Gloria in Excelsis Deo

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pro Nativitate Domini

da IL DRAMMA n. 267 – Dicembre 1958

PERSONE

GLI AMBASCIATORI DI CESARE

GIUSEPPE

MARIA

UOMINI

ANGELI

L’ANGELO AI PASTORI

UN PASTORE ALL’ANGELO

PASTORI

La Laus pro Nativitate Domini fu composta, da autore anonimo, a Perugia, nel secolo XIII, per la nota confraternita dei Disciplinati di Gesù Cristo ed è uno dei più antichi esempi di lauda drammatica. Pubblicata, in edizione critica, da Vincenzo de Bartholomaeis nel 1942, que­sta Lauda, pur rifacendosi ai testi evangelici tradizionali, li rielabora con inconsueta (per i tempi) ampiezza e libertà, riflettendo, nella sua ingenua interpretazione della Natività, il can­dido misticismo popolare, non tuttavia disgiunto da una realistica freschezza. Il moderno rifaci­mento che presentiamo rispetta lo schema generale metrico e, per quanto possibile, il tono familiare del testo primitivo.

 

Piero Raimondi


Gli ambasciatori di Cesare

dicono al popolo

Ciascuno immantinente

si presenti e si faccia registrare:

così Cesare a noi fa proclamare,

perché vuole sapere la sua gente.

Giuseppe a Maria

O Maria, dobbiamo andare

a Betlemme in breve ora,

che il Vicario lì dimora;

quello che ordina bisogna fare.

Questo Cesare nostro imperatore

a tutti i sudditi ha comandato:

vuole sapere il potente signore

quante persone sono nel suo stato.

Grande duolo ha il cuore mio

se penso che del parto l'ora è presso.

Io non ti lascerò perché da Dio

Padre alla tua custodia fui commesso.

Te madre ha destinato

del Figlio suo poiché pietà Lo muove;

meniam l'asino e il bove

e andiamo là dove fu comandato.

Maria

A seguirti io sono preparata

poiché il Signor che dal Cielo mi guarda

a te, o Giuseppe, mi ha confidata.

Anche se gravida, non sarò tarda

perché il tuo affetto mi ha rinfrancata.

Ed ora avanti, con questi animali;

non mi dolgo dei miei mali,

ma perché da vecchiezza sei gravato.

Giuseppe

In nome del Signore, voi potete

a questa donna e a me un alloggio dare?

Uomini

Non c'è più  posto, voi  lo vedete;

troppi sono venuti ad albergare.

Giuseppe

Voi altri adesso io debbo pregare

che per amor del sommo Onnipotente,

nel momento presente,

qualche rifugio ci venga dato.

Uomini

Voi siete forestiero;

andate via che non vi conosciamo.

Giuseppe

Madre, non so davvero

dove stanotte potremo sostare;

vedi che non riusciamo

albergo alcuno in paese a trovare.

E il mio cuore fai penare

per il peso nel seno tuo portato.

Maria

Su, cerchiamo se fuori del paese

si trova qualche sito,

che sia per noi un rifugio cortese.

Soffro tanto per te, dolce marito,

perché ti opprime già la vecchiezza

e non puoi aiutarmi nel mio stato;

il cuore mi si spezza

nel vederti sì solo e conturbato.

Ecco una capannuccia:

che serva solo per le bestie io credo;

o forse è una stalluccia

perché una greppia dentro ci vedo.

Qui noi saremo in pace

e per la notte altro non chiedo.

Giuseppe

Andiamo, se ti piace

e del suo aiuto Iddio sarà lodato.

Madonna, ora riposa

poiché Dio Padre un luogo ci concede;

io vedo che qualcosa

per il nostro riposo Egli provvede.

Maria

A Dio grande mercede

dei tanti benefizi che ci dà!

Giuseppe

Le bestie io porto qua

e noi ci metterem dall'altro lato.

Maria

O Giuseppe, le bestie da una parte

disponi pure come meglio pare.

Sei pratico dell'arte

e sappi che non si dovrà indugiare;

sento il tempo arrivare

e l'ora del mio parto già s'affretta.

Giuseppe

Figliola benedetta,

chi può aiutarti? Io sono sventurato!

Maria

O Padre Eterno, Santo!

La tua umiltade è davvero infinita!

Io sento gioco e canto

perché dal corpo mio vuole partire.

E in casa sì sfornita

io mi ritrovo nel mio partorire!

Nessuno m'è daccanto;

nel mio soffrire sol Giuseppe è a lato.

Io mi sento un gaudio nuovo,

sono tutta mutata nel fervore!

Giuseppe

La stessa cosa io provo.

Maria

Or ecco è nato il nostro Salvatore!

Giuseppe

A Dio gloria ed onore!

Maria

Non sono degna di toccarti, o figlio!

Giuseppe

Ma per coprirlo, che cosa piglio?

Maria

Questo velo sul capo mio posato.

Figlio, t'ho partorito!

In quanta povertà ti vedo nato!

Tu sei l'Iddio infinito

che per l'umana gente si è incarnato

e non puoi essere fasciato.

Ti avvolgo solo in questo pannicello,

o figlio poverello,

come promise il Padre tuo beato.

Angeli

Gloria in excelsis Deo

e pace in terra per chi ha buon volere!

Al mondo così reo

ti sei donato, non per tuo dovere,

ma sol per tuo piacere.

Per l'umana salvezza sei disceso:

tu, l'Eterno compreso

nell'infinito tempo smisurato!

Noi ti lodiam, Signore,

glorificando la tua maestà;

per l'infinito amore

verso l'uomo del diavolo in balia,

la tua Natività

a liberarlo vien di prigionia.

Perciò con laude pia

da noi tu sarai sempre ringraziato.

Maria

Maria, la poveretta,

per fasciarti, figliolo, non ha panni;

in questa capannetta

iersera riposammo pien d'affanni,

perché nessuno fra i cittadini

ebbe pietà del nostro triste stato.

Qui non abbiam vicini;

per questo il velo dal capo ho levato.

L'Angelo ai pastori

O pastori, che vegliate

in queste terre sulla vostra greggia,

i vostri occhi levate:

l'Angelo sono dell'eterna reggia,

qual messaggero inviato

ad annunziarvi un gaudio divino:

è nato il Gesuino,

figlio di Dio, per salvarvi mandato.

E di questo io vi dò il segno:

in vile stalla è nato il poverello

e non ha alcun disdegno

di giacere fra il bove e l'asinelio.

La mamma ha posto il bambino

nella greppia, con un pannolino.

Dentro il fieno adagiato,

Egli è disceso a noi, così umiliato.

Un pastore all'Angelo

Se tu annunci novella verace

che nato sia il Sovrano onnipotente,

questo a noi molto piace

perché è disceso per salvar la gente.

Tutti i pastori

Andiamo immantinente

a trovare quell'uno che sappiamo,

a Betlemme arriviamo

per adorare il bambino che è nato.

Alcuni pastori

Signor, tu sei disceso

di Cielo in terra, come l'Angel dice;

il nostro cuore tu hai acceso

per esser nato in luogo sì infelice.

Guidaci a Te, Dio beato,

che ti vediamo vestito in carne umana.

O stalla sovrumana.

dove nascondi il Dio Re del creato?

I Pastori davanti al presepio

Ma ecco la stalletta,

in cui il bambinel vediamo stare.

La Vergin benedetta

non ha panni né fascia per fasciare.

Giuseppe non dà aiuto:

per la sua gran vecchiezza egli è svenuto.

Povera sorte accetta

il Signore del mondo sconfinato.

I Pastori entrano nel presepio

La culla ove riposa

è una greppia posta in pendenza;

ma vi è un'altra cosa:

l'asino e il bue gli tanno riverenza,

dimostrando preveggenza

come predisse il profeta Isaia;

voglion sua signoria

ed esaltano in lui il Dio beato.

Maria ai pastori

E' mio dovere a Dio Padre

rendere gloria e onore sempiterno,

se penso che son madre

del suo figliolo, il quale è Dio eterno.

E' il mio gaudio così sconfinato,

baciando ed abbracciando il caro figlio,

che il cuore mi si è tutto stemperato.

Ma quando a me ripenso

e mi ritrovo sì poveramente,

le ricchezze compenso

con pianto e con tristezza della mente,

che il mio figlio piacente

non ha letto né panno ond'io lo muti.

Pastori a me venuti,

qualche panno mi avete voi portato?

I pastori a Maria

Quando l'Angel ci disse,

Madonna, le novelle del Bambino,

povero lo descrisse,

narrando come stesse il fantolino.

Sùbito noi ci mettemmo in cammino

e non ci provvedemmo d'alcun panno.

Ohimè, che grande danno

che il Salvatore sia così trattato!

Prendi i nostri mantelli;

non disdegnare, o Madre santa,

gli abiti poverelli

di chi sta in selva con la greggia tanta.

Il tuo figliolo ammanta

che non ferisca il fien sua carne pura.

O Madre, abbine cura,

poiché a salvarci tutti fu mandato.

Maria

La madre poverella,

non può avere, figliol, tante finezze;

casa non ho né cella,

né balia che ti faccia le carezze.

Il capo abitui, o figlio,

sì presto al duolo ed all'aspro giaciglio.

Maria ai pastori

Voglio che tutto vi sia rivelato,

affinché sia da voi testimoniato.

Pastori

Dove sono i tesori

del sommo regno da cui sei disceso?

Te medesimo ignori,

mentre sei Re dell'impero più esteso.

Dell'uomo la carne hai preso

per poterlo salvare dall'inferno;

e tu sei il Dio eterno

che la nostra natura hai accettato.

Giuseppe, il vecchiettino,

che fedelmente ti salvaguarda,

aiutar non può il bambino,

ma ti sta accanto e con pietà ti guarda.

Credo che il cuore gli arda

d'un amoroso affetto ciò guardando,

entro sé contemplando

sì alto beneficio all'uomo dato.

Giuseppe

Pur se vecchio di molt'anni

mai donna vidi così male stare.

Non c'è letto né panni,

né fascia alcuna vedo per fasciare.

Ohimè, che si può fare

per chi nacque così poveramente?

O regina potente,

nùtrilo bene, perché è il Dio incarnato.

Maria

Giuseppe, caro sposo,

che doneresti per ma cortesia

aiuto a questa povera Maria,

se il tempo non ti fosse sì gravoso,

fammi almeno compagnia,

che solo asino e bue son presso a noi.

Se un materasso vuoi,

figlio, soltanto il  fieno abbiam trovato.

I pastori a Maria

E perché mai, Madonna,

hai partorito in tanta povertà?

Né camiciola o gonna

hai per vestire tanta dignità.

O alta Maestà,

forse due balie ti basterebbero?

Il bagno ti farebbero;

ma non vediamo aiuto da alcun lato.

Chi avrà cuore sì duro

che in sé non provi grande devozione,

se dal suo sangue puro

la Vergine che è senza corruzione

Gesù ha generato?

Non lo potremmo dire o raccontare;

bisogna  lacrimare

per un luogo sì vile e disagiato.

Maria

Gli Angeli del Dio verace

all'alto Padre gloria van cantando

e dall'eterna pace

agli uomini buoni celebrando

il prodigioso evento

ond'ebbe questo bimbo nascimento.

O fonte profumato,

che a tanta povertà ti sei piegato!

I pastori a Maria

Ce ne andremmo contenti

se un poco lo potessimo toccare;

e tu questo consenti,

se pur pastori siamo di poco affare.

Maria ai pastori

Vi voglio accontentare

perché lieti torniate al vostro gregge;

Egli ha fatto la legge

affinché il servo venga liberato.

I pastori a Maria

Lode, gloria ed onore

a te, Sire del Cielo onnipotente!

Che oggi al vil pastore

hai rivelato il tuo figlio piacente.

Dirà a tutta la gente

che creda nella tua Natività

e che per tua bontà

ti sei col servo tuo imparentato.

Veduto abbiam quel Verbo

che la carne con noi volle mutare.

Vergógnati, superbo,

che al tuo vicino non vuoi sottostare;

esempio puoi pigliare

che vien dall'alta gloria eternale.

Per te fatto è mortale:

fra l'asino ed il bove si è allogato.

Povertà così avvilente

donna che partorisse mai provò.

Ha ben dura la mente

chi pietoso a Maria non andò.

Nessun l'avrebbe detto

che la Vergine in tale stato

né drappo avesse né letto,

né fuoco, con un freddo sì spietato.

E tu vergógnati, avaro,

che dall'oro non stacchi mai le dita;

il  suo Figliolo caro

Dio lo mandò in casa sì fornita!

Correggi la tua vita

e prendi esempio dal Figliolo santo

che s'avvilisce tanto.

In grande povertà lo abbiam trovato.

Tu una casa non hai.

Maria, in cui potessi partorire;

in luogo aperto stai

dove ognuno a te può venire.

Ohimè, che possiam dire

noi che un palazzo desideriamo,

se nell'umile stalla abbandoniamo

il Salvator del mondo sventurato?

Signore, che hai degnato

di nascere così poveramente,

illumina la gente

affinché di tal dono ognun sia grato.

F  I  N  E