Granita di limone

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Granita di limone

GRANITA DI LIMONE

Commedia in un atto

di ALDO NICOLAJ

PERSONAGGI

SILVI

LELLA

DIEGO

DONNA

CARLO

Commedia formattata da

 

 Un po' sopraelevato, un tinello-cucina con tavolo e qualche sedia. In primo piano, un soggiorno con divano, poltrone, tv. Silvi, sui settant'anni, con un vestito molto grazioso, sta finendo di fare colazione ed entra la figlia Lella, sui 35 anni, appena alzata ed ancora in vestaglia.

Silvi                               - Buongiorno, Lella, dormito bene?

Lella                              - Di merda. il caffè?

Silvi                               - La macchinetta è pronta, devi solo accendere. Cos'hai?

Lella                              - Che palle, Diego è ancora in bagno. Vorrei sapere cosa diavolo sta facendo.

Silvi                               - Cosa vuoi che faccia? Farà la doccia.

Lella                              - Me ne sarei fatte dieci in tutto questo tempo. Ma lui se la prende comoda, come se il bagno fosse suo.

Silvi                               - ... basterebbe ti alzassi prima di lui.

Lella                              - Lo sai che mi addormento solo quando sta per suonare la sveglia?!? Non sono come te che dormi come un ghiro, digerisci anche i sassi e non hai mai un mal di testa o un raffreddore.

Silvi                               - Dormo perché prendo una tisana. Prova a fare come me.

Lella                              - Le tisane sono per i vecchi.

Silvi                               - Male non fanno, si tratta solo di erbe.

Lella                              - Tu vivi di erbe, come le capre. Io se prendo una tisana, vomito. Maledizione, la marmellata di mirtilli dove cazzo l'hai nascosta??

Silvi                               - È finita.

Lella                              - Ieri ce n'era ancora mezzo barattolo. Te la sarai mangiata tu.

Silvi                               - ... ho fatto la crostata per Diego.

Lella                              - Se ti preoccupassi di me come di Diego, me l'avresti ricomprata.

Silvi                               - C'è quella di prugne, che è buonissima.

Lella                              - Me ne sbatto di quella di prugne. A me piace quella di mirtilli che ha molte virtù. Fa bene anche alla vista. Tanto è vero che la consigliano ai piloti.

Silvi                               - Visto che oggi non devi guidare aerei, mangia quella di prugne.

Lella                              - E perché, dal momento che mi va quella di mirtilli?. E quel deficiente di Diego che è ancora in bagno. (urla) Diego, ti sbrighi? Da un'ora sei lì chiuso, cosa ci fai, testamento!?! O ti masturbi? A digiuno fa malissimo, ti rende impotente. (alla madre) Come mai tutta in ghingheri? Alle otto del mattino già in pista. vestita e truccata, come dovessi andare ad una prima all'opera?!? Hai la fortuna di poter dormire fino a mezzogiorno e ti alzi all'alba come i militari, le monache ed i detenuti.

Silvi                               - Ho i miei orari. Attenta al caffè. esce fuori.

Lella                              - Ho visto, non sono cieca.

Silvi                               - Lo prendi tutto?

Lella                              - Perché è proibito?

Silvi                               - ... volevo sapere se devo preparare un'altra macchinetta per Diego.

Lella                              - Ti costa fatica o vuoi risparmiare?.

Silvi                               - Ti lamenti che non dormi e prendi tanto di quel caffè!?!

Lella                              - Quando dormo poco il caffè mi fa stare su. (un tempo) Non c'è yogurt?

Silvi                               - È in frigo.

Lella                              - Merda, c'è solo all'ananas, a me piace quello ai frutti di bosco che non compri mai.

Silvi                               - Ho preso la confezione coi sapori misti, come sempre.

Lella                              - Non sarà scaduto? Perché piuttosto di buttarlo, sei capace di farcelo mangiare avvelenandoci tutti.

Silvi                               - Guarda la data, è valido fino alla fine del mese.

Lella                              - Strano, di solito ti danno sempre quello scaduto o che sta per scadere.

Silvi                               - Nel cestino c'è il pane tostato.

Lella                              - Possibile che in questa casa non ci siano mai biscotti?

Silvi                               - Le nostre entrate non ce li permettono.

Lella                              - E com'è che se Diego ne esprime il desiderio, i biscotti saltano fuori. Da dove viene quel vestito?

Silvi                               - Non ricordi? È quello che ho trovato in saldo. Non è carino?

Lella                              - E lo inauguri di primo mattino?

Silvi                               - Sì, perché. (ci ripensa) siamo in aprile una volta o l'altra dovevo pur metterlo. Non ti piace? Mi sta bene, no? Pensa che non ha avuto nemmeno bisogno di un ritocco.

Lella                              - Tu sempre l'acqua per i prati. ai saldi trovi tutto. Io, fortunata come i cani in chiesa; mai una volta che ci azzecchi.

Silvi                               - Lella, cosa ne diresti se stasera facessimo una cenetta?

Lella                              - Stasera? Perché proprio stasera?

Silvi                               - Per stare un poco insieme. E festeggiare.

Lella                              - E che cazzo abbiamo da festeggiare? Stasera vado al cinema e poi a mangiare una pizza. (urlando) Diego, ci vuole una bomba per farti venire fuori!?!

Silvi                               - Non urlare, ti sente tutta la casa.

Lella                              - E chi se ne frega? Devo far uscire quel disgraziato dal bagno.

Diego                            - (un bel ragazzo, entra in accappatoio) Ecco il disgraziato, mamma, il bagno, ora, è tutto tuo.

Lella                              - Alleluia, suoniamo le campane. (continua a fare colazione) Asciugati, Diego, non stare con la testa bagnata, ti puoi prendere un accidente.

Silvi                               - Non preoccuparti. Alla sua età si è forti come tori. Io quando ero giovane come lui.

Lella                              - . ti buttavi dagli scogli in pieno inverno.

Diego                            - Da quanti metri, nonna? Dieci?

Lella                              - E salvavi i vecchietti che stavano per annegare.

Diego                            - Ed il giorno della festa nazionale, il sindaco ti appuntava sul petto la medaglia al valore.

Silvi                               - Prendetemi pure in giro. La conservo ancora quella medaglia.

Diego                            - Non è neanche d'oro, solo placcata oro. (a Lella) Mi hai buttato fuori dal bagno e non ci vai? Ti è passata la furia?

Lella                              - Dovevo pur finire di fare colazione, no? Ci vado ci vado. (esce)

Diego                            - Cos'è questa eleganza, nonna? Di prima mattina, poi. Mi sembri uscita da una telenovela. Tutta vestita di nuovo, cosa succede?

Silvi                               - Un abitino che ho comprato ad un saldo.

Diego                            - Mitico, nonna, mitico! Chi devi conquistare, oggi?

Silvi                               - Il becchino, se è la giornata buona.

Diego                            - Nonna, così chic non me la conti giusta. Che giorno è oggi?

Silvi                               - Oh, finalmente, ci stai arrivando. Se guardi il calendario capirai perché bisogna festeggiare. (sperando che le faccia gli auguri per il compleanno)

Diego                            - Festeggiare che cosa?

Silvi                               - ... la primavera. Avevo proposto alla mamma di fare una bella cenetta noi tre, stasera.

Diego                            - Stasera? Impossibile. Ho da fare.

Silvi                               - Bionda o bruna?       

Diego                            - Nonna, tu pensi sempre male.

Silvi                               - A pensare male ci si indovina sempre.

Diego                            - Castana, nonna. Uscendo dalla palestra passo a prendere Elisa e vado direttamente da Gianni.

Silvi                               - Ecco cos'è diventata la famiglia. Non ci si ritrova più nemmeno a tavola. Uno di qua, l'altro di là ed io sola come un cane.

Diego                            - Meglio così, mangi come e quando vuoi. C'è il frigo pieno, ieri abbiamo fatto rifornimento.

Silvi                               - Surgelati e precotti.

Diego                            - Ringrazia il cielo, pensa ad una volta, quando dovevi fare tutti i giorni la spesa e cucinare.

Silvi                               - Però, ora, quello che si mangia sembra plastica.

Diego                            - Dove la metti la comodità del forno a microonde?

Silvi                               - ... non si capisce più se mangi carne o pesce, tutto ha lo stesso sapore. (un tempo) Così uscendo dalla palestra vai subito da Gianni?

Diego                            - È il suo compleanno ed inaugura la lobby che il padre gli ha regalato. Pare sia uno schianto. Ci sarà un fottio di gente. ha fatto un sacco d'inviti. Non so cosa regalargli. O un libro o un disco.

Silvi                               - È anche il compleanno di Gianni, oggi?

Diego                            - Anche!?! Di chi altri? (realizza) È vero, scusami, nonna, il 14 aprile è anche il tuo di compleanno. (l'abbraccia) Auguri. tanti auguri. (poi corre ad urlare verso la porta del bagno) Mamma, oggi è il compleanno della nonna.

Voce di Lella                - Di nuovo?

Silvi                               - (forte per farsi sentire da lei) Succede una volta all'anno, Lella.

Diego                            - Ecco perché volevi fare la cenetta e festeggiare. Sorry, nonna. Mi spiace, stasera non è possibile per me, si può rimandare a domani. Tanto non fa niente se cambia il giorno. L'importante è il pensiero.

Silvi                               - Appunto.

Diego                            - Però non cucinare. Andiamo al ristorante.

Silvi                               - Perché? Costa un sacco e si mangia meglio in casa. Ecco il caffè, prendilo caldo. Ed asciugati i capelli che gocciolano dappertutto.

Diego                            - Ok. nonna, Ok. Quanti anni sono?

Silvi                               - Tanti. Forse troppi.

Diego                            - Sembri ancora una ragazzina.

Silvi                               - Di dietro liceo, di fronte museo.

Diego                            - Cosa vuoi che ti regaliamo? Voglio dire io e la mamma.

Silvi                               - ... un po' di giovinezza, se ce la fate.

Diego                            - Ma se stai benissimo così, puoi dare dei punti a noi giovani. Valentino, quando ti ha visto credeva fossi mia madre.

Silvi                               - Fatti sentire dalla tua madre vera.

Diego                            - In fondo, mia madre sei anche tu, anzi.

Silvi                               - Ho avuto più tempo di stare con te.

Diego                            - Mentre la mamma.

Silvi                               - ... aveva i suoi problemi.

Diego                            - La figura materna non mi è mai mancata. Invece quella del padre.

Silvi                               - Sai benissimo che tuo padre è morto scalando l'Himalaya ed il suo corpo non è mai stato ritrovato!

Diego                            - Lo so, lo so. La conosco a memoria questa storia.

Silvi                               - ... per questo non ha sposato tua madre.

Diego                            - Certo che se non è vera, è ben trovata.

Silvi                               - Metteresti in dubbio che.

Diego                            - Te lo dico ogni volta. mi pare assurdo che non abbiate conservato nemmeno il ritaglio di un giornale con la notizia.

Silvi                               - Li avevo fatto sparire tutti perché tua madre non s'impressionasse. te l'ho spiegato. Possibile che tutti i giorni ritorni su questo argomento?

Diego                            - Vedi, nonna, vorrei la verità. Non oggi. Un giorno. Un giorno qualunque, ma mi piacerebbe proprio sapere come sono andate le cose. Ormai sono un uomo e ne ho il diritto.

Silvi                               - Se ti dico che questa è la verità, non mi credi?

Diego                            - No, non ti credo proprio. Ma non è un problema. Un giorno o l'altro mi direte quello che è successo. Se mio padre non ha sposato mia madre non credo sia necessario farlo precipitare in un crepaccio dell'Himalaya, anche perché non ci sono prove che fosse uno scalatore. Ma, per oggi, lasciamo perdere. Dimmi, invece, cosa farai di bello.

Lella                              - (esce dal bagno) Avresti potuto dire chiaro e tondo che era il tuo compleanno, invece di parlare per enigmi come una pitonessa. Bastava spiegare che per questo t'eri messa il vestito nuovo e volevi fare una cenetta. Non è che io abbia solo la preoccupazione di ricordare quando compi gli anni. Ad ogni modo. auguri, mamma. Ero convinta che il tuo compleanno l'avessimo appena festeggiato.

Silvi                               - ... un anno fa.

Lella                              - È che il tempo passa talmente in fretta. Lo festeggeremo al ristorante.

Diego                            - Quello che le ho detto io. Domani sera.

Lella                              - Domani ho un impegno. Sarebbe meglio giovedì

Diego                            - Giovedì ho l'incontro di pallavolo.

Lella                              - Non importa. Troveremo il giorno che va bene a tutti e tre. Sarà l'occasione per andare finalmente da Peppone che ha tutto un menù a base funghi. Pare si mangi da dio.

Silvi                               - Se la sua specialità sono i funghi, io non ci vengo. Mi fanno male.

Lella                              - Non è che servano funghi velenosi, quelli buoni.

Silvi                               - Io non digerisco nemmeno quelli, lo sai.

Lella                              - Non complicarci la vita, ti farai fare una frittata. Magari alle erbe. Vado a vestirmi. Sbrigati, Diego, se vuoi un passaggio. (esce)    

Diego                            - Non ti preoccupare, troverò io un ristorante che ti vada bene. Tu, oggi, cerca di passare una bella giornata. (va e viene dalla sua stanza vestendosi) Va un po' in giro, guarda le vetrine e scegli il regalo che vuoi. Poi mamma ed io andremo a comprartelo, ok? Dev'essere un bel regalo, capito? Importante. Ma che non costi troppo. E non tornare a casa per mangiare, oggi, vai al ristorante.

Silvi                               - Pensa che allegria: il giorno del mio compleanno sola al ristorante.

Diego                            - Invita un'amica. (le strizza l'occhio) O anche un amico. Poi ve ne andate a vedere un film. ce ne sono di gagliardi in giro. E per finire in bellezza un gelato.

Silvi                               - A quello non rinuncio. Una granita di limone.

Diego                            - Certo, una bella granita di limone, che ti piace tanto.

Silvi                               - Doppia.

Diego                            - Provala con un goccio di gin, è favolosa. Imperdonabile che non ti abbiamo mandato nemmeno dei fiori.

Silvi                               - Non importa. non importa.

Diego                            - Importa sì, invece.

Silvi                               - I fiori me li porterete sulla tomba, quando muoio.

Diego                            - Ti pare geniale parlare di morte in un giorno come questo?

Silvi                               - Oggi è un giorno come un altro. C'è solo il fatto che ho un anno in più.

Diego                            - Magari arrivassi alla tua età in forma come te.

Silvi                               - Sbrigati, altrimenti tua madre, coll'umorino di oggi, alla mia età non ti fa certo arrivare.

Diego                            - L'umore è quello di sempre, ma in più la nostra belva oggi morde perché è in ritardo. Cosa sarà mai che viviamo in un'epoca in cui si deve sempre fare tutto di corsa? Era così anche ai tuoi tempi, quando eri giovane?

Silvi                               - No, allora si correva di meno.

Diego                            - . e certo la vita, la si godeva di più. Tu, nonna, te la sei goduta?

Silvi                               - Io!?! Non ti dico come.

Lella                              - (entra) Ancora scalzo? Guarda che non ti aspetto.

Diego                            - Faccio in un attimo, sono pronto, cara la mia belva. Non devo che infilarmi le scarpe.

Silvi                               - Cos'è questa furia? Lasciagli prendere fiato.

Lella                              - Non mi va di arrivare in ritardo. Preferisco uscire un po' prima, ma non arrivare un po' dopo. Anche perché prima del cinema voglio fare un salto dal parrucchiere. Guarda che capelli di merda ho. Vacci anche tu, mamma. Per il tuo compleanno devi avere un buon look. Fatti fare anche tu la pulizia del viso da Daniele, lui per questo è un dio. Ti porta via minimo dieci anni. E se puoi, lavami la camicetta di seta verde. Io non ho fatto in tempo. Lavaggio soft, mi raccomando. Te l'ho lasciata sul letto. C'è anche un po' di biancheria. Tu sei svelta e fai in un momento. Sei pronto, Diego? Svelto, datti una mossa. Ciao, mamma. A domani, allora. Ed auguri. Cerca di passare una bella giornata. Ok? (le dà un rapido abbraccio) Allora, Diego?

Diego                            - Ciao, nonna. E tantissimi auguri. Scusami se me n'ero dimenticato, sorry, molto sorry. Divertiti. Ed il gelato non prendertelo doppio, ma triplo. Bye-bye (l'abbraccia teneramente)

Lella                              - Ti sbrighi, Diego? Io ti mollo. Ciao. (esce)

Diego                            - Eccomi, mamma, sono pronto. Nonna, ciao. (esce)

Silvi                               - (rimasta sola sparecchia e mette tazze e piattini nel lavandino) Bye-bye. look. soft. loft. ok. ora per parlare si usano monosillabi. (fa per mettersi a lavare le stoviglie ma rinuncia) No, oggi no. Oggi per lo meno, non rigoverno. Lascio tutto nel lavandino. E non le lavo neanche la camicetta e quel po' di biancheria. Che cosa sono? La serva? Ma anche una collaboratrice domestica deve riposare il giorno del suo compleanno. (si asciuga le mani e scende nel soggiorno. Accende il televisore e siede su una poltroncina. I soliti programmi di canzoni e pubblicità per casalinghe, sbuffando cambia canale, passa da una all'altro senza trovare nulla che l'interessi. Allora spegne) Basta con questo bombardamento pubblicitario. Tutti dovrebbero fare come me che non compro mai merce pubblicizzata. (come se parlasse alla commessa di un negozio) No, questo prodotto è reclamizzato in TV, me ne dia un altro. È meno buono? Per me va benissimo lo stesso. (pausa) Come si sta bene col silenzio. (un tempo) Certo che un pensiero, per lo meno avrebbero potuto averlo. Il compleanno capita una volta all'anno, non certo tutti i giovedì. Io, al loro comincio a pensarci un mese prima. Non dico molto, ma per lo meno un fiore. Sanno che io vado matta per i fiori. O una scatola di cioccolatini, visto che sono golosa. Niente invece, e che compivo gli anni ho dovuto dirlo io, perché se n'erano completamente dimenticati. E dire che per il loro preparo pranzi e regali, riempiendo la casa di fiori. li sveglio con la colazione, una rosa rossa sul vassoio. Sempre. Non mi sono mai dimenticata un compleanno. Perché io sono una stupida, ecco quello che sono, ma alle date da festeggiare ci tengo. Sentimentalismi? Può darsi, io sono una sentimentale. Se Lella invece di lamentarsi perché era finita la marmellata di mirtilli, si fosse ricordata che sua        madre compiva gli anni. Se avessi scordato io il suo, di compleanno, chissà le urla e le parolacce. Quelle, poi, le dice sempre. Diego si è per lo meno scusato, Lella, ha avuto anche il coraggio di dare la colpa a me che non li avevo avvertiti. che facevo dei misteri. neanche una parola di scusa. Cosa le sarebbe costato fare un salto dalla fioraia dell'angolo per portarmi non dico un mazzo, ma tre rose. mi sarebbe bastato. Anche una. una sola. Ecco, mamma, per te, tanti auguri. Ed io mi sarei messa a piangere di commozione. E Diego approfitta proprio di questo giorno per farmi l'interrogatorio di quinto grado su suo padre. Perché non farle a sua madre, queste domande? Scommetto che non sanno nemmeno quanti anni compio. Tanto, un anno più, un anno meno. vecchia lo sono. Eppure l'età che ho, non me la sento. Dentro di me è come fossi nel pieno della mia giovinezza. Devo proprio riconoscere che non mi sono mai sentita così in forma. (prolungato suono di campanello) E chi è a quest'ora? I fiori, mi mandano dei fiori. Ed io che pensavo male di loro. io stupida egoista. che non capisco il bene che mi vogliono. (va al citofono) Chi è? (nessuna risposta) Terzo piano, interno sette. (va alla porta) Non si prendono nemmeno più la briga di rispondere. Dovrei dare una mancia. Lasciamo perdere, spiccioli, non ne. (resta in attesa sulla porta. Si sente l'ascensore che si ferma, la porta che si apre e si chiude, il suono del campanello, apre e compare una)

Donna                           - (di mezza età, vestita di colori violenti con un grande cappello in testa) Buongiorno, Silvi. Eccomi qua.

Silvi                               - (la guarda stupita)

Donna                           - Non mi aspettavi?

Silvi                               - ... no.

Donna                           - Ti ho fatto una sorpresa, allora.

Silvi                               - Direi proprio.

Donna                           - Avresti preferito un altro giorno?

Silvi                               - Tanto, prima o poi.

Donna                           - Come sei elegante. È in mio onore?

Silvi                               - ... ho messo questo vestito perché oggi è il mio compleanno.

Donna                           - Ah, è vero. Oggi è il tuo compleanno. Mi illudevo ti fossi fatta bella per me.

Silvi                               - Per essere sincera a te non ho pensato proprio.

Donna                           - Si direbbe un vestito di sartoria.

Silvi                               - Ma no, è un'occasione comprata ad un saldo.

Donna                           - Davvero? (lo esamina curiosa come fanno le donne) È molto ben rifinito, perfino le cuciture fatte a mano. comprese le asole.

Silvi                               - Ed hai notato che taglio? Vedendolo in vetrina ho pensato subito che se era della mia taglia, me lo compravo. L'ho provato ed era perfetto.

Donna                           - Un'ottima idea. T'è sempre piaciuto essere elegante.

Silvi                               - Con i mezzi che avevo, non ho mai potuto fare meraviglie.

Donna                           - Ma ti sei sempre saputa vestire. Non mi terrai in piedi. Posso accomodarmi.

Silvi                               - Scusa se non te l'ho detto, prima. Prego. Pensavo fossi di fretta.

Donna                           - No, tempo ne ho. Anzi ne abbiamo. (siede e scoppia a ridere) Così. non mi aspettavi? Perciò ti sarai fatta altri programmi per oggi?

Silvi                               - Programmi?!?

Donna                           - . per il tuo compleanno. Come lo festeggi?

Silvi                               - ... con un sorbetto di limone, tutto qui.

Donna                           - Niente torta con le candeline?

Silvi                               - Ce ne vogliono troppe, ormai.

Donna                           - Dovrebbero essere i tuoi a pensarci.

Silvi                               - Figurati. se n'erano perfino dimenticati. Ho dovuto essere io a ricordarglielo.

Donna                           - Ora vedrai che questa data non la dimenticheranno più. (ride)

Silvi                               - (ha un'esitazione, poi ride anche lei)

Donna                           - Ridi, ma non sembri molto contenta di vedermi. Avresti preferito un altro giorno?

Silvi                               - Per me va bene qualsiasi giorno, ti ripeto.

Donna                           - Non ti secca la mia visita?

Silvi                               - Perché mai? Sapevo che prima o poi.

Donna                           - Di solito, quando la gente mi vede, s'impressiona come apparisse chissà chi. Tu, invece, sei sorpresa, ma tranquilla. Mi rallegra che la mia presenza non ti provochi un dramma. La mia è una visita come un'altra, no? Perciò, distendiamoci i nervi e rilassiamoci facendo quattro chiacchiere. (tira fuori un cotillon, chiamato lingua di Menelik, se lo mette alle labbra fischiando mentre viene fuori la striscia di carta)

Silvi                               - (ha un sussulto) Cosa fai?

Donna                           - Lo uso ogni tanto. Mette di buonumore.

Silvi                               - Ridono quando lo usi?

Donna                           - No, ma serve per sdrammatizzare.

Silvi                               - E funziona?

Donna                           - Rompe la tensione, quando c'è.

Silvi                               - Con me c'era tensione?

Donna                           - No, con te l'ho fatto così, per allegria. Perché mi guardi in quel modo?

Silvi                               - T'immaginavo diversa. Hai addosso tanti di quei colori.

Donna                           - Mi mettono buonumore. Per me i colori sono come le note musicali. L'uso di una nota non esclude l'altra. Su, parliamo, raccontami.

Silvi                               - Cosa vuoi che ti racconti??

Donna                           - Quello che vuoi. Facciamo quattro chiacchiere per conoscerci meglio. Parliamo di te. della tua vita.

Silvi                               - Della mia vita c'è così poco da dire e lo sai. Mi è sempre stato tutto difficile. Come dice una poesia, le onde arrivavano da lontano, ma era sempre sulla mia spiaggia che venivano a rompersi. Se togli le disgrazie, la mia vita è stata monotona.

Donna                           - Non penso proprio che possa ispirare un romanzo Ma qualcosa di interessante ti sarà pur capitato. qualche amore, se non altro.

Silvi                               - Per me l'amore è sempre stata una meteora. Un attimo di luce accecante e subito buio.     

Donna                           - Ma ce ne sono stati o no?.

Silvi                               - Di amori? Pochi e non certo felici.

Donna                           - Visto che da uno di questi ti è nata una figlia, come amore sarà stato determinante.

Silvi                               - ... una svolta alla mia esistenza l'ha data. E che svolta. perché non ero che una ragazzina.

Donna                           - Dovevi pur cominciare a vivere.

Silvi                               - È stato il primo.

Donna                           - Perché? Avresti voluto cominciare dal secondo?

Silvi                               - Voglio dire che è stato il primo uomo che ho conosciuto a mettermi incinta.

Donna                           - Non hai perso tempo, allora. E dopo il primo.

Silvi                               - Non è che sia stata una Messalina. Magari.

Donna                           - Hai rimpianti?

Silvi                               - Mai rimpiangere i fiori non colti.

Donna                           - Perché?

Silvi                               - ... perché col tempo anche quelli sarebbero appassiti.

Donna                           - Ma che pensiero profondo! (un tempo) Così il tuo primo amore, ti ha messa incinta. E tu non te lo aspettavi certo, poverina.

Silvi                               - Quando me ne sono resa conto avrei voluto ammazzarmi. Avevo il terrore che i miei venissero a saperlo. La mia era una famiglia tradizionale ed avevo appena sedici anni. Avevo conosciuto Marco e mi ero innamorata di lui, non puoi sapere quanto, scoprendo d'un sol colpo sesso, amore, passione. Non capivo più niente. Mi aveva convinta ad andare da lui. Lo facevo, di nascosto, marinando la scuola. salivo le scale col batticuore per arrivare fin su nella sua soffitta. dove il mondo mi sembrava diverso. bellissimo. lui mi accoglieva a braccia aperte su quel grande terrazzo, con tante bellissime farfalle che si posavano sui fiori.

Donna                           - Anche d'inverno?

Silvi                               - Non lo so. In inverno, era già finito tutto.  

Donna                           - Rapido come amore.

Silvi                               - Te l'ho detto, i miei amori sono stati meteore.

Donna                           - E non gli hai detto che eri incinta?

Silvi                               - Non faceva che ripetermi che il suo amore era eterno ed io, ingenua, credevo sarebbe durato tutta la vita. Ero convinta che sarebbe stato orgoglioso di avere un figlio. che ci saremmo sposati. che avrebbe convinto i miei a dare il consenso al matrimonio anche se ero ancora minorenne. Ed io sarei andata a vivere con lui nella soffitta tra i fiori, le piante odorose e le farfalle.

Donna                           - Invece.

Silvi                               - Invece, ha finto di essere felice ed io gli ho creduto. Ma il giorno dopo, era sparito, senza lasciare traccia. la porta spalancata. la soffitta vuota.

Donna                           - Non hai cercato di ritrovarlo. di sapere dove fosse finito?

Silvi                               - E come? Sapevo che si chiamava Marco. Ma non il cognome. Quello scritto sulla porta della soffitta era dell'inquilino precedente. Una tragedia. Dovevo avere un bambino che non avrebbe conosciuto suo padre.

Donna                           - Eri minorenne, denunciandolo avresti potuto mandarlo in galera.

Silvi                               - Forse, se mio padre non fosse mancato all'improvviso, sarebbe riuscito a trovarlo. a metterlo con le spalle al muro. l'avrebbe anche obbligato a sposarmi. Anche se non sarebbe stata una fortuna un marito che sparisce quando sa che gli nasce un figlio. Mio padre, purtroppo, è morto senza nemmeno immaginare cosa mi era successo. E se lo avesse saputo sarebbe morto lo stesso, ma di crepacuore.

Donna                           - È stato un incidente, vero?

Silvi                               - La macchina è andata fuori strada ed ha preso fuoco. Ho perso tutta la famiglia in un colpo solo. Mio padre, mia madre le mie sorelle. persino il cane. E dire che a quella gita mi ero rifiutata di andare per paura che i miei si accorgessero della mia condizione. Avevo continui capogiri. vomitavo. La sera, quando la polizia è venuta per dirmi della disgrazia, sono svenuta e ho corso il rischio di abortire. Sentivo dolore per quello che era successo, ma anche rimorso. Rimpiangevo di non essere morta anch'io con loro. Avevo sedici anni, mi ritrovavo sola al mondo ed aspettavo un bambino da un uomo che mi aveva lasciata.

Donna                           - Una tragedia dopo l'altra.

Silvi                               - Le tragedie non capitano mai sole.

Donna                           - Orfana e ragazza madre.

Silvi                               - ... e così, all'improvviso mi resi conto fino a che punto la mia vita fosse cambiata. E che erano tanti, troppi, i problemi che doveva risolvere una ragazza di sedici anni. Tutto mi era contro. Neanche l'eredità poteva darmi un po' di benessere. Sulla casa dei miei gravava anche un'ipoteca. Mi sono trovata all'improvviso in un mare in burrasca, sballottata dalle onde, io che sapevo appena stare a galla. Il mondo mi era precipitato addosso.

Donna                           - Ma ce l'hai fatta.

Silvi                               - Ho dovuto farcela, stringendo i denti, non per me, ma per la creatura che doveva nascere. Non so come ci sia riuscita.

Donna                           - Sei stata bravissima, Silvi. Hai dimostrato una forza ed un carattere straordinario. Non molte ragazze della tua età ce l'avrebbero fatta.

Silvi                               - ... ho svenduto quello che c'era in casa. gioielli. mobili. tappeti, quadri biancheria. tutto. Sono riuscita a riscattare l'ipoteca. Un avvocato amico di famiglia, per fortuna mi ha dato una mano. Poi, c'è stato il parto. La bambina, nata prima del previsto. strillava dal mattino alla sera. ero sola. mi sentivo impazzire in quella casa ormai vuota. in quelle grandi stanze senza mobili. senza vita. Ho svenduto anche la casa e ne ho cercata una più piccola. Avrei tanto voluto comprare la soffitta dove lui mi aveva stretto tra le braccia. Tra i fiori e le piante profumate. Per rivivere i pochi giorni nei quali ero stata felice.

Donna                           - Non era stata la soffitta a renderti felice.

Silvi                               - ... ma era lì dove Marco mi aveva stretto tra le braccia. Che momenti sono stati. Ricordo che appoggiando la testa sulla sua spalla guardavo la finestra aperta sul cielo azzurro tra i tralci di fiori. il loro profumo misto a quello delle erbe odorose mi arrivava al cuore. Una volta, una grande farfalla azzurra si era posata sui miei capelli. Non sono stata mai così felice.

Donna                           - Non ti sei più innamorata?

Silvi                               - Si, ma sai qual è il sentimento che si prova scoprendo il sesso. la gioia e la furia del primo amore.

Donna                           - Non hai più saputo nulla di lui?

Silvi                               - Un giorno ero al cimitero per portare fiori ai miei e passando davanti ad una tomba fresca, i miei occhi si sono posati sulla lapide dove c'era un ritratto. Una stilettata al cuore. Lo riconobbi immediatamente. Era lui.

Donna                           - Marco?

Silvi                               - Fu così che seppi finalmente il suo cognome. Ed anche che era un erborista. Lasciava una moglie e tre figli. Lella aveva già dodici anni. Potevo dirle che quella tomba era di suo padre? Le avevo raccontato che era morto sulle montagne dell'Himalaya e non si era mai ritrovato il suo corpo. Questo per giustificare come mai non ci eravamo sposati.

Donna                           - Curioso. La stessa morte del padre di Diego.

Silvi                               - La bugia che avevo inventato per mia figlia, lei l'ha ripetuta a Diego.

Diego                            - (entra trafelato con un mazzo di fiori e si dirige verso la nonna ignorando l'altra ospite) Ecco, nonna. Tanti auguri. Per il tuo compleanno ti dovevo per lo meno un mazzo di fiori. Ed ho voluto portartelo di persona. (abbraccia la nonna, sollevandola e, facendole fare un giro tra le sue braccia, la bacia con affetto) Auguri. auguri. auguri. alla nonna più adorata del mondo.

Silvi                               - No, Diego. non così. Dio, che matto.

Diego                            - Ed ora scappo, altrimenti in ufficio mi licenziano. (un ultimo abbraccio e se ne va)

Silvi                               - (commossa, sedendo sul divano, stringendo i fiori) Mi vuol bene. quel ragazzo mi vuole bene.

Donna                           - Lo dubitavi?

Silvi                               - Non ti ha salutato. non si è nemmeno accorto di te.

Donna                           - Perché avrebbe dovuto?

Silvi                               - Tutti questi fiori, che meraviglia. Ed è scappato dall'ufficio per portarmeli.

Donna                           - Te li meriti e lo sai.

Silvi                               - Senti, profumano.

Donna                           - Come quelli della soffitta?

Silvi                               - Quello era profumo di gioventù. L'avrei comprata volentieri ma la casa l'avevano demolita per far posto ad un supermercato. Mi è spiaciuto.

Donna                           - È il tuo solo rimpianto?

Silvi                               - L'importante è non avere rimorsi.

Donna                           - E tu non ne hai?

Silvi                               - Cosa sai di me?

Donna                           - Abbastanza. non tutto. Perciò domando.

Silvi                               - Fai sempre così con tutti?

Donna                           - Secondo i casi. A chi ha paura evito troppe domande.

Silvi                               - Tanto chi ha rimorsi non risponde.

Donna                           - E tu ne hai?

Silvi                               - Non ho avuto una vita facile.

Donna                           - La vita non è facile per nessuno. Ma qualche bel momento tranquillo l'avrai avuto.

Silvi                               - ... certo. Quando Lella era bambina ho passato un periodo sereno. Era capricciosa ma allegra, affettuosa. Noi due eravamo un mondo. Per me non c'era altri che lei. Non vedevo l'ora di uscire dal lavoro per andarla a prendere a scuola per passeggiare con lei ai giardini e tornare a casa, farle da mangiare, raccontarle storie, giocare, cantarle ninna nanna. Facevo di tutto per renderla felice e lei non avrebbe mai voluto staccarsi da me. Aveva uno sguardo così triste quando al mattino la lasciavo a scuola per andare a lavorare. Ed a me le ore senza di lei non passavano mai. Le davo tutto quello che potevo Non riuscivo a negarle niente. E come ci sentivamo felici. le risate che ci facevamo insieme, mi riempiono ancora il cuore. Certo, l'ho viziata. troppo.

Donna                           - Non c'era un padre per aiutarti ad educarla.

Silvi                               - Vedi, io le ho dato tutto il mio amore, perché ne avevo tanto e non avevo che lei a cui darlo. e questo amore non ha mai avuto limiti. E lei era sicura di poter avere da me tutto quello che voleva. sapeva che non le rifiutavo nulla…(seria) L'ho amata, ma non ho saputo educarla. Non sono mai riuscita ad essere severa con lei. Da piccola la viziavo. poi.

Donna                           - L' importante è amare.

Silvi                               - Ma con tutto il mio amore, non sono riuscita a renderla felice.

Donna                           - E chi lo è in questo mondo? Hai fatto quanto hai potuto.

Silvi                               - ... cresceva e, quando usciva di scuola, non potevo stare con lei, perché lavoravo. Ho dovuto cercare qualcuno che se ne occupasse, che le tenesse compagnia fino          al mio ritorno. Ma lei accettava soltanto me, altri non voleva. si ribellava. Difendeva la sua indipendenza e non era disposta al minimo sacrificio. E poco a poco ha cominciato a fare soltanto quello che voleva lei, sfuggendo anche alla mia autorità.

Donna                           - E tu l'hai lasciata fare?

Silvi                               - Non ragionava. Non voleva sentirsi comandare da nessuno.

Donna                           - L'adolescenza è un'età difficile.

Silvi                               - Specie la sua. Quando si è resa conto di essere troppo legata a me, si è voluta liberare dal mio legame. Non sopportava contrasti. Minacciava a ogni rimprovero di andarsene di casa.

Donna                           - Sarebbe stato peggio.

Silvi                               - ... era quello che temevo.

Lella                              - (appare nel tinello. È quindicenne) E se tu non mi lasci andare, sai cosa faccio? Scappo. Credi non ne sia capace? Non sarei certo la prima. Luisella, che sua madre aveva chiuso in casa, è scappata dalla finestra. E non si è mai sentita tanto felice. Non è rientrata per otto giorni. Cosa faccio di male se esco coi miei amici? Cosa credi che facciamo, mamma? Per noi l'unica cosa che conta è poter stare insieme. Cantiamo, facciamo musica, balliamo. Ma sì, andiamo anche alle manifestazioni. Non è proibito. Siamo giovani e ci divertiamo a mandare a fare in culo questa puttana di società che non capisce i nostri diritti. Nostri e di tutti. Anche i tuoi, mamma. Non guardarmi così, Non facciamo nulla di male. Siete voi vecchi che vedete sempre e soltanto male dappertutto.

Silvi                               - (ringiovanita va verso di lei) Vecchia? Ho poco più di trent'anni. Lella. Ieri mi hai tenuta in ansia tutta la sera, non sei venuta a cena.

Lella                              - E cosa sarei venuta a fare? Abbiamo comprato delle pizze e ce le siamo mangiate ai giardinetti dove eravamo. All'aria aperta, non è meglio stare all'aria aperta piuttosto che chiusi in casa? Matteo e Jacopo suonavano la chitarra come pazzi. Suonano così bene. Certe canzoni che mi fanno impazzire.

Silvi                               - Con tutti i dischi che ti sei fatta comprare.

Lella                              - Che cazzo c'entra, mamma? I dischi sono un'altra cosa. Questa è musica dal vivo. una musica che nasce lì davanti a te. come un miracolo. perché la musica s'improvvisa. Senza che nemmeno te ne renda conto nascono delle melodie. delle melodie meravigliose, mamma. Tu non puoi capire perché quando eri giovane tu, questo tipo di musica non c'era ancora. O era proibita. Una volta si proibiva tutto perché tutto era peccato. Oggi, è diverso, noi giovani possiamo scegliere di viverla come cazzo vogliamo, la nostra vita, protestando contro questa società di merda che non ci capisce. Anche con la musica, mamma,             anche cantando. Sai che è bellissimo protestare con le canzoni? Puoi venire anche tu alle manifestazioni, non è proibito, anzi. Ci sono anche tante mamme con noi. Vuoi venire, mamma? Anche i miei amici saranno contenti, perché ti apprezzano molto, lo sai?

Silvi                               - Ma tu non puoi stare tutto il giorno fuori casa. sei una ragazzina, non hai ancora sedici anni.

Lella                              - (scoppia a ridere) Ed, allora, tu che alla mia età eri già incinta!?!.

Silvi                               - Ero fidanzata, Lella. Fidanzata. Dovevo sposarmi.

Lella                              - Diciamo che avevi precorso i tempi. Eh, mamma, mamma.

Silvi                               - Ma cosa dici? Con tuo padre eravamo fidanzati. ed una sera di luna abbiamo perso la testa ed è successo. Tutto qui.

Lella                              - . poi a lui, che doveva essere un tipo un po' bizzarro, è venuta la bella idea di andare a fare un'ascensione, dietro l'angolo, sulle montagne dell'Himalaya, e lì, poverino, ha fatto un ruzzolone cadendo in un crepaccio. E non è più tornato. Così, per lo meno mi racconti. Pensi che ci creda? Non hai neanche un trafiletto di giornale che riporti la notizia. Non mi hai mai detto come si chiamava, tant'è che io porto il tuo di cognome, non il suo. Un giorno mi dirai come sono andate le cose, vero, mammina? Perché quando racconto questa storia, i miei amici se la fanno sotto dalle risate.

Silvi                               - Ti assicuro, Lella, che tuo padre.

Lella                              - A me non frega niente di sapere chi era mio padre. Se un giorno vorrai spiegarmi come cazzo sono andate le cose, tanto meglio, perché sono stufa di essere presa per il culo. Vorrei ti mettessi bene in testa che io ho sedici anni, come avevi tu allora, ma non sono incinta. E se dovessi far l'amore saprei come regolarmi. Non sono ignorante come eri tu alla mia età. Capisci quello che ti dico? Perciò devi darmi fiducia e lasciarmi fare quello che voglio senza rompermi i coglioni. Capito, mammina bella?.

Silvi                               - La sera torni tardi e mi fai stare in pena.

Lella                              - Però torno sempre. Se una notte non dovessi farlo, ti avverto prima. Perciò, non rompermi il cazzo e lasciami tranquilla.

Silvi                               - (alla donna) Così mi rispondeva. Ed in ogni frase c'era una parolaccia. Guai a me se cercavo di farglielo notare. Sai cosa diceva?

Lella                              - Oggi parliamo così perché questo è il nostro linguaggio. Per lo meno in questo nostro mondo di merda, abbiamo la possibilità di poter dire quello che vogliamo e con le parole che vogliamo. Niente tabù. Non ci è proibito niente perché il nostro motto è proibito proibire. È un'epoca nuova la nostra mamma. Ficcatelo bene      nella zucca. Con la nostra generazione è cominciata un'epoca nuova dove anche la donna potrà essere indipendente e non più schiava dell'uomo.

Donna                           - Erano tempi difficili. La gioventù credeva di poter fare tutto.

Silvi                               - Avrei dovuto chiuderla in un collegio. in un buon collegio. Ma con quali soldi? Purtroppo io passavo le ore in ufficio e lei poteva fare quello che voleva. Quando me ne sono accorta era già tardi. Aveva cominciato la sua vita ribelle e non potevo farla tornare indietro.

Donna                           - Ma a scuola andava?

Silvi                               - Prima faceva molte assenze. Poi ad un certo momento non aveva più voluto andarci.

Lella                              - Ma sì, mamma, cosa ci vado a fare? A scuola non si impara. insegnano solo stronzate che non servono a un cazzo.

Silvi                               - Ma tu dovrai pur fare qualcosa nella vita e se non studi.

Lella                              - Non ti preoccupare, mamma. Studierò l'inglese e farò informatica.

Silvi                               - Io, in quel periodo neanche lo sapevo cosa fosse l'informatica.

Lella                              - È la scienza del futuro, mamma. Perché tu non sai che cos'è, tu sei ancora legata al latinorum, agli aoristi, alle nozioni trigonometriche, al quadrato dei cateti che è uguale a quello dell'ipotenusa. A scuola non fanno altro che farti un culo così con quei concetti. ti rompono soltanto i coglioni per spiegarti cazzate che al giorno d'oggi non servono più. Non mi credi? Domanda ai miei amici. Te lo faccio spiegare da Giorgino che in informatica è un genio. Ha solo la licenza elementare, ma nella vita sa cavarsela meglio di tutti. Vedessi che moto ha, mamma. una kawasaki grande, ma così grande che ci si può coricare sopra. E come va è uno schianto. fa i 180 all'ora in modo barbaro senza che te nemmeno te ne accorga.

Silvi                               - Ed a me veniva il terrore che si facesse portare da Giorgino su quella motocicletta. Ogni volta che non la vedevo tornare, pensavo che fosse morta in un incidente. Coi precedenti che avevo avuto.

Lella                              - Lo so, mamma, me l'hai detto che i tuoi sono morti tutti in un incidente stradale. Ma chissà come andavano. forse guidavano in modo balordo. od avevano bevuto. E, poi, le macchine non erano come quelle di oggi. Mentre la moto di Giorgino è un bolide. un vero bolide. Quando ci sei sopra e corre, ti manca il fiato. (scompare)

Silvi                               - Mi pareva impossibile quella trasformazione. Fino ai dodici, tredici anni ero vissuta felice con Lella. ora entrando nell'adolescenza era diventata prepotente. autoritaria. ribelle.         

Donna                           - Com'è che si chiamavano a quei tempi? Non erano i figli dei fiori?

Silvi                               - Per una madre, fiori pieni di spine.

Donna                           - I vostri rapporti per lo meno erano buoni.

Silvi                               - Ci vedevamo così poco. Rientrando dall'ufficio a casa non la trovavo mai. Qualche volta andavo a cercarla e la scoprivo in un giardinetto coi suoi amici. maschietti coi capelli lunghi ed orecchini. ragazze vestite da zingara. Dava tenerezza vederli insieme perché, nonostante le apparenze erano così innocenti. A loro bastava cantare. fare musica. organizzare marce di protesta. volevano mettere fiori nei cannoni. che non ci fosse più miseria. che il mondo si occupasse soltanto di pace. Potevo dire che non avevano ragione!?!

Donna                           - I propositi erano ottimi.

Silvi                               - ... ma non potevano consolare una madre che si sentiva abbandonata. E, poi, cosa succedeva tra di loro? Io avevo la massima fiducia, si agitavano per il divorzio, l'aborto, volevano il libero amore.

Donna                           - Tutti risultati che hanno ottenuto.

Silvi                               - Ma non puoi immaginare com'erano lunghe le mie serate aspettando che lei rientrasse.

Donna                           - Ma tornava.

Silvi                               - ... tardi. sempre più tardi. Ed io mi sentivo sola come non ero mai stata. la mia vita non aveva più uno scopo.

Donna                           - Eri giovane, avresti dovuto pensare anche a te. Non rinunciare a vivere.

Silvi                               - M'ero dimenticata di essere una donna, te lo giuro. Dopo la delusione e le tragedie che avevo vissuto.

Donna                           - Ma a questo punto qualcosa è successo. Nella tua vita è apparso all' improvviso Carlo.

Silvi                               - Un'altra meteora.

Donna                           - Ma in Carlo hai creduto.

Silvi                               - Ho creduto sempre in tutti.

Donna                           - Era un bel ragazzo?              

Silvi                               - Carino lo era, certo troppo giovane per me. Io avevo trentadue anni, lui cinque di meno.

Donna                           - Ed undici più di Lella.

Silvi                               - Già.

Donna                           - E questo amore quanto è durato?

Silvi                               - Tre mesi.

Donna                           - Non è molto. E vi vedevate a casa tua?

Silvi                               - La prima volta venne perché l'invitai a cena per fargli conoscere Lella scongiurandola di essere puntuale. È arrivata quando Carlo ed io avevamo già preso anche il caffè. CARLO (può essere lo stesso attore che interpreta il personaggio di Diego con un trucco diverso. È un bel ragazzo, perbenino, un po' sfuggente, tradizionale nel vestire. È entrato ed è andato a sedere sul divano accanto a Silvi, mentre la Donna si apparta come fa sempre quando entrano altri personaggi)

Lella                              - (entra, un po' affannata) Merda, ho fatto tardi.

Silvi                               - ... due ore di ritardo, Lella. Ti abbiamo aspettato un po', ma alla fine abbiamo mangiato.

Lella                              - Ed avete fatto bene. Quegli stronzi della polizia hanno interrotto la manifestazione, con la scusa che era vietata ed abbiamo dovuto darcela a gambe. Avevano certi manganelli, miseria. per la paura ci cagavamo addosso. Mamma, che corsa. Non ho più fiato. (tendendo la mano a Carlo) Io sono Lella. Ciao, Carlo. La mamma mi parla sempre di te. Meno male che ci sei tu, ora, a farle compagnia. No, non alzarti, mamma, io ho già mangiato. non muovere il culo da quel divano. Siedo con voi, Carlo, mi offri una sigaretta?

Silvi                               - Ti sei messa a fumare, ora? Anche questo vizio?

Lella                              - Mamma, non rompere. Una sigaretta ogni morte di papa non è un vizio, ma una virtù. Carlo, mi guardi e non parli? Non hai nulla da dirmi? CARLO Sei carina.

Lella                              - Grazie. Anche tu non sei male. Mamma sa sceglierli, i suoi amichetti.

Silvi                               - Carlo non è un amichetto.

Lella                              - E che cos'è allora?

Silvi                               - Una persona gentile che ho conosciuto.

Lella                              - Appunto, un amichetto. Ed a te, Carlo, non rompe troppe le palle mia madre? CARLO Quando mai? Ne sono affascinato. una donna adorabile.

Lella                              - Meno male. Non so da quanto le dicevo di trovarsi anche lei un compagno per non buttare stupidamente la sua vita. perché, poi, lo avrebbe rimpianto. ma lei, non stava a sentirmi.

Silvi                               - (per troncare) Carlo si è disturbato a portare un dolce, che è squisito. Non ne vuoi una fetta?

Lella                              - Altro zucchero? Per carità, mamma, guarda che pancia ho. Le mamme vorrebbero sempre farci mangiare, sono contente solo quando le figlie diventano donne cannone. Ma ai ragazzi non piacciono le donne cannone. A te, Guido piacerebbe una donna che è una palla di grasso? CARLO Tu sei sottile come un giunco perciò non corri questo rischio.

Silvi                               - Guai se avessi già dei chili in più alla tua età.

Lella                              - E, sempre in movimento come sono, non ingrasso. Ed io coi miei amici non sono certo sedentaria. Tu che fai di bello nella vita. Carlo? Hai la moto? CARLO No, ho appena un motorino.

Lella                              - Dovresti averne una per portarci la mamma. Una bella kawasaki.

Silvi                               - Per carità, non salirei mai sopra una moto.

Lella                              - Sbagli, mamma, è un'esperienza che dovresti fare. Io, per esempio. (Lella e Carlo scompaiono)

Silvi                               - Avevo invitato Carlo perché ci tenevo a farlo conoscere a Lella. Era stato così carino con me. un pazzo su una moto stava per investirmi. lui era riuscito a bloccarmi ed a tirarmi indietro. Per l'emozione ero quasi svenuta. Così mi aveva invitata in un caffè a prendere un tonico ed avevamo fatto amicizia. Mi colpiva la sua gentilezza. l'estrema delicatezza con la quale si rivolgeva a me. Uscendo dall'ufficio, lo trovavo ad aspettarmi. Anche a lui piaceva camminare così facevamo lunghe passeggiate. poi finivamo in un bar e lui mi parlava della sua vita, che non era stata molto felice.

Carlo                             - (riappare e siede vicino a Silvi) A me la solitudine non fa paura. Ci sono abituato, sempre stato solo. Mia madre è morta quand'ero piccolo e mio padre non l'ho neanche conosciuto. Mi hanno allevato degli zii che non si occupavano molto di me. I loro i figli non mi hanno mai accettato, mi facevano sempre dispetti e mi picchiavano. Una brutta infanzia. È terribile pensare come spesso i bambini possano essere crudeli. Mi hanno sempre fatto sentire un estraneo.

Silvi                               - E i genitori non intervenivano?

Carlo                             - Non si occupavano di noi. Pensavano che bastasse darci da mangiare e da dormire e ci lasciavano tutto il giorno per strada. Ho sempre cercato un affetto che non ho avuto.

Donna                           - Che ingenua eri, Silvi. Gli uomini per fregarti tirano sempre fuori la loro solitudine. E le donne, che si commuovono con facilità, ci cascano sempre.

Silvi                               - Purtroppo è successo anche a me. (a Carlo) Un bel ragazzo come lei, avrà pure una compagna.

Carlo                             - Non me ne parli, sono appena uscito da una tremenda delusione d'amore. Amavo perdutamente una ragazza e volevo sposarla, quando ho scoperto che mi tradiva con un gobbo.

Silvi                               - Con un gobbo?

Carlo                             - Diceva che anche i gobbi hanno diritto alla loro parte d'amore. Sa che è avvilente per un giovanotto normale come me, essere traditi con un gobbo?

Silvi                               - E perché?

Carlo                             - Sapere che la ragazza che si ama è tra le braccia di un gobbo.

Silvi                               - Se una donna tradisce, che differenza se lo fa con un gobbo o no?

Carlo                             - Soltanto l'idea mi destabilizzava.

Silvi                               - L'idea del tradimento, soprattutto.

Carlo                             - Così ho cercato di evitare le donne. Poi conoscendo lei ho ritrovato la fiducia. Ora la vita mi appare diversa. Solo pensando a lei, la mia giornata ha uno scopo.

Silvi                               - Avrà un lavoro, immagino.

Carlo                             - Sono intermediario in una società di compravendite. Ci si guadagna bene, ma ci sono periodi nei quali non si combina nulla. E, quando si è tristi per gli affari che non vanno, la solitudine è ancora più dura. Lei è sposata?

Silvi                               - Ho una figlia.

Carlo                             - E suo marito?

Silvi                               - (fa con la mano cenno che non c'è marito)

Carlo                             - Separata? Vedova?

Silvi                               - Ragazza madre. Ero quasi una bambina, quando è successo.

Carlo                             - Allora sarà ancora piccola la sua ragazzina.

Silvi                               - No, ha quasi sedici anni.

Carlo                             - Di già? Chissà com'è carina.

Silvi                               - Si è molto carina, non lo nego.

Carlo                             - Se assomiglia alla mamma. Non capisco come possa avere una figlia così grande alla sua età. Giovanissima com'è, l'avrà avuta in fasce. Posso dirle che non ho mai conosciuto una donna affascinante come lei. Mi ha subito colpito. ha degli occhi così dolci. Quando dal marciapiedi l'ho presa per le spalle per tirarla indietro, ho sentito per tutto il corpo un brivido. come non mi era mai successo. (si apparta)

Silvi                               - Dopo Marco, nessun uomo mi aveva più parlato d'amore.

Donna                           - Per te un uomo che ti dice che hai dei begli occhi ti parla d'amore?

Silvi                               - Non mi crederai, ma dopo Marco degli uomini avevo paura. Il mio mondo era Lella, il resto non esisteva. E lui all'improvviso.

Donna                           - Non mi dirai che hai aspettato sedici anni per innamorarti di nuovo.

Silvi                               - Sì. Quando un uomo mi piaceva, cercavo di evitarlo. E per Carlo mi è parso di provare un sentimento non fisico, ma quasi materno. Per lo meno così mi pareva all'inizio. Mi sembrava avesse bisogno di me, della mia protezione e della mia tenerezza.

Donna                           - Questo non ti ha impedito di andarci a letto.

Silvi                               - ... è successo senza che quasi me ne rendessi conto. Mi aveva portato a fare una gita in campagna. Era primavera, i campi erano pieni di fiori.

Donna                           - Avresti dovuto stare attenta ai fiori e ricordare quelli della soffitta.

Silvi                               - Non ci pensavo più. era un'esperienza lontana. Avevamo camminato nei prati che erano un trionfo di verde. Poi ci eravamo distesi sull'erba profumata. lui mi raccontava storie tristi di quand'era bambino e mi accarezzava dolcemente. Ho chiuso gli occhi e l'ho lasciato fare. Quando li ho riaperti. la passione ci aveva travolti. E all'improvviso mi sono trovata in un mondo che non conoscevo. un mondo fiorito di narcisi.

Donna                           - Tu l'amore lo abbini sempre ai fiori?

Silvi                               - E mi sono resa conto che l'attrazione per lui era soprattutto fisica. E mi pareva meraviglioso rifarmi con lui del tempo perduto lasciandomi travolgere dalla passione. Sapevo che non poteva essere l'uomo della mia vita. mi pareva un ragazzo timido pieno di illusioni. di sogni. di romanticherie. Ma bastava che la sua mano si posasse sul mio corpo,per non capire più niente. E se prima mi illudevo che il mio amore lo aiutasse a raggiungere il suo equilibrio. la sua maturità. poi ho capito che abbracciarlo per me era un' esigenza fisica, una ragione di vita. Dal sentimento materno ero passata ad un'irrefrenabile passione. non so se riesco a spiegarmi. con lui la mia vita si completava. il cielo improvvisamente diventava luminoso, pieno di stelle.

Donna                           - Effetto meteora.

Silvi                               - Proprio così.

Donna                           - Poi?

Silvi                               - Tre mesi di felicità assoluta. Poi un problema nuovo ed improvviso mi sconvolse. Non osai parlargliene, in principio. Cercai per qualche giorno di non vederlo perché stupidamente provavo vergogna per quello che stava succedendo. E non vederlo era un tormento perché mai come in quei giorni avevo bisogno di lui.

Donna                           - Perché non confidargli tutto?

Silvi                               - Te l'ho detto, mi vergognavo. come se di tutto, la colpa fosse mia.

Donna                           - Ma cos'era quella nuova sciagura?

Silvi                               - Una sera rientrando tardi come al solito, Lella era venuta in camera mia.

Lella                              - (entra in scena) Mamma, ho bisogno di parlarti.

Silvi                               - Non ti ho mai visto così seria. È successo qualcosa? Dimmi.

Lella                              - . Nessuno più di te può capirmi.

Silvi                               - Certo, Lella. Mi fa piacere che tu senta bisogno di confidarti con me. Non dici mai nulla a tua madre. non so mai nulla dei tuoi problemi.

Lella                              - Perché non ce n'erano, mamma.

Silvi                               - Ed ora ne hai e pensi che io possa aiutarti a risolverli? In fondo le mamme servono anche a questo.

Lella                              - Non credo che possa risolvere il mio problema Ma devi sapere.

Silvi                               - Che cosa? Ti sei innamorata

Lella                              - L'amore può passare in secondo piano, mamma.

Silvi                               - Qualcosa di così grave?

Lella                              - Sono incinta.

Diego                            - (appare la sua testa come un medaglione in un raggio di luce) Ero io che m'ero messo in viaggio.

Silvi                               - ... non eri ancora nato. Stattene fuori, non fai ancora parte della storia.

Diego                            - Pensavo che la mia presenza aiutasse a capire. Sorry. (scompare)

Silvi                               - Ho capito bene, Lella?

Lella                              - . sono incinta, mamma. Aspetto un bambino. È qui nella mia pancia.

Donna                           - Immagino cos'hai provato.

Silvi                               - ... è stata una scudisciata. (a Lella) Ne sei sicura?

Lella                              - Ho fatto le analisi, mamma: positive. Sono incinta.

Silvi                               - (alla Donna) Una mazzata che mi stordì.

Lella                              - Stai calma. Non metterti ad urlare non farmi una scenata. È capitato a me come a te quando avevi la mia età.

Silvi                               - Che c'entra questo? Erano altri tempi.

Lella                              - Ma il meccanismo è sempre lo stesso. Un ragazzo ed una ragazza si piacciono. fanno l'amore e nell'ebbrezza del giuoco lasciandosi andare non capiscono più niente, lo sai anche tu.

Silvi                               - Non è possibile. (lungo silenzio) Mi avevi giurato che ci saresti stata attenta.

Lella                              - Che vuoi, mamma? In certi momenti non è facile.

Silvi                               - Chi è stato?

Lella                              - (si ribella alla domanda) Cosa può fregarti chi è stato? Un ragazzo che sicuramente in quel momento mi è piaciuto. Abbiamo fatto l'amore come succede. Non mi è stata fatta alcuna violenza, mamma, te l'assicuro. Nessuno mi ha stuprata. Ero completamente consenziente.

Silvi                               - Ma sei minorenne.

Lella                              - Lo eri anche tu, allora.

Silvi                               - Chi è ? Lo conosco?. Matteo? Jacopo? Nando? Vittorio?!?

Lella                              - Puoi elencare tutti i santi del calendario, mamma, non te lo dirò mai.

Silvi                               - Sono tua madre ed ho diritto di sapere.

Lella                              - Non voglio dirtelo. Mettiti il cuore in pace e non fare domande.

Silvi                               - Quante volte ho avuto il terrore che ti potesse capitare. Ma mi dicevo che eri troppo furba. troppo prudente. non eri stupida come ero io alla tua età. Dimmi chi è stato, Lalla.

Lella                              - E se ti rispondessi che non lo so? Potrebbe essere chiunque. un fattorino. un camionista. un intellettuale. un prete.

Diego                            - (appare illuminato da un riflettore) Un prete? Hai detto che mio padre potrebbe essere un prete?

Lella                              - Era un modo di dire. Un prete è un uomo come tutti.

Diego                            - Incredibile, mentre io navigavo nel suo plasma lei si inventava che mio padre era un prete.

Lella                              - Ti pare il momento di fare polemiche?         

Silvi                               - Ti prego, Diego. Non eri ancora al mondo, lo vuoi capire? A tua madre devi dire chi è stato. un padre è importante nella vita di una creatura. Ti scongiuro, Lella, sii buona.

Diego                            - Mi domanderanno chi è mio padre. Ed io cosa dirò? I miei compagni mi prenderanno in giro. Diranno che sono un bastardo: che mia madre è una puttana. Sorry, mamma.

Silvi                               - Non intrometterti, Diego. Non puoi discutere con noi. Tu dovevi ancora nascere.

Diego                            - Ma sono parte in causa anch'io o no?.

Silvi                               - Ti prego, Diego, lasciaci in pace. (Diego sparisce. A Lella) Allora?

Lella                              - Vuoi proprio che te lo dica? Vuoi davvero saperlo? Ebbene mio figlio non conoscerà mai suo padre perché non c'è più. è morto.

Silvi                               - Morto? Come, morto!?!

Lella                              - Dopo il nostro ultimo appuntamento è partito per una scalata importante sull'Himalaya e mettendo un piede in fallo è precipitato in un burrone. Il suo corpo non è stato più ritrovato. Proprio come è successo a mio padre. Si vede che così muoiono tutti i maschietti che mettono incinta una ragazza di sedici anni. (scoppia a ridere)

Silvi                               - (le dà uno schiaffo)

Lella                              - Hai sbagliato, mamma, non dovevi farlo.

Silvi                               - Scusa, Lella. (cerca di abbracciarla) Scusa, non volevo. La tua risposta mi ha fatto perdere la testa. Sono la tua mamma. Ora hai più di prima bisogno di me. Cosa vuoi fare? Vuoi tenerlo, il bambino?

Lella                              - Non dovrei?

Silvi                               - Sei piccola, Lella, hai appena sedici anni.

Lella                              - Perché tu quanti ne avevi quando mi hai messa al mondo?

Silvi                               - Non è stata una vita facile, la mia.

Lella                              - Rimpiangi di avermi voluta? Avresti preferito non farmi nascere?

Silvi                               - No, no, sei stata l'unica grande gioia della mia vita.            

Lella                              - (con ironia) E vorresti che a questa gioia io rinunciassi?

Silvi                               - No. no. (la stringe tra le braccia) Dimmi chi è stato, Lella.

Lella                              - Che importanza può avere, ormai? Il suo compito lo ha svolto brillantemente, ha posto nella mia pancia un seme che ha subito germogliato. Ora, non serve più. Vorresti farmelo sposare?

Silvi                               - Voglio sapere chi è.

Lella                              - Per curiosità?

Silvi                               - Un figlio ha bisogno di un padre.

Diego                            - (ricompare come prima) Proprio le stesse parole che ti dico sempre io, nonna. Sempre.

Silvi                               - Diego, non complicare tutto con la tua presenza. Verrai quando ci sarà bisogno di te.

Lella                              - Anch'io avevo bisogno di un padre!?! Sono vissuta lo stesso.

Diego                            - (scompare)

Silvi                               - Ho rovinato la mia vita, non voglio che anche tu.

Lella                              - Mamma, ormai è fatta. Non si torna indietro.

Silvi                               - Dimmi almeno se questo ragazzo ti può aiutare. se ti può stare vicino. se si assumerà la sue responsabilità.

Lella                              - No, mamma. È qualcuno che è passato nella mia vita ed è sparito. Che ti può fregare chi è, se è alto o basso, scapolo o sposato, ricco o povero. giovane o vecchio. può essere chiunque.

Donna                           - E non ha mai pensato ad abortire?

Diego                            - (ricompare) Volevi farmi sparire?

Lella                              - No. Mai pensato.

Diego                            - La verità, dì la verità, mamma.

Silvi                               - Non intrometterti, Diego. In quei giorni non esistevi. eri solo un grumo di sangue.

Diego                            - (sparisce)

Silvi                               - Non sei innamorata?

Lella                              - No. È stato semplicemente un incontro. un incontro che ha lasciato la sua traccia.

Silvi                               - ... senza amore?

Lella                              - Che cazzo ti frega se l'ho fatto con o senza amore? L'ho fatto. E la mia vita privata, non la tua. E non posso e non voglio assolutamente contare su di lui. non deve nemmeno sapere le conseguenze del nostro incontro. Non cominciare a rompere, mamma. Mi assumo io tutte le responsabilità. Come hai fatto tu con me. Come vedi in una famiglia le stesse situazioni si ripetono. Diventerai nonna. E sarai una giovanissima nonna. Ora che lo sai, mettiti il cuore in pace. È tutto ok. (sparisce)

Silvi                               - (alla donna) Ero sconvolta. Non volevo accettare la realtà. non volevo che mia figlia dovesse sopportare quello che avevo dovuto sopportare io. Anche se la vedevo così diversa da com'ero stata io allora. Non una lacrima, sicura. determinata. In lei non c'era ombra di un sentimento. Accettava la sua gravidanza come qualcosa di assolutamente normale. Era andata a letto con un uomo ed aspettava un figlio. Tutto regolare. Ma per me no.

Donna                           - Un'altra delusione.

Silvi                               - Avevo paura. una grande paura per questa ragazzina testarda, capricciosa, indipendente, che senza ribellione era pronta a rovinarsi l'esistenza. Allora sentii il bisogno di confidarmi. non potevo tenere tutto chiuso dentro di me. Non c'era che Carlo che con la sua sensibilità potesse capirmi. E se non aiutarmi, per lo meno consolarmi. Gli telefonai, lo feci venire da me. Lui non voleva lasciarmi parlare, voleva fare subito l'amore. Per questo era venuto. Cercò anche di trascinarmi sul letto con la forza. Mi stupii, non lo aveva mai fatto. non si era mai comportato così. Non gli cedetti e mi ribellai. Lo costrinsi a sedere vicino a me e gli raccontai tutto. La sua reazione mi stupì. Rimase freddo. staccato. Come se la mia disperazione non lo riguardasse.

Carlo                             - Cosa vuoi Silvi. oggi le ragazzine vogliono conoscere tutto della vita. per cui, capita come nel caso di tua figlia che scoprano il sesso non rendendosi conto delle conseguenze a cui può portare un trasporto amoroso. Mi pare sia la stessa cosa che è capitata a te.

Silvi                               - E non lo ha fatto nemmeno per amore.

Carlo                             - E che ne sai?

Silvi                               - Se è innamorata, non lo fa capire. E non vuole dirmi chi è stato a metterla nei guai.

Carlo                             - E perché dovrebbe dirtelo se non vuole. se non ne sente il bisogno?

Silvi                               - Pensi che sia stato uno dei ragazzi del suo gruppo?

Carlo                             - Perché no? Può essere stato chiunque.

Silvi                               - Tu sai come parlarle. forse a te lo potrebbe confidare.

Carlo                             - Per favore, Silvi, non mescolarmi in storie alle quali sono completamente estraneo. Tua figlia è una bambina, cosa vuoi che le possa dire io? Non sono il suo confessore. Se non si confida con te che sei sua madre.

Silvi                               - Ti rendi conto, per lo meno, della mia disperazione?

Carlo                             - Mi pare inutile disperarti, Silvi. Tu che hai fatto questa stessa esperienza, puoi capire tua figlia meglio di tutti. E, poi ormai una ragazza madre non è più motivo di scandalo, come una volta. è accettata da tutti. Il mondo è pieno di bambini che non hanno un padre. Crescono bene lo stesso, inutile drammatizzare la situazione.

Silvi                               - Si direbbe che tu non capisca il mio stato d'animo. Lella è ancora una bambina. non è preparata ad affrontare un'esperienza come questa.

Carlo                             - Nessuno, in partenza, è preparato ad affrontare i problemi della vita. Tu, forse, quando hai saputo che eri incinta lo eri? Eppure, nonostante la serie delle tue disgrazie. hai saputo risolvere poco a poco i tuoi problema. Così farà tua figlia Il solo consiglio che dovresti darle è di abortire. Ma se non vuole, fatti coraggio. Del resto, permettimi di dire quello che penso. Non si deve dare troppa libertà ad una bambina. Non l'hai saputa educare, le hai dato troppa fiducia. le hai lasciato fare quello che voleva. (con ironia) Ma non preoccuparti, tesoro mio, una creatura che nasce, in un modo o in un altro, è sempre una benedizione del cielo. Per lo meno così dicono i preti. (scoppia a ridere)

Silvi                               - Io voglio sapere di chi è il bambino.

Carlo                             - Cosa t'importa?. Meglio non indagare, Silvi, potresti avere delle sorprese che non ti farebbero piacere.

Silvi                               - Cosa vuoi dire?

Carlo                             - Potrebbe venire fuori il nome di un poco di buono. o di un malato. od anche di un drogato. O di un gobbo, come è successo a me. E, poi, col genere di gente che frequenta Lella. Magari, durante una manifestazione, urlando "el pueblo unido jamás será vencido" ha adocchiato un marcantonio che le piaceva e senza pensarci troppo gli ha sorriso e sono andati a letto. Questa è la mentalità dei giovani, oggi.

Silvi                               - Così mi consoli, Carlo?

Carlo                             - Silvi, anche se ti sono grato per tutto l'amore che mi hai dato, non posso certo commuovermi perché tua figlia sedicenne si è fatta ingravidare dal primo che le è capitato a tiro. Lella è un tipetto che non dice di no a nessuno, avrei potuto portarmela a letto anch'io, se avessi voluto.

Silvi                               - Parli di mia figlia come di una puttana.

Carlo                             - No, le puttane si fanno pagare, lei lo fa perché le piace.

Silvi                               - E tu cosa ne sai se le piace o no?

Carlo                             - Piace a lei come a te. Non è figlia tua? E come se non bastasse, è anche figlia dell'amore.

Silvi                               - Carlo, ti rendi conto di quello che dici?

Carlo                             - Scusa la mia sincerità. Io non ho mai approvato il suo modo di vivere. Era logico pensare che dai oggi, dai domani. si sarebbe trovata nei guai.

Silvi                               - Il tuo modo di parlare mi ferisce. Eppure nessuno meglio di te conosce la mia storia, le lotte ed i sacrifici che ho dovuto fare per farmi una vita onesta. E mia figlia non.

Carlo                             - Cosa ho detto di male? Se a te piace fare l'amore, ed io ne so qualcosa, piace anche a tua figlia. però lei è ancora troppo giovane ed ha finito per bruciarsi le ali. Tu non te la devi prendere troppo. Su, vieni qui, stare un poco tra le mie braccia ti farà bene. Perché non vuoi? Credi che non abbiamo anche noi diritto a fare quello che Lella ha cominciato a fare un po' troppo presto? Perché mi respingi?. Non vorrai tirarti indietro. Non lo hai fatto nemmeno la prima volta. Sorprendendomi perché non avrei mai immaginato che avresti ceduto subito, senza nemmeno resistere un po'. Sono andato a colpo sicuro ed è stata una piacevole esperienza. Su, coraggio, abbiamo la serata per noi. Pensavo fosse per questo che mi avessi chiamato. Piangi, adesso? Su, non vorrai rovinare questo nostro incontro. Spogliati, invece, tesoro. O vuoi che ti spogli io?

Silvi                               - Lasciami stare, Carlo. Non è serata, questa.

Carlo                             - Perché? Vuoi rinunciare ai bei giochetti che ti piacciono tanto? Non immagini come mi eccita vederti così triste. Le donne che piangono mi mettono una carica erotica che mi fa impazzire.

Silvi                               - Non toccarmi. lasciami.

Carlo                             - Siete strane, voi donne. Prima mi chiami, poi mi cacci via. Vorrei sapere cosa ti ho fatto.

Silvi                               - Nulla. Ma vattene lo stesso.

Carlo                             - Hai trovato un altro che ti piace più di me? (sparisce)

Silvi                               - (alla Donna) Che delusione. Di tutto mi sarei aspettata da Carlo, ma non un comportamento come questo. Altro che un fanciullone romantico. era un uomo duro, senza scrupoli, crudele. Scoprivo che aveva finto di amarmi solo perché gli faceva comodo fare l'amore con me.

Donna                           - La meteora stava per spegnersi, ora saresti stata di nuovo nel buio.

Silvi                               - Quel colloquio mi convinse che su di lui non potevo contare. Ed io che avevo pensato che col suo aiuto.

Donna                           - Che aiuto pensavi ti potesse dare?

Silvi                               - ... solidarietà. comprensione. amicizia. tenerezza. che mi facesse meglio sopportare il colpo arrivato all'improvviso. Invece.

Donna                           - Hai continuato a vederlo?

Silvi                               - Non ho più voluto avere rapporti con lui, che si dimostrava sempre più freddo. distante. sarcastico. Persino Lella rifiutava di vederlo, se era in casa si chiudeva in camera sua. Pensavo avesse capito che lui non la stimava.

Donna                           - Povera Lella!

Silvi                               - Il perché non volesse vederlo lo seppi più tardi. Molto più tardi. Carlo era sparito dalla mia vita. Senza darmi spiegazioni. Avevo saputo che si era trasferito in un'altra città. dove, non so. Avevo sofferto moltissimo per la rottura di un amore in cui avevo creduto ciecamente. Mi aveva aiutato dedicarmi a Lella, che aveva una gravidanza difficile.

Lella                              - Ma no, mamma, cosa vuoi che sia? Il medico ti ha spiegato che è tutto normale. Si tratta di disturbi frequenti in una donna incinta. E, poi, sai che sono stretta di bacino. perciò la mia gravidanza è difficile. Devo starci attenta e basta. Perciò non rompermi le palle e dammi una sigaretta.         

Silvi                               - No, Lella, nelle tue condizioni non devi fumare.

Lella                              - È tabacco, mamma, mica erba. All'erba ho dovuto rinunciare. Purtroppo. Perché ogni tanto fa bene, tira su. Già devo fare una vita di merda restando a letto tutto il giorno, vuoi togliermi anche il gusto di una cicca?

Silvi                               - Devi pensare alla salute della creatura che deve nascere.

Lella                              - Ma anche alla serenità di sua madre Mi proibisci tutte le cose che mi piacciono. Che me ne fotte che non dovrei fumare? Mi va, ne ho voglia.

Silvi                               - Senti, Lella. la tua gravidanza l'hai accettata e l'hai fatta accettare anche a me. Fammi contenta, dimmi almeno da chi hai avuto questo bambino.

Lella                              - Basta, mamma. Non rompermi le palle, non te lo dirò mai.

Silvi                               - Ed io cercherò in tutti i modi di saperlo.

Lella                              - Convinciti anche tu che il padre è morto in una scalata sull'Himalaya. È il destino di tutti i padri della nostra famiglia. L'Himalaya è un immenso cimitero di padri che non hanno potuto riconoscere i loro figli. Sono sepolti tutti là tra i ghiacci eterni. Amen. (non si capisce se la sua sia una risata o un singhiozzo) E Carlo non l'hai più visto?

Silvi                               - No.

Lella                              - Ne soffri, vero?

Silvi                               - Se per lo meno capissi perché non si è più fatto vedere.

Lella                              - Gli uomini amano cambiare.

Silvi                               - Lella, cosa ti prende? Stai per piangere. perché?

Lella                              - Non ho niente, mamma Tutto è ok.

Silvi                               - Lella aveva qualche raro momento di debolezza ma prendeva con serenità la sua gravidanza. Come poteva accettare così tranquillamente la nascita di una creatura lei che non aveva mai manifestato sentimenti materni? Non aveva giocato con le bambole, nemmeno da bambina. Sicuramente qualcosa mi nascondeva. qualche volta la sorprendevo tesa, coi pugni stretti, i denti serrati, gli occhi pieni di lacrime. Capivo che soffriva. Ma lei diceva che la gravidanza a volte le dava forti dolori. il medico le aveva detto di non preoccuparsi. Si chiudeva sempre più in se stessa, della sua vita non raccontava nulla. Parlava poco, lo stretto necessario. Solo quando venivano a trovarla gli amici, ritrovava la sua allegria. Ma come se ne andavano, ritornava al suo mutismo.       

Donna                           - Poi, il bimbo è nato.

Silvi                               - Io ero felice. Diego era un bel bambino, sano, vitale. Lella non dimostrò mai entusiasmo per la sua creatura. Le prime settimane lo allattò, poi non ne volle più sapere e di tutto dovetti occuparmi io. Lei riprese la vita di prima, gli amici, la musica, le manifestazioni. Ora mi rendevo conto che aveva accettato con tanta serenità il bambino perché sapeva che, appena partorito, lo avrebbe affidato a me. Anche la notte se piangeva, dovevo essere io a badargli. Come se il bambino non appartenesse a lei, ma a me.

Donna                           - E come facevi per il lavoro?

Silvi                               - Dovetti lasciare il mio ufficio e risolvere lavorando a casa. Guadagnavo meno, faticavo di più, ma per lo meno potevo occuparmi di Diego che cresceva bene ed era più attaccato a me che alla mamma.

Donna                           - È logico, la vera mamma eri tu.

Silvi                               - Era un bel bambino. sorrideva sempre. Lella rientrava tardi, dormiva fino al pomeriggio. Spesso venivano i ragazzi del gruppo per vedere Diego. gli suonavano la chitarra. gli cantavano un rock e lui rideva felice. Uno di loro era molto carino, alto biondo, con degli occhi di un incredibile azzurro. Mi sarebbe piaciuto fosse stato lui il padre di Diego. Ma Lella mi spiegò che non gli piacevano le donne.

Donna                           - Succede.

Silvi                               - Ero serena, mi pareva di essere ritornata ai tempi in cui Lella era piccina. rivivevo quei momenti.

Donna                           - E ti sei sacrificata come avevi fatto prima per tua figlia.

Silvi                               - Cos'altro potevo fare? Affidarlo ad un brefotrofio?!?.

Donna                           - Non lo avresti mai fatto.

Silvi                               - Con Diego era felice. Era un buon bambino, anche se aveva ereditato da sua madre il gusto della libertà. Appena ce la faceva, se ne andava. Anche da piccolino. Se riusciva ad aprire la porta di casa, scappava.

Diego                            - (appare) Non andavo lontano, nonna. Arrivavo sì e no in fondo alle scale. mi riacchiappavi sempre.

Silvi                               - Una volta sei sceso in strada. Quando ci penso mi tremano ancora le gambe.

Diego                            - L'ho solo attraversata per andare dall'altra parte.    

Silvi                               - Avresti potuto finire sotto una macchina.

Diego                            - La strada era deserta.

Silvi                               - Una macchina fa presto ad arrivare.

Diego                            - 10     avevo guardato prima di attraversare.

Silvi                               - Non avevi che quattro anni.

Diego                            - Ero andato al bar di fronte perché avevo voglia di un gelato.

Silvi                               - Per l'angoscia avevo dovuto farmi fare un elettrocardiogramma. Un falso allarme perché ho sempre avuto un cuore perfetto.

Donna                           - Allora.

Silvi                               - 11      cardiologo dice che vorrebbe avere lui un cuore come il mio.

Donna                           - Ti sei fatta un esame recentemente?

Silvi                               - Un elettrocardiogramma no. Dai medici bisogna andare solo quando si sta male.

Donna                           - Hai ragione. Tanto, in un modo o nell'altro. quando arriva il tuo momento.

Silvi                               - Ma con Diego ero felice. Purtroppo non è che avessi tempo per me. L'ufficio mi caricava di lavoro. Già era molto se mi avevano concesso di lavorare a casa. anche se mi pagavano di meno. Le spese erano molte. il bambino. la casa. Inutile sperare che Lella mi desse una mano.

Donna                           - Avrebbe per lo meno potuto trovarsi un lavoro.

Silvi                               - I figli dei fiori non lavorano. Cantano, suonano e protestano. A volte cercavo di farle capire le difficoltà che avevo.

Lella                              - (compare) Mamma, non rompere. Se studiassi, mi manterresti, no? Ed allora?

Silvi                               - Ma tu non studi?

Lella                              - Mi faccio lo stesso un'esperienza di vita.

Silvi                               - Non è per me che te lo chiedo. Ma io guadagno meno di prima. non puoi immaginare quanto costa un bambino. Se potessi per lo meno perfezionarti in inglese, per esempio. Forse con qualche sacrificio posso mandarti all'estero. Hai             orecchio, sei intelligente. Al tuo ritorno, dandoci un po' da fare, un lavoro te lo troveremmo.

Lella                              - Ma il mio lavoro è qui,mamma. Mi faccio un culo così ad organizzare incontri e manifestazioni. Mi do da fare per cambiare il mondo e tutti possano avere quello che serve per vivere. Se i governi, invece di spendere miliardi in armamenti, li destinassero ad aiutare chi non ha mezzi, non pensi che sarebbe meglio? Invece, guerre e morti dappertutto. L'Asia, lo sai mamma, che in Asia succedono carneficine? Perché i bianchi si credono in diritto di andare a combattere in un paese che non è il loro? Io dimostro e mi do da fare perché quando sarà grande Diego possa vivere in un mondo diverso.

Silvi                               - Quando sarà grande, ma ora? Se non ci fossi io, morirebbe di fame.

Lella                              - Ma ci sei ed io mi fido. Tu non gli fai mancare nulla. E lui cresce sereno col tuo e col mio affetto.

Silvi                               - A volte mi viene il dubbio che tu nemmeno gli voglia bene.

Lella                              - Mamma, ma come fai a dire cazzate!?! Gli voglio bene io e gli vogliono bene tutti i miei amici: Diego è già dei nostri e quando sarà grande.

Silvi                               - Un giorno esasperata, mi ribellai ed alzai la voce, minacciai di buttarla fuori di casa, facendo esplodere tutta la rabbia che avevo in corpo. Diego spaventato piangeva, io urlavo.

Lella                              - Perché te la prendi con me? In fondo se non mi sono mai voluta confidare con te è stato per non farti soffrire di più.

Silvi                               - Non capii cosa volesse dire. Scappò nella sua stanza dove più tardi la trovai con gli occhi sbarrati, la bava alla bocca. un flaconcino vuoto, tante pastiglie sparse per terra. Il Pronto Soccorso arrivò appena in tempo. Rimase tra la vita e la morte tre giorni. La riportai a casa pallida. indebolita. Allungata sul letto mi ricordava la bambina che era stata.

Lella                              - Ti rendi conto di com'è fragile tua figlia?

Silvi                               - Perché lo hai fatto? Sei così infelice?

Lella                              - Vedi, mamma, ci si fa forza, si lotta con le unghie e coi denti, poi arriva un momento in cui basta una stronzata per farti cedere e non volere più andare avanti.

Silvi                               - Non capivo più niente di mia figlia. Possibile che lei così forte e sicura avesse voluto farla finita? Fu proprio quel giorno, seduta accanto al suo letto, che lo sguardo mi cadde su di una foto di Diego sul comodino. Rimasi interdetta perché all'improvviso ebbi la rivelazione. Capii a chi assomigliava. Fu come se una benda mi fosse scesa dagli occhi. Tutto mi divenne chiaro. Ora mi spiegavo tutto,            ogni cosa mi diventava chiara. il comportamento di Carlo. il suo disagio. il suo sarcasmo. il perché mi avesse detto di non indagare sul padre del bambino. il rifiuto di Lella d'incontrarlo. le sue visite sempre più rare. la sua scomparsa. Come avevo fatto a non capire. ad essere così stupida. Scoppiai in un lungo pianto mentre Lella mi guardava senza capire. È strano. Quella tremenda scossa che ho avuto che mi sconvolgeva la vita, ora, mi sembra così lontana.

Donna                           - Perché il tuo fagotto di problemi non serve più, e non devi portartelo con te.

Silvi                               - Ma se non conservo nemmeno ricordi, cosa mi resta?

Donna                           - Quando si spegne la luce, il buio dà riposo. Vedrai. Allora racconta. Cercasti la conferma di Lella?.

Silvi                               - Sì. (a Lella) Allora?

Lella                              - Allora. che cosa?

Silvi                               - ... ho scoperto a chi assomiglia Diego.

Lella                              - A suo padre, no?

Silvi                               - A Carlo.

Lella                              - A qualcuno deve pure assomigliare.

Silvi                               - Allora, il padre è Carlo? Non è possibile? Lella, come è successo. Sarebbe Carlo che.

Lella                              - . sì, è successo. Ma non ci penso più. Meglio lasciar perdere.

Silvi                               - No, Lella, voglio sapere.

Lella                              - Ok. È andata. Non avrei mai voluto parlartene. Purtroppo in questo cazzo di mondo tutto prima o poi viene a galla. Se Diego rassomigliasse a me e non a lui non lo avresti mai saputo. Pazienza. (ridendo nervosa) Proprio adesso ne dobbiamo parlare?

Silvi                               - E quando, allora?

Lella                              - Non è una bella storia, mamma. M'è stata sullo stomaco come un macigno. L'ho appena superata.

Silvi                               - Carlo. è stato Carlo?!?

Lella                              - Coi miei amici si giocava. si scherzava. un abbraccio. un bacio. nulla di più. Non ci crederai, ma eravamo così innocenti. Non avevo mai avuto rapporti con un uomo. Non avevo fatto caso a Carlo, quando me lo hai fatto conoscere. Era il tuo uomo. Ma lui ha cominciato a cercarmi. ad isolarsi con me. non faceva che toccarmi. mettermi le mani addosso. Il suo modo di fare mi spiaceva, ma mi eccitava. Una sera, mi portò in un locale. abbiamo ballato. bevuto. fumato erba. E poi c'è stata una notte di passione, che mi ha fatto innamorare di lui. Poche settimane dopo mi sono accorta di essere incinta. Voleva farmi abortire. Tutto qui. Io sono rimasta col dolore di avere tradito la tua fiducia ed il tuo affetto. (silenziosamente si mette a piangere)

Silvi                               - (alla Donna) Era stato Carlo. Non gli ero bastata io, ha voluto anche lei, che era una bambina.

Donna                           - Una brutta sorpresa.

Silvi                               - L'ho odiato. con tutta me stessa. Ed a volte, guardando il bambino, mi pareva di odiare anche lui che gli somigliava tanto. Gli occhi mi si riempivano di lacrime di rabbia, mentre lui restava stupito, non capendo quello che succedeva. Poi mi metteva le braccia attorno al collo e l'odio ridiventava subito amore. tutto l'amore del mondo per me era lui. Il figlio di un disgraziato che aveva rovinato la mia vita e quella di mia figlia era la creatura che amavo di più al mondo.

Donna                           - Sei stata forte anche quella volta.

Silvi                               - Avrei voluto vendicarmi del male che aveva fatto a Lella ed a me. Ma come?

Donna                           - È stata la tua seconda maternità. Il bambino aveva buon carattere?

Silvi                               - A casa era tranquillo, ma a scuola si scatenava. Aveva sempre brutte note per la sua cattiva condotta. Rispondeva male agli insegnanti. litigava coi compagni. li picchiava. Una volta nei gabinetti ha aggredito un'allieva.

Diego                            - Aveva detto che non ero un uomo. Volevo dimostrarle che lo ero.

Silvi                               - E proprio a scuola dovevi farlo.

Diego                            - Non eravamo a scuola, ma nei gabinetti. Forse fuori sarò anche violento, ma in casa con te sto bene, ascolto musica. ogni tanto gli amici della mamma vengono a fare casino. mi sfogo in palestra e tu, nonna, sei così sweet con me. Anche se non ci piacciono gli stessi films.

Silvi                               - (alla Donna) Quante discussioni prima di decidere il film. Alla fine arrivammo ad un accordo. Una volta andavamo a vedere il film che volevo io, l'altra quello che voleva lui. È finita che a me sono cominciati a piacere i films polizieschi e d'avventura che piacevano a lui ed a lui quelli sentimentali che piacevano a me. Ad ogni modo sono stati anni sereni, anche se Diego problemi me ne ha sempre       dati. Aveva sempre un compagno a cui aveva rotto qualcosa. Non capivo da dove venisse questa violenza.

Diego                            - Con qualcuno dovevo pure sfogarmi.

Silvi                               - Per quale motivo?

Diego                            - Per tutto quello che mi mancava. Di un padre che non c'era, di una madre che non vedevo mai. Se non ci fossi stata tu, nonna, cosa avrei avuto? Mamma è come non ci fosse. Come capitata per caso nella nostra famiglia. non ha alcun rapporto con noi. È come se non avesse le mie radici.

Silvi                               - Per fortuna in quel periodo riuscimmo a convincerla ad andare in Inghilterra a studiare la lingua.

Lella                              - Mamma, mi pare ridicolo. Alla mia età.

Diego                            - Perché? Hai appena il doppio degli anni che ho io.

Silvi                               - Una specializzazione in inglese ti può servire per mantenerti.

Diego                            - È la lingua del futuro, mamma. Con l'inglese non avrai problemi di lavoro.

Lella                              - Voi volete liberarvi di me.

Diego                            - Mamma, questione di qualche mese.

Silvi                               - Con la borsa di studio, il soggiorno non ci costerà nemmeno molto.

Diego                            - E, poi, puoi lavorare. La sorella di Amedeo ha guadagnato un sacco di soldi lavorando in un bar.

Lella                              - E voi vorreste mandarmi a Londra a far la serva?

Silvi                               - Sapessi che soddisfazione potersi mantenere ed essere indipendenti.

Diego                            - Tu, mamma, hai mai guadagnato qualcosa in vita tua? No? È un bel record il tuo. Come se invece di essere figlia dei fiori fossi figlia di un milionario.

Lella                              - Io ho votato la mia esistenza per cambiare il mondo, Diego.

Silvi                               - Per i giovani qualcosa sarà cambiato, ma per noi tutto è rimasto com'era.

Lella                              - Io ho lavorato per cambiare questa stronza società.

Silvi                               - Lavorato non è proprio la parola giusta. Avete cantato e dimostrato nelle piazze. Non vi siete certo rotti la schiena per la fatica.

Lella                              - Se avessi saputo suonare uno strumento a quest'ora sarei anch'io in un'orchestra come Matteo e Jacopo. Li ho visti l'altra sera. Stanno facendo un sacco di soldi. Mi hanno anche invitata a cena. Se tu, mamma, per lo meno non mi avessi fatta così stonata.

Silvi                               - Allora, accetti o no questa borsa di studi?

Lella                              - Ma io la cameriera non la voglio fare.

Diego                            - Come farai a stare lontana da noi? Qui non ci vedi mai, ma là ti mancheremo.

Lella                              - Telefonerò.

Silvi                               - Costa.

Lella                              - Le telefonate le farò pagare a voi Sentirete la mia mancanza. (Diego e Lella spariscono)

Donna                           - E così Lella partì.

Silvi                               - In un primo tempo si sentì spaesata, non conosceva nessuno, poi poco a poco riuscì ad inserirsi nella sua nuova vita. Dopo qualche mese pareva maturata. A scuola andava bene, s'era fatta delle amicizie. cominciando ad essere padrona dell'inglese tutto le era più facile. Diego ed io trovammo anche il modo di farle una visita. Fu il mio primo ed ultimo viaggio in aereo. Avevo una paura.

Diego                            - Ma di che cosa, nonna? Il volo è tranquillo. pare quasi che l'aereo non si muova.

Silvi                               - Si è bello, mi piace. Ma non vedo l'ora di essere a terra. Oh, Dio, questo cos'è?

Diego                            - Niente, nonna, un semplice vuoto d'aria. Guarda dal finestrino. Siamo sulla Manica. si vedono le bianche scogliere di Dover.

Silvi                               - Non farmi guardare fuori, Diego, mi vengono le vertigini. Sto meglio con gli occhi chiusi.

Diego                            - Ma cos'è che ti fa paura?

Silvi                               - Non avere la terra sotto i piedi. (alla Donna) Malgrado la paura, fu un viaggio bellissimo.

Diego                            - Quando tornammo non stavi più in te dalla gioia.

Silvi                               - Lella tornò tre mesi dopo. Ma quel suo periodo di lontananza fu per me un tempo felice, una parentesi serena nella mia vita. Lui entrava nell'adolescenza ed io nella vecchiaia e lo facevamo tenendoci per mano. La mia vita mi pareva ancora lunghissima. Col ritorno di Lella tutto riprese con un ritmo nuovo. Trovò un lavoro, lo lasciò, ne trovò un altro ed un altro ancora. Infine quello definitivo. E quasi all'improvviso mi accorsi che Diego era ormai un uomo e non avevo più diritto di controllarlo. Usciva ed entrava quando voleva, andava nelle discoteche.

Diego                            - Ora dice che non mi controllava, in verità cercava di vietarmi tutto, per tenermi accanto. Ma di che cosa hai paura? Che mi seducano? Che mi violentino?

Silvi                               - No, che ti facciano fumare.

Diego                            - Che cosa?

Silvi                               - Non so. erba.

Diego                            - Che male vuoi che mi faccia se fumo erba?

Silvi                               - L'erba è droga.

Diego                            - La droga è un'altra cosa. Ma uno spinello cosa vuoi che sia? Pensa a quanti se n'è fatti la mamma.

Silvi                               - Non dirmi che tu.

Diego                            - Non sempre. Ogni tanto. Dopo si sta meglio. A te basterebbe un paio di tirate per darti un po' d'allegria.

Silvi                               - Dio mio, Diego, vengo a scoprire che ti fai gli spinelli. Dove trovi i soldi per comprare la droga? Chi ti ha dato questo vizio? Dove vai a fumarla? E come la metti con la palestra?

Diego                            - Nonna, cosa vuoi che sia qualche boccata?

Silvi                               - Si comincia con una boccata, poi.

Diego                            - Dai, nonna, ti assicuro che non fa male. Per qualche minuto la vita ti sembra più gradevole, poi tutto torna come prima. (tira fuori dalla tasca una manciatina d'erba e qualche cartina) Ti faccio provare così ti rendi conto.

Silvi                               - Non sarai impazzito? Non farò mai una cosa del genere.

Diego                            - Tranquilla, nonna. (rulla l'erba) Se rifiuti di fare quest'esperienza con me è vigliaccheria.

Silvi                               - Per carità, Diego, non insistere, ti prego.

Diego                            - Devi provare, nonna. Hai idee moderne e rifiuti uno spinello? Mi stupisco di te.

Silvi                               - No, Diego, mi gira già la testa.

Diego                            - Prima ancora di provare? (le accende lo spinello) Ecco, nonna, prova.

Silvi                               - Cosa devo fare?

Diego                            - Tirare. Come fosse una sigaretta.

Silvi                               - (esegue) Non sento niente.

Diego                            - Con forza. aspira. fai entrare dentro il fumo. Brava, così.

Silvi                               - Non sento niente. Oh, sì.

Lella                              - (compare non vista e resta a guardare) Mamma, cosa stai facendo? Non mi dire che stai insegnando a Diego a fumare spinelli! O sei tu Diego che.

Silvi                               - No, Diego non c'entra.

Lella                              - Dove hai trovato l'erba?

Silvi                               - Me l'ha data il portiere dell'altro stabile. Mi ha vista depressa ed ha detto che con uno spinello mi sarei tirata su. La provi, mi ha detto, le farà bene.

Lella                              - Ti fai dare l'erba da un portiere tu che sei sempre stata contro il fumo?!?

Silvi                               - Nella vita bisogna provare. provare tutto. Ma ho la testa che mi gira.

Diego                            - Cosa vuoi, mamma? I tempi cambiano. Ora sono le nonne che si fanno gli spinelli. (ride con le lacrime agli occhi. Lella e Diego spariscono)

Silvi                               - Ora sai tutto della mia vita.

Donna                           - Ne sei sicura? Pensi proprio non ci sia altro?

Silvi                               - Sì, qualcosa c'è stato ma non per colpa mia.

Donna                           - Però senza di te sarebbe successo?

Silvi                               - Io non ho colpa.

Donna                           - Ne sei sicura?

Silvi                               - Non gli ho detto nulla. non gli ho rivolto la parola. Certo, se avessi potuto.

Donna                           - Cos'avresti fatto?

Silvi                               - Lo avrei anche potuto uccidere.

Donna                           - Allora. l'intenzione ce l'avevi?

Silvi                               - Sì, lo avrei fatto. È successo senza che me ne rendessi conto.

Donna                           - Raccontami com'è andata

Silvi                               - Lo avevo incontrato per strada. Casualmente. Malgrado fosse invecchiato, l'avevo riconosciuto subito: era Carlo. Ed anche lui mi aveva riconosciuta, ma aveva girato lo sguardo facendo finta di niente. Senza una parola, cominciai a seguirlo. Lui se ne accorse ed affrettò il passo. Affrettai il passo anch'io. Lui non nascondeva il fastidio sentendo che gli andavo dietro. La mia presenza lo aveva sconvolto. Forse pensava volessi affrontarlo per gridargli in faccia il mio disprezzo. la mia rabbia. Accelerò ancora il passo ed io con fatica continuai a pedinarlo. Ad un tratto si voltò e vedendomi a pochi passi da lui mi diede uno sguardo atterrito. Pensò di liberarsi di me e per sfuggirmi attraversò la strada proprio mentre il semaforo diventava rosso. Sentii un urlo, il traffico si bloccò. Il suo corpo insanguinato era disteso nel sangue sull'asfalto. Restai a guardare fino a quando lo portarono via. Dissero che era morto. Qualcuno mi domandò se lo conoscevo. Dissi di no. Non sono stata io a farlo morire.

Donna                           - Ora tutto è chiaro, la tua storia è conclusa.

Silvi                               - È bastata la mia volontà ad ucciderlo?

Donna                           - E non ne hai parlato con tua figlia? Né con Diego?

Silvi                               - Volevi gli dicessi che ero io che avevo fatto morire suo padre?

Donna                           - Così non saprà mai chi è stato suo padre.

Silvi                               - Meglio.

Donna                           - Adesso anche per te è finita.            

Silvi                               - La vita è passata così in fretta. Troppo in fretta.

Donna                           - Mi domando perché ve ne rendiate conto solo quando è finita. Cos'avresti ancora voluto vedere, ormai?

Silvi                               - Vedere nascere il bambino di Diego.

Donna                           - E, poi vederlo crescere.

Silvi                               - Forse perché c'è nel mio inconscio un rifiuto ad andarmene. Eppure dovrei essere contenta di finire così.

Donna                           - Tu, come tutti. (suona il carillon) Io cerco di tenervi allegri, ma voi vi lasciate prendere dalla malinconia.

Silvi                               - (ha come un gesto di rifiuto)

Donna                           - Anche tu, come gli altri. Mi piacerebbe trovare per lo meno una persona che quando vengo a prenderla mi facesse un sorriso. Eppure vedendomi non ti eri spaventata.

Silvi                               - Ero sola. mi sentivo abbandonata e mi ha fatto piacere che qualcuno per lo meno si fosse ricordato di me. Dimmi solo se soffrirò

Donna                           - No.

Silvi                               - Non per insistere, ma non mi sono mai sentita così bene. nemmeno un piccolo disturbo.

Donna                           - Il cuore.

Silvi                               - Secondo il cardiologo è perfetto.

Donna                           - È un organo così delicato che basta una sciocchezza perché succeda l'irreparabile.

Silvi                               - E succederà?.

Donna                           - Non ne sei ancora convinta?

Silvi                               - Pensavo che conoscendomi e chiacchierando con me.

Donna                           - Mi sarei convinta ad andarmene via sola? Non è meglio andarsene in pace in un tranquillo giorno di compleanno?

Silvi                               - E di là cosa troverò?

Donna                           - Non sono autorizzata a dirtelo.

Silvi                               - Qualcosa di meglio di quello che ho trovato qui.

Donna                           - Cosa vorresti? Fiori e farfalle?.

Silvi                               - Qui cosa succederà senza di me?

Donna                           - Cerca di essere serena. Non si può fare di più di quello che hai fatto. Loro non ti dimenticheranno.

Silvi                               - Non per insistere, ma il mio cuore va benissimo. lo sento battere regolarmente.

Donna                           - . batte, ma ad un certo momento non batterà più. si arresta. Non te ne accorgerai nemmeno.

Silvi                               - Come succederà? Un grido e cadrò a terra?

Donna                           -          Non è necessario, se preferisci potrai restartene in poltrona. Quel bell'abito azzurro ti dona. lo hai scelto bene.

Silvi                               - Vorrei non accorgermene.

Donna                           - Pensa ad altro. a qualcosa che ti piace.

Silvi                               - ... magari un buon sorbetto. un sorbetto di limone.

Donna                           - Perfetto, un sorbetto di limone.

Silvi                               - Ed i miei? Cosa diranno di me?

Lella                              - (appare in un raggio di luce) Al mattino, alzandomi, mi pare ancora di vedermela davanti, sempre in ordine, com'era lei. sento quel suo profumo particolare. un misto di violetta e di agrumi. rivedo quel sorriso un po' rassegnato delle donne che non hanno mai conosciuto bene l'amore. e sento che mi manca. cazzo come mi manca. Non glielo ho mai dimostrato, ma non ho mai voluto bene a nessuno come a lei.

Diego                            - (appare in un altro cono di luce) Ricordo che dopo una malattia infantile mi portò in un prato a far volare un aquilone. E lei guardava incantata quella grande figura colorata che si muoveva leggiera nel cielo. diceva che le sembrava una farfalla. una grande farfalla nell'azzurro del cielo. Io non so dire quanto l'abbia amata. Ma so che nessuno mi amerà mai come mi ha amato lei. (Lella e Diego scompaiono)

Donna                           - Su, ora dobbiamo andare.

Silvi                               - Dove? A prendere altri vecchi come me?

Donna                           - Non tocca a me decidere chi devo portar via. a me non dicono l'anno di nascita.

Silvi                               - Porti via anche dei bambini?

Donna                           - Anche se non vorrei.

Silvi                               - Che strano!

Donna                           - Che cosa?

Donna                           - Mi sento così serena. così tranquilla. nulla ha più importanza. Ricordare il passato non mi dà più emozione. la vita che ho vissuto mi è estranea ed è la mia vita. come all'improvviso fosse un'altra e non mi appartenessi più. Mi sento allontanare da tutto. È questo morire? Come faccio ad andarmene senza nemmeno un ricordo?

Donna                           - Quale vorresti?

Silvi                               - Non so. il terrazzo con i fiori e le farfalle. il pianto di Lella quando è nata. il primo sorriso di Diego. ma è ormai come se la nebbia si portasse tutto via.

Donna                           - Ma sopra la nebbia vedrai quanto azzurro. (e sparisce)

Silvi                               - Sì. (un lamento leggero come un sospiro e si accascia sulla poltrona. Si fa buio attorno e rimane illuminata soltanto lei sulla sua poltrona)

FINE