Gomitolo 6 agosto

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Gomitolo 6 agosto

manifattura drammaturgica di

Tiziano Fratus


Torino © 2001


Recriminare in continuazione, 
piagnucolare è un lusso che 
si può permettere chi ha tutto,
chi ha molto. Ai superstiti
non è rimasto quasi nulla.
Detto questo, ogni uomo e ogni donna
possono decidere della propria vita.
[…], per questo rispetto la scelta
di chi si è strappato la vita. 
In fondo in fondo, ciascuno
di noi è un essere solitario.

Da Hiroshima Notes,
Kenzaburo Oe.

A coloro che gridano in silenzio

PERSONAGGI
Michele
Federico - Hiro
Charlene - Shima

NOTA: l’attore che interpreta Federico interpreta Hiro, quella che interpreta Charlene farà anche Shima.


AMBIENTAZIONE

Una messa in scena pulita, essenziale, a volte quasi favolistica nei colori. Un mucchio di sedie e di tavolini al centro e sulla destra, in ordine sparso. Si tratta del dehor di un locale molto frequentato dai giovani, ma non soltanto. Un luogo nel centro, ma non caotico, magari vicino ad un parco. Si potrebbe essere in una delle tante città europee: Paris, London, Wien, Madrid, Ginevre, Bruxelles, Cøvenhagen, Torino. In una soltanto o in tutte al tempo stesso. Sulla sinistra, nella scena iniziale ed in quella finale comparirà un albero senza foglie. La parte superiore della scena è occupata da un telone orizzontale, sul quale si proiettano immagini e suggestioni colorate. Tra un quadro e l’altro, laddove è necessario riordinare la scena, si potrebbero proiettare sul telone immagini di gente che passeggia per strada, al ralenty oppure a velocità doppia. Attenzione ai particolari: piedi, ginocchia, fianchi, mani, nuche. 


TEMPI

Oscillazioni temporanee tra il 1945 ed il 2005.

QUADRO I


Un albero al centro del palco.
Cinguettii di uccelli, rumore di acqua di ruscello.
Al di sopra su una tela immagini di natura, fiori, acqua che scorre.
Entra una fanciulla, giovanile, i capelli legati sulle parti, tipo Heidi, una gonna ampia, gambe snelle e senza calze, una camicetta semplice.
Ride. Gioisce. Saltella come Cappuccetto nel bosco.

SHIMA Ahhh! Che splendida giornata! La natura mi grida tutta la sua bellezza! (mima la raccolta di piccoli fiori) Una margherita, un papavero, un occhio di madonna, e questo? (una mano sul fianco e l'altra davanti al suo naso fissa le dita che tengono un fiore immaginario)… chissà che fiore è… non ne ho mai veduti, di fiori come questi… (poggia una mano aperta sull'orecchia destra, ascolta) fringuello! Passero!… Passero!… Merlo! Fringuello!… Passero! (ride) 

Si sdraia ai piedi dell'albero, la schiena appoggiata al tronco. 
Strappa un filo d'erba e se lo mette in bocca. 

SHIMA E pensare che oltre quelle colline, la guerra, la devastazione, ogni cosa… qui sembra che tutto si sia fermato… lo zio dice che in città non si può uscire, il cibo scarseggia da mesi, l'acqua c'è soltanto poche ore al giorno… e le malattie stanno decimando la popolazione… e dal fronte arrivano montagne di lettere, lettere nere… lettere di… 

Fa il suo ingresso un giovane, anch'egli vestito semplicemente, pantaloncini strappati, geta ai piedi, una maglietta bianca. 
Entra da destra, cosicché la figura della ragazza viene nascosta dal tronco. Si guarda intorno. Passi a destra e a sinistra. Lei lo vede, ridacchia ma si copre la bocca con la mano, sulle ginocchia si nasconde dietro l'albero, man mano che il ragazzo si sposta lei fa lo stesso.
Il ragazzo mette le mani ai fianchi, sbuffa.
Lei scoppia a ridere, gettandosi a terra. Lui la vede.

HIRO Shima! Che fai?!

Lei ride.
Lui si avvicina, sedendosi accanto a lei.

HIRO Mi stavi spiando?

Lei lo guarda, timidamente fa di sì con la testa.

HIRO E non mi hai chiamato...

Lei fa segno di no, con la testa.

HIRO Sei una bambina molto ma mooolto cattiva.

La ragazza fa segno di sì con la testa. 

HIRO Che dovrei fare ora?

Lei alza le spalle.

HIRO Già... sì, penso che sarebbe la giusta punizione per una bambina così cattiva.

Di scatto si muove verso di lei, l'afferra ai fianchi, le tiene le mani, la gira, la sculaccia. Lei ride, grida. Dopo un po' lui la lascia, e lei si aggrappa al tronco.

SHIMA Ma sei un bruto?!
HIRO No, soltanto innamorato.
SHIMA E, e di chi?
HIRO Stupidina...
SHIMA Dimmelo!
HIRO Ti amo.

Lei scoppia a ridere e abbraccia il giovane.
I due si baciano. 
Uno scoppio improvviso travolge tutto. Buio. Immagini di esplosioni si riverberano sulle tele sopra la scena. Grida dei due. Buio. Il rumore di un elettrocardiogramma in sottofondo. Bip bip bip bip bip bip… silenzio e buio. La luce ritorna dove c’era l’albero, ora non c’è più nulla.










QUADRO II


Il palco è pieno di tavolini e di sedie.
Entra Charlene da sinistra, i capelli raccolti in una piega elegante e sostenuti da una pinza nera. 
Vestita di scuro, con un cardigan rosso.
Pochi passi lenti in mezzo al palco, circondata dalle sedie e dai tavolini sistemati alla rinfusa.
Sorridente, e leggera nei movimenti passa una mano sopra uno dei tavolini. Come danzando si sposta da un tavolino ad un altro, facendosi largo tra le sedie.
Ad un tratto si accorge di non essere sola, in fondo alla scena, seduto su una sedia c’è Federico, un giovane con i capelli un po’ in disordine, i piedi poggiati sulla sedia a fianco, triste.

CHARLENE Ah, sei già qua?
FEDERICO Sei agosto 1945, ore otto e quindici. Città di Hiroshima. Duecentoquarantacinquemila abitanti. Il cielo terso, un aereo. Little Boy, uranio duecentotrentacinque. Un lampo, il vento, la morte. Centomila morti in meno di poche ore, indecifrabile il numero dei feriti. Molti di questi moriranno a causa delle radiazioni. Anche cinquant’anni più tardi… (pausa) nove agosto 1945, ore dieci. Città di Kokura, uno sguardo fugace di Dio, nuvole basse. Cambio di rotta. Ore undici e un minuto, città di Nagasaki, duecentomila abitanti. Fat Boy, plutonio duecentotrentanove. Nello spazio di un amen la città viene polverizzata, e sputata su ciò che vi rimane…
CHARLENE (avvicinandosi, posando una mano sul capo del ragazzo) Siamo allegri questa sera, eh?
Federico la fissa quasi incredulo.

FEDERICO Ma come fai? Lo sai che giorno è oggi?
CHARLENE (si guarda al polso) Da mezz’ora è il 7 agosto…
FEDERICO Lo sai che giorno era?
CHARLENE Senti non ho voglia di sorbirmi le tue frustrazioni, lo sai che non me ne frega niente di che giorno è oggi? Per me è un giorno di lavoro.
FEDERICO Hi-ro-shi-ma! Ecco cos’era OGGI.
CHARLENE (sedendosi vicino a Federico, quasi facendogli da madre) Lo so che sei una persona sensibile, vuoi che non lo sappia? Se stiamo assieme un po’ ti conosco, e lo so che tu certe cose le ritieni molto importanti, lo so, ti conosco. Ma cerca di capirmi, non posso perdere tempo a pensare che sessant’anni fa c’è stata una tragedia, non mi aiuta a un bel niente, capisci? 
FEDERICO Ma Hiroshima non è stata una tragedia come tutte le altre!
CHARLENE Lo so, tutti quei morti, la distruzione totale in un attimo, certo li ho letti anch’io i libri, e ti ricordo che fin che ho studiato ero sempre la prima della classe, e non uno…
FEDERICO Scansafatiche come me… certo, però io oggi, mi sto laureando, e tu?
CHARLENE Senti, lascia perdere, va bene? Non ho proprio voglia di starti a sentire! (si alza e si allontana di qualche passo) Tra l’altro sono stanca morta, se permetti vorrei anche finire di lavorare, CHE TRA LE ALTRE COSE CI PERMETTE DI MANGIARE E DI MANTENERTI ALL’UNIVERSITA’…
FEDERICO (alzandosi di scatto) Guarda che non è colpa mia se, se! 
CHARLENE (segno di stop con le mani, poi con tono rassegnato) Per favore, possibile che dobbiamo litigare su questa storia almeno una volta a settimana?

La ragazza inizia a sistemare qualche sedia attorno ai tavolini.

FEDERICO Me ne vado a casa.
CHARLENE Bene…
FEDERICO Non vuoi che ti aspetti?
CHARLENE No, anche tu sei stanco, vai a riposarti. 
FEDERICO Ma guarda che ti posso aspettare?
CHARLENE E’ meglio se vai a casa, altrimenti invece di finire tra mezz’ora finirò tra due ore, e non è che abbia molta voglia di stare qua ancora così tanto!
FEDERICO Va beh non ti incazzare…
CHARLENE Vai a casa, per piacere.
FEDERICO (offeso) Vado vado!

Esce.
Charlene lo segue con lo sguardo, poi crolla su una sedia, un lungo sospiro. Si guarda intorno.
Una musica leggera, quasi sospesa, entra un uomo elegante, sulla cinquantina, brizzolato, lei lo vede, gli va incontro, i due iniziano a ballare insieme, lievemente.

MICHELE Come sta la mia piccola bambina?
CHARLENE Mi sei mancato! Era così diverso tra di noi, era così (pausa) semplice…
MICHELE Era semplice perché (un attimo di pausa) non era vero…
CHARLENE Come non era vero, certo che era vero! Me ne ricordo benissimo!

L’uomo la zittisce delicatamente.

MICHELE (sorridente) Tu eri una bambina, ed io un padre di famiglia. Tu vedevi in me la sicurezza, l’intriganza, io la tua freschezza, la tua purezza. Tu hai giocato, io ho abbandonato una famiglia. Come vedi, non poteva essere vero…

I due continuano il loro ballo lento e sensuale.
La musica cala, l’uomo si allontana fino a scomparire.
La ragazza si ritrova sola, a testa china, sconsolata.
Buio.

















QUADRO III


Charlene entra come nella scena precedente, si muove leggiadra e sfiora la superficie di un tavolino, porta la mano davanti agli occhi, la guarda.
Federico entra sul palco, ma resta nella penombra.

FEDERICO Lo credi davvero? 
CHARLENE Sì, amore mio, lo credo davvero.

Federico conquista il centro della scena, dietro di lei. In mano ha un piccolo mazzo di rose.

FEDERICO Non c'è poi da stupirsi, in fondo la storia non fa che ripetersi…
CHARLENE Non lo dicevo per questo.
FEDERICO E per quale ragione, allora?
CHARLENE Mi trovo qua, lontanissima dal mio paese, eppure mi sento circondata da riferimenti, da oggetti, silenziosi testimoni della mia terra.
FEDERICO Noi giapponesi amiamo i prodotti europei, cibo, vestiti, film, musica classica, l'arte...
CHARLENE (voltandosi con lo sguardo preoccupato) Noi chi?
FEDERICO Noi giapponesi.

Lei lo fissa ancora più preoccupata.
Poi vede le rose, scoppia in una felice risata, le prende, abbraccia il giovane.

CHARLENE Ti amo.

I due restano abbracciati per un po’.

FEDERICO Questa mattina sono andato a fare la spesa, al supermercato ho trovato del sushi che viene confezionato in una cittadina a due chilometri da casa mia… quando andavo all'università, a Hiroshima, con l'autobus ci passavo davanti tutti i giorni. Dalle storie che mi raccontava mio padre cercavo di immaginarmi quello che succedeva là dentro. Com'erano fatti gli operai, cosa facessero al di fuori del lavoro, i volti delle loro mogli, le loro famiglie, le loro abitazioni… i loro interessi… pensavo si trattasse di una fabbrica che costruisse automobili, motociclette, trattori, invece…
CHARLENE (Lo osserva con gli occhi sgranati) Stai bene? Che hai? Perché dici queste cose?
FEDERICO Non sto dicendo nulla di eccezionale…
CHARLENE (accarezzandolo sulla testa) Hai l’aria stanca, hai studiato tanto?
FEDERICO (tutto contento) Oggi è stata una giornata molto proficua! (si sfrega le mani) Ho studiato di gran lena, sono proprio soddisfatto!
CHARLENE Vuoi qualcosa da bere? Ti porto un po’ di the al limone?
FEDERICO Grazie.

La ragazza esce un po’ preoccupata, mentre il giovane si siede sulla prima sedia che le sue mani incontrano.
Dopo pochi istanti rientra Charlene, con un bicchiere e la lattina del the al limone. Li posa sul tavolino a lato di Federico. Si siede.

CHARLENE Ecco qua.
Apre la lattina, bacia la linguetta che si mette in tasca, poi versa il the nel bicchiere. Beve.

CHARLENE Allora, cosa hai studiato oggi?
FEDERICO In un libro di storia, quel libro che avevo trovato sulle bancarelle dietro l’università, ti ricordi? Te ne avevo parlato…
CHARLENE Quello per cui ha dato quindici cd?
FEDERICO Esatto.
CHARLENE Uno dei tuoi grandi affarini…
FEDERICO E’ stato un investimento, eppoi quei cd non li ascoltavo più da un pezzo.
CHARLENE Ti credo, visto che erano miei…
FEDERICO Neppure tu li ascoltavi più!
CHARLENE Spero almeno che quel libro ti sia utile.
FEDERICO Utile? Utilissimo! Pensa che c’è tutta una parte su quello che è accaduto a chi era in città durante il bombardamento, una parte sia su Hiroshima e un’altra su Nagasaki. Tutto nei minimi dettagli, testimonianze autentiche, poesie scritte dai bakusha…
CHARLENE Da chi?
FEDERICO Bakusha, significa superstite. Sono quelle persone sopravvissute al bombardamento, nei filmati si vedono camminare tra le macerie, con i vestiti stracciati, le ustioni sulla pelle…

Pausa. Federico finisce il suo the. Posa il bicchiere sul tavolino. Charlene lo prende e lo tiene in mano, fa per alzarsi ma il ragazzo ricomincia con veemenza e partecipazione a parlare di quello che ha letto.

FEDERICO (trepidante) Storia di Federico San. Come tutti era senza difese, la guerra l'aveva reso ancora più povero, la distruzione gli aveva strappato anche l'autonomia del suo corpo. Gli rimaneva soltanto una bicicletta. Non aveva più un soldo, così chiese al figlio di poter vendere la bicicletta, ma il figlio si era rifiutato interpretando la richiesta come la resa definitiva. Pochi giorni più tardi l'uomo moriva. Accanto al suo letto le infermiere hanno trovato un biglietto: "Volevo telefonarti, ma non avevo spiccioli, neppure pochi yen."

Silenzio.

FEDERICO Curioso, non trovi?
CHARLENE Sì, triste, e bizzarro.
FEDERICO Perché bizzarro?
CHARLENE Perché da noi di queste cose non se ne sente parlare.
FEDERICO Bizzarro sarebbe adatto per qualcosa di inventato, ma qui, capisci, qui si tratta di cose vere, reali, che sono accadute sul serio!

La ragazza si alza, un poco infastidita dalla veemenza del ragazzo.

CHARLENE Senti, io sono stanchissima, e devo ancora finire di lavorare, che ne dici di precedermi a casa? Potresti preparami la vasca, così appena arrivo mi faccio il bagno.
FEDERICO (dopo un po’) Non ti interessa quello che faccio…
CHARLENE Ma no che dici? (raggiunge il ragazzo, l’abbraccia, inginocchiandosi davanti a lui) Non pensare così, lo sai che ti voglio bene, e che mi interessa quello che pensi, e che studi, ma cerca anche di capire me, sono tredici ore che sono qua, e sono abbastanza stufa…

Federico si slaccia dall’abbraccio, mogio mogio borbotta qualcosa di incomprensibile e se ne va a testa bassa.
La ragazza lo segue con lo sguardo. 
Si alza la musichetta che nella scena precedente aveva accolto l’arrivo di Michele.
La ragazza chiude gli occhi e si stringe tra le braccia. Silenziosamente, da dietro, arriva l’uomo, che si avvicina, odora i capelli della giovane, poi l’abbraccia.

CHARLENE (a voce bassa) Ti aspettavo…
MICHELE (sorridente) Lo so.
CHARLENE (ancora a voce bassa) Dove sei quando non sei con me?
MICHELE Tu cosa pensi?
CHARLENE (a voce bassa) Non lo so, al lavoro?
MICHELE Sì, al lavoro… 
CHARLENE E poi…
MICHELE E poi?
CHARLENE Mm, a cena con degli amici?
MICHELE Sì, a cena con degli amici…
CHARLENE Ti piace ancora il calcio?
MICHELE Certo, e a te la danza?
CHARLENE Purtroppo ho dovuto lasciare, sai il lavoro, il denaro, la mancanza di tempo…
MICHELE E’ un peccato.
CHARLENE Già, un vero peccato.
MICHELE Però sono sicuro che sei ancora molto brava.
CHARLENE Vuoi vedere qualche passo? (cerca di girarsi, ma l’uomo la blocca) 
MICHELE Non ti voltare, (la lascia) fai vedere…

La ragazza inizia a fare qualche passo delicato, danza classica, tenendo sempre gli occhi chiusi. Nel frattempo l’uomo se ne va. La musica sparisce.
La ragazza si volta d’improvviso. Il suo dolce sorriso si smorza.

CHARLENE (a voce bassa) Lo sapevo…

Buio.





















QUADRO IV


Le sedie ed i tavolini sono nuovamente sparsi sulla scena. Questa volta Charlene seduta su una sedia, in fondo sulla destra, mentre Federico è su una sedia in fondo a sinistra. I due si parlano con una voce falsata, per sentirsi data la distanza. Entrambi sono molto stanchi.

FEDERICO Quanto hai alzato di mancia oggi?
CHARLENE Sai che non lo so? (si guarda nelle tasche, conta) Sessanta, sessanta due, sessanta due e cinquecento.
FEDERICO Domani dovrei comprare un libro…
CHARLENE Ancora? Ma non ne hai abbastanza?
FEDERICO Mi serve per la tesi.
CHARLENE Non lo puoi trovare in biblioteca?
FEDERICO E’ nuovo, è appena uscito, figurati!
CHARLENE Ma sei sicuro che ti servirà?
FEDERICO Finché non l’avrò letto come faccio a saperlo?!
CHARLENE Non puoi dargli un’occhiata prima di comprarlo?
FEDERICO Ma che problema c’è, scusa?
CHARLENE Niente, soltanto vorrei riuscire a mettere da parte qualche soldo, magari per andarcene via una settimana a settembre…
FEDERICO A me questo libro serve.
CHARLENE Non hai qualche amico che te lo può prestare?
FEDERICO Che ne so! Eppoi non andrei mai a chiedere un libro ad un amico!
CHARLENE Ah, già, dimenticavo la tua deontologia, a me sì, ai tuoi amici no. 
FEDERICO E guarda che a settembre devo consegnare la tesi, quindi per me è impossibile andare via!
CHARLENE Ma scusa, quand’è che scade il termine per la consegna?
FEDERICO Te l’ho già detto almeno trenta volte!
CHARLENE Sai, ho un mucchio di altre cose a cui pensare oltre il termine per la consegna della tua tesi!
FEDERICO Certo, un sacco di cose più importanti! (pausa) Comunque è il trentun settembre. 
CHARLENE Fino alla fine, perfetto…
FEDERICO Perché non vai tu in vacanza?
CHARLENE Da sola?!
FEDERICO Non hai un’amica che ci vuole andare?
CHARLENE E secondo te io me ne andrei via una o due settimane lasciandoti qua da solo?
FEDERICO Non ci vedo niente di male.
CHARLENE E’ una sciocchezza.
FEDERICO Fai come ti pare.
CHARLENE Ah, sicuro! Non vedi? Lavoro tutto il giorno tutti i giorni dell’anno per non potermi neanche pagare una cena al ristorante e non poter andare in vacanza una UNA settimana!

Pausa.

FEDERICO Io non ti obbligo.
CHARLENE Tu no di certo! Cristo! (si alza, dà delle spinte a qualche sedia) Ma l’affitto chi lo paga tutti i mesi? Ed il riscaldamento? E la spesa tutte le settimane? E il telefono? E i tuoi libri? E i vestiti?
FEDERICO E’ stata una scelta di entrambi, non ci ha obbligati nessuno.

Charlene se ne va senza dire una parola.

FEDERICO (ad alta voce) Beh, io, se preferisci, ti aspetto a casa…

Se ne va in silenzio.
Dopo un po’ la ragazza rientra in scena, riordina le sedie che aveva gettato in terra. Sospira, triste. Piange.
Fa il suo ingresso accompagnato dalla musica da sogno Michele, che va subito da Charlene. Le prende il viso tra le mani, estrae un fazzoletto dal taschino della giacca, asciuga le lacrime dal volto della ragazza.
Infine le dà un bacio sulla fronte. Se ne va.
Lei si siede, buio. 


















QUADRO V


Le sedie ed i tavolini sono spostati a lato. In centro un solo tavolino, con una sedia. Seduto sulla sedia c’è Michele, elegantemente vestito, un po’ naïve. Fa il suo ingresso una Charlene più giovane, i capelli lisci lungo le spalle, sbarazzina, nei modi come nel tono della voce. Indossa un grembiule da cameriera. 

CHARLENE Bonjour!
MICHELE Buongiorno!
CHARLENE Cosa le posso portare?
MICHELE Un bicchiere di scotch, la ringrazio.
CHARLENE Beve duro già la mattina presto, eh?
MICHELE Abitudine.
CHARLENE (tentennando ad andarsene) Ehm vuole dell’altro?
MICHELE Per il momento lo scotch è più che sufficiente, grazie.
CHARLENE (birichina) Lei non è quell'agente che viene da Milano?
MICHELE Esattamente, sono proprio quell’agente, che viene da Milano.
CHARLENE Forse si chiederà come faccio a saperlo?
MICHELE No, ma se vuole dirmelo, l’ascolto.

La ragazzina si guarda in giro, poi finge di scrivere sul taccuino delle ordinazioni.

CHARLENE Vede, mia sorella ed io stiamo escogitando un piano per fuggire di qua.
MICHELE Un piano?
CHARLENE (a bassa voce) Sì, un piano, segretissimo…
MICHELE (anch’egli a bassa voce) Si avvicini… (lei si china sul tavolino) mi dica, come mai lei e sua sorella volete andarvene da un posto così tranquillo?
CHARLENE (quasi strillando) Appunto! (riabbassa il tono) E’ troppo tranquillo per due giovani come noi, noi abbiamo voglia di divertirci, di conoscere altri giovani (ride), qui ci sono solo vecchi signori bavosi e vecchie matrone stanche!
MICHELE Io sarei un vecchio bavoso?
CHARLENE Ma no cheddìce… non lei, gli altri!
MICHELE Sarei molto curioso di sapere come intendete andarvene…
CHARLENE Stiamo aspettando il tipo giusto…
MICHELE Il tipo giusto? 
CHARLENE Sì, il tipo che ci porterà via con sé…

La ragazza si alza di scatto e se ne va via come se niente fosse, ma a passo spedito.













QUADRO VI


Musichetta stupidamente romantica in sottofondo. Il distinto signore se ne sta in piedi a scrutare l’orizzonte, mentre dietro arriva, con le mani nelle mani e un po’ timorosa Charlene, questa volta però vestita normalmente, con una lunga gonna.

CHARLENE S-Salve…
MICHELE (volgendo lo sguardo verso la ragazza) Buongiorno a lei, cara Charlene!
CHARLENE Si ricorda il mio nome?
MICHELE Come si può scordare un nome delizioso come il suo?
CHARLENE (sorride inebetita) Mi fa molto piacere che lei se lo rammenti…

Lui la fissa a lungo, quasi a penetrarla con lo sguardo.

MICHELE Non lavora questo pomeriggio?
CHARLENE Il giovedì è il mio giorno di riposo.
MICHELE Il suo giorno di riposo? E’ molto fortunata, in città difficilmente troverà un posto di lavoro con un giorno di riposo.
CHARLENE In città tutti lavorano quando tutti gli altri lavorano, e stanno a casa quando gli altri stanno a casa, qui invece, io e mia sorella, lavoriamo quando gli altri sono a casa e anche quando gli altri sono al lavoro, tranne il giovedì pomeriggio…

Silenzio. L’uomo continua a guardare avanti a sé. La ragazza si aggiusta i capelli dietro le orecchie.

CHARLENE Le posso fare una domanda?
MICHELE Prego…
CHARLENE Come mai è venuto qua?
MICHELE (la fissa per un attimo) Intende dire perché un uomo della mia età è venuto a farsi due settimane di riposo in un centro termale?
CHARLENE No, n-non era per questo…
MICHELE (allunga una mano e alza il viso imbarazzato della ragazzina) Su, è una domanda scontata, non creda di essere maleducata, è una curiosità più che giustificata.
CHARLENE (sorrisetto innocente) Ehhh…
MICHELE Nel mio lavoro non si è mai tranquilli, ogni giorno è una specie di battaglia, lo spirito che muove le persone come me è lo stesso, combattere per raggiungere una meta, e subito dopo un’altra ancora. Non ci si può assolutamente fermare. E’ necessario il massimo impegno, dedizione, ossessione per il lavoro, disciplina. E’ un mondo alla rovescia, rispetto al tuo…
CHARLENE Dev’essere molto faticoso…
MICHELE Oh sì, mia cara, lo è molto, è molto faticoso. Ma che vuole? Un lavoro bisogna pur farlo, e questo è quello che io ho scelto. 
CHARLENE Avrà sicuramente le sue soddisfazioni…
MICHELE (guardandola con un sorrisetto d’intesa) Forse lei è più furba di quanto dà a vedere… certo, ho le mie buone soddisfazioni.
CHARLENE (parendo soddisfatta della risposta) Lo vuole sapere il nostro piano segreto?
MICHELE Prima però vorrei farle una domanda.
CHARLENE Quale domanda?
MICHELE Lei, per amore, sarebbe disposta a cancellare tutta la sua vita?

Termina la musica, buio.



























QUADRO VII


Le sedie ed i tavolini sono nuovamente in disordine.
Charlene fa il suo ingresso vestita come nei quadri II e III. Passeggia stanca tra i tavoli, passandovi sopra a fatica una mano. Ad un tratto scorge Federico, seduto malamente.

CHARLENE Ah, sei già qua?
FEDERICO Ti dà fastidio?
CHARLENE Non dire cretinate!
FEDERICO Preferisci che ritorni tra un po’?
CHARLENE Ora che torni a casa è già ora di uscire, no, intanto tra mezz’ora dovrei aver finito.
FEDERICO Dovresti avere finito o avrai finito?
CHARLENE E che ne so?! Dovrei, al massimo saranno tre quanti d’ora. 
FEDERICO Guarda che anch’io sono stanco, ho studiato tutto il giorno.
CHARLENE Ed io ho lavorato tutto il giorno!
FEDERICO Oh, vuoi mettere un lavoro di testa?
CHARLENE Poverino! (si avvicina, gli dà delle carezze provocatorie sul viso) Chissà come avrai fatto a studiare tutte queste ore! Avrai la testa che ti scoppia, vuoi che ti porti un casco da astronauta? Così sei sicuro di non perderne nemmeno un pezzo…
FEDERICO Spiritosissima! 
CHARLENE Senti, puoi aspettare mezz’ora o no?
FEDERICO Mezz’ora, non un minuto di più però.
CHARLENE Che differenza ti fa aspettare mezz’ora o mezz’ora più un minuto? 
FEDERICO Cambia.
CHARLENE Fa un po’ come ti pare (se ne va).
FEDERICO Beh, se no te ne frega niente (si alza).

La ragazza si blocca prima di uscire, si volta lentamente.

CHARLENE Ma dai, lo sai che dicevo così per dire.
FEDERICO Non si dice mai così per dire, e di sicuro non tu.
CHARLENE (lo raggiunge e lo abbraccia) Dai, cerca di capirmi, sono stanca morta, oggi è stata una giornata infernale!
FEDERICO Lo sai che giornata era oggi?
CHARLENE Il sei agosto, e purtroppo agosto ne ha ben trenta (ride).
FEDERICO Non ti dice niente Hiroshima?
CHARLENE La tua tesi di laurea…
FEDERICO Ma lo sai che è stata una cosa vera?
CHARLENE No, per piacere, non mi tartassare con le tue fisime, sono stanca morta…
FEDERICO Non sono fisime!
CHARLENE Time-Out!
FEDERICO Sei come tutti gli altri, ve ne andate in giro pensando soltanto alla vostra vita, egoisti in un mondo di egoisti!
CHARLENE (arrabbiandosi sul serio) Senti un po’ Pio XX, non ho nessuna intenzione di star qua a farmi fare la morale da te! Oggi ho lavorato come una negra! Mi sono fatta un fondo così, e non l’ho fatto soltanto per me, per il mio egoismo, ma anche per te, per noi due, per portare avanti una famiglia, la nostra, io e te! (gli dà una spinta) 

Il ragazzo resta in silenzio, Charlene fa per andarsene poi si rigira e riprende la sua sfuriata.
CHARLENE Eppoi in questo mondo di egoisti come dici tu ci sono un sacco di persone che hanno dei problemi veri, solidi! Gente con l’aids che se l’è trovata a causa di una trasfusione! A causa dell’incuranza di gente che invece di fare i controlli se ne stava a pensare alla guerra del Vietnam o alla Shoha! Intellettuali del cavolo! Non fate che criticare tutti e tutto! Siete più rompicoglioni del più rompicoglioni dei rompicoglioni! 

Lei lo fissa, aspettando una qualche reazione. Ad un certo punto lui alza il volto, le rivolge lo sguardo, quasi impassibili.

FEDERICO L’Aids, (risatina) lo sai che malattia è l’Aids? E’ il simbolo dell’egoismo, (con un gesto lei lo manda a qual paese, se ne va) Certo, è la concretizzazione della diffidenza che regna nei rapporti umani! Anche lì! Anche nell’amore ora c’è paura, e diffidenza!

La ragazza è uscita, lui resta solo. Sconsolato se ne va. 

CHARLENE (da fuori, con ritrovata calma) Vai a casa.

Dopo qualche istante, quando Federico se ne è andato, rientra Charlene, che si siede.
Si rialza la musica del sogno.
Michele, con un ombrello aperto sopra la testa, una mano a tenersi il bavero dell’impermeabile, entra e si avvicina a Charlene. In questo incontro i due non si toccheranno, ne sfioreranno con lo sguardo. Lui guarderà verso le quinte, lei davanti a sé. 

MICHELE Cosa c’è, piccola mia?
CHARLENE Ci sono momenti, momenti lunghi come intere giornate, nei quali penso di sbagliare tutto, ogni cosa mi sembra sbagliata, falsa, è tutto una tale confusione!
MICHELE Bambina mia, la vita è così, ci sono momenti felici, dove tutto ritorna e ricomincia come fosse la prima volta, e momenti di tristezza, di fatica, di infelicità. Bisogna soltanto saper aspettare.
CHARLENE Aspettare… ma cosa c’è da spettare?
MICHELE Lo scorrere silenzioso del tempo, l’arrivo del crepuscolo, il viale verso la fine.
CHARLENE E’ tutta qua l’avventura della vita?
MICHELE Sì, piccolo bocciolo mio, la vita è tutto questo, questo ed esattamente il suo contrario. 
CHARLENE Era tutto così semplice, per noi, perché non lo può essere anche adesso?
MICHELE Quello non era il presente, era soltanto uno dei possibili mille passati…
CHARLENE Sai, mi manca spesso, quel passato.
MICHELE Non commettere lo stesso errore due volte, il passato, comunque, non ritorna mai allo stesso modo, questo è certo. 
CHARLENE Mi sento sola.
MICHELE Questo, piccola mia, lo puoi sapere soltanto tu.

Termina la musica, buio.






QUADRO VIII


Appena si alzano le luci i due ragazzi, lei davanti e lui dietro si rincorrono tra i tavoli e le sedie. Ridono come matti.

CHARLENE Sono qua!
FEDERICO Ora ti prendo!
CHARLENE Ah-ah! Sono qua, cosa fai?!
FEDERICO Se ti piglio!
CHARLENE Sei più lento di una formica messicana!
FEDERICO Guarda che te la faccio pagare!
CHARLENE Tra duecento anni, forse!
FEDERICO Vieni qua!
CHARLENE Ehi-là? C’è qualcuno su questa terra?
FEDERICO Se ti piglio!
CHARLENE Mi sa che se non ti vengo incontro!
FEDERICO Fermati! 
CHARLENE Sono qua!
FEDERICO Ti ordino di fermarti!
CHARLENE (ride)
FEDERICO Femmina, il tuo padrone ti ordina di fermarti!

Lei si blocca di colpo, come un soldatino.
Lui la raggiunge, si tiene lo stomaco per la fatica. Entrambi hanno il fiatone.

CHARLENE Forza…

Lui allunga una mano e le afferra il braccio.

FEDERICO Presa.

I due si abbracciano, cadono per terra, sfiniti, in ginocchio.

CHARLENE Certo che sei una polenta svizzera…
FEDERICO Non è vero.
CHARLENE Se non mi fermavo ci portavano tutti e due in ospedale per collasso cardiaco…

Ridono.

FEDERICO Pensa a farsi portare in ospedale per doppio collasso cardiaco durante una scopata!
CHARLENE Quando ti ho conosciuto non parlavi così…
FEDERICO Perché, cosa ho detto? 
CHARLENE (dandogli uno schiaffo benevolo) Non fare il finto tonto con me!
FEDERICO Fare il finto tonto con te? Ma se sei una capra!

Lui si svincola dall’abbraccio e si rimette a correre, per scappare da Charlene che si rialza e cerca di inseguirlo.

CHARLENE A chi hai detto capra?!
FEDERICO Capra capretta!
CHARLENE Brutto muflone di pianura!

Lui si ferma le mani sui fianchi, la fissa quasi con rabbia.

FEDERICO Muflone di pianura?

Ora è lui che rincorre lei, avvicinandosi sempre di più, mentre lei ride sempre più forzatamente.

CHARLENE Lasciami! Lasciami! Aiuto! Qualcuno mi aiutiiii!

Lui la prende, i due cadono nuovamente.
Si baciano con passione, tra risatine e sospiri.
Buio.
























QUADRO IX


I tavolini sono tutti in fondo, al centro due sedie, una posta di fronte all’altra. Entra l’uomo, fischiettando un motivetto solenne. Si siede incrociando le gambe.
Saltellando allegramente entra Charlene ragazzina, i capelli raccolti in due code laterali.
Saltellando come una monella gira intorno a Michele, poi si siede.

MICHELE Come siamo allegre quest’oggi!
CHARLENE Sì, oggi il sole mi ha baciata appena mi sono svegliata!
MICHELE La tua età, eh potessi ritornare indietro!
CHARLENE Facciamo uno scambio?
MICHELE Che tipo di scambio? 
CHARLENE Sì uno scambio.
MICHELE Stai attenta, il commercio è il mio mestiere!
CHARLENE Pazienza! Ma sono sicura che una cosa del genere tu non l’hai mai fatta!
MICHELE Mi incuriosisci, di che si tratta?
CHARLENE Allora, ecco qua.

Si alza, inizia a camminare con aria altezzosa, come di maestrina.

CHARLENE Regola numero uno. Il signor Michele…
MICHELE Di Stefano.
CHARLENE … Di Stefano e la signorina Charlene Guglielminetti decidono di loro accordo di scambiarsi le rispettive età…

L’uomo sorride.

CHARLENE Regola numero due. Nessuna remunerazione è prevista per questo tipo di contratto, ne risarcimenti.
MICHELE Mi sembra più che ragionevole.
CHARLENE Ssst! Regola numero tre. Quantunque uno dei due contraenti fosse insoddisfatto del proprio scambio lo stesso è da ritenersi deceduto.
MICHELE Deceduto?
CHARLENE Silenzio prego! Niente commenti! 
MICHELE (un gesto di scusa)
CHARLENE Regola numero quattro, e ultima. Comunque vada a finire, il signor Michele Di Stefano è tenuto, essendo l’unico maggiore d’età, a promettere il massimo rispetto e attenzione per la salute e le condizioni di sostentamento della signorina Charlene Guglielminetti. 

Pausa.

MICHELE Finito?
CHARLENE (risiedendosi) Terminé.
MICHELE Su quest’ultimo punto avrei qualcosa da ridire.
CHARLENE Non si accettano contrattazioni. O così o niente.
MICHELE Democratica.
CHARLENE Giusto quanto basta.
MICHELE Le sembra ragionevole, signorina Guglielminetti, prevedere un premio in qualsivoglia forma per il sottoscritto, in qualità di contraente?
CHARLENE Dipende dal premio.
MICHELE Che ne direbbe di un bacio?
CHARLENE Mah! Come si permette!
MICHELE Non direi che un candido bacio sia una ricompensa troppo elevata per uno scambio di siffatta specie! Le ricordo che io medesimo sono un uomo di ottima statura socio-economica.

La ragazza si alza, tentenna poi si avvicina, schiocca un bacio sulla guancia di Michele.
Si allontana in fretta. Lui la osserva, ride.
Buio.






















QUADRO X


La scena è come il quadro precedente, tranne alcune sedie che sono affiancate ad arco, ed un tavolino al centro. C’è soltanto Charlene, nuda dalla vita in su, le braccia e le mani a coprire il seno. Di tanto in tanto si abbandona ad una risata allegra, spensierata.
Entra l’uomo con un sacchetto in mano, la vede.
Lei se ne accorge e si mette dietro le sedie, come fosse un paravento.
Lui guarda verso il pubblico. Lei inizia a rivestirsi.
L’uomo estrae dal sacchetto due bicchieri, li posa sul tavolino, stappa la bottiglia, quindi versa.
La ragazzina termina di rivestirsi, si dà un’ultima sistemata ai capelli, esce da dietro le sedie.

CHARLENE Ti devi sentire molto in colpa per aver violato il corpo di una piccola bambina…

Lui la guarda sorpreso. L’uomo offre alla ragazzina un bicchiere. I due brindano.
Bevono.
L’uomo riposa il bicchiere sul tavolo, lei se lo porta appresso.

CHARLENE Mi vuoi portare con te in città?
MICHELE Sei sicura di volerlo?
CHARLENE Perché no?
MICHELE Perché no non è una buona ragione.

Lei sorseggia, riflette.

CHARLENE Sì, lo voglio, voglio stare con te, mi piaci, e voglio incominciare una vita nuova.
MICHELE E se il passato ritornasse a bussare alla tua porta? Sei pronta a lasciare la tua giovinezza in questo paese? Una volta con me in città non potrai più essere una ragazzina spensierata.
CHARLENE (avvicinandosi all’uomo) Non mi importa! L’unica cosa che voglio sei tu! 

Lui la fissa, lei contraccambia.

MICHELE Ti rendi conto che non potrai più sentire tua madre? Tanto meno tuo padre, e nemmeno tua sorella. 
CHARLENE Mia sorella? Perché? Lei mi appoggia, ne sono certa.
MICHELE (posando entrambe le mani sul collo di lei) Dammi retta, almeno in questo, io sono molto felice che tu voglia stare con me, io stesso ne ho una gran voglia, ma se tua sorella venisse a sapere dove sei lo direbbe sicuramente ai tuoi, e loro ti verrebbero a riprendere. 
CHARLENE Ma!
MICHELE Niente ma, è così.

Lui la bacia sulla bocca.

CHARLENE (accenna di sì con il capo)
MICHELE Bene, brava la mia bambina…

Lui beve dal bicchiere di Charlene.
Buio.

QUADRO XI


Le sedie sono nuovamente in disordine.
Sulla scena c’è Federico, si muove tra le sedie a scatti, nervoso, ha dei tic quasi impercettibili. 
Parla da solo.

FEDERICO Penso che camminare sia la cosa migliore per la mia salute. Quando non so che fare, passeggio. Qualche amico mi dice che sono un gran camminatore. (pausa) Mia moglie morì sotto il bombardamento. La mia sorella più giovane, di sette anni più piccola, è morta a Okinawa. Il suo primogenito venne ucciso in una battaglia nella Cina centrale, mentre il corpo del suo secondo figlio è custodito nel monumento alla memoria dedicata agli studenti della Scuola Normale di Okinawa. Oggi vivo grazie ad una indennità di sostentamento, un assegno concesso dall'amministrazione pubblica, che mi è di grande aiuto, ma non è sufficiente per vivere. Così faccio dei lavoretti santuari, del tipo fare la spesa, andare a pagare le bollette, oppure sorvegliare le case mentre i proprietari sono via, zappare la terra e mantenere in ordine i giardini dei vicini. La tassa di sottoscrizione alla radio rappresenta per le mie finanze la spesa più dura da pagare. Ora spero di realizzare il mio ultimo desiderio, visitare il monumento alla memoria di Okinawa, dove mio nipote è custodito.

Fa il suo ingresso Charlene, stanca, in mano ha una borsa, sta venendo a casa. Vede il suo compagno.

CHARLENE Ciao, come mai sei già qua?

Il ragazzo la guarda sorpreso, come se non la conoscesse. Di scatto si rivolge al pubblico, ricomincia a farneticare.

FEDERICO Il sei agosto mille novecento quarantacinque persi cinque figli. Mio marito era in guerra, non ritornò mai più. Mi ritrovai senza casa, senza famiglia, lacerata nell'anima e nel corpo. Ma era la prima a dolere maggiormente. Uscita dall'ospedale, mi costruii una piccola baracca. Caddi in depressione, maledissi gli Stati Uniti per il bombardamento atomico e odiavo il Giappone per aver dato inizio alla guerra. Ma un giorno mi svegliai con un'incredibile voglia di vivere. Decisi di cambiare la mia vita. Affissi una insegna, "Braccio coreano a Hiroshima della Chiesa della santità del Giappone". I bambini delle strade mi chiamavano pazza nonna coreana. Gli volevo bene, e loro ne volevano a me. 

Charlene si avvicina, visibilmente preoccupata.

CHARLENE (lo afferra per un braccio e lo scuote) Che hai? Sei stanco…

Lui non sembra riconoscerla. Prosegue nella pazzia.

FEDERICO Avevo settantadue anni, allora. Lavoravo in una macelleria, vicino al canale Otagawa, Hiroshima occidentale. Sentii un grande botto, in un istante fui sbattuta sul pavimento. La schiena mi bruciava. Faceva caldo, e così indosso avevo soltanto un grembiule da lavoro e sotto una sottoveste senza maniche. Molti prodotti erano razionati, altri non si trovavano perché servivano al fronte. Per questa ragione in negozio eravamo scalze. Le vetrate si frantumarono in migliaia di schegge, così i nostri piedi erano ridotti a un colabrodo. Non sono mai stata sui carboni ardenti, ma penso che se ci andassi non sarebbe molto diverso, il dolore intendo. Di quello che accadde subito dopo l'esplosione non mi ricordo bene, ma ho come l'impressione di continuare a sentire un suono insolito. Mi ricoverarono, mi medicarono, e per fortuna tutto finì lì. Ma l'anno dopo, nel tardo novembre del '46, improvvisamente, i miei occhi iniziarono a dolere, in maniera intensa. Ritornai all'ospedale, e nonostante le cure e le medicine persi la vista. Mi feci visitare da diversi dottori, ma oramai era troppo tardi. Io e le medicine… e pensare che prima del bombardamento non ne avevo mai prese. Poi, ero sempre più debole, sino a che mi operarono. Si scoprì che il mio pancreas non stava affatto bene. Altre medicine. Nel frattempo i lavori di ricostruzione erano iniziati in tutte le città, a maggior ragione a Hiroshima. Mi dovetti spostare, diverse volte. Tutto insomma andava per il verso sbagliato. Non so quante volte pensai di uccidermi, ma, ripetevo poi a me stessa: che ti serve morire? Risolveresti qualcosa? Fu così che decisi di continuare a vivere.

Federico smette improvvisamente di parlare, mentre Charlene cerca di abbracciarlo. Dalla parte opposta del palco entra Michele, che ride sguaitamente.
Charlene lo guarda stupefatta.

CHARLENE Michele…
MICHELE Ancora sommersa nei sogni, eh? (ride indicandola con crudeltà)
CHARLENE Mah, Michele, tu mi conosci, sai che...
MICHELE (interrompendola) Piantala! Sono stufo delle tue sciocche fantasticherie! (la fissa con estrema serietà) Cosa aspetti a crescere? Diventare adulti non significa soltanto avere un lavoro e una casa! Questo, te l’ho sempre detto!

La ragazza si avvicina all’uomo, cerca di accarezzarlo, ma lui la respinge.

MICHELE Smettila! La devi smettere di pensare a me! 
CHARLENE Ma Michele, amore m…
MICHELE (l’afferra per i polsi) Io non ti ho mai amata! Ti ho soltanto u-sa-ta! 

Lei scoppia a piangere.

CHARLENE No, non dire così, ti supplico, io e te ci siamo voluti tanto bene, e, ancora adesso, ci amiamo, sì, ci amiamo ancora come la prima volta, sì lo sento…
MICHELE No, queste sono fantasie! Soltanto stupide e romantiche fantasie! Immaginazioni! 

La lascia di botto, si allontana passandosi la mano ripetutamente tra i capelli. Lei piange.

CHARLENE Ma come puoi essere così impietoso… tutte queste sere che ci siamo rivisti, le cose dolci che ci siamo detti, e…
Dalla parte opposta rientra Federico. 

FEDERICO Imparai a suonare il koto. Penso che l'insegnamento sia un buon metodo per rivivere quello che un tempo ho appreso. Quando suono, mi sento così felice che non ho bisogno di pensare a nient'altro. L'abitazione che affitto per tenere le lezioni è abbastanza conveniente. Ho molto tempo libero, il che mi permette di trascorrere diverse ore col mio cane, Bill. Dai giorni del bombardamento ho imparato che sebbene abbiamo perso tutto, in verità abbiamo guadagnato qualcosa di più importante: il gusto per la vita.

MICHELE Io e Charlene (la indica con un cenno del capo) ci conoscemmo per caso, lei lavorava in uno squallido alberghetto in una cittadina termale, dove io mi ero recato per riposarmi, pochi giorni, ovviamente. Si aggirava con l’aria sbarazzina, fingeva di essere innocente, pura, casta, in verità non aspettava altro che un uomo ne facesse qualcosa, lei non era ancora niente… mi accorsi subito che era particolare… (la guarda, si tocca una tempia) si inventava le cose… una volta ritornato in città pensavo di non rivederla più, oltre tutto io avevo già una famiglia, una moglie e due figlie, e di certo non ho mai pensato a cambiare radicalmente la mia vita. Un giorno, ritorno dal lavoro, e cosa succede? Che me la ritrovo nel MIO soggiorno, a discutere di ricette e cucina con mia moglie, che pensa sia la figlia di un cliente. (la fissa sorridendo) Ci ho messo ben due anni a scrollarmela di dosso, era sempre lì a ripetermi che io ero tutta la sua vita, che senza di me non sarebbe potuta crescere. Basta con le verginelle.
I due uomini si avvicinano, la fissano, lei che è sprofondata in una sedia in lacrime. I due iniziano a ridere.
Charlene si tappa le orecchie. I due ridono in crescendo.
Ad un certo punto lei si alza, si asciuga le lacrime, li bacia sulla bocca tutti e due. Li abbraccia.

CHARLENE Sssssstt!…

I due smettono di ridere.

CHARLENE Perché mi fate questo?… io vi amo, tutti e due… siete i miei tesori… i miei amori… miei, siete solo miei…

I due si svincolano dalle sue braccia. Dalle due parti opposte del palco i due uomini iniziano a discutere con rabbia, come se stessero parlando entrambi con lei, ma senza guardarla.

FEDERICO Tu non capisci! Oggi era il sei di agosto!
MICHELE Io non ti ho mai amata!
FEDERICO Come puoi startene lì a pensare soltanto ai fatti tuoi!
MICHELE Tu non mi hai mai amato!
FEDERICO Sei un’egoista!
MICHELE Hai rischiato di distruggere la mia famiglia!
FEDERICO Non ti interessa nulla di me!
MICHELE Sei una malata!
FEDERICO Il sei di agosto, capisci?!
MICHELE Maledetto il giorno che ti ho desiderata!
FEDERICO Sembra che al mondo esista soltanto tu!
MICHELE Entrare nella mia casa!
FEDERICO L’Aids, ah! 
MICHELE I miei soldi non ti hanno mai fatto schifo però, vero?!
FEDERICO Un libro, mi serve un cazzo di libro!
MICHELE Ti sei fatta mantenere per anni dal sottoscritto!
FEDERICO E’ colpa mia, è colpa mia se la fortuna non ha mai bussato alla mia porta?!

I due smettono.
Lei, a testa bassa, inizia a cantilenare il motivetto del sogno. Alza il capo, a occhi chiusi, si fa trasportare come dal vento.

CHARLENE Datemi dell'acqua, datemi dell'acqua. Oh, datemi dell'acqua da bere, vi supplico, dell’acqua, da bere… (i due spariscono nel buio) aiutatemi, aiutatemi, acqua... un sorso d'acqua, vi supplico! (pausa) Non c'è nessuno? (pausa) Il cielo è esploso, le strade, le strade non esistono più. Il fiume, se ne è andato, evaporato. (ora gridando) Noootteee! Notte che cresce in questi miei occhi inariditi e dolenti, su queste labbra infiammate. Ahhh! Il lamento di un uomo, d-di un uomo vacillante, di c-chi è quel volto bruciato, doloroso... il volto in rovina di un uomo. 

Luce sui due uomini.
FEDERICO Ricordare...
MICHELE O dimenticare...
CHARLENE Datemi dell'acqua...
FEDERICO La forza della testimonianza...
MICHELE La semplicità all'oblio...
CHARLENE Datemi dell'acqua!
MICHELE La senti? Vuole dell'acqua, la poveretta.
CHARLENE Soltanto un sorso d'acqua!
FEDERICO Non c'è acqua, qua attorno.
CHARLENE I mie occhi senza lacrime...
MICHELE No, non c'è più acqua.
FEDERICO Neppure una goccia...
CHARLENE Vi supplico...

Pausa.

FEDERICO Ci fosse almeno…
MICHELE … un filo di vento… 

Le luci sui due uomini si dissolvono.
La ragazza continua a roteare la testa in alto e a canticchiare. Charlene si guarda intorno, ricomincia a mormorare la canzoncina, sorridendo. Chiude gli occhi e rivolge nuovamente il capo al cielo.
Buio.












QUADRO XII


Un albero al centro del palco.
Cinguettii di uccelli, rumore di acqua di ruscello.
Al di sopra su una tela immagini di natura, fiori, acqua di ruscello. 
Entra una fanciulla, giovanile, i capelli legati alle parti, tipo Heidi, una gonna ampia, gambe snelle e senza calze, una camicetta semplice.
Ride. Gioisce. Saltella come Cappuccetto nel bosco.

SHIMA Ahhh! Che splendida giornata! La natura mi grida tutta la sua bellezza! (mima la raccolta di piccoli fiori) Una margherita, un papavero, un occhio di madonna, e questo? (una mano sul fianco e l'altra davanti al suo naso fissa le dita che tengono un fiore immaginario). Chissà che fiore è… non ne ho mai veduti, di fiori come questi… (poggia una mano aperta sull'orecchia destra, ascolta) fringuello! Passero!… Passero!… Merlo! Fringuello!… Passero! (ride) 

Si sdraia ai piedi dell'albero, la schiena appoggiata al tronco. Strappa un filo d'erba e se lo mette in bocca. 

SHIMA E pensare che oltre quelle colline, la guerra, la devastazione, ogni cosa… qui sembra che tutto si sia fermato… lo zio dice che in città non si può uscire, il cibo scarseggia da mesi, l'acqua c'è soltanto poche ore al giorno… le malattie stanno decimando la popolazione… e dal fronte arrivano montagne di lettere, lettere nere… lettere di… 

Fa il suo ingresso un giovane, anch'egli vestito semplicemente, pantaloncini strappati, geta ai piedi, una maglietta bianca. 
Entra da destra, cosicché la figura della ragazza viene nascosta dal tronco. Si guarda intorno. Passi a destra e a sinistra. Lei lo vede, ridacchia ma si copre la bocca con la mano, sulle ginocchia si nasconde dietro l'albero, man mano che il ragazzo si sposta lei fa lo stesso. Il ragazzo mette le mani ai fianchi, sbuffa.
Lei scoppia a ridere, gettandosi a terra. Lui la vede.

HIRO Shima! Che fai?!

Lei ride. Lui si avvicina, sedendosi accanto a lei.

HIRO Mi stavi spiando?

Lei lo guarda, timidamente fa di sì con la testa.

HIRO E non mi hai chiamato...

Lei fa segno di no, con la testa.

HIRO Sei una bambina molto ma mooolto cattiva.

La ragazza fa segno di sì con la testa. 

HIRO Che dovrei fare ora?

Lei alza le spalle.

HIRO Già… sì, penso che sarebbe la giusta punizione per una bambina così cattiva.

Di scatto si muove verso di lei, l'afferra ai fianchi, le tiene le mani, la gira, la sculaccia. Lei ride, grida. Dopo un po' lui la lascia, e lei si aggrappa al tronco.

SHIMA Ma sei scemo?!
HIRO No, soltanto innamorato.
SHIMA E, e di chi?
HIRO Stupidina…
SHIMA Dimmelo!
HIRO Ti amo.

Lei scoppia a ridere e abbraccia il giovane.

SHIMA Non ti credo.
HIRO Come non ti credo?!
SHIMA E’ semplice, io non ti cre do.
HIRO (afferra la ragazza per il naso) Mi prendi per il naso?
SHIMA (ridendo come una matta) Scemo! Lasciami! 
HIRO Soltanto quando mi avrai giurato di amarmi.
SHIMA Lasciami!
HIRO Manco per idea.
SHIMA (congiunge le mani come per pregare) Ti prego, mi fai male!
HIRO Allora?
SHIMA Di amo!
HIRO Cosa?
SHIMA DI AMO!
HIRO E che è?
SHIMA Se mi lasci il naso forse riuscirò a dirdelo!
HIRO Giuralo.
SHIMA Lo giuro.
HIRO (le lascia il naso) Eh?

Le si alza di scatto e scappa.

HIRO (correndole dietro) Vieni! Vieni qua!

Buio.