Gli occhiali d’oro

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Gli occhiali d’oro     (Mélo 1938)

Adattamento teatrale di Alberto Cattini,

dalla sceneggiatura di Nicola Badalucco,

ispirata al racconto di Giorgio Bassani


Personaggi

Davide Lattes, studente di filosofia

Bruno, suo padre

Myriam, sua madre

Nora Treves, l’amica di Davide

Dottor Fadigati

Deliliers, uno studente pugile

Lavezzoli, una signora di Ferrara

Vittoria, sua figlia

Guido, suo figlio

Bianca, una studentessa

Perugia, professore dimissionario

Un professore del regime

La governante di Nora

Un’eminenza del regime

Il grande Duca

Carlotta, una bella ragazza

Camerieri

§Diapo del finale di OSSESSIONE di Visconti

§Buio, sciacquio del fiume, ben chiaro il rumore di qualcosa che cade in acqua

ATTO PRIMO

§Diapo del teatro di SENSO

§Finale del CANTO DELLA TERRA di Mahler Applausi in sottofondo.

Scena 1 - uscendo dal teatro: girotondo di Fadigati e Davide.

La famiglia Lattes

Bruno:             Molto bravi, non è vero?

Fadigati          (entusiasta):  Oh caro signor Lattes, che serata memorabile. Sapete che questa è una delle prime esecuzioni del Canto della terra in Italia?

Myriam           (ironica):  Peccato, non capire le parole. Io non apprezzo per niente ciò che sa di tedesco.

Fadigati:         Dell’amicizia dei Tedeschi/ Non sto darmi pensiero. Signora, dovete, invece, apprezzare

che la censura non sapesse che Mahler era di famiglia ebrea. E poi il suo genio era boemo.

I genitori si trasferirono con tutti i figli in Moravia non appena le leggi sull’emigrazione

interna all’impero asburgico furono abolite. Suvvia consolatevi…l’orchestra è italiana. E

così pure il contralto: bella, oltre che brava... E cinesi, i testi originali. Due liriche di Hao-

jan e di Wang Wei, In attesa dell’amico e Il congedo dell’amico.

Davide            (alla madre):  Sono versi che devi conoscere. (AFadigati): Scese da cavallo e gli porse / la

coppa dell’addio. Gli chiese / dove mai andasse e perché dovesse essere così.

Fadigati:         Parlò, e velata era la sua voce: / “Amico mio, in questo mondo / non mi ha proprio sorriso

la fortuna. /Dove vado? Vado a vagare tra i monti /a cercare pace per il mio cuore

solitario”. E’ bello dividere con Davide il piacere dei testi.

Davide:           Simbolicamente, nelle parole. E’ stato lei a offrire un senso alla pratica della recitazione,

quando mi limitavo a memorizzare ciò che mi eccitava. Non mi ha forse spiegato che

l’uomo non scompare del tutto sotto la coltre della meschinità, o almeno questa è

l’illusione che ne trae, se raccoglie i versi dei poeti, e li rianima sulle proprie labbra?

Fadigati:         E lo fa essere, non più solo corpo del quotidiano, ma ombra alata.

Davide:           Se crea propri mondi, regolativi...

Fadigati:         La parola ci difende dagli istinti che urlano. Faccia attenzione. Alla sua età anche gli istinti

sono limpida poesia. Insieme squarciano le tenebre, e regalano la credenza.Alla mia, gli

istinti si sono bagnati nella melma della società, le parole sono una preghiera. Ci

distolgono dalla disperazione che monta, talora ci rappresentano per gli altri, agli amici ai

quali affidiamo il ricordo. Le parole creano attimi rari, chissà forse ci aiutano anche

quando la forza di gravitazione ultimativa ci ghermirà, l’acqua nera ci sommergerà...

Davide:           Il Canto della terra ci porterà con sé (intuisce l’allusione di Fadigati, se ne spaventa): A

proposito, ho letto che il passo di Mahler sarebbe autobiografico.

Fadigati:         Il Maestro era sotto una violenta emozione. Gli era appena stata rivelata la gravità

dell’affezione cardiaca. Senta questi versi: “Silenzioso il mio cuore/ansiosamente aspetta la

sua ora”, e poi la chiusa: “S’illuminano d’azzurro gli orizzonti / sempre...sempre”. Wang

Wei coglie solo un po’ d’azzurro, nell’eterno passare di nuvole nere, Mahler, invece,

sublima la fine. Temo che il mio cuore sia della stessa pasta di quello del poeta cinese. Se

viene a trovarmi, le faccio ascoltare...

Sig.ra Lavezzoli Lo ruba ai Lattes che ne approfittano per allontanarsene, solo Davide resta in scena)

Lavezzoli:       Caro dottore! Finalmente vi ho trovata. Ho invitato alcuni amici per uno spuntino

                        freddo. Volete essere dei nostri?

Fadigati:         Come siete cortese...

Lavezzoli:       una mano di bridge? …per un Cognac...per una sigaretta?

Fadigati.:        Gioco piuttosto male, non bevo alcolici e non fumo.

Lavezzoli.:      Bugiardo! Voi fate bene tutto quello che fate.

Fadigati:         Un’altra sera, scusatemi.

Lavezzoli:       Dottore, vi trattengo ancora un attimo. Tanto vale che vi dica la ragione del mio

                        interesse. Ho comprato una piccola villa sull’Appennino, e vorrei fame un

                        gioiellino.  Nessuno a Ferrara, ha il vostro buon gusto.

Fadigati.:        Mi sopravvalutate, signora.

Lavezzoli:       Se voleste darmi un consiglio…(Più esplicita, quasi allusiva) Potrei passare a

prendervi, uno di questi giorni. Un salto in collina, che ci vuole?

Fadigati:         Verrei volentieri, ma…mezza Ferrara ha il mal di gola in questo periodo.

Lavezzoli:       Dottore, dottore.., voi mi trascurate (seducente nell’irritazione trattenuta)…io so

                        essere tanto cattiva, a volte.

Fad.:               Non con me, spero.

Nora:               Dott. Fadigati!...Ho bisogno di un vostro consiglio...Non come medico si

            intende…Ho visto il quadro più bello in assoluto!

Fadigati:         Una natura morta, una marina, con una figura bianca in distanza?

Nora:               Quella. Il guaio è che qualcuno l’ha già acquistata.

Fadigati :        Non qualcuno. Ho acquistato io il De Pisis. Spero non vogliate farmene una colpa.

Nora:               E invece sì; l’altro giorno papà ha visto il catalogo e se n’è subito innamorato.

Fadigati:         E come sta?

Nora:               Dal letto alla poltrona, dalla poltrona al letto...

Fadigati          (un istante di esitazione): Quel quadro è vostro. Ricordatemi a papà, vi prego.

Nora:               Dottore!.. .Grazie! ... Siete... un perfetto gentiluomo.

Deliliers e gli altri ragazzi (in un angolo del palcoscenico)

Vittoria:          Hai visto da chi si è fatto avvicinare il nostro compagno di treno?

Guido:            Fadigati fa tanto il raffinato, e poi si mischia con operai e soldati.

Deliliers:         Per dieci lire ve lo dico io perché li frequenta, e perché si reca a Bologna due

                        volte la settimana.

Bianca:            Ehi Ehi! Un uomo così bello e distinto!

Vittoria:          E se avesse ragione Deliliers?

Bianca:            Gli ha acceso solo una sigaretta.

Vittoria:          Il dottore non fuma, ma i fiammiferi ce li ha.

Bianca:            Uffa, uscite da un concerto e non avete altro a cui pensare?

Guido:            Sei tu a essere fuori dal mondo.

Bianca:            Loro sì, guardate là: Davide e Nora... non vi fanno tenerezza?... non vi fanno

                        venire voglia d’essere innamorati?

Vittoria:          Non dimenticare che sono ebrei. L’esserlo non fa di loro una coppia che dura.

Nora e Davide

Davide:           Finalmente. Ti ho cercata in sala.

Nora:               Ero in un palco con amici.

Davide:           Ah, le autorità del regime.

Nora:               Le autorità.

Davide:           E ti hanno lasciato andare?

Nora:               Devo correre da mio padre.

Davide:           Sta peggio?

Nora:               In preda al terrore.

Davide            (interrogativo)

Nora:               Di qualcosa... di qualcuno. Ha bisogno di calma.

Davide:           Che cosa fa?

Nora:               Piange. Desiderava un De Pisis, e l’ho accontentato. Il dottor Fadigati é stato,

                        come al solito, perfetto: me lo ha ceduto.

Davide            (contento di appigliarsi a un argomento): La marina. Quelle cose salite sulla

                        spiaggia, felici di mostrarsi. Quella figurina bianca lontana.

                         L’attimo amoroso compiuto. E’ quello il quadro?

Nora:               Se mi ami... non chiedermi di mio padre (voleva dire: lasciami stare).

Davide:           Ti amo. Sono qui perché ti amo.

Nora                (esasperata): Lo so, ma io non ho più ricordi. Non ne voglio più. Il solo legame che

mi resta con Ferrara è quel vecchio che si spegne... e succhia la bellezza con lo spirito di chi avvicina le labbra allo spumante. Un tono, un’ebbrezza. No, no. L’ebbrezza e il terrore.

Davide:           Ma io sono qui. Il mio cuore è legato... al tuo timone.

Nora:               Taci. Non devi stupirmi con le metafore d’Antonio. Shakespeare, la poesia... ho

sempre giocato con te, con le citazioni, fin da bambina, ma io non somiglio alle tue innamorate, e tanto meno alle nostre eroine che escono dalle mura per uccidere il nemico. Svanisco come un miraggio... se vuoi.., anche in De Pisis…sento le cornacchie nere sopra la mia testa. Non trovo un cantuccio nel colore, non riesco ad abitare il quadro... come faccio a fartelo comprendere?... la bellezza mi fa sentire più in basso di quel che già non sia, irrisolta, irrimediabilmente perduta, ombra di una caverna senza speranza...

Davide:           Neppure un bacio?

Nora                (con la più viva agitazione): Adesso devo andare, ti cercherò.

Buio sul palcoscenico per alcuni istanti.

Scena 2 - Casa Lattes - Rientrando da teatro.

Bruno:             Si, te lo ripeto, l’ho saputo quando tu ti sei attardato con Nora. Correva sulle

labbra perfino della signora Lavezzoli, e quando lo sa lei... Il professor Perugia è stato     esonerato dall’insegnamento, o l’hanno costretto a dare le dimissioni. Qualcuno diceva perché le sue lezioni erano sovversive; qualcun altro per questioni di religione o di razza, che ne so.

Davide:           E tremendo, può succedere di tutto, adesso.

Bruno:             Mi dispiace per il professore, è un ferrarese come noi, ed è una persona stimabilissima,

                        così cortese...

Davide:           Ci pensi? Ha tre figli. Dal mese prossimo non porterà più a casa un soldo...

Bruno:             Non scaldarti troppo. si direbbe che la colpa sia mia…avrà commesso degli errori,

                        altrimenti non l’avrebbero allontanato.

Davide:           Come fai a essere così cieco? È un ebreo come noi, lo capisci? Oggi tocca ai docenti,

                        domani agli studenti, forse a tutti noi.

Bruno:             Davide, basta, non essere polemico, e poi l’argomento è chiuso. Vedrai che prevarrà il

                        buon senso.

Myriam:          Ha ragione tuo padre, il buon senso non manca agli italiani. Domani, troverai il

                        professor Perugia in cattedra. Vai a dormire. Buona notte, Davide.

Scena 3 - Stazione di Ferrara

Guido             (guardando un’anziana): Ehi, Deliliers, c’é una signora che ti mangia con gli occhi.

                        Però, sembra un pezzo da museo (ride da solo).

Deliliers          (cinicamente): Non le resta altro che guardare.

Guido:            Ti sta valutando. Ha una tariffa per tutti: garzoni, autisti, studenti. Pare che fosse

                        molto bella. Per giunta è ricchissima.

Deliliers:         Nemmeno da morto.

Vittoria           (interrompendo il loro dialogo): Eccolo, è arrivato. Il martedì e il venerdì prende sempre

                        il treno per Bologna.

(Fischio del treno, Fadigati sale su un vagone)

Bianca:            Forza dottore, venite vicino a noi. 

Fadigati:         Mi dispiace, devo leggere qualcosa durante il viaggio. Magari, nel ritorno.

Vittoria:          C’è ancora tempo, prima della partenza.

                        Bianca tocca a te l’acquisto dei panini e delle bibite.

Guido:            Cinque al prosciutto e due al salame.

Vittoria:          No, cinque al salame.

Bianca:            Ho capito.

Guido:            E quattro aranciate.

Varie:              E le sigarette? 

                        Compera del vino!

                        Anche per me un panino al salame.

                        Forza Bianca, che il treno parte.

Bianca:            (s’affretta trafelata): E’ l’ultima volta. : (si siede, pensando al dottore): Darei dieci lire

                        per sapere cosa va a fare a Bologna due volte la settimana.

Fadigati:         Ho cambiato idea. C’è posto per me?

Bianca:            Ma certo, dottore. Volete un panino al salame o al prosciutto?

Fadigati:         No, grazie. La terza classe ha questo di buono. Panche di legno senza le panche

            imbottite piene di polvere. Si spende la metà e si trova buona compagnia.

            In seconda, si viaggia più tranquilli.

Davide:           Anche voi fate il pendolare?

Fadigati:         Due giorni la settimana, sto prendendo la libera docenza. (Rivolto a Davide):

                        Magnifico concerto, vero?

Davide:           Magnifico. A casa, ho avuto la notizia del professor Perugia.

Fadigati:         L’ho saputo anch’io. Una decisione (piano) infame. Gli scriverà. Quando lo incontra,  

                        gli porga la mia solidarietà...

Vittoria:          Vi ricordate di me?

Fadigati:         Certo, siete una Lavezzoli. Da bambina, vediamo, adenoidi e unite (tutti ridono).

                        (Rivolto a Guido): E voi siete il fratello maggiore. Soffriva di epistassi.

Bianca:            E io?

Fadigati:         Se foste stata la mia paziente, vi ricorderei di sicuro.

Bianca:            Perché?

Fadigati:         Perché siete simpatica.

(Il treno si ferma e tutti scendono)

Fadigati:         Arrivederci, io scappo.

Vittoria:          Guardate come corre.

Guido:            Forse, ha paura che gli scappi la libera docenza.

Deliliers:         …o qualcun altro... perché non lo seguiamo?

Bianca:            Che senso ha? Siete ridicoli.

Scena 4 – Università

Grida minacciose

Bianca:            Li sentite? Li sentite?

Perugia            (rassegnato): Chi urla crede di aver ragione. Sono gli asini del regime. Ne approfittano

                        per guadagnarsi dei meriti, studenti della razza ariana...

Vittoria           (scoppia in lacrime): Professore, perché?

Perugia            (le porge il fazzoletto): Non fate così, gli ebrei sono sempre stati perseguitati, anche

                        se ho l’impressione, la convinzione, che i fascisti siano peggio della canea che si

                        scatenò a suo tempo contro Dreyfus.

Bianca:            Chi era Dreyfus?

Perugia:           Lasciate perdere, non è il momento.

Bianca:            E noi come faremo?

Perugia:           Studiate come avete sempre fatto. Vi troverete bene anche con il professor

                        Badalucco, vedrete, è un ottimo insegnante.

Vittoria:          Non sarà più come prima.

Perugia:           Niente è mai come prima. Buona fortuna, ragazze.

(Le grida si fanno più intense)   Studenti: Giu-de-o... giu-de-o...

(Davide si fa incontro al Professore)

Davide:           L’hanno costretta a dimettersi, vero?

Perugia:           Sì, Davide. Le dimissioni sono la formula con cui gli ebrei lasciano le cattedre

                        universitarie. Ci hanno detto di andare a vivere nel ghetto. Penso che ci getteranno

                        in prigione, o ci raccoglieranno da qualche parte. Preparatevi al peggio tutti.

(Alcuni studenti stringono la mano al loro professore, altri lo spingono e cercano lo scontro).

Deliliers          (si affianca a Davide): Venite avanti uno per volta, e siamo pronti a fare a pugni

                        con voi. Vero, Davide?

(Gli aggressori si ritirano).

Scena 5 - In trattoria a Bologna - Fadigati, Deliliers e i ragazzi

(I più al banco della mescita, chi su una sedia in attesa di un posto)

(Rumori vari, una musichetta volgare in sottofondo)

Diapo di Rocco e i suoi fratelli.

Fadigati:         Che bello, ci si ritrova tutti, studenti pendolari e medici svagati, a Bologna.

                        In questa trattoria non mancano mai i ferraresi. Che si mangia, oggi?

Cameriere:      Piatto del giorno, il minestrone.

Fadigati:         Il minestrone è buono freddo, con un po’ d’olio. (A Deliliers) Voi cosa pensate di mangiare?

Deliliers          (non risponde)

Fadigati:         Saltate il primo?

Vittoria:          Sta a dieta.

Fadigati:         A dieta lui? Io si che dovrei starci.

Guido:            Deve fare il peso.

Fadigati:         Ah, la boxe! (A Del.) Come mai praticate la boxe?

Del.:                Perché, non vi piace?

Fad.:               Sinceramente no.

Del:                 Forse... perché è Io sport dei poveri?

Fad.:               Oh no... intendevo dire...

Guido:            Dottore... guardate che Deliliers è un campione.

Vittoria:          E poi... con i pugni si mantiene all’università, e qui le ragazze, anche se non osano,

                        lo scrutano con invidia.

Fad.:               Volevo soltanto dire che...

Vittoria:          Non dica niente, è meglio

Del.:                Sentiamo, forse il dottore ha da dire cose interessanti.

Fad. :              Niente di interessante. Cose risapute.

Del.:                Ho capito...i pugni fanno male...Lasciano traumi profondi. Provocano lesioni alla corteccia

                        cerebrale.. .E’ questo che voleva dire?

Fad.:               Be’ in effetti...

Del.:                Ho detto tutto io. Cosi potrete mangiare senza altre preoccupazioni.

Bianca:            Oggi, siete mio ospite. Ho deciso cosi.

Fadigati:         Grazie. Ma deve ancora nascere la signora o signorina che possa pagare il mio conto.

Bianca:            Guardate che mi offendo!

Fadigati:         Se vi offendete, allora.., ma a un patto, (guarda Deliliers) che tutti gli altri siano ospiti miei.  Obiezioni?

Guido:            Tutti d’accordo. Avete vinto.

Vittoria:          Guardate, guardate cosa fa Deliliers...Un pugile che fuma! ...Perché non lo rimproverate?

Guido:            Vittoria, piantala!

Del.:                Fuoco!

Guido:            Io non fumo, ma con me ho sempre dei fiammiferi.

Vittoria:          Possono servire, all’occorrenza.

Bianca:            Non avete mai visto tirare di boxe?

Guido:            Agilità, destrezza.., gioco di gambe.

Vittoria:          Per questo si chiama nobile arte.

Del.:                            Adesso basta con le sciocchezze. Che ne sapete voi della boxe? Il dottore ha ragione: pugni fanno male. Voi non ne avete mai né dati né presi. (Si rivolge a Fad.) Eppure il ring costringe gli uomini a conoscersi. In pochi istanti, e senza bisogno di parlare.

                        Se davvero ho conosciuto qualcuno è accaduto sul ring.

Cameriere:      Si è liberato un tavolo.

Bianca:            C’è un tavolo tutto per noi, venite pugili e ammiratori. E voi che vivete tra i suoni e i

colori, unitevi a me e illuminatemi.

Fadigati:         E Davide, non è qui con voi?

Bianca:            Di solito sì, ma ha un esame da sostenere, ed è tornato a casa, per l’ultimo ripasso.

(Bianca prende sottobraccio il dottore; il dottore, nel convenire alla cortesia, non si accorge che gli scivola il portafogli sul pavimento)

Del.:                Dottore!.,.. Non avete perso qualcosa?

Fad. Estrae l’astuccio degli occhiali.

Fad.:               Mi sembra di no. (Del. gli porge il portafoglio) Oh, che sbadato!. ..Grazie.

Bianca:            Dottore, mi abbandonate?

Vittoria:          Taci, lasciali soli, l’intenditore d’arte e l’atleta plebeo. Vedrai che si comprenderanno

(Soli sul palcoscenico)

Del.:                Mercoledì sera ho il match. Perché non venite a vedermi?

Scena 6 Casa Lattes

Notizie radiofoniche: il governo tedesco ha preso severe misure contro i capitalisti ebrei

che hanno sabotato il Paese.

(Bruno spegne la radio non appena si affaccia la moglie.)

Myriam:          Perché hai spento? Credi di tranquillizzarmi nascondendomi le notizie?

Bruno:             Tranquillizzarti? La Germania è la Germania, e Mussolini non è Hitler.

                        Da noi certe cose non possono succedere.

Entra Davide.

Davide:           Il treno ha avuto ritardo. Che cosa ha detto la radio? Chissà cosa fa in lire un milione di marchi tedeschi. (Insiste, nonostante il silenzio dei genitori) E’ questa la somma che dovranno pagare gli ebrei tedeschi al governo nazista. La chiamano ammenda, ma è solo un’estorsione.

Bruno:             Vorrei mangiare in pace.

Davide:           Pensi che non succederà anche in Italia? Nazismo e fascismo sono della stessa pasta, muta

                        soltanto il condimento.

Bruno:             L’Italia non ha una tradizione antisemita.

Davide:           Si fa presto a prendere il contagio. Pensa al professor Perugia.

Bruno:             Polvere negli occhi, per tenere buono Hitler. Il governo italiano, un po’ di riconoscenza,

                        ce la deve.

Davide:           Qualcuno di noi lo ha aiutato a prendere il potere, bell’affare.

Myriam:          Davide, è meglio che ti concentri sul prossimo esame.

Scena 7 Università.

Diapo di La caduta degli dei.

(Un vociare indescrivibile, di rissa, e teppismo, irrompe in un ‘aula d’esami. Slogan come questi: “Fuori i giudei dalla scuola di ogni ordine e grado”, “Vi spediremo nel ghetto”, “Farete tutti la

fine di Perugia”, “Giudei, falsi monetari della scuola”. Gli slogan si affievoliscono a un tratto, come al richiudersi di una porta, alle spalle di Nora, che si ferma nell’angolo opposto a quello in cui Davide.)

Davide            (rispondendo alle domande d’esame): Lo so che Moravia...

Professore       (interrompendolo per le urla di fuori, con un sorriso compiaciuto): Senti senti, “falsi

                        monetari”, gridano i miei studenti. Capite di che cosa stanno parlando?

Davide:           Ho seguito i vostri corsi di letteratura. Questo è il giudizio che Nietzsche dava di Carlyle,

                        “Falsch-mùnzer”, “falso monetario”. Lo spiegavate ricorrendo al prologo...

Professore:      …lo splendido prologo di «Also sprach Zarathustra».

Davide:           E alla “nuvola oscura sul nostro cielo”. Questa nube è il nostro generico essere uomini.

                        Superare l’umanità, significa trovare i fratelli, visibili e distinguibili.

Professore:      Benissimo. Parlare alla massa, significa estrarre dall’informe aggregato dei molti uomini

le persone che ci somigliano, distoglierle dalla mandria di cui non vogliamo essere pastori o cani. Zarathustra non parla a chi non ha occhi per vedere e orecchie per udire. I veri simili, lo sono nel valore. Amare significa riconoscere ed essere riconosciuti. E insieme mirare alla realizzazione suprema. Siete informato, lo vedo, ma poco convinto. Non avete assimilato. Capisco anche che, in quanto ebreo, non vi riconosciate tra chi è ritenuto senza coscienza.

Davide:           Quando sento parlare in nome di Nietzsche, mi torna in mente la nozione di modernità di

                        Schopenhauer: la modernità dei nostri tempi è l’illusione di tutti i tempi.

Professore:      Con voi è tutta una polemica. Mi esasperate. Torniamo all’esame di letteratura italiana.

                        L’abbiamo lasciato su una vostra affermazione alquanto azzardata. Secondo voi, Moravia

sarebbe la voce più interessante del momento? Mi risulta che non produca da quasi dieci anni, se si fa eccezione per un piccolo rantolo intermedio, inascoltato e inascoltabile.

Davide:           Ho soltanto sostenuto che Bilenchi, con «Il capofabbrica», e Moravia con «Gli indifferenti» hanno portato qualcosa di nuovo nella nostra letteratura. E che su «Letteratura» ho letto alcune  pagine straordinariamente inventive di un certo Gadda. Impressioni mie, e poi...

Professore:      Lasciamo perdere gli operai di Bilenchi, questo cosiddetto fascista di sinistra. Gadda mi

dicono che sia un ingegnere. Ma quei due fratelli di Moravia, così immorali, così decadenti, rappresenterebbero per voi la gioventù del Littorio? Figuriamoci, non dite corbellerie.

Davide:           Ho solo esternato delle opinioni, degli interessi che mi sono stati richiesti.

Professore       (osserva in silenzio il libretto di Davide):  Il vostro libretto. Davide Lattes, una lunga fila

                        di trenta e trenta con lode, vedo... Diciotto.

Davide:           Che cosa avete valutato, il mio esame o la religione che avete desunto dal cognome?

Prof.:               Se volete potete ritirarvi. E presentarvi alla prossima sessione.

Davide:           Diciotto mi sta benissimo. Tanto è lei, anzi voi, che mettete la firma.

(Davide si allontana dal tavolo e s’imbatte in Nora)

Nora:               Ti hanno messo sotto torchio? Davide Sì.

Nora:               Il solito trenta e lode?

(Davide fa cenno di no)

Nora:               Ho capito, diciotto. E’ già tanto. Se fosse successo a me avresti detto: “Ti è andata bene.

                        In Germania ti avrebbero fucilata!”.

Davide:           Sai.., è la prima volta che mi succede.

Nora:               Allora, dobbiamo festeggiare. Vieni

Davide:           Aspetta.. .Dove mi porti?

Nora:               E’ una sorpresa.

Davide:           Sono sicuro che i tuoi programmi siano bellissimi.

                        Però... , adesso, devo prima passare da un posto.

Nora:               Adesso?

Davide:           E’ importante, Potresti venire anche tu. Su, andiamo. (La trascina su un diverso piano scenico)  Si direbbe che non sei mai stata in un ghetto.

Nora:               Dimentichi che i Treves vengono dal ghetto!

Davide:           Non ti facevo un rimprovero.. .Anch’io sai... sono le circostanze a portarmi qui.

                        Da quando il professor Perugia è stato espulso dall’università al grido di “giudeo giudeo”,

                        l’esistenza di noi tutti è cambiata.

Scena 8 - Ghetto.

Altra diapositiva di La caduta degli dei.

Davide:           Professore!

Perugia:           Davide!...Signorina!

Davide:           Nora Treves.

Perugia:           Lo so. L’ho riconosciuta... Prego. (La invita a sederai) La mia nuova casa.

Non è bella, ma vi si respira un’aria che mi si addice.. .La padrona abita lì (indica una quinta)... un subaffitto, insomma. E’ molto anziana e non sta bene in salute... Badare un po’ a lei fa parte, come dire?, della pigione.

(Davide gli porge dei foglietti)

Perugia:           Bravo! Come hai fatto a trovare tutti questi indirizzi? ... Amsterdam, Lione, Bruxelles...

Davide:           Un mio ex compagno che studia a Parigi. E’ figlio di un fuoriuscito antifascista.

Perugia:           E’ importante avere dei punti di riferimento. Dalla Germania hanno cominciato a espatriare.  Qualcuno ce la fa, ma non tutti hanno abbastanza denaro.., e non tutti credono che il peggio  debba ancora venire. Servono degli alloggi, almeno per i primi tempi.

Davide:           Dalla Germania sono partiti... i più lungimiranti, e naturalmente i più abbienti.

Perugia:           Denaro non ne ho, e questo mi lascia più sereno. E voi mezzi ne avete, cosa pensate di fare?

Davide:           Mio padre è ottimista e non sente ragioni: la Germania è la Germania e l’Italia è l’Italia.

Io la penso diversamente, nazismo e fascismo sono la stessa cosa, e il Duce vorrà strafare agli occhi di Hitler.

(Grida dalla strada in crescendo)

Perugia:           In un naufragio, che ci toccherà tutti, ebrei e ariani, vedrete, non sopravvivranno i più giusti o i più meritevoli... sopravviveranno i più svelti o i più fortunati.

Davide:           Bisogna che i giovani non si facciano trovare impreparati...

(Aumentano le grida e la voce di Perugia non si sente più).

Grido di Nora:              Davide!

Davide:            Nora! (Si abbracciano).

Scena 9 Casa di Nora

(Va loro incontro la governante)

Diapo de Il lavoro.

Governante:    Che Dio vi benedica entrambi.

Davide:           Che dice, cara governante? Lo sa che veniamo dal ghetto di Bologna?

Govern:           Ci vado tutti i giorni, anch’io, in quello di Ferrara. Molti vecchi sono rimasti da soli.

Nora:               il ghetto, non me lo ricordavo così.

Govern:           E’ sempre stato un luogo di odori e di ombre particolari.

                        Fin da bambina la signorina Nora non li tollerava.

Nora:               Mio padre portava in casa dei gran mazzi di fiori.

Govern:           E sua madre accendeva tutte le luci.

Nora                (alla governante): Anna, lasciaci, abbiamo così poco da stare insieme.

Govern            (con molta pena): Sparisco subito. Ho preparato in cucina qualcosa di freddo da mangiare.

                         E domani? Vi debbo svegliare per tempo?

Nora:               Non angustiamoci adesso. Non farti sentire.

(La governante esce)

Davide            (che sembra non aver ascoltato le ultime parole): Ogni volta che mi reco nel ghetto, mi tornano davanti immagini bibliche. Fughe e sacrifici. Che ne sarà di noi? Non voglio diventare ostile ai  fremiti dell’aria, subire l’assillo della menzogna.

Nora:               Ricorri sempre alla poesia?

Davide:           Quante volte ci siamo detti di non voler soggiacere ai demoni di ghiaccio.

Nora:               Dammene una ragione.

Davide:           Il poeta conserva tutti i volti di ciò che vive. Lo sai come la penso: vorrei trasferire tutte le

persone che amo nella sfera della poesia, e della musica, comunicare con loro, con te, con parole speciali. Dare una parvenza di nobiltà, di grandezza alle nostre storie. L’eroe non esiste, solo miserie da ogni parte, ma se debbo morire giovane, voglio pensare che capiti come nelle tragedie dei poeti. Cerco un’aura. Me la invento.

Nora:               Come potrò fare a meno dite?

Davide:           E perché devi fare a meno di me?

Nora:               Il poeta conserva i volti, il poeta fa vivere, hai detto così?

Davide:           Il tuo, più degli altri, il tuo che amo da sempre.

Nora:               Allora, io vivo.

Davide:           Io voglio che tu viva, che tu sia.

Nora:               E’ vero che sono bella?

Davide:           Sei bellissima.

Nota:               Allora perché non lo dici?

Davide:           Avrò recitato almeno cento volte la parte di Romeo.

Nora:               Non dovevi smettere.

Davide:           Sei bellissima, e mi fai soffrire, con le tue oltraggiose frequentazioni.

Nora:               Basta così. Baciami.

Davide            (la bacia).

Nora:               Se mi baci non ti vedo, e tu non vedi me. Voglio essere guardata e voglio essere accarezzata. (Porta la mano al viso, Davide fa per parlare, ma Nora lo previene)

Nora:               Non parlare più, ti prego. Le tue parole oggi mi feriscono. Preferisco gli occhi che seducono.Voglio che le tue mani mi accarezzino ancora.

Davide:           Voglio, voglio... La tua governante sapeva che avremmo trascorso la notte insieme. Quando hai  deciso di fare l’amore con me?

Nora:               L’hai vista quella gente...nel ghetto? Stavano in fila, uno dietro l’altro.., e urlavano. urlavano. . .  Perché tutte le strade conducono in buchi di nera putredine.

Davide:           Il fuoco si sta spegnendo.

Nora:               Io ti amo (Lo abbraccia) Io ti amo.

Davide:           Perché non me lo hai mai detto prima? Ripetilo all’infinito.

Nora:               Lo dicevi tu…e bastava. Non potevo replicare con i versi di Giulietta, avrei esagerato,

                        avrei rotto l’incanto, trasformato la realtà in mera finzione.

Davide:           Ho aspettato tanto questo giorno e tu lo rinviavi, lo rinviavi.. .come se il nostro primo giorno dovesse anche essere l’ultimo. E’ così? Mi stai prendendo per mano lungo un sentiero simbolico?

Nora:              Vieni qui. Siediti e stammi a sentire. In certe cose dimostri il doppio dei tuoi anni,

in altre invece.. sì e no la metà. Perché oggi?.. .perché oggi volevo fare l’amore con te. Perché ho detto ti amo?

                        Perché è vero. Come vedi, tutto è molto semplice. Sono la donna più semplice del mondo.

Davide:           Sei una bugiarda. Lo capisco il tuo gioco. Vuoi essere l’ombra della sorella nel bosco silenzioso.

Nora:               Vorrei tornare ragazza, venire con te a salutare gli spiriti degli eroi.

Davide:           Ai bronzei altari. [Trakl]

Nora:               O più superbo lutto.

Davide:           Sotto i rami dorati della notte.

Nora:               Vuoi sapere i miei programmi?.. .Domani parto.. .Ho certe cose da sistemare in Francia.

                        Al più presto possibile ritorno e ti faccio mio prigioniero.

Davide:           Ti debbo credere?

Nora:               E durante la mia assenza ti scriverò una lettera al giorno!

Davide:           La più grande bugiarda del mondo.

Nora                           (ridendo): Una bugiarda è vero. E’ verissimo. Ma se ti dico: chi sei tu che, protetto dalla notte, sorprendi il mio pensiero?, tu cosa rispondi? [Shakespeare]

Davide:           C’è più pericolo negli occhi tuoi, che in venti delle loro spade.

Nora:               E non è questa la cosa che conta?

Davide:           Amore mi ha spinto a cercare questo luogo.

Nora:               Giusto.

Davide:           Mi lascerai così poco soddisfatto?

Nora:               Quale soddisfazione puoi avere da questa notte?

Davide:           Questa (e la bacia a lungo, e comincia a spogliarla).

Nora                           (lo scosta, e sussurra): Le tue labbra sono calde. Voglio baciare le tue labbra; forse vi rimane un po’del veleno che basti per farmi morire con la dolcezza di un balsamo.

Davide:           La recita si confonde con la realtà, alfine.

Nora:               Non è passata la morte?

Davide:           No (fanno all’amore).

BUIO/LUCE (Suonano alla porta, va ad aprire la governante, un’eminenza fascista, che ritroveremo a Riccione, chiede di Nora)

Fascista:          Donna Eleonora mi aspetta, dobbiamo partire insieme.

Governante:    Mi dispiace, Eccellenza, ho bussato or ora alla sua porta. Posso garantire che dorme la

                        grossa. Questa notte ha riposato ben poco. Non ho avuto cuore a destarla, come mi aveva

                        ordinato. Debbo svegliarla a ogni costo?

Fascista:          Se è così, lasciatela dormire. Vi prego, ditele del mio passaggio, aspetterò una sua telefonata.  Addio buona governante.

Govern:           Sarà fatto, Eccellenza. (Il fascista si ritira) Padroncina, cuore mio, l’Eccellenza (come se anche lei conoscesse Shakespeare: Paura è contagiosa) riposa nell’idea di non farti riposare, e tu giaci  con lo sposo diletto. Lo so che vorresti entrare nella casa di Davide.. . ma ti sei promessa  altrimenti. Me l’hai detto con le tue parole che ti fa orrore l’idea di un baldacchino di polvere e sassi. O giorni di pianto che ci aspettano. I fiori di nozze servono per una sepoltura.  E tu te ne vai lontana da noi.

Scena 10 In partenza per il mare.

Diapo di Gruppo di famiglia.

(Del. Addenta una mela.)

Del:                 Perché mi guardi brutto? Ho mancato alla parola data e arrivo sempre in ritardo agli

appuntamenti, non so che farci.

Fad:                Ho piacere di sentirlo. Perché questi scatti indegni dite? Ti devo la salvezza della mia vita

sentimentale. Eppure, mai uno sguardo affettuoso, mai una parola tenera, mai che tu mi dica ti amo.

Del:                 Ci siamo.

Fad:                Per causa tua mi duole il petto giorno e notte. Io non sono un uomo qualsiasi, posso aiutarti a farti  piacere la poesia, la pittura, la musica, posso darti, almeno fino a un certo punto, quello che vuoi.

Del:                 Basta.

Fad:                Dov’è la felicità che m’hai promesso? Che cosa fai di me?

Del:                             Io non so pensare, ma tu si, lo puoi. Ti sto privando degli amici, ti sto rovinando la reputazione, ti sto portando via del denaro. Che cosa posso darti? Come posso ripagare i tuoi slanci?  Questo legame è la tua rovina.

Fad:                Non sono trascorse che sette settimane da quella notte.

Del:                             Non sottilizzare su ogni parola. Tu hai la tua opinione sulla nostra storia, e io ho la mia. So che ti ho rovinato. Temo che questa sia la tua morte...

Fad:                Perché allora sei venuto da me?

Del:                 Ti prego, non essere così patetico. E cerchiamo di goderci la vacanza.

Fad:                Ti dovrei odiare e invece sono pazzo, non so perché ti amo.

Del.:                            Allora ti dico grazie. Sorpreso?... il mio vocabolario si è arricchito. Ho cancellato tutte le parole precedenti e ho detto grazie. Non per l’automobile. Mi riferivo a una cosa che non avevo chiesto... Questa è la mia prima vacanza.

Fad.:                           Allora.., ho interpretato un tuo desiderio.. Vuoi dire che d’estate sei sempre rimasto a Ferrara?

Del.:                Sempre. Lunghe passeggiate sotto i portici, qualche film..., i pugni per pagarmi gli studi.

Fad.:               Qualche ragazza...

Del.:                            Tante ragazze. Quelle non costano nulla. E poiin settembre, i lunghi racconti degli amici appena tornati dalla villeggiatura. Non so perché dico “amici”. Li ho sempre detestati.

Fad.:               Qualcuno è simpatico. Bianca.. .Davide.

Del.:                Davide è come te. Parla tanto, ha una sensibilità da poeta. Ti assomiglia fin troppo.

Fad.:               A te cosa interessa, a parte il pugilato?

Del.:                            Vivere bene. O almeno: meglio. Andarmene da Ferrara, dall’Italia. Mollare tutto e tutti. Anche mia madre. E rifarmi una vita.

Fad.:               Parli come parlava tuo padre.

Del.:                Che ne sai tu di mio padre?

Fad.:                           L’ho conosciuto prima che partisse. Anche a lui Ferrara stava stretta: Un po’ stravagante, ma un brav’uomo.

Del.:                            Un figlio di puttana. I primi tempi ha mandato qualche lira dall’America. Poi niente. (Accende la sigaretta) Nemmeno una lettera. E mia madre fa la serva da dodici anni.

(Offre una sigaretta a Fad. Il dottore che lo ha ascoltato in silenzio, la porta alle labbra)

Del:                 Non sai neanche fumare. Almeno questo posso insegnartelo.

Fine primo atto

ATTO SECONDO

Scena 11 Grand Hotel – Terrazza

Varie Diapositive di MORTE A VENEZIA per tutto l’atto.

Lavezzoli:       Oh, eccoli!.. Oggi gli sposini sono tranquilli. Niente tuffi.., solo languidi sguardi. Vuole

vedere?

(Myriam fa un piccolo cenno negativo, infastidita)

Lavezz.:          Energico il giovanotto. Certi colpi di remo! Oh! L’amato bene è tutto bagnato... e ride. Pensi che a Modena, l’altr’anno, una ragazza ha cercato di suicidarsi per quel Deliliers. Suicidarsi, capisce?  E adesso, invece, eccolo là. (Riflette e sospira) Un ragazzaccio! (Tra sé, dimentica della signora accanto a lei) Non mi era mai capitato di sentire che un uomo d’oggi si prostituisse per un altro uomo (quasi spaventata da quel che ha pronunciato, si riprende subito). Perché non può essere altrimenti. Innamorato di Fadigati?, ma no, impossibile, un etero si vende.

Myriam           (non si sa se ingenua, o maliziosa): So per certo che alcune signore di Ferrara, sue pazienti, parlo del dottor Fadigati, lo hanno corteggiato con perseveranza. Stando a sentire mio marito, che non è da prendere sul serio, talora confonde ciò che ha visto al cinema con la realtà, gli si accreditavano anche delle amanti, tra nostre amiche. Non mi ha voluto fare i nomi.

Lavezzoli        (avvampando): Meglio così, meglio non sapere. Fadigati è uomo molto interessante, modi

aristocratici, gran cultura, una vasta clientela che gli permette di soddisfare i capricci, e i mobili antichi, i quadri. Non dico che non possa piacere alle donne, ma è un fascino passeggero. Una donna capisce subito che c’è sotto qualcosa, da come ti guarda, da come ti dà la mano, non reagisce, non dà mai un segno.

Myriam           (forse intuendo qualcosa, ma sempre ingenua): Per caso, avete giocato con lui, scherzando

s’intende?

Lavezz.           (accalorandosi): Giammai. Mi piace civettare nei salotti, non lo nego, e mio marito lo tollera, è un gioco di società. Siamo tutti grandi e civili, e ci conserviamo entro i limiti della buona norma. Un’allusione, un sorriso, solo per soddisfare la vanita femminile. Ma non con Fadigati, si rischia di ricevere in risposta, che so?, un verso di quel tedesco, sì Goethe (con la o ferrarese).

Myriam:          Non le piace la poesia?

Lavezz.,:         Quella sensuale, languida, alla D’Annunzio, il nostro vate.

Myriam:          Vate? Vate d’Italia a la stagion più bella I in grigie chiome / oggi ti canto.

Lavezz.:          Signora Myriam, questo non è D’Annunzio, mi sembra Carducci.

Myriam:          Che sbadata, povera me!

Lavezz.:          Non preoccupatevi, li ho sentiti sulle labbra di Guido, per questo li conosco. (Pausa, poi

riprende) Quel ragazzaccio di Deliliers. E’ giovane, ha ancora tempo per rimettersi in carreggiata. Il Fadigati, però! Almeno un po’ di discrezione. Non così, sotto gli occhi di tutti, guardate, guardatevi intorno, la spiaggia è piena di ferraresi, sbigottiti e indignati. Questa esibizione in pubblico,  magari se un domani volesse ravvedersi..., questa esibizione in barca, in pattino...come diavolo si chiama, a me fa proprio schifo.

Myriam           (paziente): Stanno al largo. Per vederli... ci vuole il binocolo.

Lavezz.:          Mi date torto!

Myriam:          Mi guardo bene dal volervi contrariare. Secondo me, quell’uomo si vergogna.

Lavezz.:          Si vergogna? No, no. Si vergognava. Adesso, non si vergogna più. A Ferrara sì.. faceva tutto nella massima riservatezza. Lo so per sentito dire. Insomma, chiacchiere se ne sono fatte tante. Non si capiva nemmeno. Un così bell’uomo, un aspetto normale, elegante, di gusti così squisiti. Le confesso, che aveva con me un tatto particolare. Vuoi vedere, mi sono detta, che lo interessi. Lo tenevo a distanza, giocare nei salotti sotto gli occhi di tutti è divertente e possibile, ma un tète-à-tète, no, non gliel’ho mai concesso. Un uomo (un attimo di eccitazione) così bello, così seducente, prendersi quel giovanotto e trascinano qui davanti a mezza Ferrara, la Ferrara che conta, intendo dire.. .Ho torto?... mi dica: ho torto?

Myniam:         Non prendetevela, ho l’impressione che lei, - oh mi scusi, mio figlio mi fa una testa con il lei, sostiene che il lei è richiesto dalla tradizione occidentale, l’ha letto in un romanzo di un tedesco che ha nel titolo la montagna - beh insomma, non è che voi teniate al dottore?

Lavezz.:          Non lo dite, che mi fate infuriare. Lo sa dov’è la loro camera?... Sopra la mia! Capisce? Proprio sopra le nostre teste, mia, e di mio marito che dorme. Proprio sopra la mia testa...

Myriam:          Capisco, me ne rendo conto, già non è piacevole sentire, se poi si soffre per altri motivi.

Lavezz.           (non ascolta neppure le allusioni): Ho sentito dire che a Roma, i tipi come Fadigati li mandano in Sardegna, nelle miniere di carbone. Con tutti quei giovanotti a torso nudo.

Suono di fanfara.

Lavezz.           (sobbalzando di piacere): I bersaglieri ! I bersaglieri! Ci sarà? Ci sarà? Sarà arrivato? (Afferra il binocolo, guarda con insistenza, e con foga). Eccolo, signora Myriam, lo vedo. E’ giunto sulla spiaggia, con il suo seguito. E’ in un lungo accappatoio bianco.

Myniam:         E chi c’è? Chi c’è?

Lavezz.:          Non vedo donne intorno. Che vuole, a Riccione sarà con la famiglia, con la moglie. Aspetti. (Preme) Si avvicina al mare, ha deciso di fare il bagno. Peccato. C’è troppa gente intorno. Non si vede nulla, la sua virilità romana è nascosta, e dire che non aspettavo altro. Tornerà sulla spiaggia, domani, e noi ci saremo, vero signora Myriam?

Scena 12 Sala Grand Hotel

Diapo interno Grand Hotel - da MORTE A VENEZIA

 Deliliers:        Davide! (Gli va incontro) Ci si vede finalmente!

Davide:           Veramente...ti avevo già visto.

Del:                 Anche tu.. col binocolo?

Davide:           Stai facendo un po’ di confusione fra me e certa gente. Però...tu e il dottor Fadigati lo sapevate che in questo tratto di spiaggia si riversa mezza Ferrara.

Del.:                Perché parli al plurale?...Lui non c’entra. L’ho deciso io di venire qui....Perché no?...Ci siete tutti, conoscenti, amici...Allora ho pensato: vediamo di animare le vacanze dei miei bravi concittadini. Il posto mi piace, la gente pure, e voglio essere guardato. Va bene?...Ma soprattutto mi voglio divertire. Tu no?...Vieni. Guarda quelle due cretine. Maggiorenni. Di Parma. Una tu e una io. Poi...ce le scambiamo.

Davide:           Ma che dici? Mi ci vedi con loro, a parlare di canzonette, di pettegolezzi d’albergo, di ultimi viaggi?, no grazie.

Deliliers          (fa per parlare: il banale “non fare l’intellettuale”, ma preferisce tacere).

Carlotta:          Davide!

(Davide si congeda da Deliliers)

Davide:           Sei arrivata. Mi sembrava che mancasse la ragazza più spregiudicata della spiaggia, la classica birichina sul modello americano.

Carlotta:          Quest’estate sono libera. Sai che cosa significa?

Davide:           Che ti serve un nuovo fidanzato.

Carlotta:          Ahimè sì.

Davide:           Mi lusinga che tu abbia pensato a me, ma vado di fretta. Scusa, mi aspetta no.

Carlotta:          Vieni al ballo, stasera, voglio sapere tutto dite.

Davide:           A stasera.

Scena 13 Grand Hotel – Terrazza

 (A un tavolo Davide - Non viste da lui e poi da Fadigat4 arrivano la madre e la Lavezzoli che prendono posto a un secondo tavolo)

Fad.:                Per carezzarti col profumo,! per esaltare le tue gioie/ devono mille rose in

 boccio! perir dapprima nella fiamma. A lei, mio caro ragazzo. [Goethe]

Davide:           ..Per possedere una fialetta/ che serbi eterno quel profumo! tenue come in punta le tue dita,! È necessario tutto il mondo.

Fad:                Un mondo di viventi impulsi/che nella loro ardente piena/già presagivano di Bulbull / gli amori, il canto commovente./ Dovrà dolerci quel dolore,/se accresce il nostro godimento? Bravo, mi complimento.

Davide:           E io mi complimento con lei.

Fadig:             Che lettera difficile! Mi scusi, sono stato indiscreto.

Davide:           Perché non si siede?...Non credo che stasera io riesca ad andare oltre l’intestazione.

Fad.:               Guardi che sono invadente.

Davide:           Lo so.

Fad.:               E’ davvero difficile scrivere una lettera d’amore per la sua Suleika!

Davide:           Forse...la mia era una lettera d’affari.

Fad.:               Ah il gusto di Goethe per il travestimento e l’alibi sentimentale.

Davide:           Ci riuscissi sino in fondo.

Fad:                Io... neppure... so staccarmi da terra, dall’infima terra. Ma a noi. Sa perché è così difficile?...Si ha sempre il timore di lasciare ai posteri parole superficiali, mediocri.., meglio riscrivere i versi altrui. Non le pare? L’amore provoca soltanto dolore, sulla carta vorremmo fissare i momenti migliori. Come direbbe un avvocato?...a futura memoria.

Davide:           Lei...scrive mai questo genere di lettere? Adesso tocca a me scusarmi. Sono stato indiscreto

anch’io.

Fad.:               Oh no. La sua domanda era amichevole e sincera. Lei è un giovane molto serio, e preparato. (Estrae una sigaretta) Vuole?

Davide            (rifiuta gentilmente)

Fad.:                Se io scrivessi parole d’amore...Insomma non sarebbe una lettura edificante. Non per il

contenuto, badi bene...Io non mi vergogno di nulla. Ma alla mia età, l’amore rende ridicoli.

Davide:           Perché ridicoli?

Fad.:               Allora diciamo patetici.

Davide:           Ha ripreso a fumare, o è l’ultima sigaretta?

Fad.:               L’ultima davvero no. Non ho il vizio, se questo intendeva, di quel bel tipo di Zeno. Ha detto ripreso?...Io non avevo mai fumato. Prima. Il fumo è un vizio idiota, ma io non ho il diritto di dirlo: fa crescere il numero dei mal di gola! Ho saltato il pranzo, e finirò col saltare la cena. Un panino mi basta...Non mi piace più sedermi a tavola da solo. E lui mi lascia sempre solo. (Spegne nervosamente la sigaretta) Ha visto, mi sono reso ridicolo. Non patetico, ridicolo! (Ribellandosi)

(Non fa in tempo ad andarsene perché sopraggiungono i figli della Lavezzoli con Bianca e Carlotta.)

Carlotta:          Vieni a giocare a tennis con noi?

Davide:           Sono in compagnia del dottore, non vedi?

Bianca:            Oh,, certo. Venite anche voi...

Fadigati:         Non tocco una racchetta dai tempi dell’università. Vi ringrazio.

Guido:            Davide, non farti pregare, c’è anche il tuo amico Giorgio.

Carlotta:          Chi è?, quel bel ragazzo che gioca da professionista?

Bianca:            Uno di Ferrara, un amico, intelligentissimo, di Davide, si chiama Bassani.

Vittoria:          Anche lui è un ebreo, frequenta abitualmente il giardino dei Finzi Contmi.

Davide            (a Carlotta): Ha la stoffa dello scrittore. (A Fadigati) Vuole conoscerlo?

Fadigati:         Volentieri, ma un’altra volta.

Carlotta           (piano a Vittoria): Davide fila ancora con Nora?

Vittoria:          Forse che si, forse che no. Circola la voce che Nora sia piena di debiti, e che sposi uno ricco e potente. Giurerei che Davide non lo sa, anche se è sempre di umore nero.

                        (Si fa avanti la Lavezzoli, che ha visto Fadigati posare la mano sulla spalla di suo figlio)

Lavezzoli:       Non insistete oltre. Davide sta aspettando suo padre, arriva questa sera. Non fate i ragazzini. (Piano a Guido) Non voglio che frequenti il dottore, ti è chiaro, sta rovinando la sua e la nostra reputazione.

Guido                         (anche lui sottovoce): Ma si mamma, non farla lunga, non preoccuparti, non lo frequenteremo. Adesso, per favore, lasciaci stare. (Agli amici) Andiamo, il campo è libero. Giochiamo dei singolari di un sei l’uno, va bene?

Bianca:            Come vuoi tu.

(Il gruppo sta per allontanarsi)

Carlotta           (a Guido): Chi è Fadigati?

Guido:                        Un medico di Ferrara, ha suscitato scandalo, presentandosi con uno nostro compagno di studi.

Carlotta:          Un pederasta al Grand Hotel! Ma è divertente!

(Fadigati si accomoda accanto a Davide, ma l’attenzione si sposta su un altro tavolo, occupato dalla signora Lattes. E qui si dirige la Lavezzoli. Poco dopo, appare anche il padre di Davide, giunto da Ferrara)

Myr.:              Quando sei arrivato?

B. Lattes:        Adesso. Un caldo a Ferrara!... Davide?

Myr.                (lo indica con gli occhi).

Bruno:             Ciao Davide.

Davide:           Ciao papà.

(Bruno vede Fadigati e gli va a stringere la mano)

Lattes:             Oh anche voi state qui? Che bella sorpresa!

Lav.:               Già che bella sorpresa... Signor Lattes!...Signor Bruno!...Avete portato un po’ di maltempo! Ma potete riscattarvi facendo il quarto a bridge.

Lav.:               Io e Myriam contro padre e figlio.

Myr.:               Grazie ma ho un cerchio qui... Fad. Un cachet signora Lattes?

Myr.:               Grazie, ne approfitto volentieri.

Fad.:               Eccolo qua.

Myr.:               Scusate.

Lav.:               L’aspettiamo!

Myr.:               Meglio di no!

Fad.:               Una volta mi avete invitato a far da compagno. L’occasione è arrivata.

Lav.:               Il compagno ce l’ho già! (Fa un cenno a Davide)

Fad.                (scherzoso): Allora nemici.

Lav.                (tagliente): Nemici.

Fad                             (allegramente): Non mi lasciai guastare il sangue/da tenebrosa alba o tramonto.

Lattes:                        Allora, con me.

Fad.:               Sono tanti anni che non gioco. Noi due perderemo.

Lav.:               Ci potete scommettere.

(Cominciano a giocare)

Lav.:               Non abbiamo detto di quanto giochiamo.

Fad.:               Si gioca a soldi?

Lattes:             Non preoccupatevi dottore. Mezzo centesimo a punto. Mi torna a mente «Il signor Max>>, c’è una scena più pertinente della nostra. Devo precisare: ieri sera mi sono concesso una pellicola nel cinema sul corso. C’era DeSica.

Lavezz.           (intona l’inizio della canzone) : Parlami d’amore Mariù, tutta la mia vita... Lattes (come non l’ascoltasse) : Interpreta un giornalaio con le vaghezze dei nobili. E tanto fa che riesce ad andare in vacanza con alcuni esemplari. A un certo punto lo invitano a giocare a carte, e lui non si scompone, ha preso lezioni di etichetta, di tic, di vezzi. Sa giocare anche a carte.

Lavezz.:          L’ho visto anch’io l’inverno scorso. Corteggia Rubi Dalma ma poi s’innamora della sua

cameriera. Che gusti, figuratevi Assia Noris, tutta smorfie e lezio. Volete mettere se c era la Calamai, o ancora meglio la Ferida, sarebbe stato un confronto più seno.

Lattes              (cogliendo l’allusione): E ne avrebbe perduto in leggerezza.

Fadig:             Giusto, la leggerezza, è la dote migliore delle pellicole di Camerini, le sole che si possano vedere, che possano competere con le pellicole straniere.

Lattes:             Pensate a «Mancia competente»?

Davide:           Adesso non lo ferma più nessuno.

Cameriere:      Il suo brandy, dottore?

Fadig:             Che commedia meravigliosa. Sottigliezze, doppiezze, maschere. Che classe quel Marshall.

Lattes:             Compitissimo, eretto, un po’ reclinato in avanti, un filo d’ironia sulle labbra, occhi maliziosi. E poi che giacche, che taglio. Pensi che un amico di Parma mi ha mandato un ritaglio del giornale locale con la recensione di Pietrino Bianchi, tutto un visibilio per l’eleganza di Marshall, per la morbidezza delle forme...

Davide            (rivolto alla Lavezzoli): Mio padre stravede per Kay Francis.. . Non so quante

                        volte l’abbia visto, litigando con mia madre che parteggia per la Hopkins.

Lattes:             Così tenera, così dolce...

Fadig:             Vedo che abbiamo gli stessi gusti, anch’io adoro Lubitsch.

Lav:                Se volete smettiamo, e voi parlate delle vostre attrici in santa pace.

Lattes:             Mi scusi, signora. Siete voi che avete richiamato la Ferida, gran bella donna,

                        s’intende, ma di portamento, diciamo, un po’ trascurato, e certo è poi questione di gusti.

Lav.:               Insomma, giochiamo? Sì? Va bene. Tre fiori.

Lattes:             Va bene.

Davide:           Quattro fiori.

Fad.:               Passo.

Lav.:               Sei fiori.

Lattes:             Passo.

Davide:           Va bene.

Lav. :              Allora?

Fad.:               Contre

Lav.:               Fortunato al gioco, sfortunato in amore.

Fad.:                Scusatemi signora ma durante il gioco non si potrebbe parlare, al più cantare.

Lav.:               Eh no, io parlo quanto mi pare.

Lattes:             E bravo il nostro dottore! Gli abbiamo fatto fare un bagno

Fad.:               E’ solo fortuna!

Lav.:               E quel vostro amico? E’ un po’ che non lo vediamo. E’ partito, per caso?

Fad.:               No.. .no.

Lav.:               Beh si capisce un cosi bel ragazzo! Chissà le uose che avrà da fare...

Lattes:             Cuori.

Davide:           Passo.

Fad.:               Picche.

Lav.:               Due quadri.

(Appare Deliliers. Il dottore scatta sulla sedia)

Fad.:               Scusate.

Lattes:             Dottore ma dove va? Dottore!

(Fadigati rincorre Deliliers che gli ha voltato le spalle).

Lav.:               Ma lasciatelo andare!...Quanto siete ingenuo signor Lattes! Siete proprio l’unico che non ha ancora capito. Senza il quarto, addio partita (si alza).

Lattes:              Ma che succede?

Davide:           Niente papà, affari privati. Non dare peso a quel che dice quella signora. E’ sempre in fregola, sempre in caccia, e d’ogni uomo che la respinge sparla invariabilmente. Abbiamo delle belle amicizie.

Lattes:             Che vuoi farci, gli interessi c’inducono, ebrei o non ebrei, a chiudere gli occhi sulle persone che non vorremmo frequentare. Ipocrisia bella e buona, hai ragione. Basta darsi un contegno, avere discrezione.

Davide:           Che notizie porti da Ferrara?

Bruno:             Non buone per te. Vuoi saperle?

Davide:           Certamente.

Bruno:             Nora ha messo in vendita la villa al mare.. .e la tenuta di campagna.

Davide:           In vendita?

Bruno:             Ho sentito dire a Ferrara che non è più in grado di curare gli affari.. .Si fidava di certa gente!.. Troppe responsabilità sulle spalle di quella ragazza. Sta cercando di salvare il salvabile, prima di tutto il palazzo in città. Ma non è questo il peggio.

Davide:           Non tenermi sulla corda. Dimmi tutto.

Bruno:             Mi hanno riferito che perfino il partito fascista ha compiuto dei passi verso i creditori.

Davide:           Non sapevo.. . non me ne ha mai parlato.

Bruno:             La tua amica è molto coinvolta con i fascisti. Sta cercando delle protezioni altolocate. Si parla addirittura di matrimonio. Non è più la piccola ragazza ebrea d’un tempo. Adesso pare che si trovi in Francia.

Davide:           Si trovava. La sua governante mi ha fatto sapere che l’attendono per cena.

Buio in sala.

 Scena 15 - Serata al Grand Hotel

Quando si riaccendono le luci, un occhio di bue colpisce l’ingresso di Nora sulla terrazza dell’Hotel. E’ sera. All’attacco del ballo, una luce rossa di/fusa, come in un dancing di Riccione.

Nora:               Davide!

(Nora è in abito da mezza sera, scollato, elegante. Davide è invece vestito come prima, sportivo. Si abbracciano, Davide la tempesta di baci e Nora ride di quel! ‘esplosione d’affetto. Lo interrompe mettendogli la mano sulle labbra).

Davide:           Ti ho scritto cento lettere, ma non ho avuto il coraggio di spedirle. Lasciati guardare!

            Sei splendida!

Nora:               Hai ricevuto la mia cartolina?

Davide:           Te la sei cavata con poco!

Nora:               Ma l’ho spedita. Tu invece.. .cento lettere e tutte nel cestino.

Dav.:              Non devi dirmi niente? Proprio oggi ho avuto varie informazioni sul tuo conto.

Nora:               Che cosa ti hanno mormorato all’orecchio? Veleno?

Dav:                Per prima cosa, che hai delle preoccupazioni.

Nora:               I miei affari vanno a gonfie vele.

Dav.:               Nora...

Nora:               Davvero va tutto bene. Ho trovato un socio che sa il fatto suo, e con un colpo di bacchetta magica a sistemato la parte più delicata. Le mie proprietà non corrono dei pericoli. Ma preferisco disfarmene, con i tempi che corrono. Ti avranno anche sussurrato che ho ricevuto una proposta di matrimonio.

Dav.:               Interessante, e tu?

Nora:               Senti cosa suonano? Ti insegno a ballano.

Dav.:               Sapessi quanto ti amo.

Nora:               In Costa Azzurra non si balia altro! (Protende le braccia) Avanti, avvicinati. Non è difficile. Segui i miei movimenti.

(Ballano, Nora è sicura, vitale, e vuole apparire felice).

Nora:               Ecco, bravo. ..così...bravo! Continua.., continua.. .come me. Cosa stavi dicendo?

Davide:           Che ti amo. Tu non dici nulla?

Nora:               Mi sei mancato.

Dav.:               E poi?

Nora:               Non mi manchi più.

Dav:                Ma è vero che ti sposi? (Insiste, un po’ patetico, con i suoi versi) Mi prendano pure, mi mettano a morte: io sono contento, se tu... In una notte simile, mentire? Menti pure in autunno, se vuoi, tra la nebbia e sotto la pioggia, ma non adesso, non qui.

Nora                (lo guarda tra il commosso e l’irritato): Non è più il tempo della poesia. Adesso, mio caro

compagno dei giochi, adesso bisogna pensare a non morire, ora si deve vivere.

(L’orchestra attacca uno slow, Nora riprende a ballare e Davide la stringe a sé come un annegato il salvatore, in ricordo di Radiguet)

(Entrano in scena Guido e Vittoria, e la Lavezzoli con Carlotta).

Lav.                Senza cavaliere? (Ammicca verso Davide)

Carlotta:          Ne troverà degli altri (Al cameriere) Gelato di frutta misto, gigantesco.

Cameriere:      Subito, signorina.

Carlotta           (guardando Nora): E’ molto bella.

Lavezz.:          Tutti i ricchi sono belli.

Vittoria:          Il nostro Romeo mi pare giù di corda.

Guido:            Tutti gli ebrei lo sono. Con l’eccezione di chi si fa cattolico.

Vittoria:          Sei sicuro?

Guido:            E’ una gran dama del regime, la nostra ex Giulietta.

La musica cessa. Guido e Vittoria raggiungono il tavolo della Lav., mentre Nora e Davide raggiungono il loro.

Un rullare di tamburo richiama l’attenzione del pubblico. Un importante personaggio fa il suo ingresso: alto, bello, con una curatissima barbetta, indossa l’alta uniforme dell’aviazione militare e porta sulle spalle un ampio mantello di seta azzurra. Al passaggio alcuni uomini si alzano e tendono il braccio.

Nora:               Il “grande Duca” ha messo su un po’ di pancia ma è sempre bello.

Davide:           Bello e prepotente.

Nora:               Prepotente e coraggioso.

Davide:           Lo so, attraversa l’Atlantico senza scalo come se fosse una pozzanghera.

Nora:               Coraggioso e indipendente. E’ il solo fascista capace di mettere paura a Mussolini.

Ed è anche intelligente e generoso.

Dav.:               Non stai sprecando troppi aggettivi?

Nora:               E tu non stai parlando per partito preso?... Quell’uomo se ne frega delle leggi

                        razziali. E’ amico degli ebrei.

Davide:           Era amico di tuo padre.

Nora:               E anche mio.

Davide:           Sta parlando dite. Ne sei lusingata?

Nora:               Lusingata no. Rassicurata abbastanza..Non tutti in questo paese ci vogliono

                        tagliare la testa C’è chi ci porge una mano.

 Carlotta:         Quel giovanotto che parla col grande duca chi è?

Lav.:               Vola insieme a lui. In Abissinia ha avuto una medaglia d’oro!.. .Non so quanti nemici

abbia ucciso mitragliandoli dall’alto. Suo padre invece fa l’industriale ed è molto vicino al

Duce...Sai, se in famiglia c’è qualcuno che spara, ce ne deve essere un altro che procura le

pallottole.

Carlotta:          Come fa a sapere tutte queste cose?

Lav.:               E tu come fai a non saperle?

(Entra Fadigati e dal lato opposto i signori Lattes).

Fad.:               Anche voi in ritardo!...Potrei avere l’onore della vostra compagnia?

Bruno:             Grazie, ma aspettiamo certi amici... al nostro tavolo. Scusateci...

Myriam           (sottovoce): Potevamo accontentano.

Bruno              (imbarazzato): E’ vero, potevamo.

Myr.:               E allora perché?

Bruno:             Cerca di capire. Ci guardano tutti.

 (Un altro ballo)

Davide:             Balliamo?

Nora:               Sono un po’ stanca. Povero Fadigati, sempre solo. Lo invitiamo qui?

Davide:           Gli ho già parlato. Non possiamo starcene tranquilli, fra noi?

(L ‘Ufficiale si avvicina al tavolo di Nora).

Lav.:               Peccato non aver portato il binocolo.

Uffic.:                         Sua Eccellenza il Maresciallo dell’Aria ha l’onore di invitare Donna Leonora al

                        suo tavolo per bere insieme una coppa di champagne.

Nora:               Grazie, volentieri.

(Nora si alza e anche Davide).

Nora:               Non posso rifiutare.

Davide:           Lo so. C’è chi porge una mano...

Nora:               Stupido. Scusami, a fra poco.

Davide            (rimasto solo):  Shakespeare e Goethe, il fascismo, il denaro e le oscenità.

                        Divertitevi, brava gente. Senza aver vissuto, sapremo morire?

Lav.:               Il brivido del volo.. .Dev’essere una sensazione sublime. Certo non è eccitante come la

bicicletta!

Carlotta           (a Davide) : O mi fai ballare o mi offri un monumentale gelato.

Davide:           Ti faccio ballare, così risparmio i soldi del gelato. Sono pur sempre un ebreo. E

                        tu sei il mio.., salvagente.

(Ballano)

Carlotta:          Mio bel poeta, che versi mi puoi offrire?

Davide:           Sono a corto di ispirazione, questa sera. Se vuoi, ho qualche verso di repertorio

(Parlando tra sé e sé). Che profonda corruzione! Come sono odiosi gli uomini nei

quali scorgiamo anche solo un’allusione alle nostre debolezze!

Carlotta:          Non fa niente. Balliamo.

Davide            (riavendosi a forza): Sei molto carina, Carlotta.

Carlotta:          Come sei sincero, e come sei passionale’...Ma è una tecnica superata, stringere me su una

pista da ballo. Se davvero vuoi farla ingelosire, devi portanni via di qui... e tornare tutto

spettinato, con la cravatta snodata e senza una scarpa.

Davide:           Vuoi piantarla?

Carlotta:          Io sono sola. Tu sei solo.., e mi sei sempre piaciuto... Domani è settembre. Sarebbe la

prima volta che Carlotta Vismara ritorna a Milano senza nemmeno una storia da

raccontare. Vuoi fare lo scrittore no?... Spetta a te mettere insieme una storia decente.

Davide:           Forse non ho abbastanza fantasia.

Carlotta:          Ah l’amore... Peccato! Io sono solo Carlotta.

Davide:             Grazie.

Carlotta:          E di che? (Lo bacia sulle guance).

Davide            (Tra sé, in preda a una tensione incontro/labile): Che volgarità! Essere giovani e belli e non avere un animo puro!

(Entra Deliliers elegantissimo con la sigaretta fra le labbra. Fadigati si alza emozionato e gli fa cenno di venire al suo tavolo. Deliliers fa dietro front e Fadigati lascia il tavolo per raggiungerlo).

Carlotta:          Davide! Guarda là Fadigati!...

(Fadigati e Deliliers litigano verso le quinte. Davide si affretta a raggiungere la coppia)

Fadigati:         Aspetta, ti scongiuro!...

(Deliliers si libera e lascia partire un diretto preciso e violento. Il dottore barcolla, stramazza su/pavimento. Del. si allontana. Davide lo aiuta a rialzarsi).

Fadigati:         I miei occhiali!...I miei occhiali!...Si sono rotti.

Davide            (subito accorso, sull’onda dei precedenti pensieri): Venga via, caro amico, è tempo di mettere in archivio la bellezza. La bellezza, che dico? Il contatto con la stupidità può avere un effetto benefico.

Lavezz.           (a Davide): Perché non lo lasci perdere? Ormai è un uomo perduto, nessuno andrà più nel suo gabinetto medico. Tempo tre mesi, e sarà un mendicante.

Davide:           Che c’è di peggio, che tradire l’amicizia?

(Davide la scosta e conduce via Fadigati)

Lav.:               Avremo di che parlare, quest’inverno, a Ferrara.

(Fadigati sorretto da Davide, è smarrito e sta per crollare).

Fad.:               I vestiti, l’orologio...Tutto il denaro che era nel cassetto della nostra stanza...Non ha

dimenticato niente. Perché.. .Perché. . .Avevamo tutto in comune... Che bisogno c’era di

comportarsi come.. .1 pugni.. .lo scandalo.. .non sono niente.., in confronto a tutto il resto...

(con la mano si copre gli occhi) Sto dando un pessimo spettacolo.. .perderò anche la sua

amicizia.

Davide:           La prego non dica così... Si difenda, caro dottore, si difenda, non dagli occhi di questa

brava gente, ma dal suo male d’amore. Venga con me, la prego. Cosa ha intenzione di fare

adesso?

Fadigati:         Me ne torno a Ferrara.

Davide:           Torno con lei a Ferrara. Ha bisogno di denaro?

Fadigati          (scuote il capo): Il portafoglio l’avevo con me. Quello non ha potuto rubarlo...

Davide:           Perché non lo denuncia?

Fad.:               Denunciano? Ma le pare possibile?

(Escono mentre la musica accompagna il ballo di Nora e dell’ufficiale, guancia a guancia)

Buio.

ATTO TERZO

Scena 16 Ferrara in autunno- portici

Diapo delle NOTTI BIANCHE

Fadigati piuttosto dimesso si scontra con una passante.

Fad.:               Domando scusa.

La signora è la Lavezzoli che scuote le spalle seccata e non lo saluta, seguendolo fino all ‘uscita dalla quinta.

Appare Deliliers e a distanza rientra Fadigati che lo segue.Poi sconsolato ritorna dalla parte opposta.  Notizie da una radio - Notizie da Berlino. Un ebreo tedesco di diciassette anni, rifugiandosi a Parigi, ha ucciso un funzionario dell’ambasciata tedesca. In Germania è esploso “spontaneamente” l’odio popolare contro i giudei.

La radio sottolinea questa pretesa spontaneità, minimizzando le violenze compiute dai nazisti nel corso di una feroce azione di rappresaglia passata col nome di “Settimana dei Cristalli”.

 La radio infine prosegue col notiziario italiano. Si invita la popolazione a stare all’erta contro i “crimini” dei giudei. Si preannunciano misure contro la concessione dei visti di espatrio nei passaporti.

Del.:                Davide! Mi eviti!

Davide:           Non abbiamo niente da dirci.

Del.:                Hai ragione. Non abbiamo niente da dirci. Infatti io non c’entro con le vostre vacanze, con

le vostre chiacchiere e con i vostri soldi.

(Davide fa per allontanarsi).

Del.:                Scusami. Sono stato ingiusto con te. Scusami, Davide... Parto, vado a Parigi.

Davide            (sorpreso): A Parigi? Che vai a fare?

Del.:                Potrei dire per le pellicole che ho visto con te, che vado per Jean Gabin, per donne come

Arletty, o se ti fa più piacere per la Legione, o ancora ti dico per la boxe. Forse è proprio per questo, ma non lo so, è stata una decisione improvvisa. Se scoppia la guerra, vorrà dire che sparerà anch’io qualche colpo. Dall’una o dall’altra parte, non importa.

Davide:           Lui almeno l’hai salutato?

Del.                 (fà cenno di no e cambia discorso): E tu?.. .Continui a fare su e giù da Bologna?

Davide:           No, basta. Ci vado solo per trovare il professor Perugia. Non ho più intenzione di

collezionare diciotto e di farmi gridare giudeo.

Buio.

Scena 17 Ghetto - Dal prof. Perugia.

Diapo La Caduta degli dei.

Perugia:           Ha saputo?

Davide:           Solo qualche notizia, piuttosto vaga.

Perugia:           Un inferno! Da una settimana i nazisti non fanno che saccheggiare le case degli ebrei, i

negozi, le scuole... le sinagoghe... Si parla di trentasei morti, ma forse sono molti di più...

Solo a Berlino hanno arrestato quattromila ebrei, anche donne e bambini.

Davide:           Presto accadrà qualcosa anche qui, lei si è esposto troppo. Dovrebbe andarsene. Perugia: E’

venuto per dirmi questo?

Dav.:                           Se la prendono non potrà aiutare più nessuno. (Estrae un passaporto e glielo porge) Lo

accetti. Quel suo amico tipografo.. .Non credo gli sia difficile intestano a lei.

Perugia:           Ma questo... è il suo passaporto!

Davide:           Io non ne ho bisogno. Non ci sono sospetti su di me... Posso ancora muovermi con una

certa libertà, e se dovesse accadere, so dove andarmi a nascondere.

Perugia            (restituendo il passaporto): Davide, io non lascerò Bologna. Anche mia moglie e i miei figli sono qui. Staremo insieme, qualunque cosa accada.

Davide            (insistendo) : Professore...

Perugia:           Vada. Davide.., in ogni caso, grazie.

(Uscendo dallo studio del professore, Davide è avvicinato dalla governante di Nora, anche lei nel ghetto bolognese)

Governante:    Signorino Davide, permetta... sono in partenza, il professor Perugia ha trovato il modo di

farmi espatriare con un gruppo di Ferrara. Non ci speravo più. Il ghetto sta per essere

chiuso, guardato a vista, e ci vorranno i permessi per circolare.

Davide:           Prima o poi sarà così. La signorina Nora? E’ partita?

Govern.           (là segno di no, e comincia a piangere).

Davide:           Mi piacerebbe vederla. Sono due mesi che non la incontro.

Govern:           Povera .......

Davide:           Che le è successo?

Govem:           Non ho resistito e glielo ho detto: signorina, avete fatto una scelta meschina, non siete

buona a scegliere gli uomini. Il signor Davide è quello che faceva per voi, c’era la

complicità, gli interessi e... l’amore... Il suo viso dopo, mi scusi, ... dopo che decideste di

conoscervi come tra marito e moglie, non lo dimentico. Tutte le volte che mi mandava a

portarvi un biglietto, il sangue le saliva alle guance. Era pazza di voi, come quella Giulietta

del suo Romeo... (continuerebbe se Dav. non la interrompesse)

Davide:           Dov’è adesso?

Govern.           (esita)

Davide                        Mi risponda la prego.

Govern.           Credo che stia bene… non so come dirglielo… non lavoro più in casa Trevers.

                        Non era più possibile dopo la sua decisione.

Davide:           E’ stata lei a lasciare la casa?

Govern.:          (fa cenno di no)

Davide:           Mi vuole dire che Nora l’ha licenziata?

Govern.:          La capisco sa… non faceva che piangere e piangere. Si lasciava cadere sul letto, balzava in piedi. Era capace di chiamare il vostro nome, poi lo cacciava pronunciando quell’altro. Non poteva più avermi nelle sue stanze. Vedeva me e pensava a voi. Sigor Davide, quanti anni…

Davide:           …in uno stato identico a quello di Nora, proprio nello stato di lei…

(si abbracciono)

Scena 18 Per strada, nel portone sotto casa

Diapo del finale di LE NOTTI BIANCHE

Davide è appostato, in attesa di vere rientrare l’amica

Davide:           Nora!

Nora:               Mi hai fatto paura.

Davide:           Ho appena visto la tua governante..

Nora:               Sta bene ?

Davide:           Si, è riuscita a trovare il modo di andarsene dall’Italia. Mi ha detto… sono qui per te.

Nora:               Non ripetere la stessa frase… quanto mi hai amato…

Davide:           Ti sbagli, quanto ti amo.

Nora:                          Ma si, uno studente ama una ragazza, una ragazza ama uno studente. E allora? E’ una storia troppo comune. Capita. Però, non ci si sposa. Non merita che sene parli troppo.

Davide:           Non merita, e sia. Non voglio rifuggire la nostra, la mia giovinezza… Non c’è nessuno che possa amarti.. se rinunciando a te potessi darti la felicità… che vergogna, sono ammalato di vergogna…

Nora:               (sul punto di piangere) Oh Davide… (muta registro) Avrai la tua giovinezza, effervescente, ne sono convinta. Non puoi tradire la tua natura, una mente fine, un’onestà assoluta, una volontà generosa, … il viso più bello, le mani più tenere… lo diceva la mia governante… Troppo per me. Le cose che accadono in Germania accadranno anche in italia. Ci sarà la guerra, Davide. E gli ebrei saranno sterminati, lo so per certo. E’ inevitabile

Davide:           C’è gente come noi che vende tutto e parte. C’è gente che resta, non dico gli ingenui, ottusi

come mio padre che ha ancora fiducia nel Duce, ci sono quelli che vogliono guardare negli

occhi gli assassini. Dobbiamo restare uniti, prepararci.

Nora:               Che credi? Gli assassini dimenticano gli occhi dei morti. Domani saranno ancora ai loro

posti, rispettati e invidiati. Per le vittime ... affrontare la morte... ci vuole una ragione. lo

non ne ho nessuna.

Davide:           Prima ne avevi.

Nora:               Mio padre è morto, tutta la forza è crollata con lui. Nella migliore delle ipotesi, non voglio

finire segregata da qualche parte; tutta la storia delle mie antenate grava come

un’ossessione. Emancipazione, è il concetto corrente, e io voglio emanciparmi.

Dav.:               Nora.. . (le accarezza il volto e i capelli)

Nora:               No, fermati. Ascoltami. Ti parlo come tu vuoi. Immagina questo: sono già scesa nel

sepolcro, ho baciato le tue labbra calde. Adesso vedo il pugnale benedetto e pronuncio il

tuo fodero è Questo, riposa qui dentro.

Davide:           Non farmi morire, per andartene con un altro.. .io morirò, senza dite.

Nora:               C’è la nebbia, è autunno, ma non ti mentirò. Sono io a essere un’altra. Ho preso una

decisione che un tempo mi avrebbe fatto impazzire. Mi farò battezzare. (Davide si scosta)

Alla vigilia delle grandi tragedie. .. Davide, io non voglio più vederti.

Davide:           Nora aspetta.. .non togliermi la parola.

Nora:               Va’ via per favore...

Davide:           Prendi il battesimo e poi? Sposerai quel fanatico pieno di medaglie e di denaro? Io non ti

permetterò che tu ci distrugga così!

Nora:               Vattene Davide! Vattene!...Vattene via!...Via!...Via!...Via!...

(Davide, stravolto, le dà uno schiaffo, poi si mette a piangere, l’abbraccia. Nora lo stringe a sé, poi improvvisamente scappa via, lasciandolo in ginocchio distrutto dal dolore).

Ombre riflettono la scena del battesimo di Nora. Appena udibili alcune parole: -Perdonami papà, perdonami Davide.

Scena 19 Casa di Fadigati

 Un ambiente di periferia molto povero, un tavolo con alcune sedie.

 Diapo di GRUPPO DI FAMIGLIA IN UN INTERNO

 Davide           (entrando): Dottor Fadigati, l’ho cercata allo studio.

Fadigati:         Non sono molto presentabile. Come sta il suo babbo?

Davide:           Sempre più fuori dalla realtà, non vuole credere che ci stermineranno.

Fadigati          (sembra svanito, non replica)

Davide:           Non l’ho più vista in giro.

Fadigati          (stordito): Un cognac va bene?

Davide:           Non si disturbi.

Fadigati:         Niente cognac. Finito anche quello. Mi è rimasto un po’ di sangiovese. . . se non si e

inacidito. (Versa da bere a Davide e fa per brindare) Alla mia nuova casa. I miei mobili.., i

miei quadri... tutto venduto o ammucchiato da un antiquario rigattiere che mi passa di tanto

in tanto due soldi. Questa stanza, la cucina, il bagno e una camera da letto che si affaccia

su un pozzo di luce. Vuoi vedere? Niente... niente. Non c’è niente da vedere. (Silenzio) E’

andato in Francia.

Davide:           Ci sono persone che appartengono solo a sé stesse... o che lo credono. Lo so per

esperienza. Per me è il contrario.

Fadigati          (riprendendo il discorso): Ho sentito, oggi in Germania, domani in Italia. Essere abbandonati e messi al bando, la storia si ripete, la vostra condizione... Ho sempre avuto molti amici ebrei. Molto in comune, la solitudine, la paura, la segregazione.

Davide:           Non faccio che incontrare persone di un mondo che svanisce. Anche Nora, non c’è più.

Fadigati:         La signorina Nora? Una fanciulla eccellente...

Davide            (non commenta)

Fadig:             Triste davvero che in tempo di guerralgli uomini a morte si combattono:! stessa sciagura

anche in pace:/con la lingua s’uccidono le donne. [Goethe]

Davide:           Si è uccisa da sé, e mi ha ucciso.

Fadigati          (sconsolatissimo): Con tutta la sua filosofia. (Silenzio) Siamo divisi a metà. Non sapremo mai colmare l’abisso. Una parte di noi è avida di conoscere, un’altra è disperata per aver

conosciuto. E lei ha conosciuto il meglio, almeno... da quanto posso intuire, mentre...

Dav:                L’ho conosciuto, e mi è svanito tra le mani.., letteratura e vita, una sola illusione. C’è

sempre il peggio del peggio. Adesso, le leggi sulla razza. Nuovi scenari

Fad:                Oscena ma prevedibile questa svolta dei regime. Conoscerà la collera, e la paura,

l’emulazione, e il disgusto... L’impossibile, e l’inaccessibile... In questa vigilia, non faccia

caso se vaneggio, l’aspra solitudine mi riesce intollerabile. Si può anche ipotizzare che

morire per la libertà o per la dignità, il che è lo stesso, sia meglio che vivere di rimpianti.

Per la sua famiglia, per gli ebrei, per l’onore degli uomini, come un cavaliere. Il terrore e la

luce (una risatina disperata) ma io... che farò?... che sarà di me? Nera putredine, canta il

poeta suicida. (Improvvisamente) Dio che disordine.... Sa quanti clienti ho perso? Ma dove

diavolo l’ho messo?

Dav.:               Cerca qualcosa? Posso aiutarla?

Fad.:               Non ho più l’ambulatorio... Mi rimane l’ospedale... forse... Potrei cambiare città. Questo

oggetto è destinato a lei. (Estrae una piccola tela incorniciata)

Dav.:               A me?

Fadigati:         Sa da quando?... Si ricorda quella sera al mare?.. .Lei stava scrivendo una lettera..

Davide:           Tentavo di scrivere una lettera.

Fadigati:         Anch’io ho tentato quella sera. Ho scritto per dell’e ore, ma non era una lettera... Una

specie di testamento, il testamento di uno che non ha intenzione di morire.., e che gli altri

sopportano a malapena da vivo. Sapevo che sarei diventato ingombrante.

(Gli porge il quadro).

Davide:           E’ bellissimo.

Fadigati:         Il manoscritto nella bottiglia. Quante volte l’ho sentita ripetere che l’arte conserva il

meglio della vita. Lo penso anch’io.. .Ma chi conserva l’arte? La nostra eternità è la

memoria degli altri. Mah, da qualche tempo mi sono messo a sentenziare come il mio

vecchio professore di greco. Parlo da solo, naturalmente.

Davide:           Quanti sguardi si sono intrecciati. Di che periodo è?

Fadigati:         Scuola del ‘700 veneziano.

Dav.:               Questa sua tela, la collocherò sopra il mio tavolo, sarò in buona compagnia. Sguardi senza

fine, di fratelli che si riconoscono e si fanno coraggio. (Tra sé) Nietzsche parla di piccole

bolle d’aria diventate visibili sul flutto delle acque.

Fad.:               Riconoscersi. Trovo una rassomiglianza tra questo ritratto di uomo impegnato, carico di

responsabilità e di fierezza, e lei.. .Lei quando è accigliato

Davide:           Somiglio a chi somiglia, e tutti siamo contenuti nel ritratto.

Fadigati:         Volevo farmi vivo, da tempo ci stavo pensando, volevo propone una passeggiata. Uno di

questi giorni; se non ha di meglio da fare, prendiamo la corriera e andiamo a

Pontelagoscuro... Sabato, va bene?... Sempre che non piova.

Davide:           Sempre che non piova.

Fad.:               E’ bellissimo quel tratto di fiume quando è in piena. Dopo queste ultime piogge, l’acqua

deve essere quasi al segnale di guardia.

Davide:           Gonfio di tutto ciò che gli uomini compiono. Presagio dei detriti, e delle esistenze troncate.

Il Po è una magnifica tela vivente, piena di colori, ma un monito ultimativo, specchio delle

trame d’amore e degli odi, e della fatica di vivere, e dell’incessante scomparire.

Fadig.:            Un piacere parlare con lei. Sono in piena autocompassione per questa mia vita mancata, ma

lei mi riporta agli studi, una consolazione che mi dà un po’ di respiro. (Con allegria)

Anch’io mi sono imposto propositi feroci .... Forse, non c’è altro al di qua del vuoto, ma

non importa. (Con slancio) Andiamoci, me lo promette?

Dav:                Glielo prometto, siamo rimasti soltanto noi due. Ha bisogno di qualcosa?… Ha cenato?

Fad.:               Si grazie, l’accompagno. Lei è gentile, si occupa dei miei piccoli problemi.

Davide:           Io la stimo veramente. (Fadigati sorride) Allora a sabato, se ci sarà un po’ di sole.

Fadigati :        Farò voti agli dei perché ci mandino un po’ di sole.

 Buio.

Scena 20 Cabina telefonica in un bar/ Telefono di casa Lattes

 Diapo da GRUPPO DI FAMIGLIA.

 Fadigati:        Pronto, sono Fadigati, c’è Davide?

Dav.:               Dottor Fadigati! ...Si, sono io.

Fad.:               Vede come piove?... Il tempo non ci è stato favorevole, ha guastato i nostri programmi.

Dav.:               Infatti, ma se lei vuole.. .più tardi il tempo potrebbe migliorare.

Fad.:               Oh no, mi creda, non c’è più speranza... Non c’è più speranza, per nessuno, i nostri

occhiali d’oro sono destinati ai sacchi degli avidi e degli assassini.

Dav.:               Gli assassini ci saranno sempre. Noi avremo un’altra occasione, se sappiamo aspettare... il

fiume è là da millenni, nessuno lo porterà via.

Fadigati:         Scese da cavallo e gli porse / la coppa dell’addio.. . Dovevado?

Davide:           Mahler è con noi, sarà sempre dei nostri. Ricordi, dottore, Desidero tanto, amico mio  di

godere al tuo fianco la bellezza di questa sera.

Fad.                Addio caro amico.., stia bene. Stia bene. Cerchi di sopravvivere anche per il nostro

veneziano. La nostra tela, la protegga. E’ Punica speranza, a futura memoria. Buona

fortuna a lei e ai suoi cari.

Davide            (impressionato, aggancia il telefono)

Fadigatì resta immobile al suo posto, Davide si sposta lentamente verso il proscenio. Mentre il ragazzo comincia a parlare, Fadigati si trasforma in un ‘ombra della notte.

Davide            (lo sguardo fisso nel vuoto, parla scandendo le parole): Sotto i rami della notte, ondeggia l’ombra dell’amata che mi tendeva le mani fonte di dolci appassionate parole, ondeggia l’ombra dell’amico che mi porgeva i versi di sapiente ironia. Teste sanguinanti su cui risuonano i tetri flauti d’autunno. (Silenzio) Una barca affonda nel fiume, un’onda nera s’infrange sulla riva. Il pianto selvaggio cresce in gola, il bosco tace. Il capo impietrito, la bocca infranta Il lembo fumoso, gli odori disgustosi. (Silenzio) L’oscura forma del gelo cancella le impronte del viandante. (Davide scompare, la sua ombra si confonde con quella di Fadigati.)

Epilogo: L’ombra di Fadigati. Rumore di un autobus che si ferma senza spegnere il motore. Dopo alcuni istanti la voce del conducente: -Allora, s’è deciso?- L’ombra di Fadigati sale sul mezzo che parte. Si spengono le luci e si ode il rumore grosso del fiume.

Fadigati:         Silenzioso nascondo il volto nelle mani secche, e sulle labbra spunta l’antica preghiera. Il

cupo lamento della madre che muore di nuovo con lo spettro del figlio risuona nella quiete

azzurra delle stelle serene. Brividi viola porta il vento della notte. Compagni silenziosi mi

sono il verde campo e il grigio pioppeto. Un po’ di paura per lo sbattere della corrente del

fiume. Devo curvarmi nelle acque scintillanti, la mia immagine mi ha abbandonato,

lontano dalle case degli amici sconosciuti. Le tue mani mi dilaniano il petto, e la figura del

male esce fuori. D’improvviso un alito turchino mi avvolge tutto, e svaniscono in me le

paure e il più fondo dolore. Discendo la china dell’argine ed entro nell’acqua. Silenzioso il

mio cuore / ansiosamente aspetta la sua ora. Nascondo il capo. L’ombra del bianco

fanciullo si reca incontro all’azzurra madre.

 Il tonfo di qualcosa che cade in acqua.

In successione: diapositive di MORTE A VENEZIA (scena della gondola), OSSESSIONE (come all’inizio) e CADUTA DEGLI DEI (le svastiche).  Ancora il finale del CANTO DELLA TERRA