GLI ENIGMI DI TURANDOT
Libera
Trasposizione dalla “Turandot” di G. Puccini
di
Giuliana
Alberti
Personaggi
Calef, figlio dell’Timur, Principe di Timurlandia etc.
Timur, padre di Calef, imperatore di Timurlandia, di Kubilan, Karkassistan etc.
Liù, schiava di entrambi
Turandot, principessa di Pechino, figlia dell’Altoum
Altoum, Imperatore di Pechino, padre di Turandot
Ping
Pang Mandarini alla Corte di Altoum
Pong
Boia, al servizio di Turandot
Voce di un Araldo
Popolo di Pechino
La storia si svolge dapprima nel rifugio di Calef, una specie di grotta
sotterranea con alcune finestrelle verso l'alto. Successivamente sulla piazza
di Pechino, sulla quale troneggia il palco del boia. Nelle scene successive si
svolge nel Palazzo di Turandot, quindi alla Locanda del Drago Rampante e, per
finire, nuovamente nel palazzo di Turandot. Il dialogo fra il papà ed il
bambino, che costituisce il prologo e l’epilogo, avviene in una scena
completamente buia, rischiarata dal disco bianco della luna, che costituirà il
raccordo onnipresente di tutte le scene.
Scritto nell’Ottobre 1997 – Rivisto nell’Autunno 2003
Prologo
La scena è vuota, immersa nel buio. Alto nel cielo notturno si staglia il disco
bianco della luna, dentro il quale appaiono come ombre cinesi le figure evocate
dal papà e dal bambino, i quali parlano fuori scena.
Papà: C’era una volta, tanto tempo fa, una principessa.
Bambino: (interessato) Che favola è? Cappuccetto Rosso?
Papà: (impaziente) Taci e ascolta. Dunque, c’era una volta, tanto tempo fa una
principessa…
Bambino: (interrompendolo) L’hai già detto.
Papà: (spazientito) Non continuare ad interrompermi! (dopo una pausa) Questa
principessa, un giorno, mentre passeggiava in un luogo solitario…
Bambino: (interrompendolo di nuovo, con interesse) Un bosco?
Papà: (ancora più spazientito) Un bosco, un prato, un deserto, una landa…Non lo
so! Insomma, era un posto dove non passava nessuno.
Bambino: Che c’era andata a fare la principessa nel posto dove non passava
nessuno? Perché non aveva la guardia del corpo?
Papà: (stizzito) Perché lei la guardia del corpo non la voleva! Posso
continuare?
Bambino: (compunto) Prego.
Papà: La principessa amava i luoghi solitari dove poteva meditare tranquilla
sul significato della vita e della morte.
Bambino: E mangiare la focaccia.
Papà: Quale focaccia.
Bambino: (pazientemente) Quella che la mamma le aveva dato perché la portasse
alla nonna ammalata.
Papà: Non c’era nessuna nonna! Questa è un’altra fiaba, lo vuoi capire?
Bambino: (concessivo) Ma sì, ma sì! Va avanti.
Papà: (acido) Bontà tua! Dunque, un giorno, durante una di queste passeggiate
solitarie incontrò un tizio…
Bambino: Un tizio come?
Papà: (espressivo) Un tizio assatanato, famelico! Un individuo perverso,
degenerato, che aveva dimenticato di essere un uomo perché…
Bambino: (interrompendolo) Era un lupo!
Papà: Bah…In un certo senso…Infatti era piuttosto allupato.
Bambino: (deluso) Lo vedi? E poi mi vieni a raccontare che è un’altra storia!
Papà: Ma no, ma no! All’inizio può sembrare uguale. Infatti quest’uomo, in un
certo senso – come posso dire? – fece la festa a Cappucc…alla principessa.
Bambino: (interesso) Che tipo di festa? Una festa di compleanno?
Papà: Ma è tutta qui la tua esperienza della vita?
Bambino: (piccato) Sono o non sono un bambino?
Papà: (rassegnandosi) Quando si dice che un uomo fa la festa a una ragazza
significa che…Perché non lo domandi a tua mamma cosa vuol dire?
Bambino: Perché lei dice che devo chiederlo a te. (pazientemente) Allora, dopo
che il lupo le ha fatto questa festa – che non si può dire – cosa succede?
Arriva il solito cacciatore?
Papà: Ma che cacciatore d’Egitto! La principessa si chiuse nelle sue stanze e
giurò che nessun uomo l’avrebbe più posseduta.
Bambino: (con energia) Giusto! Facciamogliela pagare a questi mascalzoni!
(cambiando tono) E’ già finita?
Papà: No. Questo è solo l’antefatto. Alcuni secoli dopo nacque la principessa
Turandot.
Bambino: Era un ramo cadetto?
Papà: (non comprendendo) Prego?
Bambino: (spiegando) Sì, non poteva essere per discendenza diretta, visto che
“nessun uomo l’avrebbe più posseduta”. A meno che il lupo…
Papà: (interrompendolo precipitosamente prima che il bambino vada troppo oltre)
Non divaghiamo! La principessa Turandot fu molto impressionata da quello che
era successo alla sua bis bis bis bis bis cugina…
Bambino: (trionfante) Hai visto? Era un ramo cadetto!
Papà: (truce) E giurò che non si sarebbe sposata mai!
Bambino: Così fondarono l’Ordine delle Turandottine Scalze.
Papà: (spazientito) Insomma, chi la racconta la fiaba: tu o io?
Bambino: Io no.
Papà: (feroce) Allora io! Dunque, l’Imperatore, padre di Turandot – perché la
principessa era figlia dell’Altoum – esigeva però che la figlia gli procurasse
un erede al trono, altrimenti la dinastia si sarebbe estinta.
Bambino: E la corona sarebbe passata ad un ramo cadetto, un altro.
Papà: (truce) La vuoi piantare con tutti questi rami cadetti?
Bambino: (compunto) Lo facevo solo per la chiarezza. (con degnazione) Comunque
puoi continuare.
Papà: (acido) Grazie! Alla fine arrivarono ad un compromesso: la principessa
promise che avrebbe sposato colui che fosse riuscito a risolvere gli
indovinelli che lei gli avrebbe proposto.
Bambino: Sempre gli stessi?
Papà: E no: li cambiava continuamente.
Bambino: E già! Se no sarebbe stato troppo facile. E qualcuno ce la fece?
Papà: Mai! Nessuno riuscì mai a risolvere gli enigmi di Turandot. Tutti coloro
che ci provavano finivano invariabilmente sotto la scure del boia. Tutti tranne
uno!
(Forte stacco musicale. Buio totale in scena)
Atto Primo
Scena Prima
Il rifugio di Calef.
Il riflettore inquadra il principe Calef, il quale è accovacciato per terra
circondato da pile di libri e giornali di enigmistica e immerso nella soluzione
di un cruciverba. Sentendosi inquadrato, alza il capo e fissa la platea
facendosi schermo con una mano contro la luce del riflettore.
Calef: Eh?!? Parlate di me? (spazientito) E abbassate quel riflettore,
accidenti! Volete proprio che mi scoprano? (il riflettore continua ad
inquadrarlo) Spegnete quel coso, ho detto! (al pubblico) Niente! Duri come i
sassi! (supplichevole, guardando in direzione della fonte luminosa) Ehi, lassù,
m i sentite? Spegnete quella luce! (fra sé) Già ho una fatica incredibile a
procurarmi questo posto. Non lo sa nessuno che vengo qui a lavorare. Questo è
il mio sancta sanctorum! (contando sulle dita) S-a-n-c-t-a
s-a-n-c-t-o-r-u-m: quindici lettere: Perfetto! (trascrive le due parole sul
cruciverba) Se mio padre si accorge che sono quaggiù a fare le parole crociate,
sto fresco! Lui pensa che gli indovinelli siano un’inutile perdita di tempo e
invece non sa che l’enigmistica è una ginnastica formidabile per il cervello.
Il mio motto è: ragionare per non sragionare! Bello, eh? Non vi è chiaro?
(fuori scena si sentono urla ed ordini concitati. Fra sé) Cosa succede?
(ritorna il silenzio) Dove eravamo rimasti? Ah sì…(fissando di nuovo il
riflettore) Ah, ma siete duri, eh! (lentamente il riflettore si abbassa di
intensità) Finalmente! Non è stato mica facile espugnare questo nascondiglio!
La vita di un principe non è così comoda come ci si immagina! Quanto poi alla
libertà di fare quello che si vuole, questa è proprio una pia illusione. Non ci
credete? (nuovi rumori fuori scena, stavolta più attutiti) Cosa diavolo sta
succedendo? (va ad origliare alla porta. Fra sé) C’è forse una spia là fuori.
(sospira) Qui è pieno di spie, di gente pronta a ficcare il naso nei tuoi
affari e a dirti quello che devi o non devi fare, come ti devi vestire, come
devi parlare, camminare, mangiare e via discorrendo. Per non parlare dei
ministri! Quelli sono davvero i più inaffidabili! Mio padre si fida di loro
ciecamente. Dice che lo consigliano per il meglio. Ed infatti lo consigliano
per il meglio, ma delle loro tasche! Comunque, la vita da principe è una vera
rottura. Non c’è divertimento, non c’è privacy, anzi non c’è proprio vita!
Purtroppo sei un uomo pubblico! Secondo i miei ministri, io dovrei dar loro
conto persino delle mutande che indosso. Sì, stanno freschi! Io mi sono trovato
questo nascondiglio e…scovatemi se vi riesce!
Scena Seconda
Liù: (chiamando Calef da fuori scena) Principe Calef! Principe Calef! Dove vi
siete cacciato?
Calef: (fra sé) Figuriamoci! Lo vado a dire proprio a lei! Ssstt! Non
facciamoci sentire. (si raggomitola tutto in se stesso)
Liù: (bussando energicamente alla porta) Principe Calef, siete qui?
Calef: (esterrefatto) Questo palazzo è un nido di spie! (si affretta a
ripiegare la rivista ed a nasconderla in una tasca interna della vestaglia.
Intanto Liù continua a bussare sempre più forte)
Liù: Principe, rispondete, vi prego!
Calef: (fra sé) Fossi matto! (continua a nascondere i giornali nelle tasche,
sotto il tappeto etc.) Figuriamoci se le lascio scoprire il mio rifugio
segreto! Meno male che l’imperatore è a consiglio con il capo di
gabinetto…(perplesso) O è al gabinetto con il capo del consiglio?
(riprendendosi) No, no, non può essere!(Fuori scena si odono spari, urla,
rumori di barricate, schianti etc. Sempre fra sè) Sta succedendo qualcosa!
Timur: (imprecando fuori scena) Calef, figlio degenere! Si può sapere dove ti
sei cacciato?
Calef: (apprestandosi a svignarsela alla chetichella) Non era né in consiglio
né al gabinetto!
Scena Terza
Liù: (entrando proprio mentre Calef sta uscendo dalla parte opposta alla sua)
Principe!
Calef: Sono fregato!
Liù: Meno male che vi ho trovato! (entra. Sull’uscio, dietro di lei, si
affaccia Timur)
Calef: (acido) Un bel fiuto! Alla prossima battuta di caccia useremo te al
posto dei cani!
Liù: (ammonendolo) Principe, non è proprio il momento di scherzare!
Calef: Perché? Che momento è?
Timur: (entrando senza fiato) Il momento di fare le valigie. Muoviti! Non c’è
un minuto da perdere!
Calef: (illuminandosi) Si parte? Dove si va?
Timur: (adirandosi) All’inferno! (a Liù) Ma ti pare che questo imbecille non
sappia mai cosa stia succedendo?
Liù: (a Calef, con partecipazione) Principe, dobbiamo fuggire!
Timur: Liao Chen Pung e la sua banda stanno marciando sul palazzo!
Liù: (timorosa) C’è la rivoluzione!
Calef: Ma va?
Timur: (fuori di sé) Bisogna andarcene! Non c’è un minuto da perdere! (fuori
scena si sentono voci concitate, ordini, spari, fragore di oggetti infranti
etc.) Li senti? Fra poco saranno qui.
Calef: Ma non possiamo scappare così! Che figura ci facciamo con i nostri
sudditi? Dov’è il ministro dell’Interno? Perché non è qui a respingere i ribelli?
E il ministro della difesa che fine ha fatto?
Timur: Buono quello! Ma se è stato proprio lui ad organizzare il colpo di
stato! (digrignando i denti) Se un giorno arrivo a mettere le mani su quel
collo! (rivolgendo lo sguardo al cielo, in tono di commiserazione) Se tu ti
fossi occupato delle questioni di stato, anziché startene quaggiù a
trastullarti con i tuoi giochetti!
Calef: (sostenuto) Io non mi trastullo! Io studio, mi esercito, rifletto!
(fuori scena si odono nuovi fragori)
Liù: Ragazzi, è meglio andare!
Calef: (al padre, ostentando superiorità) Comunque, io ti avevo avvertito: non
ti dovevi fidare di quei due loschi figuri. Lo sapevano tutti che erano dei
delinquenti. E tu li hai fatti addirittura ministro!
Timur: Non è il momento delle rivendicazioni, questo! Io me la batto! Se tu hai
un po’ di sale in zucca, ti conviene fare le valigie e seguire il mio esempio.
A minuti, qui ci sarà una strage!
Calef: (esultante estrae la rivista di enigmistica e comincia a scrivere)
S-t-r-a-g-e! Sei lettere! L’avevo qui sulla punta della lingua.
Timur: (uscendo frettolosamente) Ti infilzeranno sulla punta della loro spada,
se non ti muovi!
Liù: O della baionetta! (accingendosi a seguirlo)
Timur: (sulla porta) Se mi avessero detto che avrei avuto un figlio così, non
ci avrei creduto! (esce velocemente)
Liù: (fissando un attimo estatica Calef) Non è poi tanto male! (sospira
crollando il capo)
Timur: (fuori scena, urlando) Liù, muoviti! (Liù fa un cenno di saluto a Calef,
che la ignora, poi esce velocemente anche lei)
Scena Quarta
Calef: (completando il cruciverba) Quattro orizzontale: visione fantastica,
illusione, desiderio. Cinque lettere. (contando sulle dita) S-o-g-n-o. (nuove
urla e spari fuori scena. Gettando un’occhiata alla finestra) Bisogna che mi
affretti! (riprendendo il cruciverba) Sette verticale: sentimento profondo e
disinteressato. Questo è facile: a-m-o-r-e! (scrive, mentre il fragore fuori
scena va aumentando) Il rosso fluido della vita…
Voce cavernosa: (fuori scena) Sangue!
(Calef fissa la platea attonito. Buio in scena)
Scena Quinta
La piazza di Pechino al tramonto.
Su un palco troneggia il boia, in nero, con cappuccio e bipenne. I tre
mandarini declamano ad alta voce il testo della legge, scritto su un grosso
rotolo di papiro.
Ping Pang Pong: Popolo di Pechino! La legge è questa: Turandot, la Pura, sposa
sarà di chi, di sangue regio, spieghi i tre enigmi ch’ella proporrà. Ma chi
affronta il cimento e vinto resta, porga alla scure la superba testa. Il
principe di Persia avversa ebbe fortuna: al sorger della luna, per man del boia
muoia! (mentre Pang e Pong riavvolgono il rotolo e lo portano fuori scena, Ping
comincia a giocherellare con una palla sulla quale è dipinto un teschio.
Intanto il boia affila la lama. Gli altri due rientrano in scena condividendo
il suo gioco)
Scena Sesta
Altoum: (entrando) Smettetela immediatamente! Ma non vi vergognate a prendervi
gioco in questo modo della vita di un uomo?
Ping: Noi? Forse il figlio del cielo non ha le idee chiare: è TUA figlia che
gioca con la vita dei suoi innamorati. NOI ci limitiamo ad eseguire i suoi
ordini.
Altoum: (acre) Con molta partecipazione mi pare!
Pang: (canzonatorio) Far contenta la principessa è il nostro motto!
Ping: La nostra parola d’ordine.
Pong: La nostra ragione…di vita!
Altoum: Assecondando fino in fondo la sua crudeltà, che è anche la vostra!
Pong: Non mi pare che ci siano molte alternative…
Pang: La nostra testa in cambio della loro.
Altoum: Non mi pare neppure che le cerchiate!
Ping: Se non ci sei riuscito tu, che sei suo padre…
Altoum: Ma se voi vi sforzaste di dissuaderla, anziché assecondarla, o almeno
di dissuadere quegli sciagurati che aspirano alla sua mano, chissà…una parola
oggi, una parola domani….
Pong: Eh, hai voglia!
Altoum: Prima o poi finirebbe l’eccidio!
Pang: E addio divertimento! (riprendono a giocare a palla)
Altoum: Appunto, che vi dicevo?
Scena Settima
Entra Calef con un fagotto in spalla. Fogli di cruciverba gli escono dalle
tasche. Come al solito, è immerso nella soluzione di uno di questi. Al suo
apparire i tre mandarini smettono momentaneamente di giocare.
Calef: (computando le lettere) E-c-c-i-d-i-o. Sette lettere. E’ perfetto! (fa
per trascrivere la parola poi, accorgendosi dei quattro) Buongiorno, bella
giornata, vero?
Ping: (riprendendo a giocare) Fantastica!
Calef: (ad Altoum) Un po’ macabro il giochetto, vero?
Altoum: Meno male che qualcuno se ne accorge! (a Calef) Chi siete?
Calef: (fa per rivelare la sua identità poi ripensandoci) Sono il princ…Sono un
tale…Vengo da…(fa un gesto vago) molto lontano, lontanissimo. Anzi, di già che
ci siamo, non potreste indicarmi un albergo? Ho viaggiato molto – quasi sempre
a piedi – e sono stanco morto! (si siede sul suo fagotto)
Pong: Ci sarebbe un alberghetto fuori città: tranquillo, molto riposante.
Pang: Con stanzette piccole piccole.
Pong: Più che stanze, le chiamerei loculi.
Ping: Una volta sdraiati, non ci si alza più! (ridono a crepapelle)
Pang: Se siete nobile, è proprio il posto che fa per voi! Siete nobile?
Calef: (vago) Più o meno. (fra sé) Mi sembrano un po’ picchiati!
Altoum: (spingendo fuori Calef) Sentite, giovanotto, date retta a me:
andatevene al più presto!
Calef: Ma se sono appena arrivato! (ad Altoum che continua a spingerlo verso
l’uscita) La piantate di spingermi? Ma guarda tu in che razza di posto sono
capitato: A proposito, dove siamo?
Ping: Sei a Pechino
Pong: In Cina.
Pang: (cercando di spaventarlo) Nel regno della principessa Turandot!
Altoum: E di suo padre, che sarei io.
Calef: Ma allora questa principessa esiste davvero?!
Pang: Certo! E tu farai bene a starle lontano.
Ping: Comunque, se intendi stabilirti qui, sarà bene che tu iscriva il tuo nome
all’Esattoria.
Calef: Tasse? Spiacente, ma sono nullatenente. (mostrando il fagotto) Questo è
tutto ciò che possiedo.
Ping: Dicono tutti così poi si scopre che hanno una casa qua, una villa là, che
hanno il conto in Svizzera, lo yacht, l’aereo personale, la limousine…
Pang: E frodano il fisco.
Pong: Vergogna!
Ping: Vanno in giro vestiti come pezzenti e poi, invece salta fuori che sono addirittura
dei principi.
Calef: (precipitosamente) Infatti lo sono! (tentando di riparare alla gaffe)
Sì, insomma, sono il principe dei viaggiatori.
Ping: Non cercate di rigirare la frittata, adesso!
Pong: Tutti uguali, i nobili! Piuttosto che mettere mano al portafogli,
preferiscono passare per mendicanti.
Altoum: (mettendo a tacere i tre e traendo in disparte Calef). Siete un
principe, avete detto? Se è vero, questo posto non fa per voi.
Pang: (beffardo) Perché no? Abbiamo una grande carenza di principi.
Pong: C’è una “moria” piuttosto accentuata!
Ping: Purtroppo, una volta entrati nel regno di Turandot, finiscono tutti
per…perdere la testa! (ridono)
Altoum: (arrabbiatissimo) Basta! Un giorno o l’altro sarete voi a lasciare il
capo sul ceppo, parola mia! (I tre escono fingendosi contriti)
Scena Ottava
Altoum: (A Calef) Ascoltatemi. Mi sembrate un bravo ragazzo…Non c’è tempo da
perdere. Dovete andarvene subito. No, no, non dovete neppure disfare la
valigia. Invece dovete scappare il più lontano possibile da qui. Ne va della
vostra vita!
Calef: (non comprendendo) Ma perché?
Altoum: Un incantesimo terribile grava su questa città e colpisce tutti gli
uomini scapoli, aristocratici, in età da marito, cioè da moglie!
Calef: (riprendendo il suo cruciverba) Incantesimo! Undici lettere. E’
perfetto!
Altoum: (disperandosi) Voi scherzate con la morte! Ah, i giovani! (lo spinge
fuori) Andatevene, andatevene presto, prima che sorga la luna!
Calef: (sconcertato) Ma io non soffro di licantropia!
Altoum: Non si tratta di licantropia! Con la luce della luna il fascino della
principessa Turandot diventa irresistibile! (gemendo) Stanotte ci sarà il
plenilunio!
Calef: Voi parlate per enigmi. Continuate: mi piacciono gli indovinelli.
Altoum: A maggior ragione ve ne dovete andare, allora! Gli indovinelli di
Turandot sono già costati la vita a troppi giovani! (gli porge il fagotto e lo
spinge fuori scena)
Calef: Suvvia! Cosa può farmi di male un indovinello?
Altoum: Lui niente. E’ lei che vi farà del male!
Calef: (fra sé) Ho proprio voglia di conoscerla.
Turandot: (urlando fuori scena) A morte! A morte! A morte!
Altoum: (sgomento) La sentite? Lei odia tutti gli uomini!
Calef: Mi travestirò da donna.
Altoum: Non vi servirà a nulla! C’è solo un mezzo per scamparla: andarvene
subito! (Un colpo di gong li interrompe) Troppo tardi!
Scena Nona
Mentre nel cielo lentamente si alza il disco della luna, entrano in scena in
corteo il mandarino Ping con in mano la sentenza, la principessa Turandot sotto
un baldacchino sorretto da Pang e Pong, il principe di Persia legato ai polsi
ed il boia. Mentre la folla si accalca sulla piazza ad osservare l’esecuzione,
la principessa sale su un podio. Intanto il principe di Persia viene fatto
salire sul palco ed inginocchiare accanto al ceppo mentre iniziano le note del
brano “Perché tarda la luna”
Calef: (ad Altoum) Lo devono giustiziare? (Altoum annuisce sospirando) Ma
poverino! Cos’ha fatto?
Ping: (declamando ad alta voce) Non ha saputo risolvere…
Pang: Gli indovinelli di Turandot!
Pong: Così perderà la testa!
Calef: Ma che cattiva! (a Turandot) Fagli la grazia! Principessa! Non vedi che
è uno sbarbatello? Dai, fagli la grazia! Principessa, non ti pare di essere un
po’ esagerata? Dai, fa la brava, fagli la grazia! Ehi, ma sei sorda? Ehi, dico
a te, principessa, principessa! (Altoum scuote il capo rassegnato)
(La scena si abbruna mentre il popolo in coro invoca ripetutamente
“Principessa! Principessa” e lentamente la lama scende sul capo del principe di
Persia)
Scena Decima
Al riaccendersi delle luci, Calef è solo, seduto in un angolo con lo sguardo
perso nel vuoto.
Ping: (entrando) Beh, ti è piaciuto lo spettacolo?
Calef: (fra sé, trasognato) Fantastica!
Pang: (dandogli uno strattone) Ehi, dico a te!
Calef: (estatico) O divina bellezza!
Pang: (beffardo) A me? Grazie!
Ping: (passando una mano davanti agli occhi di Calef) Niente da fare. E’
andato!
Calef: (senza badare loro) O meraviglia!
Pong: (Sollevandogli un arto e lasciandolo ricadere) Coma profondo. Ormai è nel
mondo dei sogni.
Calef: (ripetendo una specie di trenodia) Incanto supremo!
Ping: Ha iniziato il viaggio.
Calef: Profumo celestiale.
Pang: Viaggio senza ritorno. (sogghignando) Passerà presto dal sogno alla
morte. Ping: (Calef vaga fiutando per l’aria il profumo di Turandot) Sembra un
cane da tartufi. (agli altri dirigendosi verso il palazzo) Alè, ricomincia il
lavoro.
Pang: (seguendolo) Sotterrare, interrogare, nuove teste da tagliare. Mai un
minuto per sostare. Ah, quanto sono stupidi questi giovani!
Pong: (seguendo gli altri) Se chiedessimo un aumento di stipendio?
Ping e Pang: Ottima idea! (escono canticchiando) Sotterrare, interrogare, nuove
teste da tagliare, mai un minuto per sostare. Sotterrare, interrogare etc.
Scena Undicesima
Entrano in scena Liù e Timur travestiti da mendicanti. Timur porta un paio di
occhiali neri ed un cartello con la scritta “Cieco nato”. Reca un piattino in
una mano ed un bastone, nell’altra, che batte ripetutamente per terra.
Timur: Fate la carità ad un povero cieco! Fate la carità ad un povero cieco!
(scorgendo Calef si arresta di colpo, alzandosi gli occhiali sulla fronte) Numi
del cielo! Ma quello è Calef!
Liù: (raggiante) Sì, è lui, è proprio lui!
Timur: Ha un’aria strana. (riprendendo a fare il cieco) Vediamo se mi
riconosce. Fate la carità ad un povero cieco! Fate la carità….(lo osserva da
vicino)
Calef: (senza fargli caso, si fruga istintivamente nelle tasche alla ricerca di
una moneta) Mi dispiace…Non mi è rimasto nulla. (Trova i fogli dei cruciverba
e, trasognato, li getta via sospirando)
Timur: Per essere lui, è lui. Ma cosa gli sarà successo? Sembra
malato…(sottovoce) Calef, Calef!
Calef: (guardandosi intorno) Eh? Chi mi chiama? (riconoscendo il padre) Papà!
Ma sei cieco?! Cosa ti è successo?
Timur: (Levandosi gli occhiali e rimettendoseli subito dopo) Ma che cieco
d’Egitto! Bisogna pur guadagnarsi il pane in qualche modo! Con questo
travestimento sono meno riconoscibile. Sai che sul mio capo pende una taglia?
Ed anche sul tuo! Ma cos’hai? Non stai bene?
Calef: (sospirando) Soffro, papà, ah quanto soffro! Tu non puoi immaginare la
mia sofferenza!
Liù: (pietosa) Poverino! Cosa vi è capitato?
Calef: (guardando Liù come se la vedesse per la prima volta) Chi è questa
donna? Di che s’immischia?
Liù: Come? Non mi riconoscete? Sono Liù, la vostra schiava!
Calef: (ricadendo nella sua abulia) Mai avuta una schiava di nome Liù.
Liù: (esterrefatta) Ma come no?!?
Timur: (spazientendosi) E già! Tu non hai mai avuto occhi che per i rebus, gli
acrostici, le parole crociate. Come facevi ad accorgerti delle donne? E sì che
sei in età da moglie!
Calef: (compunto) Mi spiace contraddirti ma io le donne le vedo, se sono belle.
Questa, scusami sai ma – a parte che è una schiava – è proprio uno scorfano.
Liù: Uno scorfano?! Ma se una volta mi avete addirittura sorriso.
Calef: E allora? Questo dimostra solo che sono democratico. (al padre)
Comunque, sari contento di sapere che ho fatto la mia scelta.
Timur: Ah, bene! E’ una che conosco?
Calef: Non lo so. E’ la principessa Turandot.
Timur: Ma dai i numeri?
Liù: Non è possibile! Quella donna è un mostro!
Calef: Ma ti sei guardata? Già non hai diritto di parola, perché sei una
schiava, e poi ti permetti di chiamare mostro la mia fidanzata.
Liù: (gemendo) Siete fidanzati?
Calef: Virtualmente sì. Perciò, aria! (le fa segno di allontanarsi)
Timur: (arrabbiandosi) Come ti permetti di maltrattare Liù? Mi ha seguito nella
fuga, mi ha accudito come una figlia e devo ringraziare lei se sono
sopravvissuto alla fame ed agli stenti.
Liù: Dovunque andassimo, vi cercavamo. Abbiamo messo a repentaglio la nostra
vita per avere vostre notizie.
Timur: Avrebbe potuto vendermi ai ribelli, invece ha preferito dividere gli
stenti con me.
Calef: Capirai…L’avrà fatto per qualche tornaconto.
Liù: L’ho fatto per amore vostro (riprendendosi e indicando Timur) e…suo!
Calef: Ah, mi avevi messo gli occhi addosso, eh? E magari speravi anche di
impalmarmi e di diventare principessa!
Liù: Siete proprio un bel partito! Un principe spodestato senz’arte né parte,
in fuga in incognito in un paese straniero, senza il becco di un quattrino! E
pretende anche di aspirare alla mano della principessa Turandot che, sia detto
per inciso, sarà anche bella ma è cattiva come la peste. Comunque, fate pure.
Ve la meritate proprio. Appena farete tanto di fiatare, vi consegnerà nelle mani
del boia.
Calef: (con sdegno) Tu non capisci proprio niente. Turandot è un essere
talmente superiore, che è giusto pagare anche solo per respirare la sua aria.
Timur: Sei sempre stato un imbecille ma adesso hai superato ogni limite. Liù,
bisogna farlo rinchiudere. Dobbiamo impedirgli di nuocere a se stesso. Questo
qui è talmente cretino e presuntuoso – il che è lo stesso – che è convinto di
poter risolvere gli enigmi di quella delinquente di Turandot e di diventare suo
marito semplicemente schioccando le dita. Ma quella lì le inventerà tutte per
non sposarlo! Tirerà fuori gli enigmi più difficili che conosce perché, il
gioco è chiaro, quella lì non si vuole sposare.
Calef: Figurati! E’ addirittura una legge dello stato! (citando) “Turandot, la
pura, sposa sarà di chi, di sangue regio, spieghi i tre enigmi ch’ella
proporrà.” Più chiaro di così. (dandosi delle arie) Io a risolvere gli
indovinelli modestamente sono un asso.
Liù: Figuriamoci! Chi era che si era costruito un rifugio introvabile?
Calef: E questo cosa centra?
Liù: Centra, centra! Ma cosa volete “SCOPRIRE” se non vi sapete neanche
“COPRIRE”?
Calef: (guardandola interdetto) Cos’è? Ti sei messa in concorrenza con
Turandot?
Liù: Figuriamoci! Come fa una schiava a mettersi in concorrenza con una
principessa?
Calef: Appunto. Perciò fa silenzio! (saltellando allegro) Io svelerò gli
indovinelli di Turandot e lei mi amerà, come dice la legge.
Liù: Sì, fidatevi della parola di un regnante!
Calef: Io sono un regnante!
Liù; Senza regno!
Calef: Sposando Turandot, lo otterrò.
Liù: Chi diceva che ero io a pensare al mio tornaconto?
Timur: (durante il battibecco è rimasto seduto in disparte, scuotendo il capo
ed interrogandosi su come dissuadere il figlio dal suo intento) Piantatela con
questo battibecco! Qui bisogna fare qualcosa, non c’è tempo da perdere,
altrimenti questo qui perderà la testa!
Liù: Ormai l’ha già perduta, ammesso che ne abbia mai avuta una.
Calef: (dirigendosi verso il gong) Basta! Non posso più perdere tempo con le
vostre chiacchiere! (impugna la mazza)
Timur: Cosa fai? Sei ammattito?
Liù: Lasciatelo fare, ormai non capisce più nulla. Bisogna pure che
impari…(Calef suona il gong per tre volte)
Scena Dodicesima
Entrano in scena i tre mandarini.
Ping: Però! Non ha perso un minuto.
Pong: (scuotendo il capo) Non ha proprio la testa sulle spalle.
Pang: Tanto vale che se la prenda Turandot!
Ping: (a Calef) Penso che tu sappia quello che stai facendo.
Timur: No, no! Fermatelo per l’amor del cielo!
Pong: (a Calef) Sei maggiorenne?
Liù: Hai voglia!
Pang: (a Calef) Dunque, vuoi formulare la tua domanda?
Calef: (trasognato) Sì: voglio sposare la principessa Turandot.
Ping: Benissimo! Inoltreremo la tua richiesta a chi di dovere. Sei pronto ad
affrontare la prova?
Calef: Prontissimo. Con gli indovinelli, non faccio per dire, sono imbattibile.
Pang: (inchinandosi) Complimenti! (fra sé) Eccone un altro pronto allo
sconquasso.
Pong: Prepariamoci al nuovo spasso! (fanno per uscire)
Calef: (trattenendoli) Ci sarà molto da aspettare?
Ping: Il tempo necessario.
Timur: (sconvolto) Non dategli ascolto, per favore! Non sa quel che si dice.
Quest’uomo non è in grado di intendere e di volere!
Ping: (a Calef, con sussiego) Chi è questo mendicante? C’è qualche relazione
fra te e questi due?
Calef: Beh, sì. Lui è…
Liù:(lo interrompe rapidamente) No, no. Ci siamo conosciuti casualmente durante
un viaggio. Noi abbiamo fatto un certo percorso insieme. (a Timur) Non è vero,
signore?
Timur: (annuendo) Vero.
Ping: E questa ragazza chi è? (a Calef) Non è che ci nascondi qualcosa?
Calef: (non comprendendo) Prego?
Pang: Magari è la tua fidanzata!
Pong: O addirittura tua moglie!
Calef: (sconcertato) Quella lì? Ma l’avete guardata?
Liù: Io non so cosa ci trovo in questo deficiente! (ai tre) Sentite, io mi
chiamo Liù. Accompagno questo signore (indica Timur) che è un povero cieco. Gli
faccio da mangiare, gli rammendo i vestiti, lo aiuto a trovare la strada e lui
aiuta me a sopravvivere.
Ping: Insomma…
Pong: Tu sei…
Pang: La sua schiava!
Liù: E allora? C’è forse una legge che proibisce di essere schiavi di qualcuno?
Contenta io….
Ping, Pang, Pong: (facendo spallucce) Contenta lei! (a Calef) Allora, sei
pronto?
Calef: Prontissimo.
Pang: Nessun ripensamento?
Calef: (impavido) Nessuno!
Pong: (allegramente) Allora che aspettiamo? Andiamo ad inoltrare la domanda!
(si avviano al palazzo. Calef trasognato li segue, calpestando i fogli di
enigmistica sparsi per terra. Timur e Liù lo seguono raccogliendo i fogli)
Scena Tredicesima
Timur: Non andare, Calef, non andare!
Liù: E’ inutile! Bisogna che si rompa le corna da solo!
Timur: (si accascia singhiozzando) Non ce la farà mai! Non ce la farà mai!
Liù: Ma no. Magari ce la fa. Non c’è una divinità che protegge i pazzi?
Timur: Gli indovinelli di Turandot sono impossibili!
Liù: (ironica) Ma lui è allenato!
Timur: (incredulo) Allenato? Vuoi mettere? La Settimana Enigmistica contro
Turandot! (si prende il capo fra le mani) Dobbiamo aiutarlo! Dobbiamo fare
qualcosa! (si toglie gli occhiali e comincia a ripulirne le lenti) Sì, ma cosa?
(fissa negli occhi Liù)
Liù: Io? Non contate su di me, non contate su di me…(improvvisamente si ode un
forte colpo di gong)
Timur: Cosa succede?
Calef: (forte fuori scena) Figlio del Cielo, io chiedo d’affrontar la prova.
Timur: (intenerito) E’ Caleffuccio mio!
Liù: Sentiamo cosa dice il figlio del cielo.
Altoum: (fuori scena) Figliolo! Permettimi di parlarti come a un figlio.
Calef: Grazie.
Altoum: Vuoi proprio che muoia portandomi il peso della tua giovane vita?
Timur: (scuotendo il capo) No, no, no!
Calef: (fuori scena) Figlio del Cielo, io chiedo d’affrontar la prova.
Altoum: (fuori scena) Ah, ragazzo! Non hai niente di meglio da fare? Con questo
bel tempo, potresti andare a pesca dei gamberi nel fiume. Ti piacciono i
gamberi?
Timur: Bravo! Questo sì che è un imperatore come si deve!
Liù: E’ solo stufo di teste mozze!
Calef: (fuori scena) Figlio del Cielo, io chiedo d’affrontar la prova!
Liù: E’ proprio un disco rotto!
Altoum: (fuori scena) Sei proprio un ragazzaccio testardo. Poi non dire che non
ti avevo avvertito. E sia! (dà un colpo di gong) Domanda accettata!
Timur: (disperandosi) No, no, no!
(Liù sospira allargando le braccia, poi raccoglie da terra il suo fagotto e si
accinge ad uscire. Mentre rialza il capo, incrocia lo sguardo di Timur.
Intuisce che egli sta pensando a qualcosa che la riguarda ed indica se stessa
interrogativamente. Timur assente. Liù scuote la testa arretrando verso il
fondo palco mentre Timur la incalza da vicino. Finalmente Liù si arresta contro
il palco del boia: non ha più vie d’uscita. Sconsolatamente lascia scivolare a
terra il fagotto ed abbassa il capo sul petto mentre alcuni squilli di tromba
inneggiano a Calef che si appresta ad affrontare gli indovinelli di Turandot)
Fine Atto Primo
Atto Secondo
Scena Prima
La piazza di Pechino. Sul palco dell’esecuzione, Ping e Pang assistono il boia
nell’affilatura della lama. Pong invece consulta dei rotoli di pergamena al
lume di una lanterna.
Ping: Comincio ad averne abbastanza di questa operazione. All’inizio era
divertente ma adesso…
Pang: E sì, il gioco è bello se dura poco. Vi rendete conto? Ormai sono anni
che il nostro divertimento si riduce a tre battute di gong, a tre indovinelli
e…
Ping: Al taglio di una testa! (al boia) Quante ne hai tagliate fino ad oggi?
Boia: Non so. Vediamo…. (cerca di ricordare)
Pang: Nell’anno del Topo ne abbiamo giustiziati cinque. O forse sei?
Pong: (consultando la pergamena) Sei. E’ scritto qui.
Pang: No, no: cinque! Mi ricordo benissimo.
Pong: Lo vuoi dire a me? E’ tutto registrato qui sopra…(al Boia) Non è vero? (ricontrolla
contando)
Boia: Boh…Cinque, sei…Che differenza fa?
Pong: Nell’anno del Cane ne abbiamo fatto fuori otto.
Ping: Eh sì, è stata un’escalation, non c’è che dire! Quest’anno quanti ne sono
già finiti sotto la scure?
Boia: Tanti.
Pang: (sospirando) Questo è l’anno della Tigre. Non c’è da aspettarsi niente di
buono. Siamo già arrivati a dodici.
Pong: A tredici! Questo che viene è il quattordicesimo!
Boia: Confermo.
Pang: (sbadigliando) Che stanchezza!
Pong: Che noia!
Ping: Bella fine per un mandarino: fare il ministro del boia! (Il boia riprende
ad affilare la lama. Mettendosi a scrivere) Forza, diamoci da fare, perché la
lama tornerà a tagliare!
Pong: Sei proprio un poeta. Parli pure in rima!
Scena Seconda
Liù: (entrando) Davvero, siete proprio un grande poeta!
Ping: Non faccio per vantarmi ma a suo tempo ho composto anche un poema in
esametri. (cercando di ricordare) Come faceva? “Sul bel laghetto blu/ all’ombra
dei bambù/ non sentiremo più/ il canto del cu-cù…”
Pang: Perché stiamo quaggiù.
Pong: E il lago sta lassù.
Liù: (applaudendo) Complimenti! Siete tutti e tre bravissimi. (I tre si
inchinano)
Ping: Grazie! Dove ti ho già vista, bellezza?
Liù: Sono la schiava di quel vecchio cieco. Ci siamo conosciuti stamattina
proprio qua, ricordate?
Pang: (sovvenendosi) Ma sì! Quello straccione che se la prendeva tanto calda
per l’ultimo pretendente di Turandot.
Ping: L’ultimo cliente del nostro boia. (Il boia s’inchina)
Pong: (a Liù) Beh, che fai qui? Perché non sei a servire il tuo vecchio?
Liù: (fingendo esitazione) Perché….Ecco, vedete, lui non ha più un soldo e non
sappiamo cosa mangiare.
Ping: Se è denaro che cerchi, hai sbagliato persona.
Pang: Noi non possediamo neanche uno yen!
Pong: Per i nostri servigi veniamo ricompensati in natura, perciò…(allarga le
braccia)
Liù: No, lo so bene che è inutile chiedere denaro ai ricchi…No, non è ad un’
elemosina che pensavo. Mi chiedevo piuttosto se non fosse possibile per me
trovare un impiego…
Ping: (interrompendola) E avresti il coraggio di abbandonare il tuo padrone
così per strada, cieco…
Pong: Condannandolo a morire di fame!
Pang: Vergognati! Lo vedete? Questa è la gratitudine dei servi!
Liù: (affrettandosi a chiarire) No. Io non pensavo affatto di abbandonare il
mio padrone. Speravo invece di farmi assumere a palazzo, per esempio, nelle
cucine imperiali e…
Ping: Doppio impiego, dunque! (Liù annuisce) E magari progetti di sgraffignare
qualche bel pezzo d’anatra!
Pang: O qualche raviolone alla piastra!
Pong: O un bell’involtino primavera con prosciutto e piselli. Non è così?
Liù: Ma solo per portarlo al mio padrone e sfamarlo! Lo farei per il suo bene,
non per il mio!
Ping: (ironico) Che pensierino commovente!
Pang: Figurati se ti crediamo!
Liù: Ma è la verità.
Ping: Prendiamola per buona! In fondo qualche persona onesta nel palazzo non
guasterebbe. (agli altri) Abbiamo posto per questa ragazza? (I tre si guardano
in viso interrogativamente)
Pong: (a Liù) Sai spennare un’anatra?
Liù: Certamente!
Pong: E affettare il bambù sottile sottile sottile che sembra marmellata di
bambù?
Liù: Sicuro!
Pong: E distinguere i funghi velenosi da quelli mangerecci?
Liù: Naturale!
Pang: Ah sì? E come si fa?
Liù: (in fretta) Si buttano quelli buoni e si tengono quelli velenosi. O no?
Pong: No, ma qualche volta va bene così. (agli altri) Beh, mi pare che sappia
tutto quello che c’è da sapere per stare in cucina.
Ping: (precedendola nel palazzo) Vieni, caruccia, sei assunta.
Pang: Mi raccomando: ruba con parsimonia!
Liù: (seguendolo) Sarà fatto! (fra sé) A noi due, Turandot delle mie babbucce!
(esce)
Pong: (soddisfatto) Abbiamo fatto la nostra buona azione quotidiana.
Pang: Una più una meno…Chi si accorgerà che c’è una nuova sguattera, con tutti
i servi che ci sono a corte?
Pong: (canticchia riprendendo a giocare a palla) Dove mangiano due, possono
mangiare anche tre.
Scena Terza
Entra Timur. Arranca penosamente fingendosi molto affaticato ed afflitto.
Timur: Fate la carità ad un povero cieco, fate la carità…(finge di urtare Ping,
che sta rientrando in quel mentre) Scusi!
Ping: Ehi, guarda dove metti i piedi!
Timur: Ma se sono cieco! Avevo una schiava che mi faceva da guida ma…
Pong: Si è volatilizzata!
Pang: Ha rassegnato le dimissioni. Spiacente, ma non hai più una schiava.
Ping: Mentre il palazzo imperiale ha acquistato una nuova sguattera.
Timur: (sottovoce fra sé) E’ proprio quello che volevo!
Pang: Scommetto che a quest’ora si starà gustando un bel pezzo di porco!
Pong: Anch’io mangerei uno spezzatino di porco, sì uno spezzatino coi germogli
di soja. Ho un certo appetito.
Pang: Io preferisco il cane glassato. E’ un piatto più raffinato.
Ping: Ma il piatto più succulento è il principe straniero che fra poco Turandot
cucinerà con le sue stesse mani, anzi, con le sue stesse labbra! (ridono
riprendendo a giocare a palla. Tre colpi di gong li interrompono) Tutto è
pronto per la grande kermesse!
Pang, Pong: (insieme) Andiamo! Turandot ci aspetta. (si avviano fuori scena.
Timur li segue)
Pong: (fermando Timur) Dove credi di andare? Pussa via! (escono lasciandolo
solo)
Rimasto solo Timur passeggia nervosamente su e giù per il proscenio, spiando
ogni tanto nervosamente dietro le quinte e guardando continuamente l’orologio.
Finalmente compare Liù)
Timur: Finalmente!
Liù: (afferrandolo per un braccio) Di qua! Ssssttt! (escono silenziosamente di
scena in direzione del palazzo)
Scena Quarta
La sala del trono. Sulla seggiola siede la principessa Turandot in tutto il suo
fulgore, circondata dai tre mandarini, uno dei quali regge il gong. Su uno
sgabello, un gradino più sotto, sta l’Altoum visibilmente contrariato. Calef,
al centro, saltella sui due piedi come un pugile in attesa di salire sul ring.
In un angolo della sala, alle spalle di Calef, sta un grande paravento dietro
al quale si nasconderanno Liù e Timur.
Altoum: (sbadigliando) Forza, sbrighiamoci, che io ne ho le scat…le tasche
piene di questa cerimonia.
Turandot: Mandarino Ping, date lettura del testo della legge. (Ping dispiega un
rotolo di pergamena e si prepara alla lettura schiarendosi la voce. Intanto
Timur e Liù si nascondono dietro il paravento)
Liù: (sottovoce a Timur) Nascondiamoci qua.
Timur: Ce l’hai le soluzioni?
Liù: (indicando la tasca del grembiule) Sono qua, sono qua.
Altoum: Non possiamo lasciar correre le formalità?
Turandot: (sadicamente) E’ giusto che il concorrente sappia a che cosa va
incontro.
Calef: (compiaciuto) E qual è il premio!
Turandot: (con degnazione) Appunto. Mandarino Ping, leggi il decreto al
principe…Come hai detto che ti chiami?
Calef: Per la verità non l’ho detto. Per motivi, diciamo così strategici,
preferirei mantenere l’anonimato.
Turandot: (gelida) Come vuoi. Vuol dire che non ci sarà un nome sopra la tua
tomba.
Timur: (sottovoce) Brutta befana!
Calef: (a Turandot) Se fate così, partite già col piede sbagliato.
Ping: (con sussiego) Nessuno è mai riuscito a risolvere gli enigmi della
principessa.
Pong: Non crederete di riuscirci proprio voi?!?
Calef: Vogliamo scommettere?
Timur: (sottovoce a Liù) Non gli manca proprio il senso dell’umorismo!
Liù: Io la chiamerei incoscienza!
Ping: (leggendo) Dunque, straniero, la legge dice questo: “Turandot, la Pura,
sposa sarà di chi, di sangue regio, spieghi i tre anigmi ch’ella proporrà. Ma
chi affronta il cimento e vinto resta, porga alla scure la superba testa”
(Durante la lettura, Altoum accompagna il ritmo con cenni del capo e conclude
con un fragoroso sbadiglio)
Turandot: Bene. Questo è il testo della legge. Straniero, hai qualcosa da
eccepire?
Timur: (suggerendo) Eccepisci, eccepisci!
Calef: (riflettendo) Ecco, mi pare una legge un po’ severa….
Altoum: (precipitandosi verso di lui speranzoso) Ti vuoi ritirare? Non ti
preoccupare delle formalità: sei ancora in tempo!
Calef: Non ci penso nemmeno! Non lo dico mica per me, io sono fortissimo
nell’enigmistica, ho una pratica pluriennale, dunque non corro rischi.
Timur: (sarcastico) Rischia solo di perdere la testa!
Liù: (sottovoce) Per uno che non ce l’ha, non mi sembra un grosso problema!
Calef: No, non parlavo per me. Pensavo solo a quei poveretti che mi hanno
preceduto in questa gara e dormono per sempre nel segno della pace…(agitando
l’indice verso Turandot) Eh, sei stata un po’ cattivella! In fondo erano solo
dei dilettanti!
Turandot: La figlia di un imperatore non può concedere la sua mano a dei
dilettanti! C’è un impero da governare. E poi, modestamente, io sono un bel
tocco di femmina. Sono o non sono bella?
Calef: (trasognato) Bellissima!
Turandot: Ti pare che mi posso svendere a dei dilettanti? La bellezza è il
premio supremo all’arte non al diletto.
Calef: Sì, ma punirli addirittura con la morte!
Turandot: I fuchi che non tengono dietro all’ape regina vengono abbattuti.
Ping: Chi sbaglia paga!
Calef: (allegramente) E i cocci sono suoi. Sono pronto, attacca!
Scena Quinta
Nella sala si fa un profondo silenzio. I tre mandarini mutano le loro
posizioni: Ping porge i fogli su cui sono scritti gli indovinelli, Pang passa i
fogli a Turandot, Pong suona il gong.
Ping: Allora, fa attenzione.
Calef: Sono tutto orecchi. Vai!
Turandot: (leggendo) C’è un fantasma che ogni giorno/ muore all’alba e infin
rinasce./ Sa lenir le nostre ambasce./ Muore e sempre fa ritorno. Chi è?
Pong: (da un colpo di gond) Hai un minuto per rispondere.
Calef: (concentrandosi) Un fantasma, hai detto?
Turandot: Sì.
Calef: Un ectoplasma?
Turandot: Beh, sì, in un certo senso…
Calef: Hai detto che muore all’alba ma rinasce ogni giorno? Volevi dire che
rinasce al tramonto, immagino.
Turandot: In un certo senso….(a Pong) Quanto manca?
Pong: Trenta secondi.
Calef: (velocemente) Se lenisce le ambasce, sparisce e rinasce…
Altoum: Non perdere tempo!
Calef: Calma! Ne va della mia cucuzza, mica della vostra!
Pong: Quindici secondi!
Timur: (sottovoce a Liù, che cerca inutilmente di decifrare uno dei foglietti
che teneva in tasca) Allora, questa soluzione?
Liù: (sottovoce) Non ci vedo! E’ troppo buio!
Timur: (alzando gli occhi al cielo) Potenze celestiali, aiutatelo voi!
Calef: (fra sé) Non è di sicuro un fantasma vero e proprio perché quelli
mettono una strizza della miseria. Allora dev’essere un altro genere di
ectoplasma. Con che lettera comincia?
Pang: (sottovoce) Con la esse!
Pong: (dandogli una mazzata in testa) Non vale suggerire!
Altoum: Il tempo passa! Muoviti o sei perduto!
Turandot: (gelida) Basta un solo errore e passerai dalla calma al terrore.
(ride imitata dai tre mandarini)
Calef: Ancora una domanda piccola piccola: l’ectoplasma si trova anche in
questa stanza?
Turandot: (guardandosi intorno) Io credo proprio di sì. Ma credo anche che non
ci starà a lungo: fra pochi attimi lascerà il posto al suo contrario. (ride di
nuovo)
Pong: Meno cinque, meno quattro, meno tre, meno due, meno uno…
Liù: (desolata) Non c’è proprio più speranza!
Calef: (sul gong, illuminandosi) E’ vero! La speranza!
Ping, Pang, Pong: (precipitandosi a leggere il foglio di Turandot, a turno,
increduli) La speranza, la speranza, la speranza!
Altoum: (incredulo e contento insieme a Turandot) E’ giusto?
Turandot: (annuendo gravemente) Sì, la speranza che rinasce sempre.
Timur: (abbracciando Liù) E’ andata! E’ andata!
Calef: (saltella qua e là gioiosamente e và a battere la palma contro la palma
di Altoum) E vai! Lo sapevo, lo sapevo! (a Turandot) Uno a zero, eh?
Turandot: Non gloriarti troppo in fretta, mio caro. Ce ne sono altri due e ti
assicuro che non sono per niente facili. Quello che ti ho appena proposto è un
assaggio tanto per cominciare. Ping, dammi l’altro quesito. (Ping esegue)
Timur: (porgendo una candela spenta a Liù che cerca di decifrare il foglio con
le soluzioni) Si legge?
Liù: Non ci riesco.
Turandot: (a Calef che continua a saltellare come fosse su un ring) Sei pronto?
Calef: (alza le braccia e respira forte) Prontissimo! Spara!
Turandot: (leggendo) Come fiamma brucia e avvampa./ Ha il color del sol che
muore./ Freddo è in chi oramai non campa./ Caldo è in chi vivo ha l’ardore./ A
te, straniero, scopri cos’è.
Calef: (si prende il capo fra le mani mentre i tre mandarini cominciano a
contare i minuti sulle dita) Dunque, brucia come il fuoco…C’è un mucchio di
cose che bruciano come il fuoco…
Turandot: Per esempio?
Calef: Per esempio il peperoncino. Hai mai provato il peperoncino piccante?
Turandot: (ride sgangheratamente) Il peperoncino piccante, ma sentitelo! (i
mandarini la imitano. A Calef) E’ la tua risposta?
Calef: (piccato) No, era solo uno scherzo!
Timur: (a Liù) Scherza col fuoco, l’incosciente!
Altoum: (sbadigliando) Non perdere tempo!
Pong: Quaranta secondi!
Calef: (concentrandosi) Dunque: ha il colore del sole al tramonto…Viola, non
può essere che viola!
Liù: (sottovoce) Figuriamoci! Rosso! Rosso di sera….
Timur: E’ l’emozione! Forza, forza!
Liù: cercando di suggerire) Ma non è tanto difficile! Brucia come il sangue! Ha
il colore del sangue! E’ freddo in chi è morto, è caldo in chi è vivo. (al
pubblico) Cos’è? (a Timur) Cosa volete che sia?
Timur: Che ne so?
Turandot: Allora, straniero, mi sembra che la paura ti blocchi un po’ il
pensiero!
Timur: Non darle retta. Concentrati, piuttosto, concentrati!
Pong: Undici secondi!
Calef: (riflettendo ad alta voce) Allora, se non è il peperoncino piccante,
cosa può essere? Che cosa è freddo in chi “oramai non campa”, cioè è morto?
Liù: (sempre meno sottovoce, sporgendo il capo dal paravento) Il sangue! Il
sangue! (Calef torce nervosamente le mani che tiene intrecciate dietro la
schiena. Liù si sfila uno spillone dai capelli e lo punge)
Calef: Ahia!
Pang: (a Pong) E’ fritto in padella!
Pong: Abbiamo fatto bene a non smontare il palco delle esecuzioni!
Calef: (portandosi la mano alle labbra) Sangue?!
Ping: (guardando i compagni esterrefatto) Hai detto “sangue”?
Pang: Sangue?
Pong: Sangue?
Liù e Timur: (uscendo contemporaneamente dal nascondiglio e rientrandovi
subito) Sì, sì, ha detto sangue, ha detto sangue!
Liù: L’abbiamo sentito benissimo!
Altoum: (a Turandot) E’ giusto?
Turandot: Sì, il sangue.
Calef: (sorpreso e compiaciuto insieme) E già! Come ho fatto a non pensarci prima?
Ping: Non gasarti troppo. C’è ancora l’ultima domanda, la più difficile.
Calef: Intanto però vinco due a zero. (a Turandot) Che ne dici, Turandottina?
Cominci a pregustare il piacere di essere la mia mogliettina? Di portarmi le
pantofole alla sera, di cucinarmi gli spaghettini alla soia, di farmi il tè al
gelsomino e tutte le altre belle cosine che fanno le mogliettine ai loro
maritini adorati? Non è una bella prospettiva?
Turandot: (prossima al tracollo) Se non la smetti di parlare, ti faccio
giustiziare lo stesso, parola di Turandot!
Calef: (offeso) Eh no! Manca ancora un indovinello, non è giusto!
Turandot: (gelida) La giustizia, per chi comanda, è solo una questione di
misericordia!
Altoum: (sbadigliando) Amen! (a Calef) Non irritarla oltre!
Ping: (fra sé) A questo straniero la vita gli puzza! (porge il terzo rotolo a
Turandot) Ecco il terzo quesito!
Turandot: (a Calef) Questo è l’ultimo. Ti conviene pregare!
Timur: (sottovoce a Liù) Ci siamo?
Liù: (annuendo mostra il terzo foglietto) Ci siamo, ci siamo!
Calef: (battendo le mani) Forza, muoviamoci! Non vedo l’ora di mettere qualcosa
sotto i denti! Sono digiuno da stamani. (al pubblico con complicità) E non vedo
l’ora anche di qualcos’altro!
Altoum: Non aver fretta! (sbadigliando) Per quanto, anch’io avrei una certa
urgenza di fare un riposino. (Sbadiglia di nuovo) Non è per essere pedanti ma
la posta in gioco è la tua vita!
Timur: (petulante) Ma anche la mano della viperetta!
Liù: (zittendolo) Ssst! Non è il momento di disquisizioni questo!
Calef: (a Turandot, galante) Pendo dalle tue labbra, amore mio!
Turandot: (mascherando a stento la propria rabbia, lo fissa negli occhi con
odio) Ella è gelo, ma dà fuoco/ L’altrui fuoco la raggela/ Vince un regno chi
la svela/ Muore chi non regge il gioco. Chi è?
Calef: (concentrandosi fortissimamente) Questo è proprio difficile, questo è
proprio difficile! (a Turandot) Birichina! Mi vuoi proprio fare la festa, eh?
Ping: Quaranta secondi!
Pong: Trentanova!
Pong: Trentotto!
Calef: (ai tre) Calma! Non statemi col fiato sul collo! In questo modo non
riesco a pensare. Dunque: lei è gelo ma dà fuoco. Potrebbe essere un vulcano
dell’Islanda?
Liù: (sottovoce) Figuriamoci!
Pang: (suggerendo a Calef) L’altrui fuoco la raggela.
Calef: (scuotendo il capo) No, non può essere un vulcano.
Liù: Meno male che l’ha capito!
Altoum: Sarebbe proprio un peccato non indovinare il terzo quesito. Ormai hai
fatto trenta…
Pong: Ventinove secondi!
Liù: (a Timur) Ma non si accorge che è un ossimoro?
Timur: Un ossi-che?
Liù: Ma è elementare! Ella è gelo, cioè è una donna gelida. Ma dà fuoco, vale a
dire che infiamma, fa innamorare. Chi può essere? (al pubblico) Scommetto che i
bambini hanno già capito!
Ping: Quindici secondi!
Pong: Quattordici!
Pang: Tredici!
Turandot: (sarcastica) Non c’è fretta, abbiamo tempo!
Ping: (ironico) Cosa sono pochi secondi in confronto all’eternità che ti
aspetta? (Calef fa visibilmente gli scongiuri)
Altoum: Dai, ormai sei a cavallo!
Pang: Un asino a cavallo: mi sembra un buon accostamento.
Pong: Eh sì: non dire quattro se non l’hai nel sacco!
Timur: (a Liù) Questi tre si sono messi in concorrenza con la loro padrona!
Liù: (disperandosi) Ma è facile! Perché non capisce? (si sporge dal paravento,
indicando Turandot) E’ lei! E’ lei il freezer! E’ lei il calorifero!
Calef: (fra sé) Gelo che dà fuoco…(canticchia) Ghiaccio bollente, se-e-i tu!
(spalanca le braccia indicando casualmente Turandot)
Ping, Pang, Pong: (annuendo increduli) Esatto! Sei tu! E’ giusto!
Turandot: (esterrefatta) Io?!?
Ping, Pang, Pong: Sì, è scritto qui. (mostrano le carte a Turandot)
Timur: (abbracciando esultante Liù) Ha vinto! Ha vinto!
Liù: E’ salvo! Almeno per adesso.
Calef: (compiaciuto ed un po’ incredulo a sua volta) Non so come ho fatto a non
pensarci subito!
Altoum: (stringendo con forza la mano a Calef) Bravo, figliolo! (gliela agita
energicamente)
Calef: (sobbalzando) Ahia! Però, per essere un vecchietto…
Altoum: (senza badargli) Ci hai fatto stare col fiato sospeso fino all’ultimo
ma ce l’hai fatta. Complimenti! (gli batte una mano su una spalla facendolo
tossire) Lascia che ti abbracci, ormai sei mio figlio! ( lo abbraccia con molto
calore)
Calef: (tossendo) Papà, papà!
Scena Sesta
Altoum: (spingendo Calef verso Turandot) Và a baciare la tua promessa sposa!
Calef: (tendendo le braccia estatico a Turandot) Turandottina mia!
Turandot: (ritraendosi) Non mi toccare! Non mi toccare, ho detto!
Calef: Dai, non fare così! (I tre mandarini si guardano perplessi)
Timur: (a Liù) Cosa succede?
Liù: Turandot due: la vendetta!
Altoum: (pazientemente alla figlia) Ma perché? Che male c’è? In fondo è il tuo
fidanzato: Fra pochi giorni sarete sposi.
Turandot: (urlando istericamente) Io non mi sposo! Io non mi sposo!
Timur: (fa per slanciarsi fuori dal nascondiglio ma Liù lo trattiene)
Fedifraga! Spergiura!
Liù: (a Timur) Dove andate? Volete proprio che ci scoprano?
Calef: (celiando) Mi vuoi tenere sulla corda fino all’ultimo, eh? Birichina!
Turandot: (livida) Io la corda te la metterei al collo! (Percuote la mano che
Calef le sta tendendo) Giù le zampe! Pussa via! Sciò, sciò, sta lontano da me!
Calef: Su, non fare così!
Turandot: Vattene! Vattene, prima che ti faccia ammazzare!
Calef: (offeso) Scusa, sai, non è per contraddirti ma qui c’è una tua promessa
formale. E’ addirittura una legge dello stato. E’ scritta sui sacri testi.
(citando) “Chi risolve gli enigmi, sposa la principessa Turandot”. Me l’hai
letta in tutte le salse.
Ping, Pang, Pong: (cominciando a conformarsi ai voleri di Turandot) Purchè sia
di sangue regio.
Calef: Appunto! Io ho risolto i tre indovinelli, sono di sangue regio perciò
non si scappa. (fa per abbracciarla ma Turandot gli sfugge andando a rifugiarsi
dietro l’Altoum)
Altoum: (paziente) Cara, ha ragione. E’ un regio decreto. Bisogna rispettarlo.
Turandot: (sempre più isterica) Non lo voglio sposare! Non lo voglio sposare!
Altoum: Ma perché? Non è un cattivo ragazzo. E non è nemmeno tanto brutto!
Calef: (con presunzione) Modestamente.
Liù: Figuriamoci!
Turandot: (supplichevole al padre) Papà, ti prego, non lasciare che un uomo
imponga la sua signoria sulla tua unica figlia! Ricordati cos’è successo alla
nostra antenata!
Altoum: (sbadigliando) Ancora con questa storia!
Calef: (a Ping) Che storia è?
Ping: La solita vecchia storia. C’era una volta una ragazza…
Pang: Bella pura e illibata…
Pong: Un giorno ha visto un lupo…
Ping: E lui se l’è mangiata!
Calef: Ah, Cappuccetto Rosso!
Altoum: Più o meno. (a Turandot) Cara, è successo tanto tempo fa. Io non mi
ricordo neppure più come si chiamava questa antenata…Turandona? O forse
Turandella? No, no: dev’essere Turandetta. Comunque io non capisco da dove ti
arrivi tutta questa paura degli uomini. Non sono mica tutti dei lupi!
Ping: (ironico) Ci sono anche i cani!
Pang: Le volpi!
Pong: I mandrilli!
Turandot: Appunto: sempre bestie!
Liù: La considerazione degli uomini che hanno in questo paese è eccezionale.
Altoum: (desolato, venendo al proscenio) Io non so dove ho sbagliato con questa
ragazza. Non mi pare di essere stato un padre troppo severo, anzi, mi pare di
essere stato fin troppo indulgente. Eppure, a guardare i risultati, sembrerebbe
tutto il contrario. Come ha fatto a venir su così capricciosa e selvatica, lo
sa solo il Cielo. E ancor meno capisco come abbia potuto farsi un’idea così
tremenda degli uomini! Eppure io sono stato sempre indulgente con lei: non l’ho
mai maltrattata come fanno tutti gli altri padri, solo una bastonatina ogni
tanto, giusto per insegnarle la buona educazione…Da quando è morta la mia
povera moglie, le ho fatto da padre e da madre. Non le ho mai fatto mancare
niente, l’ho accontentata in tutto e per tutto, perfino con questa legge che ha
mandato sul patibolo tanti innocenti. Ce li ho anch’io sulla coscienza!
Calef: (battendo su una spalla Altoum) Non è tanto cattiva, in fondo.
Liù: (sottovoce) Molto in fondo!
Calef: E’ solo un po’ cocciutella. Non le piace perdere. (a Turandot) Su,
Turandottina, dammi la mano e facciamola finita!
Turandot: (ritraendosi come morsa da un serpente) Non mi toccare, non mi
toccare, ho detto!
Altoum: (prendendo in disparte Calef) Senti, figliolo, lo vedi anche tu come
siamo messi! Se magari ti accontentassi di un bel gruzzoletto, di una carica di
ministro – con portafoglio ovviamente – di un bel palazz…
Calef: (interrompendolo recisamente) Non se ne parla nemmeno! Esigo che si
rispettino i patti!
Timur: Bravo! Così si fa!
Liù: Ssstttt!
Altoum: (fra sé) Lo sapevo! D’altra parte ha ragione. (sospirando alla figlia)
Senti, Turandottina, ormai è quasi notte, bisogna che ti decida. Guarda che, se
mi arrabbio, poi è peggio per te. (Turandot lo guarda negli occhi sfidandolo)
Turandot, io sono buono, lo sai ma la mia pazienza ha un limite! Turandot, il
limite è già stato quasi superato…(Ping dà un leggero colpo di gong) Turandot,
il limite è stato superato! Io sono arrabbiato! (urla pestando i piedi) Io sono
arrabbiatissimo! (Turandot finge di spaventarsi) Tu la devi smettere di
prendere per il c…per i fondelli tutti quanti, facendo e disfacendo le leggi a
tuo piacimento! (La fissa negli occhi costringendola a indietreggiare)
E-s-i-g-o che tu rispetti i patti! (cambiando tono) Ho sopportato fino ad oggi
che tu facessi giustiziare tutti i tuoi pretendenti anche perché, sia detto fra
noi, erano uno peggio dell’altro. Ma adesso basta! Io non ne posso più di tutte
queste decapitazioni. Ma cos’è? Non dobbiamo mica fare una banca del sangue!
Una volta che, finalmente, ti arriva un aspirante meno rincoglionito degli
altri lo butti alle ortiche così, senza dargli neppure un’occhiata? E no! Non
si fa così!
Calef: (scuotendo il capo) Non si fa così.
Ping, Pang, Pong: Non si fa così!
Altoum: (tuonando) Non si fa così! (Tutti sobbalzano, compresa Turandot)
Turandot: (civettuola) Ma allora perché vuoi separarti da me? Io credevo che mi
volessi tanto bene!
Altoum: (rabbonito) Ma io ti voglio bene! Ma questa benedetta legge c’è, l’hai
voluta proprio tu e bisogna onorarla! Io ho dato la mia parola insieme a te,
capisci? La parola di un imperatore!
Turandot: (appassionatamente) Io invece sono la tua figlioletta adorata, la tua
bambina, TUA FIGLIA, capisci?
Altoum: Non mi gridare nelle orecchie ché ci sento benissimo. Sei mia figlia e
allora?
Turandot: Ma papà, la figlia di un imperatore non può sposare uno scalcagnato
qualsiasi, per quanto bravo in enigmistica!
Calef: Precisiamo: io non sono – come mi hai chiamato? Ah, sì – uno scalcagnato
qualsiasi. Io sono un principe. Sono il principe Ca…(cambiando idea
repentinamente) Indovina un po’ chi sono?
Turandot: Figuriamoci! Non ho mica niente da fare!
Calef: Ah beh, se la metti così…Si vede che tu proponi gli indovinelli agli
altri perché non sei capace di risolverli tu.
Turandot: Io?!? Figuriamoci!
Calef: E allora dai, forza! Vediamo se sei capace di indovinare il mio nome. Ti
voglio aiutare: è una parola di cinque lettere. Comincia per C, C come ?…come?
(canticchia) Non ce la fai, non ce la fai. Allora, lasci?
Turandot: Non mi dai molti elementi per indovinare. E neanche molto tempo.
Calef: Ti do tutto il tempo che vuoi. Ti basta la notte intera? Benissimo.
Facciamo così: se indovini il mio nome prima dell’alba, - tanto non ce la fai,
lo so – allora mi potrai mandare al patibolo.
Altoum: (incredulo) Cioè ti lasceresti tagliare il collo? (Calef annuisce. I
tre mandarini si guardano stupefatti. Ping và a sentire la temperatura di
Calef)
Timur: Mio figlio è un deficiente!
Liù: Come volevasi dimostrare.
Calef: Se no…
Turandot: Se no?
Calef: Se no non c’è scampo: mi sposi e amen! Guarda, più di così non posso.
Prendere o lasciare.
Turandot: Stai dicendo sul serio?
Calef: (incrociando gli indici davanti alle labbra) Giurin giuretta!
Timur: Fesso! Deficiente! Falle rispettare i patti!
Liù: (implorando) Zitto! State zitto!
Turandot: Cos’è questo baccano?
Ping: (guardandosi intorno) Qualcuno dev’essersi introdotto abusivamente nella
sala del trono.
Liù: (trascinando fuori Timur) Siete contento? Se ci prendono, è finita anche
per noi! (escono di corsa)
Scena Settima
Turandot fa cenno a Ping di andare a vedere cosa stia succedendo. Ping, non
trovando nessuno, ritorna al proprio posto. Intanto Turandot valuta la proposta
di Calef
Calef: Allora, cosa mi rispondi?
Turandot: (prendendo tempo) Beh, straniero, penserò alla tua proposta. (fa per
ritirarsi)
Calef: (sbarrandole il passo) E no, Turandottina cara! Non cercare di fare la
furba e di guadagnare tempo! Mi devi dare la tua risposta adesso, subito! Poi
avrai tutta la notte per spremerti il cervello e fare le tue investigazioni ma
DOPO che mi avrai dato la tua parola. Per quello che vale…Allora, accetti o
lasci?
Altoum: (spingendola verso Calef) Accetta! Accetta, per la miseria! (spinge il
capo della principessa costringendola ad annuire. Intanto Calef afferra la
mazza e si appresta a vibrarla sul gong. A Calef) Cosa fai?
Calef: Rendo pubblico il nostro accordo!
Altoum: Ma non ce n’è bisogno!
Calef: Come no? C’è proprio di che fidarsi! (da una potente mazzata sul gong e
viene al proscenio) Popolo di Pechino, pechinesi! (cambiando tono) Ma anche
dobermann, bassotti, volpini, sanbernardo eccetera eccetera. (riprendendo il
tono oratorio) Ascoltate! (velocemente) Siccome la quipresente principessa
Turandot sta cercando una scappatoia per non sposarmi, dato che ho indovinato i
suoi indovinelli, mentre lei credeva che non ce l’avrei fatta ed avrebbe potuto
tagliarmi la testa come agli altri e invece è andata a finire che le tocca di
sposarmi visto che, come ho già detto, ho risolto i tre enigmi – e vi assicuro
che non è stato facile -….(tira un lungo respiro) allora io le ho proposto il
patto seguente e cioè: se lei prima dell’alba scopre il mio nome allora non mi
sposa, anzi mi fa fare colazione col boia; mentre invece – si può dire mentre
invece? – Mentre invece, se lei non scopre il mio nome, allora…
Ping, Pang, Pong: Allora?
Calef: Allora ci dà un taglio…
Ping, Pang, Pong: Un taglio?!?
Calef: Sì, un taglio con tutta questa manfrina: mi sposa e la facciamo finita!
Altoum: E finalmente potrò dormire in pace! (sbadiglia fragorosamente)
Ping, Pang, Pong: Amen!
Calef: (prendendo affettuosamente la mano a Turandot e baciandola con
trasporto) Vedrai, non te ne pentirai!
Turandot: (ritirando la mano rapidamente) Me ne sono già pentita. All’alba
avrai la soluzione al tuo quesito.
Ping: All’alba…
Pang:: Potrai sapere…
Pong: Chi sei.
Turandot: (a Calef) Puoi ritirarti.
Calef: (avviandosi allegramente all’uscita) Adesso tocca a te spremeerti le
meningi! Io, se permetti, vado a fare un sonnellino. Sono un po’ stanco. Mi
raccomando, non premerti troppo. Non vorrei che ti sciupassi gli occhietti. (si
inchina ed esce scortato dai tre mandarini)
Scena Ottava
Turandot: (ai mandarini) Dove credete di andare voi? (i tre fanno dietro-front)
Abbiamo solo una notte per scoprire l’identità di questo bellimbusto. All’alba
mancano solo sei ore!
Pang: (timidamente) Sei e tre quarti.
Turandot: (ignorandolo) Dovete mettere a soqquadro tutta Pechino, tutta la Cina
se è necessario, ma il nome di questo straniero deve saltare fuori.
Altoum: (facendo uno sbadiglio oceanico) Ma…
Turandot: Nessuno deve dormire questa notte, nessuno!
Altoum: (uscendo) Ma almeno un pisolino! Io un pisolino me lo faccio. E’ stata
proprio una giornataccia! (esce scuotendo il capo)
Ping: Veramente anche noi siamo un po’ stanchi.
Pang: Già!
Pong: Appunto.
Turandot: Non vi pago mica per dormire! Rovistate in tutti gli angoli, cercate
dappertutto, fate quello che volete ma il nome di quel maledetto deve saltare
fuori. Ne va della vostra collottola, è chiaro? (I tre fanno un sobbalzo, poi
si affrettano ad annuire. Continuando ad annuire si inchinando ed escono ad uno
ad uno. Turandot resta sola) Questa sarà la notte più lunga della storia!
Nessuno deve dormire stanotte! Nessuno! (si avvia lentamente verso il trono, su
cui prenderà posto mentre la musica intona le prime note di “Nessun dorma”)
Nessuno! (In un angolo della scena il riflettore inquadra Calef che dorme
beatamente sotto l’insegna “Locanda del Drago Rampante”. La luce si abbassa
lentamente mentre cala il sipario)
Fine Atto Secondo
ATTO TERZO
Scena Prima
Sulla scena vuota si muovono nel buio alcune lanterne
Araldo: Ordine di Turandot: nessuno dorma stanotte!
Araldo: Nessuno dorma a Pechino per volere di Turandot!
(Gli fa eco il sonore russare di Calef. Il riflettore lo inquadra profondamente
addormentato nel suo angolo sotto l’insegna della locanda. Silenziosamente
entrano Ping, Pang, Pong.)
Pong: Dorme?
Pang: Il sonno del giusto!
Ping: Il sonno dell’imbecille. Per causa sua rischiamo di perdere la testa
tutti e tre. (Scuote Calef) Ehi, straniero! Guarda cosa ti abbiamo portato!
(batte leggermente le mani. Sul fondoscena, nel cerchio bianco prende forma una
sagoma femminile che comincia a muoversi al ritmo di una danza sensuale. Lo
scrolla più vivacemente) Ehi, dico a te! (Lentamente Calef si mette a sedere
mantenendo gli occhi chiusi come in trance)
Pong: (dandogli uno strattone) Che ne dici?
Calef: (tenendo gli occhi chiusi) Di che?
Pang: Ma apri gli occhi una buona volta!
Pong: Nessuno deve dormire stanotte. L’ha ordinato Turandot.
Calef: (rimettendosi a dormire) Chi se ne frega!
Ping: (strattonandolo) Dà un’occhiata alla merce piuttosto! Ti offriamo un buon
affare!
Pang: Un ottimo affare!
Pong: Prendi due al prezzo di uno. (sullo schermo si materializzano due
danzatrici)
Ping: O anche tre. (Sullo schermo compare una terza danzatrice)
Calef: (monotono) Voglio Turandot.
Ping: Una donna vale l’altra.
Pang: In fondo cos’ha Turandot più delle altre?
Calef: (sempre ad occhi chiusi) Tanto!
Pong: E’ una femmina come tutte le altre! Certo, ha una corona in testa ma
quando gliela togli…
Pang: Quando la spogli…
Pang: E’ carne! Carne nuda e cruda!
Ping: Ma non si mangia!
Calef: Tanto non ho fame. Voglio Turandot!
Pang: Ah, ma sei proprio fissato!
Ping: Rifletti! Due donne! E se non te ne bastano due, te ne offriamo tre
oppure quattro, cinque. (Calef continua a scuotere la testa) Non ti bastano?
Allora dieci. Ma che dico? Cinquanta!
Calef: (monocorde) Voglio Turandot!
Pong: Ma sei proprio insaziabile! Cento! Ti diamo cento femmine una più bella
dell’altra. Al loro confronto Turandot può andare a nascondersi.
Ping: Ma ragiona una buona volta! Turandot può essere la più bella donna del
mondo ma in fondo è solo una, sempre la stessa. Una faccia, due braccia….
Calef: Bellissime!
Ping: Due gambe…
Calef: Regali!
Ping: Regali quanto vuoi ma sempre uguali! Dopo una settimana comincerai ad
esserne stufo, dopo un mese non ne potrai più. Invece noi ti offriamo un intero
harem.
Pang: Il sogno di ogni uomo!
Pong: Basta una parola, un nome…
Calef: (sognante) Turandot!
Ping: Non il SUO nome, quello lo sappiamo già. Noi abbiamo bisogno di sapere il
TUO nome! Su, da bravo, dicci come ti chiami.
Pang: (querulo, cercando di commuoverlo) Ne va del nostro cranio!
Calef: (sempre in trance) Cavoli vostri!
Pang: Grazie! Proprio carino da parte tua!
Ping: (spazientendosi estrae una borsa piena di monete e gliela scuote vicino
all’orecchio) Ascolta! Ti piace questo suono?
Calef: (aprendo un occhio) Non c’è male!
Pong: Indovina cos’è?
Calef: Facile! Vieni qui a fare gli indovinelli proprio a me?
Pong: Già! Avrei dovuto pensarci.
Ping: (estraendo alcune monete e mostrandogliele) Lo vedi quante sono? Un
patrimonio. Sarà tuo. E se non ti basta questo, te ne daremo dell’altro, quanto
ne vorrai. Ne avrai a sufficienza per comperarti un regno. Cosa mi rispondi?
Calef: Voglio il regno di Turandot!
Pang: (demoralizzandosi) Non c’è rimedio.
Pong: Se è il potere che vuoi, ti basterà la fama di aver vinto Turandot perché
tutti si prosternino ai tuoi piedi. Altro che principe! Faranno a gara per
essere tuoi sudditi. La gente riconosce sempre il più forte. Uno che è riuscito
a domare Turandot, merita che ci si prosterni ai suoi piedi!
Ping: Non solo ti daremo il denaro ma ti aiuteremo a fuggire da qui, a metterti
in salvo dalle sue ire. Ci basta solo che tu ci sveli il suo nome così saremo
salvi anche noi.
Pang: Non hai compassione di noi tre poveri mandarini?
Calef: (guardandoli con disprezzo) No.
Pong: Avrai sulla coscienza la vita di tre persone.
Calef: Io? Semmai ce l’avrà Turandot.
Pang: Ma tu sarai suo complice!
Calef: (alzandosi) Io?!? Come faccia di bronzo non vi batte nessuno! Io
complice di Turandot? E voi, allora, che le avete sempre tenuto bordone
nell’ammazzare i suoi pretendenti, nel cercare gli enigmi più difficili,
nell’obbedire anche agli ordini più assurdi, voi non siete suoi complici?
Questa è bella! Adesso, siccome si tratta della vostra cucuzza, avete paura di
finire sotto la scure del boia. Quando toccava agli altri morire, non ve ne
importava nulla, però! Adesso il gioco si è fatto duro, vero? Perché la vostra
pellaccia dovrebbe valere più di quella del principe di Persia o della mia? Se
finissi io sotto la mannaia, non ve ne importerebbe un accidente! (fissandoli)
Siete dei pagliacci!
Ping: (sostenuto) Noi ti abbiamo fatto un’offerta, un’offerta più che
vantaggiosa, da uomini di affari, da gentiluomini. Chi siete voi? Un oscuro,
sedicente principe in cerca di un regno e, a guardare dove alloggiate, senza il
becco di un quattrino. Noi invece siamo i ministri dell’Altoum, erede del Gran
Mogol, e di sua figlia, la principessa Turandot.
Pang: Non siamo persone qualunque.
Pong: Siamo dei mandarini mentre tu non sei nessuno. Uno come te non sa capire
il vero valore delle cose. E, per giunta, rispondi con maleducazione ad
un’offerta che ti abbiamo fatto col massimo garbo. (agli altri) Andiamocene,
qui stiamo perdendo il nostro tempo! (escono mentre scompare ogni immagine dal
fondoscena)
Calef: Sì, sì, andatevene! Mandarini dei miei stivali! Mandarini? Ma che dico?
Mandaranci, anzi pompelmi! Venir qui a offrirmi delle donne, come se ci fosse
al mondo una donna che valga almeno un’unghia della principessa Turandot! (si
sentono battere le ore)
Araldo: (f.s.) Nessun dorma!
Calef: Tra poco sarà l’alba e all’alba vincerò. Sì, vincerò, vincerò, vincero!
Araldo: Nessun dorma! Ordine della principessa Turandot! Nessun dorma!
Calef: (tornando a rimettersi sdraiato) Sì, nessun dorma! Sono stanco morto!
(riprende a russare mentre la scena si fa buia)
Scena Seconda
(La sala del trono nel palazzo di Turandot. La principessa cammina nervosamente
avanti e indietro. Dietro di lei l’Altoum si trascina insonnolito, cercando di
ammansirla. Entrano i tre mandarini con la coda fra le gambe)
Turandot: Allora? Siete riusciti a sapere qualcosa? (I tre allargano le braccia
sospirando) Niente? (ruggendo) Siete dei buoni a nulla! Domani stesso vi farò
decapitare!
Ping: (gettandosi ai suoi piedi subito imitato dagli altri due) Principessa, pietà!
Pang: Non infierire sui tuoi ministri!
Pong: Il nostro sangue ricadrà sulla tua discendenza!
Turandot: Non discenderà nessuno, ve lo garantisco!
Ping, Pang, Pong: Principessa, pietà!
Altoum: Ma sì, poveretti! Hanno fatto del loro meglio. Cosa ci guadagni a farli
fuori?
Turandot: Tre bocche in meno da sfamare!
Ping: (con un filo di voce) Forse…
Ping e Pong: (lo guardano perplessi, restando in ginocchio) Forse?!?
Ping: C’è una via d’uscita!
Altoum: Sì: andarcene tutti a letto a fare un riposino. Non ho più l’età per le
notti bianche!
Turandot: Qui nessuno va a dormire fino a che il nome di quel maledetto non
salta fuori! (a Ping) Di quale via d’uscita stavi farneticando?
Ping: (a Pang e Pong) Vi ricordate di quel mendicante cieco che se la prendeva
tanto per la sorte dello straniero?
Pang: Già!
Pong: (illuminandosi) Appunto! Ha detto che lo conosceva!
Pang: Avevano fatto un tratto di strada insieme.
Ping: Di sicuro lui sa come si chiama lo sconosciuto!
Turandot: E me lo dite soltanto adesso? Portatemi immediatamente qui quel
mendicante!
Ping: E’ una parola! Chissà dove sarà a quest’ora!
Pang: Non può aver fatto molta strada: era a piedi.
Pong: Però c’è la ragazza. Possiamo chiedere a lei.
Turandot: Che ragazza?
Pong: Una specie di schiava. Stava col vecchio. L’abbiamo assunta nelle cucine
del palazzo.
Ping: (cercando di volgere la situazione a proprio vantaggio) E’ stata una
nostra iniziativa. Qualche spia fa sempre comodo. E poi ci faceva pena.
Pang e Pong: (affrettandosi ad annuire) Già, proprio così.
Altoum: Io non so perché ti ostini a non accettare il fatto compiuto.
Facciamoci su una buona dormita. La notte porta consiglio. Domani all’alba
vedremo il da farsi. Le cose, alla luce del sole, sembrano diverse.
Turandot: Dormi tu, se vuoi. Io non mi darò pace fino a che non avrò scoperto
il nome di quell’uomo. Ormai è una questione di principio!
Altoum: Ma perché non lo vuoi sposare? In fondo è riuscito a fare quello che
non era riuscito a nessuno prima di lui. E poi non è nemmeno tanto brutto. A me
piace.
Turandot: E allora sposatelo tu. Auguri e figli maschi!
Altoum: (parlando alla platea) La sentite? Ostica, selvatica, cattiva come la
peste. Ai miei tempi una figlia non avrebbe mai osato rispondere così a suo
padre! Nemmeno la figlia di un imperatore. (si siede sconsolato sui gradini del
trono)
Turandot: (ai tre mandarini) Cercate questa schiava e strappatele il nome dello
sconosciuto. Fatela parlare a qualsiasi costo, con qualsiasi mezzo!
Ping: (sadicamente) Anche la tortura?
Turandot: Certo, anche la tortura.
Altoum: (giungendo le mani) No, la tortura no!
Turandot: Sì, la tortura sì! Si può sapere perché ti scandalizzi tanto? La
tortura è praticata in tutti i paesi civili. (ai mandarini) Muovetevi! (I tre
escono)
Scena Terza
Altoum: (alzando le braccia al cielo) Potenze celesti! Ditemi voi cos’ho fatto
di male per generare una figlia così malvagia! Non c’è niente che la fermi,
niente che le faccia paura. Tutte le cattiverie le conosce!
Turandot: (spazientendosi) Io non sono cattiva. Semplicemente non mi voglio
sposare. Se tu che vuoi costringermi a farlo.
Altoum: Ma perché? Tutte le donne si sposano. Perché ti vuoi privare della
gioia di mettere al mondo un bel bambino? Il regno ha bisogno di un erede!
Turandot: Non mi piacciono i bambini: continuano a frignare e fanno pipì e popò
dappertutto.
Altoum: Ma ci prendiamo una baby-sitter! Tu gli darai solo un’occhiata di tanto
in tanto, giusto perché non si dimentichi la faccia della sua mamma: E poi ci
sono io! Ci penserei io a portarlo a spasso, a farlo giocare, a farlo parlare.
Gli insegnerei il nome delle cose: del sole, della luna, del cielo, del mare…
Turandot: (intenerendosi suo malgrado) Dei fiori, delle stelle…(Si siede sul
trono meditabonda) Chissà. Una volta nella vita si potrebbe anche provare!
Potrebbe essere riposante smettere per un po’ di governare. Stendersi nell’erba
e guardare le nuvole correre nel cielo con uno stupidello che ti chiama mamma…
(sospira)
Altoum: (al pubblico) La vedete? Non è tanto cattiva. In fondo è una donna come
le altre.
Turandot: (riscuotendosi) Ma io non sono una donna come le altre!
Altoum: Come non detto.
Turandot: Io ho una principessa e una principessa ha dei doveri.
Altoum: Ma li puoi dividere con tuo marito, anzi glieli rifili tutti a lui!
Guarda: tu pensi alla casa e ai bambini e al regno ci pensa lui.
Turandot: Per trasformarmi subito nella sua serva? Che bel cambio! Da
principessa ad angelo del focolare! Sei matto? Passare tutta la vita a
negoziare il potere con un uomo per accontentarmi delle sue briciole? Te lo ricordi
che cosa è successo alla mia bis-bis-bis-cugina?
Altoum: (sospirando) Ma se non l’hai neppure conosciuta! In fondo, se ci
rifletti, è stata un po’ colpa sua. Se ne andava in giro da sola, la sera, in
luoghi deserti. Insomma, se l’è un po’ andata a cercare!
Turandot: Lo vedi? Anche tu dai la colpa a lei. Classico degli uomini. Basta:
io non mi sposo, non mi sposo, non mi sposo! Hai capito?
Altoum: (coprendosi le orecchie) Ho capito, ho capito! Non c’è bisogno che urli
in questo modo. (Da fuori scena giunge l’urlo di Liù sotto tortura)
Liù: Ahiaaaaa!
Altoum: Cos’è stato?
Liù: (fuori scena) Non parlerò, non parlerò!
Altoum: (risovvenendosi) Ah, è quella ragazza. (a Turandot tremebondo) Falli
smettere!
Turandot: Falli smettere tu. C’è un mezzo.
Altoum: Quale? Dimmelo e lo metterò subito in atto.
Turandot: (fredda) Manda al patibolo lo straniero ed esonerami da questo
matrimonio.
Altoum: (scuotendo il capo scoraggiato) Ma perché lo vuoi ammazzare?
Turandot: (glaciale) Perché è pericoloso. Non lo sai che l’amore è un rischio?
Scegli: o lui o me! (Fa fuori scena giunge un nuovo urlo di Liù)
Liù: Ahiahai!
Altoum: (fra sé) Lei fa le leggi e lei le disfa a proprio piacimento. Ho
generato un mostro!
Scena Quarta
Entrano i tre mandarini seguiti dal boia. Trascinano Liù legata mani e piedi.
Ha le vesti strappate e l’aria affranta. Giunta al centro della scena, cade al
suolo
Turandot: Allora?
Ping: (querulo) Niente! Non parla!
Turandot: Non l’avete torturata abbastanza.
Pang e Pong: Ti assicuriamo, abbiamo fatto del nostro meglio!
Turandot: (a Pang e Pong) Cercate anche quel mendicante. Lo voglio qui,
immediatamente! (i due escono correndo)
Scena Quinta
Turandot: (fissando negli occhi Liù) Si può sapere perché ti ostini a coprire
quello straniero? In fondo, è solo un uomo. Lo sai che stai rischiando la
pelle?
Liù: (con aria strafottente) E allora?
Turandot: No, dico: di vita ce n’è una sola.
Liù: La chiami vita quella di una schiava? Se non c’è più speranza, è meglio
morire!
Turandot: Speranza di che cosa?
Liù: Del suo amore. Che senso ha continuare a vivere?
Turandot: (impressionata) Accipicchia! Ma tu sei depressa! (al padre) Lo vedi a
cosa porta l’amore? (a Liù) Senti, se proprio vuoi morire per lui, accomodati
pure, è una tua scelta. Per quanto, fossi in te, preferirei vivere. Comunque,
dovresti dirmi il suo nome. Sarà la tua vendetta per non essere ricambiata.
Liù: Lo vedi che non capisci proprio niente? Cosa centra la vendetta con
l’amore? Non è mica colpa sua se è innamorato di te. In fondo io sono solo una schiava,
non posso reggere la concorrenza.
Turandot: E allora beccati la tortura, stupida!
Liù: Vederlo innamorato di te è una tortura peggiore.
Turandot: Si può sapere cosa ci trovi di tanto bello in quel baccalà?
Liù: Non si ama un uomo perché è bello …o perché intelligente… o che so io.
Turandot: (ironica) Ah no? E allora perché?
Liù: (non sapendo cosa rispondere) Perché…perché lui è lui. (decisa) Non c’è un
perché. (con alterigia) Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce!
Turandot: (a Ping e al boia) Diamole una buona tirata di corde. (Ping e il boia
strattonano le corde)
Liù: Ahiaaaa!
Turandot: Il nome! Dimmi il nome! (Liù scuote il capo. A Ping e al boia)
Ancora! (I due eseguono)
Liù: Ahhhh!
Turandot: Ti arrendi? Parla una buona volta!
Liù: Davvero lo vuoi sapere? Si chiama: A-m-o-r-e!
Turandot: Chiacchiere da fumetto! (ai due) Tirate!
Altoum: (frapponendosi fra i carnefici e Liù) Basta! Basta per carità!
Turandot: (a Liù) Stupida masochista! Parla!
Liù: Piuttosto morta! (Sviene)
Ping: (cercando di farla rinvenire) Non so se valga la pena insistere.
Altoum: (supplichevole) No, non vale la pena! Non vale!
Ping: (Perché non proviamo col solletico? E’ un sistema infallibile.
Turandot: Buona idea.
Liù: (riprendendo improvvisamente i sensi, terrorizzata) No, col solletico no!
Per favore, non fatemi il solletico, non fatemi il solletico! Mi farete morire!
Turandot: (torva) Sì, dal ridere!
Liù: (Il boia la lega ad una sedia mentre Ping cerca di toglierle le pantofole.
Liù si divincola per impedirglielo) No, il solletico no, vi prego! (Il boia
comincia a solleticarle la pianta dei piedi con una piuma) Non fatemi il
solletico! Non fatemi il solletico, vi dico! (Comincia a ridacchiare)
Altoum: (con meraviglia) Ma che razza di tortura è questa? (si avvicina e resta
a guardare)
Turandot: Una tortura cinese. (al boia) Allora? (Il boia nega) Insisti!
Liù: (improvvisamente riesce a liberarsi ed afferra un pugnale) Fermi! Guai a
voi se mi toccate! E’ inutile che continuiate a torturarmi: non otterrete nulla
da me.
Turandot: (fra sé) Ma si può essere più imbecilli? Sacrificare la propria vita
per uno che, nella migliore delle ipotesi, ti affiderà le sue mutande da
pulire. (a Liù) Guarda che i principi non sposano le loro schiave. Questa non è
mica una favola: (al pubblico, macabra) è un horror!
Liù: (con degnazione) Io sono superiore al matrimonio.
Turandot: Se è per questo, anch’io. (accattivante) Allora metti giù
quell’arnese e parliamone da donna a donna.
Altoum: (al pubblico) Visto? E’ una donna come tutte le altre.
Liù: (sospirando) Tu non sei una donna come tutte le altre!
Altoum: Come non detto bis!
Liù: Tu sei una principessa (Turandot annuisce con degnazione) e quindi non sei
una donna comune.
Turandot: Appunto.
Liù: Sei ricca, potente, famosa. Sei anche intelligente e, per giunta, sei
anche bella.
Turandot: Bontà tua!
Liù: Comunque anche se hai praticamente tutto, ti manca l’unica cosa che può
rendere felici. Al massimo puoi arrivare ad essere contenta ma felice mai.
Turandot: Ah sì? E sarebbe?
Liù: Ah, ma sei di coccio! Te l’ho già detto prima: l’amore. Tu non sai amare.
Sei come un albero senza linfa, una pianta che non può fiorire né dare frutti,
un simulacro vuoto. Il tuo cuore è freddo come il ghiaccio, intorno a te ci
sono solo solitudine e morte.
Turandot: (a Ping e al boia) Vedete di chiuderle la bocca. (Ping fa per
prenderle il pugnale ma Liù lo minaccia)
Liù: Certo io non posso sperare che Cal…
Turandot: (accorgendosi della gaffe di Liù) Sì, così, prosegui…
Liù: (accorgendosi di essere sul punto di tradirsi) che lui mi ami perché,
purtroppo, ha messo gli occhi su di te e poi, come tu stessa hai detto, non si
è mai visto che un principe sposi la sua schiava, se non nelle favole. Però,
piuttosto che vivere senza di lui o vederlo struggersi per una serpe come te,
(melodrammatica) preferisco la morte! (alza il braccio per aria brandendo il
pugnale)
Scena Quinta
Entrano Pang e Pong trascinando seco Timur. Li segue Calef arrabbiatissimo.
Calef: Protesto formalmente! Questo non è il modo di trattare un pover’uomo,
per giunta cieco! (si ferma vedendo Liù col pugnale alzato. A Liù) Liù, cosa
fai? Sei fuori di testa?
Liù: (trafiggendosi) Ebbene sì! (crolla a terra)
Calef: (Si inginocchia accanto a lei) E’ morta! Ma cosa le è preso?
(realizzando ciò che stava accadendo) La stavate torturando, eh? (a Turandot
arrabbiatissimo) Guarda come hai ridotto la mia schiava!
Timur: (precipitandosi su Liù) Liù! Liù! Parla, dì qualcosa!
Ping: (a Timur) E’ morta.
Pong: (sollevandole un braccio e lasciandolo ricadere) Finita!
Pang: Kaputt!
Turandot: (a Calef) Macché tua! E’ la schiava di quel vecchio mendicante.
Calef: Lo sai chi è quello che tu chiami “vecchio mendicante”? Nientepopodimeno
che l’Timur Terzo, signore di Timurlandia, di Kubilan, Karkassistan e altri, re
dei quattro venti, della Circassandia di sopra, di sotto, di destra, di
sinistra, di dentro, di fuori e chi più ne ha ne metta. Allora, che te ne pare?
(mentre parla, Timur lascia lentamente Liù e si erge in tutta la sua statura)
Altoum: (osservando Timur pieno di meraviglia) Davvero sei signore di tutti
questi luoghi? Li porti proprio male! Come mai? Cosa ti è successo alla vista?
Timur: (affrettandosi a togliersi gli occhiali) Ma niente! Incerti del
mestiere. Viaggiavamo in incognito per non farci riconoscere. (sottovoce)
Stiamo verificando se, vestito da pezzente, i miei sudditi continuano a
trattarmi come un re.
Altoum: (non comprendendo) Ah…E a cosa ti serve questa verifica?
Timur: A vedere se i nostri sudditi sono buoni sudditi: se lo sono, devono
saper riconoscere un nobile dalla sua puzza. Sai come dice il proverbio?
Pecunia non olet sed nobilitas olet. Maggiore è la puzza, maggiore è la
nobiltà.
Altoum: (poco convinto) A beh, quand’è così...
Calef: (fra sé) Mio padre come cacciaballe non ha uguali!
Scena Sesta
Un gallo canta chicchiricchì. La scena diventa più luminosa.
Ping: (spaventato) Il sole sorge!
Pang: E’ l’alba!
Calef: (canticchiando) E all’alba vincerò! (comincia a saltellare all’intorno
canterellando soddisfatto) Non ce l’hai fatta! Non ce l’hai fatta! (alza due
dita in segno di vittoria) Calef batte Turandot quattro a zero!
Ping, Pang, Pong: (applaudendo) Bravo! (Calef si inchina ai tre)
Turandot: (ai mandarini, con segni di stanchezza nella voce) Con voi faremo i
conti dopo! (a Calef) Dunque, chi sei? Quale sarebbe questo fantomatico nome?
Calef: (con orgoglio) Tieniti forte. Davanti a te sta il principe Calef, erede
del succitato Timur terzo, signore di Timurlandia, di Kubilan, Karkassistan e
altri. Eccetera, eccetera, eccetera. Questo “mendicante” (indica Timur) è mio
padre ed io sono suo figlio. (arrabbiandosi) E tu hai ucciso la sua schiava,
cioè la mia!
Timur: (alteramente) La nostra!
Ping, Pang, Pong: Accidempoli!
Altoum: (rivolgendosi calorosamente a Timur) Caro collega! Non so come scusarmi
di questa accoglienza così maldestra, così al di sotto dei tuoi meriti! D’altra
parte, lo capisci anche tu, combinato così come sei! Mi dispiace tanto per la
schiava: è stato un episodio proprio increscioso! D’altronde si è uccisa lei,
con le sue mani. (Intanto Liù ha alzato il capo ad osservare quello che sta
accadendo) Fosse stato per noi l’avremmo risparmiata volentieri.
Ping: Ma è proprio morta?
Liù: (rimettendosi sdraiata) Morta, mortissima!
Altoum: In fondo era solo una schiava…
Timur: Sì, ma era la MIA schiava!
Calef: La NOSTRA schiava!
Altoum: Ve ne darò un’altra nuova di zecca. (sbadiglia, poi cerca di spingere
Turandot fra le braccia di Calef) Turandot, fa un bell’inchino a questi signori
e bacia, finalmente, il tuo promesso sposo! (A Timur e Calef) Domani faremo
celebrare le nozze col più grande fasto, dopo che vi sarete dati una bella
ripulita e che avremo fatto tutti un bel riposino, vero? Se permettete, io
adesso mi ritiro: non mi reggo proprio in piedi! Che notte!
Calef: (reciso) E no, non si può!
Altoum: (incredulo) Come, non si può? Cos’altro c’è?
Calef: C’è che le nozze non si fanno.
Tutti: Cooosa?!?
Altoum: Insomma, cos’è ‘sta novità? Ti vuoi spiegare?
Calef: Non ci sposiamo più. Io quella lì (indica Turandot) non la voglio
neanche dipinta sul muro.
Turandot: Come ti permetti?
Timur: Con tutto quello che hai fatto per conquistarla! Una donna è addirittura
morta per questo! (Liù si solleva ed annuisce energicamente)
Calef: Appunto! Io mi sono proprio scocciato di tutto questo ambaradan! Sì, sì,
ci ho pensato bene mentre venivo qui e ho deciso che non vale la pena di
correre altri rischi. Mi sono detto: vuoi vedere che questa qui (indica
Turandot) va avanti tutta la vita con la faccenda degli indovinelli? (Imitando
la voce di Turandot) “Caro, indovina cosa ti ho preparato per cena? La prima
risposta è quella che conta!” (con la mano mima il taglio della testa) Non c’è
possibilità di replica. Per un po’ andrebbe bene ma alla lunga…Io voglio vivere
tranquillo, anzi, possibilmente voglio VIVERE! Invece (a Turandot) con te ci
sono buone probabilità di morire.
Turandot: (sostenuta) Insomma, rinunci al privilegio di avermi per moglie?
Calef: Sissignora: rinuncio!
Turandot: Papà, non accetterai che tua figlia sopporti questo affronto!
Altoum: (cercando di battersela) Io non c’entro, sbrigatela tu!
Turandot: (a Calef, un po’ incredula) Perciò rinunci alle grandi ricchezze che
io porto in dote, al regno e a tutto il resto? (Altoum ritorna sui suoi passi)
Calef: Alt! Alla dote e al resto non rinuncio proprio. Con tutta la fatica che
ho fatto per guadagnarmeli! Una donna è addirittura morta per questo! Vero?
(indica Liù. Questa annuisce di nuovo)
Altoum: (pacato) Mi dispiace, così non si può fare. Se vuoi la dote, devi
sposare anche lei. (indica Turandot) A ognuno i suoi guai. Dira lex sed lex!
(si siede sbadigliando)
Turandot: Appunto: lo dice la legge!
Calef: Ah, adesso che ti fa comodo, tiri in ballo la legge, eh? Comunque non
c’è nessuna legge che obblighi i pretendenti a sposarti, specie se non sono più
innamorati di te!
Turandot: (costernata) Non sei più innamorato di me? Ma se fino a ieri sera eri
pazzo d’amore!
Calef: Ieri era ieri. Adesso è un altro giorno. E’ mattina, c’è il sole, posso
guardarti bene in faccia. (la fissa negli occhi) E quello che vedo non mi
piace!
Turandot: (cominciando a perdere la sua sicurezza) Perché? Cosa vedi?
Calef: (lentamente) Vedo due occhi, bellissimi, certo, ma freddi come il
ghiaccio. Brrr! Se fa così freddo adesso che è estate, chissà come sarà
d’inverno?!
Turandot: Beh…risparmieremo sul freezer.
Calef: Già. Ma per il riscaldamento? Non c’è un briciolo di calore in te, sei
di ghiaccio.
Liù: (al pubblico) Questo qui continua a copiarmi!
Turandot: (incerta) Ghiaccio bollente…
Calef: (feroce) Per far bollire il ghiaccio ci vogliono più di cento gradi. (Le
prende un polso, glielo ausculta) Tu arrivi, sì e no, a trenta, trentuno e
mezzo. Per scongelare te, ci vorrebbe un falò grande come una montagna. Dove la
troviamo tutta questa legna? Non vorrei desertificare tutto il pianeta! (le
tasta nuovamente il polso poi glielo rilascia scuotendo il capo
sconsolatamente) Trentatre gradi: la temperatura di un morto!
Turandot: (pestando i piedi) Io non sono morta! Io sono viva! Vivissima! Esigo
che si rispettino i patti!
Calef: Ma pensa te, che coraggio! (ad Altoum) Com’era quel posto di ministro
che mi avevi offerto?
Timur: (furente) Io questo figlio lo ripudio, lo disconosco! Non l’ho fatto io!
Non l’ho fatto io, lo giuro!
Altoum: (prende la mano di Turandot e la mette in quella di Calef, il quale
subito la ritira) Su, ragazzi, fatela finita. Datevi la mano e scambiatevi
questo benedetto bacio.
Calef: (si mette a braccia conserte e gira le spalle a Turandot) Neanche per
sogno!
Turandot: (ad Altoum isterica) Lo vedi? Non mi vuole, non mi vuole! (comincia a
singhiozzare. Tutti si guardano in faccia sbalorditi. I tre mandarini e il boia
si avvicinano a guardare)
Timur: Cosa succede?
Ping: Piange! (sbalordito)
Pang: Piange! (compassionevole)
Pong: Piange! (grave)
Altoum: (rimproverando Calef) Hai visto? L’hai fatta piangere!
Calef: Molto bene. Il disgelo è cominciato!
Turandot: (piange senza ritegno, parlando e singhiozzando insieme) Io sono una
principessa, non mi si tratta così! Prima mi fa credere che mi ama e poi mi
abbandona così, davanti a tutti! Che figura ci faccio? Non è bello! Non è
dignitoso! Anche le principesse hanno un cuore!
Calef: Come no? Anche un fegato, un intestino, la coratella. Il cervello? Non
si sa.
Turandot: (continuando a piangere) Cosa credi? Che sia facile fare la
principessa in un mondo popolato di maschi allupati, pronti a farti lo
sgambetto e a sfilarti il trono da sotto il cul..il sedere prima che te ne
accorgi? Con un vecchio padre a carico, per giunta, che sì, è l’imperatore ma,
con licenza parlando, non si ricorda neppure il colore delle sue mutande e che,
se non sto attenta, non fa che combinare guai dalla mattina alla sera! Non gli
posso mica lasciare in mano il regno a uno così! Devo fare tutto io! (si
accorge di non avere più fazzoletti. Calef le offre il suo. Lei ci si soffia il
naso rumorosamente)
Altoum: (abbracciandola e battendole dei colpetti sulla schiena) Dillo al tuo
papà chi ti fa piangere così.
Turandot: Ha detto che non mi vuole bene!
Altoum: Ma no, ma no!
Calef: Si sono rotte le acque!
Turandot: (continuando a piangere) Mi accusano di aver ucciso tutti i miei
pretendenti…A parte il fatto che erano degli insufficienti mentali – come si fa
ad affidare il regno a degli insufficienti mentali? – ma non ce n’era uno, dico
uno, disposto, non dico a rinunciare al trono ma, almeno, a dividerlo con me
fifty-fifty!
Calef: (con slancio) Ma se è per il trono, te lo lascio tutto! Io ho le mie
parole incrociate!
Turandot: (lamentosa): Quello che chiedevo, in fondo, era di essere amata come
una donna, non come una dea! (tutti appaiono molto inteneriti) Mi volete come
una divinità? Allora esigo i miei sacrifici umani! Ma quella che si sacrifica
di più, in tutto questo, sono io! (piange rumorosamente)
Liù: (sollevando il capo) Figuriamoci! Adesso la vittima è lei!
Altoum: (accarezzando la figlia) Non piangere, dai. Mi fa male vederti così.
Certe emozioni, alla mia età, possono essere fatali.
Timur: (spingendo Calef fra le braccia di Turandot): E dai! Ormai ce l’hai in
pugno! Falla smettere! Cosa ti costa?
Altoum: (a Turandot) Da brava, così. Soffiati il naso…(Turandot obbedisce)
Ping, Pang, Pong: (battendo le mani a ritmo) Ba-cio! Ba-cio!
(Timur e Altoum spingono i due giovani uno di fronte all’altra, sempre più
vicini, predisponendoli all’abbraccio, finchè Calef, in un soprassalto di
vitalità, bacia appassionatamente Turandot la quale, dopo una breve resistenza,
si lascia travolgere. Tutti applaudono la scena)
Liù: (rialzandosi a mezzo busto) Meno male! Non se ne poteva più di tutti
questi piagnistei!
Turandot: (riprendendo fiato) Non avevi detto che non mi amavi più?
Calef: Prima. Adesso ho cambiato idea.
Turandot: E domani? Mi amerai anche domani?
Calef: Domani? Come ho già detto prima, domani è un altro giorno. (la bacia di
nuovo)
Timur: (applaudendo) Auguri!
Altoum: (prendendo Calef per un braccio) Voglio subito un bel nipotino.
Timur: Anch’io! Un erede per la nostra dinastia. Quanto al trono, è tutto da
vedere…
Calef: Calma! Lasciatemi godere la luna di miele, prima! (riprende Turandot fra
le braccia)
Ping: (inchinandosi servilmente a Calef) Maestà.
Pang: (imitandolo) Siamo ai tuoi ordini.
Pong: (inchinandosi a sua volta) A tua completa disposizione.
Calef: (ai tre mandarini, minaccioso) Sparite! (i tre si affrettano ad uscire
continuando ad inchinarsi. Al pubblico)
Timur: (ad Altoum, traendolo in disparte) Veniamo agli aspetti più pratici.
Quanto viene assegnato alla principessa come rendita annuale?
Altoum: Non se ne potrebbe discutere più tardi? Non vuoi riposarti un po’?
Magari darti una bella ripulita… A mente fresca si ragiona meglio. (gli fa
strada uscendo di scena)
Altoum: Ah beh, non hai tutti i torti. (lo segue)
(Calef e Turandot restano abbracciati mentre la luce pian piano diminuisce ed i
loro corpi diventano delle sagome scure contro il disco bianco della luna)
Turandot: (sottovoce) Mi amerai sempre?
Calef: Semprissimamente.
Turandot: E mi lascerai comandare un po’ anche a me?
Calef: Figurati, purché…
Turandot: Purché?
Calef: Purché lasci che gli enigmi li risolva io.
Turandot: No, io.
Calef: Ho detto io.
Turandot: (conciliando) Un po’ anch’io!
Calef: Ma soprattutto io.
Le due voci diventano un sussurro finché tacciono del tutto ed anche le loro
sagome scompaiono dal disco bianco.
Epilogo
Nel disco bianco sul fondoscena compaiono i profili del papà e del bambino.
Bambino: E’ finita?
Papà: Sì. Ti è piaciuta?
Bambino: Insomma. Non è proprio una fiaba. Mancano gli incantesimi. E poi non
vince il buono, vince il cattivo.
Papà: Come? Vince il cattivo? Calef, che è il buono, supera la prova e vince il
premio. Turandot, che è la cattiva, diventa buona. Questo è l’incantesimo.
Bambino: Sarà. Nella vita non succede mica così. I cattivi non cambiano mai.
Magari si pentono, ma fanno solo finta…
Papà: Ma non volevi una fiaba?
Bambino: Sì, però….E quella povera Liù?
Papà: C’è sempre qualcuno che ci rimette. In fondo l’ha scelto lei di morire.
Se avesse svelato invece il nome di Calef…
Bambino: Sarebbe morto il buono! Vedi che cavolo di fiaba mi hai raccontato? A
me, che ci sia qualcuno che si sacrifica per il bene della comune non mi va
proprio giù.
Papà: (sospirando) Così va il mondo da un sacco di tempo!
Bambino: Non è una buona ragione per continuare a farlo andare così.
Papà: Che ne dici di fare la nanna?
Bambino: OK. Notte!
Papà: (sbadigliando) Notte! Spero di fare un bel sogno, magari la principessa
Turandot.
Bambino: (dolcemente) Io invece sognerò Liù.
Lentamente la luce si spegne sulle note di “Nessun dorma”.
Sipario