Gli arcangeli non giocano a flipper

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di Dario Fo

Elenco dei personaggi:

*Lungo (Tempo sereno).

*Primo amico | Impiegato | Accalappiacani | Carabiniere | Partecipante all'inaugurazione.

*Secondo amico | Impiegato | Direttore del canile | Sindaco.

*Terzo amico | Cameriere | Brigadiere | Prestigiatore |Cerimoniere.

*Pasticciere | Pope | Signore agli sportelli | Commissario | Ministro.

*Quarto amico | Impiegato | Guardiano del canile | Capostazione | Partecipante all'inaugurazione.

*Quinto amico | Dottore | Impiegato | Capotreno.

*Sesto amico | Impiegato | Carabiniere premiato all'inaugurazione.

*Bionda (Angela).

*Prima amica | Signora agli sportelli | Signora che partecipa all'inaugurazione.

*Seconda amica | Seconda signora agli sportelli | Signora che partecipa  all'inaugurazione.

*Terza amica | Signora che partecipa all'inaugurazione.

Gli attori devono essere in numero di dodici (comprese le quattro attrici).

Ognuno di essi reciterà, oltre al personaggio iniziale, anche quei personaggi che seguono elencati sullo stesso rigo.

Einaudi


ATTO PRIMO

SCENA PRIMA

A sipario aperto, sulla scena completamente nuda, delimitata sul fondo dal solo panorama, appaiono sette ragazzi vestiti in modo identico: pantaloni neri, bretelle strette, camicia bianca. Avanzano con passo ritmato verso il proscenio e cantano.

La notte è un grand'ombrello tutto buchi,

qualcuno ci ha sparato dei limoni,

la luna pare il disco dello special

d'un grosso flipper fatto per King Kong,

e pure la mia città è un biliardino,

tu guarda: ogni ragazza sembra un flipper,

appena tocchi forte fa tilt,

ahi, stai fermo non tremar.

Non far tilt,

non far tilt.

Special verdi sono gli occhi tuoi,

luce rossa: stringimi se vuoi.

Non far tilt,

non far tilt.

È la regola di tutti i giochi,

è una regola che sanno in pochi.

Non far tilt,

non far tilt.

Noi siamo una gran ghenga di balordi,

freghiamo i cani e i gatti ai benestanti,

e quando il benestante e ben piangente

lo ricattiam con mancia competente.

Freghiamo valige e radio nei parcheggi,

ma pure le automobili sono nipper,

appena tocchi forte fanno tilt,

ahi, ti prego non lo far.

Non far tilt,

non far tilt.

Blocca sempre prima di flippare,

l'antifurto non lo far scattare.

Non far tilt,

non far tilt.

Col « bidone »non esagerare,

flippa piano se lo vuoi fregare.

Non far tilt,

non far tilt.

Durante la canzone, alle spalle del gruppo schierato in prosce­nio, una staccionata, a mo' di siparietto, scorre lungo tutto l'ar­co scenico. Alla fine della canzone uno dei ragazzi, il più lungo, si lascia cadere rigido come un palo. Due di sinistra lo sorreggo­no per le ascelle, un altro lo solleva per i piedi. Altri due escono da destra.

lungo    Op!

primo    Orcogiuda, se pesi!

secondo Dai, non esagerare col fare il morto! Devi sembrare uno che sta male; mica un cadavere!

lungo    E come devo stare?

terzo    Rigido !

lungo    Rigido così? (Si inarca).

quarto Ma che ti ha preso? Una sincope?... Giù sta panda! (Gli molla un colpo di taglio con la mano).

lungo (si stende di botto) Ahio! Molla! (Si trova per terra) Eh no, basta! Io non ci sto. Fatelo voi il congestionato, se volete. A me questa parte, ve l'ho già detto, non m'è mai piaciuta...

primo Ah, non ti piace? Avete sentito? Non gli è mai piaciu­ta... E noi rischiamo la galera per lui, soltanto per non farlo sposare come un barbone... Bel ringraziamento!

terzo Perché, tu ti aspettavi un ringraziamento da quello? Da sto faccia di palta? Ma sei proprio un pistola!

secondo Siamo tutti pistola! Gli procuriamo la moglie: un pez­zo di sleppa che non finisce più, coi soldi, illibata...

quarto (come leggesse un annuncio matrimoniale) Con muri propri, massima moralità... Adesso gli stiamo per fare la dote, anche, e lui ci risponde che il congestionato è una parte che non gli piace! Sto magnaccia!

terzo    Ma non ti fai ribrezzo?!

lungo (piagnoso) Si, si, me lo faccio... Mi faccio ribrezzo e an­che un po' schifo! Voi siete così buoni con me... Mi aiutate sem­pre, e io... Se mi piantate qui da solo fate proprio bene. Merito proprio di sputarmi in faccia... Sputumm! (Sputa in faccia a uno degli amici).

primo(facendo uno zompo) Ehi, vacci piano col mortificarti... che già ci vedo poco per conto mio! (Si netta l'occhio).

Si apre lo steccato e appare l'interno di una pasticceria.

secondo Beh, adesso mica comincerai con la solita solfa! Avan­ti, muoviti, monta su.

lungo Sì, sì, monto, monto. (Si porta dietro la schiena dell'ami­co e gli cinge il collo con ambo le braccia).

secondo    Ma ti ho detto in spalla.

lungo E infatti sono in spalla: che colpa ne ho io se tu sei corto...

secondo  E piantala!

lungo    Si, si, la pianto. (Si lamenta) Ohi! Ohi! Ohi!

Il Secondo se lo carica sulla schiena mentre gli altri due gli af­ferrano i piedi e si avviano verso l'ingresso del negozio. Entrano. Il proprietario viene subito loro incontro, preoccupato.

pasticciere    Che gli è successo?

terzo    Faccia un po' di posto sul bancone, per favore!

pasticciere    Una disgrazia? È andato sotto una macchina?

secondo    Almeno fosse stata una macchina!... Qualche gamba rotta, una bella ingessatura e se la sarebbe cavata!

pasticciere    E invece?...

Il Lungo viene sdraiato sul bancone, si lamenta.

terzo    E invece, e invece! Ma non vede che sta crepando?

Il Lungo rantola.

pasticciere    E me lo portate a crepare in negozio, in mezzo ai miei pasticcini?!

secondo    Vorrebbe che lo lasciassimo morire in mezzo a una strada?! Ma dove ha la coscienza, scusi!

pasticciere    Allora, chiamate un medico!

Lamento del Lungo.

terzo    Già! Dov'è il telefono?

pasticciere (glielo porge) Tenga... Aspetti che prendo la gui­da... Forse è meglio chiamare l'ospedale perché mandino subi­to un'autoambulanza...

primo    Dia a me: se non sbaglio è sulla prima pagina...

pasticciere (indicando il Lungo)    Ma che cos'ha?

Lamento del Lungo.

quarto    Dev'essere una congestione.

Entra uno degli amici facendo strada a un altro con valigetta professionale.

quinto    Ecco, dottore, qui... Avanti, ragazzi, se non ci pensavo io ad andarlo a chiamare! Fate largo.

dottore    Una seggiola, per favore.

primo (si passano l'un l'altro l'ordine con breve scatto del capo) Seggiola!

secondo    Seggiola!

terzo    Seggiola!

quarto    Seggiola!

quinto    Seggiola!

pasticciere    Seggiola!

Eseguono un passamano con andamento talmente febbrile, che alla fine le sedie, in numero di sei, ritornano al posto di parten­za, senza che nessuno sia riuscito a sedersi.

dottore (al Lungo)    Che cosa si sente?

lungo (lo interroga a sua volta)    Cosa mi sento?

dottore    E che ne so! (A bassa voce) Sei tu che me lo devi dire.

lungo    Ah, sono io che mi devo dire come mi sento? Ma voi mi avevate detto di dire soltanto: ohi, ohi, ohi...

dottore (gli molla una pacca sulla fronte)    Zitto!

lungo    Zitto. Ohi, ohi, ohi...

pasticciere (da dietro il banco si fa strada, scostando gli amici del Lungo) Che cos'ha, dottore?

dottore (tastando il polso del Lungo)    Mi sembra strano che sia ancora vivo! Non gli si sente più il polso. (Costringe il Lungo a sedere) Permette?

lungo    Sì, sì, permetto.

dottore (gli appoggia l'orecchio alla schiena) Respiri. (Il Lun­go respira profondamente). Più profondo! (Il Lungo esegue). Tossisca. (Il Lungo esegue). Più forte! (Come il finto medico ha appoggiato l'orecchio alla schiena del Lungo, anche il primo amico appoggia l'orecchio sulla schiena del medico, e così via tutti gli altri ripetono l'atteggiamento, compreso il pasticciere. Ad ogni colpo di tosse, gli auscultatori sussultano in una pro­gressione accresciuta, quasi si moltiplicasse l'effetto acustico da uno all'altro). Faccia vedere la lingua. (Il Lungo esegue. Il dot­tore gli solleva una palpebra) Mah! (Scuote la testa) Vediamo un po' l'addome. (Tasta il ventre. L'altro si mette a squittire per il solletico). L'avrei giurato: intossicazione per avvelena­mento di terzo grado!

pasticciere Avvelenamento? Benedetti ragazzi! Dispiacere d'a­more, scommetto.

terzo Macché dispiacere d'amore! Si doveva sposare domani mattina.

pasticciere    Appunto, dico!

lungo (Si autoausculta mediante l'apparecchio apposito che ha tol­to dalla borsa del medico) Fa tutut! (Indica il cornetto acu­stico) Deve essere occupato: aspettiamo un po'. Signorina, sol­leciti, prego...

dottore (gli strappa di mano l'apparecchio) Deve aver mangia­to qualcosa di guasto. Ne sapete niente voi?

secondo Siamo stati a cena tutti assieme... Ma lui non ha voluto toccar niente. Era emozionato: questa per lui era l'ultima notte da scapolo.

dottore (inquisitorio) Siete sicuri che non abbia mangiato proprio niente?

quarto (con tono staccato) Niente... proprio niente, no. Ha man­giato un cinque o sei bignè che aveva comprato chissà dove...

pasticciere (illuminato all'istante) Come, chissà dove? Ades­so che mi ricordo, mi sembrava di conoscerlo... È qui che è ve­nuto a comprarli, i bignè.

primo (ironico e cattivo)    Ah, li ha comprati qui, bene!

secondo Benone! (Tutti gli sì fanno intorno aggressivi). Allora è lei l'assassino!

pasticciere (indietreggiando fin dietro il bancone) Ehi, dico, non facciamo scherzi! Non penserete che siano stati i miei bignè? È roba fresca di giornata... Non mi è mai successo in dieci anni che li vendo. E poi... se li avete mangiati anche voi: questa è la prova!

quinto E la prova di niente, perché qui nessuno di noi li ha as­saggiati. Per fortuna non abbiamo fatto in tempo...

coro    L'abbiamo scampata bella!

dottore (autoritario) Lasciate le vostre considerazioni a più tar­di. Bisogna far venire subito l'ambulanza. Al signore ci penserà la questura.

primo Ecco il numero! (Lo esegue, poi, spudoratamente, mette il dito sul ricevitore) Pronto...

pasticciere (supplice) Signor dottore, guardi che ci deve esse­re un errore: non saranno state certamente le mie paste...

dottore (freddo e sbrigativo) Può darsi. Ad ogni modo questo lo potrà decidere soltanto l'ufficio sanitario della polizia.

lungo (sopratono)    Ohiohioau!

primo (con la cornetta in mano) Accidenti! Non risponde! È sempre così quando c'è bisogno urgente! "Vigliacco se riesci a beccarli! Che disorganizzati!

Uno dei ragazzi dà un colpo al Lungo perché si lamenti.

lungo    Ohi, ohi, ohi!

secondo (con intonazione strappacuore) Dottore, non può far­gli qualcosa? Un'iniezione, che so io... Io non ce la faccio più a sentirlo lamentare in quel modo!

lungo Ohi, ohi, ohi! (All'amico) Hai visto che lo faccio da so­lo? Ohi, ohi, ohi!

dottore (professionale) Ho paura che non ce la farà neanche con la lavanda gastrica.

quarto (eutanasico) Se proprio non c'è più niente da fare... è meglio farla finita e non parlarne più. Gli diamo da mangiare un altro di quei bignè (afferra un vassoio di paste) oaddirittura questo cannolo, così schiatta prima.

dottore    Non scherziamo, metta giù quella porcheria!

Si buttano il cannolo l'un con l'altro come se fosse una palla.

pasticciere (toccato nell'onore) Eh, no, dottore, piano! Por­cheria! Adesso esagera! Vedrà che quando l'ufficio d'igiene avrà esaminato i miei prodotti...

quarto (ricambiando, spudorato)    Le faranno chiudere il negozio per un pezzo! Le ritireranno la licenza e, forse, la metteran­no dentro a vita, caro il mio Dracula!

pasticciere (sullo slancio, ma ormai alle corde) Piano con le parole! E state attenti con le insinuazioni perché...

primo (senza tregua) Perché? Perché, cosa? Insinuazioni, le chia­ma! Lo sanno tutti con che son fatte queste pasterelle: con le polveri sintetiche.

pasticciere (costretto alla difensiva) Senti, che discorsi! E chi non le adopera? Anche le grandi ditte lo fanno.

dottore (da arbitro che chiude l'incontro per manifesta inferio­rità di uno dei contendenti) Ad ogni modo, polveri o no, in attesa del referto il suo negozio verrà chiuso... e per parecchio tempo. Anzi, bisogna telefonare subito alla polizia.

lungo (allucinato, a ruota libera) Sì, sì, polizia. (Sollevando la cornetta del telefono) Pronto, polizia... A tutte le macchine del­la polizia... (Emette una specie di ululato di sirena d'allarme).

medico (gli strappa la cornetta)   - Era la prima cosa da fare...

primo Polizia? (Sfogliando con velocità inaudita la guida) Cer­to, ecco la polizia. (Si accinge a formare il numero).

lungo (come sopra)    Sì, sì, la polizia e la mia mamma...

pasticciere (disperato) No, per carità, fermatevi! Cercate di capire... Se mi fanno tener chiuso il negozio per tanto tempo per me è finita. Vi prego, abbiate un po' di comprensione! Vi giuro, non è colpa mia, non rovinatemi.

lungo (piagnucola idiota) Sì, sì, rovinatelo! Ohiohia! Voglio la mamma!

dottore (umano, comprensivo) Ma vede... Anche se lo portia­mo all'ospedale, al referto d'avvelenamento, ci penseranno i me­dici a fare denuncia...

quarto (perfido) Neanche la licenza per vendere i lupini le danno più!

pasticciere (piagnucola, distrutto ) Maledetta scalogna! Ma che faccio io adesso? (Il Quarto balordo gli afferra una mano con tono consolatorio). Ci ho buttato tutto quello che avevo in que­sto negozio. E proprio adesso che mi incominciava ad andar be­ne... Mi mangerei una... (Si porta alla bocca la mano trattenuta dal balordo, per mordersela. Involontariamente addenta la ma­no del balordo. Urlo di quest'ultimo).

primo Ecco, finalmente! Il pronto soccorso è libero. Gli vuole parlare lei, dottore? (Gli porge la cornetta del telefono).

quarto Un momento, sentite. (Estrae un fazzoletto e sempre parlando terge il sudore dalla fronte del poveraccio. Gli asciuga le lagrime e gli soffia addirittura il naso. Poi come niente fosse riapre il fazzoletto e glielo strofina sul viso) Io non so se il si­gnore sia o non sia una persona onesta. Ma, nel dubbio che lo sia veramente, non possiamo permettere che si trovi in mezzo a una strada per colpa della sola scalogna. In fondo le polve­rine mica le fa lui, ma i grossi cagnoni! E quelli, chi li tocca? È la solita storia del pesce piccolo e del pesce grosso.

terzo Non cominciamo con la politica, adesso. Vieni al dunque. Cosa hai in mente di fare? Mica penserai di prendere il nostro amico e sbatterlo in un fosso per salvare lui.

lungo    Oh, no, nel fosso no... Voglio la mia mamma!

secondo    Stai buono, tu, altrimenti ti do un altro bignè.

pasticciere (strappando l'apparecchio telefonico dalle mani del finto medico) Oh, prego... se mi potete date una mano. Certe volte basta un po' di buona volontà...

quarto (solleva distrattamente la cornetta del telefono e se la por­ta all'orecchio) Senta, dottore, non si potrebbe ricorrere a qualche clinica privata? Di quelle che... basta ungere un pochi­no e fanno acqua in bocca?

dottore (afferra la cornetta e risponde come parlasse con qual­cuno che sta di là dal filo) Dice bene, lei! Ma sa quanto ci vuo­le per ungere un caso come questo? Si va a suon di centomila appena si apre bocca.

pasticciere (prende a sua volta la cornetta) Beh, qualcosa ce la posso mettere io. Adesso guardo cosa mi è rimasto di liquido... (Ripone la cornetta e va a frugare nel cassetto).

primo (strizzando l'occhio) No, no, ragazzi. Questa storia non mi piace. Va bene il caso umano, ma mica possiamo andare a ri­schio di andare dentro noi per causa sua. E se poi questo ci cre­pa, chi ce l'ha sulla coscienza?

terzo (rivolto al Lungo)    E lamentati, stupido!

lungoSì, sì, mi lamento... Ahiohiohi, come mi lamento... Ahiohiohi...

primo    Ma non vedete che sta crepando?

quarto Dai, dai, non fare il menagramo! Non hai un po' di com­passione per questo poveraccio?... (così dicendo, strappa il pac­chetto di soldi che il pasticciere tiene in mano) Dia qua: quanti sono? (Comincia a contare).

pasticciere Circa centomila. Ma se volete vi posso fare anche un assegno.

terzo Niente assegni. La clinica dove lo portiamo noi non li accetta.

dottore (afferrando il pacchetto al volo) Per adesso basteranno: poi si vedrà.

secondo    Facciamo venire un taxi?

dottore Non ce n'è bisogno, ho la mia macchina qui all'angolo. Andiamo.

lungo (sollevandosi e facendo l'atto di scendere dal bancone) Andiamo, ragazzi. (Ma una gran pacca lo ridistende subito).

quarto    Sta' buono, scemo! (Rivolto agli altri) Datemi una mano.

Issano sulle spalle il Lungo irrigidito.

pasticciere (accompagnandoli all'uscita) Non so come ringra­ziarvi... Speriamo vada tutto per il meglio...

dottore Stia tranquillo, il direttore della clinica è un mio caris­simo amico. Piuttosto, bisogna che lei mi dia un po' di questi bignè per poterli analizzare. Una volta scoperta la causa, sarà più facile predisporre la cura.

pasticciere Prego, prego, li prenda tutti. Tanto, io li dovrei buttare...

terzo Ci pensiamo noi. (Fanno man bassa di bignè e cannoli). Prendiamo anche queste, non si sa mai.

Uno dei balordi afferra alcune torte.

pasticciere    Le torte? Che c'entrano?

quarto C'entrano, c'entrano. Le torte c'entrano sempre! (Cari­ca il tutto sulla pancia del Lungo trasformato in portantina).

secondo Lei non La idea di quanta roba ci vuole per un'analisi. Arrivederci!

pasticciere Speriamo di no! (Si lascia andare sulla sedia) Dio che serata! (Soprapensiero afferra un cannolo e lo addenta) L'ho scampata bella! Campassi cento anni, d'ora in poi non adopero più polverine, manco se... E dire che al sapore non si direbbe che sono velenosi. Velenosi?! (Si rende conto di aver ingoiato mezzo cannolo) Oh, Dio, che ho fatto! Oh, Dio, muoio. Dotto­re, aspettatemi... (Si affaccia al negozio) Ehi, voi, aspettatemi! Vengo anch'io. (Esce di corsa) Oh, Dio, che ho fatto!

Lo steccato si richiude nascondendo il negozio. I ragazzi entra­no sul proscenio. Sghignazzano e si danno pacche di soddisfazione.

primo Ah, ah! Come ci è cascato bene! Mai visto un piccione, più piccione di quello?

dottore Devo dire che siete stati tutti bravissimi. Ci sarei cascato anch'io.

lungo    Anch'io sono stato bravissimo?

pasticciere    Eh! Aspettatemi, ferma...

quarto    Tela, ragazzi,che quello ci ha ripensato.

Danno una gran botta al Lungo, lo ricaricano e se la battono. Entra il pasticciere.

pasticciere Sono spariti! Dove siete?... Aspettatemi, non vo­glio morire! (Li insegue sbagliando strada).

lungo (fa capolino) Ehi, pasticciere, stiamo sparendo da que­st'altra parte. (Via di nuovo, il pasticciere lo rincorre).

Rientrano i balordi.

primo    Che corsa!

lungo    Peccato, era così bello!

terzo    L'abbiamo seminato, stavolta.

quarto Sì, ma non rimaniamo qui, andiamo al bar. Li staremo più tranquilli,

I ragazzi si incamminano. Intanto sulla sinistra viene portato un tavolino con qualche sedia. Sulla sedia, nella penombra, si siede un signore. Quando il gruppo è a pochi passi, una luce si accende e illumina il volto del signore che assomiglia in tutto e per tutto al pasticciere.

primo    Rieccolo un'altra volta!

lungo Tela, ragazzi! (Si lascia andare rigido stilla schiena. Nes­suno lo sorregge, così stramazza al suolo con un gran tonfo, e ci resta, inanimato).

Gli altri nella fuga si scontrano. Qualcuno inciampa e cade.

signore    Ehi ragazzi! Che vi prende? Antonio, Berto... siete im­pazziti?

dottore (fermandosi di colpo)    Michele, sei tu? Accidenti, con quella luce di traverso ti avevo preso per il pasticciere. E, a pen­sarci bene, grembiule a parte, gli assomigli.

signore    Che pasticciere?

          I balordi, uno alla volta, rientrano.

primo    Ciao, Michele, che spaghetto ci hai fatto prendere!

terzo e quarto    Ma chi è?

dottore Scusa, ti presento i miei amici: Pietro, Marco, Luciano (sopraggiunge il Quarto) e Giulio...

balordi (si presentano)  Piacere, piacere, piacere.

signore (osservando i vassoi carichi di dolci) State andando a una festa?

terzo    Stiamo venendo da una festa...

dottore Abbiamo appena sbolognato un bidone a un pasticcie­re che ti assomiglia come un fratello.

Intanto due amici si sono accostati al Lungo che non si è mos­so dalla posizione orizzontale in cui è caduto.

signore    Adesso capisco perché facevate il polverone...

secondo (muovendolo col piede)    Ehi, Lungo, sveglia: passato pericolo!

quarto    Sì, sei bravo a fare il morto, ma adesso piantala: non è il pasticciere. (Gli dà qualche schiaffetto) Porco cane! Deve aver sbattuto la testa... Antonio, vieni un po', tu che fai così bene il dottore! Dagli un occhio...

          Il            dottore sì avvicina, tocca il polso e il cuore.

quinto (commentando")    Pare un dottore vero.

dottore Non è niente. Sbattetegli un po' d'acqua in faccia e ve­drai che rinviene... Cameriere! Una brocca d'acqua, per favore.

terzo    Se aspetti che quello sì muova! Ci vado io. (Esce).

signore    Speriamo che non ci sia commozione cerebrale.

secondo Stia tranquillo. Perché venga la commozione cerebrale bisogna che uno ci abbia il cervello, e quello di cervello... Scom­metto che ha il cranio tutto pieno d'osso come una palla di bi­liardo!

dottore Ce lo tiriamo appresso giusto perché ci fa crepare dal ridere. Gli possiamo fare gli scherzi più balordi e lui ci casca sempre... (Fa per sedersi sull'unica sedia: gliela tolgono di sot­to, cade a terra).

quarto Una volta gli abbiamo fatto credere di essere diventato invisibile. (L'un l'altro si rubano la sedia di sotto — ritmicamen­te come in un balletto cadono a terra con discreta violenza — finché l'ultimo, credendosi indisturbato possessore della sedia, si va mollemente ad accomodare, ma con un calcio l'amico più prossimo gliela fa sparire: ennesimo e plateale cascatone. Il tut­to avviene senza che mai il Quarto smetta di raccontare). E an­che quella volta c'è cascato: è andato dietro a una ragazza che passava per strada a farle la mano viva. Il più belio è che lei ci stava, ma non ci stava il fidanzato che le camminava al fianco, e allora: povero uomo invisibile! Gli ha fatto due occhi che non ci ha visto più per due giorni!

primo Ma lo scherzo più bello glielo stiamo combinando ades­so: lo facciamo sposare a una battona.

signore    Con chi?

quarto    Con una battona, che sarebbe come dire una che batte.

secondo Beh, veramente non è una vera battona. Nel senso che non fa la vita come le altre... È una saltuaria, ecco.

quarto Sì, una lavorante a domicilio. (Imitando una voce fem­minile) Commendatore, pronto?

signore    Ma, dico, ragazzi, non gliela farete sposare sul serio?

dottore Sei matto? Allora, dove andrebbe a finire il diverti­mento?... Dunque, senti come è andata. (Rivolto al ragazzo che è arrivato con la brocca) Aspetta a svegliarlo che prima gli rac­conto... Poi ci darà una mano anche lui... (Indica il signore) Dunque, per prima cosa gli abbiamo fatto una testa tanto... col dirgli che doveva prender moglie, che non poteva continuare a vivere da barbone per tutta la vita, che lui lì, che lui là, ecce­tera eccetera. Poi gli abbiamo fatto mettere un'inserzione sul giornale...

quarto Guardaci un po', deve averla ancora in tasca... (Il pri­mo balordo fruga nella giacca del Lungo, trova un ritaglio di giornale) Eccola: leggi un po'!

primo (leggendo) «Giovane disoccupato, nullatenente, medio-cre presenza, lieve difetto fisico... »

quarto    L'avevamo convinto che è sempre meglio dire la verità.

primo (come sopra) «Sposerebbe giovane ricca, bellissima, pos­sibilmente bionda ma illibata, muri propri, senza difetti fisici ».

signore Ed è andato lui a fare l'inserzione? Chissà la faccia dell'impiegato!

dottore Ma tu dovevi vedere la sua, di faccia, quando gli è ar­rivata una lettera che gli abbiamo spedito noi, facendo finta che fosse quella di una ricca bellissima albanese!

signore    Perché proprio albanese?

quarto Perché, col fatto che gli albanesi hanno il rito ortodos­so, gli abbiamo dato a intendere che, con quella religione, lo sposo non può vedere la faccia della sposa finché non l'ha spo­sata.

terzo T'immagini che spasso di matrimonio sarà? La sposa l'ab­biamo trovata, i soldi per pagare lei e le sue amiche ce li ha dati il pasticciere...

terzo (mostrando la refurtiva) Con aggiunta di torta nuziale e pasticcini!

quarto E pure la palandrana ci abbiamo. (Estrae da sotto la giacca una lunga tonaca nera) Ci manca giusto il prete copto...

dottore E anche quello ce lo abbiamo... Eccolo qua: è lui. (Indica l'amico).

signore Io? Ma voisiete matti! Una scena simile... Non ce la faccio. Se scoppio a ridere non mi fermo più!

quarto    Puoi fare quello che vuoi, tanto lui mica se ne accorge.

secondo    Zitti che rinviene.

lungo (ha cominciato a muovere le braccia e a portarsi le mani sulla nuca)    Ahiohi, che botta!

primo    Svelto, padre, trasformati!

Estrae da sotto la giacca un cappello da prete ortodosso e glielo calca in testa. Un altro gli infila la tonaca nera. Lo costringono a salire su un tavolino: sul tavolino mettono una sedia e lo fan­no sedere come fosse in trono.

quarto (schiaffeggiando il Lungo) Su, su, sveglia che è niente. L'hai fatta la bella dormita!

lungo Eh, chi è?...Ah, siete voi. (Poi, vedendo il signore) Il pa­sticciere, scappiamo! (Fa per darsela a gambe).

dottore (lo rimette a sedere) No, stai calmo. Non è il pastic­ciere. Ci assomiglia, ma non è lui.

quarto Questo è un prete copto. L'abbiamo fatto venire apposta per te.

lungo Copto apposta per me? (Si alza tutto indolenzito e va verso il falso prete) Piacere.

Il Terzo gli fa cenno di inginocchiarsi.


primo    Baciagli la mano, bestia!

lungo (Si inginocchia) Sì, sì, scusi e grazie per il disturbo. (Bacia la mano).

signore Comodo, comodo, si alzi, figliolo. (Volta la faccia di là per non ridergli sul muso).

primo    Hai sentito? Alzati e prendilo in braccio.

lungo    In braccio? Ma perché in braccio?

dottore Ma perché è l'usanza degli ortodossi: come da noi lo sposo prende in braccio la sposa, così, in Albania, lo sposo pren­de in braccio il prete della sposa... Avanti, muoviti! Prendilo in spalla che è meglio.

lungo Il prete della sposa in spalla? E dove lo porto? (Se lo carica in spalla).

quarto Ma a casa della sposa, che diamine! Vieni, che ti facciamo strada.

Il tavolino sul quale è stata stesa una tovaglia rossa viene tra­sformato in baldacchino dagli amici, che lo sorreggono a far da tetto al pope.

lungo    Bene, bene, così finalmente la vedo.

quarto    E adesso cantare, via!

Si mettono in corteo come andassero in processione e cantano.

La notte è un grand'ombrello tutto buchi,

qualcuno ci ha sparato dei limoni...

Buio. Alla loro uscita si riapre lo steccato.

SCENA SECONDA

Interno della casa delle ragazze, addobbata con festoni di carta: il falso prete sta legando i polsi del Lungo, che è pure bendato, contro quelli della sposa tutta vestita di bianco e con un velo in testa che le nasconde il volto. Tre ragazze e gli amici tengo­no, ciascuno, una candela istoriata in mano e cantano in coro.

Stringimi forte i polsi contro le mani tue,

ed anche ad occhi chiusi

gli occhi tuoi vedrò.

Prego, raccogli il mio amore, ti prego,

per un sorriso lo cedo, lo cedo.

Stringimi forte i polsi

contro le mani tue,

ed anche ad occhi chiusi

col cuore vederti saprò.

pope (si mette fra i due) Ripetete mentalmente con me: Qualsiasi siano le tue sembianze, qualsiasi siano i tuoi difetti e i tuoi pregi, mi tengo onore di tenerti sempre con me fino alla fine.

coro    Fino alla fine!

pope    Sempre con me, poiché il destino mi ti ha assegnato.

coro    Fino alla fine!

pope D'ora in poi, la mia ombra sarà la tua, vedrò la luce per i tuoi occhi, parlerò con la tua bocca.

coro    Fino alla fine!

pope Il mio sangue passerà per il tuo cuore e il tuo per il mio, perché saremo una cosa sola fino alla fine!

coro    Fino alla fine!

pope    Siete marito e moglie... Potete vedervi, adesso.

Due amici si danno da fare per sbendarli e scioglierli. Per pri­mo viene sbendato lui, poi lei: una biondona lunga con una fac­cia incredibilmente pulita. Tutti applaudono, poi silenzio. La sposa sorride e lui è come imbalsamato per lo stupore.

lungo    Oheuuu!

dottore    Beh, è tutto quello che sai dire? Come ti pare?

lungo    Oheuuu!

sposa    Piacere.

lungo    Piacere. Oheuuu!

terzo    Ma di' qualcosa, è tua moglie dopotutto!

lungo    Davvero è mia moglie?

coro    Ma certo, l'hai appena sposata.

lungo    Oheuuu! Piacere.

bionda (con semplicità)    Piacere.

pope    E a lei, signorina... pardon, signora... E dire che l'ho spo­sata io... Dicevo, e a lei che gliene pare di suo marito?

bionda    È bello lungo... Oheuuu, come è lungo, che lungone!

i due (in coro)    Oheuuu! Piacere.

dottore  Ah, vi abbiamo accoppiati proprio bene. Evviva gli sposi!

tutti    Evviva! Evviva!

terzo    Avanti, avanti. Sposo, datti da fare, versa da bere!

lungo (afferrando una bottiglia mentre le ragazze si danno da fare con i vassoi ricolmi di bicchieri scompagnati) Senti, Giulio, non è che sarà uno scherzo...

giulio Uno scherzo? Ma dico, scherzi? Ti sembriamo tipi da scherzi?

lungo No, dico che magari lei ci ripensa, e dice che basta, non ci sta più.

giulio Ma stai tranquillo che non ci ripensa... Quella non ha mai pensato, come fa a ripensare?

lungo Non pensa? Però è bella, oheuuu... ehiii... (Tutti gli ami­ci si danno da fare e sbaciucchiano la sposa e le amiche). An­ch'io, anch'io devo baciare la sposa: è la mia sposa... (Per quan­to si dia da fare non riesce ad abbracciarla. Gli amici se la pas­sano nel gioco dei quattro cantoni; sghignazzano. Anche le ra­gazze collaborano al gioco e si fanno prendere in braccio dai ba­lordi. Qualche giravolta, gridolini, risate, poi pian piano tutti spariscono, chi da una parte, chi dall'altra. Il Lungo nella con­fusione si trova ad afferrare il pope e se lo carica sulle braccia) È mia la sposa...

pope    Ma, che fai? Io sono il pope.

lungo Il pope? Piacere. (Gli prende la mano e la bacia) Scusi, sa, ma volevo baciare la sposa. Dov'è la mia sposa da baciare?

pope    Sarà in qualche camera con qualcuno dei tuoi amici.

lungo Ah, beh, se è... (Si rende conto, fulminato) In qualche camera?! Come a dire: a letto?

pope Sicuro, è l'usanza. Qui da voi si bacia la sposa, invece da noi ortodossi si va a letto con la sposa. È l'usanza...

Proveniente dal lato destro della stanza si sente un gran vociare.

bionda    Disgraziato! Levatelo, levatelo subito!

voci    Ma che ti prende?!... Ohi! Giù le mani!...

bionda    Mica è roba tua che ti permetti di sfasciarmelo tutto!

dottore (entra con l'abito bianco addosso inseguito dalla donna in sottoveste)    E va bene, me lo tolgo! Ammazzala, che iena!

bionda    E vacci piano che me lo sfondi!

Un altro amico entra con addosso l'abito di una delle ragazze; poi un altro e un altro ancora. Tutti camuffati con abiti femmi­nili.

primo travestito (mentre le altre ragazze sghignazzano stupi­damente) Calma, calma, ragazze. È una cosa seria, questa. An­diamo, cosa sono sti schiamazzi?

secondo (anch'egli travestito, rivolto al Lungo) Oh! Che bel giovanottone! Peccato che ti sei sposato, altrimenti... Dio sa che pazzia!

terzo (indica un amico che tiene sottobraccio) Signor pope, la prego, vogliamo sposarci.

quarto Oh, sì, vogliamo sistemare la nostra relazione. Sa, fino ad ora abbiamo vissuto in concubinaggio...

bionda    E adesso, fuori che mi avete scocciata!

dottore    Ehi, bionda, eravamo d'accordo...

bionda    Eravamo d'accordo che non facevate cagnara.

una ragazza    Ma che hanno fatto, dopo tutto...

un'altra ragazza Accidenti, come sei taccagna! Per una cami­cia da notte...

bionda Ma è una camicia vera, ci vado a letto con la mia camicia.

dottore    Solo con la camicia?

Tutti ridono.

bionda (rivolta alle ragazze) E se non siete d'accordo, fuori anche voi... Anda!

ragazze E va bene. Anda! Capirai, che dispiacere... Sta nevra­stenica!... Ti saluto!... Venite a casa mia. Li vi potrete mettere tutti i vestiti da dorma che vi pare...

quarto (sentenziando) Le feste che si ricordano sono soltanto quelle che finiscono male... Addio, cara.

primo E dire che sto scherzo c'è costato un centomila... Non ho ancora capito chi è stato lo sfottuto qui, se lui o noi!

bionda (rivolgendosi al pope che sta canterellando) Oh, anche tu, pope, sloggia!

pope (va verso l'uscita) Siate felice, figliola! (La bionda fa una pernacchia. Il pope, alludendo a tanta raffinatezza di modi) Oxford? (Esce).

bionda    Ma va' a mori' amm... (Chiude la porta) Oh, finalmente se ne sono andati. Non ne potevo proprio più. (Attraversa la stanza).

lungo (che è rimasto seduto sul fondo) Sono un po' caciaroni, eh?

bionda (senza rendersene conto)    Chiamali: un po'!

lungo (pieno di comprensione) Quando incominciano, va sem­pre a finire così... Poi uno s'arrabbia...

bionda (Si ferma realizzando) Eh, ma tu che ci fai qui? Credevo che te ne fossi andato con gli altri.

lungo (candido) E perché avrei dovuto? Ci siamo appena spo­sati, e non sta bene che io me ne vada proprio la prima notte... Proprio non sta bene...

bionda (va di corsa alla finestra, s'affaccia verso il basso e grida) Ehi, voi! Avete dimenticato qualcosa!

voce dal di fuori Ah, già, il Lungone! Dio te lo ha dato, godi­telo... Ah, ah, ah... (Risate). Buona notte, piccioncini!

bionda    Farabutti!... E adesso che ti racconto io a te?

lungo (senza ironia) Raccontami di te: di quando eri bambina.

bionda      Eh?!

lungo (sempre con candore sincero) Se vogliamo conoscerci; forse è meglio incominciare dalla nostra infanzia. Io per esem­pio mi ricordo che, da ragazzino, ero talmente sviluppato che a quindici anni me ne davano anche dieci.

bionda Io, mi ricordo che da ragazzina ero talmente sviluppata che a quindici anni me ne davano cinque.

lungo    Come sarebbe, così pochi?

bionda    Cinquemila, in contanti.

lungo Aha, aha! (Ride divertito, poi cambia atteggiamento) Non cercare di far la dura con me, che tanto non me la fai. Ho sentito, sai, come tremavi, quando ti tenevo per i polsi, così... (Si avvicina e si rimette nella posizione del rito) Va' là, che l'hai avuta anche tu la tua emozione.

bionda Beh, un po' d'emozione, sì... Che discorsi! (Incomincia a smontare i festoni, il Lungo le dà una mano). Fra quelli che cantavano, poi, quelle parolone; « La mia ombra sarà la tua... il mio sangue passerà per il tuo cuore... »Uhei! È roba che fa il suo effetto!... E poi il vestito bianco... Porcogiuda, scommetto che se ce lo metti addosso anche a un elefante, il vestito bianco, ci va il sangue in saccoccia pure a lui! Te l'ho già detto: insom­ma, è stato per via di tutta la messa in scena... mica per te... Te o un altro...

lungo Me o un altro? Eppure quando hai detto: oheuuu, come sei lungo...

bionda Beh, ho detto che sei lungo, e con questo? Non sei lungo, forse?

lungo Si, ma tu avevi detto che io ero lungo, come dire... non per via della lunghezza... Insomma, a me che ero lungo in quel­la maniera non me l'aveva mai detto nessuno... Dimmelo ancora!

bionda    Che sei lungo?

lungo    Sì, mi piace come lo dici.

bionda Ehi, mi stai sfottendo? Vacci piano, perché... (Gli butta addosso il malloppo dei festoni che il Lungo afferra senza scomporsi).

lungo Io, sfotterti? Non mi permetterei mai: sei così bella! così lunga anche tu!... E per te vorrei essere ancora più lungo, lunghissimo... così che dopo tu mi dici: oheuu, come sei lunghissimo!

bionda (risentita e lusingata al tempo stesso) Senti, piantiamo­la! A me, sentirti parlare in quella maniera mi sembra di essere in un manicomio... Me lo avevano detto che eri un po' strambo, ma a sto punto! (S'avvicina al Lungo, materna) Ma possibile che con tutto quello che è successo non t'è passato neanche per la camera del cervello che quei balordi...

lungo (senza raccogliere, preoccupato) A proposito di camera, non è che l'usanza che gli amici vanno con la sposa... vale anche dopo il primo giorno...

bionda    Ma che dici? Di che usanza parli?

lungo (parlando quasi fra sé e sé) No, perché sarebbe una bella scocciatura che uno è qui bello tranquillo con sua moglie ed en­tra un amico e dice; Scusa, imprestami un attimo tua moglie che ho voglia di fare un po' d'usanza... (Deciso, alla ragazza che lo guarda attonita) Scusa, sai, se te lo dico, ecco; ma è meglio mettere subito le cose in chiaro... Sarò un retrogrado, chiamami pure meridionale, ma a me non mi va tanto.

bionda Ma che t'hanno raccontato? (Con gesti rabbiosi racco­glie i bicchieri sparsi per la stanza) Quando mai mi sono pre­stata a far da spalla a sta buffonata! Perché, porca d'una mi­seria, non ci si può divertire con uno come te! È una porcheria, una mascalzonata bella e buona. Ma che gusto c'è a dar delle legnate a uno che poi sorride e ti dice grazie, che gli sputi ad­dosso e ti guarda con quella faccia, ti guarda!


lungo (per niente scosso, mantenendo un costante sorriso malin­conico)    Perché? Cos'ha la mia faccia? È molto brutta?

bionda Ma no, che c'entra! È un po' da stupido, se vogliamo, ma è pulita se non altro...

lungo    Anche la tua è pulita.

bionda (lo guarda un attimo, starebbe per sorridergli, ma di colpo si fa scura) Insomma, te ne vuoi andare?... Mi vuoi lasciare in pace anche tu?...

lungo (Si alza in piedi pigramente. Parla strascicando le parole) E va bene, me ne vado... Ma calmati! Dopotutto, mica l'hai fatto gratis di dargli una mano. Anzi, t'hanno pagata piuttosto bene. (Cattivo all'improvviso) E, adesso, ti lasci fregare dalla coscienza per via che ti puzza di averli guadagnati alle spalle di un povero rimbambito che ti sta a guardare come fossi Bian­caneve con tutti i sette nani... E sbraiti, ti scalmani... Calma, ohi! (La ragazza lo guarda interdetta). Calmata?... Buonasera. (Accenna ad andarsene).

bionda Eh, fermo!... Fatti un po' vedere. Non mi dirai che tut­to d'un colpo ti si è spalancato il cervello? Che è sta sparata?

lungo (ritorna indietro di qualche passo, si appoggia con una ma­no alla spalliera della sedia, la guarda sempre con quel suo sor­riso malinconico, staccato) Ah, ah, stai tranquilla che io il cer­vello l'ho sempre avuto spalancato. E il fatto che mi sfottessero l'ho sempre saputo... Anzi, il più delle volte li ho messi io nella condizione di sfottere... È gente che manca di fantasia, e... se non gli dai una mano... non combinano niente.

bionda (si lascia cadere su di una sedia, attonita) Ma guarda che rimbambito! Non solo sa che lo sfottono, ma li aiuta anche. Ma che gusto ci provi?

lungo (estrae di tasca una sigaretta) Nessun gusto. Quello di farmi sfottere è un po' come il mio mestiere.

bionda    Il mestiere di farsi sfottere?

lungo    Sì, hai in mente i giullari? (Accende la sigaretta).

bionda E... certo che ce li ho in mente. (Erudita, enciclopedica) I giullari erano quelli che facevano ridere i monarchici... È giusto?

lungo (ridendo) Giustissimo. E anche per me è la stessa cosa... Con la sola differenza che non essendoci più i monarchici, (pre­me sullo svarione) faccio ridere gli amici del cafiè. Sono il Rigoletto dei poveri, insomma... Ma l'importante è che mi guada­gno anch'io il mio stipendio.

bionda (stupita, incredula)    Ti danno uno stipendio?

lungo Guadagno certo di più che se facessi l'impiegato, e la­voro molto meno. Guarda: tutto quello che ho addosso me lo hanno passato loro, dormo a casa loro, una volta da uno, una volta dall'altro, mi pagano da mangiare, da fumare, da bere... E se qualche volta chiedo un prestito mica lo rifiutano... A uno scemo non si rifiuta mai un prestito...

bionda (sputa con disprezzo per terra) Che razza di uomo sei! Non ti fa schifo l'idea di guadagnarti la vita in quella maniera?

lungo (sullo stesso tono: provocatorio) E a te che impressione fa guadagnarti la vita in quell'altra maniera?

bionda (dopo un attimo di silenzioso impaccio) Deng! M'hai stesa!

lungo (che si attendeva tutt'altra reazione, dispiaciuto) Scusa, m'è scappata.

bionda (con malinconia carica di sospiri) No, me lo meritavo. Io che faccio la predica sull'amor proprio! È da crepar dal ri­dere! Ma c'è il fatto, che mi fa rabbia!... Vedi, per una donna, quando fa scena e basta... com'è per me... la maniera di far sol­di, gira e rigira, camuffala come vuoi, è sempre quella. Ma per un uomo...

lungo (si alza, porta la sedia vicino a quella iella ragazza, si siede) È la stessa cosa: dipende sempre da come si parte... Una come te non è che decide da un giorno all'altro di fare la vita. O ci na­sce, o ci arriva piano piano. Io ci sono nato. Ha cominciato mio padre che, per far lo spiritoso, siccome il cognome era Tempo, m'ha messo come tre nomi di battesimo: Sereno, Nuvolo, Agi­tato! « così potrà scegliere a seconda delle condizioni atmosfe-riche», diceva.

bionda (Divertita. Poi rallenta, mortificata)    Ah, che matto!

lungo (crescendo di tono) Già, che matto! Ma prova tu, sentir­ti chiedere dai compagni di scuola... e anche dai grandi: come va? che tempo fa oggi?... E questo per anni e anni.

bionda (senza sorriso)    Dev'essere un bel tormentone.

lungo (disteso, alla maniera dei tabulatori: come raccontasse cose successe ad altri) Perfino in guerra mi hanno sfottuto... Uno gli capita di essere beccato dappertutto, che so... in un braccio, in una gamba.... in testa magari... A me m'hanno beccato sul­l'osso sacro. Una pallottola me l'ha portato via netto! Zac! Trac!

bionda (non sa trattenersi, scoppia a ridere) Ah! Ah! (Le pren­de il singhiozzo) Ihp!... Ma come han fatto a beccarti proprio li?...Ihp!

lungo Già, come hanno fatto?... Vedi? Ridi anche tu tanto da farti venire il singhiozzo. Perfino il destino si è divertito a pren­dermi per quel posto...

bionda    Ah! Ah!

lungo Ora io sono mutilato di seconda categoria. Avrei diritto a un mucchio di facilitazioni, di privilegi, perfino a una pensio­ne. Un giorno stavo seduto in tram e un tale mi chiede di fargli posto per via che dice; « Io sono mutilato »... « Anch'io sono mutilato », gli rispondo. Quello mi guarda incredulo e mi chie­de: « Dove? » « All'osso sacro », dico io. Non ho ancora finito di parlare che mi branca per il cravattino e mi urla: « Senta, io non ho niente contro gli omosessuali, ma mi fanno andare in bestia quelli che se ne vantano »... Per poco non mi sbattono dal tram in corsa. (La ragazza ride). E poi ti meravigli se uno gli scappa di fare un po' il Rigoletto!

bionda (in tono affettuoso) Scusa se te lo dico, ma tu te le tiri ste botte. Mi sembri uno che va in giro camminando con la te­sta voltata per stare attento a quello che la gente gli dice dietro le spalle, col risultato che al primo lampione, sbang!, ci sbatte contro! Ihp!... (Singhiozza) Poi, sacramenta contro il destino che pianta i lampioni lungo i marciapiedi.

lungo Complimenti! Stavolta sei tu che mi hai beccato in pie­no... Ma scusa se ci ripesto: com'è che, con tutto che riesci a smarronare la balordaggine degli altri, la mia in particolare, ti sei lasciata incastrare a far la vita che fai?

bionda (afferra un vassoio, parla in tono staccato) Perché quan­do ho incominciato ero più ignorante di adesso. E l'ignoranza è proprio il peggio male che ci sia. Mio padre diceva sempre... ihp... (ripete con cadenze da disco rotto) mio padre diceva sem­pre... ihp... mio padre diceva sempre... (Questo, mentre pulisce il vassoio andando in tondo in tondo con il movimento della mano, come fosse il braccio di un grammofono sul disco. Il Lungo le solleva il braccio e lo sposta di poco sul vassoio, con il gesto abituale di chi rimette in azione un disco che si è incan­tato. La ragazza infatti riprende a parlare senza avere più in­toppi) Mio padre diceva sempre che un uomo o una donna, se ha la malattia dell'ignoranza, gli succede come a quelle piante che non fanno foglie: diventano pali. Io sono diventata storta anche come palo...

lungo (con un sorriso commosso, senza guardarla) Beh, potresti servire ancor meglio da storta, se ti capita un altro palo storto al contrario di come sei storta tu... Se ci si lega bene in cima... (Prende fiato) In due si starebbe in piedi meglio che se si fosse diritti.

bionda (si fa in là per osservarlo meglio) C'è il doppio senso?... (Singhiozzo) Dico, stai parlando di noi due?

lungo (si alza lentamente in piedi, parla a strappi) Senti; fac­ciamo finta di non sapere: io, chi sei tu; tu, chi sono io... Di' un po'. Ci staresti a stare con me?

bionda (Precipita nel ritmo. Rallenta nel finale) A stare come?... Per questa notte soltanto o finché la va, la va? No, perché, se fosse per questa notte soltanto, io ti direi chi sono, e ci avrei la mia tariffa...

lungo (Ripiomba a sedere. Strofina le mani palma contro palma) E con questo abbiamo finito di ridere.

bionda (con intensità, quasi sopratono) Perché, cosa ti crede­vi?... Ma non hai ancora capito che se sto qui a contarla su è proprio perché, se non altro, credo di sapere come sei fatto, e perché, porco d'un cane, non mi capita mai di parlare come mangio, come faccio adesso?

Si sente bussare.

amico (dal di fuori)    Sei in casa?

bionda    Ihp... (Singhiozzo) Vattene che ci ho da fare!

amico (come sopra) Fammi entrare: sono venuto a riportarti i tuoi vestiti.

bionda E va bene. (Aprendo) Entra... Dai qua... Guarda come li avete conciati...

amico (Si accorge del Lungo) Ah, è ancora qui, quello? (Spac­cone) Aspetta che te lo sbologno io. (Gli si avvicina scoperta­mente ironico) Scusa, Lungo, dovrei parlare d'una cosa delicata con la tua signora. Ti dispiace smammare?

Il Lungo non si è mosso. La ragazza butta con violenza il fagot­to dei vestiti su una sedia.

bionda Lui non smamma niente!... Se c'è qualcuno che smamma qui, e subito, quello sei tu...

amico (blocca la ragazza che gli si fa contro minacciosa) Mi hai capito male... Ehi, mica son qui a far flanella... Pago da com­mendatore, e pure in anticipo... Guarda qua... Pare un mazzo di rose... (Fa vedere alcuni biglietti da diecimila) Dai, sbatti fuori il Lungo che stasera ho l'anima poetica...

bionda (guarda per un attimo il Lungo che è rimasto sempre se­duto, quasi assente) Sbattilo fuori tu... intanto io vado a met­tere giù sta roba! (Rivolta al Lungo, sottovoce) Avanti, fammi un po' vedere se proprio ti interessa il palo storto. (Esce).

L'amico sul fondo si è tolta la giacca.

amico (torna verso il Lungo puntando risoluto) Allora, senti... e cerca di fartelo entrare bene nel testone... (Butta la giacca su una sedia).

lungo (si alza come ridestandosi) E va bene: ho capito, me ne vado...

amico (sorpreso)    Te ne vai?

lungo (tornando sui suoi passi) Perché, non vuoi che me ne vada?

amico     No... No...

lungo (si risiede)    Allora resto...

amico    No, no! Dicevo: sì, sì...

lungo (si rialza, insolente) Sì, sì o no, no? Oh, mi pari un po' scemo. (Si risiede) Ad ogni modo dovresti imprestarmi un mille lire per il taxi...

amico (fruga meccanicamente nelle tasche della giacca che sta sul­la sedia)   Mille lire?... Perché, dove devi arrivare?

lungo    Alla questura centrale... A quest'ora è l'unica aperta.

amico (sta di spalle, si volta di scatto) Alla centrale?... E per far che?...

lungo (accavalla le gambe salottiero, staccato) La regolare de­nuncia dell'accaduto: truffa con ricatto ai danni del pasticcie­re... È un caso di coscienza... Più ci ripenso e più mi convinco che devo andarmi a costituire... Sai, adesso che mi sono sposato ho proprio deciso di cambiar vita...

amico (allocchito, poi sempre più aggressivo) Ehi, dico, ma t'ha dato di volta il cervello?... Ci vuoi far mettere dentro tutti quanti?... Ma io ti stronco, incosciente, disgraziato, carogna che non sei altro. E pensare che lo si faceva per te.

lungo (finto allocco) Solo per me?... E questi per chi sono? (Indica i soldi).

amico Beh, che c'entra? Questi sono per il disturbo. Anche noi dobbiamo vivere, caro!

lungo (stende le gambe annoiato) Certo che dovete vivere. An­zi, a pensar bene farei proprio male ad andarmi a costituire... A parte che ci andrei di mezzo anch'io...

amico (tranquillizzato, incalza) Anzi, ti beccheresti più mesi di tutti noi messi assieme,

lungo (Di nuovo salottiero, sorridendo, accompagna il discorso con brevi gesti. Il capo appoggiato ora sull'una, ora sull'altra spalla) No, più di voi no. Io sono scemo... lo sanno tutti che sono scemo... Potrei sempre dire che voi mi avete costretto... che io credevo veramente di star male. Quando ad uno si riesce a far credere di essere diventato invisibile e di essere il marito di una battona... gli puoi far credere questo ed altro. Anzi, a pensarci bene, credo che vi appiopperebbero qualche mese in più per circonvenzione d'incapace...

amico (dopo una breve pausa, toglie di scatto le mani dalle tasche dei pantaloni e gli si fa più appresso, attonito) Ohei, dico... Sei tu che parli o è un tuo fratello laureato che ti sei tenuto na­scosto in naftalina? Poco poco, allora facevi lo scemo per non pagare dazio... Ma guarda sto figlio di battona... E noi che si credeva di farti il paglione...

lungo (con un sorriso insolente) Già... Come è strana la vita, uno crede una cosa e invece... Questi soldi, per esempio (indica i soldi che gli spuntano da una tasca), tu credi che siano tuoi e, invece, zach... adesso sono miei... (glieli sfila).

amico Dammi la grana... o ti spacco la faccia... (Lo afferra per lo stomaco costringendolo in piedi).

lungo Un'altra cosa mi dimenticavo di dirti... che ho un discre­to scatto di destro... (Esegue: lo prende a calcioni e lo sbatte fuori dalla porta) Fuori! Fuori!

amico Questa me la paghi, Lungo! Quando lo sapranno anche gli altri non farai più tanto il manfano...

Rientra la bionda.

bionda Ihp! (Singhiozzo) Ha ragione... Quelli non te la perdo­nano di certo... E addio giullare...

lungo Se è per quello, ho cominciato a sbagliare venendolo a spifferare a te.

bionda    Ihp! (Singhiozzo).

lungo Senti, prova un po' a bere all'incontrario, forse ti passa il singhiozzo.

bionda    Come?

lungo Così, guarda. (Afferra un bicchiere colmo d'acqua, si in­china e beve sorseggiando dal bordo opposto. L'acqua gli va di traverso. Tossisce) Stavo dicendo che forse ho incominciato a sbagliare venendolo a spifferare a te. Forse avrei fatto meglio a starmene tranquillo.

bionda (Prova a sua volta il gioco del bicchiere. Respira profonda­mente)    Ah, è passato.

lungo Beh, mi fa piacere... ihp... (Singhiozza a sua volta) È ve­nuto a me!

Bionda Mi spiace... Che cosa stavi dicendo dello stare tranquillo?

lungo Stavo dicendo che forse se me ne fossi stato zitto non avrei dovuto andarmene a mani vuote, come mi tocca fare adesso.

bionda Te ne vai? (Il Lungo accenna un «si» con il capo). E dove vai?

lungo Beh; i soldi per dormire li ho... (mostra ì soldi che ha fre­gato all'amico) ...e forse ne ho abbastanza anche per arrivare fino a Roma... (Singhiozzo).

bionda    A Roma?

lungo Sì, voglio vedere se mi riesce di farmi dare i soldi che mi devono della pensione... Con quelli sarà certo più facile riuscire a camminare senza voltarmi, come dicevi tu! (Singhiozzo) Beh. ciao e piacere. (Le stende la mano).

bionda (lentamente, quasi con imbarazzo, afferra la mano del Lungo)    Ciao, piacere.

lungo    Piacere, cosa?

bionda    Cosa piacere cosa?

lungo (precettore) Quando uno dice piacere, deve dire anche come si chiama. Come ti chiami?

Bionda    Angela...

lungo Ihp! ( Singhiozzo ) Angela?

bionda (gli tiene la mano con tenerezza) Sì... Veramente il mio vero nome sarebbe Angelica... Ma, sai, col mestiere che faccio... Angelica fa un po' ridere. D'altra parte, quando i miei mi han­no battezzata, mica potevano prevedere, no?

lungo Già! E poi... è più bello Angela... (Le sorride; reclina il capo) Ciao, Angela, ci vediamo. (Singhiozzo).

bionda Ciao... Ci vediamo, eh? Stai attento che c'è buio sulle scale.

lungo    Stai tranquilla, ci vedo benissimo.

bionda Ciao. (Rumore di un ruzzolone fuori scena). Che ti succede?

lungo (fuori scena col tono di chi si trattiene a stento dallo sbot­tare in una serie di moccoli)    Accidenti... Avevi ragione. Ce l'ho proprio sto vizio maledetto d'andare in giro con la testa voltata, e non ho visto i gradini...

bionda    Ti sei fatto molto male?

lungo (fuori, scena)    Beh, non è niente.

bionda    Ti è passato il singhiozzo?

lungo (fuori scena)    Speriamo.

bionda    Ciao,

lungo    Ciao, Angela, ci vediamo.

bionda    Aspetta, aspetta!

lungo (fuori scena)    Sì?' (Si avverte nel tono una speranza).

bionda Ti devo dire una cosa. Ehm... come ti posso chiamare? Voglio dire con quale di tutti quei nomi che hai preferisci che ti chiami?

lungo (una breve pausa che indica delusione; poi riprende eufori­co) Chiamami Sereno... perché da stasera sono proprio con­tento che mio padre m'abbia dato quel nome.

bionda    Ciao, Sereno,

lungo    Ciao, Angela,

Rumore prolungato di capitombolo.

bionda Se non gli è passato adesso il singhiozzo non gli passa più. (Ride. Prende una radiolina: la accende e la appende al col­lo di un manichino da sartoria che sta nel centro della stanza. Si sente in sordina la musica della canzone « Stringimi forte i polsi»). Sereno... il Lungo Tempo Sereno... Eh, sì, ha ragione lui: vien proprio voglia di farci il gioco di parole... (Si mette a canticchiare sulla musica trasmessa dalla radiolina. Guarda di sotto, attraverso le tendine della finestra. Lentamente comin­cia a spogliarsi; si libera delle scarpe scalciandole per aria) ... « Stringimi forte i polsi ». (Raccatta una giacca dimenticata su una sedia. Soprapensiero va ad infilarla sul manichino da sar­toria che è sul fondo della stanza. Solleva il manichino. Mima un abbraccio appassionato. Solo adesso s'accorge che quella giacca è del Lungo) ... Ma questa è quella di Sereno... Acciden­ti! L'ho fatto uscire in maniche di camicia... Almeno tornasse a riprendersela... Eh, già che deve tornare... Mica può andare a Roma senza giacca... Per forza deve tornare... E quando entra gli dico: « Caro Sereno, se vuoi indossare la tua giacca, devi in­dossare anche me ». (Cerca di imitare la voce di Sereno) « Ma come, mi avevi detto di no!... »« E ora ti dico di sì... Ci ho ri­pensato, mi fa proprio comodo un bel palo storto come te... »

(Riabbraccia il manichino) Vieni qui, vieni qui che ti lego... Su, non tremare così... Oheuuu, come mi batte il cuore!... E il tuo? (Appoggia l'orecchio al petto dei manichino. Si sente bussare alla porta). Oh, esagerato! (Si rende conto che bussano alla por­ta). Sei tu?... Sei tornato a riprenderti la giacca?... Entra. (Si rende conto di essere in déshabillé) ...No, aspetta, non entra­re... (Si va a nascondere dietro un paravento) Ecco, ora sì che puoi (entra l'amico di poco fa), ma non venire qui. Scusami se ti ho fatto aspettare, ma ero già spogliata... Lo so che è ridicolo che io mi voglia nascondere... Mica lo faccio per far la schizzi­nosa, non ti credere... Ma non so com'è... Davanti a te mi ver­gogno... Sarò stupida, ma è così... Già, oggi ne ho fatte e dette tante da stupida... (S'infila una vestaglia).

amico (si pavoneggia lusingato)    Beh...

bionda No... non dir niente, altrimenti non ce la faccio a dirti una cosa che invece bisogna che ti dica, se no scoppio... Ho preso una sbandata... Non ridere, sai... Ho proprio preso una sbandata per te... (L'amico si sente già il re dei papponi). Me ne sono accorta appena te ne sei andato, tanto è vero che appe­na ho visto la tua giacca ho detto subito: « Speriamo che torni a prenderla, così... così mi faccio riprendere anch'io! » Oh, ce l'ho fatta... (Ride) Non dici niente?... Lo sapevo che ci saresti rimasto di stucco... Ce n'è voluta anche per me, sai, ad avere il fiato per arrivare fino in fondo a dirtelo e ora son proprio con­tenta d'avercela fatta... (Uscendo di dietro al paravento) Ecco­mi qua... (La donna rimane allocchita alla vista dell'amico che sorride beato).

amico (le si avvicina come camminasse sulle punte: gallo-rampan­te) La miseria, che fachiro che sono... T'ho imbesuita proprio di pulito! E pensare che credevo d'esserti antipatico... Guarda come ci si sbaglia certe volte... (La sorpassa strisciandole addos­so) Beh, andiamo e vedrai che non hai scelto male... (La ragaz­za non si muove). Ehi, dico, mica ti avrò imbalsamata con lo sguardo?... Su, bella. (Le dà uno schiaffetto). Sveglia che ti por­to a nanna di là.

bionda (gli restituisce una gran sberla) Fuori! (Gli sbatte addos­so tutto quello che le capita fra le mani) Fuori! Fuori, fuori!

amico E va bene... Vado, vado... Ma sì, non c'è bisogno che tu... Ma guarda un po'...

Esce e di nuovo si sente un gran fracasso per i gradini: il solito ruzzolone. Piangente, la ragazza va verso il manichino, lo osserva per un attimo, poi con un calcio lo scaraventa a terra. La radiolina che stava appesa al manichino ruzzola sul pavimento. La ragazza, preoccupata, la raccatta, la riaccende e la scuote spe­rando che non si sia sfasciata. La radiolina funziona di nuovo. Si sente la voce di uno speaker che dice;

voce delio speaker eadiofonico ... Sul resto del versante tem­po sereno. Abbiamo trasmesso il notiziario sulle condizioni at-mosferiche valevoli fino alle ore tredici di domani.

La ragazza scoppia in un pianto disperato e scaraventa la radiolina sul pavimento.

ATTO SECONDO

SCENA PRIMA

Roma, Ministero.

Entrano cinque impiegati; calzoni neri, panciotto nero, con in capo una calotta da calvo sul tipo di quelle dei clown, adornata alla base da una vistosa capigliatura che corre in semicerchio da terapia a tempia. A mo' di onorificenza hanno appeso al collo un timbro ciascuno. Sfilano davanti ad una tramezza tutta spor­telli. Fianco dest: vengono marciando verso il proscenio e can­tano.

Per dare gloria a Cheophe han fatto una piramide,

un'ara per Leonida, un arco per i Cesari,

un cippo monolitico per il Vercingerorige,

per ricordare un nautico han battezzato America

quel continente atlantico scoperto dal Cristoforo,

col nome di un gran medico han battezzato un microbo,

e, per finire, i clinici

pur di passare ai posteri,

a corto di piramidi, ci han battezzato gli organi, organi:

c'è l'osso di Berio, la tromba di Eustachio,

c'è il nervo di Bario, c'è l'elmo di Scipio,

c'è il cocchio di Dario, ciascuno ha il suo cippo;

ma nessuno ricorda chi a tutto pensò.

Chi fu quel gran burocrate che ha inventato i moduli,

le cedole di transito, il bollo di verifica,

le pratiche da evadere, la tassazione a carico,

la controfirma invalida, la pezza per lo scarico,

lo scarico bonifico, il buono per gratifica,

il protocollo unico, la carta di certifica?

Di lui nessuna lapide ricorda il dì di nascita

e forse nell'anagrafe è scritto come anonimo, anonimo!

Fratelli d'ufficio, alziamo la testa,

del genio dei bolli cantiamo le gesta,

alziam gli sportelli, laudiamo il Signore

che per nostro amore qui tutto creò:

i timbri rotondi, la carta bollata,

la marca da dieci, la carta intestata,

l'usciere di porta, il portapennini,

la penna, i cestini per i caposezion!

I cinque impiegati si son messi dietro gli sportelli. Tutti gli sportelli, che durante il canto erano stati sollevati, si abbassa­no, meno uno, il primo, che rimane aperto. Entra una donna che subito si avvicina al primo sportello e inizia a sbrigare la propria pratica. Entra il Lungo. Ha con sé una valigia molto pesante e un pacco. Si mette subito in coda alle spalle della si­gnora. Quando viene il suo turno lo sportello si abbassa e quasi contemporaneamente se ne apre un altro. Il Lungo, impacciato dal pacco e dalla valigia, ma soprattutto distratto dalla strana somiglianza della signora con una delle ragazze amiche di Angela, ritarda a raggiungere l'altro sportello, sicché viene prece­duto nella coda da un altro signore sopraggiunto in quel momento.

lungo Eh no, guardi che c'ero prima io... Perché, se uno si met­te a fare le corse, allora sono bravi tutti!

signore    Io non ho fatto nessuna corsa...

lungo (accorgendosi della strana somiglianza con uno dei suoi amici)    Ehi, pope... Cosa ci fai qui a Roma?

signore    Prego?

lungo Dai, dai, piantala di scherzare... Che se anche ti sei fatto crescere i baffi a me non la fai!

signore È lei che deve smetterla di scherzare... e soprattutto con chi non ne ha tempo né voglia.

lungo Scusi, ma io l'avevo presa per un mio amico che non ha i baffi... Ad ogni modo, visto che lei i baffi li ha, se li tenga... Amici come prima... Andiamo.

In quel momento si apre un altro sportello.

signore Senta, lei lo spirito sui miei baffi, non lo fa... Si levi di torno! Anzi, s'accomodi... E ringrazi il cielo che ho fretta, altrimenti... (Si avvia all'altro sportello).

lungo    Ma perché s'arrabbia?... Capirai, gli ho toccato il baffo... Guardi che non è ancora proibito parlar male dei baffi, anche perché per fortuna i religiosi non li portano più. (Ma ecco che nello stesso istante lo sportello del Lungo si abbassa. Dopo un gesto di stizza, al Lungo non resta che mettersi in coda dietro al signore che lo sbircia con cattiveria. Arriva una signora che si mette a sua volta in coda. La signora assomiglia alla seconda delle amiche di Angela. Il Lungo la guarda, poi azzarda) Scusi, scusi: ma sa che lei assomiglia sputata ad una amica di una mia amica che fa la...

signora (infastidita lo blocca guardandolo cattiva)    Prego?

lungo Che fa la... Ah, l'avevo presa per una mia parente che fa la crocerossina in Svizzera.

In quel mentre un altro sportello si apre. La signora si stacca e va ad accomodarsi dopo aver raccattata la valigia che teneva con sé fin dall'arrivo. Il signore va un po' per le lunghe, mentre la signora sembra che si stia sbrigando molto celermente, anzi ora si accinge a lasciare lo sportello: il Lungo raccoglie il bagaglio e s'avvia a prendere il posto libero. Ma la donna che ha avuto un ripensamento torna sui suoi passi e si mette accanto allo sportello.

signora Ah, dimenticavo... Potrebbe farmi la lista delle carte che dovrò richiedere in comune? Grazie... (Il Lungo ha un at­timo di perplessità e, come nel gioco dei quattro cantoni, si tro­va all'asciutto, cioè: alle sue spalle l'uomo sta allontanandosi, il Lungo si vorrebbe precipitare ma, impacciato com'è dai baga­gli, arriva tardi. Nella fretta ha afferrato la valigia della signora che subito reclama) Ehi, giovanotto! Non facciamo scherzi!... La mia valigia!

lungo    Oh... si, scusi, è stato un lapsus...

signora Già, buona la scusa, prima si sbaglia con la somiglian­za, poi con la valigia...

lungo Prego, non crederà... A parte che le nostre valige s'asso­migliano sul serio. E poi: accidenti che malfidente... Capirai, adesso mi metto a fare il ladro di valige... di cartone, per giun­ta. (Allo sportello) Senta, se non le spiace... (Ma con un gran botto anche il secondo sportello, dal quale la signora s'era già staccata, si chiude). Tutta colpa tua: quando mai non t'ho la­sciata a casa! (così dicendo da un calcio alla valigia della si­gnora).

signora    Ma, dico!... È impazzito?

lungo    Oh, scusi... L'avevo presa per la mia...

signora Si, scusi, scusi... Ringrazi il cielo che non sono un uomo!

lungo Lo ringrazio moltissimo il cielo... (Si dà da fare per pu­lire la parte colpita poi va verso lo sportello, che malignamente gli si chiude in faccia). Ma io glielo sfondo quel confessionale a ripetizione! (La signora esce sostenuta. Il Lungo si volta e in­ciampa nella propria valigia. Guarda con odio la causa dell'in­ciampo, prende la rincorsa per sferrare un calcio, ma si blocca con la gamba sollevata. Sta entrando un cameriere con tanto di vassoio, chicchere, bricco del caffè. Anche lui assomiglia ad uno degli amici). Giulio!...

cameriere Mi chiamo Sergio, non Giulio... Ad ogni modo se desidera qualche cosa bisogna che si accomodi al bar. Io faccio servizio solo per gli impiegati... (Fa tintinnare una tazzina bat­tendola con il cucchiaio).

Quasi per magia il tintinnio della chicchera ha fatto spalancare il primo sportello. Il cameriere porge una tazza, l'impiegato la ritira e riabbassa lo sportello sul muso del Lungo che era accor­so porgendo un documento.

lungo Se permette, vorrei... (Intanto il cameriere è passato al­l'altro sportello: tintinnio, sportello che si apre, scatto del Lun­go). Scusi, se permette... (Stesso risultato. Il Lungo decide di giocare d'astuzia: lascia perdere il terzo sportello e s'acquatta presso il quarto pronto ad infilare il documento all'apparire del­l'impiegato. Tintinnio e, trac, lo sportello si apre. Ma è quello che gli sta alle spalle, cioè il quinto sportello. Il Lungo si volta di scatto, ma è troppo tardi. L'impiegato ha già ritirato il pro­prio caffè e ha richiuso). Senta, ma... questo non prende il caf­fè? (Indica lo sportello rimasto chiuso e si avvicina al cameriere).

cameriere No, questo prende sempre tè al limone... (Afferra dal vassoio una tazzina più grande e la infila nello sportello che sì è spalancato in sincrono per richiudersi di scatto).

lungo Eh, no, basta! Io vengo via dai miei amici per non farmi sfottere e qui ci trovo i loro doppioni che mi sfottono peggio! (Sferra un terribile calcio alla valigia. Il Lungo manda un urlo e comincia a saltellare per il dolore. Intanto, il cameriere, lestis­simo, ritira le tazzine che gli impiegati man mano gli porgono richiudendo subito con scatti da macchina automatica. Il Lungo, nel tentativo di arrivare a uno sportello, ci lascia sotto un dito) Ahi! Il dito!...

cameriere (sghignazzando insolente) Ah, ah! Che schiacciata di dito! Mai visto un dito così schiacciato... (Il cameriere con­tinua a sghignazzare senza freno e non si avvede del sopraggiun­gere del signore che già abbiamo visto all'inizio e contro il qua­le va a sbattere. Alcune tazzine cadono per terra. Gli sportelli si riaprono. Gli impiegati ridono all'unisono e chiudono. Il ca­meriere, aiutato dal signore, raccatta i cocci, poi con lo strofi­naccio cerca di pulire la giacca macchiata del signore. Si fanno reciproche scuse. Nel montare parossistico del ripulire, il came­riere arriva ad afferrargli le mani ed a spazzolargli le unghie co­me fanno le manicure) Scusi, non l'avevo vista...

signore Nemmeno io. Stavo pensando ai documenti... Le ho combinato un bel guaio!

cameriere Non è niente! Piuttosto, la sua giacca... Guardi, guardi come si sono insozzate le maniche.

signore    Con un po' d'acqua andrà via...

cameriere Beh, speriamo... (Sputa sulla giacca e con la propria manica cerca di pulirla) Mi scusi ancora...

Si avvia, ma il Lungo, con intenzione, gli spinge il valigione fra i piedi. Questa volta il tonfo è catastrofico: cocci dappertutto, gran fracasso. II signore accorre per sollevare il cameriere, ma il Lungo gli butta l'altro pacchetto fra i piedi. Altro tonfo. Gli sportelli si aprono e appaiono le teste degli impiegati che si sporgono per meglio godere dell'accaduto. Sghignazzano. Il Lungo, sgattaiolando di sotto e spuntando a razzo, chiude ad uno ad uno gli sportelli sul collo degli impiegati tenendoli così prigionieri come sotto ad una ghigliottina. Poi sferra un gran calcio al cameriere che ha appena terminato di raccogliere il tutto, facendolo andare gambe all'aria fuori della porta. L'altro signore capisce l'antifona e se la squaglia. Tutti gli impiegati gridano aiuto.

lungo Basta! Silenzio!... Ho detto basta! Silenzio! Basta! Atten­zione! Zitti! (Chiude la porta a chiave) Oh!... E adesso che fi­nalmente ho l'onore e il piacere della vostra attenzione, statemi a sentire... Io sono venuto qui per un affare molto importan­te: la mia pensione. Ho tutto con me... (Apre la valigia, estrae un gran pacco di documenti e sventola le carte che infila man mano sotto il muso degli impiegati, una ciascuno) L'atto di nascita... il certificato di residenza... di nullatenenza... di congedo illimitato... la dichiarazione d'invalidità permanente... il nulla osta... iì nullaosta in carta semplice... il nulla osta preventivo... il nulla osta straordinario... e un nulla osta di riserva. Tutta roba della quale non ci capisco niente... Io ho fatto il mio do­vere, voi fate il vostro: vidimate, firmate, timbrate, metteteci tutte le marche, le contromarche, i bolli, i timbri e controtimbri che vi pare... Io so solo che voglio andar via di qui con tutte le mie carte in regola per ritirare la mia pensione. (Afferra ve­locissimo i timbri che gli impiegali tengono al collo e, grazie al nastro elastico a cui sono appesi, riesce a far si che i timbri re­stino incollati sulla fronte di ciascuno. Quindi si va a mettere su di un lato: afferra una maniglia che sta in fondo alla lunga ribaltina che attraversa l'intera sequenza degli sportelli e sulla quale sono stati «impataccati» i fogli da timbrare) Non ho tempo da perdere... E, tanto per farvelo capire meglio, ho qui un regalino che mi sono portato dall'Africa, che, giuro, vi fac­cio scoppiare sul naso appena m'accorgo che volete fare i fur­bi... Prego osservare; modello dirompente 38. (Estrae una bomba a mano dalla valigia e la appoggia sul tavolo dell'uscie­re) Timbri tondi! (Due impiegati eseguono abbassando la testa sui fogli). Timbri quadri! (Altri due impiegati, come sopra). Tutti i timbri! Timbra, timbra, timbra. Timbra, timbra, tim­bra. Tutti i timbri! (Gli impiegati non eseguono). Tutti i tim­bri! (Come sopra). Ho detto: tutti i timbri! (Come sopra). Ac­cidenti, s'è inceppata! (Tira verso di sé con forza, così che la ribaltina incomincia a scorrere ritmicamente, avanti e indietro, sotto i musi degli impiegati le cui fronti, armate di timbri, si pie­gano a ritmo alterno a timbrare documenti. Ne sorte l'impres­sione di una straordinaria macchina avveniristica). Timbra, tim­bra, timbra, timbra. (Man mano che si esaspera il ritmo, il tutto si trasforma in uno stantuffare da locomotiva a vapore con tan­to di sferragliamento e di « tutut » finale, che precede il bofon­chiante arresto). Tutut... tutut... Delen, delen... Siamo arrivati! E adesso non manca che la carta anagrafica, che naturalmente troveremo nell'apposito schedario segnaletico. (Su di un lato infatti c'è una parete tutta cassetti dalla quale il Lungo estrae il cassetto che gli interessa) Di qua è la A, di là è la S. La T de­ve essere da questa parte; infatti è qui. (Appoggia il cassetto davanti alla faccia del primo impiegato) Avanti, pescami la mia scheda a nome Tempo Sereno, Nuvolo, Agitato e a chi ride gli arriva una bombata sul naso! (L'impiegato, alla maniera dei pappagalli, servendosi dei denti, pesca un cartoncino e lo por­ge). Alla pesca della fortuna! Chi pesca bene, chi pesca male! Via, bravo! Hai pescato proprio bene... Sono io: Tempo Sere­no, nato a... segni particolari... razza: cane bracco!... No?!... Eh, sì... razza; cane bracco; professione: cacciatore di volatili; coda mozza, orecchie ampie, canini corti, evidentemente bastar­do... Ah! Ah! (Ride istericamente) così, io sarei un bastardo?! (Gli impiegati ridono. Il Lungo afferra la bomba e sgancia la sicura. Gli impiegati non ridono più). Chi ha avuto la bella idea di giocarmi questo scherzo puzzone? Fuori, chi è stato? Vi ave­vo avvisati di non fare i furbi... di non sfottere! Non lo permet­to più neanche ai miei amici che mi pagavano per sfottermi!... Cane bracco a me, eh?! (Alza il braccio nel gesto di tirare la bomba) Questa me la pagate! Avanti, ridete, ridete per l'ultima volta! Via!... Ah... ah... ah... (Gli impiegati vorrebbero grida­re, ma sono ammutoliti dal terrore). Avanti, signori... al tiro dei testoni... Quattro palle un soldo!... Sotto chi tocca! Ah... ah... ah...

Si sente scuotere la porta e bussare.

voce    Aprite!... Che succede?... Aprite!

lungo    Guarda che bei faccioni!... Ah... ah...

Buio.

Durante il buio si sente sfondare la porta e gridare.

voci    Fermatelo!

Attento che ha una bomba!

Tienilo, eh?

lungo    Mirate bene, signori, il premio sarà una medaglietta. Una scimmietta al signore, una pallina col filo... (Sembra impazzito per il modo come ride).

Si accende la luce.

Il Lungo appare ammanettato su una sedia: di fronte a lui, se­duto egli pure, è un commissario di polizia; in piedi, in borghe­se, un brigadiere.

lungo (guardandoli da capo a piedi) Una pallina col filo... (Gli sembra di riconoscerli) Ci risiamo; due altri doppioni. (Rivolto al commissario) Scusi, ma lei non è che a Milano ha un gemello che fa un po' il pasticciere e un po' il pope?

commissario Il pope?

lungo (tutto d'un fiato) Sì, il prete pope... che però non è un ve­ro ortodosso... È uno che gioca a fare l'ortodosso. Ad ogni mo­do è lui che mi ha sposato... non nel senso che io ho sposato un prete, me ne guarderei bene... Ma il fatto è che lei assomiglia anche al pasticciere... Tanto è vero che io ho detto subito: guar­da quello come assomiglia al pasticciere! (Durante il discorso il Lungo agita le braccia coi polsi ammanettati così che il suo ge­sto allude a quello di chi svolga una matassa di lana).

commissario Basta così, per carità!... Senti, è inutile che ci marci... (Preso dal gioco, senza rendersene conto il commissa­rio muove a sua volta le mani come se avvolgesse la lana in un gomitolo) Questo trucco di passar per matto è vecchio come il cucco e con me non attacca. (Si rende conto dell'assurdità del gioco, butta via l'immaginario gomitolo che il brigadiere racco­glie e si mette in tasca) Su, da bravo: come ti chiami?

lungo    E tu?

commissario Come, e tu? A parte che sono io che fa le domande, qua...

lungo Sempre tu? Eh no, non vale... Dai, facciamo un po' per uno: facciamo la conta... Lasciamo giocare anche lui? Ma sì. (Mulinello, le braccia alla maniera dei ragazzini) Allora, uno, due, tre... Dite basta... uno, due, tre, quattro...

commissario    Basta!

lungo Basta sul quattro... Bene. (Inizia la «conta») Quattro, cinque, sei, dodici, il tredici è fuori e io son dentro... tocca a te... (Indica il commissario) ...lui non gioca. (Indica il brigadie­re che gli sferra uno schiaffo. Il Lungo lo para col palmo della mano. Altro schiaffo, altra parata. Per progressione meccanica. Ne esce fuori un gioco molto simile a quello che fanno i ragazzini, detto del battipalma. Alla fine chi riceve uno schiaffo è proprio il brigadiere).

brigadiere La vuoi piantare di fare il buffone, sì o no?! Vuoi rispondere a quello che ti dice il signor commissario?

lungo Ah... è un commissario? Ma dovevate dirmelo subito... Mi pareva bene che un pope e un pasticciere non potevano met­termi le manette... Beh, commissario, sai cosa ti dico? Mi sei simpatico!

brigadiere (perdendo la pazienza e mollandogli un manrovescio sul collo)    Sfacciato! Come ti permetti di dargli del tu!

lungo    E lui, come si permette di dare del tu a me?... C'è qualche articolo del Codice penale e civile che dice che un commis­sario può dare del tu ai cittadini e i cittadini invece no?

brigadiere Villanzone! Insolente! Ma chi ti credi di essere! (Gli molla un gran pattone in faccia).

lungo Eh, no! Ah, ma qui si fa il pestaggio alla maniera pesan­te... Buonasera. (Fa il gesto di andarsene).

commissario (lo trattiene) Calma, calma... Vieni qua e siedi­ti... E va bene, se proprio ci tieni alla forma ti darò del lei, va bene?

lungo    Preferirei mi desse del voi. Sa, il lei è un po' femminile...

commissario (sforzandosi di essere gentile) E va bene, come vuoi... Cioè, come volete... Allora...

lungo Senti, commissario, ci ho ripensato: diamoci del tu.È più confidenziale... E poi, dal momento che abbiamo rotto il ghiaccio...

commissario Ma tu mi hai rotto... (Dominandosi dopo che il brigadiere gli fa cenno di non proseguire) Insomma nome e cognome, prego!

lungo    Tempo Sereno, Nuvolo, Agitato...

brigadiere (fuori di sé) E piantala di sfottere perché, se il si­gnor commissario ha pazienza, io non ne ho. (Gli molla un manrovescio).

lungo Eh no, qui si fa il pestaggio alla negra con le mani legate. Eh no, non vale... (Si scansa vedendo arrivare il secondo schiaffo).

commissario Ehi, tu! (Lo schiaffo colpisce il commissario). Ba­sta così, brigadiere. (Rivolto al Lungo digrignando i denti) De­vo aspettare ancora molto?

lungo Se il graduato, qui, fa il nervoso, io faccio acqua in bocca, e chi si è visto si è visto... Insomma quello di Tempo Sereno, Nuvolo, è proprio il mio vero nome; se non ci credete guarda­te qualcuno di quei fogli: anzi, quello in particolare... (indica un foglio che sporge dalla valigia) e poi vedrete...

brigadiere (raccatta il documento e legge)    Oneres Opmet...

commissario (guardandolo con commiserazione) Brigadiere! Sta leggendo alla rovescia!

brigadiere Ah, già (capovolge il foglio) Tempo Sereno, c'è scrit­to proprio così... (Porge il documento).

lungo Nuvolo e Agitato sono gli altri due nomi di battesimo. Glielo avevo detto...

commissario (leggendo la testata del foglio)    Ministero della Guerra, dichiarazione di invalidità permanente... Perché, lei è mutilato?

lungo Sicuro: di seconda categoria... (All'altro che è letteral­mente sbianchito) Brigadiere, non so dove ho letto che ci sono delle pene gravissime per chi usa violenza ad un invalido... spe­cie se il suddetto è stato posto nella impossibilità fisica di difen­dersi! Sergente, l'hai fatta grossa stavolta! (Gli dà uno schiaffo).

commissario    Lo sciolga!

Il brigadiere gli toglie le manette.

lungo Ma tu guarda la vita! Uno si fa in quattro per far carrie­ra e un bel giorno, per una stupidaggine, trac, va tutto all'a­ria! Tutto per sto viziaccio di menar le mani! Brutte manacce cattive... (Gli schiaffeggia il dorso delle mani. Il brigadiere vor­rebbe reagire, ma il Lungo lo blocca) Eh... eh... mutilato! Il mutilato non si tocca nemmeno con un fiore, come dice il pro­verbio!... Vuole un consiglio? Si metta le manette!

Meccanicamente il brigadiere fa per infilarsi le manette, ma si blocca istupidito.

commissario Allora, vogliamo proseguire? Brigadiere, vuol prendere nota, per favore? (Il brigadiere estrae un block-notes), Ricapitoliamo. Nome: Sereno; cognome: Tempo... Ha scritto? (Il brigadiere, mortificato, accenna di sì con il capo). Professione?

lungo    Cane da caccia; razza; bracco...

commissario (distrattamente) Cane da caccia... (Si rizza in pie­di di scatto) Ehi, dico, adesso esagera! (Andandogli sotto il mu­so fuori di sé) A me non mi hanno preso mai in giro neanche i delinquenti veri!

lungo    Commissario, attento all'invalido... Pensi alla famiglia!

commissario E va bene. (Si risiede sbuffando) Ma l'avverto che, invalido o no, se non la pianta di fare lo spiritoso, a costo di farmi spedire in Calabria...

lungo Per carità, in Calabria! Non si faccia spedire, signor com­missario, ne soffrirei moltissimo!

commissario Veniamo al sodo. (Estrae di tasca la bomba a mo­no) Dove ha preso questa bomba?

lungo Ma questa, mica è una bomba vera! Non sente dal peso che è vuota? Permette? (Gliela leva di mano, la svita per metà, poi, rivolto al brigadiere, fingendo di lanciarla) Brigadiere, sei morto!

Il brigadiere fa uno zompo e si va a ritrovare sulle ginocchia del commissario.

commissario e brigadiere (con le mani alzate) Non facciamo scherzi!

lungo Non scherzo affatto! Avanti, da bravi, leggete qui... a vo­ce alta! (Porge loro il cartellino anagrajico che già conosciamo) Leggete in coro: via! (Li minaccia con la bomba).

commissario e brigadiere (all'unisono stando seduti uno sul­l'altro e muovendo braccia e mani in sincronia tanto da sem­brare ballerini indù) Tempo Sereno, nato il 24 marzo '24 a Sangiano, razza: cane bracco...

lungo   Con coda mozzata, evidentemente bastardo!

commissario    È incredibile!

lungo Già, è incredibile! E pensi un po' che lei mi voleva spac­care la faccia e rischiare la Calabria convinto che la sfottessi... Cosa avrei dovuto fare io che sono venuto qui per prendere la pensione e invece scopro che devo pagare la tassa canina, anda­re in giro con la medaglietta al collo, la museruola, collare e guinzaglio annessi?! E poi ci si lamenta se a uno gli scappa di tirare la bomba a mano. (Fa il gesto di tirare la bomba).

commissario D'accordo, d'accordo. Vedremo di sistemare sto brutto scherzo nel migliore dei modi; ma adesso si calmi e met­ta giù quell'aggeggio...

lungo Stia tranquillo: non c'è nessun pericolo... È un accendi-sigari da tavolo... (Lo apre, fa scattare la rotella e produce una scintilla, lo stoppino s'accende e con la fiamma il Lungo si ac­cende una sigaretta) Vede, anche questo è uno scherzo... Io fac­cio uno scherzo a te... (Lancia lo strano accendisigari con lo stoppino ancora acceso).

I due riescono ad afferrarlo a malapena.

commissario e brigadiere No! (Rilanciano l'accendisigari truccato).

lungo (lo afferra al volo) ... Tu lo fai a me... E così il mondo di­venta tutto uno scherzo... Ma stia tranquillo, io ci sono abituato, non me la prendo!

commissario   Ma io sì, gli scherzi non li sopporto. (Riprendono la pantomima a gestì sincronizzati fino al parossismo). Specie quando vengono effettuati da pubblici ufficiali ai quali e affidata la tutela dei diritti e la rispettabilità dei cittadini. (Invita, so­spingendolo, il poliziotto ad alzarsi) Brigadiere, capisco il suo attaccamento ai superiori, ma sono costretto a scomodarla.

brigadiere    Ah, già. (Si alza).

commissario (sempre al brigadiere) Desidererei che lei mi fa­cesse conoscere tutti gli impiegati di questo ufficio... Si sbrighi! E adesso mi sentiranno! Impareranno che cosa succede a scher­zare con le cose serie!

Il brigadiere apre la porta di scatto e gli impiegati che stavano origliando si trovano di colpo nella stanza.

brigadiere    Ah, stavate origliando, eh?!

commissario Bene, bravi, accomodatevi. così non dovrò per­dere tempo con lo spiegarvi di che cosa si tratta. Accomodatevi! (Gli impiegati si mettono in fila di fronte). Cos'è sta buffonata?! (Fa scorrere sotto al muso di ciascun impiegato il cartel­lino, come li passasse in rivista).

lungo (andando dietro al commissario con evidente soddisfazio­ne)    Avanti! Cos'è?

commissario Nessuno sa niente, vero? E allora vi dirò io che cos'è: è uno scherzo di pessimo gusto... Qui ci si prende gioco dei cittadini!

lungo (suggerendo)    Che pagano le tasse!

commissario    Che pagano le tasse...

lungo    Che vi mantengono...

commissario    Che vi mant... Eh, andiamo piano!

lungo    Sì, sì, andiamo piano; ma vedrà: ci arriveremo.

commissario Voglio il responsabile di questo atto deplorevo­le, ignobile, che disonora, non solo la vostra categoria, ma tutti i dipendenti dello Stato...

lungo (ancora suggerendo)    Me compreso.

commissario ...Me compreso!... Ed è proprio in difesa della onorabilità e della dignità di... di...

lungo (come sopra)    Costoro...

commissario Di costoro.... grazie.... che esigo il nome dello sconsiderato che sta fra voi! Vi do tempo tre minuti, dopo di che...

lungo    Vi sbatto tutti al muro!

commissario    Vi sbatto tutti al muro!

         

Il Lungo esegue la pantomima di una sparatoria con fucile mi-tragliatore. Finge che il fucile si sia inceppato. Comincia a smon­tarlo, lo rimonta trasformandolo in un violino sul quale esegue una breve « fuga ».

lungo Beh, tutti al muro... sarebbe un po' troppo. Facciamo una bella decimazione: uno, due, tre... (inizia la conta degli impie­gati).

primo impiegato (facendo un passo avanti)    Posso parlare?

lungo    No!

commissario (stordito)    No!

brigadiere (piaggiane)   No!

commissario    Un momento, non aspettiamo altro...

lungo (pappagallescamente)    Non aspettiamo altro...

primo impiegato Credo di poterle dare io, anche a nome dei miei colleghi, qualche spiegazione in merito dell'accaduto...

lungo Hai visto, commissario? La decimazione fa sempre il suo effetto... A verbale, brigadiere!

primo impiegato Le cause dell'accaduto risalgono certamente a quindici anni fa.

secondo impiegato    Si era ancora in periodo bellico.

primo impiegato Uno degli anziani, che per ragioni di avvicen­damento era stato messo in pensione anzitempo, senza così po­ter usufruire della promozione a ruolo superiore...

terzo impiegato Che di diritto avrebbe dovuto ottenere di lì a pochi mesi...

Ciascun impiegato, ad ogni intervento, fa qualche passo avanti, per poi retrocedere, finita la battuta, al proprio posto.

lungo Un altro bello scherzo che mi mancava nella collezione...

primo impiegato L'impiegato, dicevo, a cui il destino aveva giocato questa terribile beffa...

lungo Non sapevo che qui, i dirigenti, li chiamaste destino: il destino capo, il destino di divisione, il destino sottocapo... aggiunto superiore.

commissario    Sia gentile, lasci finire...

lungo    Mi scusi, allora cos'ha fatto questo nostro beneficiato?

primo impiegato    E quasi impazzito...

quarto impiegato    E, convinto di vendicarsi dell'ingiustizia subita, ha iniziato a portare varianti e modifiche a gran parte del materiale anagrafico...

secondo impiegato Di cui era il diretto ed unico responsabile da trent'anni, creando un vero e proprio caos nell'intera divi­sione ministeriale.

terzo impiegato Infatti, in seguito a quelle manomissioni, ri­sultava, per esempio, che un prete era sposato ad una guardia forestale.

primo impiegato Un tale risultava essere morto prima d'essere nato.

quinto impiegato Un generale risultava non aver ancora pre­stato il servizio militare.

secondo impiegato Un altro veniva risuscitato dopo vent'anni dalla morte, fatto espatriare in America, cambiar sesso e spo­sare...

terzo impiegato Un mulatto della Martinica. (L'avanti e in­dietro degli impiegati si trasforma in una allusione di danza di tipo folkloristico regionale; con scambi e giravolte). Tutte que­ste trasformazioni, però, erano effettuate solo sulle persone e sui parenti prossimi dei colleghi e dei superiori che egli riteneva responsabili dell'affronto subito!

lungo (interrompe l'esibizione) D'accordo, ma io che c'entro? Che gli ho fatto io a quello per trasformarmi in bracco, e ba­stardo per giunta?

primo impiegato Non ha forse qualche parente qui al Ministero?

lungo    No, io sono lombardo.

primo impiegato    Un caso di omonimia, forse...

lungo Che omonimia?! Mica tutti hanno avuto la fortuna di avere avuto un padre matto come il mio!

secondo impiegato Si sarà lasciato certamente prendere la ma-no dal gioco delle deformazioni anagrafiche...

lungo (quasi isterico) Ma doveva lasciarsi prendere la mano pro­prio con me? Ma io gliela stronco, quella mano! Gli stronco la mano, il braccio e anche il piede a sto matto! (Afferra per il ba­vero uno degli impiegati) Dov'è, dove sta di casa, che gliela fac­cio avere io la pensione.

secondo impiegato Al camposanto!

lungo    È morto?

terzo impiegato Sì. Circa due mesi dopo. Dicono che non fa­cesse altro che ridere... ed era tanto comunicativa la sua risata che tutti i parenti e gli amici raccolti intorno al suo capezzale non hanno potuto fare a meno di lasciarsi trascinare... Pare ri­dessero anche dietro al funerale...

primo impiegato Come, pare? Io ci sono stato e, dico la verità, è stato il funerale più divertente della mia vita...

gli impiegati (in coro)    Dio, quanto bel ridere!

lungo Avanti, lasciamo perdere i funerali allegri e torniamo al­la nostra storia. Piuttosto, come ve la siete cavata con quel ma­cello di falsificazioni?

Gli impiegati tornano a muoversi in tutte le direzioni. Il Lungo si siede a far da spettatore.

primo impiegato Da principio eravamo tutti disperati: soprat­tutto i superiori: le alterazioni erano state eseguite con tale per­fezione e sapienza che, per rimediare allo scompiglio anagrafico, si sarebbe dovuto far intervenire ogni singolo interessato...

secondo impiegato    Per non parlare dei morti...

terzo impiegato    O di quelli che non erano ancora nati...

primo impiegato Lo scandalo sarebbe stato inevitabile... Da qui, l'immancabile inchiesta (in tanto andirivieni di persone, il brigadiere, che sta nel centro della scena, s'infila un paia di guanti bianchi e simula di dirigere il traffico), il conseguente processo, per non parlare del ridicolo di cui si sarebbero tro­vate coperte le persone implicate nella tragica beffa; quasi tut­te in posizione altolocata.

Anche il commissario è preso dal gioco, ma attraversa la scena nel momento in cui il brigadiere-pizzardone è nella posizione di stop. Il brigadiere estrae un fischietto e si mette a fischiare ripetutamente. Sta per fare contravvenzione al commissario. Questi estrae una tessera e gliela sbatte in faccia.

brigadiere (bloccato) Come non detto... (Rivolto agli altri che han fatto capannello) Circolare, circolare! (Poi, al terzo impie­gato) Prosegua lei.

terzo impiegato Il caso, che durante un bombardamento un'a­la del palazzo venisse ad essere danneggiata, fu l'ancora di sal­vezza: si raccolsero tutti i documenti incriminati e si distrus-sero, imputando il danno alla bomba...

gli impiegati (in coro)    Benemerita.

lungo    Tutti i documenti, meno il mio!

terzo impiegato Già, tutti meno il suo. Non capisco proprio come e perché ci sia sfuggito!

lungo (si alza pian piano in piedi, li guarda tutti ad uno ad uno passandoli in rivista, poi, con aggressività) Ah, non capite, eh? Allora ve lo dico io il perché... Perché il sottoscritto non è dei vostri, non concorre a gratifica... Ergo: chi se ne frega!... Ma se una volta la bomba vi ha salvati, stavolta la bomba vi scassa tutti. (Al commissario e al brigadiere) Meno voi, naturalmente, E non vi salva manco lo sfollamento, perché, col codice di mez­zo, vi sbatto tutti in mezzo ad una strada... Tutti sinistrati, sen­za tetto... (Al commissario e al brigadiere) Per voi si vedrà. E adesso comincio a capire perché quel matto del vostro collega ha tirato dentro anche me. Io ero la doppia miccia, la miccia di riserva, nel caso la prima avesse fatto cilecca... Ah, ah! (Ride e si rivolge ad un punto della platea come avesse scorto davvero il defunto redivivo) Matto?... Sei stato furbo... Ah, ah!... Gliel'hai fatta la contromossa... Avevi ragione di spanciartela tiran­do gli ultimi... Ah, ah!... Sentite come ride ancora, quello...

brigadiere (seriamente preoccupato)   Sta impazzendo pure lui...

commissario Si calmi! Non si ecciti a quel modo: le può far male... Vedrà che sistemeremo tutto nel migliore dei modi. Ma adesso si sieda e si metta tranquillo. Lasci fare a me.

Tutti si danno da fare per procurare sedie al Lungo e al com­missario che immancabilmente si trovano a sedere nel vuoto con relativo tonfo.

lungo    È una parola, stare tranquilli.

commissario (paterno) Ma vediamo un po': se non sbaglio lei è venuto qui per ottenere la pensione al più presto. Ma quanti mesi, giorni, anni trascorreranno prima che tutto sia risolto? Non dimentichi che solo al termine del processo lei potrà riot­tenere la sua vera identità. Io credo quindi che la prima cosa da fare sia proprio quella di sistemare la sua situazione anagrafica. Per il resto, stia tranquillo: le assicuro che i responsabili non rimarranno impuniti. (Rivolto agli impiegati) E poiché, chi più chi meno, qui siete tutti responsabili, datevi da fare... nel vo­stro interesse, si intende.

primo impiegato Per quanto riguarda l'anagrafe, il mezzo ci sarebbe, ma tutto dipende dalla volontà di collaborazione del signore...

commissario (rivolto agli impiegati)    Un momento. Io ho cercato di venirvi incontro, ma fino a un certo punto. Di qui in là io non ci voglio e non ci posso entrate. Se entro tre giorni non è tutto a posto, spicco mandato d'arresto per tutta la sezione al completo, così passerete dentro anche il periodo d'istrutto­ria. Intesi? Vi saluto!

brigadiere (al commissario che sta uscendo)    Salve, capo!

commissario Addio, caro! (Esce, e ritorna immediatamente in scena, camminando a ritroso, come in una pellicola girata all'in­dietro) Intesi? Vi saluto! (Fa un cenno al brigadiere).

brigadiere Ah, già... (Si mette in coda al commissario: escono a passo cadenzato, sottolineato dagli ordini ritmati dal briga­diere per mezzo del fischietto).

lungo    Allora, fuori il rospo! Quale sarebbe sto mezzo?

impiegati Permette? (Si vanno a mettere in cerchio formando capanna come nel gioco del rugby).

primo impiegato (uscendo dal cerchio) Se lei volesse essere tan­to cortese da rimanere cane bracco ancora per qualche giorno, allora...

lungo (di testa, cattivo)    Allora?

secondo impiegato (titubante) Tutto verrebbe risolto: baste­rebbero proprio tre giorni... (Si consulta con i colleghi a bassa voce. Quelli acconsentono). Naturalmente dovrebbe aiutarci...

lungo (ironico, poco convinto)    D'accordo, che dovrei fare?

primo impiegato (tutto d'un fiato) Farsi sorprendere senza mu­seruola o senza medaglietta regolamentare da un accalappiacani del Comune...

lungo (di testa, quasi urlando)    Cosa?

terzo impiegato (retrocedendo pronto a battersela) Natural­mente l'accalappiacani sarebbe d'accordo con noi. Il direttore del canile è un nostro ex collega e non ci rifiuterà certo un piccolo favore.

lungo (calmo, masticando parola per parola) Dovrei passare per randagio, insomma. E dopo, che succede?

primo impiegato (rinfrancato ma non troppo) Lei sa che, per legge, dopo tre giorni dalla cattura, se nessuno va a ritirarlo, il randagio viene soppresso mediante camera a gas.

lungo (soprapensiero) Sì, lo so che il randagio... (Scattando, di testa come prima) Cosa?! Mediante camera a gas? Ho paura che non mi vada tanto sto mezzo: ci dovrei pensare.

quarto impiegato (con un sorriso pacioccone) Ma cosa ha ca­pito?... Naturalmente lei la camera a gas non la vedrà nemmeno. (Come raccontasse la cosa più ovvia di questo mondo) Passati i tre giorni di prammatica verrà dato soppresso come cane, quindi; una volta eliminato l'intoppo anagrafico, potrà presen­tarsi da noi con due testimoni qualsiasi per riottenere la sua vera identità.

terzo impiegato (stesso tono) Nello stesso giorno potrà ritira­re anche tutti gli arretrati della pensione che, a un calcolo ap­prossimativo, dovrebbero ammontare a circa... (Tutti gli impie­gati sollevano le mani con le dita spalancate. Anche il Lungo viene costretto a fare altrettanto. L'impiegata contabile esegue l'operazione aritmetica facendo velocemente abbassare e rial­zare le dita con tocchi secchi come agisse su leve di un calcola­tore meccanico). Permette?... Otto milioni...

lungo (entusiasta) Otto milioni! Ecco perché ti chiamano osso sacro! Se vali tanti soldi... Venga l'accalappiacani! Meglio tre giorni da povero cane, che cento da uomo povero... Evviva la burocrazia!!

Tutti gli impiegati venendo in proscenio cantano in coro la can­zone del burocrate. Alle loro spalle scorre lo steccato per dar modo di cambiar scena all'interno.

IMPIEGATI

Chi fu quel gran burocrate che ha inventato i moduli,

le cedole di transito, il bollo di verifica,

le pratiche da evadere, la tassazione a carico,

la controfirma invalida, la pezza per lo scarico,

lo scarico bonifico, il buono per gratifica,

il protocollo unico, la carta di certifica?

Di lui nessuna lapide ricorda il didi nascita

e forse nell'anagrafe è scritto come anonimo, anonimo!

Buio.

SCENA SECONDA

Torna la luce. Si riapre lo steccato.

La scena rappresenta il canile municipale: alcune gabbie tutte intorno e una in centro. Su di un cartello è scritto: « Attenti all'uomo ». Recalcitrando entra il Lungo trascinato dall'accalappiacani. Ha sulla faccia una museruola e un collare al collo. Il guardiano del canile apre la gabbia centrale e cerca di sospin­gerlo. Un accalappiacani lo trascina con il laccio dando stratto­ni piuttosto decisi.

lungo Ehi! Vacci piano che mi strozzi... Un po' di grazia, porco-giuda!

primo accalappiacani Ti vuoi muovere, allora... Se tutti i ba­stardi fossero come te starei fresco. Avanti, spogliati! (Cerca ancora di sospingerlo nella gabbia di centro).

lungo (si divincola con un gran strattone. Urla di testa)    Che è?

secondo accalappiacani    È la regola.

guardiano e accalappiacani (all'unisono, recitando la lezione) L'animale catturato deve essere spogliato di tutti gli eventuali accessori che rechi addosso al momento della cattura: eventua­le collare, eventuale copertina antifreddo...

lungo (con gesti da direttore d'orchestra che dà termine all'ese­cuzione) Va bene, va bene: ho capito. L'avete imparata bene la lezione, vi do sette più. (Cattivo) Ma c'è il fatto che io di eventuale ho solo il collare e la museruola annessa, quindi: ac­chiappatela e godetevela! (Si toglie i «finimenti» e li getta ai due con violenza) E piantiamola di prendermi per il collare, perché, se io ho accettato di recitare sta buffonata, l'ho fatto soprattutto per fare un favore ai vostri amici. Allora, comincia­mo a fare giudizio, se no io pianto una tal cagnara che di lavo­rare, qui, avete finito... Vi mandano ad accalappiare i gatti! Chiaro? (Intanto si è avvicinato al secondo accalappiacani).

primo accalappiacani Chiaro! Chiaro! Ma sa, il regolamento vuole che...

lungo (entra nella gabbia, ma subito ne esce tappandosi il naso) A proposito di regolamento, cos'è sta puzza? È una puzza rego­lamentare? (Col tono da caporale di giornata) Avanti! Ramaz­za, sapone e acqua calda, che qui si cambia sistema! Avanti, scattare! Via, via...

I due inconsciamente si sono irrigiditi sull'attenti. Il primo gira sui tacchi e si allontana.

voce d'Altoparlante «Attenzione, attenzione, fra alcuni i-stanti saranno aperti i cancelli per il libero ingresso a tutti i vi­sitatori interessati agli animali ospiti del Canile municipale. Si pregano pertanto i visitatori di non molestare gli ospiti in gabbia, di non dar loro da mangiare e soprattutto di non accostarsi troppo a quelle sbarre sulle quali sono affissi cartelli con la scrit­ta: "Esemplare pericoloso". Si ricorda ancora che le camere a gas, specie durante il funzionamento, sono ad esclusivo uso de­gli ospiti suddetti ».

Il Lungo ascolta con molto interesse mentre il primo guardia­no, di ritorno con la ramazza e il secchio d'acqua, si dà da fare per le pulizie. Già è apparso qualche visitatore. Il Lungo giron-zola fra le gabbie e si sofferma presso una in particolare. Affer­ra il cartellino appeso alle sbarre. Una signora si ferma davanti alla gabbia di destra.

signora (con voce e gesti coccoloni)    Bello, bello, sei proprio un bel pointer.

lungo (che le si è messo alle spalle)    Non è un pointer, signora, è un bracco.

signora (senza voltarsi)    Come può asserirlo con tanta sicurezza?

lungo Sono un bracco anch'io!

La signora si volta con un sorriso divertito. Vedendo il Lungo che si è rinfilata la museruola, manda un urlo e fugge verso il fondo.

primo accalappiacani (accorrendo) Ma che fa, che le salta in mente d'andare in giro a spaventare le signore? Mi vuoi far ave­re una lavata di testa dal direttore? (Lo afferra per il collare) Avanti, si accomodi in gabbia che adesso è pulita!

lungo (divertito, imita l'abbaiare festoso d'un cucciolo) Va be­ne. Ma adesso lasciatemi in pace che voglio leggere un po'. (Estrae un giornale di tasca) Le spiace chiudere il cancello? Grazie. Sia gentile; avverta in portineria che non ci sono per nessuno. Grazie.

Spalanca il giornale davanti alla faccia mentre uno dei guar­diani appende un cartellino alle sbarre della gabbia. Uno strano signore vestito all'antica, con bombetta annessa, si avvicina al­la gabbia, afferra il cartellino e si alza sulle punte dei piedi nel tentativo di scoprire chi si nasconda dietro il giornale. Il Lungo abbaia. Fa capolino al di sopra del giornale, si riabbassa; poi, scocciato per l'insistenza del curioso, scatta aggressivo verso le sbarre abbaiando e ringhiando come un cane pazzo.

signore (fa uno zompo indietro: resta per un attimo interdetto; poi, con gran garbo si rivolge al primo accalappiacani che in­dugia con il materiale di pulizia) Scusi, è proprio sicuro che questo sia un bracco?

primo accalappiacani (sfottente, scoperto) E che ne so: io di cani non ne capisco niente. A me mi pagano per acchiapparli, mica per scoprire di che razza siano. Ma dato che c'è scritto così,

vorrà dire che è un bracco.

signore (convinto, senza punta d'ironia) Bene, allora lo ritiro io.

primo accalappiacani (convinto che stia facendogli il verso) Come?

signore (sempre molto serio, deciso, porgendo alcune banconote) Ecco i denari per la riscossione e per la multa... E questi sono i miei documenti. Vorrei portarlo via subito.

primo accalappiacani    Ma lei ha voglia di scherzare!

signore (risentito, pazzo-lucido) Non vedo che cosa le possa far sospettare un simile atteggiamento da parte mia. Sono o non sono nel pieno diritto di ritirare il cane che voglio quando e come mi piace? Quindi, dal momento che questo animale mi interessa, esigo che mi sia consegnato...

lungo (ha ascoltato il dialogo dei due con molto interesse. Di colpo allunga un braccio fuori delle sbarre e afferra per il ba­vero il signore con bombetta) Senti, deficiente del secolo scor­so... (Allude all'abito di foggia fine Ottocento) Se ti azzardi un'altra volta a dire che l'animale qui presente ti interessa, ti ar­riva una scarpata nel duodeno che ti devono operate d'urgenza per sospetta peritonite purulenta! Va bene?

signore (stupefatto, rivolgendosi al guardiano) Ma, scusi, è lui che parla o è lei che è ventriloquo?

secondo accalappiacani (che è sopraggiunto da poco) Le spie­gherò io. signore. (Poi rivolgendosi sottovoce agli altri due) Zitti, che questo lo conosco: è deficiente per davvero. (Ammic­cando prende sottobraccio il signore, lo costringe a scostarsi dalla gabbia e gli parla sommesso, patetico) Vede, è una cosa un po' penosa a dirsi. Quel tipo che all'apparenza, sono d'accordo con lei, sembrerebbe un cane, in effetti è un uomo...

signore (scatta con la testa a verificare l'identità del Lungo) Possibile?

secondo accalappiacani (patetico, sospiroso) Già, un uomo, poveraccio, che ha perso il ben dell'intelletto...

signore (addolorato)    Impazzito! Come mai? s

econdo accalappiacani (come sopra)    Un caso davvero pie­toso. Aveva un cane che, fuggito di casa, è stato raccolto da noi

e messo in quella gabbia... Quando lui è arrivato per ritirarlo, la povera bestia era già morta,

signore (col magone)    Nella camera a gas?

secondo accalappiacani (dopo breve pausa) No, suicidio... Forse pensava che il padrone l'avesse abbandonato... (sospiro) e in un momento di sconforto... (Fa un gesto con la mano tesa ad imitare una sciabolata).

signore    Suicidio?! E come ha fatto?

secondo accalappiacani (fa il gesto di chi si spara, poi si ripren­de e rimedia) Con un vetro rotto, s'è tagliato i polsi. Anche la moglie del suo padrone era morta in quel modo e, sa, i cani imparano.

signore (guarda nel vuoto, allucinato) Non lo dica a me, che ho avuto un cane alcolizzato. (Con un breve gesto del capo rivolto alla gabbia) Povero uomo, è impazzito per il dolore, insom­ma? Ma com'è che adesso sta là dentro?

secondo accalappiacani (Lo riprende sottobraccio. Insieme pas­seggiano in proscenio) Tutti i giorni, all'ora delle visite, viene qui e ci chiede di lasciarlo entrare nella gabbia dove è morto il suo fedele amico. Noi non siamo capaci di dirgli di no: ci fa tan­ta pena, povera bestia!

signore (Si ferma. Torna a guardare nel vuoto) Capisco... eh se lo capisco. Anch'io ho provato un immenso dolore quando è morto Garibaldi.

secondo accalappiacani    Lei era garibaldino?

signore (con orgoglio) No. Io ero prestigiatore! Repubblicano, ma prestigiatore! E Garibaldi era un barboncino color senape. (Esaltato disegna nell'aria la figura del cane) E quando era to­sato con quel pompon in testa, quelle grandi orecchie bionde che gli scendevano sulle guance a ciocche, pareva proprio Garibaldi giovane. (Breve pausa, guardando fisso il guardiano) Era una bestia intelligentissima, sa: aveva imparato perfino qualche gioco di prestigio. (Con scatto nella voce si gonfia mo­numentale) Se lo immagina, lei, che colpo avrebbe fatto un ca­ne prestigiatore?

secondo accalappiacani (dandogli corda) Accidenti! Un cane prestigiatore!

signore (quasi afflosciandosi)    Già! Ma mi è morto proprio qualche giorno prima del debutto. (Sospiro, poi tristissimo) Quando è morto mi sono sentito impazzire.

secondo accalappiacani    Si vede. (Ridacchia fra i denti).

signore (sospettoso)    Come?

secondo accalappiacani (rimedia imbarazzato) Volevo dire: ci credo.

signore (ora sta giocherellando col cartellino del Lungo. di colpo si volta seccato verso il guardiano) E io che quasi ci stavo per cascare... Si può sapere perché mi avete raccontato tutte queste frottole?

secondo accalappiacani (allocco)    Quali frottole?

signore Non facciamo i furbi! I dati somatici del cartellino cor­rispondono esattamente: cane bracco, coda mozza, orecchie lar­ghe, mantello senza macchie, pelo folto e scuro solo sul cra­nio, canini corti. Non c'è dubbio, è lui!

lungo (aggressivo, gli molla una gran pacca sulla bombetta, gli passa il braccio intorno al collo e lo costringe contro le sbarre) Ci hai azzeccato! Sì, sono io il bracco suddetto! E siccome sono anche un bastardo balordo e carogna, se non te la batti subito ti stacco un orecchio al volo. (Molla la presa) E t'avverto che ho la rabbia, il cimurro, la rogna... Va a finire che oltre a un orec­chio ci rimetti anche la pelle.

signore (terrorizzato, riassestando la bombetta ammaccata) È vero quello che dice?

primo accalappiacani (trattenendosi a stento dallo sbottare a ridergli in faccia) Verissimo. Non vede che faccia d'arrabbiato ha?

signore (isterico) Ma siete degli irresponsabili! Cosa aspettate ad affiggere il cartello di « pericoloso »: che morda qualcuno? (Arretra mentre il Lungo fa zompi qua e là per la gabbia ululando).

lungo Uhuuuuu! Uhuuuuu! Grrrr... Uhuuuuu!

Il prestigiatore matto è appena uscito e un altro signore arriva correndo, afferra la frusta a lancio dalle mani di un guardiano e comincia a menare staffilate terribili alla volta del Lungo.

direttore    Buono!... Cuccia lì, cuccia!

lungo Ehi, ahi! Uhuuuuu! Uhuuuuu! (Colpito ad una gamba guaisce saltellando).

direttore Cuccia! (Il Lungo sì siede all'istante. L'uomo si ri­volge autoritario ai guardiani) E voi che fate! Non siete capaci di far tacere quell'animale? che razza di guardiani siete?

primo accalappiacani (tentando di strappargli di mano la fru­sta)   Ma dico, oggi è il giorno dei matti! Chi è lei?

direttore Sono il direttore. (Fa un passo avanti entrando con un piede nel secchio delle pulizie).

secondo accalappiacani Ma mi faccia il piacere! Se permette, io il direttore lo conosco. E il dottor Campironi.

direttore Era il dottor Campironi; ma da stamattina è passato ad altro incarico. (Si libera del secchio) E siccome da adesso ci sono io, mi fate il piacere di cambiare il sistema, altrimenti ce n'è anche per voi. (Altro passo in avanti: entra in un altro sec­chio. Nel tentativo di toglierselo, si appoggia alla gabbia di centro).

lungo (afferra la frusta, rapidissimo, gliela avvolge intorno ad una gamba e lo immobilizza) Senti, direttore; già mi stai anti­patico per via che assomigli sputato a un mio amico che ha la faccia da schiaffi; perciò t'avverto: se ti azzardiun'altra volta a farmi il segno di Zorrocon la frusta, vengo fuori e ti pilucco come una margherita, salvo il giallo centrale. (Lo sospinge in là, con tanta forza da fargli fare alcune gìravolte da balletto classico).

direttore (oscillando stordita) Che ci fa quest'uomo in gabbia?

primo accalappiacani (sorreggendolo) Ma scusi, l'altro diret­tore non le ha detto di quel favore che dovremmo fare all'uffi­cio anagrafico?

direttore Ah sì, mi ha detto. (Va perso il Lungo, ma si ferma a rispettosa distanza) Ad ogni modo è bene che lei si comporti come si conviene ad un animale della sua razza. (Si toglie il sec­chio dal piede) Razza notoriamente docile e tranquilla. Altri­menti non aspetto nemmeno che passino i tre giorni di consuetudine. (Con voce alterata) La sbatto subito nella camera a gas e chi si è visto si è visto, intesi? (Entra di nuovo col piede nel secchio e non se ne rende conto).

lungo (con la testa incastrata fra le sbarre, quasi urlando) Inte­si cosa? Ohé, margherita! Cos'è sto fatto che non aspetti i tre giorni, la camera a gas e chi si è visto si è visto? Eravamo rima­sti d'accordo che dopo tre giorni l'eliminazione si faceva, ma per finta. (Ai due guardiani) Ragazzi, non scherziamo col gas.

direttore (con gesti da direttore di banda militare) Io non ho preso accordi con nessuno! E le dirò anche che io per finta non ho mai fatto niente. Il mio motto è e sarà sempre: serietà e ri­spetto delle leggi! Se entro tre giorni nessuno verrà a prelevarla: eliminazione! In un paese, dove il favoritismo e le conces­sioni particolari sono all'ordine del giorno, facciamo almeno che non esistano in un canile. E adesso fatemi strada: desidero che mi presentiate al resto del personale. (Entra con il piede li­bero nell'altro secchio e se ne va marziale, seguito dai due guar­diani).

lungo (Allocchito. Scuote la gabbia che non si apre. Piagnucola) Mamma, mamma, ma qui son tutti assassini. (Urla rivolto alle gabbie) Spinone, volpino, bastardi, diamoci una mano! Organiz­ziamo un'evasione, che a me non mi va proprio di finire in una camera a gas. Che c'entro io! Io mica sono l'amico dell'uomo! Svegliatevi, fate cagnara!... Fate qualcosa! (Si ferma un attimo sperando che succeda qualcosa) Ma tu guarda se si muovono, sti bastardi! Allora sapete cosa vi dico: che mi fate schifo, e che vi sta bene, perché quando uno lascia che gli mozzino l'o-recchio, la coda e gli schiaccino il naso senza manco tirare un moccolo, allora è giusto che finisca in camera a gas! Mi fa pro­prio piacere! Aha, aha, guardate come mi fa piacere, aha! (Scop­pia in singhiozzi che somigliano a guaiti. In quel mentre ec­co riapparire il prestigiatore. Il Lungo urla) Non voglio morire!

signore (facendo un salto per lo spavento) Oh, brutta bestiaccia! (E prosegue).

lungo Senta, signore, scusi... (Abbaia, parla, abbaia. Visto che il signore non gli dà retta, cerca d'attirare la sua attenzione mia­golando. Il signore torna presso la gabbia). Le dovrei dire una cosa...

Il prestigiatore lo guarda per un attimo, poi gli volta le spalle; altro miagolio del Lungo. Altro dietrofront del prestigiatore.

signore    Ma che ti prende?

lungo (supplichevole) Signore, mi porti via di qui, mi salvi. Quelli m'hanno incastrato, mi sbattono davvero nella camera a gas... Sono tutti cattivi, specialmente quel margherita... Mi por­ti via di qui... Sia gentile...

signore (commosso, paterno) Ma caro il mio cagnone, figurati se non lo farei più che volentieri. È tutta la vita che cerco un animale come te per rimpiazzare il mio povero Garibaldi. Ma cerca di capire: come potrei tenerti in casa? Passi per il ci­murro e la rogna, ma tu hai la rabbia e con la rabbia non si scherza! Se per caso ti scappa di mollarmi una morsicata...

lungo (supplichevole, appassionato) Ma no, io non ho niente, sono sanissimo! Quella è stata tutta una balla che ho tirato fuo­ri io per fare lo spiritoso. (Entra uno degli accalappiacani). Guardi, c'è il guardiano. Lo domandi a lui che sa come è an­data; e poi, quando saprà la verità, se mi porta via di qui, vedrà che non se ne dovrà mai pentire. Farò il bravo. Farò tutto quel­lo che mi ordina: mangerò la pappa, la ciccia, la buccia, farò la cuccia, la caccia, la doccia, e, se proprio vuole, anche la pipì con­tro gli alberi. Ma mi porti via di qui! (Abbaia e guaisce).

Altri cani gli fanno eco.

signore (rivolgendosi al guardiano) Senta, a proposito di quel bracco... (Il dialogo dei due viene sommerso dall'abbaiare dei cani. È l'ora del pasto. Infatti il guardiano sia distribuendo, gabbia per gabbia, le gamelle colme di sbobba. Il guardiano, sempre continuando nel suo giro, fa cenni di assenso col capo, ritira il denaro, firma un cartellino, quindi si avvicina alla gab­bia e la apre. Infila il collare e la museruola al Lungo, Il presti­giatore afferra il guinzaglio) Ecco fatto: da questo momento non sei più un randagio. Hai un padrone. Ma t'avverto che se non farai giudizio come hai promesso, se farai il cattivo, ti ri­porto al canile, d'accordo?

lungo Sì, sì, d'accordo. Ma prima di uscire di qui, mi lascia fare il cattivo per l'ultima volta? Soltanto un pochino...

signore    Beh, se è per l'ultima volta...

lungo Grazie! (Afferra la frusta dalle mani del guardiano, scom­pare a destra e riappare dopo un attimo da sinistra preceduto dal direttore che saltella sotto le sferzate che l'altro gli dà in tutte le direzioni) Forza, direttore! Zompa! Sotto, che dobbia­mo eliminare i favoreggiamenti, le concessioni particolari! Tut­ti devono avere le loro frustate! Rispettiamo la legge, ugua­glianza per tutti: cani, uomini, gatti e direttori. (Alla maniera di un domatore da circo equestre, il Lungo costringe i tre a di­sporsi su una stessa fila. Poi, facendo schioccare la frusta, li fa avanzare allineati, saltellanti come fossero cavalli in pista: pi­roette, giravolte, galoppo).

Le evoluzioni dei tre sono sottolineate da un crescendo bandi­stico da circo Barnum. Buio.

         

SCENA TERZA

Al ritorno della luce, davanti alla staccionata, proveniente dalla quinta di destra, viene avanti una poltrona a rotelle sulla quale èseduto il prestigiatore.

signore (urlando a squarciagola) Sereno! Sereno!... Passa qui, Sereno! Ma guarda se risponde? E m'aveva giurato d'essere ub­bidiente e servizievole. Mi vuoi far venire un altro attacco di paralisi, quello... Vatti a fidare delle parole di un cane... per di più bracco e bastardo. Ma chi ha messo in giro la voce che i bastardi sono i più affezionati, chi? (Rivolgendo gli occhi al cielo) Eh, Garibaldi, Garibaldino mio, tu si eri un vero cane! (Unisce le dita della mano sinistra e con la destra l'accarezza come fosse la testa di un cane) Tu sei stato il solo che mi volesse veramente bene! Ah, le belle scodinzolate che mi facevi... Que­sto, neanche a parlarne. Non solo è senza coda, ma gli manca pure l'apice. E poi è svogliato, per niente attento quando gli insegno ì trucchi del mestiere. Quei pochi giochi di prestigio che è riuscito ad imparare, mi sono costati la salute. Un attacco di nervi mi ha costretto in questa poltrona. E dire che gli ho salvato la vita a quel bastardo! Vuole la mia morte, quello! È mezz'ora che l'ho mandato a prendere un giornale, e guarda se arriva! Sereno! Sereno! (Si sente abbaiare il Lungo dall'ester­no). Ti ho detto mille volte che non voglio che tu mi legga il giornale! Un cane che legge il giornale, e per strada poi! Chissà cosa penserà la gente. Avanti, passa qui, e mi raccomando di presentarti come si deve.

lungo (entra carponi sempre abbaiando. Tiene il giornale fra i denti, ha una copertina di lana a disegno scozzese che gli avvol­ge il tronco, una calzamaglia pezzata che gli copre il resto del corpo. Arriva presso il prestigiatore e gli porge il giornale) Tie', goditelo il tuo giornale!

signore E il pane e le uova e il resto che ti avevo detto di com­prare... Dove sono?

lungo    Sono dentro il giornale.

signore (svolgendo il giornale)    Ma qui non c'è niente!

lungo Come non c'è niente? Sono sicurissimo, mi ricordo d'a­ver spalancato per bene il giornale (gli toglie di mano il gior­nale e lo stende davanti alla faccia del padrone imitando i gesti dei prestigiatori) e di aver detto: « Per piacere, mi dia due uo-va ». Loro m'hanno dato le due uova (mima tutta l'azione). Io ho preso le due uova, le ho messe dentro al giornale e l'ho ri­piegato. Ci sono, non ci sono? Andiamo a verificare?

signore (trattenendo il fiato)    Sì.

lungo (stende il giornale, lo tiene con una mano per il lato più al­to, passa l'altra mano dietro il foglio e ne estrae due uova) Op! Ecco le due uova. Gli ho detto; « Senta, mi dia del pane ». Loro m'hanno dato del pane, l'ho preso e l'ho messo sotto il giornale. Vogliamo verificare se c'è del pane?

signore    Sì.

lungo Op! Ecco il pane. Poi ho detto: « Senta, mi sono stufato d'aspettare, mi dia tutto il resto e non parliamone più ». Loro m'hanno dato tutto il resto. L'ho preso, l'ho messo sotto il gior­nale. Vogliamo verificare se c'è? Op! Ecco tutto il resto! (Estrae un vassoio ricolmo di frutta, verdura, salumi ed altra merce a volontà. Appoggia il vassoio sul palmo della mano del padrone, lo costringe a sollevare l'altra mano nella medesima posizione ad imitare una bilancia da droghiere. Esercita una breve pres­sione sul palmo di quest'ultima. Le due mani s'alzano e s'ab­bassano altalenando). Visto? Pure netto di peso: al grammo! Tu che dicevi che ero un testone, che non sono capace d'impa­rare i tuoi giochi. Guarda: uno, due, tre, prima c'era e adesso non c'è. (Fa sparire tutto quanto).

signore (entusiasta, puerile) Bravo, meriti proprio un premio. Ti darò...

lungo (tutto d'un fiato)    Ridammi i miei calzoni!

signore (furbastro) Già, per potertela squagliare! No, no, nien­te calzoni. Anzi, dal momento che mi hai dimostrato d'aver im­parato bene la lezione, oggi stesso ti porterò da un mio vecchio amico impresario di circo equestre. Ah, ah... quando ti vedrà eseguire i giochi che t'ho insegnato... ah, ah... vedo già la faccia che farà. (Imitandone la voce) «Come? Un cane prestigiatore?! Mai visto una cosa simile! Me lo vendi? Quanto vuoi? » (Pren­de un atteggiamento da re dei clown) « Non lo vendo! » « E va bene, affittamelo; ti do centomila lire al mese». « No! » « Alla settimana! » « No! » « Al giorno! » « Al giorno, sì! » E, zam zam, giù bigliettoni! (Con sguardo pazzo, esaltato) E sai che ci faccio con tutti quei soldi?

lungo    Metti su un ospizio per cani bisognosi?

signore (sghignazza cinico, ributtante) Ma che crepino i cani! Non li ho mai potuti soffrire, io, i cani! A me piacciono soltanto i gatti! E con quei soldi mi comprerò tanti e tanti gatti, di tutti i colori, di tutte le razze. Perché io adoro i gatti... (Si accarezza il dorso della mano sinistra quasi fosse un gatto) Miao, miao... frrr, frrr! Peccato che tu non sia un gatto!

lungo (orfano dei « Misteri di Parigi ») Ma lo so fare molto be­ne il gatto, io. Non ti ricordi come miagolavo al canile? Miao... frrrr! (Il miagolio finisce con uno sputo sulla faccia del signore. Quindi, atteggiando le mani ad artigli, dà zampate dove capita capita) Pffuuuuu... pffuuuuu...

signore    Ma che ti prende?! Mi sputi in faccia...

lungo (molla un calcio al di sotto del sedile della carrozzella: sob­balzo del paralitico) Sicuro che ti sputo in faccia, perché sei un puzzone, sei matto e puzzone! così era tutta una balla che sei l'amico del cane, che avevi bisogno della mia protezione!

signore (terrorizzato, pusillanime) Non essere geloso, suvvia! E poi ti dirò la verità: io i gatti li compero solo per poi rivenderli. (Accattivante) Tu non hai idea di che cosa si possa guadagnate col commercio felino... Se pensi che più della metà di pellicce di leopardo son fatte di pelli di gatto tinte!

lungo (miagola e sputa) Doppio puzzone! Non solo vuoi guada­gnare sulla mia pelle, ma anche su quella dei gatti... Maledetto! Frrrsptu...

signore (saltando in piedi dalla carrozzella)    Ehi, buono, cuccia!

lungo E cammina pure! Eri arrivato al punto di fingerti parali­tico... per farmi pietà. così, col fatto che io ho il cuore tenero, eri sicuro che non ti avrei piantato... Maledetto! (Altro calcio al sedile).

signore (afferrandolo per il collare) A cuccia, t'ho detto... giù! (Lo costringe in ginocchio) Ti faccio vedere io cosa succede a mancare di rispetto al tuo padrone... Adesso ti lego alla catena e te ne do un fracco!

lungo E io ti mozzico! Tie'. (Lo morde a una mano. Il presti­giatore manda un urlo e molla la presa). E adesso, sai cosa ti di­co? Io la rabbia ce l'ho davvero,

signore    No?! (Si guarda la mano, sconvolto).

lungo Sì... Ho la rabbia cattiva, velenosa e rognosa! Ho la rab­bia arabica! E adesso che te l'ho attaccata te la tieni. Ti saluto.

signore (piagnucola disperato)   No, Sereno... Sereno...

lungo    Cuccia! Cuccia! (Esce abbaiando).

Buio.

SCENA QUARTA

Lo spaccato di una vettura ferroviaria di prima classe. Due sole sono le parti interamente costruite. Uno scompartimento di te­sta e la toeletta sull'estrema destra. All'apertura del sipario-stec­cato, vediamo un signore in pigiama che dorme nello scompar­timento costruito. Il Lungo, ancora bardato con la copertina di calzamaglia, sguscia lungo il corridoio. Vede sulla reticella del­lo scompartimento un paio di calzoni ripiegati. Afferra al volo i pantaloni e si va a rinchiudere nella toeletta. Arriva il capo-treno che con molta delicatezza sveglia il signore.

capotreno Signor ministro, fra un quarto d'ora siamo arriva­ti... (Prende a scuoterlo) Signor ministro!

ministro (stiracchiandosi) Eh, ah.... È lei... Accidenti, ho la schiena a pezzi.

capotreno    Certo, il letto... sarebbe stato meglio.

ministro Già, ma in questo maledetto paese, dove mi tocca scendere, si fermano a malapena gli accelerati. Sempre a me de­vono capitare ste grane! (così dicendo il ministro armeggia nel­la borsa da toeletta).

capotreno Beh, con permesso... (Si avvia per il corridoio dove vede spuntare il Lungo che si è già infilato i pantaloni, e che, alla vista del capotreno, fa marcia indietro e rientra velocissimo nella toeletta. Il capotreno si insospettisce e bussa alla porta) Signore, se permette vorrei vedere il suo biglietto... Signore! Si sente male? Non faccia il furbo! L'avverto che se non esce su­bito, aprirò io dal di fuori! (Estrae dalla tasca una chiave, la in­serisce e tenta di aprire, ma il Lungo fa forza sulla maniglia. Si sente un trac. Il capotreno ritira la chiave e la osserva) Maledi­zione! Si è scassata! Le farò pagare anche questa se non esce su­bito! (Breve pausa). E va bene, aspetterò. Ma l'avverto che alla prossima fermata faccio salire i carabinieri.

Nell'interno il Lungo è rimasto con la maniglia in mano. Intan­to nello scompartimento il ministro sta cercando i suoi pantaloni.

ministro Eppure ero sicuro di averli messi sulla reticella... (Af­facciandosi) Capotreno! I miei pantaloni!

capotreno    Comandi?

ministro    Non trovo più i miei pantaloni. Sono spariti.

capotreno (ripercorrendo il corridoio)    Impossibile!

ministro Mi ricordo perfettamente di averli messi quassù. De­vono avermeli rubati intanto che dormivo. Forse il ladro spe­rava di trovarvi il portafogli. Per fortuna l'avevo messo in valigia.

capotreno    Beh, meno male...

ministro Meno male un corno! Come faccio a scendere senza calzoni?!

capotreno    Ma non ne ha un altro paio in valigia?

ministro Sì, ne ho due paia. Ma tutt'e due sportivi, e mica posso andare all'inaugurazione con la giacca nera e i pantaloni scozzesi o alla zuava...

capotreno    È un bel guaio! Come si può fare?

ministro (dopo aver osservato i calzoni del capotreno che sono neri) Senta, perché non mi dà i suoi? Non saranno proprio da cerimonia, ma se non altro sono neri. Per di più siamo pressap­poco della stessa taglia,

capotreno    Già, e io viaggio in mutande?

ministro No, lei se ne prende un paio dei miei a sua scelta. Si cambi con comodo, io intanto vado a darmi una rinfrescatina.

capotreno    E va bene...

ministro    Grazie, molto gentile, mi ricorderò di lei.

capotreno Oh grazie, signor ministro. (Il ministro esce e si av­via per il corridoio incrociando il Lungo che è uscito dalla toe­letta tenendo ancora in mano la maniglia. Non sa dove nascon­dersela e se la infila in tasca. Prosegue passando velocemente davanti allo scompartimento dove il capotreno si è tolto i cal­zoni. Li ha svuotati degli aggeggi del mestiere, ed ora si accinge ad aprire la valigia che non si apre) Accidenti! È chiusa a chia­ve... (Esce e percorre il corridoio guardingo nel timore di esse­re visto in mutande. Bussa alla toeletta di sinistra nella quale si è introdotto il Lungo) Signore!... Qui non c'è nessuno. Sarà nel­l'altro gabinetto. Si vede che quello di prima se l'è svignata. (Arriva davanti alla toeletta dove c'è il ministro che si sta la­vando i denti) Signor ministro.

ministro    Che c'è?

capotreno La valigia è chiusa a chiave. Se mi dice dove le ha ri­poste... Ho pensato fossero nella giacca, ma non mi sono permesso.

ministro (distrattamente gargarizzando) No, non sono nella giac­ca, sono nel taschino portachiavi dei pantaloni...

capotreno    Dei pantaloni?

ministro (rendendosi conto e rischiando di crepare per soffoca­mento da gargarismo) Pffui... Erano nei pantaloni!! (Tossi­sce) E adesso?... Aspetti, conosco io il modo di forzare la serra­tura, se ha un temperino. (Cerca di aprire la porta priva di maniglia).

capotreno Sì, ce l'ho un temperino. (Fruga nelle tasche della giacca).

Il Lungo è tornato nello scompartimento del ministro, afferra dalla reticella una camicia con sparato rigido e se la infila. Fa altrettanto con la giacca appesa all'altezza del finestrino. Solo quando l'ha indossata si rende conto che è una giacca da frac con tanto di code lunghissime, che il Lungo afferra e agita incu­riosito come fossero ali, quasi speranzoso di riuscire a prendere il volo.

ministro Ma qui manca la maniglia! Mi apre lei per favore con la sua chiave?

capotreno C'è il fatto che la mia chiave si è rotta; colpa di quel disgraziato!

ministro S'arrangi, faccia qualcosa! Mica posso rimanere bloc­cato qua dentro! Quanto manca alla mia stazione?

capotreno Eh, ci siamo quasi. (Estrae dalla tasca della giacca tutto quello che può servire per far leva) Macché, non c'è nien­te da fare!

ministro Si sbrighi, chiami l'altro controllore; quello avrà un'al­tra chiave,

capotreno Ce l'ha sì, ma il guaio è che sta in coda al treno e la porta che passa nell'altra vettura è chiusa e, per aprirla, la chia­ve è sempre la stessa... cioè questa che ho rotto. Bisogna per forza che aspettiamo la prossima fermata.

ministro Ma neanche per idea! Io alla prossima fermata devo scendere... con i pantaloni... e lei mi deve fare uscire adesso, subito! Tiri il segnale d'allarme se è il caso, faccia fermare il treno.

capotreno È inutile. Si sta già fermando per proprio conto. Mi scusi, ma bisogna che vada a rimettermi i pantaloni.

ministro No, lei non si rimette un bel niente! Quei pantaloni lei me li ha dati e guai a chi me li toglie!

Intanto il Lungo ha finito di vestirsi, sta annodandosi la cravat­ta, si calca in testa il cilindro.

capotreno Ma io devo scendere a fare il mio servizio! E poi, se non scendo, come faccio a farmi dare la chiave dal mio collega?

Il treno si ferma.

ministro    Lo chiami dal finestrino.

Il Lungo si appresta a scendere. Appare il capostazione. Il Lun­go scende e si trova in mezzo a due carabinieri in alta uniforme. Rassegnato, si dispone a farsi ammanettare. Un signore con fa­scia tricolore alla cintola gli porge il benvenuto. Uno dei cara­binieri fa scendere il bagaglio, afferra i pantaloni del capotre-no, li incarta in un giornale e li passa all'altro carabiniere.

capotreno (sempre incollato alla porta della toeletta) Ma quel­lo non scende, non è il suo compito.

ministro E allora faccia come crede, ma l'avverto che se non mi fa uscire di qui in tempo utile io la denuncio, la faccio licenzia­re, la rovino!

capotreno (corre allo scompartimento: lo trova vuoto) I miei pantaloni! Dove sono andati a finire i miei pantaloni?

Il gruppo se n'è andato accompagnato dal suono di una fanfara. Il capostazione sta cercando il capotreno.

capostazione Capo! Ehi, capotreno!... Dove si è andato a cacciare.

capotreno (affacciandosi)    Eccomi.

capostazione Beh, non si usa più scendere? Chi fa la verifica di partenza qui?

capotreno Stavo cercando i miei pantaloni... ma sono spariti anche quelli, e mica potevo presentarmi in questo modo. (Si mostra in mutande).

capostazione    Ma è impazzito!

capotreno Me li ero tolti per il ministro: che prepotente! li vo­leva a tutti i costi!

capostazione Il ministro voleva i suoi pantaloni?! Ma di quale ministro sta parlando?!

capotreno    Di quello che sta dentro al gabinetto.

capostazione Ma se è sceso adesso, il ministro! Eccolo là che se ne sta andando col sindaco e le altre autorità.

capotreno    Ma allora quello chi è?

capostazione E che ne so io? Ma è roba dell'altro mondo farsi togliere i pantaloni da uno che non è neanche ministro!

capotreno Adesso capisco chi è... È ancora quello di prima che si era chiuso dentro. Ecco perché faceva finta di non farcela ad uscire; e si è fatto passare anche per ministro mentre il ministro vero se n'è andato con i miei pantaloni, convinto che io avessi ritirato i suoi. Ma appena riesco a tirarlo fuori lo ammazzo. An­zi, prima mi dà i suoi pantaloni e poi lo butto dal finestrino!

capostazione Butti quello che vuole, ma intanto facciamo par­tire il treno, che siamo già in ritardo. (Solleva la paletta, si sen­te il rumore della locomotiva che sbuffa e si ha l'impressione che il treno parta, in quanto sarà il capostazione a scorrere lun­go il proscenio fino a scomparire fra le quinte),

ministro (urlando) Ferma! Ferma! Non potete farlo partire! Fatemi scendere! Capotreno!... Aprite!

capotreno (togliendosi la giacca) Stai tranquillo che apro subi­to, ma a spallate stavolta! Ti insegno io a fare il furbo con la gente che lavora! Hai finito di fare il ministro, cocco bello!

ministro Ho finito di fare il ministro? Ma che dice? Accidenti. È caduto un'altra volta il governo!

Buio.

Musica bandistico-marziale che prosegue come sottofondo an­che nella scena seguente.

SCENA QUINTA

Si riaccende la luce e, a siparietto-steccato chiuso, vediamo in scena il Lungo vestito da cerimonia attorniato da autorità e ri­spettive mogli. Brindano. Tutti sollevano i calici.

tutti    Cin, cin;cin!

sindaco(sta ascoltando una delle autorità che gli parla all'orec­chio, poi si rivolge al Lungo, con un largo sorriso malizioso) Signor ministro... c'è una bella sorpresa per lei... C'è qui sua moglie.

lungo (spruzza dappertutto il vino che teneva in bocca) Mia moglie?! (Tossisce).

sindaco Aha! Lo sapevo che sarebbe rimasto di stucco! Non se l'aspettava, eh?

lungo Non me l'aspettavo no! (Continuando a tossire batte la mano sulla schiena del sindaco).

autorità Anche la signora mi aveva confidato che lei sarebbe rimasto sorpreso.

lungo    Più. che sorpreso: sorpreso più.

sindaco (mondano, ammiccante) La signora è arrivata ieri sera e ci ha pregati di tenere il segreto fino al momento del brindisi. Cerchi di ricordare il perché...

lungo   Perché? Vediamo se ho scordato giusto: perché?

autorità Ma perché oggi è l'anniversario del vostro matrimonio.

lungo    Bravo, ci ha azzeccato!

autorità Aveva ragione la signora nello scommettere che se ne sarebbe dimenticato.

lungo (ridendo freddo)   Aveva ragione sì, aha, aha...

Sindaco (Va verso la quinta di destra. Allunga il braccio alla ma­niera dei presentatori di canzonettiste) Prego, signora, adesso può entrare: l'abbiamo preparato per benino. (Il Lungo chiude gli occhi e quando li riapre si trova davanti il volto di Angela). Signor ministro, signor ministro, la sua signora...

lungo (fa un passo indietro)    Angela!

angela (fa due passi in avanti)    Sereno!

lungo e angela (all'unisono)    Che ci fai qui?

sindaco (pacioccone, paternal-ruffiano) Ma come, invece d'esse­re contento... Andiamo, signor ministro, non la guardi in quel modo. Pensi piuttosto che la signora è venuta fin qui per festeg­giare l'anniversario. Vuoi dire che le vuoi bene, no? Su, non la sgridi. Vi lascio soli. Ma per cinque minuti, non di più. Ci stan­no aspettando per la posa della prima pietra. (Si allontana alla volta del gruppo delle autorità).

lungo (col fiato sospeso)    Ti sei sposata col ministro?

angela (minimizzante, con tono sommesso) No, sono soltanto la sua amica. Avevo bisogno di vederlo e mi sono fatta passare per sua moglie. Meno male che non è arrivato: chissà che scenata mi avrebbe fatto. È un tale noioso, un bigotto: pensa che mi ha obbligato a mettermi questo abito col davanti di dietro per via della scollatura. Guarda. (Si gira e mostra la schiena nuda fino a scoprire le reni) Dimmi tu, se non è un bigotto!

lungo (dandole corda, divertito, forzando sul «tri») E un trigotto...

angela (senza raccogliere) Meno male che non è arrivato! (Co­me se lo vedesse solo adesso) Oh bella, ma guarda il Sereno! Come sono contenta d'averti ritrovato! (Si accorge del frac) Ma che ci fai vestito a sto modo? Accidenti, ti sei piazzato, eh? Ma che razza di carriera hai fatto?

lungo (a mezzo tono)    Ho cominciato da cane.

angela (sentenziosa) Beh, gli inizi sono sempre difficili... (Ri­torna all'andamento folle di poco prima) Oh bella, ma guarda il Sereno! Come sono contenta di averti ritrovato! Speriamo che non arrivi quell'altro a rovinare tutto!

lungo (ridacchia sicuro di sé) Stai tranquilla che quello non arriva.

Ogni tanto passa un cameriere che riempie i bicchieri. Il Lungo ne vuota parecchi.

angela    Come fai a saperlo: lo conosci?

lungo Altroché, che lo conosco! Come potrei essere qui, altri­menti?

angela    Ti ha mandato lui a sostituirlo?

lungo    No, lui non sa niente,

angela    È nei guai, eh?

lungo    Beh, piuttosto... (Ride, un po' su di giri).

angela L'avrei giurato che sarebbe andata a finire così. Credeva di essere il più sveglio di tutti e vedrai che va a finire che lo la­sceranno senza nemmeno più i pantaloni!

lungo (puntando il dito, con voce scardinata) L'hanno già fat­to... E proprio perché non era sveglio. (Ride di testa, poi, tor­nando lucido all'improvviso, malinconico) Ma com'è che ti sei messa con lui?

angela ( voltandosi dall'altra parte)    Per colpa tua.

lungo (sorpreso, la costringe a guardarlo in faccia) Per colpa mia?

angela    Beh, se non ridi, te la racconto.

lungo (rassicurante)    Non rido.

angela (snocciola le parole senza pause, senza tono) Quando sei andato via, hai detto: « Ci vediamo », e anch'io ho detto: « Ci vediamo ». (Il cameriere ripassa col vassoio dei bicchieri. Il Lungo vuota il proprio, passa il vetro alla ragazza, e ne afferra un altro ricolmo). E invece son passati un mucchio di giorni e non ci vediamo per niente. E siccome che io avevo una gran vo­glia di vederci... Non ridi?

lungo (commosso)    Avevi voglia di vederci?

angela (come sopra) Sì, sono andata anche al caffè a cercarti: anche lì mi hanno detto che non ti avevano visto per niente e allora sono venuta a Roma per vedete se mi riusciva di vederci.

lungo (breve pausa)    A Roma, a vederci?

angela (guardando altrove) A Roma. Sono stata in tutti i mini­steri. Ho fatto tanto di quello scarpinare... Ho visto tanta di quella gente. (Pausa. Lo guarda negli occhi) Soltanto te non ti vedevo,

lungo (batte un pugno sullo steccato) Orcocane! Pensare che se venivi al canile... zac. (Fa un gesto che significa: « ero là»).

angela    Al canile?

lungo (in fretta, buttando via la battuta) Sì, Canile municipale, gabbia numero 12... Beh, ma è una storia troppo lunga da spie­gare. Vai avanti, arriva al ministro.

angela Ci sono già arrivata: un bel giorno incontro uno che as­somiglia sputato al prete ortodosso...

lungo (la blocca felice: continua sullo stesso tono) E invece era il commissario che prima aveva i baffi.

angela (in fretta, snocciolando le parole, come sopra) No, era il ministro. Io gli dico: « Ciao, come va, prete? » Lui ci scherza sopra e così, per via di quella somiglianza, siamo diventati ami­ci. (Pausa, gli prende le mani) Ed è stata una fortuna, perché così adesso ci vediamo.

lungo A proposito di somiglianza, non ti fanno venire in mente nessuno quelli che stanno qui?

angela Sì: mi fanno venire in mente tutti quelli della tua ban­da... E, le donne, quelle della mia.

lungo (dopo un gran sospiro) Meno male che succede anche a te sto fatto. Mi sembrava di diventare scemo: è un mucchio di tempo che mi capita di vedere sempre le stesse facce. Soltanto la tua faccia non la vedevo mai.

angela Anch'io. Come sono contenta di averti ritrovato, Sere­no! (Ripassa il cameriere: ennesimo bicchiere). Stai proprio be­ne vestito da ministro. Pari ancora più lungo.

lungo Sto proprio bene. (Oscilla, già un po' brillo) Non mi sono mai sentito tanto bene.


angela    Eh, ci credo; con la carriera che hai fatto! Si vede che hai imparato a camminare senza voltarti. Ti ricordi?

lungo Mi ricordo, mi ricordo. Una sola cosa non mi ricordo: che cosa ci sono venuto a fare qui.

sindaco (che nel frattempo sì è avvicinato) Oh, ma come, signor ministro; la posa della prima pietra per la nostra nuova scuola!

lungo    Ah, sì: la scuola delta pietra.

sindaco (ridacchia servile) Suo marito ha sempre voglia di scher­zare! Da questa parte prego. (Si sente il suono di una fanfara. Scorre la staccionata. Appare un cantiere imbandierato: qual­che pilone, molti pali. Un nastro tricolore, trattenuto alle estre­mità da due signore; attraversa un lungo tratto della scena. Il Lungo, oscillando sensibilmente, viene accompagnato di fronte al nastro: su un cuscino gli vengono offerte le forbici. Il Lungo le afferra con disinvoltura, le mostra agli astanti dopo aver pro­vato la loro efficienza tagliando una piuma dal cappello di una signora, quindi afferra il nastro: lo taglia senza lasciar cadere le parti recise, anzi, con mossa elegante, le ripiega, le taglia nuo­vamente in tanti piccoli pezzi e li va a riporre nel cilindro che toglie dal capo di uno dei presenti. Fa un gesto magico e ritira dall'interno del cilindro un gran numero di bandierine con tan­to di piccola asta che va a distribuire tra gli astanti. Questi ap-plaudono divertiti. Sindaco, parlando al microfono) Ed ora, signori, prima di iniziare la posa della prima pietra di quella che sarà la nostra nuova scuola, prego il signor ministro che ci ha fatto il grande onore di presenziare a questa nostra cerimonia, di voler premiare quei nostri insegnanti che tanto hanno fatto perché... (le parole spa­zieggiate, per difettoso funzionamento del microfono, sono le sole ad arrivare al pubblico. Per le restanti sì vede solo muo­vere a vuoto la bocca del sindaco) ... giustizia... della libertà... patria... gloria... amore... Italia... (Applauso dei presenti. Sem­pre sul cuscino vengono portate alcune medaglie. Il Lungo ne afferra una e la appunta sul petto del primo signore che gii in­dicano. Lo abbraccia e passa oltre. Si trova di fronte un petto vistoso di donna: è impacciato, non sa dove appuntare, infine si decide. Volta la donna e appunta la medaglia sulla schiena, quindi l'abbraccia sempre più impacciato. Ad ogni premiazione tutti applaudono. Il Lungo arriva all'altezza di Angela, la guar­da, guarda il cuscino ormai vuoto di medaglie, si avvicina a uno dei premiati e, con un sorriso di scusa, gli toglie la medaglia, poi ritorna presso Angela e gliela appunta. Quindi l'abbraccia. Ci ripensa. Fa cenno al cerimoniere che sorregge il cuscino del­le medaglie, ormai vuoto, di avvicinarsi. Con due dita gli strin­ge il naso dal quale magicamente esce una medaglia. Ritorna verso Angela, gliela appunta e l'abbraccia. La guarda felice. Vorrebbe riabbracciarla, ma senza medaglia non può. Ritorna dal portatore di cuscino ed il tutto si ripete: estrazione meda­glia, decorazione, abbraccio. Ritorno dal portatore, che però lo ferma con un cenno della mano, e da solo si estrae la medaglia dal naso, quindi la offre al Lungo che la appunta sul petto di Angela. Tutti applaudono. Il sindaco si avvicina, lo tocca sulla spalla: medaglia ed abbraccio anche al sindaco). Grazie, signor ministro, ecco la pergamena... Vuol farci l'onore di introdurla nella pietra?

lungo (dopo aver abbracciato per l'ennesima volta la ragazza) L'onore è tutto mio! (Afferra la pergamena, la srotola, la mo­stra al pubblico, la arrotola nuovamente, la introduce nel pila­strino, accende un fiammifero e lo accosta al foro del pilastro stesso: dal buco esce un gran getto di fuochi d'artificio).

Scoppi e lampi dappertutto. La fanfara suona all'impazzata. Tutti fuggono terrorizzati. Il Lungo e la ragazza rimangono so­li: continuano ad abbracciarsi.

angela    Oh, che bello... che sei proprio il Sereno!

voce fuori scena    È inutile che scappi... ti prenderò lo stesso...

Entra il capotreno ancora in mutande inseguito dal ministro in pigiama. Entrambi spariscono sul fondo.

angela (Si stacca dal Lungo inseguendoli a sua volta)    Ehi, ministro: aspettami!

Rientra il capotreno. Il Lungo scappa inseguito da quest'ultimo che l'ha riconosciuto.

ATTO TERZO

SCENA PRIMA

Stanza da letto di stile impero, magari con baldacchino, ingres­so con doppia porta, una porta che dà nel bagno. Un divano e due poltrone sulla destra. Un paravento con davanti una picco­la scrivania sulla sinistra. La porta d'ingresso si apre, entra il sindaco che, consegnando le chiavi al Lungo, lo fa passare.

sindaco Prego, s'accomodi, ecco la chiave... (Il Lungo se la met­te in tasca). Beh, come le pare?

lungo (si guarda intorno) Niente male. E questo sarebbe il letto dove mi diceva ha dormito Napoleone?

sindaco Già, proprio lui. Vede, prima di diventare albergo que­sto palazzo era la sede del governatore austriaco.

lungo È straordinario in quanti letti ha dormito quel Napoleo­ne! Fra lui e Garibaldi, se si dovesse credere a quello che ti rac­contano in ogni posto che vai, si dovrebbe arrivare alla conclu­sione che non facessero altro che dormire...

sindaco (adulatore scoperto) Ah! Ah! Questa non l'avevo mai sentita... Mi sa che lei è il ministro più spiritoso che abbia conosciuto?!

lungo (con intenzione, senza pesare sulla battuta) Forse perché sono meno ministro di quanto non sembri... (Si lascia andare sul divano che sta sul lato destro della stanza) Scusi se mi siedo, ma dopo quella corsa... Manco da bracco ho corso tanto...

sindaco    Come?

lungo (quasi sottotono) Niente, niente... ricordi degli inizi di carriera...

sindaco (adulatore) Capisco. Ad ogni modo, perdoni se insisto, ma lei oggi è stato veramente grande: quella trovata dei fuochi d'artificio, i giochi di prestigio... Un ministro prestigiatore: non me lo sarei mai aspettato!

lungo (staccato con sufficienza) Beh, le dirò, nel nostro ambien­te c'è da aspettarsi di tutto: ci sono quelli che fanno i salti mortali, quelli che s'arrampicano sui vetri, i trasformisti, ì tiratori scelti; i prestigiatori sono i più comuni, più o meno lo sanno fare tutti...

sindaco    Ah, ah, se la sentissero!

lungo (indicando tre valige su di un tavolino) Di chi sono quel­le valige? Io me ne ero fregata.... pardon, portata una sola...

sindaco Sono quelle di sua moglie. La signora ha dormito qui stanotte.

lungo Nel letto di Napoleone? Beh, meno male che se ne è an­dato da un pezzo quel dormiglione: ci avrei avuto dei dubbi. Piuttosto speriamo che sia riuscita a sganciarsi da quel rompiscatole in pigiama...

sindaco    Prego?

lungo Eh.... ah... No, dicevo che sono preoccupato per Angela, per mia moglie... Sa, nella confusione l'ho persa di vista, e sic­come non trovo il pigiama... (finge di armeggiare nella valigia che entrando ha posato sul letto).

sindaco Ma se è per questo gliene do uno dei miei; abito giu­sto nello stesso palazzo.

lungo (afferra la valigia e la posa sulla scrivania davanti al para­vento)    Ma no, si figuri... Cosa vuole che sia, per un pigiama...

sindaco Appunto, cosa vuole che sia. Dopotutto quello che lei ha fatto per noi... A proposito, mi dimenticavo della cosa più importante. Tenga. (Gli consegna una busta).

lungoCos'è? Ah, ho capito, e io che non credevo alla storia del­le bustarelle... (Sghignazza. Anche il sindaco ride con lui).

sindaco E continui a non crederci, perché questa non è affatto una bustarella.

lungo    Ah no? Peccato!

sindaco    Che bel carattere, sempre pronto allo scherzo...

lungo (amaro)    L'ha detto.

sindaco (sempre adulatore) Ma vuole che, con la reputazione che lei ha nell'ambiente, - sa, le notizie da Roma arrivano an­che qui, - noi ci saremmo permessi di farle un simile affronto?

lungo (deluso)    Non vi siete permessi?

sindaco (non raccoglie) Questi sono i soldi della sottoscrizione per il monumento all'amico dell'uomo.

lungo (in falsetto) Di che?! (Si leva in piedi) Eppure l'ho già sentito sto nome, io!

sindaco Ma sì, il monumento all'amico dell'uomo, al cane fe­dele. Non si ricorda che le abbiamo anche scritto perché si in­teressasse lei della cosa?

lungo Sì, sì, adesso mi ricordo: il monumento al cane fedele, l'amico dell'uomo. Uhuuuu... (Abbaia).

sindaco Accidenti, come lo imita bene! Sembra davvero un cane.

lungo (per niente divertito) Basta così, prego. (Indica la busta) Quanti sono?

sindaco Nove milioni: naturalmente due milioni dovranno ser­vire per il monumento e il resto per il nuovo canile.

lungo (fingendo interesse commosso) Perché, volete costruire un canile?

sindaco Sì, vede, purtroppo il vecchio è stato distrutto dalla guerra, e lei non ha idea dei randagi che infestano la nostra città.

lungo (oratorio) Ma adesso, con una bella camera a gas... Uhuuuu... (Fa il gesto di sopprimerli) Zac. Morte al randagio e monumento al fedele! (Manata sulla spalla) Bravi, avete fatto proprio una bella pensata rivolgendovi a me.

sindaco (con fierezza ottusa) Non c'era bisogno che lei ce lo as­sicurasse: sappiamo che il nostro denaro è in buone mani.

lungo    Dio, come parla giusto lei!

sindaco (facendogli strada)    Prego,

lungo    Dove andiamo?

sindaco    A prendere il pigiama.

lungo (avviandosi a lunghi passi) Ma si, prendiamoci anche il pigiama, già che ci siamo!

Escono e richiudono la porta a chiave. Passa qualche secondo e si sente girare la chiave nella serratura.

angela (entrando seguita dal ministro) Ecco, è qui: vedrai che bella camera... Guarda guarda che bel letto, grande, morbido. (Lo accarezza) Sai che non sono riuscita a chiudere occhio tutta la notte: ogni volta che stavo per addormentarmi, all'idea che dormendo avrei perso la soddisfazione di pensare che stavo dormendo in un così bel letto, accendevo la luce, mi buttavo un po' di acqua sulla faccia e cosìstavo sveglia. Pensavo ed ero felice come una pasqua.

ministro (la guarda con commiserazione) Senti, io ne ho incon­trata di gente squinternata, ma come te...

angela Senti chi parla! Uno che va in giro in pigiama rincorren­do un capotreno in mutande... Se penso alla faccia del portiere dell'albergo quando ti ha visto...

ministro (seccato, isterico)    Smettila!

angela (mortificata) Si, sì, la smetto... Questo è il ringraziamen­to per averti tirato fuori dai pasticci... che se non fosse stato perché il ministro che è venuto a sostituirti era mio amico avresti visto...

ministro (sarcastico, trombone) Ma fammi il piacere, tuo ami­co... Ma cosa credi, che perché ho fatto io la fesseria di darti un po' di confidenza, anche gli altri siano disposti a fare altret­tanto?! Se quello è stato gentile con te lo devi solo alla stupida idea di esserti fatta passate per mia moglie. (Si accorge della valigia) ...La mia valigia! Meno male che l'hanno ritrovata. (Prende la valigia, la posa sul letto) E chissà che cosa avrà pen­sato nei miei riguardi, dal momento che ti ha creduta...

angela (si siede sul divano, si rialza, sì siede in poltrona, si rialza, si va a sedere sul tavolino dove finalmente si sente comoda) Stai tranquillo che a lui non l'ho detto che ero tua moglie. E in quanto ad essere gentile con me, lui lo è sempre stato... ancor prima di far carriera... perché lui non si dà tutte le arie che ti dai tu, e se lo vuoi proprio sapere, quando ci siamo conosciuti, mi ha anche chiesto di sposarlo.

ministro (armeggiando nella valigia) Buumm! (Estrae un accappatoio).

angela di sposarlo proprio, no; però mi ha chiesto di provare a stare insieme, e io cretina gli ho detto di no... per poi venire a dir di sì a te. Dio, che bestia.

ministro (sicuro di sé) Sei sempre in tempo a far cambio, se vuoi.

angela (malinconica) Mah, chissà se lui ci sta ancora. (Con un tenue sorriso) Beh, quando mi ha dato le medaglie pareva di sì. (Di nuovo con malinconia) Ma con la posizione che ha adesso...

ministro (facendole il verso)    Potrebbe averci ripensato e...

angela (Non raccoglie l'ironia. Parla come fosse sola) Ma no, dicevo che Un. quando faceva il Rigoletto, avremmo potuto an­che far coppia; ma adesso...

ministro (con tono brillante) Cosa, cosa? Non mi avevi detto che venivi dalla lirica...

angela (rilancia sulla stessa chiave) Come no! È proprio lì che ho imparato a fare la « traviata »!

ministro (sorpreso per un attimo dal rilancio spiritoso, riprende col tono brillante) Ah, guarda! Stabilite le tue illustri origini, se permetti vado di là a farmi un bel bagno... E per dimostrarti che non mi sei del tutto insopportabile, ti prego di cantarmi qualche cosa: servirà se non altro a far sì che, stanco come sono, non mi addormenti nel bagno. (Angela rimane gelata dalla fra­se del ministro. Lui entra nel bagno. Lei fa boccacce alla ma­niera dei ragazzine screanzati. Il ministro, da dentro la stanza da bagno) Beh, ti sei ammutolita... Avanti, parla: raccontami di questo tuo grande amore. Ah, ah! Sai cosa ti dico: che ne hai avuta di fantasia: un ministro che viene apposta da Roma per sostituirmi e che si chiama Tempo Sereno, ex baritono inna-morato di te... Manco a un ragazzino sarebbe venuto in men­te... Ah, ah! Il ministro Tempo Sereno... Vorrei proprio conoscerlo!

Si sente l'acqua scorrere nel bagno.

angela (Rimane per un attimo in silenzio, poi le viene un'idea: va verso la porta d'ingresso e bussa. Quindi recitando soprato­no con pause e cantilene da filodrammatica) Chi è?... Co­me?... Oh, sei tu Sereno... No, caro, non entrare, non sono so­la... Vattene, c'è lui nel bagno... Mi vuoi parlare?... E va bene, entra ma solo per un minuto. (Apre e chiude la porta sbatten­dola a più riprese. Cammina per la stanza pestando forte i pie­di) Ma, caro, non fare questo chiasso, ci può sentire!... Cosa fai? (Mima un abbraccio appassionato) Cosa ti salta in testa di stringermi così!... Lasciami, Sereno, lasciami! Vuoi un bacio?... No, non posso, ci può sentire... (Si bacia la mano) Oh no... (Si da uno schiaffo sulla mano) Scusami se ti ho dato uno schiaffo, ma l'hai proprio voluto... (Imitando la voce dell'uomo) No, no, no... «Sì»... (Si bacia e si schiaffeggia sul braccio e la mano a ripetizione finché sbaglia e dà uno schiaffo a se stessa) Oh no, basta, Sereno, ti prego... Adesso vattene... (Imitando la voce) « Fuggi con me! »...Non posso... (Si volta verso il bagno nella speranza di veder affacciarsi il ministro) Lasciami... Mi strappi il vestito. (Imita con la bocca lo strappo di una stoffa) Sctectss! Ecco, me l'hai strappato... Come? Me ne comprerai uno tutto bianco? (Va verso la porta del bagno; alza la voce) «Sì». Da sposa?... «Sì»... Mi vuoi sposare?... (Fa confusione, si sbaglia di voce: parla con piglio baritonale quando toccherebbe al suo personaggio e viceversa) «Sì». Allora sì che verrò con te... Aspettami giù di sotto. (Si rende conto dell'errore: rime­dia) Prendo la mia roba e scendo subito. Arrivederci, amore... «Ciao, bambola ». (Si bacia la mano e si dà un altro schiaffo) Oh, scusa, sai, ma è l'abitudine... Arrivederci! (Apre la porta, poi la richiude. In quel mentre appare il ministro che la guarda divertito mentre si asciuga la testa. Lei finge sorpresa) Ah, sei tu?

ministro (le fa il verso)    Sì, sono io.

angela (fingendosi impacciata) Sai, era il... cameriere... Si era sbagliato.

ministro    Il cameriere?... Il cameriere che si chiama Sereno?

angela (sempre recitando) Oh, mio Dio! Hai sentito tutto?! Ma ti giuro io non volevo... la porta era aperta... e non ho po­tuto impedirgli di entrare. (Apre la porta dietro la quale appare l'altra: la doppia porta).

ministro    Sì, lo so che quella era aperta, ma l'altra?

angela (preme la maniglia: la porta è bloccata)    È chiusa?!

ministro (scoppiando a ridere) Ah, ah! Già, è chiusa, è sempre stata chiusa: l'avevo chiusa io... ed ecco la chiave. Ah, ma da dove è entrato il tuo Sereno? Dal buco della serratura! Ah, ah, cosa non fa l'amore! Ad ogni modo complimenti, hai recitato proprio bene! Complimenti e grazie per il divertimento. Ma adesso calmati e mettiti buona che devo scrivere qualche let­tera da spedire domattina. Vai pure a letto e spegni la luce, che io sto qui. (Passa dietro al paravento, si siede alla scrivania, ac­cende la luce di un abat-jour. Una scarpa tirata dalla ragazza va colpire una quinta del paravento. Il ministro sghignazza) Cara, mi è sembrato di sentir bussare. Vai ad aprire.

angela Spiritoso! (Si sente uno scattare di serratura. Alle spalle di Angela si apre la porta d'ingresso. Il Lungo entra e, siccome la ragazza è chinata dietro il letto per riprendere la scarpa, non la vede. Angela, accorgendosi di lui, sottovoce) Sereno, come hai fatto ad entrare?

lungo (felice) Angela, meno male che sei tornata, credevo che tu te ne fossi andata con quell'altro.

angela (sospingendolo verso il fondo)    Zitto, che sta qui dietro.

lungo    Dorme qui?

        Il  ministro sbuffa e scuote la testa convinto che Angela abbia di nuovo ripreso a recitare la scena madre.

angela (sempre sottovoce)    No, sta scrivendo delle lettere, ma adesso vattene che ci può sentire,

lungo (anch'egli sottovoce)    Neanche per idea! Io non me ne vado se non vieni anche tu con me...

Il ministro s'interrompe un attimo dallo scrivere, tende l'orec­chio incuriosito per un attimo, poi riprende a scrivere con un sorriso pieno di compatimento.

angela (commossa lo abbraccia) Con te?... Oh, Lungo, dici per davvero? (Gli molla un bacio sulla guancia).

lungo (toccandosi la guancia, sconvolto) Angela, un bacio? (Le dà un bacio a sua volta e ne riceve uno schiaffo).

angela Oh; scusa... È l'abitudine e anche un po' l'emozione... (Il Lungo l'abbraccia da soffocarla). No, no, non stringermi così, mi strappi il vestito... Ecco, me l'hai strappato...

lungo    Te ne comprerò uno nuovo.

ministro (senza smettere di scrivere, cercando di imitare la voce del Lungo, convinto che sia sempre la ragazza a recitare le due voci)    E tutto bianco!

angela    Hai detto tutto bianco?

lungo No, io non ho detto tutto bianco, ma se lo vuoi bianco, vieni, te lo comprerò bianco.

angela    Ma, da dove possiamo uscire?

lungo Da dove sono entrato: avevo la chiave! (La mostra alla ragazza) Andiamo. (Angela afferra le proprie valigie, il Lungo l'aiuta e porta via anche quella del ministro che sta sul letto).

angela    Peccato non potersi portar via anche questo bel letto.

lungo Sarà per un'altra volta. Per adesso mi basta portar via te...

Escono.

ministro (cantando divertito l'aria della marcia nuziale) Ta-ra-ta-tam... Ta-ra-ta-tam... (Applaude) Bene, brava! Hai finito il commovente dramma?... Ah, ah!... Però adesso basta. Stavolta hai cominciato ad esagerare! (Ripiega il foglio e lo introduce in una busta) Se prima poteva passare e sembrare addirittura cre­dibile, ti dirò che nel secondo atto hai rovinato tutto, hai vo­luto strafare. Quell'imitazione di voce maschile, poi, era peno­sa... roba da oratorio... E poi, andiamo: ho appena finito di dirti che la chiave ce l'ho io, e lei ci ricasca... Ma da dove avreste do­vuto uscire, da sotto lo zerbino?... Ah, ah!... (Si è affacciato al paravento) Angela, dove sei?... Su, non prendertela, vieni fuo­ri... Sei nel bagno, lo so. Andiamo, non mi dirai che ti sei sec­cata... Dopotutto, anche tu scherzavi, no? (Apre la porta del bagno) No, non c'è. Dove ti sei nascosta? (Guarda sotto il let­to) Smettila di scherzare, Angela!

Si apre la porta d'ingresso e appare il Sindaco.

sindaco (che non vede il ministro, accucciato com'è a guardare sotto il letto) Signor ministro, ecco il pigiama... Signor mini­stro!

ministro (alzandosi distratto)    Dica?

sindaco (sorpreso, interlocutorio)    Scusi, lei chi è?

ministro (seccato, tronfio) Come, chi sono?... sono... (Si guar­da intorno) Ma piuttosto lei da dove è entrato?

sindaco (ovvio)    Dalla porta: era aperta...

ministro    Era aperta? (Va verso la porta e la apre) È aperta!

sindaco (guardandolo con molto sospetto) Mi vuole dire che ci fa nella camera del ministro?

ministro (stralunato, imbesuito) Ma allora, se era aperta, e non l'ha aperta lei...

sindaco (incalzante, andandogli sotto il muso) Mi vuole rispon­dere? Chi l'ha aperta?

ministro (si lascia cadere sulla poltrona) È quello che vorrei sapere anch'io.

sindaco (molla un gran botto sulla spalliera della poltrona) In-somma, basta! Dov'è il ministro?

ministro (senza muoversi)    Eccomi. Che desidera?

sindaco (altra botta sulla spalliera) La smetta di fare il buffo­ne! Dov'è il ministro?

ministro (Scatta in piedi. Gli punta l'indice allo stomaco) A parte il buffone, per cui a suo tempo riceverà debita querela senza facoltà di prova, s'intende, di che ministro sta parlando lei?

sindaco    Ma dell'onorevole Tempo Sereno!

ministro (con voce strozzata)   Tempo Sereno?

sindaco (rapido, risentito) Ma sì, che alloggia qui con sua mo­glie... che in verità mi pare di aver capito non è altro che la sua amica... Ma di che si impiccia lei?

ministro (ingessato, ventriloquo) Onorevole Tempo Sereno?... Ma allora, esiste davvero?

sindaco (allarga le braccia.) E perché non dovrebbe esistere?... Per fortuna che esiste! È il miglior ministro che ci sia. (Stacco, cambio di tono) Allora dov'è?

ministro (sentendosi mancare)    È fuggito con la mia amica... (si rende conto del fatto che la valigia è sparita) e con la mia valigia, per giunta,

sindaco (divertito)    Ah! era la sua amica... Ma bene!

ministro (di testa, piagnucoloso) Un'altra volta senza pantaloni!

sindaco (sghignazza) Beh, mi fa piacere perché lei mi sta antipatico...

ministro (guarda il sindaco e gli viene un'idea: afferra il taglia­carte dalla scrivania e glielo punta alla gola) Fuori i pantalo­ni! Si tolga i pantaloni!

sindaco (balbettando)    Ma, dico... Che fa?

ministro (gli si mette alle spalle e gli fa la «cravatta» sempre brandendo il tagliacarte)    Si tolga i pantaloni, altrimenti...

sindaco Sì, sì, me li tolgo, me li tolgo, ma per carità non mi rovini politicamente.

ministro Ma mi faccia ridere, politicamente... Mi dia ipantaloni!

Il sindaco si toglie i pantaloni. Li dà al ministro. All'improvvi­so entra il capotreno ancora in mutande, vede i pantaloni, li af­ferra al volo e scappa.

capotreno (alludendo al gioco omonimo)  Bandiera!

Buio.

Musica.

SCENA SECONDA

La luce sale illuminando lo steccato richiuso. Gli attori sono disposti in proscenio nelle posizioni in cui si trovavano durante il primo atto, nella scena che precedeva quella del matrimonio. L'azione riprende esattamente dal punto in cui i quattro amici del Lungo si danno da fare per svegliarlo: infatti Sereno sta ancora per terra. Appresso, uno degli amici lo sta schiaffeggian­do, e l'altro, che abbiamo visto nelle vesti del pope, è seduto al tavolino come lo era in quel momento nella scena suddetta. La luce sale piano piano, una serie di suoni ovattati preludono al risveglio del Lungo.

         

voce di angela (proveniente dal vuoto, come sospesa) Hai vi­sto, hai visto come sono rimasti di stucco quei due?

lungo (parla in sogno) Ah, ah, e guarda come corre il capotreno!

angela (come sopra)    Vieni, corriamo anche noi... Vieni!

lungo (ancora steso, muove le braccia lentamente, gli occhi sem­pre chiusi)    Angela, aspettami... Angela, aspettami...

primo amico    Ma sta ancora sognando!

dottore  Dai, buttagli un po' d'acqua che gli facciamo aprire le vetrine.

Uno degli amici gli spruzza dell'acqua di seltz in pieno viso. Il Lungo boccheggia, spalanca gli occhi, si guarda intorno.

lungo Angela... Angela... Dov'è Angela? (Si mette a sedere, continua a guardare gli amici con occhi attoniti).

primo amico (dandogli qualche schiavetto) Oh, finalmente! Ce n'è voluta! Te la sei fatta la bella ronfata...

secondo amico (gli passa la mano davanti agli occhi) Ehi! Sve­glia, che ci hai già fatto prendere uno spaghetto di quelli!... Pa­reva delirassi, tanto che parlavi...

terzo amico Avessi parlato soltanto! E che facevi anche il ca­ne... Uhmmu...

Tutti ridono.

lungo (tristissimo)    Allora ho soltanto sognato?...

dottore (gli allunga una mano per aiutarlo ad alzarsi) Già... E per un bel quarto d'ora di fila. Quasi quasi stavamo chiamando l'ambulanza per davvero...

lungo (allontana con violenza la mano dell'amico) Porcaccia la miseria schifa!... Era un sogno!... Eh, ma non vale... Allora è troppo facile finire le storie così... Quando non si sa come an­dare avanti, si tira fuori che è tutto un sogno, e chi si è visto si è visto. (Sempre da seduto, molla un calcio all'amico dottore) Vigliacca la miseria infame, imbecille, disgraziata e bugiarda... (breve pausa) brutta e bastarda! Ma c'era da immaginarselo! Bastava il fatto che tutti avevano le vostre stesse facce, per ca­pire che era un sogno! La miseriaccia schifa, balorda, bastar-daccia infame... (altra pausa) e imbecille!

Tutti ridono.

dottore Dai, Lungo, piantala di sacramentare; che adesso ti ti­riamo su noi il morale! Intanto che facevi il letargo t'abbiamo preparato una bella sorpresa: indovina chi è il signore! (Si sco­sta allargando la fila degli altri e scopre il nuovo venuto).

lungo (facendo un balzo e scattando in piedi) Impossibile! No, non può essere lui!

primo amico    E infatti non è il pasticciere, calmati...

lungo    Lo so, lui è il pope.

Tutti si guardano l'un l'altro.

dottore    Sì, ma come fai a saperlo?

secondo amico    Forse ci ha sentiti intanto che dormiva...

terzo amico    Ma non dire sciocchezze!

lungo (come incantato; avvicinandosi al presunto pope lo tocca, poi, quasi urlando)    Sei vivo?

pope (sullo stesso tono)    Perché, ti fa schifo?

lungo (esaltato) Pope, t'hanno fatto venire qui apposta i miei amici per il mio matrimonio?

pope (entra nel personaggio) Sì, figliolo... ma calmati, e stai buono.

lungo (come impazzito) Pope, sei grande, sei una forza! Pope, sei un califfo! Pope! (Gli bacia le mani e gli dà delle gran pacche sulle spalle).

quarto amico (lo afferra per le braccia, tenta di calmarlo) È ammattito!... Ehi, Lungo, che ti prende!

secondo amico A furia di scrolloni ha fatto « tilt » per davvero!

lungo (si divincola, sollevando le braccia estatico) Zitti, ragazzi, che si ripete...

terzo amico    Si ripete cosa?

lungo (sottovoce, quasi temesse di rompere un incantesimo) Ma non avete ancora capito? Stiamo tornando da capo... E co­me al cinema che dopo il « prossimamente » ti rifanno vedere tutto da principio... «Spettacolo continuato».

Si guardano l'un l'altro preoccupati.

primo amico    È rinscemito del tutto...

lungo (abbraccia nuovamente il pope) Soltanto che questa vol­ta lo spettacolo è vero. (Si stacca di colpo) Un momento: non sarà che mi sono riaddormentato un'altra volta! Permetti? (Dà una sberla all'amico vicino).

primo amico (evidentemente sorpreso)    Ahi!... Ehi!...

lungo (gli prende una mano, gliela stringe con calore) Meno ma­le che sono sveglio... E se sono sveglio e lui è il pope di quan­do dormivo, allora, se andiamo avanti con lo spettacolo, forse si arriva ancora all'Angela...

dottore    Ma chi gli ha detto che si chiama Angela?

lungo Si chiama Angela, vero?... (Di testa) Bene!...Pope, a cavallo...

pope (mentre il Lungo se lo carica in spalla) Ehi, ma che ti prende?

lungo Come, che mi prende?! Prendo in braccio il pope della sposa, no?... Non me l'avevate detto voi? In marcia, ragazzi, portatemi dalla mia bionda... Giuro che se è come quella di prima, me la branco e non la mollo più. (Si riforma il corteo co­me all'inizio). Avanti, cantare!

Escono cantando in coro: « Stringimi forte i polsi»...

SCENA TERZA

La stanza delle ragazze. Nel mezzo della stanza, come nella ter­za scena del primo atto, stanno il Lungo e la bionda, coi polsi legati: gli occhi bendati l'uno, il volto completamente coperto da un velo l'altra. Il pope è giunto al termine della funzione.

pope (salmodiando, quasi nasale)    Il mio sangue passerà per il tuo cuore e il tuo per il mio, perché saremo una cosa sola fino alla fine.

tutti (in coro, compresa la ragazza)    Fino alla fine.

lungo (euforico, in maggiore)    Sì, sì... È la sua anche la voce, proprio come quella di prima... Orco, che tremarella che ho... Non ce la faccio... più.

pope    Siete marito e moglie. Slegateli e lasciate che si vedano.

lungo (elettrizzato)    Sì, sì... Adesso ci vediamo... Fate presto a togliermi sta benda... (Due amici li aiutano a slegarsi). Dai, muovetevi... Aspettate che glielo voglio levare io il velo... (Si toglie definitivamente la benda dagli occhi e si accinge a toglie­re il velo alla ragazza, ma resta con le mani sospese) È lei! È lei!... Bella lunga come quella di prima!... Anche con lo stesso vestito, con lo stesso velo... (Le mani gli tremano) Eh no, non ce la faccio... Mi saltano le dita come se stessi suonando la fi­sarmonica... Tirateglielo giù voi... (Indica il velo ancora sul volto della ragazza).

Due amici protendono le mani. La ragazza si scansa.

bionda No, state fermi: me lo tolgo da sola... Che, se no, mi spettinate tutta...

lungo Dai, fai alla svelta, che mi stanno andando gli occhi a elica... (La bionda si toglie il velo e appare un volto quasi di marionetta: il naso lungo e sgraziato, la bocca sottile e per nien­te femminile, gli occhi nascosti da un paio di occhiali da mio­pe e le sopracciglia eccessivamente folte, quasi unite sopra II setto nasale. Tutti ridono cercando inutilmente di trattenersi). Noooo! (Rimane pietrificato).

dottore  (lo sospinge in avanti verso la brut tona) Beh, è tutto quello che sai dire? Che te ne pare della tua mogliettina? Te l'abbiamo scelta bene, no?

lungo (urlando) Disgraziati! Bastardi! Facce di palta! (Afferra per il collo il primo che gli capita sotto mano, quasi lo volesse strozzare).

dottore (cercando di districarsi dalla stretta) No... Molla... Molla, deficiente...

primo  amico (cercando con gli altri di fargli mollare la presa) E stai buono!

secondo amico (gli appioppa una manata di taglio fra le spalle; il Lungo s'inarca per il dolore) Ma guarda un po'! Una così bella bambina, e lui la rifiuta...

terzo amico (Lo scaraventa sul tavolo. Il Lungo gli risponde con un calcio in pieno stomaco) Ormai l'hai sposata, caro mio, è inutile che ti cacci tanto...

quarto amico (gli salta addosso, lo prende per il bavero e lo man­da a sbattere violentemente contro la parete di sinistra) Ti vuoi calmare? Andiamo! Fare queste scenate davanti alla sposina!... Avanti, chiedi scusa...

lungo (ansimando, cercando di ricomparsi) Scusi, ma io non ce l'ho con lei... Se non è bella, mica è colpa sua... Io ce l'ho con sti figli di... (Breve pausa). Lei che è della professione mi può capire. (Va verso il proscenio) Ma prima di tutto ce l'ho con chi organizza i sogni. (Quasi parlasse a quelli del loggione) Io vor­rei proprio sapere chi è che ha sto incarico... Chi è: l'arcangelo Gabriele?... Michele?... Raffaele?... Chi è?... (Li indica come davvero lì vedesse appesi alla volta del teatro) Ma dico, arcan­geli: se è vero quello che mi raccontavano da ragazzino, che il Padreterno v'ha dato st'incarico, perché siete venuti proprio a prendervela con me?... Ma, andiamo, pure i sogni col doppio gioco... Eh. no! Io adesso comincio a tirar moccoli che dovete tapparvi gli orecchi coi turaccioli! Perché, se si comincia a non doversi più fidare neanche dei sogni... (gridando) allora è pro­prio la fine... è la zoza... è la schifa della zoza... (Con voce tesa, mimando esagitato) Ma, porcogiuda, mi avete preso tutti per un flipper che basta metterci dentro cento lire, lo fai scattare e puoi sfogarti a sbatterlo, scrollarlo fin che ti pare?

Tutti ridono. Ma senza troppa convinzione.

pope (nel tentativo di rompere il disagio) Ma, andiamo, ragazzi, abbiamo perso la testa? Nessuno che baci la sposa?

primo amico (euforico, sopratono) Sì sì: baciamo la sposa... Ma per primo tocca a lui...

bionda (si libera con violenza del pope che la tiene per le spalle) Basta! Smettetela! (Si toglie gli occhiati, il naso finto e le so­pracciglia appiccicate: appare la faccia bella e pulita che cono­sciamo). Va bene lo scherzo, ma qui ha ragione lui. Sta diven­tando proprio la zoza della zoza della zoza... Ma voi avete il pelo pure sui gomiti come le scimmie, ve lo dico io! Guarda tu se è la maniera di rinscemire uno, che è lìche pare abbia il deli­rio tremis... Pare...

lungo (che mostrava le spalle alla ragazza, si volta di scatto: bar­colla, tira in avanti il collo, deglutisce)    Angela!

dottore (andandosi a sedere sbracato sul tavolo) Ma guarda sta scema: è andata a rovinare tutto! Fa la moralista, sta mezza calzetta...

lungo (imbambolato si mette le mani sulla faccia) Angela, mi sono riaddormentato un'altra volta! (Va verso il dottore) Per­metti? (Gli appioppa uno sganassone. Questi reagisce restitu­endogliene un altro più forte).

dottore    Ehi! Ce l'hai con me?


lungo Ahi! (Appoggiandosi ad una sedia, stordito) No, no... So­no proprio sveglio... (Torna presso al dottore e gli molla un al­tro sganassone che lo fa volare per terra) Questo è per la mezza calzetta...

bionda (andandogli vicino)    Grazie...

lungo (con gran tenerezza)    Grazie a te...

bionda Fai bene a farti rispettare! Sai cosa ti dico? Che anche se ti fai sfottere sei meglio tu di tutti sti disgraziati presi all'in­grosso... Scusami di prima se mi ci sono messa anch'io a darti il paglione... Che se lo sapevo che tu eri così...

lungo    Così come?

bionda Beh, insomma... Cosa vuoi che ti dica? Mi sembrava già di conoscerti...

lungo (perduto nel viso di lei) E come no! Mi conosci sicuro... E' uno spettacolo continuato, non l'hai ancora capito?

secondo amico (con sincero affetto appoggiandogli una mano sul­la spalla) Ehi, Lungo! Adesso che hai visto com'è da vera, non sacramenti più come prima...

terzo amico    E come potrebbe? Pare imbalsamato!

lungo (Scatta in una mezza giravolta: Sansone fra i filistei) Vo­lete piantarla?... Se no vi sbatto fuori a tutti!... (Poi dolce eroe, alla ragazza) Hai sentito come li ho zittiti? (Tutti in coro gli fanno un gran pernacchia. Il Lungo, senza badarci) Senti, a me non va di rivedere tutto il resto del film da principio... Saltiamo le scene rognose, e chi si è visto si è visto... Tanto so già come va a finire... So che ti chiami Angela, che tuo padre sapeva tutto sulle piante e sui pali... Io sono il tuo palo... Dimmi di sì e buonanotte suonatori...

bionda (dopo un lungo silenzio)    Sì.

lungo (sorpreso)    Come?

bionda    Ho detto di sì.

lungo    Di sì che ci stai...? Nooo!

bionda      Si!

lungo    Oheuuu!

pope    Ragazzi, qui andiamo sul patetico... I violini, presto...

Tutti gli si fanno in cerchio mimando un'intiera orchestra di zigani: il tutto sull'aria di « Stringimi forte i polsi ». I due non sentono più niente, ormai. Continuano a parlare e a guardarsi come se non esistesse altri che loro nella stanza. Gli amici e le ragazze in tono sommesso continuano a imitare suoni e gesti da violino.

lungo Ma allora, se mi dici subito di si, senza fare neanche una piega, allora... (Guarda verso l'alto) Ehi, arcangeli! Vi devo di-re proprio scusa per prima... In fondo, dovevo immaginarmelo che voi non c'entravate con gli scherzi... Ma, dico, un arcangelo che sfotte... Io l'ho sempre saputo che voi al flipper non ci gio­cate... Sono stato proprio stupido a cascarci! Ma c'è il fatto che era così un bel sogno... Ammazzalo, che bei sogni che organiz­zate, arcangeli! Meglio che gli americani...

bionda (dolce) Ehi, Lungo, scendi un po' per terra! Senti, che facciamo? Mica possiamo restar qui tutta la notte in mezzo a sta cagnara...

lungo Giusto. O sbattiamo fuori loro, o ce ne andiamo noi. Prendiamo il treno e andiamo... andiamo... Piuttosto, per i soldi...

bionda Beh, io qualcosa ce l'ho... (Fa per andarsene verso l'ar­madio sulla destra),

lungo (trattenendola) No... no... Giusto, la bustarella! (Tastan­dosi la giacca) Che stupido! Quella l'avevo, ma nel sogno. (Si blocca, la mano all'altezza della tasca interna) Ehi, possibile?!... (Infila la mano sotto la giacca, estrae la busta dalla quale spun­tano un sacco di biglietti da diecimila) È lei!

Tutti rimangono ammutoliti.

primo amico    Mamma, ma quelli sono milioni!

lungo (ancora rivolto al soffitto del teatro) Eh no, arcangeli, adesso avete esagerato! Mi volete mettere in imbarazzo, mi vo­lete umiliare! Prima mi fate ritrovare lei, adesso pure i milio­ni... Eh no, non posso accettare...

Anche gli amici adesso guardano allocchiti in alto.

dottore (scuotono, ansimando) Accetta, imbecille... che quelli son veri...

terzo amico (tastando i biglietti che spuntano dalla busta) Ehi, Lungo, ricordati che io t'ho sempre voluto bene, ti son sempre stato amico io!...

tutti (allungando le mani)    Anch'io, anch'io...

pope (facendosi largo)    Anch'io!

lungo (muso contro muso) Ma fammi il piacere! Se manco ti co­noscevo a te... Già, poi, proprio tu che con il fatto della camera a gas... Mi sei andato sulle scatole in un modo... (Tutti guarda­no il finto pope con disprezzo, idioti). Niente, niente a nessuno. (Spalanca le braccia per toglierseli di dosso) Piuttosto di dare una lira a voi, li butto tutti dalla finestra... (Con tre salti arriva alla finestra sul fondo, la apre e getta tutto il pacco di sotto),

amici (disperati lo raggiungono)    Che hai fatto, matto?...

dottore (s'affaccia alla finestra) Ma guarda sto scemo: li ha but­tati proprio sopra al canale...

pope (apre la porta che dà sulle scale e si precipita) Presto, an­diamo giù, che può darsi che ne sia rimasto qualcuno sulla strada...

Gli amici si spingono l'un l'altro verso l'uscita.

donna    E lasciami passare...

primo amico    E muoviti...

Tutti se ne vanno di sotto. Rimangono soltanto il Lungo e Angela.

lungo    Tu non vai giù con loro?

bionda (sommessa)    No.

lungo (stentando le parole con ansia) E adesso che non ho più manco una lira di tutto quel malloppo, ci vuoi stare ancora con me?

bionda Beh, mi spiace, e dico che sei stato matto... Ma dal mo­mento che ci stavo prima... (Gli viene incontro offrendogli una mano).

lungo Ah, ma allora ritiro fuori il malloppo! (Estrae il pacco dei soldi dalla tasca dei pantaloni) Ooop là... Verificare, prego. (Consegna i soldi alla ragazza).

bionda    Ehou!... Ma come hai fatto?!

lungo È un trucco che m'hanno insegnato loro. (Indica il soffit­to; poi, gridando in alto) Arcangeli, siete califfi! (Prende Angela per mano e se ne va correndo con lei verso il fondo).

Musica.

Sipario.