Grosso pasticcio giallo che fa ridere a crepapelle

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Giallissimo supercomico in 3 atti

di FRANCO ROBERTO

Personaggi

LAURA DE ANGELIS

FABRIZIO CONTI

MICHELE DE ANGELIS

NERONE PASQUARELLI

SILVANA ROMANI

MASSIMO DORSINI

LIDIA MOLFESE

GUIDO BORSARI

PIERA GIANNUZZI

Oggi, in una villa alla periferia d'una città.

La scena

Una sala di soggiorno. Al fondo una porta-finestra, oltre la quale si vedono gli alberi d'un giardino; una. porta a destra ed una a sinistra. Al centro un tavolo, su cui c'e un apparecchio telefonico, con il filo appoggiato ad un'immaginaria presa sul pavimento. Un interruttore vicino alla porta di destra. Sedie, ed eventualmente divano, poltrone, libreria.

LA SCENA E’ FISSA PER TUTTI GLI ATTI

I diritti di questa commedia sono tutelati dalla S.I.A.E. (convenz. SIAE-ACI e SIAE-ENAL.)


ATTO PRIMO

E' la mezzanotte d'una sera di fine primavera. In scena, all'aprirsi del sipario, le luci sono tutte spente. C'e soltanto un tenue chiarore, come se provenisse dal giardino. Appena il velario  si schiude, un orologio a pendolo, dall'esterno, batte 12 colpi (che possono essere registrati su magnetofono).

MASSIMO  (Appare al fondo. E' un giovane elegante, con cappello scuro. Ha il viso coper­to da una calza femminile di nailon. Cammina in punta di piedi, tenendo nella mano destra una pistola ed un pezzo di carta, e nella mano sinistra una lampada tascabile accesa. eviden­temente è un ladro. Si ferma sulla soglia della porta, proietta il cono di luce qua e là per la camera, infine sul pezzo di carta che tiene in mano, quindi s'avvia deciso a sinistra. Così facendo urta una sedia che cade per terra. Borbotta un'imprecazione, spegne la lampada e rimane immobile. Pausa. Riaccende la lam­pada e fa l'atto d'avviarsi a sinistra, ma è fermato dalla voce di)

FABRIZIO  (che dall'esterno, al fondo, canta con il tono in falsetto di chi ha bevuto un bicchiere di più.)

«Evviva Noè, che fu nostro padre. E noi che figli siamo beviamo, bevia­mo». (Quindi si sente la sua risata e quelle di Laura e Silvana, seguite dal suono di trombette da carnevale e da un'altra risata a tre.)

Brave! Fate squillare le vostre trombe! Io vado ad accendere le luci!

(Altri squilli di trombetta e risate delle due donne all'esterno, mentre Fabrizio entra dal fondo, riprenden­do il canto di prima, e barcollando legger-mente va a fare scattare l'interruttore vicino alla porta di destra. Luce piena. Fabrizio è un tipo simpatico sui 25-30 anni, ha in testa un buffo cappello di carta, dei balli cotillons.)

MASSIMO     (che si era prontamente piazzato alle sue spalle, con il calcio della, rivoltella gli vibra un colpo sulla nuca. Fabrizio strabuz-za gli occhi:  con  un  lamento  ed  un  sorriso ebete crolla per terra. Massimo si toglie in fretta la calza di nailon dal viso, la intasca col pezzo di carta; poi, con la pistola, in pugno, s'avvia verso il fondo, urlando.)

Al ladro! Al  ladro! (e si scontra sulla, porta con)

SILVANA e

LAURA       (che entrano ridendo. Sono due belle ragazze sui 25 anni, simpatiche, eleganti. Indossano un abito da sera o mezza sera. Hanno entrambe i capelli cosparsi di coriandoli, stelle filanti sulle spalle e una trombetta in mano. Laura, molto importante, tene infilata nel braccio una modesta bor-setta, evidentemente in contrasto col suo abbi- gliamento. Sono tutt'e due sotto l'effetto eu-forico di alcune coppe di spumante.)             

LAURA        (A Massimo) Salve! (Gli suona la trombetta, in faccia.) Siamo stati alla cena annuale del Circolo degli Artisti, e...             

SILVANA  ...e abbiamo bevuto due coppe di: spumante... in più. (Ride con Laura.)

LAURA       Due coppe in più... al quadrato! (Sor-presa, come se lo vedesse ora.) Ma lei chi è?

MASSIMO     (Indica la rivoltella.) Polizia.          

LAURA e

SILVANA  (Sussultano.) Polizia?!? (E da questo momento torneranno gradata-mente in sé.)

MASSIMO  C'era un ladro, qui, un minuto fa. (Indica e solleva, la sedia.) E' fuggito da questa porta (Indica il fondo.) proprio un istante prima che  entrassero   loro.  Devo  inseguirlo!

LAURA       (Lo trattiene per un braccio.) Cos'ha rubato?

MASSIMO     Non lo so. Però ha ferito quel­l'uomo. (Indica Fabrizio.)

LAURA       (Guarda, si passa una mano sugli occhi, sulla fronte, scrolla il capo, come per scacciare l'ebbrezza; poi, con Silvana, si precipita accanto a Fabrizio.) Fabrizio! Il mio fidanzato! (a Massimo.) Ci aiuti a tirar­lo su.

MASSIMO     Io, veramente, dovrei inseguire il ladro.

SILVANA  Ormai, chissà dove sarà. Ci aiuti, la prego. (Tutt'e tre sollevano Fabrizio sve­nuto, e lo adagiano seduto sopra una sedia.)

LAURA       (Schiaffeggia Fabrizio.) Suvvia, caro. Svegliati. Sono io: Laura.

FABRIZIO    (Apre lentamente gli occhi, li fa roteare, ebete.) Stelle... Quante stelle...

MASSIMO     (Sulle spine.) Be', io vado a redi­gere il rapporto. Se noteranno che manca qualcosa, vengano ad informarmi in commis­sariato.

SILVANA  Ma scusi, lei come ha fatto a sape­re che qui c'era un ladro?

MASSIMO     Molto semplice, signorina. ero di servizio nel quartiere, ho visto il ladro, cioè un pregiudicato vecchia conoscenza, e l'ho pedinato.

SILVANA  (Gli stringe la mano.) Congratula­zioni. A lei ed a tutta la polizia.

MASSIMO  Grazie, nostro dovere. E soprat­tutto in questa zona di ville alla periferia della città, vigiliamo! Vigiliamo sempre. (Fa una specie dì saluto militare.) Al servizio dei citta­dini. Buona notte! (Ed esce al fondo con passo quasi marziale, impettito.)

LAURA       (scuote Fabrizio.) Caro, torna in te.

FABRIZIO    (si massaggia la nuca.) Ahi! M'ò caduta la casa in testa?

LAURA       Sei stato colpito da un ladro.

FABRIZIO    (balza in piedi.) Un ladro?!?... e cos'ha rubato?

LAURA       Non lo so. Comunque, quanto pos­seggo in contanti e gioielli e nel secondo cas­setto del comò, di qua. (esce a sinistra.)

FABRIZIO    (Fa qualche passo barcollante, toc­candosi la nuca.) Accidenti, che botta! Mi sembra di avere una noce sotto i capelli.

SILVANA  Tu, quando sei entrato, non hai visto nessuno?

FABRIZIO    Come potevo? era buio pesto. e poi... Patatrac! Ho visto il firmamento in cinemascope a colori.

LAURA       (Rientra.) Niente. Non e stato rubato niente. Devo proprio ringraziare il poliziotto.

FABRIZIO    Quale poliziotto?

SILVANA  Quello che stava qui. E'lui che ha impedito al ladro di rubare. Ed il suo inter­vento ti ha salvato. Se no il ladro ti avrebbe magari strangolato, pugnalato, sparato.

FABRIZIO  (Impressionato.) Po-povero me! Sa-sarei lì, ca-cadavere morto.                        

SILVANA  (Urla, indicando Laura.)

LAURA       (Spaventata, guarda di scatto dietro di sé.) Che c'è?

SILVANA  (Indica la borsetta di Laura.) Quella borsetta non è tua.                               

LAURA       (La rigira fra le mani, sconcertata.) Eh già, non è mia. Allora di chi è? (La apre e fa l'atto di frugare nell'interno, poi si trattiene.) Però, se non è mia, non è corretto guardare cosa contiene.

FABRIZIO    Ma considerato che adesso hai quella, e non la tua... (Glie la prende.) Lascia fare a me! (Fruga nell'interno della borsetta, e  la rivolta.) Nulla. Neppure un  fazzoletto.

SILVANA  Posiamo le trombette e ragioniamo. Siamo andati tutte tre alla cena del Cir­colo degli Artisti.

FABRIZIO    Abituati 364 giorni all'anno a brin­dare con... l'acqua minerale, alla quarta coppa di spumante siamo, come si dice, «partiti».

LAURA       Poi... (Disorientata.) Non ricordo più niente, sino a quando ho visto Fabrizio là per terra. E voi, cosa ricordate?

SILVANA e

FABRIZIO    (Si stringono nelle spalle.) Mah!

FABRIZIO  Suvvia, non facciamo di una stu­pidaggine una specie di dramma giallo, che potrebbe essere intitolato, secondo certa moda corrente, «Tre asini di velluto spaventato». (posa la borsetta sul tavolo.) Domani qualcuno verrà a prendere questa, e restituirà la tua. '

LAURA       Certo che... prima il ladro e il poli­ziotto, dopo il mistero della borsetta... l'atmo-sfera gialla c'è.

SILVANA  (Impressionata.) C'è, c'è. (Una pau­sa. Ciascuno, seduto, segue i suoi pensieri, con lo sguardo nel vuoto.) ... e dopo questo silenzio, intorno alla mezzanotte, manca solo uno squil­lo del telefono.

(Il telefono squilla. Tutti sus­sultano e scattano in piedi, fissando l'appa­recchio, che continua a squillare.)

LAURA       (A Fabrizio.) Ri-ri... Ri-rispondi tu.

FABRIZIO    Eh no! Che figura faresti se a quest'ora, in casa tua, rispondesse il tuo (In­dica se stesso.) fidanzato? (Guardano tutt'e due Silvana.)

SILVANA  (Rassegnata.) Ho capito. (Si avvicina con cautela al telefono, poi risponde.) Pron­to!... Come?... Sì, casa della signorina Laura De Angelis... No, ma... Attenda, per favore. (Copre il microfono con la mano. A Laura.) Un uomo chiede di te.

FABRIZIO    Chi e?

SILVANA  (Ironica.) Non sembra la voce di un giovane. (Sorride.) Mi ha chiesto se ero la tua governante. (Porge il microfono a Laura.)

LAURA       (Al telefono.)  Pronto... Sì,  sono io... Chi parla?...  Telefoni  dal  Texas?..!  Cosa?!?... (Cade a sedere, spaventata.)  Co-co...  Co-come no?...  Felicissima, zio.  Fra  dieci  minuti,  sì... A presto, zio. (Rimane ebete, col microfono in mano a mezz'aria.)                                           

FABRIZIO    (Le prende il microfono e lo posa sull'apparecchio.) Laura!  Ti senti male?        

LAURA       (Si scuote e balza in piedi, disperata.) Arriva zio Michele, capite?

SILVANA  Dovresti essere contenta, diamine! Quanto tempo e che non vedi il famoso zio Michele, ricco cotoniere italo-americano di Dallas?

LAURA       Dalla maturità classica, quando sono uscita dal collegio.

FABRIZIO    Zio Michele, se non sbaglio, fu tuo tutore?

LAURA       (Accenna di sì col capo.) e il guaio e che, anche se sono maggiorenne da un pezzo, zio Michele continua a passarmi un assegno mensile di tanti dollari, quanti mi consentono di vivere con tranquillità, magari senza ven­dere nemmeno un mio quadro.

SILVANA  E ti lamenti?

LAURA       No, se zio Michele non avesse una fissazione, addirittura una mania: quella di volermi avvocatessa.

FABRIZIO    La laurea in legge ce l'hai.

LAURA       Sì, ma zio Michele crede che io sia diventata un'avvocatessa celebre, come tante donne americane; un'avvocatessa da grandi processi penali, una «Principessa del Foro», una «Regina della Corte d'Assise». Così mi chiama nelle sue lettere.

SILVANA  Tu, al contrario, non hai mai dife­so neppure un ladro di galline. Come te, (Indi­ca Fabrizio.) eterno studente d'architettura, non hai mai realizzato neppure un pollaio.

FABRIZIO  Spiritosa! Comunque io scrivo romanzi gialli, e v'assicuro che per incatenare i lettori dal primo all'ultimo capitolo, la tra­ma bisogna sapere «architettarla» bene. (A Laura.) Tu, piuttosto. Zio Michele non ha il minimo sospetto che ti dedichi alla pittura, anziché al codice penale?

LAURA       No di certo. Ma che volete? Sono stata presa nell'ingranaggio delle menzogne. emigrato giovanissimo negli Stati Uniti, zio Michele cominciò a farmi da tutore quando morirono i miei genitori. Mio padre era suo fratello. Lui e ricchissimo e scapolo. Perciò sono la sua unica parente e la probabile erede. Del resto, (Si stringe a Fabrizio.) i suoi dol­lari li ho investiti in questa villa, che sarà il nostro prossimo «nido». Sinceramente non mi sento tanto colpevole.

SILVANA  D'accordo. Ma cosa s'immaginerà di vedere zio Michele?

LAURA       Il mio studio legale, immagino.

FABRIZIO    E dove sta il tuo studio legale?

LAURA       Oh, bella!... Qui.

FABRIZIO    (Ironico.) Come si capisce al volo che non scrivi romanzi gialli!.. Dov'è, per esempio, la scrivania ingombra di carte e libroni? Almeno quella, dov'è.

SILVANA  (Indica il tavolo.) Questo potrebbe servire. Basta metterci sopra carte e libri.

FABRIZIO  Forse. Ma non sta bene in mezzo alla stanza. Mettiamolo in un angolo. (Si guarda intorno, poi indica l'angolo destro.) Là.

LAURA       E il telefono? Da quella parte non ci sono prese per collegarlo.

FABRIZIO    Che importa? Tanto non hai mica clienti a cui telefonare.

SILVANA  Giusto. E gli amici del Circolo degli Artisti sarà bene che non ti trovino nep­pure per telefono, sino a quando ci sarà zio Michele.

FABRIZIO  Però... e qui salta fuori il grande giallista, che sono io! Però un'atmosfera di successo deve esserci in questa stanza, e siccome tu sarai una grande avvocatessa, tele­fonerai diverse volte in presenza dello zio.

LAURA       Già... Con l'apparecchio staccato.

FABRIZIO    Questa è la mia trovata! Potrai liberamente «fingere» di telefonare ad un sacco di gente: colleghi avvocati, magistrati, commissari di polizia, ladri, rapinatori e as- sassini.                                                            

LAURA       (Scettica e ironica.) Bello! Ma, guarda un po', nessuno telefonerà mai a me, mal­grado io sia la «Principessa del Foro», la «Regina della Corte d'Assise». (Si dà una manata sulla fronte.) Stupida!

SILVANA  (Ironica.) Finalmente, tra tante men-zogne, hai detto una verità.

LAURA       (Disperata.) Zio Michele è convinto che io viva qui con una governante di mezza età. L'ha sempre creduto, da quando sono uscita dal collegio. Se no mi avrebbe proibito di vivere sola e indipendente. Ora vorrà ve­derla.

SILVANA  Presentagli la donna a mezzo ser­vizio che ti fa le pulizie, e racconta altre frot-tole per giustificare che, solo temporaneamen­te, non vive qui con te. Si chiama Dorotea, vero?

LAURA       Sì, ma è fuori città per un mese, da una sorella ammalata. (Implora.) Ti prego, Sil­vana:  fingi tu di essere Dorotea.

SILVANA  Neanche per sogno! Per giunta non sono di mezza età, ed avrei dovuto cominciare a fare la tua governante a diciotto anni. No no. Devi cercarti un'altra.

LAURA       In pochi minuti? E' impossibile. (Fabrizio  sta accendendo una, sigaretta.) Però... (Guarda Fabrizio, subito imitata da Silvana, con la quale scambia cenni d'intesa.)

FABRIZIO    (Solleva il capo aspirando la pri­ma boccata, nota che te due ragazze lo fis­sano. Allarmato.) No, eh!... Io, la governante, non la faccio!

LAURA       (Affettuosa, accarezzandogli il mento.) Fabrizio... Fabrizietto, Fabriziuccio mio... Solo per qualche ora.

SILVANA   (Falsa, implora, accarezzandogli la nuca.) Aiutala, Fabrizio. Il tempo strettamente indispensabile per presentarti  a  zio Michele.

LAURA       (c.s.) Poi lascerai cadere per terra un vassoio pieno di bicchieri, ed io li licenzierò.

SILVANA   (c.s.) Così sparirai come «gover­nante Dorotea» e tornerai come «fidanzato Fabrizio».

FABRIZIO  Mi fate il solletico! (Si allontana.)

LAURA e

SILVANA  (Implorano.) Fabrizio...

FABRIZIO    (Dopo evidente imbarazzo ed esi­tazione, rassegnato.) ...e sta bene!

SILVANA e

LAURA       Bravo!  Grazie!

LAURA       (Indica a sinistra.) Corri di là! Nel baule troverai diverse gonne, camicette e altri vestiti di Dorotea. Le lascio usare la lavatrice automatica e la stiratrice elettrica. Sbrigati! (Fabrizio, agitato, si avvia a sinistra.) Ah! Sul secondo piano dall'armadio ci sono alcune mie parrucche. Scegli quella che li pare. Vai! (Fabrizio idem c.s.) Ah! Invecchiati un po' con le matite da trucco che troverai nell'ar-madietto del bagno. Fila! (Fabrizio idem c.s.) Ah! Scarpe ne vedrai molte nello sgabuzzino. Pedala! (Fabrizio fa l'atto di scat­tare, poi si ferma.) Cosa aspetti?

FABRIZIO    Che tu faccia un altro «Ah!».

SILVANA  (Spingendo Fabrizio fuori a sini­stra.) Non c'e tempo da perdere! Ti aiuto a creare lo studio dell'avvocatessa. (Finge di stac­care il filo del telefono da una presa a terra, e lo appoggia sul tavolo che, aiutata da Laura, sposta nell'angolo destro, vicino alla por­ta.) Svelta a prendere libri e scartafacci! (Laura esce a destra. Silvana urla verso l'esterno.) E fai sparire pennelli, cavalletto e tele! (Laura urla «Sì» dell'esterno. Sil­vana prende una sedia e la pone dietro il tavolo.) Ecco il trono della «Principessa» e della «Regina». (Nota la borsetta sul tavolo. La prende in mano e la osserva.) Mi pare... eh sì, adesso che la guardo bene la riconosco.

LAURA       (Rientra da destra, portando alcuni libri e scartafacci che posa sul tavolo.)

SILVANA  Questa e la borsetta di Milena Fabbri.

LAURA       Sei sicura?

SILVANA  Sicurissima. Ne possiede una sola, quella «poetessa». C'era pure lei, stasera, al Circolo degli Artisti. Anzi, ora che sono sva­niti i fumi dello spumante, ricordo che tu e Milena, mentre un'ora fa attraversavamo il ponte Vittoria, litigavate proprio per una bor­setta. Io e Fabrizio camminavamo mezza doz­zina di passi dinanzi a voi due, ma vi ho sentite chiaramente.

LAURA       Allora Milena avrà la mia? (Sospira.) Mah! Dentro c'erano i documenti, un po' di denaro e la penna d'oro di mio padre. E' il suo unico e caro ricordo. Sul cappuccio porta incise le iniziali «O.D.A.», «Oreste De Angelis».

SILVANA  Non preoccuparti. La «poetessa» Milena è a terra... La sua cena al Circolo glie l'ho pagata io... Ma non andrà certamente a impegnare la penna d'oro. Per giunta, domat­tina... anzi: «stamane» alle dieci la rivedrò alla Stazione Centrale. L'accompagnerò da un editore che mi ha promesso di darle lavoro. Scommetto che mi verrà incontro con la tua borsetta in mano.

LAURA       E tu le restituirai la sua.

SILVANA  Bene. Per non dimenticarla, non la mollo più. (Se la mette sottobraccio.) Il telefono lo mettiamo qui (Lo posa in un angolo del tavolo.) e la presa la poso qui per terra, dietro la gamba (esegue.). Idea! Da dietro la porta (Indica quella di destra.) con quel cam­panello a molla che avevamo usato in una recita al Circolo, il finto squillo delle telefo­nate in arrivo lo farà Fabrizio, cioè Dorotea. Basterà accordarci sul segnale che farai tu, quando vorrai che l'apparecchio squilli. Tro­vato!  Tossisci e il telefono squillerà.

LAURA       Ho capito. L'essenziale è che zio Michele si convinca che merito il suo affetto, ed i suoi dollari. (Squillo di un campanello esterno. Agitata, stacca il microfono del tele­fono.) Pronto!

SILVANA  (Ironica, indicando il fondo.) E' lo zio.

LAURA       (Si agita.) Lo zio! Chi va ad aprirgli il cancello?

SILVANA  Dorotea. (Chiama verso sinistra.) Dorotea!

FABRIZTO (Dall'esterno, con comica voce femminile.) Non  sono ancora pronta.

LAURA         E tu? Che fai, qui? Come ti presento allo zio?

SILVANA  (Si spettina.) Sono una tua cliente. (Pone una sedia dinanzi al tavolo e si siede.) Una rapinatrice. (Assume un'espressione torva.)

LAURA       Che pasticcio! (Si avvia verso il fon­do, dove, appare.)

MICHELE  (Sorridente. E' un rumoroso sim­paticone di 50-60 anni, in abiti vistosi, con cap­pello da cow-boy che non si toglierà mai. Allarga la braccia.) Laura! Laurona, Lauricella mia!

LAURA       (Emozionata, balbetta.) Zi-zi... Zi-zio Michele!   (Lo  abbraccia.)

MICHELE  Fatti vedere. (La allontana.) Okey! Sei come ti sognavo. Bella, forte, decisa, «Principessa del Foro», «Regina della Corte d'Assise». E sei tanto coraggiosa da lasciare il cancello aperto in piena notte. Sì, perché se entrasse un delinquente... (Fa l'atto di dare un pugno.) ...lo metteresti «cappa-o». A pro­posito: non ho visto alcuna targa sul cancello.

LAURA       Sai, zio... Sono così conosciuta.

MICHELE  Lo credo! Tuttavia ti ho portato una magnifica targa d'oro. Tutti penseranno che sia d'ottone. Invece, d'oro zecchino è! E sopra c'e scritto: «Studio legale avvocates­sa Laura De Angelis». Domattina la sistemo io stesso sul cancello. (Indica Silvana.) Quel­la è la tua governante Dorotea?

LAURA       No, zio. è... è una cliente.

MICHELE  (Stupito, va ad osservare Silva­na.) Assassina?

SILVANA  Dopo.  Per adesso rapinatrice.

MICHELE  (Entusiasta, tende la mano.) Pia­cere! (Silvana glie la stringe.) Non avevo mai visto una rapinatrice da vicino. Come va? Come va?

SILVANA  (Melodrammatica.) L'avvocatessa mi deve salvare!

MICHELE  Okey! Mia nipote la farà assol­vere. Rubi pure, lei; senza paura! (ride, poi diventa serio, emozionalo.) E Dorotea? Dov'è, Dorotea?

LAURA       Te la presenterò domani.

MICHELE  Subito! Sono impaziente di cono­scere la donna che per allevare e servire te ha sacrificato la sua giovinezza. Mi hai sem­pre scritto che la consideravi una seconda mamma. ebbene, non lo nascondo: se Dorotea è come l'ho immaginata io in questi ultimi anni...Okey! Da tua «seconda mamma» di­venterà tua «prima e unica zia». (Laura sta per obiettare.) No! Non accetto obiezioni. Le donne americane adatte alla mia età o sono racchie da morire, oppure sono delle restaurate piene di capricci.

SILVANA  Veramente, anche Dorotea...

MICHELE  (Interrompe.) Zitta! Lei pensi solo a rapinare. (A Laura.) Ti prego, chiama Do­rotea. Chiama quella che potrà diventare la «regina del cotone» del Texas.

LAURA       Va be'... (A sinistra.) Dorotea!... Vieni, Dorotea. Zio Michele vuole conoscerti.

FABRIZIO    (Dall'esterno, come prima.) Vengo, corro, volo.

MICHELE  (Col viso rivolto a sinistra, chiude gli occhi.) Dimmi quando è dinanzi a me.

FABRIZIO  (Entra da sinistra, in comico abbi­gliamento femminile, con la parrucca di tra­verso, che Laura si precipita a sistemargli. Fabrizio, che avrà in presenza di estranei atteggiamenti  femminili  paradossali,   indica Michele.) Gioca a mosca cieca?

LAURA       Ssst!... Zio, Dorotea è qui.

MICHELE  (Apre lentamente gli occhi, ed emozionato   balbetta.)  Co-co...  Co-co...  Co-co...

FABRIZIO    Fa l'uovo?

MICHELE  Anche spiritosa! Co-come l'avevo immaginata io. (Gli afferra una mano e la bacia con passione.)

FABRIZIO    (Ritrae la mano e ne strofina il dorso sui  fianco, preoccupato.)  Ehilà!

MICHELE  Perdoni, signorina Dorotea... «Si-gnorina», vero?

FABRIZIO    Dalla nascita.

MICHELE  Perdoni, dicevo, i miei modi da cow-boy civilizzato. Ma io sono...

FABRIZIO    Ringo!

MICHELE  No.

FABRIZIO    Diango!

MICHELE  No.

FABRIZIQ    Ho capito; continuano a chiamar­lo Trinità,

MICHELE  No. Io sono solo Michele. Provi, la prego, a chiamarmi per nome. Mi chiami Mike.

FABRIZIO    Preferisco Michele.

MICHELE  Perché?

FABRIZIO    Perché di Mike, in Italia, ne ab­biamo già uno di troppo. In televisione.

MICHELE  Mi chiami Michele.

FABRIZIO    Se proprio vuole...

MICHELE  Se lo vuole pure lei, naturalmen­te... sì, lo voglio.

FABRIZIO    Mi... Mi-Michele.

MICHELE  (Appassionato.) Dorotea. (Fa l'atto di abbracciarlo.)

FABRIZIO    Giù le mani, se no chiamo lo sce­riffo,

SILVANA  (Si alza.) Ma io, qui, che ci sto a fare?

MICHELE   Rapini!... Cioè! Ha ragione. Ades­so io e la signorina Dorotea andremo a fare due passi in giardino, e... Urca boia! (a Fabrizio.) Scusi. (A Laura.) Ho dimenticato fuori (Indica il fondo.) Nerone.

LAURA       Il tuo cane?

MICHELE  Macché cane. Nerone Pasquarelli, il giovane figlio di un mio caro e ricchissimo amico texano, emigrato pure lui, e proprie­tario d'un oceano di petrolio. Ho portato Nerone con me, per... (Sospira.) Okey! Sono abituato a parlare chiaro. Nerone Pasquarelli sarebbe il marito adatto per te.

FABRIZIO    Nossignore!

MICHELE  Ammirabile, signorina Dorotea, questa sua affettuosa preoccupazione per l'av­venire di Laura. Però le assicuro che lei... lei non rimarrà sola, e che Nerone Pasquarelli, oltre che erede di almeno un milione di dol­lari, è un bel giovanotto aitante, sportivo, elegante, moderno. Ora ve lo presento. (Va al fondo.) Vieni avanti...

FABRIZIO    (Sottovoce.) ...cretino!

MICHELE  ... Nerone,   vieni.   (Si   sposta   per lasciare apparire alla porta di fondo.)

NERONE    (giovanotto   sui   20-25   anni,   dall'aspetto  e  comportamento  infantile, sottolineato dall'abbigliamento che potrebbe essere costituito da: calzoni corti al ginocchio o alla zuava, con calzettoni adeguati; giacchetta a quadretti ; maglietta vivace; scarpe di gom­ma; cappello da marinaretto e occhiali. Un tipo comicissimo, insomma, che tiene in mano una caramella «lecca-lecca»,  e si guarda intorno con aria impaurita.)

FABRIZIO    (Ironico.) Mangia da solo?

MICHELE  (Prende per mano Nerone e lo trascina dinanzi a chi gli presenta.) Ecco Laura, la mia nipote della quale ti ho tanto parlato,

LAURA       (Tende la mano.) Piacere di conoscerla, signor Nerone.

NERONE    (Guarda la mano di Laura, allun­ga la propria, poi la ritrae.)

MICHELE  E' un po' timido. (Prende le mani dei due e le unisce.) Questa è la signorina Dorotea, della quale ti ho pure tanto parlato.

FABRIZIO  (Strappa la mano di Nerone da quella di Laura e glie la stringe fortissimo. Nerone fa una smorfia di dolore, e quando ritrae la mano se la massaggia.)

MICHELE  Cosa si dice alla signorina?        

NERONE    Ahi.

MICHELE  Sentito come parla bene l'italiano?. Merito mio e di suo padre, che parliamo sem-: pre la lingua madre.

NERONE    (A Michele.) Ho lasciato fuori (Indica  il  fondo.)  le  valigie.

MICHELE  Non importa.

NERONE    (Indica Silvana.) E la signorina, chi è?

MICHELE  (Facendo cenni a Silvana di assecondarlo.)  Un'amica di mia nipote.

SILVANA  (Dà una manata sulla schiena di Nerone, che barcolla.) Ciao, Nerone!

NERONE    (Rimane un momento disorientato, poi dà una manata sulle spalle di Silvana.) Ciao, pupa! (E ride.)

MICHELE  Bene! Ora che vi conoscete... (Por­ge il braccio a Fabrizio.) Mi concede l'onore, signorina Dorotea, di fare due passi con lei, al chiaro di luna?

LAURA       (A Fabrizio, che esita.) Coraggio, Dorotea. Vai con lo zio.

FABRIZIO    ...e va be'! (Prende bruscamente Michele sottobraccio ed entrambi escono al fondo.)

LAURA       (Dopo una pausa imbarazzante per tutti e tre, a Nerone.) Gradisce qualcosa? (Nerone accenna di sì col cavo.) Un caffè? (Nerone accenna di no.) Un whisky? (Nerone accenna di no.) Un panino? (Nerone accenna di no.) Cosa, allora? (Nerone sol­leva il braccio, col pugno chiuso e due dita alzate, nel noto gesto degli scolari.) Ah! (Indi­ca a sinistra.) Fondo corridoio, ultima porta a sinistra.

NERONE    Grazie.  (Esce in fretta a sinistra.)

SILVANA  Ora sparisco anch'io.

LAURA       Un momento, Silvana. Domani, ma­gari in pieno giorno, organizza un furto qui.

SILVANA  Sei impazzita alla vista di Nerone?

LAURA       Prega qualche amico del Circolo degli Artisti, di venire qua, per esempio col viso nascosto da una calza ed una pistola in pugno. Digli che vuoi farmi uno scherzo.

SILVANA  A quale scopo?

LAURA       Zio Michele si spaventerà, lascerà un pugno di dollari per «risarcimento furto» e ripartirà per l'America con Nerone.

SILVANA  D'accordo: domani, cioè oggi or­mai, ti manderò un ladro con calza in faccia e rivoltella in pugno. Tornerò anch'io, con la scusa di sollecitare la mia pratica legale. Ah! Non scordarti di dire a Fabrizio di far squil­lare il campanello a molla ogni volta che tu tossirai, per fingere una telefonata in arrivo.

LAURA       Glie lo dirò appena rimarremo un istante soli.

SILVANA  Ciao! (Esce al fondo, portando con sé la borsetta.)

NERONE    (Dall'esterno.) E' permesso?

LAURA       Avanti.

NERONE    (Entra da sinistra.) Bello... Tutto bello. In Italia. Anche i bagni.

LAURA       Meno male!  (Pausa imbarazzante.)

NERONE    Il mio paparino è proprietario di fiumi, laghi, mari di petrolio.

LAURA       Beato lui!

NERONE    Un giorno, che naturalmente spero lontano, saranno tutti miei quei fiumi, laghi e mari di petrolio.

LAURA       Quel giorno, beato lei!

NERONE    Lei ne ha petrolio?

LAURA       No, io ho gas liquido.

NERONE    Congratulazioni! Gli idrocarburi sono i grandi nemici del mio paparino ed un giorno, che naturalmente spero lontano, sa­ranno miei nemici. Lei quanto gas liquido possiede?

LAURA       Quello dell'accendi sigari!

NERONE    Ma allora lei scherza?

LAURA       (Ironica.) L'ha capito? (Nerone ac­cenna di sì col capo.) Bravo! Bravissimo! (Nerone si pavoneggia.) E' proprio un gio­vanotto intelligente.

NERONE    Ho tre lauree.

LAURA       Rallegramenti! E chissà quanti sacri­fici avrà dovuto compiere per conseguire quel­le tre lauree?

NERONE    Io, no. Paparino, sì. Ogni mia lau­rea gli e costata un pozzo di petrolio.

LAURA       Evviva la sincerità!.

NERONE    Tuttavia a paparino rimangono altri cento pozzi di petrolio. Cinquanta me li regalerà quando mi sposerò. (Pausa.) A lei, signorina, piace il petrolio?

LAURA       Preferisco la pastasciutta.

NERONE    Lo sa che io frequento con suc­cesso un corso di tecnica pre-fidanzamento?

LAURA       Sempre all'avanguardia, questi ame-ricani!   Cos'ha già imparato?

NERONE    La tecnica dell'aggancio.

LAURA       Com'è?

NERONE    (Emozionato.) Lei, signorina... Mi permette di ripassare la lezione?

LAURA       Sì, perché sono curiosa di tutto.

NERONE    Grazie. Supponiamo, dunque, che lei sia lì, alla fermata di un autobus, una sera dal cielo stellato. (Si toglie gli occhiali.)

LAURA       Sta bene. Aspetto l'autobus.

NERONE    (Eseguendo.) Io passo per la strada. Non dovrei fermarmi, ma lei mi colpisce. Allora mi fermo, e... (guarda Laura, le gira intorno alcune volte.)

LAURA       Così mi fa venire il mal di mare.

NERONE    Per dare nell'occhio. Poi... Scusi, signorina, ma ho smarrito gli occhiali e non vedo il numero dell'autobus che sta avvici­nandosi. Vuole essere così gentile di dirmelo lei?

LAURA       Subito. E' il 53 rosso.

NERONE    Grazie, ma non è il mio. Mi spiace di averla disturbata,

LAURA       S'immagini.

NERONE    Bella serata eh?

LAURA       Già.

NERONE    Le piacciono le stelle?

LAURA       Sì.

NERONE    E la luna? Le piace la luna?

LAURA       (Ironica.) Da morire.

NERONE    (Le si avvicina, a contatto di spal­le.) Anche a me. (Stanno entrambi incantati a guardare in aria.) Questo è il punto più dif­ficile.

LAURA       Perché?

NERONE    La mano sulla spalla. Posso?

LAURA       Faccia pure.

NERONE    Guardiamo di nuovo la luna. (Posa come prima, poi Nerone passa una mano sulla spalla opposta di Laura.) Così la luna mi sembra più bella. E a lei?

LAURA       Euh! (Rimangono incantati, come pri­ma.)

MICHELE e

FABRIZIO    (Entrano dal fondo, nello stesso atteggiamento di Laura e Nerone.)

FABRIZIO e

LAURA       (Sì vedono e si allon­tanano dai rispettivi cavalieri, dicendosi.) Lau­ra!  Fabrotea!

LAURA       (Si riprende.) Cioè! Dorotea! Mi stu­pisco di te.

FABRIZIO    E io mi stupisco di te!

LAURA       (Indica Nerone.) Lui provava la lezione del corso americano di tecnica pre-fidanzamento.

FABRIZIO    (Indica Michele.) Anche lui!

MICHELE  Okey, lo confesso. Anch'io fre­quento il corso di  tecnica pre-fidanzamento.

FABRIZIO  L'ho sempre detto, io, che gli americani fanno tutto in serie. Anche i fidan­zamenti! (a Michele.) Vergogna! (Ed esce impettito a sinistra, mentre gli altri lo guar­dano stupiti, ed il sipario si chiude.)


ATTO SECONDO

Stessa scena. La mattina dopo gli avvenimenti del primo atto. Tutta luce, interna ed esterna.

All'aprirsi  del  sipario   un  orologio   a pendolo,dall'esterno, comincia a battere otto colpi.

FABRIZIO  (E' in scena, in abiti femminili, addormentato sopra un divano o una poltro­na. Ha la parrucca di traverso e russa comi­camente.)

LAURA       (fa capolino alla porta di sinistra, poi entra. Sottovoce.) Fabrizio. (Lo scuote.) Fabrizio!

FABRIZIO    (Apre gli occhi.) Ah, sei tu? (si alza, si guarda, allarmato.) Sono diventato una donna!

LAURA       Ancora per poco. (Gli mette in ordine la parrucca.)

FABRIZIO    Ah, sì! Lo spero, perché tuo zio comincia a darmi fastidio. (Fa qualche passo.) Ahi! Mi sembra d'avere dormito piegato in quattro.

LAURA       Parla sottovoce. Zio Michele e in giardino, con Nerone. Stanno fissando al can­cello la targa d'oro del mio studio legale,

FABRIZIO  Anche quel moccioso cresciuto di Nerone mi sta sullo stomaco. E se non la smetti di accettare le sue idiozie, in un atti­mo ridivento maschio,

LAURA       Sei geloso?

FABRIZIO    No, ma... ebbene, sì! Non dige­risco il suo petrolio.

LAURA       Caro! (Lo abbraccia per baciarlo, ma e fermata da.)

MICHELE  (che appare al fondo.) Brave! Mi fa molto piacere vedervi così unite da pro­fondo affetto. Suvvia, baciatevi!

LAURA       Veramente, zio...

MICHELE  Se non la baci tu, la bacio io!

FABRIZIO    No! (Bacia Laura sulla guancia.) Fatto.

MICHELE  Nerone è andato a riporre chiave e cacciavite nella cassetta dei ferri. Congra­tulazioni, donne! In questa casa c'è tutto in ordine, tutto pulito. Ed io so che il merito maggiore è di Dorotea. (Gli passa una mano sulle spalle e stringe a sé Fabrizio.)

FABRIZIO    (si allontana.) Grazie, ma tenga le mani a posto. E, quel cappello, non se lo toglie mai?

MICHELE   Qualche volta a letto! Non vede nei film? Cow-boys e poliziotti americani, sempre col capello in testa, Okey?

FABRIZIO    Okey maleducati!

NERONE    (Entra giulivo dal fondo.) Abbiamo sistemato la targa! E lasciato il cancello aper­to per chiunque!  E'stata una mia idea.

FABRIZIO    (Borbotta.) Idea cretina.

MICHELE  Come dice, cara?

FABRIZIO    Genuina. Idea genuina.

LIDIA          (Appare ansante al fondo. E' una don­na che può avere qualsiasi età. Veste normal­mente, ma in disordine, spettinata.) Chi è l'avvocatessa,

MICHELE  (Orgoglioso.) mia nipote! (La in­dica.)

LIDIA          (Decisa, avvicinandosi a Laura.) Ho bisogno di lei.

LAURA       (Disorientata.) Di me?!?

MICHELE  (Felice.) Una cliente! Nerone. Se­dia, per la signora,

NERONE    (Avvicinando una sedia Lidia.) ... o signorina?

LIDIA          Signorina. (A Nerone, che le spinge la sedia dietro le ginocchia.) Noo! Sto in piedi. (A Laura, indicando gli altri.) Questi che fanno?

MICHELE  Io cotone.

NERONE    Io petrolio.

FABRIZIO    (Ironico.) Io latte.

LAURA       Sono di famiglia. Dica pure cosa desidera.

LIDIA          Che lei mi difenda. (Pausa.) Stanotte ho ucciso una donna. (Laura rimane a bocca aperta.)

MICHELE  Una cliente d'oro!

NERONE    (Impressionato.) Allora e un'assas­sina?! (E barcolla.)

MICHELE  Nerone sviene!

FABRIZIO    (Sostiene Nerone e lo trascina fuori a destra.) Ci penso io a farlo rinvenire. A schiaffarli!

MICHELE  Dunque, Laura, come affronterai questo caso?

LAURA       Io... Io non so.

LIDIA          Come non sa? E' o non è avvocatessa?

LAURA       Lo sono, ma... Uh, che mal di sto­maco! (Si comprime lo stomaco.) Mi lasci pensare!  (Ed esce in fretta a sinistra.)

FABRIZIO    (Entra da destra.) Nerone sta rimettendosi in sesto. Laura dov'e?

LIDIA          Sparita!   Questa   avvocatessa   è   più emozionata dei suoi clienti.

FABRIZIO  E' il tormento, signorina. Il tor­mento che sente nel cuore quando qualcuno le espone il proprio reato. L'avvocatessa im­magina subito quale sarà la sua magnifica arringa, e il lavorio cerebrale la fa cadere in deliquio. (Accarezza Lidia sulla guancia.) Stia tranquilla.

LIDIA          (Si commuove ed abbraccia Fabrizio, il quale non sa dove tenere le mani.) Grazie. Lei mi dà coraggio.

FABRIZIO    Fra noi donne, si deve. (malizio­so, a Michele.) Vada a fare due passi in giardino.

MICHELE  Non è il momento. Anzi, la prego, cara Dorotea: parli ancora di mia nipote in toga.

FABRIZIO    (Si libera a fatica dall'abbraccio di Lidia.) Dunque, l'avvocatessa De Angelis, appena conosce la colpa della cliente, pensa subito alla condanna.

LIDIA          (Impressionata.) Non voglio essere con­dannata.

FABRIZIO    (Per rimediare alla gaffe.) Mi lasci finire. Pensa subito alla condanna, se non la difendesse lei.

LIDIA          Ma, scusi... Quest'avvocatessa ha già vinto qualche causa?

FABRIZIO    Lei ha mai sentito dire che ne abbia perdute?

LIDIA          No.

FABRIZIO    Dunque le ha sempre vinte!

MICHELE  Elementare!

FABRIZIO  Avreste dovuto sentirla, in Corte d'Assise, come ha difeso un  tale che aveva scaraventato la moglie dal quinto piano.

MICHELE  Racconti, Dorotea.

LIDIA          Sì, interessa anche me.

FABRIZIO  Come volete. (Siede. Poi, con gesti e toni da avvocato difensore tradizionale.) Quando il presidente le diede la parola, l'av­vocatessa De Angelis si alzò lentamente, (Ese­gue.) si guardò intorno con un mesto sorriso sulle labbra; (Esegue, comicamente.) poi, indi­cando l'assassino (Indica Michele, il quale, impressionato, si sposta.) gridò «Questo po­veretto è innocente!». Un mormorio ostile si levò dall'aula. «Silenzio!», ordinò il presi­dente. E l'avvocatessa: (Rivolto al pubblico.) «Sì, o Signori della Corte e signori Giurati: è innocente e ve lo provo!».

(Una pausa. Si guarda intorno, superbo, respira profonda­mente, e si rivolge di nuovo al pubblico.)

«Ammetto che il mio cliente abbia afferrato sua moglie per il collo e l'abbia messa fuori dalla finestra del suo alloggio, sito al quinto piano. Però... Però non sarebbe accaduto nien­te di irreparabile se quella donna, conosciuta da tutto il vicinato per la sua lingua lunga, non avesse gridato LASCIAMI ANDARE! LA­SCIAMI ANDARE! Il mio cliente allargò le mani e la lasciò andare. Quindi non fece altro che obbedire, come per vent'anni di matrimo­nio aveva obbedito, agli ordini della consorte. Chiedo perciò la sua piena assoluzione, per­ché l'obbedienza alla moglie non costituisce reato».

LIDIA          Come andò a finire?

FABRIZIO    Ergastolo.   (Col   tono   di  prima, rivolto al pubblico.) «L'avete condannato, sì! Ma soltanto perché non mi avete capita»... (Con espressione offesa esce a destra, rivolgendosi ancora al pubblico per dire.) «Non mi avete capita».

LAURA       (Entra da sinistra, stordita.)

LIDIA          (Che è rimasta incantata, a guardare l'uscita di Fabrizio, s'avvicina decisa a Laura.)  Senta un po', avvocatessa...

MICHELE  (Interviene.) Tutto, ascolteremo; tutto. (Spinge dolcemente Laura verso Lidia.) Mia nipote, adesso, sta benone ed è a sua disposizione. Vogliamo sedere?

LAURA       (Rassegnata.) Sediamo pure. (Siede dietro il tavolo.) Prego. (Lidia siede dinanzi a lei.)

MICHELE  Io mi metto qui, (Pone una sedia dietro il tavolo, accanto a Laura, e siede orgoglioso.) accanto alla principessa del Foro. (A Lidia, con il più candido sorriso.) Dica, dica... Chi ha ammazzato?

LIDIA          Ma l'avvocato è lui (Indica Michele.) o lei?

LAURA       Io, naturalmente.

LIDIA          Dunque mi interroghi lei.

LAURA       Se le fa piacere...

LIDIA          (Scatta in piedi e urla.) Non «se mi fa piacere»!  «Come deve essere fatto».

LAURA       Certo, come deve essere fatto. Sieda, per favore, e stia calma. (Lidia siede e sbuffa.) Senza sbuffare.

LIDIA          E' una parola! Fuori le domande.

LAURA       (Con tono professionale.) Innanzi tutto vorrei sapere... (Ironica.) Perché e venuta pro­prio da me?

LIDIA          Oh, bella!... Perché ho visto la targa fuori, (Indica verso il fondo.) perché lei è una avvocatessa, e perché questo studio è vicino al luogo dove ho trascorso la notte.

MICHELE  Abita nei dintorni?

LIDIA          Macché!... Ho dormito sotto il ponte Vittoria, a un palmo dall'acqua.

LAURA       (Colpita.) Sotto il ponte Vittoria?

LIDIA          Sì.

LAURA       Ha per caso udito, verso mezzanotte, la voce di due donne che bisticciavano per una borsetta?

LIDIA          No. Io, a mezzanotte, non ero ancora là. Dopo avere gettato la mia amica nel fiu­me... Non ricordo a che ora, poiché tornavo a casa da una festa dove avevo bevuto troppo spumante.

LAURA       (Colpita.) Anche lei?

LIDIA          (Non comprende e continua.) Sì, an­ch'io, come la mia amica. Abbiamo festeg­giato in casa, di una collega d'uffiicio. Poi avevamo caldo... Capirà che non beviamo spu­mante tutti i giorni... E pensammo di passare in riva al fiume. (con emozione crescente.) Ad un certo punto mi pare che Mariuccia...

LAURA       (Interrompe.) E' il nome della vittima?

LIDIA          Sì. Dicevo... Ad un certo punto mi pare che Mariuccia mi abbia rimproverata, perché durante la serata avevo giocato male una carta a bridge. Seguì una discussione animata, sino a quando le diedi uno spintone. Senza volerlo, credetemi!... e vidi Mariuccia cadere nell'acqua.

MICHELE  (Entusiasta.) Capisci, Laura? Devi essere orgogliosa.

LAURA       Di che?

MICHELE  Di questa cliente, che dopo avere compiuto il delitto viene tranquilla e fiduciosa dall'avvocatessa Laura De Angelis, per dirle: «Okey, principessa del Foro, difendimi e salvami!».  (Va a stringere la mano a Lidia.) Grazie, amica nostra; grazie. (torna a sedere)

LAURA       Prosegua.

LIDIA          I fumi dello spumante svanirono im­mediatamente, e compresi il male che avevo fatto. Vagai per la città come un automa, finché mi trovai dinanzi alla porta di casa nostra, un alloggetto dove abitiamo io e Mariuccia,

MICHELE  La vittima.

LIDIA          (Nervosa.) Sì, la vittima. Speravo che fosse stato un sogno e che l'avrei ritrovata là, magari già addormentata. Invece no! Allora sono tornata lungo il fiume, e verso le cinque mi sono assopita su una panchina sotto il ponte Vittoria.

MICHELE  Tre ore più tardi s'è decisa a uscire dalla tana, ed eccola qui.

LAURA       I giornali di stamani parleranno di un cadavere trovato nel fiume.

LIDIA          (Si copre il viso con le mani.) Non ancora. Prima di venire da lei li ho sfogliati tutti.

MICHELE  E' chiaro!

LIDIA          Cosa?

MICHELE  Che il cadavere di Mariuccia non è ancora venuto a galla.

LIDIA          (Rabbrividisce.) Ho paura. (Disperata.) Perché?... Perché l'ho uccisa?

LAURA       (Ironica.) E' quello che mi domando anch'io. Perché?

LIDIA          (c.s.) Tutt'e due sole al mondo, impie­gate in una grande azienda, andavamo così d'accordo, come sorelle...

LAURA       (c.s.) Meno male!

LIDIA          (Dopo un attimo d'esitazione, scatta in piedi.) Ho deciso! Vado al commissariato e mi costituisco.

LAURA       (Si alza, come Michele.) Fa bene. Al resto penserò io.

LIDIA          Mi accompagna?

LAURA       Per carità! Farsi arrestare con l'av­vocato difensore sottobraccio è roba da film americano. Penserebbero subito che lei si è organizzata, che ha premeditato. E pianga! Fiumi di lacrime. Dica che e stata una disgra­zia, che alla sua amica voleva solo abbotto­narle la giacca del tailleur, perché non pren­desse freddo.

LIDIA          Indossava proprio un tailleur, ma avevamo caldo.

LAURA       No! Non dimentichi che la sua amica Mariuccia aveva freddo. Le ripeto che l'ha aiutata ad abbottonarsi la giacca del tailleur, che essa ha perso l'equilibrio, e che lei ora si sente colpevole, sì, ma non d'averla uccisa.

LIDIA          Di che cosa, allora?

LAURA       Di non essersi buttata nel fiume per salvarla, di non averle impedito di esagerare con lo spumante, eccetera eccetera.

MICHELE  (Che ha ascoltato Laura con ammirazione.) Avvocatessa Laura De Angelis, sei grande! Faresti pure impallidire d'invidia quel tale che chiacchierava tanto e bene.

LAURA       Vuoi dire Cicerone?

MICHELE   Proprio!  Tu sei Cicerone.

LIDIA          Sta bene. Seguirò i suoi consigli. (Stringe la mano a Laura.) Mi chiamo Lidia Molfese.

LAURA       Piacere. E appena «al fresco» mi faccia chiamare.

FABRIZIO   (Entra  da  destra,  sostenendo  il barcollante Nerone.) Questo continua a fare la torre di Pisa.

MICHELE  (Lo sostiene.) Lo lasci a me, cara Dorotea. Coraggio, Nerone! Saluta la signo­rina (Indica Lidia.) che va in galera.

LIDIA          (Tende la mano verso Nerone.) Arrivederla.

NERONE    (Inorridito, fissa la mano di Lidia, e balbettando.) La mano assassina. (Barcolla e sviene, sostenuto prontamente dai tre, men­tre.)

LIDIA          (Esce al fondo.) Grazie di tutto.

LAURA       (Indica a destra.) Di là ho i sali. (Ed escono  tutti a destra.)

MASSIMO     (Fa capolino al fondo. Si accerta che non c'e nessuno, avanza in punta di piedi. Tiene nella mano destra, come, nel primo atto, una pistola ed un pezzo di carta, e nella mano sinistra una lampada tascabile spenta. Ha il viso coperto dalla solita calza, ma indossa un abito totalmente diverso da quello che por­tava nell'atto precedente. Va alla porta di destra, accenna un sorriso, poi sospira pro­fondamente, estrae di tasca un fazzoletto bian­co piegato e stirato, solleva la calza e si asciuga il sudore dal viso in modo che il pubblico lo riconosca. Quindi riabbassa la calza e s'avvia verso sinistra, mentre fa l'atto di intascare il fazzoletto, che invece gli cade per terra in modo ben visibile al pubblico. Esce a sinistra.)

LAURA       (Entra da destra, sostenendo Nerone sottobraccio.) Lei è un giovanotto molto sensibile. Però dovrebbe combattere la paura.

NERONE    (Infantile.) Io la combatto, la pau­ra. La combatto con tutte le armi. (Pausa.) Ma vince sempre lei! (Pausa.) Signorina...

LAURA       Dica.

NERONE    Posso chiamarla solo «Laura»?

LAURA       Perché no?

NERONE    Grazie. Ebbene io, vicino a lei, non ho più paura.

LAURA       Molto gentile. (Gli fa alcune carezze sulla guancia, mentre.)

FABRIZIO    (Entra da destra, seguito da Michele, e vede. Seccato.) Anche le carezze, adesso!

MICHELE  Suvvia, cara Dorotea, Non sia tanto severa. Sono giovani, loro. Ma anche noi ci sentiamo giovani. Io, accanto a lei, mi sento vent'anni.

FABRIZIO    (Ironico.) Facciamo ventuno?

MICHELE  Okey ventuno, cara Dorotea! Quin­di permetta che questo «ventunenne» la in­viti a fare due passi in giardino.

FABRIZIO    E' una fissazione!

MICHELE  La scongiuro! Almeno per lasciar soli i due colombi, (indica Laura e Nerone, che nel frattempo ha appoggiato il capo sulla spalla della ragazza, con abbandono fanciul­lesco.)

FABRIZIO    E' proprio ciò che non voglio!

LAURA       Vai tranquilla, Dorotea, che dal fasci­no di Nerone mi difendo da sola,

MICHELE  (Cede il passo a Fabrizio verso il fondo.) Dopo di lei, cara Dorotea. (Fabrizio sbuffa e si avvia.) Mi raccomando, Nerone: (Ammicca a Laura.) tuba, tuba, tuba bene.

FABRIZIO    (Afferra Michele per un braccio e lo trascina bruscamente fuori.) Venga, tu­bista!

NERONE    Posso sedere?

LAURA       Prego.                                                

NERONE    (Siede in modo d'avere di fronte la porta di sinistra.) In poco tempo, quante emozioni!

LAURA       (Nota per terra il fazzoletto caduto a Massimo. Lo prende.) E' suo?

NERONE    (Si  tocca  in tasca.)  No.

LAURA       (Lo guarda in un angolo.) Ci sono due iniziali. «Emme. Di». Mah! (Lo posa sul tavolo, tra i libri, poi siede di fronte a Nerone, cioè  con  le spalle  alla  porta  di  sinistra.)  Si sente meglio?

NERONE    Oh, io... Io qui con lei... Non mi; spaventerei neppure se vedessi di fronte... (Indica e guarda verso la porta di sinistra, che si apre lentamente lasciando passare, la mano di Massimo armata di pistola. Nerone continua.)  ...che so io? Una mano che mi punta una.... (Capisce che quanto vede è realtà. Le parole gli muoiono in gola.)

MASSIMO     (Nel frattempo, col viso coperto dalla calza, è entrato lentamente, continuando a puntare l'arma su Nerone.)

NERONE    (Continua.) ...una ri-ri... ri-rivoltella. (Terrorizzato,  fissa Massimo.)

LAURA       (Che non ha ancora visto Massimo.) Nerone!... Sviene di nuovo?

NERONE    (Facendo  gesti con  la  mano   tre­mante   in   direzione   di   Massimo.)   C'è-c'è... c'è-c'è...

LAURA       (Preoccupata del contegno di Nerone, si alza e gli si avvicina, senza voltarsi.) Cosa c'è?

NERONE    (Deglutisce un nodo di paura, poi urla.) Un altro assassino! (Balza in piedi e con un urlo di spavento esce a destra.)

LAURA       (Stupita, lo guarda uscire, poi scrolla negativamente il capo, borbotta.) Poverino... (Si volta e vede Massimo. Tremante, crolla a sedere, con le mani alzate, balbettando.) A-a... a-aiuto.

MASSIMO     (Le si avvicina, minaccioso, alte­rando un po' la voce.) Zitta! E non telefoni alla polizia, è un consiglio da amico.

LAURA       (Colpita.) Da amico?

MASSIMO     Da amico.

LAURA       (Lo fissa un momento, poi accenna un sorriso. Tranquilla, sottovoce.) Adesso ca­pisco!... Lei è un amico di Silvana Romani. Ieri sera mi promise che avrebbe mandato qualche amico del Circolo. Grazie! (Abbassa le braccia, si alza in piedi e fa l'atto di strin­gere la mano a.)

MASSIMO     (Che indietreggia di mezzo passo.) Su! Su le mani!

LAURA       (Sorride e rialza le mani.) Adesso non esageri. (Con tono di confidenziale complicità.) Ha rubato tutto, dì là, (col capo accenna verso sinistra.) nel secondo cassetto del comò?

MASSIMO     Credevo di trovare di più.

LAURA       Se mi consente di abbassare le mani, le dò qualcos'altro. Per esempio... (si toglie orologio da polso ed un paio di anelli.) Tanto mi restituirà poi tutto, vero?

MASSIMO     (Intasca anelli ed orologio.) S'im­magini!... Io faccio questo mestiere per diver­timento! (Sogghigna.)

LAURA       (Ride di cuore.) Lo so, lo so. Ora vorrei vedere il suo viso. Solo per curiosità.

MASSIMO     Mi spiace, ma non posso.

LAURA       Capisco. Vuole fare bene la sua parte sino in tondo. Bravissimo! La sua voce, però, non mi sembra nuova.

MASSIMO     Sul serio?

LAURA       Sì. Ho capito!

MASSIMO     Davvero?

LAURA       C'era pure lei, ieri sera, alla cena del Circolo degli Artisti. E magari ci diamo del «tu». (Cordiale, battendogli una mano sulle spalle.) Ciao, «ladro»!

MASSIMO     (Col tono di Laura, battendole una mano sulle spalle.) Ciao, «cretina»! (Ed esce infretta al fondo.)

LAURA       (Rimane male. Fissa nel vuoto e bor­botta.) Certo che Silvana l'ha scelto bene. Sem­brava un ladro autentico. Ma chi gliel'avrà detto che tengo i valori nel secondo cassetto del comò? Mah!... (Rimane un istante soprap­pensiero, poi scrolla le spalle, si spettina un po', quindi va al fondo e grida.) Zio Michele!... Dorotea!... Aiuto!

FABRIZIO    (Entra dì corsa dal fondo.) Laura! Cos'è accaduto?

LAURA       (Concitata.) Nulla, ma assecondami in quanto dirò allo zio!

MICHELE  (Appare al fondo, ansante.) Cara Dorotea, lei continua a stupirmi. Corre a velocità olimpionica.

LAURA       Un momento fa, qui, c'era un ladro. Non l'avete visto attraversare il giardino?

FABRIZIO    No. Perché quello (Indica Michele.)  mi tratteneva sulla panchina dietro il cespuglio di rose.

MICHELE  E' l'amore, Dorotea! L'amore! (Felice, a Laura.) Mi ha pure dato uno schiaf­fo. Sono felice!

FABRIZIO    Vuole che glie ne dia un altro? Insomma, Laura, quel ladro cosa ti ha rubato?

LAURA       (Cade a sedere, melodrammatica.) Oro, gioielli, denaro contante... Pensa, zio Michele, che avevo comprato tempo fa una statuetta di Cicerone, il primo grande avvocato che tu stesso hai citato. Un Cicerone tutto d'oro che volevo donare a te. Anche quello... via! Ho tentato di lottare col delinquente, ma era armato.

MICHELE   (Felice.) Un Cicerone d'oro per me!... Grazie, Laura. Che tesoro! (La bacia.) Telefona alla polizia.

LAURA       Non posso.

MICHELE  Perché?

LAURA       Che figura farei?... L'avvocatessa Laura De Angelis che si lascia derubare. Per­derei la fiducia, sia degli onesti, sia dei mal­fattori. (Si copre il viso con le mani e finge di singhiozzare.)

MICHELE  Hai ragione. (La aiuta ad alzarsi e la abbraccia. Il viso di Laura, rivolto al pubblico ed a Fabrizio, ammicca sorridente.) Rimedio io. Tremila dolari, bastano? (Laura scrolla negativamente il capo.) Diecimila, pari a circa sei milioni di lire!

LAURA       (Sorride contenta, poi riassume un'espressione mesta e si allontana da Michele.) Sì, forse basteranno. Ma non vorrei che tu...

MICHELE  (Interrompe.) Taci! Tanto, presto o tardi, i miei dollari saranno metà tuoi, e metà   di...   (Pausa;   affettuoso.)   ...Dorotea.

FABRIZIO    Rinuncio alla mia parte!

MICHELE  L'avrei giurato, carissima! Co­munque mi ha fatto immenso piacere sentir­glielo dire.

FABRIZIO    Nerone dove sta?

LAURA       E' fuggito (Indica a destra.) alla vista del ladro.

MICHELE  Vado a prenderlo io. (Esce a destra.)

FABRIZIO    Laura, ne ho abbastanza di que­sta carnevalata!

LAURA       Devi avere pazienza.

FABRIZIO    Ancora per quanto? Ho il sospet­to che tuo zio non ripartirà per l'America prima di avermi sposato. Ma che dico? Ad ogni modo m'hai capito.

LAURA       Certo, caro. Ma te l'immagini che colpo sarebbe, per lui, se Dorotea scomparisse come un oggetto nel cappello di un presti­giatore?

FABRIZIO  (Ironico.) E tu te l'immagini che colpo sarebbe, per me, se tuo zio esagerasse nelle sue effusioni affettuose?

LAURA       (Sorride.) Me l'immagino, e farò l'im­possibile per toglierti al più presto da questo pasticcio. Tu hai qualche idea?

FABRIZIO    No. Io scrivo «gialli», non farse.

LAURA       Il guaio è che non ho ancora avuto tempo per riflettere sulla situazione.

FABRTZIO Trovalo, il tempo. Se no Dorotea sciopera e ridiventa Fabrizio in presenza di zio Michele.

LAURA       Sarebbe come pugnalarlo alle spalle. Concedimi ancora l'intera giornata, diciamo sino a mezzanotte. e non dimenticarti che se tossisco devi fare lo squillo del telefono di là. (Indica a destra.) Ti prego, Fabrizio.

FABRIZIO  Sta bene. Per Dorotea e squillo del telefono, sino a mezzanotte. Ma non un minuto di più.

MICHELE  (Entra da destra, con Nerone mogio mogio.) Eccolo qua, il nostro Nerone, più vispo di prima.

FABRIZIO    (Ironico.) Vispo? Figuriamoci com'era prima,

MICHELE  Ora ti riconsegno a Laura, e chiedo il permesso di appartarmi con la cara Dorotea.

FABRIZIO    Dietro il cespuglio di rose, no!

MICHELE  (Sorride.) In cucina, dove vorrà essere tanto gentile da centellinare... Sentite come parlo ancora bene l'italiano? Da cen-tellinare un caffè con me.

FABRIZIO    Solo se lei rimarrà seduto a due metri di distanza.

MICHELE  (Divertito.) Okey, giuro! (Indica a sinistra.) Dopo di lei.

FABRIZIO    (Rassegnato.) ... e andiamo a cen-tellinarci 'sto caffè! (Si avvia a sinistra, con passo deciso, tutt'altro che femminile.)

MICHELE  (Ammirato.) Dorotea!

FABRIZIO    (Sussulta e si ferma.) Le ho pe­stato un callo?

MICHELE  Dorotea!... Lei ha il passo ener­gico delle meravigliose donne che hanno con­quistato il West!

FABRIZIO    Allora scommetto che quelle «me­ravigliose donne» del West somigliavano a mio nonno boxeur! (Esce a sinistra, seguito da Michele.)

NERONE    Sono sicuro che la signorina Dorotea diventerà l'ammirata e invidiata «regi­na del cotone» del Texas. Ah, se potessi avere anch'io la sua disinvoltura, il suo carattere maschio!

LAURA       (Sorride, ironica.) Lei, caro Nerone, possiede l'intuizione di un «agente 007».

NERONE    Non capisco... (Affettuoso.) Laura.

LAURA       Non importa. (Ha le spalle rivolte al fondo.)

NERONE    Le prometto che non scapperò più. eh sì, perché ad ogni cosa basta farci l'abi­tudine. Oh, adesso... anche se vedessi spuntare là (Indica il fondo.), il diavolo in persona...

(Da un lato della porta di fondo vede spun­tare, con orrore, il viso coperto da una calza femminile di.)

PIERA         (La quale appare poi con l'intera per­sona ed una rivoltella in pugno, puntata verso Nerone. Piera può avere qualsiasi età. Tipo simpatico, indossa pantaloni e camicia con cravatta. Si ferma sulla soglia.)

NERONE    (Tremante, indica verso il fondo e balbetta.) E'-è... è-è arrivato!

LAURA       (Senza voltarsi.) Daccapo, Nerone?

NERONE    (Terrorizzato, indica il fondo e urla.) E' arrivato il diavolo! (Ed esce in fretta a destra.)

LAURA         (Lo guarda uscire, poi si volta verso il fondo: vede Piera e fa un balzo indietro, spaventata e tremante, con le mani alzate.) Un altro?!?...

PIERA         Semmai «un'altra». Dov'e il mallop­po? Quello che devo rubare?

LAURA       Già fatto! Mi spiace, gentilissima ladra, ma per fortuna c'e già stato un suo concorrente che ha portato via tutto. Inoltre io so chi è lei.

PIERA         Ne sono convinta.

LAURA       E' quella che ha tentato di rubare ieri sera, ha ferito il mio fidanzato, e poi è fuggita, perché e arrivato il poliziotto, il quale credeva che lei fosse un uomo, ed invece è una donna.

PIERA         Dici sul serio?

LAURA       Non le permetto di darmi del «tu».

PIERA         (Sbuffa e solleva la calza, facendo vedere il viso.) Stupida'... Sono Piera, Mi ha mandata Silvana, che non ha trovato un ra­gazzo disposto a prestarsi al gioco.

LAURA       (Sconcertata, abbassa le mani.) Eh già... Sei Piera. Ma l'altro, allora, chi era?

PIERA         Quale «altro»?

LAURA       Oh, povera me!... L'altro era un ladro vero!... Ed io gli ho dato anche l'orologio, gli anelli... Ecco perché mi ha chiamata «cre­tina»!... (Strabuzza gli occhi, piega le ginoc-chia e sussurrando) Ciao, Piera... (s'abbando­na sul pavimento.  Contemporaneamente.)

NERONE    (Entra da destra con un martello in mano, ovviamente con la parte superiore in gommapiuma - reperibile con facilità fra i giocattoli d'un grande magazzino - e si dirige, con l'urlo rauco e il passo d'uno scim­panzé infuriato, verso.)

PIERA         (Che spaventata, col viso scoperto, arretra verso la porta di sinistra.. Quando vi giunge e quasi si appoggia)

NERONE    (Fa un salto verso)

PIERA         (Che con un balzo ed un grido si sposta ed esce al fondo, mentre)

MICHELE  (Appare sulla soglia della porta dì sinistra e si busca sulla testa la martellata di Nerone. Quindi assume un'espressione ebete e s'abbandona sul pavimento.)

NERONE    (Terrorizzato, guarda Laura e Michele,  piagnucola.) Ho trovato il coraggio... e sbagliato la mira. (Quindi si dà una martel­lata in fronte, strabuzza gli occhi e crolla sul pavimento.)

FABRIZIO  (Entra sorridente da sinistra, por­tando un vassoio di metallo sul quale c'e una tazzina di caffè, zuccheriera, ecc. Vede i tre per terra. Allarmato allarga le braccia, lascian­do cadere per terra il vassoio.) Tutti morti?!?...

(Mentre il sipario si chiude. Pro-memoria: per ottenere maggiore effetto sonoro dal vassoio che cade per terra, è consigliabile mettere sullo stesso, nascosti dalla tazzina e zucche­riera vuote e infrangibili, diversi cucchiaini o pezzi dì metallo.)


ATTO TERZO

Stessa scena degli atti precedenti. Alcune ore dopo gli avvenimenti del secondo atto.

In scena, all'aprirsi del sipario, non c'e alcuno.

LAURA       (Entra da sinistra, tenendo per mano Fabrizio.) Vieni. Qui possiamo parlare libe­ramente.

FABRIZIO    Lo spero, visto che zio Michele e Nerone, per superare lo choc, hanno in­ghiottito un tranquillante e si sono chiusi nelle loro camere. T'avverto, però, che è quasi mez­zogiorno, e che ti rimangono appena altre dodici ore, prima che io riprenda i miei panni,

LAURA       (Indica al fondo.) Il cancello e chiuso?

FABRIZIO    Macché! Tuo zio l'ha quasi bloc­cato aperto. «Per lasciare via libera ai clien­ti», dice. Vuoi che vada a chiuderlo?

LAURA       No. Aspettami qui. Per non farti vedere dalla strada, vado io. (Esce al fondo.)

FABRIZIO    (Fa qualche passo, sposta libri sul tavolo, vede il fazzoletto, lo prende.) «Emme. Di.». Sarà di Michele Deangelis, lo zio. Disordinato! (Lo intasca, mentre dal fondo entra.)

LAURA       (Spinta bruscamente da un'arrab­biata.)

SILVANA  (Che tiene in mano un quotidiano del pomeriggio, e la borsetta che aveva por­tato via con sé, uscendo nel primo atto.)

FABRIZIO    Ehi, Silvana!  Che ti prende?

SILVANA  (Sventola il giornale sul viso dei due.) Avete letto?

FABRIZIO  (Ironico.) Già!... In questo mani­comio abbiamo proprio tempo di leggere il giornale!

LAURA       (Interessata.) E' del pomeriggio?

SILVANA  Sì.

LAURA       Immagino cosa pubblica.

SILVANA  (Minacciosa.) Ipocrita!

FABRIZIO    Come ti permetti?

LAURA       E' ovvio che il corpo dell'amica, pri­ma o poi, l'avrebbero trovato.

SILVANA  (Sorpresa.) E lo dici così, come se si trattasse della cosa più naturale del mondo far annegare un'amica?

LAURA       L'importante è non fuggire, per non aggravare la situazione.

SILVANA  Sta' tranquilla che non ti lascerò scappare. Anzi, ti porterò io stessa in com­missariato. Ti denuncerò! Perché in galera voglio vederti!  In  ga-le-ra!

LAURA  (Sconcertata.) Io?!?

SILVANA  Tu! Tu! Perché l'hai uccisa? (La scuote.) Perché?

FABRIZIO  (Le divide.) Calma!

LAURA  Non ho ucciso nessuno, io! Ho sol­tanto consigliato la mia cliente di andare a costituirsi.

SILVANA  Quale «cliente»? Quale?

FABRIZIO  Lidia Molfese, quella che ha spin­to la sua amica nel fiume.

SILVANA  Fingete di non capire, eh? Sta bene. Vi leggo subito un articolo che vi schiarirà le idee. Titolo su quattro colonne. (Legge.) «Stanotte all'una. Vigili del fuoco e polizia cercano it corpo di un'annegata e trovano la sua borsetta impigliata in un pilastro del ponte Vittoria». (Borbotta, come se leggesse in fretta, poi prosegue chiaramente.) «Stia­mo per uscire con questa edizione quando apprendiamo che il cadavere della donna non è stato ancora trovato. La polizia è sicura che la borsetta appartiene alla scomparsa. In essa è stato rinvenuto denaro per circa tren­tamila lire e una vecchia penna stilografica d'oro con le iniziali " O.D.A. ". Le ricerche proseguono».

LAURA       (Fa qualche passo, barcollando, con lo sguardo fisso nel vuoto.) «O.D.A.», «Oreste De Angelis». E' la penna di mio padre.

FABRIZIO    Quindi quella borsetta è  tua.

SILVANA  Senza dubbio, è la sua. Ma l'aveva in mano Milena Fabbri, quando vi ho sentite discutere animatamente, omeglio bisticciare stupidamente, sul ponte Vittoria. Poi tu, ma­gari con l'attenuante dello spumante, l'hai spinta nel fiume. Assassina!

LAURA       (Terrorizzata, si copre le orecchie con le mani e grida.) No! Nooo!... Sono innocente. (Si avvia decisa, al fondo.) Vado da un avvo­cato!

FABRIZIO  (La trattiene.) L'avvocatessa sei tu! E poi non basta dire che sei innocente. Bisogna provarlo. Ed a questo punto le prove sono contro di te.

SILVANA  In galera, ti voglio vedere! In ga-le-ra!

LAURA       Ma è un'ossessione!

SILVANA  Appena troveranno la povera Milena, faranno l'autopsia, e... Criminale! Anche con Piera! Piera Giannuzzi come l'hai trattata?

LAURA       Non so... Sono svenuta.

SILVANA  Io ti mando un'amica per farti un piacere, per facilitare la tua commedia, con lo zio d'America, e tu?... Per poco non muore pure quella, sotto le martellate di un pazzo. Dovrai fare i conti anche con Piera. Mi ha detto che esige delle scuse.

LAURA       (Sconcertata.) Sì sì... esiga tutto ciò che le pare. Tu, però, per l'amicizia che ci lega da anni... mezz'ora!  Ti chiedo mezz'ora di tempo per togliermi da questo guaio, per spiegare tutto a zio Michele. E se mi man­cherà il coraggio mi accompagnerai tu stessa in commissariato.

SILVANA  (La fissa un istante. Laura assume un'espressione che implora misericordia.) ... sta bene. Ma se sparisci, ti cerchérò in capo al mondo, perché in...

FABRIZIO    (Continua, rifacendo il verso a Silvana.) ... in galera, la vuoi vedere! In ga-le-ra! D'accordo. Però adesso vattene prima che ti riveda zio Michele.

SILVANA  (Li guarda con espressione di disprezzo, dice.) Ergastolo! (Ed esce al fondo, portando con sé la borsetta ed il giornale.)

LAURA       Che guaio!... Sarà bene che telefoni subito a Piera, per scusarmi... (Si avvia verso il telefono.) Accidenti. Non è collegato. L'ave­vo scordato.

FABRIZIO    Io no. Tant'e vero che dietro la porta (Indica a destra.), ho pronto il campa­nello per fingere le telefonate in arrivo al tuo primo colpo di tosse.

MICHELE  (Entra da sinistra, stordito.) Salu­te a tutti, senza botte in testa! Ti trovo bene, Laura.

LAURA       Abbastanza. e tu, come stai?

MICHELE  Okey! Mi pare soltanto d'avere fatto cento giri sull'otto volante. (Affettuoso.) E lei, cara Dorotea, come si sente?

FABRIZIO    (Arretra.) Sempre meglio... a cin­que passi da lei.

MICHELE  (Sorride.) Eppure finirà col cedere.

FABRIZIO    Ne dubito.

MICHELE  Io no. Anzi, se permette telefono ad un amico d'infanzia, che abita in questa città, per chiedergli di farmi da testimone alle nozze. (Si avvia verso il telefono, frugandosi nelle lasche.) Avevo scritto il suo numero so­pra a un pezzo di carta...

LAURA       (Contemporaneamente, fa a Fabrizio un cenno per invitarlo ad uscire a destra.)

FABRIZIO    (Esce a destra.) Con permesso.

MICHELE  Dorotea!  Perché se n'è andata?

LAURA       Immagino per riservatezza nei con­fronti della tua telefonata.

MICHELE  Che donna incomparabile, Dorotea! Unisce la delicatezza dell'anima alla ru­dezza dei modi, Ne sono sempre più affasci­nato! (Fa l'alto dì sollevare il microfono.)

LAURA       (Tossisce, il telefono squilla.) Oh, scusa! (Al telefono, con evidente imbarazzo.) Pronto... Sì, sono io... Dica pure, illustre col­lega... No! Io non cambio la mia tesi difen­siva... E' inutile che insista. Buongiorno! (Posa il microfono.)

MICHELE  Ho capito tutto.

LAURA       (Preoccupata.) Tutto, cosa?

MICHELE  Che hai rifiutato un compromesso. Bravissima! Adesso... (Fa l'atto di afferrare il microfono, ma è impedito da.)

MASSIMO     (Che appare al fondo, sorridente. Indossa lo stesso vestito del primo atto.) Po­lizia!

LAURA       (Sussulta, poi lo riconosce.) Ah, è lei?

MASSIMO     Sì, sempre al servizio dei cittadini. (Indica Michele.) Il signore?...

LAURA       Mio zio Michele, Il signor?...

MASSIMO     (Afferrando la mano di Michele.) Commissario di polizia. Nome e cognome, nel nostro  mestiere,  sono   superflui.  (Guarda  intorno, sui mobili e per terra, come  se cercasse qualcosa.)

LAURA       É qui per la mia cliente, la ragazza che si è presentata in commissariato per denunciare che la sua amica è caduta nel fiume?

MASSIMO     (Disorientato.) La sua cliente?... La  ragazza?.,. No.  

MICHELE  (Facendogli l'occhiolino.) «Segreto d'ufficio», eh? (Col dorso d'una mano gli dà un confidenziale colpetto sullo stomaco.) Okey!

MASSIMO     (Fa qualche passo, guardando dap­pertutto.) Stamane è stata derubata, vero?

LAURA       Come fa a saperlo?

MASSIMO  Abbiamo arrestato il ladro. E' lo stesso individuo che aveva tentato il furto intorno a mezzanotte, e che io sorvegliavo da tempo.

MICHELE  Allora avrò il mio Cicerone d'oro?

MASSIMO     Quale Cicerone d'oro?

MICHELE  Una statuetta che mia nipote (In­dica Laura.) aveva. comprato per me, e che il ladro ha portato via con gli altri valori.

MASSIMO     (Sarcastico.) Davvero? (Laura accenna di sì col capo.) Senti, senti... Comun­que la refurtiva non è stata ancora recupe­rata. Naturalmente il ladro nega. Per questo sono qui. Per cercare la prova.

LAURA       Quale?

MASSIMO     Che quel delinquente è stato in questa casa. Siccome lo conosciamo come uomo elegante e raffinato, e siccome in tasca non aveva il fazzoletto, sospettiamo che po­trebbe averlo smarrito sul luogo del furto. Se lo trovassimo qui, e se per caso (Con cautela.) ci fossero sopra le iniziali del suo nome...

LAURA       (Interrompe.) Sì! L'ho trovato io lì per terra. aveva le iniziali «Emme. Di».

MASSIMO     (Ansioso.) Corrispondono al suo nome e cognome! Dove l'ha messo?

LAURA       Mi pare d'averlo posato sulla scriva­nia. (Sposta qualche libro.)

MASSIMO     (Impaziente, cerca anch'egli feb-brilmente sul tavolo.) Non c'è... Non c'è... Fac­cia il possibile di ricordare. E' importante.

LAURA       Ero proprio sicura che... Pazienza!

MASSIMO     (Agitato, violento.) No! La pazienza non mi serve. Voglio il fazzoletto. (Deciso.) Posso cercarlo io? In fin dei conti sono un commissario di polizia.

LAURA       Lo cerchi dove vuole.

MASSIMO     Comincio da questa parte. (Esce in fretta a sinistra.)

LAURA       Però... Sarà stato il ladro a dirgli che ha rubato proprio in quella camera, (Indica a sinistra.) se no come farebbe a saperlo?

LIDIA          (Appare allegra al fondo.) Buongiorno, avvocatessa.

LAURA       E' fuggita dal carcere?

LIDIA          Sono libera! Libera!

MICHELE  (Deluso.) Una cliente perduta.

LIDIA          La ragazza di cui parla il giornale del pomeriggio è stata assassinata da altri.

LAURA        (Sta per svenire.) E'... è sicura?

LIDIA          Sicurissima, La mia amica Mariuccia è viva! Ma le spiegherà meglio di me... (Va al fondo, rivolta verso l'esterno.) Da questa parte. Venga, signor commissario.

LAURA       (Crolla sopra una sedia.) Un altro co-co... co-commissario di polizia?!?...

LIDIA          Sì. E' quello che fa le indagini sulla morta del fiume. Mi ha accompagnata, perché desidera parlare con lei.

LAURA       Co-co... co-con me?!?

MICHELE  Ti fai pubblicità, Laura! Ti fai un nome! Io li vedo già...

LAURA       (Sottovoce.) ...in galera.

BORSARI  (Appare al fondo. E' un distinto, burbero commissario di P.S. di qualsiasi età superiore ai trent'anni.) Bel posto...

MICHELE   (A Borsari, stringendogli calo­rosamente la mano.) Caro commissario, s'ac­comodi. Sono lo zio dell'avvocatessa. (Indica.)

LAURA  (Che si alza in piedi a fatica, e fa un lieve cenno col capo.) Molto lieta.

LIDIA  La signorina sarebbe stata la mia lega­le. Glie lo dica anche lei che sono innocente.

BORSARI  Certo. La qui presente signorina Lidia Molfese è totalmente estranea al fat­taccio dei ponte Vittoria. Per giunta, il suo scrupolo di venire a costituirsi ha dato il via alle ricerche ed al conseguente ritrovamento di una borsetta che pensiamo appartenga a un'annegata.

LAURA       E l'an-l'an... l'annegata e stata tro­vata?

BORSARI  Non ancora. I vigili del fuoco stanno scandagliando il fiume. Siamo ormai sicuri, però, che non si tratterà dell'amica della signorina (Indica Lidia.), poiché l'ab­biamo trovata nel suo appartamento, profon­damente addormentata.

MICHELE  (A Lidia.) Lei disse che era stata a casa, e che non l'aveva veduta.

BORSARI  Infatti l'amica della signorina (Indica Lidia.), alla quale il bagno nel fiume fece subito svanire l'ebbrezza dello spumante, con qualche bracciata s'allontanò dal punto in cui era caduta, risalì a riva e se ne andò a casa. Ovviamente sentì brividi di freddo. Allora pensò  di riscaldarsi bevendo  cognac.

LIDIA          Il cognac, evidentemente, «risvegliò» l'effetto dello spumante; e Mariuccia, invece di salire sul letto, ci finì sotto e si addormentò come una marmotta!

BORSARI   Ecco perché la signorina (Indica Lidia.) non la vide; e non l'avremmo vista neppure noi se non l'avessimo sentita... rus­sare.

LIDIA          Ci siamo abbracciate piangendo, ed abbiamo promesso solennemente che non as­saggeremo mai più neanche una goccia di spumante. Acqua! Sempre e soltanto acqua! Al massimo minerale. (A Laura.) Sapesse, avvocatessa, come si sta male con l'ossessio­ne e il rimorso di avere spinta un'amica nel fiume!

LAURA       Lo so, lo so,..

LIDIA          Ora, signor commissario, posso an­dare?

BORSARI  Quando vuole.

LIDIA          Grazie. Anche a lei, avvocatessa. Pure a lei, zio Michele! Buongiorno a tutti! (Esce allegra al fondo.)

BORSARI  (Dopo alcuni sorrisi forzati scam­biati con Laura e Michele durante una pausa imbarazzante.) Avvocatessa... La signo­rina testé uscita, durante il colloquio in com­missariato, disse che lei le domandò se la notte scorsa, e precisamente intorno a mezza­notte, essa avesse udito due donne bisticciare per una borsetta sul ponte Vittoria. (Pausa.) Perché le interessava saperlo?

LAURA       Be', perché... Perché.,. Perchéeee...

BORSARI  (Ironico.) Sì, «perchéeee»?

LAURA       Mah!... Così, per niente. Una sem­plice curiosità.

BORSARI  Che diventa per lo meno «strana», poiché per ora l'unica cosa trovata è una bor­setta, e proprio impigliata in un pilastro del ponte Vittoria. (Pausa.) Lei ha sempre eserci­tato la professione forense? (Sarcastico.) Ha sempre fatto l'avvocatessa?

MICHELE  (Interviene deciso.) Che domande! Non le farebbe neppure il più rimbambito sceriffo del Texas! (Occhiataccia di Borsari.) Okey, scusi; ma io arrivo fresco fresco da Dallas e non comprendo il suo comportamen­to, signor commissario della polizia italiana.

BORSARI  (Sornione.) Anch'io, signor Gringo... Oh, scusi; ma non conosco il suo nome.

MICHELE  Michele De Angelis, detto «Mike del Texas»!

BORSARI  (Gli stringe la mano.) Guido Borsari, detto «il mastino del terzo commissa­riato». (A Laura, indicando il telefono.) Mi permette di telefonare?

LAURA       (Distratta)  Prego. (Borsari solleva il ricevitore, ma prima che lo avvicini all'orec­chio, Laura, ricorda e urla.) No!

BORSARI  (Stupito, ripone il ricevitore sul­l'apparecchio.)  Perché?

LAURA       A-a... a-aspetto una telefonata. (Tossi­sce esageratamente. Il telefono squilla.) Vede? (Risponde.) Pronto... Oh, illustre presidente... (Sottovoce, a Borsari, coprendo il micro­fono con la mano.) E' il presidente della... della...

MICHELE  Repubblica?

LAURA       Sì. Cioè! No. E' il presidente della... della Corte di Cassazione. (A Borsari.) Mi stima molto. (Al telefono.) «Tua» moglie mi invita a cena?... Senz'altro. Grazie. «Ciao», presidente. E saluta la «tua»gentilissima consorte. (Posa il ricevitore che.)

BORSARI  (Si precipita a sollevare ed a por­tare all'orecchio. Stupito, batte alcuni colpi sul gancio commutatore, mentre Laura si allontana preoccupata.) Non c'e la linea. (Posa il ricevitore, osserva da vicino l'apparecchio, quindi segue con la mano il filo verso terra, e lo solleva.) Dov'è la presa?

LAURA       (Con esagerata disinvoltura.) La pre­sa?!?... Chi ha preso la presa?

MICHELE  E chi ha preso la presa, perché l'ha presa?

BORSARI  (Lascia cadere il filo e fissa Laura, sarcastico.) Adesso faccio un ragionamento ad alta voce sul fattaccio del ponte Vittoria... Immagino che due donne, sole o in compagnia vedremo in seguito, ieri sera abbiano parteci­pato «piuttosto intensamente» alla festa del Circolo degli Artisti, situato a duecento metri dal ponte. Dopo avere esagerato nei brindisi, le due donne di mia immaginazione tornano a casa, e proprio sul ponte vengono a diverbio per lo scambio delle borsette. (Pausa, poi pun­ta l'indice su Laura, accusatore.) Lei dov'era a mezzanotte?

LAURA       (Indietreggia di mezzo passo.) Qui... In casa, ero.

BORSARI  (Incalzante, come lo sarà d'ora in poi.) Chi potrebbe testimoniarlo, oltre ad un'eventuale domestica?

MICHELE  «Governante», prego.

LAURA       Nessuno. Ero sola, ero. Aspettavo mio zio, che aveva telefonato dall'aeroporto.

BORSARI  Spiacente, avvocatessa, ma...

NERONE    (Entra spaventato da sinistra, allacciandosi i pantaloni.) Aiuto!... Un uomo dallo sguardo minaccioso è entrato in camera mia!... Sta frugando dappertutto!

LAURA       (Trionfante.) Ecco! Ho un testimone inconfutabile.

BORSARI  (Indica Nerone, scettico.) Questo ragazzino?

LAURA       No. Il signore è arrivato dall'America con mio zio (Indica Michele.) ed è mio ospite.

BORSARI  (A Nerone.) Le piace l'Italia?

NERONE    Non lo so, perché sono sempre in fuga.

BORSARI  (A Laura.) Che significa?

LAURA       Niente. Il mio testimone, comunque, è addirittura un suo collega, un commissario di polizia. (va alla porta di sinistra.) Commis­sario!... Venga un momento, per favore.

MASSIMO     (Entra da sinistra, infuriato) Non l'ho trovato,

BORSARI  (A Massimo.) Cosa fai, qui?

MASSIMO     (Sconcertato, fa l'atto di fuggire al fondo.)

BORSARI  (Estrae una rivoltella e glie la punta al petto.) Fermo, Massimo Dorsini!

NERONE    (Urla.) Daccapo! (E con un balzo si nasconde alle spalle di Michele.)

BORSARI  Su le mani!

(Massimo esegue.  Borsari lo perquisisce rapidamente, gli astrae una rivoltella dalla cintola e la intasca.)

MICHELE  (Indignato.) Mai visto neppure in un film di cow-boys! Come si permette di perquisire un suo collega?

BORSARI   Mio collega?!?... (a Massimo.) Met­titi lì. (Gli indica l'angolo della scena vicino alla porta di sinistra. Massimo obbedisce, rassegnato.) E non. ti muovere, se no... (Agli altri.) Questo tipo è già stato al fresco una dozzina di volte. E' un ladro patentato,

NERONE    (Sempre nascosto alle spalle di Michele.) Impossibile!

BORSARI  Chi lo dice?

NERONE    Io. Infatti il ladro è... una ladra. L'ho vista bene in faccia. Saprei riconoscerla fra mille persone, e...

PIERA         (Appare al fondo, scura in volto, con una borsetta a tracolla.)

NERONE    (La   indica,   rannicchiandosi   tre­mante   alle  spalle   di  Michele.)   Eccola,  la: ladra! (Laura si nasconde il viso fra le mani.)

BORSARI  (Punta l'arma su Piera.) Mani in alto, accanto a lui! (Indica Massimo.)

PIERA         (Alza le mani, ed esegue, dicendo a Laura.) Anche questa mi pagherai!

NERONE    Aveva pure la pistola!

PIERA         Sì, ma finta, ad acqua. (La estrae dalla borsetta.)

NERONE    Ho di nuovo coraggio! (Dalle spalle di Michele balza di fronte a Piera.) Non è vero che la pistola sia ad acqua.

PIERA         Sei sicuro, bimbo? (Nerone accenna di sì col capo. Piera gli spruzza l'acqua in faccia.)

NERONE    Ho di nuovo paura! (Torna alle spalle di Michele.)

BORSARI  (A Piera.) Su le mani e ferma! (Piera obbedisce.)

SILVANA  (Appare al fondo, allegra.) Salve a tutti.

MICHELE  (La indica.) Questa sì, che è una rapinatrice! (Laura, con le mani sul viso, crolla a sedere.)

BORSARI  (A Silvana.) Mani in alto!

SILVANA  Come dice?

BORSARI  Mani in alto! (Silvana esegue.) Mettiti accanto a quelli. (Indica Massimo e Piera.) Anche una rapinatrice, eh? Questa è un'associazione a delinquere!

SILVANA  Ma io... Sono soltanto venuta qui per dire a Laura, cioè all'avvocatessa, che la nostra amica Milena Fabbri sta benissimo.

LAURA       (Scatta in piedi, contenta.) Davvero?

SILVANA  Certo, Appena l'hai lasciata sul ponte Vittoria, per dispetto ha scaraventato in acqua la tua borsetta. Poi è andata a casa e si è addormentata profondamente. Quando si è svegliata era ormai tardi per venire alla stazione, dove aveva l'appuntamento con me. E siccome temeva i miei giusti rimproveri, soltanto dieci minuti fa ha osato telefonarmi,

LAURA       Ha capito, signor commissario? Quel­la borsetta è mia, e nel fiume ha fatto il volo «da sola». Nessun cadavere, quindi.

BORSARI  Non le credo!

LAURA       Le rammento che sono una persona rispettabile.

BORSARI  Glie lo dico io cos'è. Una capo banda! E questi (Indica i tre nell'angolo.) sono  suoi  complici.

MICHELE  (Disorientato.) Allora... chi sono, io?

BORSARI  Un gangster, braccio destro della capa!

NERONE    (Piagnucola.) Chissà chi sono io'?

BORSARI  Magari il super-capo, mascherato da idiota! (A Laura, Michele e Nerone.) Su le mani anche voi! (I tre eseguono.) Nel­l'angolo! (I tre, esterrefatti, si uniscono agli altri tre.)

SILVANA  E' un equivoco.

PIERA         Sta prendendo un granchio.

NERONE     Sta  «granchendo  un pranchio».

MICHELE  Farò intrevenire gli Stati Uniti, per chiedere soddisfazione all'Italia!

BORSARI  (Ironico.) Scoppierà la terza guerra mondiale.

LAURA       Siamo innocenti!

BORSARI  Innocente proprio lei, che si di­chiara avvocatessa, mentre l'intero quartiere sa che fa la pittrice; che manda un'innocente a costituirsi, per nascondere che bisticciava lei, sul ponte Vittoria, con la donna precipi­tata nel fiume; lei, che ha la casa frequentata da ladri e rapinatori. Innocente proprio lei, che riceve telefonate di persone importanti con un apparecchio non collegato. Per giunta vor­rebbe provare la sua buona fede, presentan­domi per commissario di polizia un pregiu­dicato. Ce n'è abbastanza per spedirvi tutti in galera qualche lustro!

TUTTI          (Escluso Massimo, invocano in coro.) Pietà! - Si sbaglia! - Non faccia così! - Ci lasci andare! - E' un errore!

LAURA       (Boccheggiante.) Ha ragione, signor commissario, ma le giuro che sono tutte appa­renze, è stato solamente uno scherzo per nascondere a mio zio (Lo indica.) che io pure avendo conseguito la laurea in legge, ho sem­pre fatto la pittrice. (Crescente stupore di Michele, che non sa più cosa pensare o dire.)

PIERA, SILVANA e LAURA  (Abbassano le mani e avanzano verso Borsari, dicendo insieme.) E' vero! - Pura verità! - Mi creda!

MASSIMO     (Contemporaneamente, con un bal­zo esce al fondo.)

BORSARI   Ferme! Mani in alto e tornate nel­l'angolo! (Le tre eseguono.)

NERONE    Que-que.,. Que-quell'uomo è fug­gito!

BORSARI  Non andrà lontano. La villa e cir­condata dai miei uomini. Tenetelo a mente anche voi.

MICHELE   Dorotea!... Mi raccomando, sce­riffo... Cioè! Commissario, la prego di non spaventare Dorotea.

BORSARI  Chi è?

MICHELE  La governante dì mia nipote. Se permette glie la presento.

BORSARI  (Ironico.) Ma sì, conosciamo anche Dorotea.

MICHELE  (Abbassa le mani e va alla porta di destra.) Signorina Dorotea!... Venga, cara. (Gira le spalle alla porta di destra. Appassio­nato.) Perdono le menzogne di mia nipote, soprattuto perché per merito suo ho avuto la gioia di conoscere la dolce creatura...

FABR1ZIO  (Appare, e si ferma, sulla soglia della porta di destra, con abito e atteggiamen­to maschile come all'inizio del primo atto.)

MICHELE  (Senza voltarsi, e chiudendo gli occhi, poetico, continua.) ...che sento arrivare, alle mie spalle. (Crescente sorpresa di Borsari, Piera e Nerone, mentre le altre, al corrente della situazione, trattengono a stento le risa.) Ella e la femminile ed amata Dorotea! Ella è la mia delicata e forte Dorotea, che sposerò al più presto.

BORSARI  (Ironico, dà un colpetto sulle spal­le di Michele.) Sveglia, Buffalo Bill!... (Michele apre gli occhi.) Se quella (Indica Fabrizio.) creatura è Dorotea, io sono Sofia Loren! (Oppure dice altro nome d'attrice, molto conosciuta per la sua avvenenza.)             

MICHELE  Le proibisco di... (Si volta e vede Fabrizio. Barcolla, subito sostenuto da Borsari. Balbetta, ebete.) Lei... chi è?

FABRIZIO    (Avanza.) Il fratello di Dorotea.

MICHELE  Fratello gemello?

FABRIZIO    Ha indovinato.

MICHELE  E Dorotea? Dov'e?                      

FABRIZIO    Diciamo che in questo «saloon» è arrivato il pistolero che l'aveva ansiosamen­te cercata per tutto il Far West, e che se l'è portata via sul suo cavallo bianco.

MICHELE  (Si riprende.) Lo inseguo! Datemi un cavallo!

BORSARI  Al massimo le possiamo dare un biglietto del tranvai.

LAURA       Zio Michele, ti spiegherò ogni cosa. Fabrizio (Lo indica.) è il mio fidanzato.

MICHELE  Il tuo fidanz... Oh, povero me!... Qui, altro che in America!... Qui la vita è una. girandola!

FABRIZIO    (Ironico.) A chi lo dice!... (Estrae di tasca il fazzoletto di Massimo e si asciuga il sudore dalla fronte.)

LAURA       (Toglie il fazzoletto dalle mani di Fabrizio, e lo fa vedere a Borsari.) Ecco: il fazzoletto dell'unico autentico delinquente! Osservi le iniziali: «Emme. Di», ossia «Masasimo Dorsini», come l'ha chiamato lei. (Consegna il fazzoletto a Borsari, poi torna nell'angolo con le mani in alto.)

BORSARI  (Soppesa il fazzoletto, sogghigna, con movimento semi-circolare punta su tutti la rivoltella. Michele e Fabrizio alzano anch'essi le mani. Infine intasca fazzoletto e rivoltella, sorridendo.) Giù le mani e tranquilli. (Tutti, escluso Nerone, abbassano le ma­ni.) La vostra (Indica Silvana e Laura.) amica Milena Fabbri, quella della borsetta, appena svegliatasi in ritardo, e dopo avere appreso dalla radio che cercavamo un'anne­gata nei pressi del ponte Vittoria, si precipitò da me, in commissariato. La consigliai io stesso di telefonare a lei (indica Silvana.), per rassicurarla. e lei, chiacchierona, le rac­contò il grosso pasticcio «giallo» in pieno svolgimento in questa villa. Incuriosito, do­mandai alla sua (indica Silvana.) amica, che avevo notato un po' sconvolta dalla telefonata, che cosa lei le aveva detto. Mi raccontò tutto.

LAURA       Per quale motivo, allora, ci ha spa­ventati?

BORSARI  Per insegnarvi che non bisogna scherzare col fuoco. Delinquenti ce ne sono già troppi. Non è il caso di aggiungerne dei fasulli. Comunque, sono contento perché la fortuna mi ha fatto acciuffare questo. (Estrae il fazzo­letto e poi lo intasca.).

LAURA       (Sincera, affettuosa, a Michele.) Mi perdoni, zio, anche se la «tua» Dorotea (Strin­ge a sé Fabrizio.) si è... come dire?... «vola­tilizzata», per lasciare posto al mio Fabrizio?

BORSARI  (A Michele, allegramente confi­denziale.) Suvvia, «zio!>... Perché se la pren­de? Ho sentito dire che sua nipote ha grandi possibilità artistiche. Meglio una buona pit-trice, che una cattiva avvocatessa. Le pare?

MICHELE  Sì, ma... (Sincero, sorridente.) Ma niente! (Abbraccia Laura.) Okey!

BORSARI  (Nota Nerone.) Giovanotto!... Cosa fa ancora in quell'angolo, con le mani in alto?

NERONE    (Infantile.) Io.. Ho sempre paura io. (Piera, Silvana e Laura stringono Nerone in un cordiale abbraccio, e lo accarez­zano, con evidente soddisfazione dello stesso.)

SILVANA  Mi fa tenerezza!

PIERA         Simpaticone!

LAURA       E' tanto caro!

FABRIZIO    (A Borsari e Michele, indi­cando Nerone con satirico dispetto.) ...e poi dicono che quello è cretino!

(E sul sorriso di tutti si chiude il sipario.)

FINE DELLA COMMEDIA

L'anteprima di questo giallissino-supercomico è stata effettuata con grande successo dalla COMPAGNIA STABILE TORINESE DEL TEA­TRO COMICO il 29 giugno 1972 nel Teatro Pirandello di Benne (TO) con l'interprelazione di RITA CHIALES (Laura.), GINO AMERIO (Fabrizio.), RENATO RUSPISI (MICHELE.), LUCIANO OGGERO (NERONE.), GABRIELLA TARICCO (Sil­vana.), MASSIMO ROBERTO (Massimo.), PAOLA BERTOLINO (Lidia.), MARIO RIDENTI (Borsari.), VALERIA ACCHIARDI (Piera.).

Regia dell'Autore.