Gran turismo

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GRAN TURISMO


GRAN TURISMO

Commedia in tre atti

di ALESSANDRO DE STEFANI

PERSONAGGI

NICOLETTA MARTELLI

SANGRO

Il duca MARTELLI-SANGRO, suo padre

RODOLFO BERARDI

Il con­te FRANCO TOCCACELI

ROSALINDA PAGET

UN CAMERIERE d'albergo

UNA CAMERIERA di locanda

UN CAMERIERE del Duca,

Il primo atto a Londra, il secondo in Iscozia, il terzo a Roma.

ATTO PRIMO

La scena rappresen­ta la sala di scrit­tura di un albergo londinese elegante. Sono le undici di mattina. Tavolini con t'occorrente per scrivere. Poltrone. Specchi. Su una pol­trona miss Rosalinda Paget, donna di una cinquantina di anni, sta leggendo un libro, ma gli oc­chi le sì chiudono frequentemente. Una sonnolenza continua le interrompe la lettura. A un tavolino è seduto Rodolfo Berardi, tenuta sportiva, pipa in bocca: sto scrivendo qualcosa. 1 vestiti dei personaggi chiariscono che siamo in estate. Rodolfo suona il campanello e dopo un istante compare il cameriere.

Rodolfo                    - J'ai quelques informations a vous deniander.

Il Cameriere             - I no speak french.

Rodolfo                    - Deutsche spraken?

Il Cameriere             - No, sir.

Rodolfo                    - (segnando nei suoi appunti) Benissimo. Naturalmente nemmeno italiano?

Il Cameriere             - Oh sì: sono italiano.

Rodolfo                    - Davvero? Fenomeno! Ma questo non conia, perché non è scienza acquistata. E' scienza originaria. I tuoi colleghi inglesi, qui, del servizio, parlano per caso italiano?

Il Cameriere             - Oh no.

Rodolfo                    - Solo inglese?

Il Cameriere             - Solo inglese.

Rodolfo                    - E questo è un albergo di prima categoria?

Il Cameriere             - Prima categoria.

Rodolfo                    - Benissimo.

Il Cameriere             - Signore, scusate se mi permetto, ma ho visto che voi sapete benissimo anche l'inglese...

Rodolfo                    - lo so tutte le lingue. Ma sto facendo una piccola indagine per stabilire quali sono i vantaggi che l'Italia può offrire ai turisti stranieri in confronto a quelli che l'estero offre. Un parallelo. E allora mi informo...

Il Cameriere             - In Italia, lo so, un cameriere non viene assunto in un locale di prima categoria se non sa almeno tre lingue.

Rodolfo                    - Stamane ho suonato per avere la came­riera: due volte. Avevo un punto da farmi dare a una fodera. Non è venuta. E’ venuto il facchino.

 Il Cameriere            - Le .cameriere, prima delle 10, non possono entrare negli appartamenti degli uomini soli.

Rodolfo                    - Oh, bellissimo! E dopo le dieci sì? Mi piace. Tuttavia sono cameriere al di là dì ogni tenta­zione, a quanto ho veduto!

Il Cameriere             - La moralità non guarda al volto della gente. Guarda solo al sesso.

Rodolfo                    - Oh, «shoking». Altro punto a favore dell'Italia: da noi le cameriere son tutte molto più carine.

Il Cameriere             - Lo so, signore. Io rimpiango l'Italia.

Rodolfo i                  - E perché non ci sei rimasto?

Il Cameriere             - Mio padre era cuoco a Londra. Al­lora... Ma appena posso apro un locale in Italia. Per gli sport invernali.

Rodolfo                    - Auguri. Di' che mi preparino il conto. E che facciano lettere benzina nella mia macchinetta.

Il Cameriere             - Il pieno?

Rodolfo                    - Sì.

Il Cameriere             - Il signore parte?

Rodolfo                    - Stamane; la mia inchiesta si deve svol­gere specialmente nei luoghi di campagna. Non nelle grandi città. Voglio vedere come si mangia, come si dorme, quanto si spende. Tutto.

Il Cameriere             - Giornalismo?

Rodolfo                    - Press'a poco.

Il Cameriere             - Auguri. (Il cameriere si allontana. Rodolfo riaccende la pipa che si era spenta. Intanto Rosalinda si è decisamente addormentata. Il libro le scivola per terra. (Rodolfo che s'era alzato se n'avvede: glielo raccoglie, fa per restituirlo, ma s'accorge che la zitella dorme e allora non vuole svegliarla. Dà intanto un'occhiata al libro. Appare meravigliato).

Rodolfo                    - (mormorando) Diario delle mie ore di amore... (Guarda la zitella ancora, poi sfoglia il libro. Evidentemente trova qualcosa che lo interessa, perche prende una sedia e si mette a leggere con viva curiosità. Ogni tanto dà un'occhiata stupita alla donna che dorme. Dalla comune entra Nicoletta: ventidue anni, elegan­tissima, in abito da mattina, grande borsetta. Non si accorge che Rosalinda dorme perché le rimane alle spalle. La interpella con voce un po' autoritaria).

Nicoletta                  - Rosalinda, io esco. ((Rosalinda sussulta, apre gli occhi e tenta di darsi un contegno).

Rosalinda                 - Debbo venire anch'io?

Rosalinda                 - Non occorre. Vado qui vicino: a fare qualche spesa. Non fare complimenti: magari come interprete. Nicoletta Aspettami qui

Nicoletta                  - No no, me la cavo benissimo da sola.

(Esce. Rodolfo ha guardato la ragazza con ammirazione, ed è ancora fisso verso la sua appari­zione, mentre Rosalinda cerca attorno a sé il proprio libro che non trova più. Rodolfo se n'accorge).

 Rodolfo                   - Oh, sensate... Ecco il volume. Era «adusto, e m'ero permesso

Rosalinda                 - Grazie.

Rodolfo                    - Interessantissimo.

Rosalinda                 - (molto secca e riservata) Sì.

Rodolfo                    - Quando ci si trova all'estero, fra italiani, si sente come una naturale attrazione... La patria lon­tana».

Rosalinda                 - Io sono inglese: del Sussex.

Rodolfo                    - M'era parso... Ma il vostro accento...

Rosalinda                 - Ho vissuto molti anni in Italia: a Fi­renze.

Rodolfo                    - E anche vostra figlia...?

Rosalinda                 - Non è mia figlia.

Rodolfo                    - Nipote?

Rosalinda                 - Lei è italiana.

Rodolfo                    - Grazie. (Pausa. Rosalinda riprende la let­tura decisa a troncare la conversazione, ma Rodolfo non è di questo parere. Dopo un istante torna alla carica) Giunte da poco?

Rosalinda                 - (dopo una lieve esitazione, sollevando ap­pesta gli occhi dal libro) ©a pochissimo.

Rodolfo                    - Forse quella Balilla targata FI che ho visto ieri davanti all'albergo?

Rosalinda                 - Già.

Rodolfo                    - Senza un autista, un meccanico, niente? (Rosalinda non risponde). E’ un po' rischioso fare un tango viaggio così, due donne sole... Certo la macchina è ottima: non ci son pericoli di guasti (Pausa). Fi­renze è una bellissima città... (Niente; Rosalinda ri­mane insensibile). Ma anche Londra, in specie di que­sta stagione». Io ho visitato il Busset: un incanto. (Ro­salinda dà un'occhiata a Rodolfo come per fargli ca­pire che perde il suo tempo. Pausa). Diario delle mie ore d'amore... Ecco un libro che, qui, in Inghilterra, sarebbe proibito. Troppo spinto.

Rosalinda                 - Io non leggo libri spinti.

Rodolfo                    - Dal titolo! C'era da sperare.»

Rosalinda                 - Nulla. (E riprende la propria lettura. Rodolfo allora tenta un'ultima strada).

Rodolfo                    - Se aveste sei quadri con asso re donna e fante e gli altri tre re accompagnati, direste « sans atout»?..,

Rosalinda                 - Ma certo. Che domande! Fino a tre « sans atout ».

Rodolfo                    - Appunto quello che sostenevo io, e in­vece il « Culbertson »...

Rosalinda                 - Non badate a « Culbertson »: ci si perde la testa a studiarli. E' la pratica quella che conta. La partita viva. (La passione del « bridge » ha rotto il ghiaccio; Rodolfo si tè avvicinato ora alla zitella fin­gendosi interessatissimo).

Rodolfo                    - Peccato che in viaggio sia così difficile... Anche vostra nipote si appassiona al «bridge»?

Rosalinda                 - Eh, no! E poi non è mia nipote: è la duchessina Martelli-Sangro.

Rodolfo                    - Peccato! Dico per il «bridge».

Rosalinda                 - Già. Ma che volete...? Dovere, lo l'ac­compagno.

Rodolfo                    - Ho capito. E ripartirete presto?

Rosalinda                 - Dobbiamo fare un giro in Iscozia. Ni­coletta vuol visitare la Scozia.

Rodolfo                    - E' una buonissima idea. E qui avete amici conoscenti?

Rosalinda                 - Nessuno, lo ormai manco da molti anni dall'Inghilterra; Nicoletta non ci è mai venuta. Ma non abbiamo bisogno di nessuno, grazie.

Rodolfo                    - Non era per offrirmi: io parto stamattina stessa.

Rosalinda                 - Ah! Treno?

Rodolfo                    - No, macchina. Una Balilla anch'io. Per questo mi son sentito un po' camerata.

Rosalinda                 - Capisco.

Rodolfo                    - Dev'essere una ragazza energica la du­chessina.

Rosalinda                 - Un brutto carattere... Cioè, insomma, difficile. Molto difficile.

Rodolfo                    - Si vede subito. Poche parole, è bastato.

Rosalinda                 - Suo padre l'ha educata male. Viziata. Già, quando non c'è la madre...

Rodolfo                    - Lo so. Anche a me è accaduta la stessa cosa. Senza madre. Ma io peggio: non avevo neanche il padre. Morti mentre ero bambino. Allora mi sono viziato da solo.

Rosalinda                 - Ora, vi prego, ritiratevi. Non sarebbe decoroso che io mi facessi trovare da Nicoletta in con­versazione con un uomo...

Rodolfo                    - Ah, è così formalista?

Rosalinda                 - Terribile. In fondo, non sonò io che sorveglio lei, è lei che sorveglia me.

Rodolfo                    - E' un caso molto più frequente di quel che si crede.

Rosalinda                 - Altezzosa poi com'è.

Rodolfo                    - Ah, è altezzosa?

Rosalinda                 - Tremenda. Vi basti questo: avevamo bucato una gomma in Francia. Non ha permesso che due signori che, premurosamente s'eran fermati per aiutarla, intervenissero. Ha fatto da sola.

Rodolfo                    - Brava meccanica!

Rosalinda                 - No, ha impiegato un'ora. Non ha ac­cettato aiuti perché erano due veri signori, e siccome non avrebbe potuto, dopo, dar loro la mancia, piuttosto che doverli ringraziare ha fatto tutto da sé.

Rodolfo                    - Ah, il « grazie » per lei non esiste?

Rosalinda                 - Solo con gli inferiori: la servitù, i con­tadini. Con loro dice tutti i grazie che volete, dà anche la mano.

Rodolfo                    - Ho capito: come fanno i sovrani con i sudditi.

Rosalinda                 - Press'a poco. Vi ho detto tutto ciò perché vi leviate dalla testa l'idea di volerla conoscere.

Rodolfo                    - Io?

Rosalinda                 - M'era parso che questa fosse la vostra intenzione.

Rodolfo                    - Affatto. sei venuta solo ora che mi avete fatto questo bel ritratto di Sua Altezza.

Rosalinda                 - Per carità. Poi ci vado di mezzo io.

Rodolfo                    - Non c'è nessun pericolo. Sono un uomo di mondo. Giornalista!

Rosalinda                 - Sparite subito, sparite.

Rodolfo                    - Perché? Avete un fatto personale contro giornalisti?

Rosalinda                 - lo no. Nicoletta.

Rodolfo                    - Ha orrore della stampa. E di chi la esercita?

Rosalinda                 - Non credo abbia mai conosciuto un gior­nalista, ma so che non vuole osino avvicinarsi a lei.

Rodolfo                    - Osino?! Ma è una specie di sfida! (Va a suonare il campanello. Compare il cameriere di prima) Tengo la stanza. Non parto stamane. Forse domati!.

Il Cameriere             - Sta bene. (Esce).

 Rosalinda                - Che cosa vi ha fatto cambiar idea?

Rodolfo                    - Una curiosità. Voglio togliermi una cu­riosità... Vi piace la scherma, signorina? Penso che siate signorina!

Rosalinda                 - Sì, ma non so che c'entri la scherma con me.

Rodolfo                    - Avete mai assistito a un bell'assalto tra due schermitori molto bravi?

Rosalinda                 - No, mai.

Rodolfo                    - Vi garantisco che è uno spettacolo pieno di interesse. L'urto dei ferri, l'allungo, le parate. Tutto un gioco elegante e pericoloso. Vedrete che vi ci appas­sionerete.

Rosalinda                 - Io? E quando mai assisterò a un as­salto di scherma?

Rodolfo                    - Lasciate fare a me. (Rientra Nicoletta e rimane stupita e seccata al vedere lo sconosciuto vicino a Rosalinda. Rodolfo si stacca prontamente e fa un pic­colo inchino al quale Nicoletta risponde con un lievis­simo cenno del capo).

Nicoletta                  - Non sono cortesi in questi negozi. Ser­vono quelli che entrano prima. Come se questa dovesse essere la legge. (A Rosalinda, più piano) Spero che quel signore non capisca l'italiano.

Rosalinda                 - E' italiano.

Nicoletta                  - Ah?! (Senza importanza) Chi è? Ho visto che parlavate.

Rosalinda                 - II nome... Ecco, non lo so.

Nicoletta                  - Male. Te l'ho detto tante volte: non si risponde agli sconosciuti.

Rosalinda                 - Oh, con me... Non ci sono pericoli. Non mi ha avvicinata con cattive intenzioni. Mi credeva ita­liana. E allora...

Nicoletta                  - Non si può mai sapere. C'è un modulo di telegramma?

Rodolfo                    - (porgendogliene uno) Ecco.

Nicoletta                  - Grazie. (Va a scrivere il telegramma. Ro­dolfo passeggia poi si avvicina di nuovo a Rosalinda).

Rodolfo                    - I castelli della Scozia, per essere compresi, hanno bisogno di una guida esperta. Io li conosco be­nissimo. (Rosalinda imbarazzatissima non risponde). Il castello di Inverness dove fu assassinato re Duncan, per esempio. Ci vuole un permesso speciale per visitarlo. Io l'ho. (Nicoletta suona il campanello. Appare il cameriere).

Nicoletta                  - Spedire subito. (Il cameriere prende e si allontana col telegramma).

Rodolfo                    - (deciso) La signorina mi diceva ora che voi avete intenzione di visitare i castelli della Scozia...

Nicoletta                  - (amabile) Si, m'hanno detto che sono bel­lissimi.

Rodolfo                    - (sorpreso dell’inattesa cortesia di Nicoletta). Strano.

Nicoletta                  - Perché?

Rodolfo                    - Nulla. Credevo che non avreste risposto a uno sconosciuto. M'era parso di capire.»

Nicoletta                  - Sono una persona bene educata.

Rodolfo                    - Avevo anch'io intenzione di andare in Iscozia.

Nicoletta                  - Miss Paget ed io desideriamo essere sole in questo nostro viaggio. Vi ringraziamo molto della cor­tese premura; ma sarà per un'altra volta. Scusate, vero?

Rodolfo                    - (ferito) Prego.

Nicoletta                  - Rosalinda... Vuoi prendere il tuo libro?

Il Cameriere             - (rientrando con la ricevuta del tele­gramma) Sei scellini.

 Rodolfo                   - (tra se) Da noi si metterebbe in conto.

Nicoletta                  - (apre la borsetta per pagare, cerca il por­tamonete) Rosalinda!

Rosalinda                 - Che c'è?

Nicoletta                  - Mi hanno derubata... Non ho più il por­tamonete!

Rosalinda                 - Sei sicura di averlo avuto?

Nicoletta                  - Certo. Ho comperato anche i giornali, ora.

Rodolfo                    - E avevate molto nel portamonete?

Nicoletta                  - Tutto quanto avevo portato con me.

Il Cameriere             - La signorina desidera che chiami il poliziotto dell'albergo?

Nicoletta                  - Ci vuol altro che il poliziotto! E poi il furto non è avvenuto in albergo. E' stato fuori.

Il Cameriere             - E' meglio così, per la casa. Se volete denunciare il furto...?

Nicoletta                  - Subito. Ma so anche dove mi hanno deru­bata! Nel negozio di calze! Avevo posato la borsetta sul banco per esaminare le calze.

Rodolfo                    - Che non avete comperato.

Nicoletta                  - Come Io sapete?

Rodolfo                    - Se no vi sareste accorta subito del furto.» Cercando il portamonete, per pagare. Comunque, se io posso esservi utile in qualche cosa...

Nicoletta                  - No. Grazie.

Rodolfo                    - (a Rosalinda) Mi ha già detto due volte grazie.

Rosalinda                 - Vuol dire che vi reputa un suo inferiore.

Nicoletta                  - Rosalinda, andiamo... Vieni con me dal negoziante di calze.

Rodolfo                    - Forse è utile che vi facciate accompagnare da un uomo...

Nicoletta                  - Non capisco di che utilità potrebbe essere un uomo. (Esce rapidamente con Rosalinda).

Rodolfo                    - (al cameriere) Se non ha altro denaro con sé, sarà molto seccante per la duchessina... Che fa l'al­bergo in questi casi?

Il Cameriere             - Per misure di prudenza trattiene il bagaglio.

Rodolfo                    - In Italia no: s'informa presso l'Ambasciata, il Consolato. Se sa che la persona è degna di fiducia non solo non trattiene nulla, ma anticipa qualcosa. Altro punto a favore del nostro turismo.

Il Cameriere             - Da noi ci son tanti imbroglioni che fingono d'essere stati derubati.

Rodolfo                    - Già. Comunque la signorina ha un'auto­mobile.

Il Cameriere             - Targata estero: non si può tenere e vendere qui. E' come se non l'avesse.

Rodolfo                    - Venderà uno dei suoi gioielli.

Il Cameriere             - Non credo. Quand'è giunta le ab­biamo detto di mettere per sicurezza i gioielli nella cassaforte. Ha detto che erano falsi. Per prudenza, quando viaggia, porta solo i gioielli falsi, ha detto. Questo anzi ci ha un po' messi in sospetto.

Rodolfo                    - Comprendo. Disgrazie che succedono.

Il Cameriere             - Allora il signore parte o rimane?

Rodolfo                    - Rimango.

Il Cameriere             - Benissimo. (Esce. Rodolfo rimasto solo passeggia un po'. Poi suona ancora: ricompare il cameriere).

Rodolfo                    - Di' un po': curiosità. Che c'era scritto nel telegramma inviato dalla signorina poco fa? L'avrai letto.

Il Cameriere             - Sissignore.

Rodolfo                    - Per vedere se ci sia connessione tra il pre­teso furto e...

Il Cameriere             - Ho subito pensato anch'io».

Rodolfo                    - Bravo.

Il Cameriere             - Ma era - o almeno così sembra - un telegramma d'amore. In Italia. «Baci inglesi e tene­rezze italiane. Nicoletta ».

Rodolfo                    - Potrebbe essere un linguaggio convenzio­nale... Indirizzo? (Dà una mancia al cameriere vedendo la sua esitazione; il cameriere allora dice anche l'in­dirizzo).

Il Cameriere             - Conte Toccaceli Aquila.

Rodolfo i                  - Naturale, doveva essere almeno un conte. Grazie.

Il Cameriere             - Prego. (Il cameriere esce).

Rodolfo                    - (tra sé) Baci inglesi... Come saranno? Te­nerezze italiane le conosco... Ma baci inglesi...?!  (Rientra Rosalinda Paget) Ebbene?

Rosalinda                 - Niente, si capisce.

Rodolfo                    - Beh, questo era prevedibile. Il ladro non avrà mica aspettato voi. Se non sono indiscreto, c'era molto in quel borsellino?

Rosalinda                 - Settanta sterline circa. Quello che s'era potuto portare.

Nicoletta                  - (entrando a sua volta) Un'indegnità. In­tanto, nel negozio, han cominciato col dubitare della ve­rità delle mie parole. Hanno affermato che in settanta anni non si era mai verificato un furto in quel locale! E ora siamo letteralmente senza un soldo».

Rodolfo                    - Prendo viva parte, come connazionale, al vostro dolore.

Nicoletta                  - Avreste potuto fare qualcosa invece.»

Rodolfo                    - Avete respinto ogni mia offerta! E ora, scusate, che cosa contate di fare?

Nicoletta                  - Non lo so.

Rodolfo                    - Intanto rinunciare alla Scozia. Questo mi pare inevitabile.

Nicoletta                  - Telegraferò in Italia.

Rodolfo                    - Non vi si possono spedire rifornimenti in nessun modo. Le frontiere finanziarie sono chiuse.

Nicoletta                  - Non mi lasceranno qui in queste con­dizioni.

Rodolfo                    - Vorrei farvi una proposta».

Nicoletta                  - Presentatevi prima.

Rodolfo                    - Sono Rodolfo Berardi. Il nome non dice gran che.

Rosalinda                 - Il signore si occupa di scherma.

Rodolfo                    - Io? No, no.

Nicoletta                  - Che cosa volevate proporre?

Rodolfo                    - Io andavo in Iscozia.» Se voleste approfit­tare».

Nicoletta                  - Vi ho già detto prima di no.

Rodolfo                    - Lo so; ma dato che la situazione finanziaria è ora mutata.

Rosalinda                 - E voi potreste anticiparci».?

Nicoletta                  - Rosalinda, silenzio.

Rodolfo                    - Allora, dolente...

Nicoletta                  - Prego. Non potreste invece farci un pre­stito che poi in Italia mio padre?.»

Rodolfo                    - Sapete bene che all'estero si è sempre un po' a corto di moneta. Io anche in Italia, di solito. Ma questo non c'entra. Il problema sarebbe risolto solo for­mando, provvisoriamente, una sola famiglia. Ma dato che questo non è possibile.

Nicoletta                  - Rosalinda, avrai qualche vecchio amico a Londra.

Rosalinda                 - Ne avevo due: vecchi amici. Ho provato a telefonare stamane. Sono morti tutt'e due.

Rodolfo                    - Evidentemente erano troppo vecchi. (Sor­ridendo) Comunque avete dei gioielli». Non vi sarà dif­ficile realizzare...

Nicoletta                  - Non mi separo dai miei gioielli: sono ri­cordi di famiglia.

Rodolfo                    - E allora non saprei più che consiglio darvi. Andate dal console italiano e fatevi rimpatriare.

Nicoletta                  - Ridicolo. Piuttosto vendo la macchina.

Rodolfo                    - Nessuno la compera. Targata Italia, deve tornare in Italia. La potrebbe comperare solo un ita­liano. Io, per esempio. Ma io ho già la mia.

Nicoletta                  - La situazione comincia ad essere diver­tente tanto è imbarazzante. Ma in albergo, io credo che vorranno...

Rodolfo                    - Ho già chiesto io, per voi, immaginando e dando le migliori referenze. E' un sistema inglese: nessun fido. Posso fumare?

Nicoletta                  - Date una sigaretta anche a me. (Rodolfo gliela dà e gliel'accende).

Rodolfo                    - (a Rosalinda) Non mi ha detto grazie.

Rosalinda                 - Vuol dire che le vostre azioni sono in rialzo.

Rodolfo                    - (sedendo 'vicino a Nicoletta) Sentite, scu­sate se insisto, ma nel vostro interesse, non vedo altra soluzione. Io vi offro i due posti dietro della macchina. Ho una valigia non grande. II vostro bagaglio credo che ci potrebbe stare, n mio itinerario è elastico: può di­pendere dalla vostra fantasia. Io annoto diligentemente ogni spesa fatta per voi e per la vostra amica. Poi giunti in Italia mi rimborserete in lire al cambio d'oggi. Mi pare semplice, vantaggioso.»

Nicoletta                  - No.

Rodolfo                    - Ma perché?

Nicoletta                  - Ho detto di no. Mi pare che basti.

Rodolfo                    - Forse il vostro fidanzato sarebbe seccato che voi viaggiaste con un nomo?

Nicoletta                  - (con alterigia) Non è il mio fidanzato: sarei seccata io.

Rodolfo                    - La mia fidanzata invece ha una tale fiducia in me.»

Nicoletta                  - No, no. Piuttosto».

Rodolfo                    - Che cosa?

Nicoletta                  - Nulla. Voi non sapete che cosa significhi, anche oggidì, essere una Martelli-Sangro.

Rodolfo                    - Evidentemente non lo posso sapere.

Nicoletta                  - Ci sono delle impossibilità interne, degli ostacoli di razza.

Rodolfo                    - Come razza, vi assicuro che la mia è pu­rissima.

Nicoletta                  - Non potete comprendere.

Rodolfo                    - Forse non vi fidate di me come guidatore? Sono abilissimo.

Nicoletta                  - Non c'entra. Vedete, se non si trattasse di questo caso così increscioso, io non potrei rimanere qui a conversare con voi. Bisognerebbe che qualcuno del mio mondo vi avesse presentato. Sono sfumature, ma noi viviamo di questo.

Rodolfo                    - Dovete avere una vita piuttosto difficile.

Nicoletta                  - Questo riguarda me.

Rodolfo                    - Sta bene, duchessa. Io allora vi auguro di risolvere il vostro problema secondo le leggi dell'eti­chetta e nel modo migliore per voi.

Nicoletta                  - Grazie.

Rodolfo                    - Ahi! Un altro grazie!!

Nicoletta                  - Che c'è?

Rodolfo                    - Nulla.

Rosalinda                 - (vedendo che Rodolfo fa per allontanarsi) Signore, voi non potete.

Rodolfo                    - Che cosa?

Rosalinda                 - Abbandonarci in una simile contingenza. Non è cavalleresco.

Rodolfo                    - Non so come potrei aiutarvi. La signorina è intransigente.

Nicoletta                  - Rosalinda, provvederemo da sole.

Rosalinda                 - Ma come? Hai un'idea?

Nicoletta                  - No.

Rodolfo                    - Vi avverto, se l'informazione vi può ser­vire, che l'accattonaggio pubblico, a Londra, è proibito a meno di una licenza speciale.

Rosalinda                 - Per fortuna la signorina non vi ascol­tava, se no sareste un uomo perduto.

Rodolfo                    - Davvero? (Più piano a Rosalinda) Com'è il conte Toccaceli?

Rosalinda                 - D'una educazione squisita. Ma voi come sapete?

Rodolfo                    - So tutto. Si amano molto?

Rosalinda                 - Tre telegrammi al giorno. E' una cosa commovente.

Rodolfo                    - (riavvicinandosi a Nicoletta) Scusate, posso chiedervi una delucidazione?

Nicoletta                  - Prego.

Rodolfo                    - Io scrivo.

Nicoletta                  - Scrittore? Ripetete il vostro nome, per favore.

Rodolfo                    - Berardi. Rodolfo Berardi.

Nicoletta                  - Mai sentito nominare. E' vero che leggo solo libri francesi.

Rodolfo                    - Ecco perché si vendono poco i miei libri. Ma non c'entra. Desideravo sapere da voi come fossero i baci inglesi...

Nicoletta                  - (offesa) Signore...

Rodolfo                    - Non c'era intenzione offensiva.

Nicoletta                  - Basta. (Pausa imbarazzante),

Rodolfo                    - Per isbaglio avevo visto, poco fa, mentre si spediva il telegramma.

Nicoletta                  - Non vogliate insistere! (Il cameriere entra con un vassoio che porge a Nicoletta).

Rosalinda                 - (piano a Rodolfo) Il conte.

Rodolfo                    - (piano, mentre Nicoletta apre il telegramma) Il primo dei tre.

Nicoletta                  - (scoppia a ridere) Un milione! Rosalinda, un milione a chi non ha un centesimo!

Rosalinda                 - (leggendo il telegramma) Un milione dì baci! (Lo restituisce a Nicoletta).

Rodolfo                    - Non si possono realizzare. Almeno quelli del conte. (Nicoletta appallottola il telegramma e lo butta via. li inquieta e nervosa).

Nicoletta                  - Alla Scozia non posso rinunciare.

Rodolfo                    - Veramente?

Nicoletta                  - (con un'occhiata severa) Non ho mai rinunciato a nessuno dei miei progetti!!

Rodolfo                    - Quand'è così-.

Nicoletta                  - Ho deciso: vado all'Ambasciata d'Italia, col mio passaporto. Lì vedranno chi sono. Mi accor­deranno un prestito.

Rodolfo                    - Badate che siamo d'estate: ci sono po­chissimi funzionari all'Ambasciata.

Nicoletta                  - Ma sono quasi tutti aristocratici.

Rodolfo                    - Questo non basta per farli diventare ban­chieri.

Nicoletta                  -  E’appunto ciò che m'impedisce... Non ti posso andare da uno del mio mondo a farmi prestare.  E’ una sfumatura.

Rodolfo                    - Che mi sfugge, ma non importa.

Rosalinda                 - E allora, Nicoletta?

Nicoletta                  - Intanto telegraferò a papà, annuncian­dogli il fatto. Egli provvederà.

Rodolfo                    - Ho paura di una cosa...

Nicoletta                  - Che cosa?

Rodolfo                    - Vi sarà difficile spedire anche solo un te­legramma. Badate, io mi sono un po' informato. Pare che a Londra sia molto diffuso il sistema dei pretesi furti. Allora stanno in guardia. Voi avevate già messo in sospetto la diffidenza britannica con i vostri gioielli falsi...

Nicoletta                  - Signore!

Rodolfo                    - E' la verità. Questo furto, appena giunta... Strano! Che voi, italiana, abbiate potuto essere derubata da un inglese. Stranissimo! Quindi non mi stupirei che vi invitassero, subito, a cambiare albergo dopo aver la­sciato le vostre valige a compenso del conto che non potete evidentemente saldare.

Nicoletta                  - E' mostruoso! Il mio passaporto di­mostra...

Rodolfo                    - Per gli albergatori niente. Ci son tanti pas­saporti falsi. Avrebbero perfino l'insolenza, scommetto, di credere più alla signorina che vi accompagna, solo perché è inglese, che non a voi.

Nicoletta                  - Ma è un paese selvaggio, questo.

Rodolfo                    - Quasi. Ha raggiunto il massimo della ci­viltà, e allora...

Nicoletta                  - In questo caso...

Rodolfo                    - D telegramma al duca vostro padre posso spedirlo io. Volete dettare?

Nicoletta                  - Duca Martelli-Sangro Salaria 64 Roma Vittima ignobile furto et incredibili diffidenze barbarie inglesi trovomi bloccata Londra provvedi disincagliarmi immediatamente baci»

Rodolfo                    - ...inglesi Nicoletta.

Nicoletta                  - Siete odioso.

Rodolfo                    - H telegramma non verrà spedito.

Nicoletta                  - Come?

Rodolfo                    - Contiene ingiurie al prestigio britannico. non siamo in un paese senza censura?

Nicoletta                  - Con Franco non ci possono essere che rapporti mentali.

Rodolfo                    - Certo: libertà totale. Ma le commedie di Shaw qui non si possono recitare. E telegrammi come questi non si possono spedire. Opererò una rettifica. Sono autorizzato?

Nicoletta                  - Cioè?

Rodolfo                    - Duca eccetera. Vittima furto trovomi co­stretta accettare intervento connazionale telegrafa tua approvazione Nicoletta.

Nicoletta                  - Assurdo. Non ho bisogno dell'approva­zione di papà. Ho bisogno dei suoi soldi.

Rodolfo                    - E allora, inutile il telegramma. Non può spedire nulla. Può solo venire lui, di persona a disin­cagliarvi™

Nicoletta                  - Non potrebbe. Non lascia la sua amica. E' innamoratissimo. Oh, scusate.

Rodolfo                    - Prego, succede anche fuori del vostro mondo.

Nicoletta                  - L'amica ha vent'anni meno di lui: al­lora si capisce, vero?

Rodolfo                    - Tutto.

Nicoletta                  - Avete ragione: è un telegramma inutile. Darei delle preoccupazioni a papà senza ragione.

Rodolfo                    - Allora telegrafiamo al conte.

Nicoletta                  - Per una questione finanziaria? Siete pazzo.

Rodolfo                    - Va bene. Ma allora...

Nicoletta                  - Che professione avete detto che esercitate voi, di solito? Lo scrittore mi pare?

Rodolfo                    - Scrivo: non soltanto libri, ma insomma... (Rosalinda gli fa cenno di non rivelare la sua qualità di giornalista).

Nicoletta                  - Gli scrittori sono un po' pazzi: un po' confusionari, amministrativamente, almeno. Voi del resto l'avete confessato che vi trovate spesso in difficoltà...

Rodolfo                    - Vedo che la signorina ha fatto attenzione più di quanto credessi alle mie parole...

Nicoletta                  - Bravo. Parlatemi sempre in terza per­sona: preferisco.

Rodolfo                    - Non si può, il lei è condannato.

Nicoletta                  - Comunque, avete aggiunto che sapete guidare bene la macchina.

Rodolfo                    - Questo sì.

Nicoletta                  - Allora accetto la vostra proposta, ma a una condizione...

Rodolfo                    - Dite.

Nicoletta                  - Voi siete scritturato da me come autista.

Rodolfo                    - Ah?! Impossibile.

Nicoletta                  - E' quello che avevate offerto voi: pilo­tarci in Iscozia...

Rodolfo                    - No, c'è differenza. Pilotarvi, ospiti mie.

Nicoletta                  - Vi offende essere pagato?

Rodolfo                    - Non sarebbe questo: tanto più che non vedo come potreste assolvere tali impegni.

Nicoletta                  - Sulla parola, provvisoriamente. E* il fatto morale che conta.

Rodolfo                    - Appunto, è il fatto morale che non va.

Nicoletta                  - Come siete formalista. Che lo sia io, ca­pisco: ma voi...

Rodolfo                    - Rifiuto.

Nicoletta                  - Avete un brutto carattere.

Rodolfo                    - Che volete farci? E quanto volevate of­frirmi, sulla parola-.?

Nicoletta                  - Duemila lire per questo viaggio; spese pagate s'intende.

Rodolfo                    - Da chi?

Nicoletta                  - Da me. Voi terreste la cassa. E al ritorno sareste rimborsato di tutto...

Rodolfo                    - Più le duemila lire di gratificazione. Poche.

Nicoletta                  - Come?

Rodolfo                    - Se dovessi mettermi a fare l'autista vorrei molto di più.

Nicoletta                  - E cioè?

Rodolfo                    - Sapete: pregiudizi da superare, scrupoli interni. E' vero che a Parigi molti granduchi russi fanno gli autisti. Ma io non sono granduca. E allora...

Nicoletta                  - Insomma?

Rodolfo                    - Facciamo così: al ritorno mi fate un re­galo. E’ più dignitoso per me. E concilia le cose.

Nicoletta                  - Un regalo, di che genere?

Rodolfo                    - Penserò durante il viaggio a che regalo possa essere.

Nicoletta                  - E' un'incertezza un po' imbarazzante per me. Ma...

Rodolfo                    - Solo a questo patto accetto. Mi chiamo Rodolfo.

Nicoletta                  - Che significa?

Rodolfo                    - Dovreste pur darmi degli ordini: Rodolfo.

Nicoletta                  - Rodolfo!

Rodolfo                    - Benissimo. Ah! E con che macchina si viaggia?

Nicoletta                     - La mia, naturalmente.

Rodolfo                    - Avrei preferito, veramente... Sulla mia c'è la radio.

Nicoletta                  - Non importa. La mia. Pagate subito il conto di questo malaugurato albergo. E preparatevi.

Rodolfo                    - Immediatamente. Credo che ci divertiremo...

Nicoletta                  - Come?

Rodolfo                    - Niente: credo che ci divertiremo! (Esce).

Nicoletta                  - (a Rosalinda) E' un po' noioso assumere del personale così, senza informazioni... Ma era l'unico modo di trarci d'impaccio. Senza rinunciare al viaggio.

Rosalinda                 - Sì, ma

Nicoletta                  - E' una questione di salvaguardia, più che altro. Così io, con la mia dignità sono a posto, quell'uomo farà il suo dovere. Non mangerà alla nostra ta­vola. Non si permetterà troppe confidenze. Capisci?

Rosalinda                 - Capisco, ma siccome non è autista c'è il caso che prenda con maggiore disinvoltura il suo ruolo.

Nicoletta                  - Lo so. Ma io sarò in grado di poterlo mettere a posto. L'importante era conferire a me l'au­torità sufficiente: se no, saremmo state in condizioni di inferiorità. Gli avremmo dovuto della riconoscenza. In­vece, così, no.

Rosalinda                 - Nicoletta, credo mio dovere avvertirti... Che c'è?

Nicoletta                  - Quel giovanotto è giornalista.

Rosalinda                 - No.

Nicoletta                  - Come no?

Rosalinda                 - Per me, da ora è autista. Il resto è scomparso.

Rosalinda                 - Nicoletta Sei meravigliosa con le tue separazioni nette.

Nicoletta                  - Il suo passato, non mi riguarda. E' il nostro autista, Rosalinda.

Rosalinda                 - Ma non ti sei chiesta perché insistesse tanto per accompagnarci. Perché abbia accettato la tua grottesca offerta?

Nicoletta                  - Be', ma era evidente, mi pare: perché io gli piaccio.

Rosalinda                 - E ne parli così leggermente?

Nicoletta                  - Vorresti che mi offendessi? Ma è suo dovere, ammirarmi.

Rosalinda                 - Il viaggio sarà pericoloso per lui.

Nicoletta                  - Pur che guidi bene lo stesso. Non ho mai proibito ai miei inferiori di ammirarmi.

Rosalinda                 - Sei urtante. (Rodolfo ricompare).

Rodolfo i                  - Il conto è pagato; il bagaglio è sceso. La macchina numero uno, con radio, è in un « garage »; la mia valigia è nella macchina numero due. Ma io, gui­dando, fumo.

Nicoletta                  - Che cosa?

Rodolfo                    - E' un piccolo vizio che ima da tanti anni: credo bene avvertirvi prima della partenza. Al volante fumo.

Rosalinda                 - (spaventata) Sigari?

Rodolfo                    - No, sigarette.

Nicoletta                  - E' molto seccante.

Rodolfo                    - Vi dà noia il fumo? Ho visto che fumate anche voi.

Nicoletta                  - Non è per il fumo. E' per la gente. Vede un autista che fuma: pensa subito che non siate un au­tista. Tanto più che non avete divisa.

Rodolfo                    - E' proprio per questo che fumo,

Nicoletta                  - Va bene. Fumate pure.

Rodolfo                    - Poi, qualche volta, quando sono molto al­legro, canticchio.

Nicoletta                  - Eh?!!

Rodolfo                    - Solo quando sono allegro.

Nicoletta                  - Provveder» io a togliervi ogni allegria.

Rodolfo                    - Sarà difficile perche fin da ora mi sento al­legrissimo.

Nicoletta                  - Vi passerà.

Rodolfo                    - A che ora, la partenza?

Nicoletta                  - Subito. Non resto qui un istante di più.

Rodolfo                    - Nessun telegramma prima di partire?

Nicoletta                  - Sì, scrivete. Conte Toccaceli...

Rodolfo                    - ...Aquila.

Nicoletta                  - Parto per la Scozia subito. Telegraferò da ogni tappa. Tenerezze...

Rodolfo                    - ...ardenti. Nicoletta.

Nicoletta                  - Non dovete chiamarmi per nome.

Rodolfo                    - Era la firma: sul telegramma.

Nicoletta                  - Spedite.

Rodolfo                    - Non è il caso di comunicargli dove ri­spondere?

Nicoletta                  - Lo sa già: l'itinerario era fissato in an­ticipo.

Rodolfo                    - Benissimo. E per la denuncia del furto?

Nicoletta                  - Rinuncio. Non ho nessuna fiducia che trovino qualcosa.

Rodolfo                    - Neanch'io. (Esce).

Rosalinda                 - Non è ammirazione per te, sai.

Nicoletta                  - Come?

Rosalinda                 - Era indifferente alle tue parole dolci per Franco. L'ho guardato.

Nicoletta                  - E allora perché tutto questo?

Rosalinda                 - Credo di averlo indovinato.

Nicoletta                  - E cioè?

Rosalinda                 - Vorrà fare un « reportage ». Magari su di noi.

Nicoletta                  - Veramente?

Rosalinda                 - I giornalisti, per la loro professione, fanno qualunque sacrificio.

Nicoletta                  - Non mi pare che noi siamo così inte­ressanti... Comunque vedrai che non oserà servirsi di noi sui giornali. Provvedere io.

Rosalinda                 - In che modo?

Nicoletta                  - Lascia fare a me. Ha ragione l'autista; credo che questo viaggio sarà divertente.

Rodolfo                    - (rientrando) La macchina è pronta. Si può partire. Velocità?

Nicoletta                  - Settanta. Non più.

Rodolfo                    - La signora duchessa sarà accontentata. Ho già provveduto per le mance. Se volete favorire...

Nicoletta                  - Grazie.

Rodolfo                    - Oh, sono io che debbo dire grazie... Grazie... (Escono tutti e tre).

Fine del primo atto

ATTO SECONDO

La scena rappresenta la sala centrale d'una locanda pri­mitiva in 1 scozia. In fondo la comune che dà in un atrio e di fianco la porta che dà nei servizi: cucina, eccetera. A destra due porte che danno in due stanze da letto: a sinistra idem. Tra le due porte di sinistra un grande caminetto. Due tavole san preparate per il pranzo. Luce di un gran fonatone in mezzo alla stanza. E' già notte: una notte di nebbia. Rosalinda sonnecchia in una pol­trona accanto al fuoco. Rodolfo compare sulla comune fischiettando allegramente. Dalla prima porta di destra compare Nicoletta.

Nicoletta                  - Fischiettate? Allora siete allegro?

Rodolfo                    - Si.

Nicoletta                  - Riparato il guasto? Si può riparare?

Rodolfo                    - Dolentissimo: non è ancora riparato. La­vorerò tutta la notte se occorre. Ma riparerò.

Nicoletta                  - E’ assurdo: dover rimanere in una kicocca simile!

Rodolfo                    - Io ho dormito in luoghi molto peggiori.

Nicoletta                  - Non m'interessa quello che abbiate po­tuto fare voi.

Rodolfo                    - Lo so. Ma... Intanto mi sono occupato della cena.

Nicoletta                  - Non ho fame...

Rodolfo                    - Io sì. (Nicoletta rientra nella propria ca­mera. Rodolfo si avvicina a Rosalinda) Voi?

Rosalinda                 - (sobbalzando) Cosa?

Rodolfo                    - Avete fame?

Rosalinda                 - (con molta dignità) Sono inglese: quindi ho sempre fame.

Rodolfo                    - (sfregandosi le mani) Benissimo. Chi io avrebbe detto, eh, che di luglio si sentisse la necessità del fuoco? E che nebbia! Avete veduto?

Rosalinda                 - Riparata la macchina?

Rodolfo                    - (in confidenza) Non c'era nessun guasto. Figuratevi: una Balilla! Neanche per sogno.

Rosalinda                 - E allora?

Rodolfo                    - Invenzione mia. Volevo fermarmi un po' qui. Mi piace il luogo. Abbandonato. Solitario. Perfino il personale della locanda assente.

Rosalinda                 - In Iscozia le fiere dei cavalli sono l'av­venimento più importante dell'annata.

Rodolfo                    - Ho visto: son partiti tutti per la fiera. Quindi soggiorno ideale.

Rosalinda                 - Non vi capisco.

Rodolfo                    - Eppure bisognava giungere a questo. La bella padroncina è furibonda. Mi piace farla arrabbiare.

Rosalinda                 - Be', a me no. Diventa insopportabile.

Rodolfo                    - Appunto. Divertentissima. ('Fischietta). Ho combinato con la padrona, cuoca, cameriera, eccetera, tutte riunite nella persona unica di Dorothy, un pranzo di gusto locale che sarà un poema. Vedrete! Su, Rosalinda, voglio vedervi sorridere... Non vi è piaciuta questa corsa attraverso le vestigia del medioevo?

Rosalinda                 - Sì, ma...

Rodolfo                    - Niente ma. Vi è mancato qualcosa? Orario di marcia perfetto. Guida eruditissima e piacevole. Nes­suna spesa. Almeno per ora. Così viaggiano i sovrani: con l'intendenza che pensa a provvedere per loro.

Rosalinda                 - Siete un giovanotto simpatico, in fondo.

Rodolfo                    - Grazie. Molto buona. Peccato che la pa­droncina non sia del vostro parere.

Rosalinda                 - Voi la irritate di continuo.

Rodolfo                    - Io la irrito? L'ho salvata dal baratro: e la irrito?!

Rosalinda                 - Intanto è proprio questo che la indi­spone: la sensazione di dover qualcosa a qualcuno.

Rodolfo                    - Capisco, ma nella vita si deve sempre qual­cosa a qualcuno...

Rosalinda                 - Lei non vorrebbe. E poi, come autista, voi siete troppo bolscevico.

Rodolfo -                 - Ho dei difetti: ma bisogna prendermi come sono.

Rosalinda                 - Quello che più di tutto la offende, me l'ha confessato».

Rodolfo                    - Dite, dite.

 

Rosalinda                 - E' che voi le rivolgiate spesso la parola senza essere interrogato.

Rodolfo                    - Oh, guarda, questo non le va?

Rosalinda                 - No. Non lo ammette.

Rodolfo                    - E il suo fidanzato aspetta sempre di es­sere interrogato?

Rosalinda                 - Che c'entra? Voi non siete il suo fi­danzato.

Rodolfo                    - Verissimo, sono solo l'autista.

Rosalinda                 - Dovreste avere un po' più di tatto.

Rodolfo                    - La colpa non è mia.

Rosalinda                 - E di chi?

Rodolfo                    - Dei miei genitori: morti troppo presto. Non hanno fatto in tempo a darmi un'educazione com­pleta. Bisogna essere indulgenti con me.

Rosalinda                 - Nicoletta non tollera le mancanze di eti­chetta. Scusa magari un delitto, ma non una scorrettezza.

Rodolfo                    - Proverò a commettere un delitto.

Rosalinda                 - E adesso confessatemi che cosa meditate in questo villaggio. Avete detto che « bisognava giun­gere a questo ». Perché?

Rodolfo                    - Così. Ecco la lista di quello che finora ho speso, per voi! (Le dà una lista).

Rosalinda                 - Va bene. Non c'è fretta.

Rodolfo                    - Desidero che controlliate. E che poi met­tiate sotto un « visto » con la firma.

Rosalinda                 - Come volete...

Rodolfo                    - Ci tengo. (Rosalinda scorre la lista spese),

Rosalinda                 - Mancia... mancia... Ad ogni castello c'era scritto « le mance sono abolite ».

Rodolfo                    - Appunto: è una scritta che si mette per ricordare ai visitatori che anche qui c'è l'uso della mancia.

Rosalinda                 - (scorrendo la lista) Non vedo il consumo di benzina...

Rodolfo                    - Intanto la macchina consuma pochissimo. E poi avrei speso lo stesso per me solo: eavrei fatto questo giro. Quindi non è una spesa fatta per voi: è una spesa fatta per me. Non la segno.

Rosalinda                 - Non credo che la duchessa possa accet­tare...

Rodolfo                    - Accetterà; accetterà.

Rosalinda                 - Io ho della simpatia per voi: non ve l’ho mai nascosta. Ma mi preoccupate.

Rodolfo                    - Niente paura, signorina. Non c'è di che. (Rosalinda firma la lista spese e la restituisce a Rodolfo che la ripone in tasca). La duchessa non vi ha mai espres­so, in questi giorni, la sua nostalgia per il fidanzato?

Rosalinda                 - No, veramente. Non credo che conosca nostalgie.

Rodolfo                    - Non sarebbe un sentimento con la corona, capisco. Ma alle volte, la sera, dopo aver visitato castelli dove si sono svolte storie patetiche d'amore...

Rosalinda                 - Che voi avete illustrato con fantasia... Io conosco le storie vere: voi avete aggiunto molto del vostro.

Rodolfo                    - Non lo nascondo: ho abbellito. Be', nean­che allora Nicoletta ha sentito un po' di batticuore...? Non l'avete mai vista sospirare... pensando al conte Toc­caceli, s'intende?

Rosalinda                 - Oh, no. E' un'antisentimentale, Nicoletta.

Rodolfo                    - Marmo.

Rosalinda                 - Io almeno, e la conosco da molti anni, non l'ho mai veduta turbarsi.

Rodolfo                    - E' molto bello. E neanche i reagenti fisici contano per lei? Non so: liquori, musica...?

Rosalinda                 - No, beve molti « cocktails », natural­mente...

Rodolfo                    - Perché si usa.

Rosalinda                 - Ma non le fanno nessun effetto.

Rodolfo                    - Eppure il punto debole ci deve pur essere nella corazza.

Rosalinda                 - Che volete fare?

Rodolfo                    - Trovarlo. E poi, giù, a fondo. Ah, la gioia di... Ma non anticipiamo, Rosalinda. Io sono un nomo paziente, testardo e vendicativo.

Rosalinda                 - Mi fate paura.

Rodolfo                    - Sì, il perdono è cristiano. Ma la vendetta, signorina, è il piacere degli dei. Non la vendetta banale, violenta, brutale: la vendetta sottile, intelligente, deli­cata. L'opera d'arte insomma. Capite? Fate una commedia: ve la fischiano. La vendetta è farne subito un'altra che viene applaudita. Qualcosa del genere.

Rosalinda                 - Voi scrivete commedie?

Rodolfo                    - No, qualche volta recito. E adesso ditemi: com'è questo fidanzato? Bene educato, va bene, molto a posto, distinto, compito, corretto, ben vestito. Tutto questo è sottinteso. E poi?

Rosalinda                 - E poi niente. Che volete? Avete detto tutto voi.

Rodolfo                    - Ah, non c'è altro?

Rosalinda                 - Che volete che ci sia di più?

Rodolfo                    - Ho capito. Età?

Rosalinda                 - Trenta, credo. Trentacinque.

Rodolfo                    - Gaio?

Rosalinda                 - Di umore costante. Non ride troppo. Non è troppo serio.

Rodolfo                    - Non mangia troppo, non dorme troppo, non parla troppo. L'ideale, come gentiluomo.

Rosalinda                 - Ah, dimenticavo: sa cavalcare. Abbastanza bene.

Rodolfo                    - Caccia a cavallo. Concorsi ippici, magari.

Rosalinda                 - Sì.

Rodolfo                    - Ma, a parte tutto questo, che fa?

Rosalinda                 - Come sarebbe a dire?

Rodolfo                    - Non lavora? Non si occupa di niente di positivo?

Rosalinda                 - Non credo. Aveva intenzione di entrare in diplomazia: ma credo che abbia rinunciato.

Rodolfo                    - Sa le lingue?

Rosalinda                 - Come tutti. Qualche parola.

Rodolfo                    - Guida bene l'automobile?

Rosalinda                 - Meno bene di voi.

Rodolfo                    - Grazie. Ah, un'ultima cosa: è naturalmente ricco?

Rosalinda                 - Sì, certo. Ma perché tutto questo inter­rogatorie?

Rodolfo                    - Per figurarmelo. La duchessa non ha con sé nessuna fotografia del conte? Di Franco? Mi pare che ei chiami Franco.

Rosalinda                 - Sì, Franco. Ma non le ho visto nessuna fotografia.

Rodolfo                    - Con tutti quei telegrammi che si scam­biano, credevo... Meglio così.

Dorothy                    - (piacente ragazza di campagna, comparendo sulla porta dei servizi) The dinner is quite readv.

Rodolfo                    - Thank you. (Dorothy dispone qualcosa sulle tavole e poi si allontanerà).

Rosalinda                 - (alzandosi) Allora vado a cambiarmi.

Rodolfo                    - Cambiarvi? Per chi?

Rosalinda                 - Nicoletta si offenderebbe se io non mi cambiassi.

Rodolfo                    - Ah, credete che la duchessa anche qui, dove non c'è anima viva...? (Dalla prima porta a destra compare Nicoletta in abito da sera).

Rosalinda                 - Vedete?

Nicoletta                  - Non è pronto? Sono le otto.

Rodolfo                    - Il cuoco è in ritardo, duchessa. Questione di momenti.

Nicoletta                  - (a Rosalinda) E tu non sei ancora ve­stita?

Rodolfo                    - No. E’ ancora nuda.

Rosalinda                 - Faccio subito. Vuoi scusare? (Entra a sinistra, prima porta).

Rodolfo                    - Se volete riscaldarvi un po', vicino al fuoco

Nicoletta                  - Riscaldarmi, d'estate?

Rodolfo                    - Non fa caldo. Fuori c'è una nebbia fittis­sima. Voi poi, così poco coperta...

Nicoletta                  - (sedendo dov'era prima seduta Rosalinda) Sono abituata.

Rodolfo                    - Io mi domando una cosa: per chi mai tutto questo sfoggio di eleganza?

Nicoletta                  - (lo squadra severamente) Per me.

Rodolfo                    - lo non sapevo che ave6te un guardaroba così; se no, a Londra, vi avrei suggerito di vendere un po' di vestiti... Tanto più che il vostro bagaglio, in una Balilla, è abbastanza ingombrante. Ma è difficile che una signora si separi dai suoi vestiti, in ispecie se sono l'ultimo grido della moda...

Nicoletta                  - Ho un po' mal di capo.

Rodolfo                    - Comunque, siccome l'unica persona che beneficia della vostra messinscena sono io, vi sono ri­conoscente. Molto. Se desiderate posso mettermi in mar­sina. L'ho portata anch'io.

Nicoletta                  - Non occorre.

Rodolfo                    - Grazie. Preferisco. (Nicoletta toglie dalla borsetta il portasigarette: ne cava una sigaretta. Rodolfo pronto gliel'accende).

Nicoletta                  - Grazie.

Rodolfo                    - Posso sedere?

Nicoletta                  - Come?

Rodolfo                    - Siccome non c’è nessuno che assiste, nes­suno di estraneo, la cosa non ha importanza. Qui non occorre che io finga di essere autista (siede memo a Ni­coletta).

Nicoletta                  - Ma...

Rodolfo                    - Che cosa?

Nicoletta                  - Molte cose che permetto all'autista, non le permetterei a un altro.

Rodolfo                    - E cioè?

Nicoletta                  - Inutile spiegare.

Rodolfo                    - Infatti. E' curioso come siamo diversi di mentalità, io e voi.

Nicoletta                  - Curioso? Io lo direi naturale invece.

Rodolfo                    - Già.

Nicoletta                  - Ci sarà molto da attendere?

Rodolfo                    - Non credo. Ammettiamo per un istante che accada una disgrazia...

Nicoletta                  - Che disgrada?

Rodolfo                    - Tutto può succedere. Per esempio, di col­po, questa locanda prende fuoco: una favilla, un'impru­denza. Voi ve n'accorgete quando già le porte sono in­vase dalle fiamme. Bisogna buttarsi da una finestra.

Nicoletta                  -  Che vi viene in mente?

Rodolfo                    - Bisogna sempre esser preparati a tutto. Non c'è altra via di scampo. Unico salvatore io. (Bisogna ve­nire per forza tra le mie braccia. Voi che fareste?

Nicoletta                  - Avete una fantasia troppo accesa.

Rodolfo                    - Il pericolo è grande: ne va di mezzo la vita. Verreste tra le mie braccia?

Nicoletta                  - Non c'è nessun sintomo d'incendio.

Rodolfo                    - Nicoletta, non stuzzicatemi: sarei capace didar fuoco a tutto, io, per vedervi al dunque

Nicoletta                  - E’indegno!

Rodolfo                    - Questo mio proposito ardente?

Nicoletta                  - Che mi chiamiate per nome.

Rodolfo                    - Scusate, duchessa. Ma un incendio può sempre svilupparsi. Anche in Scozia.

Nicoletta                  - Non credo.

Rodolfo                    - Nicoletta, io vi amo.

Nicoletta                  - (dopo averlo guardato a lungo gelidamente) Non capisco.

Rodolfo                    - Volete che ve lo ripeta? In un'altra lingua? Con altre parole? I love you. Je vons aime. Ego diligo te. In latino ci si dà del tu.

Nicoletta                  - Siete impazzito.

Rodolfo                    - Può anche darsi. Ma è così. E ora?

Nicoletta -                - Come?

Rodolfo                    -: Io vi amo.

Nicoletta                  - Siccome sono molto buona e ho per voi della stima perché vi siete cortesemente offerto di ac­compagnarci... -

Rodolfo                    - Allora?

Nicoletta                  - Allora non ho udito.

Rodolfo                    - Molto buona, infatti. (Rosalinda compare vestita da sera, a sua volta). Ma io, malgrado non sia ne­cessario, vado... (S'interrompe) Mi scusate, se mi assento?

Nicoletta                  - Prego, anzi. E siccome avete bisogno di riposo, andate pure a dormire, Rodolfo. E fate in modo che la macchina sia pronta per domattina alle otto.

Rodolfo                    - Sta bene (Rodolfo esce da sinistra seconda porta).

Nicoletta                  - Inaudito!

Rosalinda                 - Che c'è?

Nicoletta                  - Quello che prevedevo, del resto. Quello che avevo temuto partendo. Quello che avevo cercato di evitare con ogni mezzo, tenendo a distanza quel giovane. Inutile. Ci siamo. Mi ha mancato di rispetto.

Rosalinda                 - Nicoletta! Ti ha messo le mani addosso?

Nicoletta -                - Quasi. Peggio. Mi ha detto delle parole...

Rosalinda                 - Sconvenienti?

Nicoletta                  - Terribilmente. Se non ho arrossito è perché mio padre m'ha insegnato che una Martelli-Sangrc non può arrossire mai.

Rosalinda                 - Ma, insomma, che t'ha detto?

Nicoletta                  - Che era innamorato di me.

Rosalinda                 - Oh, be', se non è che questo!

Nicoletta                  - Ah, e ti pare poco? Che vuoi di più? E' il peggior insulto che un nomo possa fare a una donna come me.

Rosalinda                 - Non esagerare, Nicoletta. Se hai detto che re l'aspettavi...

Nicoletta                  - E' incredibile, comunque. E siamo sole, qui, in mezzo alla Scozia, in una locanda abbandonata.

Rosalinda                 - Che c'entra? Non vorrà mica abusare della situazione!

Nicoletta                  - Ha parlato di incendiare l'albergo!

Rosalinda                 - Ma ha perduto la testa?

Nicoletta                  - Abbiamo fatto malissimo ad accettare la sua offerta. Io avevo capito che c'era sotto qualcosa di losco. E il peggio è che dobbiamo subirlo ancora. Siamo senza uno scellino. Come si può trarci d'impaccio?

Rosalinda                 - Be', cerca di essere indulgente. Non lo trattare malissimo.

Nicoletta                  - Non è possibile. Qualunque indulgenza egli la interpreterebbe come consenso.

Rosalinda                 - E allora?

Nicoletta                  - Bisogna liberarcene; separarci da quell'individuo.

Rosalinda                 - Come se fosse facile, nelle nostre condizioni!

Nicoletta                  - Bisogna vendere dei vestiti: fare come ha detto lui.

Rosalinda                 - Qui non troveresti acquirenti.

Nicoletta                  - A Edimburgo. Domattina andremo a Edimburgo...

Rosalinda                 - Con lui.

Nicoletta                  - Terribile. Mi guarderà in viso...

Rosalinda                 - Non sarà il primo uomo che ti ha detto di amarti.

Nicoletta                  - Con quegli occhi, il primo. Avessi ve­duto...

Rosalinda                 - Capisco il tuo turbamento.

Nicoletta                  - Turbamento? Non dire sciocchezze. Av­vilimento.

Rosalinda                 - Io trovo che è sempre meglio viaggiare con uno che ci ama piuttosto che con uno che ci odia.

Nicoletta                  - Figurati che ha parlato di prendermi fra le sue braccia!

Rosalinda                 - Quando?

Nicoletta                  - Quando fosse scoppiato l'incendio.

Rosalinda                 - Allora c'è tempo.

Nicoletta                  - E' un selvaggio: ho scoperto in lui il selvaggio, l'uomo dagli istinti primitivi, dai desideri bru­tali. E' colpa del vestito.

Rosalinda                 - Come? Del vestito?

Nicoletta                  - Di questo vestito. Troppo scollato. Trop­po elegante. La belva ha visto la carne...

Rosalinda                 - Io trovo che era inutile indossare mi vestito simile, qui, stasera, tra di noi.

Nicoletta                  - Se fossi in un'isola deserta mi cambierei lo stesso, la sera.

Rosalinda                 - E' una tua manìa. Comunque è un po' audace: lo ammetto. Cambialo.

Nicoletta                  - E' andato a dormire.

Rosalinda                 - Non credo. Aveva troppa fame. Se dici che la colpa è del vestito, cambialo.

Nicoletta                  - Sarebbe più prudente... (Si avvia) Sem­brerebbe che avessi paura.

Rosalinda                 - E non hai paura?

Nicoletta                  - Non debbo dimostrarlo. E poi, mi sta bene. No, resto così.

Rodolfo                    - (ricomparendo in marsina) Scusatemi se mi sono fatto attendere... (Le due donne lo guardano meravigliate). Ma vedo che non s'è ancora cominciato... Vado a vedere... Perdonate, un istante e sono da voi... (Sparisce verso i servizi).

Nicoletta                  - Lo fa per deridermi.

Rosalinda                 - Io trovo che non sta male in marsina.

Nicoletta                  - Vorrebbe dire che così è alla mia al­tezza. E' tutto un travestimento gravido di minacce.

Rosalinda                 - Ma no: non ti montare la testa.

Nicoletta                  - Sento il pericolo. Lo sento sulla mia te­sta. Capirai che, vestito a quel modo, non può andare a mangiare a un'altra tavola.

Rosalinda                 - Per forza. (Rodolfo rientra con dei fiorì che dispone sulla tavola alla quale aggiunge, portandolo da un'altra tavola, un coperto).

Rodolfo                    - Bisogna rallegrare un po' il desco. Non do­vete stupirvi del vino: è un vino locale, specialissimo, che favorisce i sogni. Paese che vai, vino che trovi. Se volete favorire...? Dorothy serve subito. Il vostro posto, duchessa, è questo. Signorina Paget, voi lì. Io qui.

Nicoletta                  - Non s'è mai veduto che...

Rodolfo                    - L'autista l'ho rinchiuso a chiave, in quella camera. E' furibondo. Dice che ha fame e che vuol man­giare. Gli autisti non hanno diritto di aver fame. Ri­manga pur lì fino a domani. Qui siede solo l'aristocrazia. La vera. Quattro quarti. L'ultima volta che ho fatto co­lazione col duca di Connaught, a Balmoral, mi diceva appunto: quando siamo tra di noi possiamo finalmente toglierci la maschera ed essere quali ci piace. Che tipo, il duca! S'è messo a raccontare delle storielle ignobili, d'una volgarità! E rideva come un pazzo... Voglio ripetervene qualcuna, ora che siamo tra di noi...

Nicoletta                  - Signore!

Rodolfo                    - Ma forse voi le conoscete già tutte. Scom­metto di sì. E allora non vale la pena. Al pranzo intimo offerto dall'allora in esilio sovrano di Boemia, sapete qual è stata la trovata? Di toglierci tutti i pantaloni ad un certo momento e di rimanere in mutandine. Diver­tentissimo!

Rosalinda                 - Signor Berardi, vi prego!

Rodolfo                    - Ma questo accadeva nella migliore società! lì meno nobile era il duca, quella sera. E c'erano delle mutandine di tutti i colori! Ma il colore predominante era il viola chiaro... (Entra Dorothy che serve il pranzo).

Dorothy i                  - Fin sorry... It is too late, but l'ut alone in kitchen.

Rodolfo                    - No matter, my dear. Ali is good, very good! (Incomincia il pranzo).

Nicoletta                  - No, thank you.

Rodolfo                    - Dovete mangiare. Se no penserò che siate turbata per le audaci parole del vostro autista...

Nicoletta                  - Affatto. (Si serve e mangia).

Rodolfo                    - E bisogna bere. Questa carne cruda resta sullo stomaco se non si beve. (Bevendo) Alla vostra sa­lute. Alla nostra. A questo magnifico viaggio. Alla nebbia che ci unisce e ci separa dal resto del mondo...

Nicoletta                  - (assaggia il vino e rimane stordita) Ma che vino è?

Rodolfo                    - Del luogo. Un po' strano. Ma ottimo. « scotch wine ». Se siete intenditrice dovete apprezzarlo 

Nicoletta                  - Lo apprezzerei di più se voi foste più si­lenzioso.

Rodolfo                    - Impossibile. (Dorothy va e viene, servendo). Mi sento l'elettricità indosso.

Rosalinda                 - (alla quale il vino misturato fa subito un certo effetto, ridendo) E1 divertente.

Nicoletta                  - Trovi?

Rodolfo                    - Rosalinda, la fedele, la scespiriana devotis­sima Rosalinda sente il suo cuore sciogliersi nella dol­cezza dei ricordi. Scommetto che le brucia per le vene il calore di quel bacio...

Nicoletta                  - Che bacio?

Rodolfo                    - Volete che nessuno l'abbia baciata? Un bacio di sorpresa... la verità.

Rosalinda                 - No, no.

Rodolfo                    - Non ci credo. Cinque anni fa? Dieci? Venti? Trenta?

Rosalinda                 - Fermatevi nel corridoio d'un museo. Sì, un museo di scultura.

Rodolfo                    - Tante statue antiche: nude.

Rosalinda                 - Rodolfo!

Nicoletta                  - Io me ne vado...

Rodolfo                    - (con violenza) Voi non vi muovete!

Nicoletta                  - Che cosa?

Rodolfo                    - Vi ordino di non muovervi. (Poi più dolce, e a bassa voce) Ho preso la chiave della vostra camera. Non sareste sicura in nessun luogo, questa notte. Non vi consiglio di restar sola, mai.

Nicoletta                  - Signore...

Rodolfo                    - Fa parte dello scherzo. Questa sera scher­ziamo. Bevete. Su, bevete! (Nicoletta, quasi suo mal grado, beve). Certo sarebbe meglio che al mio posto ci fosse Franco, l'affascinante, fatalissimo Franco, per il quale spasimate d'amore tre volte al giorno almeno at­traverso i telegrammi che gli spedisce il vostro autista. Ma ci vuol pazienza, ci sono solo io, l'arciduca Rodolfo.

Nicoletta                  - Quest'uomo è ubbriaco, completamente ubbriaco!

Rodolfo                    - Non si usa nel gran mondo?. L'ubbriachezza è un sicuro segno di distinzione...

Rosalinda                 - Io non vorrei che ci fosse Franco: no. E' così noioso. E anche Nicoletta, io lo so, non sarebbe soddisfatta.

Nicoletta                  - Rosalinda, ti prego di tacere.

Rosalinda                 - Perché non dire la verità? Tutte le volte che hai voglia di divertirti dici sempre che è meglio lasciar Franco a casa!

Rodolfo                    - Benissimo. E noi l'abbiamo lasciato a casa. Dormirà a quest'ora? In un letto distinto, con materassi distinti, dentro un pigiama distintissimo e starà facendo distinti sogni! Alla sua salute!

Nicoletta                  - Io finisco che vi schiaffeggio o scoppio a piangere.

Rodolfo                    - E io allora vi do un bacio.

Nicoletta                  - Finitela!

Rosalinda                 - Scherza! Is funny! Funny!

Nicoletta                  - Rosalinda! (A Rodolfo) Quando parla inglese, brutto segno! Vuol dire che il vino le ha dato alla testa...

Rodolfo                    - Ho sentito con gioia infinita che qualche volta anche la nostra Nicoletta ha voglia di divertirsi. Sicuro. Scende, di nascosto, dal piedistallo di marmo, il sangue le scorre nelle vene, apre gli occhi, e comincia a camminare sulla terra. Magari di Scozia, ma terra.

Nicoletta                  - Siete completamente impazzito. E io sen­to.» sento...

Rodolfo                    - ...le mie parole. Dunque quanti baci avete ricevuto, Rosalinda, nella vostra riservatissima esistenza?

Rosalinda                 - Io? Baci... Oh, sì. Kiss. Many kisses in my poor life!

Rodolfo                    - L'ultimo! Voglio sapere l'ultimo.

Rosalinda                 - L'altro giorno a Londra. Ma sì, figura­tevi. Era proprio ubbriaco quello. Nel corridoio dell'al­bergo...

Rodolfo                    - Mattacchiona d'una Rosalinda, avete la fis­sazione dei corridoi.

Rosalinda                 - Mi deve aver presa per un'altra. Almeno, I think. Mi chiamava Violet! Dear Violet. E io zitta!

Rodolfo                    - Se no s'accorgeva dell'errore e tutto era finito.

Rosalinda                 - Se n'è accorto lo stesso. Ha detto: «Fin sorry ». E se n'è andato.

Rodolfo                    - Very very sorry. E voi, Nicoletta, l'ultimo bacio?

Nicoletta                  - Come potete osare?...

Rodolfo                    - Osiamo, osiamo. Una bocca come la vostra attira i baci come il parafulmine le saette. Lo giuro. E gente audace ne esiste in ogni paese. Gente che sfida, per le strade, il 10,10 di contravvenzione, l'ira delle giovani duchessine, lo scandalo. Tutto. Quanti schiaffi avete dati, sentiamo? Questo lo potete confessare!

Nicoletta                  - Nessuno, non è elegante dare uno schiaf­fo. Ma cosa avete messo in questo vino?

Rodolfo                    - E' una combinazione nella quale si ba­ciano in un amplesso intimo e focoso il blando vinello dei luoghi con il classico « scotch ».

Nicoletta                  - Ah, c'è del «whisky» dentro? L'avevo sentito!

Rodolfo                    - Sì, cara, « whisky and wine ».

Nicoletta                  - Non è mica pessimo il connubio.

Rodolfo ------------ - Tutt'altro. E fa vedere il mondo sotto una luce diversa... Dove i re danzano con i loro sudditi. Anzi suddite. E le duchesse con i loro autisti, in una festa generale come per la pace del mondo.

Nicoletta                  - Peccato che non ci sia nessuno che danza sul serio.

Rodolfo                    - Scommetto che vi piace ballare! Lo vedo.» Ma non con Franco. Con Franco non c'è gusto.

Nicoletta                  - (ridendo, oramai turbatissima dall’alcole) Come fate a saperlo?

Rodolfo                    - Io so tutto. Anche quello che tacete al confessore in chiesa. Anche quello che tacete a Nicoletta, quando la vedete a tu per tu, so quello che viene a galla solo ora nei vostri occhi: terribile!

Nicoletta                  - (ridendo) No?! Che rivelano i miei occhi?

Rodolfo                    - Non voglio far arrossire le vostre orecchie. Ecco: io sono l'uomo che voi potete scegliere, come vi piace di più in questo momento. Mi volete davvero arci­duca impettito e gelido, pieno di aristocratica etichetta?

Nicoletta                  - No, grazie. J'en ai soupé de ca.

Rodolfo                    - Benissimo. Un po' di frasi canagliesche, da sobborgo, da teppaglia, come sollevano gli spiriti alle volte! Vero?

Nicoletta                  - Zitto. Questo non bisogna dirlo.

Rodolfo                    - Allora un fidanzato a posto, molto a posto che misura parole e gesti?

Nicoletta                  - Quello l'avrò vicino per tutta la vita!

Rodolfo                    - Esatto: è già abbastanza.

Nicoletta                  - No, stasera mi piacerebbe un «bai mu­sette». Sapete, a Parigi si chiamano «bai musette»!

Rodolfo                    - Come, se so? Ci vado sempre.

Nicoletta                  - Davvero? Sono divertentissimi. Ci si re­sta fino alle sei della mattina!

Rosalinda                 - Oh yes. «Bai musette! ». Una volta ci sono andata anch'io con Nicoletta. Oh magic!

Rodolfo                    - Ci sono gli « apaches »... magari finti « apaches ». Ma, insomma, studenti di medicina, sartine.

Nicoletta                  - Nessuno mi conosce. Mi chiamano Nicò. Era tanto buffo.

Rodolfo                    - Nicò...

Nicoletta                  - Oh Dio, che ho detto? Che ho detto?

Rodolfo                    - Niente di male. Qui nessuno vi ascolta. Siamo fra di noi.

Nicoletta                  - Non capisco più nulla: ho paura di es­sere...

Rodolfo                    - Non è vero. C'è un po' d'allegria in giro. Ma è quel che ci vuole. Ecco perché portate i gioielli falsi. Perché in certi luoghi se no potrebbero rubarveli.

Nicoletta                  - Come siete furbo. Un vero furbacchione.

Rodolfo                    - Qualcuno alle volte me lo dice...

Nicoletta                  - Una donna? M'avete detto, mi pare, una volta che avete una fidanzata... O non eravate voi?

Rodolfo                    - Sicuro, ero io, perché volete che non sia fidanzato?

Nicoletta                  - Ma non voglio che sia più bella di me. Se no piango. Ditemi che non è più bella di me! Che è molto meno bella di me.

Rodolfo                    - 'Ce il mare tra voi due. Il mare della Ma­nica.

Nicoletta                  - E' troppo stretto: voglio l'Atlantico! Tut­to l'Atlantico.

Rodolfo                    - Mettiamoci l'Atlantico. Tanto per me fa lo stesso! (Egli le versa ancora da bere. Essa fa un gesto stanco di rifiuto).

Nicoletta                  - No. Non posso più.

Rodolfo                    - Volete che io vi batta? M'avevano detto che nessun liquore vi avrebbe fatto perdere la testa!

Nicoletta                  - Nessuno, è verissimo (e tracanna d'un fiato).

Rodolfo                    - Brava. La nostra Rosalinda è partita per il mondo di là.

Nicoletta                  - E’morta? No. Dorme. Ma quella dorme sempre. Ve lo dico in un orecchio. La tengo sempre con me per questo. Dorme. E' l'ideale delle accompa­gnatrici.

Rodolfo                    - Si capisce. E sogna. Beata lei.

Nicoletta                  - Ma allora noi due siamo soli.

Rodolfo                    - Solissimi.

Nicoletta                  - Oh, vorrei della musica: della musica soave, tipo « September »...

Rodolfo                    - Aspettate: ho visto una radi» di là™ Non so perché la tengano in cucina

Nicoletta                  - Non state via troppo: non voglio re­star sola.

Rodolfo                    - Un istante

Nicoletta                  - Rodolfo! Vi chiamate sempre Rodolfo, no?

Rodolfo                    - Sì, Nicò (Essa ride; egli va un istante in cucina).

Nicoletta                  - (continuando a parlare) Ma non andavo mica con questi vestiti, laggiù! Me li avrebbero fatti a brandelli. Senza riguardo com'è questa gente. Oh, ma­leducati. Sfacciati. No, no. Una sottanina e una cami­cetta. E un berretto sui capelli, per traverso. Ma una volta... che ridere! Sapete chi c'era? Il principe Manoilescu. Sono scappata di corsa. (Rodolfo rientra con un piccolissimo apparecchio radio che mette sopra il caminetto, e innesta l’attacco.

Rodolfo                    - Pare che funzioni...

Nicoletta                  - E quando mi ha riveduta mi ha detto: « Eravate a Parigi due mesi fa? ».

Rodolfo                    - E' un vecchio apparecchio, ma per noi due può bastare.

Nicoletta                  - E io: «Mai stata da due anni! ». E lui: «Si vede che qualcuno vi assomiglia! ».

Rodolfo                    - Nessuno vi assomiglia. Nessuno. Ipocrita. Falsa. Sempre in maschera. Deliziosa.

Nicoletta                  - Ah, sì, Rodolfo. Veri insulti. Ancora.

Rodolfo                    - Aspetta che venga la musica.

Nicoletta                  - Metti Tolosa: c'è sempre della musi­chetta allegra.

Rodolfo                    - Se credi che si possa prendere quello che si vuole... E' una radio a sorpresa.

Nicoletta                  - Come hai detto? Ipocrita! E poi?

Rodolfo                    - (le si avvicina le offre le braccia per farla ballare) Odiosa. Falsa.

Nicoletta                  - Una vera donna. Dimmi che sono una vera donna... Ce ne son tante come me, di'?! Sono tutte così? (Intanto dalla radio scoppia una musichetta da ballo, i due danzano, stretti strettì).

Rodolfo                    - Per fortuna no. Non ce ne son molte come te, se no, guai.

Nicoletta                  - (fermandosi di colpo) Ma noi ci diamo del tu?!

Rodolfo                    - Chi lo dice? Al « bai musette » non ci si dava tutti del tu?

Nicoletta                  - Allora non la bruci mica la casa, vero?

Rodolfo                    - Forse ho cambiato idea.

Nicoletta                  - Grazie!

Rodolfo                    - Non mi dire grazie!

Nicoletta                  - No. Se non vuoi non ti dirò grazie. Va bene?

Rodolfo                    - Sei un amore.

Nicoletta                  - Com'è bella questa musica! Com'è bella!

Rodolfo                    - Vuoi che ti restituisca anche la chiave della tua camera?

Nicoletta                  - Non arriverò mai in camera. Mi siederò accanto al fuoco, e dormirò come Rosalinda. Come Ro­salinda.

Rodolfo                    - E io ti guarderò dormire. Eti suggerirò i sogni.

Nicoletta                  - Si può?

Rodolfo                    - Si può tutto quello che si vuole.

Nicoletta                  - Allora voglio un sogno... .un sogno... Con una nave. Tutti i marinai innamorati di me. Scoppia una rivolta a bordo, per me, si capisce. Il comandante mi vuol gettare in mare. I marinai uccidono il coman­dante.

Rodolfo                    - E' divertentissimo. Una carneficina.

Nicoletta                  - I bruti mi assalgono, io urlo... E in quell'urlo mi sveglio.

Rodolfo                    - E se non ti svegli?

Nicoletta                  - Se non mi sveglio, vieni tu, proprio all'ultimo momento, a salvarmi. Mi porti via.

Rodolfo                    - (curvo su di lei, negli ultimi stanchi movi­menti della danza) E tu che cosa mi dai in compenso?

Nicoletta                  - (languida, perduta) E tu che cosa vuoi?

Rodolfo                    - Che mi dai...?

Nicoletta                  - Non hai detto una volta che la mia boc­ca li piace? Eri tu, vero?

Rodolfo                    - Ero io.

Nicoletta                  - (offrendosi tutta in un bacio) E’ tua. (Egli fa per baciarla, resta a lungo curvo su di lei, vi­cinissimo, come per prolungare l'attesa e la delizia, poi di colpo si stacca).

Rodolfo                    - No.

Nicoletta                  - (un po', appena appena, snebbiata dal gesto brusco) Che c'è?

Rodolfo                    - (andando a chiudere la radio) Bisogna es­sere più ragionevoli, duchessa. Ho la marsina, è vero. Ma sono solo un autista.

Nicoletta                  - (livida) Che dite?

Rodolfo                    - Voi dimenticate l'enorme distanza che ci separa. Veramente enorme.

Nicoletta                  - Badate a quello che state per dire.

Rodolfo                    - Sono giorni e giorni che penso a questo, niente altro che a questo.

Nicoletta                  - E' stata una commedia?

Rodolfo                    - No, è stata una prova. Io ho resistito. Voi... meno.

Nicoletta                  - Una prova?

Rodolfo                    - Eh sì. Volevo vedere fin dove giungeva la vostra alterigia. Di che schiettezza era l'acciaio della vo­stra insensibilità. Ora ho visto: mi basta.

Nicoletta                  - Una rivincita?

Rodolfo                    - Be', insomma, vi eravate tanto divertita ad umiliarmi. Anche stasera quando vi ho detto che ero innamorato di voi.

Nicoletta                  - Era una menzogna?

Rodolfo                    - Chi lo sa? Con voi è pericoloso dire la verità.

Nicoletta,                 - Era la verità. E' la verità.

Rodolfo                    - Ci tenete che sia così?

Nicoletta                  - Almeno sono sicura che soffrirete.

Rodolfo                    - Che cara!  

Nicoletta                  - Vi proibisco

Rodolfo                    - Ma intanto la lezione che nessuno, arci­duchi, conti, principi vi aveva data, ve l'ho data io... La vostra bocca...

Nicoletta                  - Tacete!

Rodolfo                    - Offerta. Pronta. A un centimetro dalla mia.

Nicoletta                  -  Non è vero.

Rodolfo                    - Come non è vero?

Nicoletta                  - Era uno stordimento del vino. Mi avete ubbriacata. Con quella mistura. La colpa è Vostra.

Rodolfo                    - Si capisce che l'ho fatto apposta. Ma vi ho vista quale siete davvero, finalmente.

Nicoletta                  - Canaglia!

Rodolfo                    - Come? Le vostre nobili labbra conoscono anche simili parole?

Nicoletta                  - Finitela, se no, se no... (Dalla comune entra Franco Toccaceli in tenuta da viaggio).

Franco                      - Nicoletta!

Nicoletta                  - Franco! Schiaffeggia quell'uomo... Ti prego, schiaffeggia subito quell'uomo».

Franco                      - Ma, Nicoletta: spiegami... Intanto chi è?

Nicoletta                  - L'autista.

Franco                      - In marsina? Nicoletta, tu non sei in con­dizioni normali. Calmati. Rifletti.

Nicoletta                  - E tu come sei qui? Perché sei qui? Come mai?

Franco                      - Ma, sono qui perché mi hai chiamato. I tuoi ultimi disperati telegrammi.

Nicoletta                  - I miei disperati telegrammi?

Franco                      - Ma come? Io mi perdo. Non mi hai tele­grafato

Nicoletta                  - Sì, ma senza disperazione.

Rodolfo                    - Forse è bene che il conte beva un sorso... Per rimettersi

Nicoletta                  - No, non bere di quel vino. Ti prego.

Franco                      - E’ avvelenato?

Nicoletta                  - No. Quasi. Non lo bere.

Franco                      - (cavando di tasca i telegrammi) Eccoli qui, gli ultimi. Sono tuoi.

Nicoletta                  - (leggendo) «Sarebbe necessaria tua im­mediata presenza qui Nicoletta...».

Franco                      - Ieri mattina.

Nicoletta                  - « Trovomi in gravissimo pericolo scongiu­rati prendere aereo venire Ali Meach Scozia Orso Grigio » .

Rodolfo                    - « Nicoletta ».

Franco                      - L'ho ricevuto ieri sera. Stamane ho preso l'aereo. Sono andato a Edimburgo: e di li, con una mac­china. Che è accaduto, Nicoletta?

Nicoletta                  - (a Rodolfo) Che significa ciò?

Rodolfo                    - Ora vi spiego.

Franco                      - (a Nicoletta) Vuoi presentarmi, per favore? Altrimenti la mia posizione è troppo imbarazzante.

Nicoletta                  - C'è ben ateo da fare. (A Rodolfo) Spie­gatevi. Questi telegrammi...

Franco                      - (indicando Rosalinda addormentata) E quel­la, cos'è? Morta?

Nicoletta                  - E' la solita miss Paget che dorme.

Franco                      - Ah! Cominciamo a rientrare nella normalità.

Rodolfo                    - (a Franco) Io sono Rodolfo Berardi. gior­nalista. (Franco gli tende la mano).

Nicoletta                  - Non gli dare, la mano!

Franco                      - (sorpreso) Perché?

Rodolfo                    - (sorridendo) Non dovete prendere troppo sul serio la duchessa. E' una donna che ha orrore di essere salvata. Io l’ho salvata. Non me lo può perdonare.

Franco                      - Nicoletta! Il signore ti ha salvata?

Nicoletta                  - Voglio sapere la storia di questi assurdi telegrammi!

Rodolfo                    - Io accompagnavo la signorina in questo viaggio turistico in Iscozia.

Franco                      - Non m'avevi detto niente, Nicoletta.

Nicoletta                  - E' stato un incidente, a Londra: mi hanno derubata di tutto quanto avevo. Allora ho dovuto ap­profittare del signore...

Franco                      - (a Rodolfo) Grazie. ,

Nicoletta                  - Pagalo subito. Dagli quel che gli devo.

Rodolfo                    - Non c'è fretta. Vi farò avere la nota spese. Miss Paget l'ha controllata e firmata.

Nicoletta                  - Davo a lui i telegrammi da spedirti. A lui.

Rodolfo                    - E io mi sono permesso ieri, solo ieri, di alterarne lievemente il testo».

Franco                      - Lievemente?

Nicoletta                  - Come avete osato?

Rodolfo                    - Ecco: io non potevo proseguire nel compito che mi ero assunto... Intanto dovevo rientrare in Italia. Poi i fondi si erano andati assottigliando. Principalmente colpa di tutti quei telegrammi internazionali;: tre al giorno, un patrimonio. Allora ho pensato di invocare l'intervento di chi aveva pieno diritto - ansi dovere - di occupare il mio posto. Ho calcolato che avreste preso l'aereo, che sareste stato a Edimburgo a mezzogiorno circa. Di lì col treno, prima. Poi in mac­china. Calcolando la nebbia, la velocità ridotta, tutto insomma, vi aspettavo esattamente a quest'ora. Siete stato puntualissimo.

Franco                      - Ho di fuori infatti una macchina d'affitto».

Rodolfo                    - Che ora, se non vi spiace, prenderò io per andarmene.

Franco                      - Nicoletta, ora mi spiegherai perché, appena sono entrato, m'hai detto di schiaffeggiare questo signore che mi pare sia stato più che cortese con te.

Nicoletta                  - Non potresti capire.

Franco                      - i Non insisto. Trovo strano».

Nicoletta                  - Pagalo. Pagalo subito. ,

Franco                      - Allora, se volete precisarci quanto».

Rodolfo                    - (porgendogli la lista) Ecco.

Nicoletta                  - E dagli anche una mancia.

Franco                      - Benissimo (cava di tasca del danaro).

Nicoletta                  - E fatti fare la ricevuta.

Franco                      - Non occorre, non occorre.

Rodolfo                    - Permettetemi, conte, di esprimervi le mie congratulazioni: non è facile, oggidì, trovare una fidan­zata che mandi tre telegrammi al giorno. Dall'estero. E' vero che li pagate voi.

Nicoletta                  - Che volgarità!

Rodolfo                    - Purtroppo io non sono un uomo alla vostra altezza, signorina, lo so. Bisogna perdonare ed essere in­dulgenti con quegli infelici che hanno avuto la disgrazia di nascere umili borghesi. Mio padre faceva il macellaio.

Nicoletta                  - Nessuno vi chiede tali informazioni.

Rodolfo                    - Era per essere assolto. (Franco consegna a Rodolfo il denaro). Grazie. Io riparlo subito.

Franco                      - Ma no, giungereste troppo tardi. Èimpossibile. E poi con questa nebbia!

Nicoletta                  - Lascia che vada...

Rodolfo                    - Comunque, conte, per voi avevo preparato quella camera.» (indica la porta accanto a quella della stanza di Nicoletta).

Nicoletta                  - Avevate anche preparato?...

Rodolfo                    - Certamente.

Nicoletta                  - Veramente completo.

Rodolfo                    - Ora vado a dare ordini per l'autista... Scusate... (Esce dal fondo).

Franco                      - Mi pare un giovane compito. Non capisco perché tu sia così prevenuta contro di lui.

Nicoletta                  - Hai fatto malissimo a venire.

Franco                      - Come?

Nicoletta                  - Sì. Se ti avessi voluto qui, ti avrei chia­mato io.

Franco                      - Ma quei telegrammi appunto... Se credi che non sia stata una fatica. Io sono morto.

Nicoletta                  - Tutto previsto, tutto organizzato! Il colmo!

Franco                      - Ma cosa, cara? Spiegami. Ti giuro che tra il mal di testa che ho e tutti questi misteri, io mi perdo.

Nicoletta                  - Ci sono cose che tu non capirai mai.

Franco                      - Non insisto. (Si versa da bere).

Nicoletta                  - Ti ho detto di non bere... E poi, anzi, no. Bevi. Bevi fin che vuoi. Ti farà bene. (Franco scotendo il capo si accinge a bere).

Franco                      - E' questo il tuo bicchiere?

Nicoletta                  - Sì. Bevi i miei pensieri. Vedrai che sono per lo meno omicidi.

Rosalinda                 - (si scuote, apre gli occhi e veda Frane» al posto di Rodolfo) Che buffo! Mi pare d'essere sveglia e invece...

Nicoletta                  - Se non impazzisco stanotte...

Rosalinda                 - Io sognavo che era Rodolfo: sempre Rodolfo... Ed è diventato...

Franco                      - Sono io, Franco. Siete sveglia. Sono giunto ora.

Rosalinda                 - Oh, cielo! Che è accaduto? Non eravate in Italia?

Nicoletta                  - Niente. Ma tu va a letto: sei totalmente ubbriaca, domani ti spiegherò tutto.

Franco                      - Che vino bizzarro!

Nicoletta                  - Ottimo, vero? (A Rosalinda) Vieni, cara. Vieni.

Rosalinda                 - Ma come mai?... Come ha fatto Franco? Non era in Italia?

Nicoletta                  - Un'anima buona lo ha illuminate.

Rosalinda                 - Buona notte, conte.

Franco                      - Buona notte. (Nicoletta e Rosalinda scom­paiono nella stanza di Rosalinda. Dalla comune ricom­pare Rodolfo con la valigia di Franco).

Rodolfo                    - Ecco il bagaglio...

Franco                      - Troppo gentile.

Rodolfo                    - Volete favorire...? Non badate alle stra­nezze della duchessa. E' questo vino scozzese che l'ha un po' turbata.

Franco                      - Ah?! Naturale, del resto. Anche a me...

Rodolfo                    - Andate a riposare: dopo un così lungo viaggio. (Franco si alza, entra con Rodolfo nella stanza accanto a quella di Nicoletta, poi i due ricompaiono pro­prio quando Nicoletta rientra).

Franco                      - Nicoletta, allora... buona notte... E domat­tina, col nuovo sole, se ci sarà, tutto cambierà aspetto, Vedrai. (Le bacia la mano).

Nicoletta                  - Buona notte. (Franco si ritira, Nicoletta si avvia verso la camera propria).

Rodolfo                    - Veramente compito. (Nicoletta non gli dà retta) Non volete la chiave della vostra camera?

Nicoletta                  - Non ho più nessuna paura.

Rodolfo                    - Comunque, eccola...

Nicoletta                  - (prendendola) Va bene. Voi rimanete...?

Rodolfo                    - Fino a domattina soltanto: è veramente troppo tardi per mettersi in viaggio ora.

Nicoletta                  - Badate che se Franco non vi ha schiaf­feggiato, questo non significa nulla. Io non perdono. E preparatevi a...

Rodolfo                    - A subire le vostre rappresaglie? Sono pronto.

Nicoletta                  - Nessuno al mondo aveva osato mai...

Rodolfo                    - (bruscamente, prendendole un polso) Sen­tite...

Nicoletta                  - (con voce strozzata perché gli altri non sentano) Lasciatemi!

Rodolfo                    - Neanche per sogno. Sentite. Voi, prima di stasera, eravate per me un mostro. Un fenomeno. Una cosa offensiva e contro natura. Potevate essere fiera di questo, ma vi giuro che non c'era di che. Non si do­vrebbe essere fieri di avere due teste, tre braccia, di essere una curiosità da baraccone!

Nicoletta                  - Ah, io ero una curiosità da baraccone?

Rodolfo                    - Sicuro: con la vostra alterigia gelata. Sta­sera la maschera è crollata. Ho visto quella che c'è sotto. La donna. La donna autentica. Se Dio vuole...

Nicoletta                  - Avete visto quel che un po' d'alcole può fare, non altro.

Rodolfo                    - Forse, ma voi ora sapete che io so. Che al mondo c'è qualcuno che vi conosce. A fondo. Che vi ha vista. Nuda.

Nicoletta                  - Tacete!

Rodolfo                    - Nuda! In quello che avete dentro di più intimo, nelle vostre curiosità, nelle vostre debolezze, nei vostri desideri. Potete sposare Franco, essere sua; nes­suno mai, probabilmente, vi conoscerà come vi conosco io ora.

Nicoletta                  - E con questo?

Rodolfo                    - Niente. Me ne vado contento...

Nicoletta                  - Senza rimpianti?

Rodolfo                    - Nessuno. Cioè, forse sì. Ho dovuto fare delle rinunce. Gravi. Sacrificarmi.

Nicoletta                  - Davvero?

Rodolfo                    - A che servirebbe mentire? Ma sono con­tento anche di questo. Voi non chiuderete a chiave la vo­stra porta...

Nicoletta                  - Io, non...?

Rodolfo                    - No, forse con la segreta speranza».

Nicoletta                  - Presuntuoso!

Rodolfo                    - Ma io stanotte, per una volta tanto, sarò compito: come il vostro fidanzato, rispettoso e discreto.

Nicoletta                  - Lasciatemi il polso: Franco non avrebbe mai usato simili gesti.

Rodolfo                    - (lasciandola) Giusto! Ho fatto proprio male a far venire il conte? Non eravate davvero in pe­ricolo?

Nicoletta                  - Se mi conosceste come pretendete sapre­ste almeno che il perìcolo mi piace. E che soprattutto mi piace affrontarlo da sola. (E sparisce in camera pro­pria. Rodolfo rimane in ascolto).

Rodolfo                    - (piano, tra sé) Non chiude, a chiave! (Ascolta. Rumore di chiave che gira nella toppa). Ha chiuso... Ha fatto bene. Non si sa mai! (Si avvia verso la propria camera).

Fine del secondo atto

ATTO TERZO

La scena rappresenta un elegantissimo salotto in casa del duca Martelli-Sangro. Tutto vi è raffinato e nello stesso tempo discreto; nel fondo si apre una specie di galleria luminosa e fastosa dove saranno esposti i regali di nozze. A destra porte che danno in altri Salotti dove sarà il buffet. A sinistra la comune. Molti divani, pol­trone, il tutto di gusto antico ma ringiovanito da note novecentistiche scelte con gusto sicuro. Sono le undici del mattino. Il duca Martelli-Sangro, un vigoroso patri­zio, d'una cinquantina d'anni, sta interrogando Rosalinda.

Il Duca                     - Non sono contento: non posso dire di essere contento.

Rosalinda                 - Tuttavia una giornata come questa, signor duca... L'avvenire si presenta pieno di promesse...

Il Duca                     - Silenzio, Rosalinda.

Rosalinda                 - Sì, signor duca. Chi perde di più sono io. Un'amica e un posto.

Il Duca                     - Il posto non lo perderete. Rimarrete qui a dirigere la casa. Anche se... Ma quel che m'avete detto mi preoccupa.

Rosalinda                 - Non mi pare d'aver detto nulla di nuovo.

Il Duca                     - Nicoletta dovrebbe essere raggiante.

Rosalinda                 - Nicoletta non è mai raggiante: è sempre dignitosa.

Il Duca                     - Lo so, lo so, ma insomma... Che si sposi è una consolazione, per me. Ma io ci tengo che sia anche un buon matrimonio. Non voglio dopo aver rimorsi.

Rosalinda                 - Non è il caso di avere scrupoli per due ragioni: intanto perché Franco farà sempre quello che vuole Nicoletta.

Il Duca                     - E' già molto.

Rosalinda                 - E poi perché, anche opponendovi, Nico­letta avrebbe fatto egualmente di testa sua.

Il Duca                     - Questo è vero. Per cui è perfettamente inu­tile che mi preoccupi. Non preoccupiamocene. E poi, oramai, sarebbe tardi. Avete visto Nicoletta stamane?

Rosalinda                 - E' uscita, come al solito.

Il Duca                     - Almeno stamattina avrebbe potuto rima­nere in casa. Rosalinda, io volevo parlarvi anche d'un'altra cosa. Voi, giustamente, eravate preoccupata del vostro posto. Nicoletta se ne va... E questa volta se ne va senza di voi. Il vostro posto lo prende il marito.

Rosalinda                 - Non precisamente il mio posto.

Il Duca                     - Press'a poco. Vi ho detto che rimarrete qui con me. Ma bisogna che vi dia un'altra notizia. Forse non sarete sola a dirigere la casa. Insomma... Credo che, partita mia figlia, la quale non mi darebbe mai il suo consenso, io regolarizzerò la mia posizione... Voi sapete, credo.

Rosalinda                 - Sì, signor duca.

Il Duca                     - E' una brava figliola. Molto meno difficile di mia figlia. Ma un po' disordinata, capricciosa... Insom­ma è bene che una persona equilibrata almeno ci sia, in casa. Sarete voi, quella. Vi va?

Rosalinda                 - Io oramai sono così affezionata a questo palazzo...

Il Duca                     - Benissimo. Ma non una parola ancora, a Nicoletta. E' bene avvertirla solo a cose fatte. Io sono maggiorenne. Ma ho soggezione di mia figlia.

Rosalinda                 - Capisco.

Il Duca                     - E per questo benedetto viaggio di nozze, ha poi deciso qualcosa?

Rosalinda                 - Gliel’ho chiesto anche ieri sera. Credo che abbia optato per l'Egitto.

Il Duca                     - Io invece... (piano) andrò a Ravello. Villa Cimbrone.

Rosalinda                 - Come Greta.

Il Duca                     - Io non sono maestro di musica, ma in cambio avremo meno seccatori. Pace. Paradiso. Be', ma intanto imbarchiamo la figliola. I regali, tutti a posto?

Rosalinda                 - Non avete visto? E' giunto il braccialetto della vostra... Come si deve dire? Fidanzata?

Il Duca                     - Be', insomma... di donna Giulia. Per ora chiamiamola donna Giulia. E' bellissimo, no? (Piano) L'ho pagato io. E Nicoletta che ne ha detto?

Rosalinda                 - Ecco, veramente… Sapete com'è Nicoletta. Non voleva che venisse esposto.

Il Duca                     - Come? Non voleva...?

Rosalinda                 - No. Poi ha acconsentito, ma senza bi­glietto... Ha voluto che si fosse perduto il biglietto.

Il Duca                     - E' indegno. Quella ragazza è la mia dispe­razione. Per fortuna sposa e se ne va... Perché, oltre tutto, è questo il deplorevole, che io suo padre ho sem­pre torto. E lei ha sempre ragione. Cioè... Dal suo punto di vista... Ma ci vuole anche un po' d'indulgenza verso i genitori! Che è questo rigore? Via il biglietto. Ma perché? Giulia contava tanto su quel braccialetto. Notate che piaceva anche a lei. Quasi quasi, ha detto, me lo tengo io invece. Se sapevo... E in che rango l'ha messo?

Rosalinda                 - Be', indietro: tra i regali di terza ca­tegoria.

 Il Duca                    - (sospirando) Non potreste voi rimetterci il biglietto e spostarlo? Bisogna pure che Giulia non si offenda se no, dopo, ne vado di mezzo io!

Rosalinda                 - A che ora viene donna Giulia al rice­vimento?

Il Duca                     - Verso le sette, credo.

Rosalinda                 - Vedrò di fare uno spostamento per quell'ora.

Il Duca                     - Grazie, Rosalinda. (Entra Franco).

Franco                      - Buongiorno, duca! Rosalinda...

Il Duca                     - Caro Franco…. Come mai a quest'ora?

Franco                      - Sono a colazione qui. Nicoletta mi ha te­lefonato.

Il Duca                     - Ah, benissimo.

Franco                      - Vorrei dare un'occhiata ai regali...

Il Duca                     - Figurati... Rosalinda, volete accompagnare?

Franco                      - Inutile, grazie. (Esce dalla galleria).

Il Duca                     - Io invece farò una cosa privata... Senza cla­more, senza regali. Tre quattro amici e basta.

Rosalinda                 - Son poi le cose che riescono meglio.

Il Duca                     - Sì. Ravello... Vorrei approfittare dell'assen­za di Nicoletta; mentre essa è in Egitto io... Lei torna: tutto fatto. Non so se mi spiego...

Rosalinda                 - Perfettamente.

Il Duca                     - Ci sarà qualche mese di tensione fra noi e loro. Ma io spero per Pasqua di poter ottenere un riav­vicinamento. Voi sarete un po' l'artefice di questo riav­vicinamento. Io, dopo, dato che avrò una mia famiglia, dovrò difendere il prestigio: Nicoletta ha il suo orgoglio. Quindi si potrebbe restare un pezzo fermi sulle posi­zioni. Voi invece, neutra, tratterete, farete gli approcci, combinerete un incontro... Insomma troveremo.

Rosalinda                 - Io non ho molto ottimismo: conosco Nicoletta meglio di voi, signor duca.

Il Duca                     - Ma insomma, bisogna pur rendersi conto, vivere tra i propri simili...

Franco                      - (rientrando) Molto bene. Molto bene. Ce una quantità di gente che non conosco neppure. Ma non importa.

Il Duca                     - Hai visto il braccialetto?

Franco                      - Che braccialetto? Ce ne sono tanti!

Il Duca                     - Be', non importa. Pare che vi siate decisi per l'Egitto.

Franco                      - Io non so ancora niente: è Nicoletta che do­veva scegliere.

Il Duca                     - Be', se laggiù avrai acquistato un po' di voce in capitolo, e io te lo auguro, escludi la Valle dei Re dalle vostre escursioni. Tutti gli sposi che ci vanno fini­scono male.

Franco                      - Se Nicoletta ci tiene, io non so come potrei...

Il Duca                     - (alzando le spalle) Dille di no.

Franco                      - Se credi che sia facile!

Il Duca                     - Non ora: in Egitto avrete già fatto due giorni di traversata. Sarete marito e moglie da due gior­ni. Io voglio sperare che le tue azioni allora saranno un po' più su.

Franco                      - Non credo. Io soffro il mare.

Il Duca                     - E andate in Egitto?

Franco                      - Che c'entro io? E' Nicoletta che decide.

Il Duca                     - Opponiti! Se soffri il mare, mi pare evi­dente che... Insomma, dille di no.

Franco                      - Voi che siete suo padre siete mai riuscito a dirle di no in qualche cosa?

Il Duca                     - Io sono un debole.

Franco                      - Ma no. E' lei che è quello che è. Speriamo che il mare sia calmo. Lo soffro lo stesso, ma un po' meno. Rosalinda, preparati i comunicati per la stampa?

Rosalinda                 - Io li ho preparati, ma Nicoletta non vuole te si mandino.

Il Duca                     - Come, non vuole? Bisogna pur far sapere.»

Rosalinda                 - Cercate di persuaderla. Io li ho pronti. Eccola. (Entra Nicoletta).

Nicoletta                  - Buongiorno, Franco. Buongiorno, papà. Che c'è?!

Il Duca                     - I comunicati per i giornali. E' vero che tu non vuoi?...

Nicoletta                  - I nostri amici hanno avuto l'invito: lo sanno di noi. Gli altri trovo inutile che siano informati di un avvenimento intimo come questo.

Franco                      - Ma si usa...

Nicoletta                  - Franco, non vorrai leticare per questo. Non posso sopportare la stampa e la pubblicità.

Franco                      - Come vuoi tu.

Nicoletta                  - Vado a cambiarmi. Scusa (esce).

Franco                      - Ecco.

Il Duca                     - Un po' più d'energia, mio caro. Se farai sempre così diventerai lo schiavo di tua moglie. Non va. Io speravo che almeno tu saresti riuscito... E' triste. Bada che tutto l'avvenire d'una famiglia dipende dai primi mo­menti, dalle prime viltà. Dopo, non ci Si riprende più.

Rosalinda                 - Io vado dalla signorina...

Il Duca                     - Sì, mi raccomando il braccialetto... (Rosalinda esce) Polso, ci vuole. Contraddirla, decisamente. Non dovrei dirti questo: dopo tutto, si tratta di mia figlia. Ma è per il suo bene. Dille che l'Egitto non lo puoi soffrire: quello che vuoi.

Franco                      - Una scena? Intanto non sarebbe elegante.

Il Duca                     - Bella scusa.

Franco                      - E poi, in questi giorni di letizia...

Il Duca                     - E così lei ti prende la mano: ed è finita.

Franco                      - Tu sei stato capace?...

Il Duca                     - Io userò il sistema forte, subito.

Franco                      - Userò! Futuro?

Il Duca                     - Userei, volevo dire. Appunto perché nel primo matrimonio ho fatto l'esperienza dell'arrendevo­lezza. (Entra un cameriere con un dono: son due cas­sette).

Il Cameriere             - Hanno portato questo.

Il Duca                     - Posate lì. (Il cameriere eseguisce e poi se ne va).

Franco                      - (prendendo il biglietto che accompagna il do­no) Nicoletta...

Il Duca                     - Apri.

Franco                      - La sua corrispondenza? Mai.

Il Duca                     - (prendendo il biglietto) Ma se è aperto. Rodolfo Berardi. Con i migliori auguri. (A Franco) E chi è?

Franco                      - Non lo conosco.

Il Duca                     - Rodolfo Berardi. Senza niente. Neanche «no stemma. Una coroncina. (Apre il primo pacco) Una cassetta con sei bottiglie di « whisky ».

Franco                      - Curioso regalo. Sarà una ditta di liquori.

Il Duca                     - (aprendo il secondo pacco) Un servizio da «cocktail». Ne avete già ricevuti altri?

Franco                      - No, non mi pare.

Il Duca                     - Meno male. (Rientra Nicoletta) Un altro regalo. Berardi.

Nicoletta                  - Chi?

Il Duca                     - (porgendo il biglietto) 'Ecco. (Nicoletta legge, poi straccia il biglietto) Perché? Non dovresti. Non si tolgono mai i biglietti dai doni. (Nicoletta osserva i doni). ,

Franco                      - Curioso, no? «Wisky» e servizio da « cocktail ».

Nicoletta                  - Già.

Franco                      - Chi è questo Berardi?

Nicoletta                  - Un impertinente. (Suona il campanello) Un giovanotto qualunque. (Compare il cameriere) Por­tate via questa roba.

 Il Duca                    - Anche il servizio?

Nicoletta                  - Si, va rimandato a quel signore. (A Fran­co mentre il cameriere eseguisce) E' quel tale che ti ha fatto venire in Iscozia con quello scherzo idiota.

Franco                      - Ah!

Nicoletta                  - Non so chi l'abbia autorizzato a mandarmi un regalo di nozze! (Il cameriere esce).

Il Duca                     - In ogni modo, da parte sua, era un pen­siero gentile.

Nicoletta                  - No. Tutt'altro.

Il Duca                     - Non capisco.

Nicoletta                  - Ma capisco io benissimo... (A Franco, nervosamente) E tu che sei venuto a fare? Il ricevimento è alle cinque.

Franco                      - M'hai telefonato di venire a colazione.

Nicoletta                  - Ah, sì? Ma questa non è una ragione perché tu apra i biglietti indirizzati a me!

Il Duca                     - L'ho aperto io.

Nicoletta                  - Hai fatto male anche tu.

Il Duca                     - Era già aperto. Ma tu sei nervosa, Nicoletta.

Nicoletta                  - Io, nervosa? Affatto. Franco, ho scelto l'Egitto...

Franco                      - Ecco, a questo proposito, dicevo poco fa con tuo padre...

Nicoletta                  - Non mi dire che l'Egitto non ti va. Ti consiglio di non sollevare difficoltà. Sono già passata sta­mattina alla Compagnia di Navigazione a fissare due ca­bine sull’Esperia ». E scusami per la colazione: disdico l'invito.

Il Duca                     - Nicoletta!

Nicoletta                  - No, stamane ho bisogno di restar sola.

Il Duca                     - Mangerai in camera tua arane» farà cola­zione con me.

Franco                      - No, non è il caso. Avremo tutta la vita per far colazione assieme.

Nicoletta                  - Appunto.

Franco                      - Allora io torno più tardi: alle cinque.

Nicoletta                  - Alle cinque. E grazie. Ti sono ricono­scente: sei pieno di tatto. Se non avessi altro merito, hai questo. E meriteresti che ti sposassi solo per questo. Non sei offeso, spero? In un giorno simile si ha diritto d'es­sere un po' nervosi.

Franco                      - Figurati, cara. Arrivederci. (Saluta. Nico­letta suona il campanello).

Nicoletta                  - (al cameriere che è riapparso) Accom­pagna il conte. (Franco esce col cameriere).

Il Duca                     - Si può sapere che cos'hai?

Nicoletta                  - Perché? (Poi, di colpo, per cambiar di­scorso) Hai invitato anche la tua amica per il ricevimento di oggi? Hai fatto malissimo. L'ho capito dal braccialetto che m'ha mandato. Non era il caso. Non è stato un gesto di buon gusto.

Il Duca                     - Nicoletta!

Nicoletta                  - Papà, io non voglio giudicare le tue faccende private, pur che restino private.

Il Duca                     - Questa tua irritazione, oggi, proprio oggi, è per lo meno fuor di luogo. Che ti è accaduto?

Nicoletta                  - Niente.

Il Duca                     - Fai venire Franco, poi lo mandi via. Re­spingi dei doni. Fai sparire i biglietti che li accompa­gnano. Non ti riconosco. Avanti: sei pentita di questo matrimonio?

Nicoletta                  - Ti prego, papà, non fantasticare cose as­surde!

Il Duca                     - Lo ami?

Nicoletta                  - Chi?

Il Duca                     - Come, chi? A poche ore dal matrimonio di chi vuoi che si tratti? Di Franco!

Nicoletta                  - Certamente. Lo sposo. Dunque...

Il Duca                     - Non ti capisco.! Va bene: tu sei molto diversa da me. Ma la passione, quella che una volta nella vita tutti provano, anche le creature di un rango come il nostro, ha dei sintomi che non so vedere in te. La passione umilia. Suggerisce la voluttà della schiavitù. To­glie il respiro. Mette l'anima in uno sguardo...

Nicoletta                  - Ma cosa vuoi saperne, tu, papà?

Il Duca                     - Ti voglio molto bene, e allora...

Nicoletta                  - Senti, se hai giurato di farmi piangere, proprio oggi, non ci riuscirai lo stesso.

Il Duca                     - Lo so. Per quanto ti farebbe bene.

Nicoletta                  - No. La passione! Sciocchezze! Intanto non esiste. E poi non ce n'è proprio bisogno per vivere: tutt'altro...

Il Duca                     - Vuoi che vada anch'io a far colazione fuori? Se ci tieni proprio a restar sola...

Nicoletta                  - No. No. Devo sapermi vincere... Hai ra­gione: ho fatto male a mandar via Franco. Malissimo.

Il Duca                     - E' tanto un caro ragazzo, ma...

Nicoletta                  - Sarà un ottimo marito.

Il Duca                     - Per qualunque donna. La mia sola preoc­cupazione è che non sia quel che ci voleva per te.

Nicoletta                  - Perché?

Il Duca                     - Perché tu hai già avuto un padre debole. Anche un marito debole è troppo.

Nicoletta                  - (ridendo) Avresti preferito che sposassi un domatore?

Il Duca                     - Oramai... Io vorrei solo che tu fossi felice.

Nicoletta                  - Lo sarò. Voglio esserlo; quindi lo sarò.

Il Duca                     - Sei piena di modestia.

Nicoletta                  - Papà, è una virtù che nessuno mi ha in­segnato. Sai dove sono stata stamattina? A confessarmi.

Il Duca                     - Mi preoccupi.

Nicoletta                  - Non c'è di che. Non avevo peccati gravi da farmi perdonare.

Il Duca                     - Non ne dubito. Ma la cosa mi preoccupa per un'altra ragione. Di solito, chi non ha l'abitudine della confessione, ci va non quando vuol farsi perdonare il passato, ma quando medita qualcosa per il futuro.

Nicoletta                  - Ti assicuro...

Il Duca                     - E' una ricerca istintiva di protezione verso quello che può accadere. Io almeno ho sempre visto che è così. E allora, dimmi.

Nicoletta                  - Niente. Non ho niente da dire.

Il Duca                     - Eppure alle volte serve di più confessarsi al proprio padre. Cos'hai?

Nicoletta                  - Se sapessi quello che ho, risolverei tutto da sola, come ho sempre fatto.

Il Duca                     - Senti, cara, trovo che, comunque, non sei nelle condizioni di spirito migliori per un matrimonio.

Nicoletta                  - Perché? Figurati, papà, ma non Io dire a nessuno: vado all'altare senza aver mai dato un bacio ad un uomo. Cioè... No, no, non ho mai baciato un uomo.

Il Duca                     - Sul serio?

Nicoletta                  - Un bel fenomeno, vero? Dico un bacio vero: insomma un bacio d'amore.

Il Duca                     - Eh, sì, un fenomeno. Triste, però. Vuol dire che non ne hai mai avuto la tentazione?

Nicoletta                  - Be', questa è un'altra cosa. Ma le tenta­zioni si vincono.

Il Duca                     - Brava! Eh, se tuo padre avesse imparato da te questa forza... Ma! E neanche Franco?

Nicoletta                  - Baci? Compiti. Qualunque. Niente.

Il Duca                     - Certo, in queste condizioni, capisco che tu debba essere nervosa.

Nicoletta                  - No, papà, proprio non capisci. (Entra il cameriere che porta un biglietto su un vassoio).

Il Cameriere             - Questo signore chiede di parlare al signor duca.

Il Duca                     - (guardando il biglietto) Berardi. Il tuo donatore di «whisky».

Nicoletta                  - (togliendo vivamente il biglietto al padre) Come? Spero che non Io riceverai.

Il Duca                     - Perché? (Al cameriere) Ha chiesto proprio di me?

Il Cameriere             - Sissignore.

Il Duca                     - Va bene. Che entri. (Il cameriere fa par avviarsi).

Nicoletta                  - No, papà. Ti prego. (Il cameriere si ferme).

Il Duca                     - Dimmi almeno il perché.

Nicoletta                  - Nulla. Del resto, vuol parlare con te: io non c'entro. Me ne vado (Esce rapidamente dal fondo).

Il Duca                     - (al cameriere rimasto in attesa di ordini) Fallo passare. (Il cameriere esce e dopo un istante in­troduce Rodolfo; il cameriere si ritira).

Rodolfo                    - Vogliate scusare se mi sono permesso. Non ho l'onore, ma...

Il Duca                     - Prego, accomodatevi. In che cosa?...

Rodolfo                    - Io sono giornalista. Vengo mandato dal mio giornale.

Il Duca                     - Ah?!

Rodolfo                    - So che oggi ci sarà un ricevimento in oc­casione delle nozze della duchessina vostra figlia col conte... (consulta degli appunti che trae di tasca) conte Franco Toccaceli.

Il Duca                     - Sì.

Rodolfo                    - Allora vorrei, dalla vostra cortesia, qualche informazione in merito, per il mio giornale. Di solito in questi grandi matrimoni o si invita la stampa al rice­vimento o si mandano dei comunicati.

Il Duca                     - Lo so, ma mia figlia non desidera dare al­cuna pubblicità all'avvenimento.

Rodolfo                    - Permettetemi di dire che ha torto. La citta­dinanza si interessa vivamente a queste cerimonie di le­tizia ed accompagna con i suoi voti la coppia fortunata che... Dove hanno deciso di recarsi?

Il Duca                     - In Egitto. Ma ancora...

Rodolfo                    - L'Egitto in questa stagione è veramente indicato. Certo molto mondano. Incontreranno chissà quanta gente. Non resteranno, voglio dire, soli come di solito desiderano due sposi. I regali? Se potessi almeno dare un'occhiata ai regali. Perdonate, vero? Ma l'indiscrezioni nella stampa, è una virtù.

Il Duca                     - Impossibile. Me ne duole, ma mia figli non desidera...

Rodolfo                    - Ma si direbbe quasi che la signorina Nico­letta si vergogni di queste nozze...

Il Duca                     - Come dite?

Rodolfo                    - Esprimo quel che penserà la gente. Più che logico. Bisogna concedere qualcosa della propria intran­sigenza... (Il cameriere entra spingendo avanti un tavo­lino a rotelle sul quale è uno « shaker » e bottiglie di liquori).

Il Cameriere             - La signorina m'ha detto di offrire al signore... (E agita lo « shaker s).

Rodolfo                    - (guardando la bottiglia dalla quale il came­riere ha tolto il liquore) «Schotch » a quest'ora? (Poi al duca) Forse il duca?

Il Duca                     - Io? No. Ma, scusate, non è il «whisky» che avete mandato voi a mia figlia?

Rodolfo                    - Già. Capisco tutto allora.

Il Duca                     - Io no, e se mi voleste informare...

Rodolfo                    - (mentre il cameriere verserà il « cocktail ») Ho avuto l'onore di conoscere la signorina Nicoletta du­rante un viaggio in Inghilterra. Ed è stato allora che io le ho fatto apprezzare il «whisky».

Il Duca                     - Non me l'aveva detto.

Rodolfo                    - Oh, ma la signorina Nicoletta non è di quei tipi che dicono tutto: anzi, il contrario. (Al came­riere) Ringraziate la signorina da parte mia e ditele che le farò un magnifico articolo sul mio giornale. (Il came­riere esce).

Il Duca                     - Non lo fate: non ve lo perdonerebbe mai più.

Rodolfo                    - Oramai. Io e la signorina siamo in rotta... Rotta completa.

Il Duca                     - Ah! M'era parso di comprendere infatti... Non ha gradito nemmeno il vostro dona. Comunque, ve ne ringrazio io.

Rodolfo                    - Prego, non c'è di che. Felice dì questa ma­trimonio?

Il Duca                     - lo? Naturale.

Rodolfo                    - No; dicevo l'interessata.

Il Duca                     - Oh, certamente. E' un matrimonio d'amore.

Rodolfo                    - Allora, io non voglio disturbare di più. (Si è alzato per congedarsi quando entra dal fondo Nicoletta) Signorina...

Nicoletta                  - State comodo...

Rodolfo                    - M'ero alzato per andarmene.

Nicoletta                  - Rimanete. (Rodolfo torna a sedere; al duca) Avrei qualcosa da dire al signore.

Il Duca                     - Benissimo. (A Rodolfo) Permettete? For­tunato... (Stringe la mano a Rodolfo, poi, allontanandosi, piano alla figlia) Non lo trattare male. (Esce).

Nicoletta                  - Cos'avete, intenzione di scrivere un arti­colo sulle mie nozze?

Rodolfo                    - Se la cosa vi dispiace proprio, non lo scri­verò.

Nicoletta                  - Non lo scrivete.

Rodolfo                    - Sta bene. Avete altri ordini?

Nicoletta                  - Non è di buon gusto ricordare posizioni lontane.

Rodolfo                    - Non le ricordo affatto. Di che parlate?

Nicoletta                  - Finitela! E il vostro dono? Vi dirò che ha avuto il potere di esasperarmi.

Rodolfo                    - Un poco ci cantavo.

Nicoletta                  - Non vi stupirà quindi se ve lo rimando...

Rodolfo                    - L'avevo preveduto, tanto che ho invitato degli amici da me oggi, per inaugurare proprio quel ser­vizio... Mi dispiace che abbiate tenuto invece, a quanto vedo, il «whisky».

Nicoletta                  - Signor Berardi, siate franco. Che volete da me?

Rodolfo                    - lo? Non capisco.

Nicoletta                  - Ma via: il vostro dono, la vostra visita aggi, c'è sotto qualcosa. Cosa? Lo voglio sapere.

Rodolfo                    - Ricordate quando v'ho detto d'essere inna­morato di voi?...

Nicoletta                  - Non ricordo, ma proseguite.

Rodolfo                    - Non era vero per niente. Me ne sono ac­ corto dopo.!

Nicoletta                  - Ne sono lietissima.

Rodolfo                    - Se fosse stato vero, oggi io dovrei essere un uomo straziata: voi che andate sposa a un altro. Tor­renti di disperazione. E invece...

Nicoletta                  - Niente, vero?

Rodolfo                    - Zero. La Scozia dà alla testa, uno si esalta, dice quel che non dovrebbe dire.

Nicoletta                  - C'è allusione?

Rodolfo                    - Eh, sì: c'è allusione.

Nicoletta                  - Nessuno, capite, nessuno al mondo ha avuto il potere d'irritarmi quanto voi.

Rodolfo                    - Vorrei sparire dalla vostra vita. Purtroppo…

Nicoletta                  - Che cosa?

Rodolfo                    - Il mio giornale mi manda in Egitto. C'in­contreremo per forza, a bordo, presso le Piramidi, ac­canto alla Sfinge.

Nicoletta                  - Io non andrò in Egitto.

Rodolfo                    - Meglio così: mi sembrava...

Nicoletta                  - Andrò invece a fare un lungo viaggio in macchina.

Rodolfo -                 - Non avete per caso bisogno di autista?

Nicoletta                  - No, grazie.

Rodolfo                    - Molto simpatico vostro padre. Veramente simpatico. Poi ha l'aria di obbedirvi in tutto.

Nicoletta                  - Certo.

Rodolfo                    - Siete più stata a Parigi?

Nicoletta                  - Come?

Rodolfo                    - Io sì. E, figuratevi, ho frequentato molti « bals musettes » chiamando Nicò... Nicò...

Nicoletta                  - Signore!

Rodolfo                    - Ho trovato molte Nicò: è un nome comu­nissimo in Francia ed anche piuttosto popolare... Ma quella che cercavo non l'ho trovata.

Nicoletta                  - Non so che cosa vogliate dire. (Poi con un riso falso) Ah, ma davvero voi avete creduto alle scioc­chezze che ha inventato in un istante di stordimento? Mi stupisco di voi.

Rodolfo                    - Come dovete essere innamorata della vostra immagine falsa.

Nicoletta                  - Non vi permetto...

Rodolfo                    - Sapete benissimo che io me n'infischio dei vostri permessi.

Nicoletta                  - Il vostro linguaggio.

Rodolfo                    - Ma via! Sì, innamorata di quella che vor­reste essere e che non siete. La vostra giornata dev'essere una fatica continua. Una menzogna continua con voi stessa. Vi nutrite di noia pur di far credere che quelle son cose che vi divertono. V'intonate a un mondo che non vi somiglia, che vi è infinitamente inferiore, perché questo vi sembra doveroso. Sapete a chi somigliate? A coloro che vanno a vedere i filmi in inglese senza saper una parola d'inglese. E ridono quando sentono che gli altri ridono per far finta d'aver capito. Ecco quel che siete voi.

Nicoletta                  - Siete molto divertente.

Rodolfo                    - E oggi commettete il massimo degli spro­positi: vi sposate, così, senza un briciolo di passione, senza un soffio di follia, niente. Perché così si deve fare. Povera Nicò!

Nicoletta                  - Com'era il « cocktail? ».

Rodolfo                    - Buonissimo. Forse un po' forte per volta

Nicoletta                  - Date qua. (Egli le versa).

Rodolfo                    - A scuola eravate la prima della classe.

Nicoletta                  - Sapete anche questo?

Rodolfo                    - A tennis avete vinto molte gare.

Nicoletta                  - Esatto.

Rodolfo                    - Avete fatto gli sport invernali. Preso parte a qualche concorso ippico. In musica avete una simpatia per Strawinsky. In letteratura per Proust.

Nicoletta                  - Mirabile.

Rodolfo                    - E, scommetto, non avete mai dato un vero bacio. Dico « dato » non ricevuto. A Norimberga, in un museo dei supplizi, c'è la cosiddetta vergine d'acciaio. Con due punzoni interni all'altezza del cuore. La vittima si mette nell'interno della vergine: lo sportello si chiude e i punzoni entrano nel cuore. Che ne dite, eh?

Nicoletta                  - Oramai mi diverto. Non m'irrito nem­meno più, mi diverto.

Rodolfo                    - Non avete mai fatto un colpo di testa in vita vostra: nulla di compromettente, di un po' scapi­gliato. La vostra vita è sempre stata senza carnevale. Cioè: ei sono i «bals musettes ». Questa parentesi di bassofondo. Eh, perbacco, se uno non si sfoga almeno così, alla fine schiatta. Nicò vendicava un poco l'umanità soffocata, compressa, calpestata della duchessa Martelli-Sangro. Ed è Nicò che mi fa un poco sperare.»

Nicoletta                  - Sperare che cosa?

Rodolfo                    - Che un giorno non ne possiate più, insorgiate, vi ricordiate di essere donna. Sarà tardi, ma in­somma... Quel giorno avrete davvero voglia di visitare l'Egitto; o qualunque altro posto, sarebbero tutti eguali, tutti paradiso, pur di essere insieme a lui...

Nicoletta                  - Ah, ci sarebbe anche un «lui»?

Rodolfo                    - 'Si capisce. Un lui prepotente, scontroso, maleducato, aspro, non bello: niente. Non avrà magari niente per piacervi. Eppure vicino a lui... Be', tutta la vita sarebbe un'altra cosa. Egli vi direbbe: mettiti il cappellino e andiamo a un cinematografo. E voi, pronta... Sì, caro. Mettetevi il cappellino...

Nicoletta                  - Ma a quest'ora, di mattina, non ci sono cinematografi.

Rodolfo                    - Avete ragione.

Nicoletta                  - E poi non sono ubbriaca. Non più da quella sera.

Rodolfo                    - Credete d'essere stata ubbriaca?

Nicoletta                  - Non ricordo.

Rodolfo                    - Tutt'il rimanente della vostra vita è ubbriachezza. Quella sera eravate finalmente lucida. E mi avete offerto la bocca.

Nicoletta                  - (coprendosi il viso con le mani) Non è vero.

Rodolfo                    - Mai avevate offerto la bocca a qualcuno, vero?

Nicoletta                  - Mai.

Rodolfo                    - E se l'avessi presa? Per voi un bacio non è un passatempo, un contatto, un niente, come per gli altri. Per voi, no. Ditemi.

Nicoletta                  - Vi sembra bello torturarmi così!

Rodolfo                    - Necessario.

Nicoletta                  - Perché? Non basta che mi torturi io?

Rodolfo                    - Non basta, perché malgrado tutto state per sacrificarvi egualmente alle convenienze.

Nicoletta                  - (alzandosi) No.

Rodolfo                    - (alzandosi a sua volta) Come volete.

Nicoletta                  - Mi compiaccio: avete una bella fantasia, una eloquenza persuasiva, evidentemente siete un buon giornalista: sapete anche osservare... Terrò il vostro dono. Ve ne ringrazio anche (Gli porge la mano ch'egli stringe, inchinandosi).

Rodolfo                    - Tutti i miei auguri.

Nicoletta                  - Molto gentile. (Egli si stacca; va verso la porta, essa si volta quasi di spalle a lui. Egli si ferma un istante, la guarda: scorge il gesto istintivo della donna che porta il fazzolettino agli occhi. Rapido torna sui suoi passi e di colpo abbraccia Nicoletta e la bacia in bocca, lungamente. Poi i due si staccano. Pausa).

Rodolfo                    - (dolcemente, a bassa voce) Posso dirvi: mettetevi il cappellino?

Nicoletta                  - Ah, Rodolfo, se sapeste che preoccupa­zione! Da mezz'ora ho un'idea fissa qui. Un'ossessione.

Rodolfo                    - Se posso aiutarvi in qualche cosa...

Nicoletta                  - Eppure conosco bene tutte le usanze, l'etichetta: ma che si fa dei doni di nozze in un caso simile?

Rodolfo                    - Che caso?

Nicoletta                  - Non vorrete, spero, che io sposi Franco?

Rodolfo                    - Per quel bacio che...?

Nicoletta                  - Se v'ho detto che è da mezz'ora che penso a questo, significa che la mia decisione era nata molto prima.

Rodolfo                    - Si restituiscono...

Nicoletta                  - E' brutto. (Al duca, che entra), Papà, se un matrimonio va a monte all'ultimo momento, dei regali e degli invitati che si fa? (ZI duca guarda la figlia, guarda Rodolfo).

Il Duca                     - Cara, prima di pensare ai regali io direi che sarebbe bene avvertire lo sposo.

Rodolfo                    - Credo che il signor duca abbia ragione.

Il Duca                     - Forse è meglio che provveda io a questo... Non ti pare?

Rodolfo                    - Credo che il signor duca abbia ragione.

Nicoletta                  - Comunque, vado in Egitto: vado per di­menticare la mia delusione...

Rodolfo                    - Mettetevi il cappellino.

Il Duca                     - Ecco, cara: se tu partissi subito credo sa­rebbe una cosa opportuna.

Lei                            - (A Rodolfo) Arrivedervi, voi. Noi partiamo coll'« Esperia ». Se per caso...

Rodolfo                    - Farò del mio meglio, signorina. (S'inchina. Nicoletta esce. Il duca stringe la mano a Rodolfo).

Il Duca                     - Grazie. Me l'avete salvata.

Rodolfo                    - Ne sono convinto.

Il Duca                     - Ed ora, se volete andare ad osservare i regali, fate pure. Non c'è più ragione per nasconderveli. (Indica là galleria) Di là.

Rodolfo                    - Grazie. Mi dispiace per tutti quei regali...

Il Duca                     - (ammiccando) Li teniamo lo stesso: per il mio matrimonio.

Rodolfo                    - Complimenti e auguri.

FINE