificato. Gli altri: congratulazioni a soggetto, lo abbracciano, gli stringono la mano).

Dougall                            - (quando il brusìo dei rallegramenti si spegne, nervoso e serio) Sì, ma io... ma io... non può essere... non ci aspettavamo... Due?! Sono due... vivi tutti e due? Non state celiando, dottore? (Drew annuisce. Mezzo ridendo, mezzo piangendo) Essie, « due! ».

Essie                                - Un bimbo e una bimba!

Dougall                            - Un bimbo e una bimba... sono nati... (Va verso la scala) E Dora come sta?

Drew                               - Sta benone!

Dougall                            - Sta benone... Posso vederla... vederli tutti e tre? (Con violenza) «Dora! » (Vola per le scale e sparisce).

Drew                               - Ed ora, c'è qualcuno che mi dà qualche cosa da bere? (Magill e Roly vanno al tavolino e versano).

Magìll                              - Pronti! (Mescola wislcy e soda).

Essie                                - Sydney, caro... (Lo bacia sulla guancia) Dìo vi benedica!

Drew                               - E quaggiù che cosa è successo? Pynegar ed io siamo stati costretti ad urlare per sentire quello che dicevamo. (Prende il bicchiere) Grazie. (Alzan­dolo) Alla salute dei neonati. Che le loro zie e i loro zìi servano loro di orribile esempio! (Sta per bere; ma pensa bene di andare prima a sedere sul sofà) A proposito: zìi e zie si sono messi d'accordo?

Essie                                - (contenta) Credo di sì, Syd. (Gli prende la mano. Dougall irrompe sul ballatoio).

Dougall                            - Vieni a vedere, Essie... Venite tutti! Sono rossi rossi, hanno capelli neri lunghi: una meraviglia! (Drew si alza).

Essie                                - Naturalmente, Dougall! Beviamo alla loro fortuna!

Drew                               - Anche a voi, Dougall!

Bicky                               - E a Dora!

Magìll                              - A tutti voi!

Tutti                                 - A tutti noi! (Alzano tutti il bicchiere, facendo eco, mentre cala il sipario).

FINE