Guarda l’uccellino

Stampa questo copione

Voce: San Candido di Fragore, stazione di San Candido di Fragore

GUARDA L’UCCELLINO

Commedia in due atti di Mimmo Spazioso

Copyright SIAE 1999

PERSONAGGI:

Paolo (30 anni)

Sandro (30 anni)

Elisabetta (30 anni circa)

Periclea Rossetti d’Incalzo Manieri (55 anni circa)

Epoca: attuale. I riferimenti ad episodi storici occasionalmente citati ed altre pertinenze di carattere temporale possono essere naturalmente modificati e sostituiti.

ATTO PRIMO

PAO. (Dapprima si ode il lavorio della chiave nella serratura di sicurezza della    porta a destra; subito dopo si accingerà ad entrare ma sarà richiamato da     qualcuno che, dallo stesso pianerottolo, si capirà ne abbia attirato          l'attenzione, e con questa persona intratterrà dialogo) Come? Ce l'ha con me?  Buongiorno, dica. Sì, diciamo che sono il nuovo inquilino. No, non      sono un ladro;     "diciamo" è appunto un modo di dire, per dire, si dice          così...Cioè, si intende nel senso di "sì, sono il nuovo inquilino", così va          bene? Brava. Olivieri, molto lieto.     Sì, non mancherà occasione.  Gliela    saluto sicuramente, ma non è mia moglie. No, cioè, non ancora... Non lo      sappiamo; magari tra un paio di mesi, tre, quattro...E  saranno pure fatti nostri, mi pare, signora, perdoni. No, non mi arrabbio; è che non abbiamo     deciso.  Va bene, glielo faremo sapere, sì. Stia tranquilla, non ci occorre      niente. Non faccio complimenti, signora, davvero. Va bene, se mi serve     qualcosa...Come un "colpo” di campanello?  Ah, nel senso di...Sì,      d'accordo. Di nuovo tante grazie, arrivederci. (entra e chiude             poggiando le spalle all'uscio, quasi a volersi riposare della fatica compiuta per sbarazzarsi della noiosa vicina) Cominciamo bene, cominciamo.    Rompiballe! Le dieci meno cinque, e già la prima scocciatura! Un colpo di        rivoltella, altro che campanello!  (muove un passo ma rischia di scivolare          malamente) Ma che cavolo...? Ha passato la cera? Me lo vuoi dire che hai          dato la cera? Mi vuoi avvertire?  (nota un largo foglio incollato alla porta)          E questo?  (lo strappa dal legno) “Amore dolce; la signora Ida, che avrai       sicuramente conosciuto prima     di fare ingresso nel nostro nido...” Sì, l'ho conosciuta!  “...Si è offerta di dare la cera nelle stanze, e l'idea mi è sembrata meravigliosa, non trovi anche tu?” Ma quando mai, è di una pericolosità unica! “Certa che saresti stato d'accordo, ho provveduto a       comperare le pattine che vedi alla tua sinistra...” (guarda di lato,       scorgendone quattro paia di diversi colori) Ah, abbiamo anche   l'imbarazzo della scelta! “...e che ti chiedo di usare da "subito" per evitare graffi e impronte sul pavimento. A prestissimo, la tua fatina”. Ah, dovrei...      Non se ne parla nemmeno. (accenna a spostarsi verso il centro          dell'ambiente ma si sente nuovamente mancare il pavimento sotto i piedi.   Decide quindi di muoversi a piccolissimi passi per evitare incidenti) Ma         quanta ne ha messa? Io poi non l'ho mai potuta soffrire questa robaccia per terra! Uno in casa sua dev'essere padrone di camminare da essere    umano, non deve strisciare come una lumaca sulla  bava...Che schifo! Eh,           padrone in casa sua...Questa dovrebbe essere casa mia, anzi, meglio, casa        nostra! Io non ci posso credere ancora; l'ha detto e l'ha fatto. Che donna!          Credevo che fosse uno scherzo, ma a questo punto devo arrendermi. “Paolo, non si può continuare a questo modo, bisogna mettere un punto         fermo nella nostra vita di coppia, non possiamo restare fidanzati a vita, io      ho bisogno delle mie certezze di donna”. Ma Lisa, Lisa, il punto fermo ce        l'abbiamo; anzi, due punti, me e te, il nostro amore maturato in questi tre,        quattro anni...Saranno tre o quattro? Beh, non ha importanza. Per tutta risposta: “ecco le chiavi della nostra casa”. (le fissa) Queste! E mi ha          fregato. Aveva tutto pronto, tutto organizzato, calcolato nei minimi   dettagli. Però, gradevole nell'insieme (fissa il quadro) a parte quella        crosta...Beh, si toglie e si mette qualcosa di meno orrido... Non ci vuole molto. Il resto si può fare col tempo.  Dopotutto, anche la convivenza è una    prova d'amore.  Adesso che ci penso; non abbiamo mai dormito insieme in       questi tre, quattro anni...Tre o quattro? Io veramente ho perso il conto.         Però è stata carina; ha pensato anche al mobiletto bar, lo sa che ci tengo          tanto. Il fatto della cera, però, non mi scende; finisce che mi traumatizzo.    Va bene, per adesso mettiamo questi accidenti di  pezzuole, ma appena    arriva chiariamo subito la faccenda. Una bella sgrassata e non se ne parla        più. (Calzando le pattine) Ecco. Eh! Guarda che cosa ignobile; certo,    abbiamo recuperato un minimo di stabilità. Io, poi, ho sempre odiato     anche sciare. Mi piace il mare! E l'estate si va in spiaggia, sia chiaro!          Quando viene, glielo dico. (squilla il suo cellulare) Pronto? Ah, sei tu,          Lisa? E perché mi chiami? Ti aspettavo...Sono solo, certo...Chi ci dovrebbe essere? In ritardo? Scusa, in ritardo di che? Sono arrivato alle     dieci meno cinque...No, ho guardato l'orologio perché la prima scocciatura    della mattina risale proprio a dieci     minuti fa...Sì, la signora Ida. No, la   sorpresa m'è  piaciuta, diciamo così; solo, ci sono due o tre cose che devo dirti...Eh; la ce...No, non mi pia...E le pat...Va     bene...Oh, poi il qua...Ne          parliamo dopo?  Va bene, ma quando arrivi? Ah, ecco. Senti, amore, una domanda: quanti anni sono che...Cioè, è da tre o quattro anni     che...Te la        faccio dopo, la domanda? No, non è importante. E allora te la faccio dopo,      ho capito...Che vuol dire “sei sicuro di essere solo”?  Si capisce che sono         solo!  Sì, d'accordo, ti aspetto. Ciao, amore; ciao. (chiude la          comunicazione) Che domande! E' sempre stata gelosa, ma mi pare che     adesso esageri. Beh, vediamo il resto di questo "nido", come lo chiama       lei.          Comincio di qua o di là? Io vado di qua, da una parte o dall'altra è lo        stesso (dirige a sinistra). Ma dev'essere grande, 'sta casa. E quanto costerà   al mese?Ah, Lisa, Lisa, come ti è saltato in mente?  Pensavo di conoscerti     bene dopo tutti questi anni. Ma sono tre o quattro? No, appena arriva   glielo chiedo; mi invento una scusa e me lo faccio dire da lei.  Io non mi ricordo. (è ormai fuori scena a sinistra al fondo quando trilla il          campanello di ingresso. Torna sui suoi passi) Ma come, proprio adesso?     Ma non ha le chiavi? Com'è possibile; un solo mazzo?  Momento.  Arrivo.      Il tempo di stabilire il record della pista e sono da te. (apre la porta,           convinto di trovare Lisa sul pianerottolo; invece si imbatte in un giovane, in abiti estremamente sportivi, con un grosso borsone a tracolla, il volto    sorridente e la mano alzata come volesse chiedere qualcosa. Deluso,       quindi, dopo averlo traguardato un attimo) No, grazie, non ci serve niente,          abbiamo tutto; detersivi, strofinacci, centritavola, e siamo pure cattolici.     (chiude e dirige nuovamente a sinistra) Non pare vero. Sono appena        entrato in casa e già si presentano questi con i prodotti! Cose da pazzi!       (si blocca un attimo, pensa brevemente) Ma io, questo...(torna indietro alla          porta) Aspetta, aspetta...Questo l'ho già     visto...(riapre e si ritrova       nuovamente di fronte il giovane che, questa volta, ricambia il suo stesso   sguardo incredulo) Ma allora non mi ero sbagliato!

SAN. E neppure io, quindi!

PAO. Tu sei Tonelli!

SAN. Olivieri!

PAO. Sandro!

SAN. Paolo! (si abbracciano con trasporto, piroettando a soggetto fino ad invertirsi nelle posizioni). Ora parleranno all'unisono, usando le stesse    frasi e creando una comprensibile confusione che terminerà con la     decisione di ripetere nuovamente la scena.

SAN/PAO. E che ci fai, qui?  Chi, io? Dicevo; e che ci fai, qui? Che ci faccio, io?          Aspetta, uno alla volta. Parla tu. D'accordo. Allora, come mai ti trovi qui?                  Ricominciamo. E' meglio. (ora Sandro muove qualche passo verso il centro e Paolo esce dalla porta) No, non è così. (si invertono nei percorsi)          Cerchiamo di         restare calmi. Sì. Devo stare calmo. (Paolo richiude la          porta e, dopo un attimo, il campanello trillerà ancora. Adesso, riaprirà     con decisione)

PAO. Tonelli!

SAN. Olivieri!

PAO. Sandro!

SAN. Paolo!

PAO. (marcando) E che ci fai, qui?

SAN. Suonavo il campanello.

PAO. Così va bene. Ma che fai ancora sulla porta? Entra, no? Qui sei in casa     tua!

SAN. Con piacere, ti pare...(si fa avanti) Solo un minuto, però, perché ho pure    un impegno.

PAO. Impegno? Tu non hai più impegni oggi; chi ti lascia più. (chiude la porta)           Ma guarda che sorpresa: proprio la giornata delle sorprese; Sandro         Tonelli, l'ultima persona che mi sarei aspettato di vedere 'stamattina. Non          ci posso credere. Mi hai perdonato, Sandro?

SAN. E di che cosa?

PAO. Devi scusarmi, ma quando ho aperto e ti ho visto con questo borsone a      tracolla, cerca di capirmi, subito ho pensato: questo è un venditore di     prodotti a domicilio.

SAN. E perché scusarti, Paolo? Qui, magari, càpitano spesso di questi        scocciatori, per cui capisco perfettamente la reazione che hai avuto.          Chissà come sarai stressato.

PAO. Di che?

SAN. No, da questi venditori che ogni giorno suonano alla porta...

PAO. Ma non lo so se suonano ogni giorno...

SAN. Insomma, molto spesso, di frequente...

PAO. Veramente, qui, tu sei il primo che vedo.

SAN. Il primo?

PAO. Parola d'onore.

SAN. Ma io non sono un venditore.

PAO. Che c'entra, adesso lo so, ma il fatto di questa cosa a tracolla...

SAN. E che vuol dire? Se non ne hai mai visti, a casa tua, solo perché uno con la          borsa a tracolla ti suona il campanello, ti senti autorizzato a pensare che si tratta di un venditore porta a porta? Che ne sai tu di cosa ci può essere nella borsa?

PAO. E non lo so, Sandro, non lo so. Avanti, sentiamo, che vendi?

SAN. Ma non vendo niente!

PAO. (scherzoso) Era una battuta, Sandro. Ho fatto la battuta e non l'hai capita. Proprio come a scuola; io facevo le battute e tu non le capivi, non           sei cambiato per niente, ne ho piacere tanto; davvero, davvero.

SAN. Sì: facevi le battute; sparavi fesserie, diciamo la  verità.

PAO. (tirandogli un ganascino) sparavo fesserie, bravo; solo lui non rideva,        Sandro Tonelli, e io sparavo fesserie. Gli altri si scompisciavano e io      sparavo fesserie; tutti fessi erano gli altri; bravo!

SAN. Paolo, fai male, lascia stare.

PAO. Sì.

SAN. Meglio.

Parleranno nuovamente all'unisono come in precedenza.

SAN/PAO. E che ci fai, qui? Chi, io?

PAO. Per piacere, fermiamoci; parla uno alla volta. Chi comincia? Cominci tu? E comincia.

SAN. E che ci fai, qui? Io ti credevo ancora a casa vecchia, vicino a scuola. Ma   come avrei mai potuto rintracciarti? E quando ci sei venuto? E'da molto? E tua madre come sta? Tuo padre? Stanno bene? Dove sono, fammeli       salutare. Stanno di là? Vado io, gli faccio la sorpresa,  vediamo se mi       riconoscono.

PAO. (avrà, senza successo, cercato di interrompere la sequela di domande          dell'amico) Non ci sono Sandro, stai calmo, non ci sono. Ma questa non è   casa di mio padre. I miei genitori stanno a casa loro.

SAN. Non mi dire! E' casa tua? Ti sei sposato? Da non credere, te lo giuro.          Paolo Olivieri si è sposato! E da quanto tempo?  La conosco? E' bella, sì?   Come si chiama, fammi sapere!

PAO. Lisa, si chiama Lisa, però non è proprio...(squilla il suo cellulare) Scusa     un attimo. Pronto? Lisa; di nuovo? (a Sandro) E' Lisa. (al telefono) Con   chi sto parlando? Guarda, una combinazione meravigliosa, non ci crederai...Ah, ci credi? (a Sandro) Ci crede. (al telefono) E' Sandro; non lo vedevo da sei o sette     anni...

SAN. Cinque.

PAO. Cinque anni, mi dice. E stiamo qui, stiamo parlando. Come va?        Benissimo, come deve andare? Eh, ti aspetto, anzi, ti aspettiamo. Sì, fai      presto. Ciao, Amore; ciao. (chiude la comunicazione) Niente, era Lisa;     aveva già  chiamato prima...

SAN. E com'è questa Lisa, com'è? E' alta? No, non può essere alta, certamente; dev'essere della misura tua, per forza. E l'hai trovata nonostante      l'altezza?

PAO. Ma perché; sono basso, io?

SAN. Bravo, Paolo, non ci avrei scommesso cinquanta lire. Ma non ti dovevo      fare da testimone? Te ne sei scordato, eh? Si capisce, ci si perde di vista;         nuove amicizie, nuovi ambienti, e ti sei scordato di Sandro Tonelli,   compagno di banco per tredici anni di scuola, dalle elementari al diploma.        E questo non si fa, Paolo, non si fa, ma te lo perdono se sei felice. Sei felice,       Paolo?

PAO. (tirandogli ancora un ganascino) Sandro, vuoi stare zitto un momento?     Vuoi stare zitto? Stai zitto?

SAN. Ma lascia stare, fai male!

PAO. Faccio male, ma come faccio a farti stare zitto un secondo se non ti faccio   male? Oh! Io capisco, è una vita che non ci vediamo, ma andiamo con       calma, che fretta c'è?! Posa 'sto borsone, intanto, che mi sembri un venditore porta a porta. Sediamoci; vieni, accomodiamoci sul divano.

SAN. (precedendolo) Come vuoi, ma solo un momento, te l'ho detto.

PAO. Eh, un momento...Ma scusa, Sandro, tu non scivoli?

SAN. E perché dovrei scivolare?

PAO. E come, c'è la cera sul pavimento, la sciolina.

SAN. Ah, c'è la cera?

PAO. Da fare paura. Non la vedi?

SAN. Ma non me ne accorgo.

PAO. Non te ne accorgi?

SAN  Con queste scarpe, no.  Hanno la suola antiscivolo, non perdono la presa   nemmeno sul ghiaccio; si ancorano alle superfici come picozze da     alpinista, sono fatte apposta. Sono come chiodate.

PAO. Chiodate?

SAN. Una meraviglia. Penetrano nelle superfici a fondo.

PAO. Gesù! Fammi il piacere, mettiti questi arnesi, prima di penetrare nel pavimento. Me lo dice adesso che penetrano!

SAN. Ma se dobbiamo sederci...?

PAO. Lo so, dobbiamo sederci, ma poi devi alzarti e mi fai la filigrana       dappertutto; lascia stare, mettiti queste e non spingere troppo, non ti    appesantire, tieniti sollevato quando cammini, come se volessi volare,         come se dovessi camminare sulle acque.

SAN. Sì, faccio il miracolo.

PAO. Non occorre, basta un po' di delicatezza. Ma dove cazzo devi andare con   queste scarpe? Sei uscito di casa per scalare il Cervino, non so, qualche         ghiacciaio eterno? Stiamo, in pianura, Sandro.

SAN. Che c'entra, sono comode, ci sono abituato.

PAO. Posso anche capirti, ma visto che vai nelle case degli altri, puoi anche          prevedere di trovare un parquet, delle maioliche preziose, non so, un cotto         pregiato...La cera passata di fresco...

SAN. Io, di solito, non vado in giro per le case degli altri.

PAO. E qui non ci sei entrato?

SAN. Perché c'eri tu e mi hai invitato a entrare.

PAO. Gli altri ti tengono sulla porta.

SAN. Come "sulla porta"?

PAO. Insomma, il tempo necessario per la compravendita o per cacciarti...

SAN. Compravendita di che?

PAO. E io che ne so, Sandro? Tu ancora non me l'hai detto che cacchio vendi?

SAN. Ahhh! Ma lo vuoi capire che non vendo niente?

PAO. No?

SAN. No.

PAO. E allora, vai in giro a suonare i campanelli per sport? Per questo porti le   scarpe chiodate? Siccome non ci sono montagne, Sandro Tonelli fa     l'arrampicata dei condomini e, visto che si trova, suona qualche          campanello, per     segnalare le quote raggiunte; è così?

SAN. Nossignore, ho solo sbagliato porta.

PAO. Questo è sicuro. Però, io ti ho fatto entrare, come vedi. Se suonavi a un      altro potenziale cliente, vedendoti con quelle scarpe, ti teneva sulla soglia.

SAN. Vabbè, non c'è verso di convincerti.

PAO. Era un'altra battuta, Sandro! Sei pervicace; insisti! Ti ostini a non capire le battute. Lo so che non vendi niente.

SAN. Meno male!

PAO. E' logico! Con quegli scarponi! Tu mettiti un bel paio di mocassini, e poi    vedi che qualche soldo lo rimedi.

SAN. Questa, pure, era una battuta?

PAO. Più che altro un consiglio.

SAN. Continua a scherzare.

PAO. E andiamo, lo sai che mi è sempre piaciuto: mi togli il buonumore, mi hai tolto la vita.

SAN. E intanto hai trovato chi ha fatto lo scherzetto a te.

PAO. Lo "scherzetto"?

SAN. La donna che ha saputo incastrarti; tua moglie.

PAO. Mia...Ah, no, ho capito, ma non è come credi.

SAN. Ma che neghi a fare? Ti vergogni? Beh, certo, costretto dalla consorte a     calzare le copertine per non sporcare il pavimento...

PAO. Io non ho niente da vergognarmi, e questa è una situazione estremamente          momentanea.

SAN. Contento te, contenti tutti.

PAO. Ma ugualmente non è come pensi tu.

SAN. E com'è, com'è, sentiamo...

PAO. E' una storia lunga, una faccenda ormai di tre o quattro anni...

SAN. Ah, da quattro anni?

PAO. O tre, adesso non ricordo, ma non è importante.

SAN. Non ti ricordi la data?

PAO. Che data?

SAN. Del matrimonio.

PAO. Ma non è stato un...Va bene, ne parliamo con calma, così mi dai anche un          consiglio: perché ho bisogno di un consiglio di un vero amico come te;        guarda, sei capitato proprio come una manna dal cielo; non avresti potuto          scegliere un momento migliore per farti vivo.

SAN. Un periodo di crisi?

PAO. No, non si tratta di crisi; è che devo prendere una decisione, e con una        certa urgenza.

SAN. Hai una relazione!

PAO. E certo che ce l'ho.

SAN. Con una donna?

PAO. E che, con un uomo?

SAN. E perché...Poteva essere...Tante volte...

PAO. Ma non dire cazzate!

SAN. Una donna sposata?

PAO. No, non è sposata.

SAN. Peggio. Ma come ti viene in mente? Rischiosissimo, Paolo! Rischiosissimo! Le relazioni vanno bene con le donne sposate, non con le nubili! Una      donna sposata deve mantenere la storia segreta, non le conviene fare      pubblicità, ha da perdere: meglio ancora se il marito è ricco; più sono        ricchi i mariti, più sembrano fedeli le mogli, e questo è proprio un teorema          accertato. Una ragazza ti inguaia, ti lega, ti obbliga a scelte di cui dopo          potrai pentirti amaramente; ti fa arrivare dritto in tribunale: dove,          chiaramente, hai torto nei confronti della controparte. E dopo, ti molla. E'          un classico. Così non hai più la relazione e nemmeno la famiglia!

PAO. Ma io, una famiglia, non ce l'ho.

SAN. Ti "sembra" di non averla, si capisce; perché in questo momento sei annebbiato da questa presenza fresca, giovane, magari, diciamolo pure, voluttuosa, sensuale, accattivante, spregiudicata; tutte qualità di una          donna che fanno perdere la testa, quindi non riesci a guardare la realtà     con occhio sereno. Ma tu una famiglia ce l'hai, Paolo, non puoi          distruggerla per una passione momentanea.

PAO. Ma non è momentanea...

SAN. Ah, no? Allora è una cosa seria? Secondo te, è una cosa seria?  Avanti,      sentiamo, da quanto tempo dura, questa cosa seria.

PAO. Ma te l'ho detto; tre o quattro anni, dovrei fare mente locale per esserne     sicuro; infatti mi ero ripromesso di chiederglielo proprio oggi...E devo trovare una scusa, ovvio, per non urtarne la suscettibilità...

SAN. Tu stai con questa da tre o quattro anni! Cioè dallo stesso tempo...E mi      vuoi dire che nessuno si è accorto di niente, sia nella tua famiglia che nella        sua? D'accordo; non è sposata, quindi non deve nascondersi al marito,       ma    i genitori li ha?

PAO. Ha la mamma.

SAN. Hai detto niente! E tu credi che la madre non lo sappia?

PAO. Ma certo che lo sa.

SAN. E non è contraria?

PAO. Ma perché dovrebbe esserlo?

SAN. Ho capito tutto: sono d'accordo, madre e figlia! La ragazza l'avrà     convinta che per lei sei l'uomo della sua vita, che non vorrebbe perderti      per niente al mondo, che non vuole rinunciare alla sua felicità nonostante    tutto, che anche tu l'ami alla follia e sei pronto a qualsiasi gesto, anche il   più sconsiderato, e allora...

PAO. E allora...?

SAN. Non l'hai capito? Sei così cieco da non vedere e capire da solo? Devo          dirtelo io? E allora ti stanno tendendo una trappola, un tranello, come      solo le donne sanno fare: specialmente se si tratta di mamma e figlia; ti mettono davanti al fatto compiuto e ti impongono una scelta; o dentro o fuori!

PAO. (alludendo alla casa) Io, dentro, già ci sto...

SAN. Lo vedi? E non sai più come uscirne!

PAO. No, per quello, basta chiudere la porta e restituire le chiavi.

SAN. Sì, come se fosse un'automobile: “ho fatto un giro, non mi soddisfa, mi      rivolgo ad un'altra concessionaria”. Fammi il piacere!

PAO. Automobile...?

SAN. E' vero che sono capitato al momento giusto. Ascoltami, Paolo, non fare    idiozie; rifletti. Lascia perdere 'sta benedetta ragazza finché sei in tempo,       fuggi dalla trappola e pensa a Lisa. Devi pensare solo a lei. Lisa hai detto che si chiama, no?

PAO. Sì...E devo fuggire da Lisa?

SAN. Ma che c'entra Lisa che, guarda, lo dico disinteressatamente, deve essere    una santa donna, sicuramente innamorata, equilibrata e paziente...? Al    punto che sopporta la tua mediocrità di uomo comune e vulnerabile,      perché, sono certo, lei sa tutto e soffre in silenzio, per questo ti telefona        quando esce, e spera che questa tresca termini presto per perdonarti           ancora una volta...

PAO. (non essendo riuscito a fermarlo, gli tira un altro ganascino) Ma lo vedi     che non hai capito niente?

SAN. Mi fai male...

PAO. Lo so! La mediocrità, la tresca...Quale tresca? Aspetta, non sai niente, che parli a fare? Tutta questa fretta...Lasciami il tempo di spiegare, non    correre. Non ho fretta io, che devo prendere la decisione, perché devi     averne tu? Devi scappare, Sandro? Devi scappare?  Non mi scappare,         dopo tutto questo tempo. Quanti anni sono che non ci vediamo? Saranno      sei, sette?

SAN. Cinque.

PAO. Ah, cinque? Già l'avevi detto. Chissà perché, credevo sei, sette...

SAN. L'ultima volta che ci siamo visti è stata cinque anni fa, quando ci      incontrammo in centro, non te lo ricordi? Ero appena tornato           dall'Afghanistan per quel servizio fotografico, e ti raccontai del viaggio, ti feci pure un sacco di domande...

PAO. Non mi ricordo. Ci beviamo qualcosa?

SAN. No, grazie, io non bevo.

PAO. Dài, una cosa leggera. Ci deve essere qualcosa che posso darti; facciamo    un brindisi al reciproco ritrovamento, e intanto parliamo...

SAN. Se c'è un analcolico...

PAO. E mò vediamo...Ancora non lo so cosa ci ha messo, dentro il mobile. Tu     non muoverti, eh! Ti servo io, immediatamente.

SAN. (guardando il grande quadro alla parete) Paolo, tieni un Leglisse      originale? (si alza per ammirarlo)

PAO. E non lo so, te l'ho detto; mò vediamo, non so che cosa può esserci.   Eventualmente, un bitter è lo stesso?

SAN. Un bitter? No, io dicevo; è un Leglisse originale?

PAO. Scusa, un...?

SAN. Leglisse. (indicando il quadro) Questo è un Leglisse.

PAO. Ah, quello? Come si chiama?

SAN. Non è che "si chiama"...L'autore è Patrick Leglisse.

PAO. Ah, l'autore si chiama Leglisse, ho capito, come no…

SAN. Originale?

PAO. Perché...?

SAN. Beh, se lo è, vale almeno una quindicina di milioni.

PAO. Quanto? Quindici milioni? Ma veramente? "Quello" vale quindici   milioni?

SAN. Poco, eh? E sì, forse hai ragione Quanto costa? Venticinque, trenta...?

PAO. Milioni? Quello...!?

SAN. Ricominci con le battute? Abbiamo assodato che non capisco le tue   battute, evitale. Se l'hai pagato di più, e non vuoi dirmelo, lasciamo          perdere.

PAO. Quaranta...?

SAN. Quaranta? Ma li vale tutti, complimenti.

PAO. (stupito) Questa era la battuta, e non l'hai capita! Sandro; io, secondo te,   sono il tipo da spendere quaranta milioni per una schifezza come quella?

SAN. Schifezza? Un Leglisse, "schifezza"?

PAO. Comunque è una copia, no?  Senz'altro è una copia. "Deve" essere una     copia.

SAN. Non mi sembra, sai...

PAO. Ma perché, ti piace davvero, Sandro? Ti piace? Se mi dici che ti piace, te   lo regalo. Io non l'ho potuto vedere dal primo momento.

SAN. E da quanto tempo ce l'hai?

PAO. Questo non lo so, cioè, non mi ricordo.

SAN. Quindi deve essere da molto.

PAO. Può darsi.

SAN. Non ti piace e lo tieni in mostra comunque? Ho capito; piace a tua moglie.          Deve essere una donna di buon gusto, a parte te, naturalmente.         Complimenti.

PAO. A parte me? In ogni caso, avevo già deciso di toglierlo; quando arriva       glielo dico, così te lo porti.

SAN. Sì, me lo porto! Ma che dici?

PAO. Dico che te lo porti, te lo regalo. Guarda, te lo regalerei se fosse vero,          figurati se non ti regalo questo.

SAN. Mah...

PAO. Comunque, il fatto di "mia moglie" non è come te lo sei immaginato.

SAN. E che avrei immaginato di tanto strano?

PAO. No, appunto; ne parliamo con calma, eh? Intanto ci beviamo qualcosa      (apre il mobiletto e cerca). Un analcolico per il mio Sandro Tonelli,       compagno di scuola dalle elementari...Una cosa leggera...(deluso) Eh! E          più leggera di questa, non si può. Qui dentro c'è solo acqua. (più volte, in         seguito, riempirà i bicchieri)

SAN. Ma è lo stesso, va benissimo.

PAO. Benissimo? Che ci sta a fare un mobile bar in casa, se dentro c'è solo          acqua? L'acqua si ricava dal rubinetto, non dai mobili bar. C'è la         produzione corrente, che bisogno c'è di farla invecchiare? (intanto verserà     in due bicchieri) E comunque, se non c'è altro...

SAN. Ma sì...

PAO. E tu ti sei sposato, Sandro?

SAN. Io? No, che sposato!

PAO. No, domando. Mi informo. Dopo sei o sette anni che non ci vediamo,         poteva pure essere successo, no?

SAN. Cinque. Non ci vedevamo da cinque anni.

PAO. Ah, già, cinque. Sei fidanzato...

SAN. Beh, fidanzato; diciamo anche qualcosa in più.

PAO. E più di fidanzato, c'è lo sposato, che ci dev'essere? Convivi! Ho capito,     convivi, hai scelto la possibilità dell'uscita di sicurezza, nel caso vada male.      La cosa migliore, amici come prima e non se ne parla più.

SAN. Non è che convivo...Se ne parla, questo sì.

PAO. Ne parlate anche voi. E dev'essere un periodo di parlamento.

SAN. Come?

PAO. Niente. E che ha fatto Sandro Tonelli in tutto questo tempo, che ha fatto?          Raccontami tutto quello che ti è capitato in questi sei, sette anni...

SAN. Cinque.

PAO. E' lo stesso.

SAN. Che ho fatto...Quello che facevo prima, il fotografo.

PAO. Hai aperto uno studio di fotografia. E va bene, sì, funziona? Si lavora?     Non si lavora, eh? Naturale, con la crisi che c'è in giro, la gente ci pensa        due volte prima di fare spese superflue, Š chiaro. Perciò cerchi di          arrotondare con questa seconda attività, diciamo...Questo commercio...

SAN. Quale commercio?

PAO. Non lo so, che tratti, che vendi? Se non me lo dici?! Tu non vuoi       sbottonarti; capisco la dignità, ma con me puoi parlare. Non ti   vergognare, parla. Ti vergogni di me, Sandro? Ti vergogni del tuo amico         Paolo Olivieri, compagno di banco per tredici anni dalle elementari al        diploma? Non c'è motivo. Puoi parlare.

SAN. Uh, Madonna! Un'altra volta la storia del venditore!

PAO. Ma se non vendi niente, perché ti porti questo cacchio di borsone       appresso? Che ci tieni, dentro?

SAN. (sconfortato) Le macchine fotografiche, gli obiettivi, il flash, le pellicole...

PAO. Ah, questo tratti? E si capisce che ti va male; oltre a portare le scarpe         chiodate, ti presenti in casa delle persone con merce costosa, quindi    improponibile; la gente già fatica per comprarsi da mangiare, figurati se            spende centinaia di biglietti da mille per le macchine fotografiche;         vendute, per giunta, da un ambulante. Comunque, se posso aiutarti,      qualche pellicola me la compro io, dài, sono a colori, sì?

SAN. Va bene, Paolo, come vuoi tu...

PAO. Ti sei seccato? Ti sei seccato, Sandro? Era una battuta, per scherzare. E     non scherzo più, parliamo seriamente. Allora, questo negozio?

SAN. Non ho un negozio. Non ho mai avuto un negozio...

PAO. Lo vedi che sei ambulante?

SAN. E' un'altra battuta cretina, ma hai quasi ragione. Te ne avevo già parlato quando ci vedemmo l'ultima volta, ma se non te ne ricordi...

PAO. Veramente? Me ne parlasti l'ultima volta? Sei, sette anni fa me ne     parlasti?

SAN. Cinque.

PAO. Si? Veramente me ne parlasti? Da non credere, giuro!

SAN. Ti spiegai che ero appena tornato dall'Afghanistan, che avevo realizzato    un bel servizio, su commissione di quella grossa testata...

PAO. Ah, già, già, avevi scattato le foto...

SAN. Non essere riduttivo; avevo fatto un servizio come si deve.

PAO. Quindi, dopo, lo hanno fatto loro a te e allora...

SAN. Che cosa?

PAO. Il servizio. Ti hanno licenziato e adesso sei costretto a barcamenarti con      'sto cacchio di borsone in giro per la città. E di che ti occupi adesso?         Matrimoni, cresime?

SAN. No.

PAO. Comunioni, congressi, processioni...

SAN. Paolo, io facevo e faccio l'inviato, questo è il mio mestiere da più di dieci     anni.

PAO. L'inviato?

SAN. L'inviato.

PAO. Tu ti presenti e ti inviano? Ti mandano? E quante volte è successo,   sentiamo, quante volte?

SAN. E chi le conta più...Un centinaio, forse.

PAO. E sono poche.

SAN. Poche? Guarda che è faticoso, non credere che sia un gioco.

PAO. Ma sono sempre poche. Ti è andata bene. Scusa, ti presenti con quelle        scavatrici meccaniche ai piedi, il borsone pieno di macchine fotografiche;          il meno che ti puoi aspettare è che ti ci mandino. (notando l'atteggiamento    quasi disgustato dell'amico) Scusa, ho avuto una ricaduta, non succede     più. E allora fai l'inviato da sei, sette anni...

SAN. Dieci.

PAO. Non erano cinque?

SAN. Dieci.

PAO. E dove, dove?

SAN. Dove serve. Ogni volta è un posto diverso; il bello è proprio questo. Oggi   in Spagna, domani in Brasile, dopodomani in Lapponia, poi in         Inghilterra...

PAO. E la chiami vita, questa?

SAN. A me, piace.

PAO. Per questo non ci vediamo mai. Se adesso devi partire per la Spagna,         domani devi stare in Brasile, non fai in tempo a disfare il borsone che già       devi prendere l'aereo per la Lapponia...Ma come fai in Lapponia, Sandro,       come fai?

SAN. Perché?

PAO. Lì è freddo, si gela.

SAN. Lo so.

PAO. E tu parti così? Senza precauzioni? Tieni tutto là dentro? E che cos'è, il     borsone di Mary Poppins?

SAN. In Lapponia ci sono stato due anni fa. Era per dire, per spiegare la vita          movimentata, d'azione; una settimana  lì, una settimana in un altro posto,           poi si torna, si riparte per un altro paese.

PAO. Un'avventura continua...

SAN. Puoi dirlo forte; credimi, ho visto di tutto; inondazioni, carestie, colpi di     stato, guerre, deportazioni, sequestri, ambasciate assediate, incidenti aerei   terribili...

PAO. Tutte cose spaventose, eh? Porti disgrazia, Sandro, dovresti stare un po'    di più in Italia, a casa tua; magari se ti fermi un po', il mondo soffre di   meno.

SAN. Che altra idiozia. Io arrivo dopo che si verificano i fatti principali, faccio il          reportage.

PAO. Va bene, ma se perdi un po' di tempo, può darsi che le cose si aggiustano   da sole. Non so, ti chiamano: “I guerriglieri stanno per assediare l'Ambasciata tal dei tali in quel Paese...”, tu che fai? Immediatamente ti          precipiti all'aeroporto, schizzi nel limpido cielo come una saetta, arrivi sul     posto proprio mentre i guerriglieri magari stavano pensando “ma chi ce lo         fa fare, con questa giornata di sole, l'aria profumata di primavera,          Conchita a casa preoccupata, Luisito poco bene a letto con la varicella,          adesso me ne torno in ufficio e domani si pensa...”, stanno già per     rinunciare in un clima festoso da scampagnata: “allora, ci sentiamo per     telefono? No, la settimana prossima si sposa mia     cognata, organizziamo       un poker, magari. Salutami a Juanita e un bacetto ai bambini...”, quando          una voce sopra le altre annuncia grave e solenne: “fermi tutti, ognuno    mantenga la posizione...E’ arrivato quello scassacazzo di Tonelli Sandro,      bisogna andare avanti”! Hai capito? Ormai sanno di essere osservati e          devono per forza proseguire.

SAN. Seh! Come se dipendesse da me...

PAO. Scommetto che stavi pure a Berlino quando hanno  abbattuto il muro.

SAN. Si capisce: un appuntamento eccezionale con la storia; sono stato uno dei   primi ad arrivare, ci mancherebbe...

PAO. No, il primo, Sandro, sicuramente il primo. Lo vedi? Se te ne stavi a casa   tua, noi adesso non stavamo in queste condizioni!

SAN. Non cambi proprio mai...

PAO. E in tutti questi viaggi avventurosi, pericolosi, pieni di insidie, trabocchetti; mai una ferita, una malaria, uno sparo d'arma da fuoco, un          dirottamento? Niente?

SAN. No...

PAO. Mai? Ma potrebbe succedere, ci hai pensato?

SAN. Potrebbe. Speriamo che non succede, che devo dirti...Ma se proprio deve          succedere...Speriamo di non soffrire.

PAO. Fatalismo e sprezzo del pericolo. Bravo; bravo "Tonelli Sandro Indiana    Jones" che corre da un cataclisma all'altro del mondo senza curarsi di sé.   Formidabile.

SAN. Non esageriamo, non è così, diventa quasi un mestiere come un altro;         certo, ci vuole passione; poi mi pagano bene...

PAO. E ci credo che ti pagano bene; ogni volta che ti  inviano, non sanno se        torni vivo!

SAN. Grazie dell'augurio.

PAO. Ti pare. E tra una rivolta e un terremoto hai trovato anche il tempo per          fidanzarti? Ma sei eccezionale, sul serio. E come si chiama questa       compagna di rischio, come si chiama?

SAN. La mia ragazza? Betty; si chiama Betty.

PAO. Beh, certo, mica si poteva chiamare Anna, Maria, Loredana. Betty! Inglese?

SAN. No.

PAO. Americana?

SAN. No, non è americana. Se proprio ti interessa...

PAO. No, non me lo dire, Sandro, non me lo dire. Voglio indovinare          assolutamente.

SAN. Facciamo i quiz, facciamo...?

PAO. Che c'entra il quiz! Certo, se fosse un nome più caratteristico, diciamo        così, sarebbe più semplice. Non so; mi dicevi Dolores, ad esempio,     certamente era più facile; spagnola o portoghese...

SAN. Argentina, no?

PAO. Poteva essere anche argentina?

SAN. Venezuelana...

PAO. Pure?

SAN. Honduregna...

PAO. Dolores in Honduras?

SAN. Perché, ti pare strano? In qualsiasi parte del mondo ci può essere una         Dolores; ed anche più di una, se vogliamo.

PAO. Sei certo?

SAN. Abbastanza.

PAO. Vabbè, voglio indovinare lo stesso. E' gallese.

SAN. Dolores?

PAO. Betty. E' gallese.

SAN. No.

PAO. Scozzese...

SAN. Ma no...

PAO. Sudafricana...?

SAN. No, Paolo, no...

PAO. Ci sono; australiana. Betty è australiana.

SAN. Ma perché dev'essere australiana? Non è straniera; è italiana.

PAO. Italiana?

SAN. Eh! Italiana.

PAO. E ti pare logico? No, scusa, Sandro, ma ti pare logico? Ma come, una        settimana qua, una là; Germania, Lapponia, Inghilterra, America, Africa,        con la possibilità che hai tu di viaggiare, vedere, conoscere...Ti scegli una          fidanzata italiana?

SAN. “Scegli”! Mica è una cravatta, una camicia...Non l'ho scelta io; è capitato. Poteva capitare in qualsiasi posto, hai ragione, ma è capitato qui ed è   anche meglio. Successe proprio tra un viaggio e un altro, in un periodo di   riposo. Ci siamo conosciuti, ci siamo piaciuti, e da allora stiamo insieme.

PAO. Da allora?

SAN. Eh! Ormai sono cinque anni.

PAO. Caspita! Cinque anni? E non ti sei stancato? Cinque anni con la stessa      ragazza, e non ti sei stancato?

SAN. Siamo diversi, Paolo; io e te siamo diversi. A me, basta lei, non ho bisogno          di cercarmi altre avventure.

PAO. Perché, io mi cerco le avventure?

SAN. Sarà che non te le cerchi, ma quando ti càpitano...

PAO. Ma quando mai. Che mi capita!? Tu, piuttosto; la ragazza fissa in Italia e           poi, in Lapponia, magari...

SAN. No, niente Lapponia.

PAO. Non ti piacciono le lapponi? Devono essere carine, perché non ti        piacciono? Sei razzista, di' la verità.

SAN. Per niente. Io, fuori, ci vado per lavoro, non per divertirmi.

PAO. E dove sta, questa ragazza? Dove vive?

SAN. Dove deve vivere? Qua, in città. Io, quando non sono all'estero, qui vivo.

PAO. E la conosco, la conosco? E' bella? No, non è bella, è andante, diciamo.     Caratura media, senza lode né infamia. Una qualunque, insomma, è        così...?

SAN. Una qualunque?

PAO. E perché, tu sei eccezionale? Come viaggiatore, può darsi, come fotografo non lo so...Ma non sei un Mickey Rourke, un Tom Cruise...Non puoi avere grosse pretese,  ti accontenti...

SAN. Che mi accontento!? E' una ragazza splendida; è intelligente, raffinata,          bella...Insomma, a me piace.

PAO. Ma è naturale che deve piacerti, altrimenti non ci perdevi cinque anni di    tempo.

SAN. Pensa che l'ho conosciuta il giorno stesso che ci incontrammo l'ultima         volta; ce l'ho stampato in mente come fosse oggi. Ero appena tornato     dall'Afghanistan. Quando ci incontrammo, io e te, parlammo per più di due ore, ti dissi tutte quelle cose, ti ricordi?

PAO. No.

SAN. Vabbè, poi ci salutammo, ti diedi il numero del cellulare -e non mi hai mai          chiamato- e la sera, alla stazione, la incontrai.

PAO. In treno?

SAN. No, avevo accompagnato mia madre; doveva andare a trovare sua sorella          a Bologna. Arrivai in stazione proprio in tempo; ancora un minuto di ritardo e mia madre non sarebbe partita.

PAO. Sarebbe partita il giorno appresso.

SAN. Sì, ma non l'avrei incontrata.

PAO. Tua madre? Ma non ci siete andati insieme alla stazione?

SAN. Non avrei incontrato Betty. Lei ci era andata per salutare un parente:        così, appena partito il treno, io mi voltai per uscire dalla stazione, lei          anche si stava voltando, non ci vedemmo in tempo e ci scontrammo.  Fu          un incontro-scontro, se vogliamo. Mi offrii di accompagnarla a casa, per    scusarmi dell'incidente...lei era senza macchina...E niente, parlammo, poi       ci telefonammo nei giorni seguenti, poi ci vedemmo...E così è nata la    storia.

PAO. Sembra un romanzo, una favola.

SAN. Ma tu, davvero non ti ricordi che ci incontrammo e ti parlai     dell'Afghanistan?

PAO. Lo so, Sandro, sono un po' smemorato, ma davvero non mi ricordo.

SAN. E tu mi dicesti che dovevi partire per quel colloquio con una grossa ditta    di computers...Che se andava bene, la tua vita sarebbe cambiata...

PAO. Ah, ma tu dici...Ma eri tu, quella sera? Io mi ricordo uno appiccicaticcio    che non mi lasciava in pace, che parlava, parlava...Io avevo la testa nel       pallone; un chiodo fisso per quel colloquio. Sì, mi ricordo questa voce        assillante, tormentosa...Ricordo anche che lo guardavo in faccia e ogni     tanto mi chiedevo: ma chi è questo...Che vuole?

SAN. Parlammo per due ore e non mi riconoscesti?

PAO. Probabilmente sì, ti riconobbi, ma il subconscio era completamente   assorbito dall'importanza di quel colloquio che avrei dovuto sostenere.    Ora che mi fai pensare, io partii proprio quella sera; arrivai alla stazione         proprio all'ultimo minuto per prendere il treno. Me lo ricordo perché per tutto il viaggio pensai: per un rompiscatole, rischiavo di perdere il treno! Fu un miracolo.

SAN. Saresti partito il giorno dopo.

PAO. Ma avrei perso il colloquio.

SAN. Ah, era il giorno dopo. E dove?

PAO. A Bologna.

SAN. Partisti quella sera per Bologna? Come mia madre.

PAO. Non ci siamo incontrati.

SAN. E andò bene?

PAO. Sì; se ci fossimo incontrati mi avrebbe intossicato con le storie di quando    io e te eravamo piccoli; sarei arrivato a Bologna stressato per il colloquio.

SAN. Paolo...Il colloquio, andò bene?

PAO. Ah, sì, anche quello. E' da allora che sono capo area Centro-Sud per il       marketing e le vendite.

SAN. Ti sei fatto una posizione comoda.

PAO. Abbastanza. Forse è proprio per questo che sono stato messo alle strette...

SAN. Dalla ragazza?

PAO. Già.

SAN. Lo vedi che non sbagliavo? Mamma e figlia d'accordo per incastrarti;       sanno che hai anche un bel conto in banca, conoscono la tua attività...

PAO. E per forza. Niente; devo decidere. Ma non parliamone adesso. Vuoi un    altro goccio? Tanto, male non fa.

SAN. Volentieri, grazie.

PAO. (alludendo al borsone) Tu, piuttosto, che devi fotografare in città?

SAN. Mi hanno chiesto di riprendere gli interni di un appartamento in questo     palazzo, al secondo piano.

PAO. Sopra?

SAN. Come,sopra?

PAO. Sotto?

SAN. Questo è il secondo piano.

PAO. Ah, sì, questo? Non ci avevo fatto caso.

SAN. Me lo ha chiesto Betty; ha detto che si tratta di una sorpresa;    probabilmente per qualche sua amica. Solo che mi aveva detto di suonare     alla prima porta uscendo dall'ascensore...Ma non mi ha detto se a quella        di sinistra o di destra. Pensa; se avessi indovinato al primo colpo, non ci saremmo mai incontrati.

PAO. E' stato un colpo di fortuna.

SAN. Davvero. (squilla il suo cellulare) Scusa...

PAO. No, fai, fai, ci mancherebbe...

SAN. Sì? Ah, Betty! E' Betty. (al telefono) Non ci crederai; stavo giusto      parlando di te...(a Paolo) Ci crede. (Al telefono) Dove sei? Ho capito.   Senti, io ho suonato alla porta, come mi hai detto tu, e mi ha aperto Paolo.     Non lo vedevo da cinque anni...Eh, io non lo sapevo che stava          qui...Problemi? No, che problemi...Lui, magari...

PAO. Ma che le dici?

SAN. (zittendolo) Niente, mi stava raccontando di una avventura amorosa...

PAO. Sandro, quale avventura?

SAN. (a Paolo) Ma è Betty, che male c'è? (al telefono) Vieni qui? Va bene. Ah,    senti...Io ancora non ho...(a Paolo) Ha riattaccato. No, le volevo dire che,         avendo sbagliato porta, ancora non ho scattato le foto...

PAO. E c'è tempo. Parti in questi giorni?

SAN. No, ho quasi un mese di ferie, sono tornato cinque giorni fa dal Libano;    sai, le solite riprese.

PAO. Benissimo; allora avremo tutto il mese per parlare.

SAN. Magari, sai che faccio? Mi sbrigo l'appartamento di fronte e torno.

PAO. Ma che fretta hai?

SAN. No, perché Betty mi ha detto di suonare non prima delle dieci; però sono   passate da un pezzo.

PAO. E ti ha detto di non suonare oltre un altro orario?

SAN. Beh, no...

PAO. E allora vuol dire che l'amica stava fuori fino alle dieci, e dalle dieci in poi          sta in casa, dopo ci vai. Intanto, quando arriva Lisa te la faccio conoscere        subito. Ma lo sai che le ho sempre parlato di te?

SAN. Davvero? Anche io ho sempre parlato a Betty dei tempi della scuola, di      tutti i casini che combinavamo...Ah, del fatto che mi sfottevi per la passione per la fotografia...Mi avevi messo anche il soprannome, te lo ricordi?

PAO. No...

SAN. Come, no? Mi avevi soprannominato "obiettivo", e da quel giorno in poi tutti a scuola mi chiamavano solo così e non per cognome, tanto che anche i professori si abituarono, ci scherzavano con i giochi di parole...

PAO. Al Geometra, questo?

SAN. Certo.

PAO. No, io mi ricordo che un soprannome te lo avevo dato, ma non era   "obiettivo"...

SAN. Come, no?

PAO. No, e nemmeno alle superiori...Aspetta, alle elementari. E' stato alle   elementari; quella sera che ci mettemmo tutti d'accordo per fare lo     scherzo a Feligatti, il primo della classe, che andava pure a ripetizione dal          maestro! Sì, questo me lo ricordo perfettamente. "Pipillo" così ti       chiamammo, "pipillo"! Ci mettemmo tutti d'accordo e lo aspettammo sul   ponticello per pisciargli addosso, te lo sei dimenticato tu, questo! Quando          uscì di casa del maestro, e stava per passare di sotto, noi tutti pronti, tirammo giù le cerniere e...E fu allora che mi venne l'ispirazione: tu stavi          proprio di lato a me e io urlai; "uh, guardate, Tonelli c'ha il pipillo", e          allora tutti a guardare, e fu una risata collettiva. E non riuscimmo nemmeno più a pisciare in testa a Feligatti per le risate!

SAN. Già, pipillo...Che c'era da ridere, poi?

PAO. Che c'era da ridere, Sandro? Come che c'era da ridere; tu te ne vieni          fuori con una cosa insignificante...

SAN. Eravamo bambini.

PAO. Perché, dopo ti è cresciuto?

SAN. Non mi lamento.

PAO. (allungando una mano) E fammi sentire, dài, ti è cresciuto il pipillo?

SAN. Paolo, per favore, non toccare che sono punti delicati, fai male, tu hai le     mani pesanti.

PAO. E' che ti vergogni. E che male c'è se hai il pipillo? Fammi sentire, non fare          storie.

SAN. La vuoi smettere, o no?

PAO. E Betty lo sa?

SAN. Che deve sapere?

PAO. Che hai il pipillo. Lo sa che hai questo handicap fisico?

SAN. Ma quale handicap?

PAO. Questa deficienza...

SAN. Non ho nessuna deficienza.

PAO. Allora ti è cresciuto...

SAN. Non mi lamento.

PAO. No, perché le ragazze fanno i confronti, poi sono esigenti...

SAN. Confronti con chi?

PAO. E tu che ne puoi sapere? Una settimana in Brasile, una in Lapponia; Betty          rimane da sola a casa e, nel frattempo, confronta.

SAN. Ti sbagli. Innanzitutto, Betty è di sanissimi principi morali...

PAO. E lo sai tu che stai in Lapponia?

SAN. Lo so perché la conosco bene, se permetti...E in secondo luogo non è esigente, è una ragazza normale.

PAO. E una ragazza normale si accontenta del pipillo di Tonelli Sandro?

SAN. Non si lamenta.

PAO. Questo è evidente, ha poco da lamentarsi, certo male non le puoi fare...

SAN. Va bene, Paolo, la vogliamo smettere con queste cretinate? No, dimmelo,    la vogliamo smettere? Smettila,  dài, sù!

PAO. Va bene, va bene, non c'è bisogno di incazzarsi. E fammi sentire...

SAN. Uffa!

PAO. Certo che si era sparsa la voce, eh? Bastava che qualcuno avesse un po' di          tosse, in classe, e subito si gridava: “guarda l'uccellino, che ti     passa”...Tutti guardavano te e scoppiava la risata collettiva! “Guarda l'uccellino...”, e tutti a ridere di Tonelli Sandro!

SAN. Devi continuare per molto con questa storia? Mi sembra che può bastare, no?

PAO. Basta; giuro che la smetto. Che facciamo, ci vediamo dopo tutti questi        anni e ci incazziamo?

SAN. Appunto.

PAO. Non c'è motivo. Specialmente per due come noi che sono rimasti insieme    dalla prima elementare al diploma. Ma ci pensi? In quanti siamo arrivati   insieme dalla prima elementare al diploma? Sei, sette, non di più.

SAN. Sei, sette? Cinque in tutto. Eravamo io, te, Malatesta, Pasquino e       Rosignoli. Non solo; Rosignoli fu bocciato agli esami e dovette ripetere il quinto.

PAO. Ah, già, mi dispiace, non me lo ricordavo. Ma l'anno dopo, invece, fu        promosso, sì?

SAN. E chi l'ha più visto? Né visto, né sentito.

PAO. Peppe Rosignoli, poveraccio, quanto mi dispiace. No, mi dispiace davvero,          sai?

SAN. Eh! Che esagerazione; manco fosse morto. Ha perso un anno, questo è   tutto.

PAO. Potrebbe essere morto per il dolore.

SAN. Ma di che?

PAO. Perché, ti pare impossibile? Non sarebbe il primo caso di studente che,          ingiustamente valutato, in un più acuto momento di disperazione cede di    schianto, per debolezza congenita caratteriale, si capisce, ad un evento che        immagina come insuperabile per le sue possibilità; gli monta dentro una   vampata di calore che lo incendia interiormente, le vene gli si ispessiscono,           le arterie non contengono il flusso; un ventricolo geme d'oppressione, un          atrio lamenta una pericolosa lacuna. Eccessiva spinta da una parte,    fragilità dall'altra, salta la sottile pellicola...E scoppia il miocardio.

SAN. Il tuo?

PAO. Il mio? Io mi sono diplomato con un dignitosissimo trentasei! Il suo; di      Rosignoli Giuseppe. Infarto subitaneo e mortale!

SAN. Ah, ecco. Perché, l'infarto viene provocato da un ventricolo che geme e un           atrio che si lamenta?

PAO. Adesso non scendiamo in dettagli clinici. Era una sommaria descrizione     dei fatti che possono averne provocato il decesso.

SAN. Di Rosignoli Giuseppe...

PAO. Me lo vedo davanti agli occhi: scruta i quadri, trova quello della nostra     classe, cerca il suo nome, fissa la riga che conduce fatalmente dal         dattiloscritto Rosignoli alla rossa e infamante scritta a mano "non   maturo", viene colto dall'inarrestabile vertigine che gli offusca i sensi...

SAN. Eh! Geme il ventricolo, l'atrio si lamenta...

PAO. E dopo un attimo, il sordo tonfo del suo corpo esanime sul pavimento        richiama i presenti alla drammaticità del momento. Qualcuno, più per      scrupolo e misericordia che per speranza, chiama un'ambulanza      dall'ufficio di segreteria...

SAN. Se l'aspettavano, certamente.

PAO. Schiavone, invece, il bidello del primo piano, affacciandosi alla ringhiera, ed intuendo immediatamente dell'emergenza insorta, si precipita in vice           presidenza e concitatamente informa il Professor Spinetti dicendo:       “Professore, occorre un intervento sanitario d'urgenza”!

SAN. Schiavone?

PAO. Eh!

SAN. Balbettava. Anche questo ti sei dimenticato. Era balbuziente, Paolo, ti        voglio bene; il tempo di dire "professore" e siamo morti tutti di vecchiaia!    “Pro...Pro...fes...”, ma per carità.

PAO. Balbettava, è vero, non me lo ricordavo. Avrà detto solamente          "ambulanza"...No? Il rumore di una sirena l'avrà saputo fare, almeno?    Balbetta pure a fare "peeeè"?! E lasciami una chance, almeno; non per me ma per quel povero Rosignoli Giuseppe che langue sul pavimento           dell'androne.

SAN. Vabbè, vabbè; dice "ambulanza", come vuoi tu.

PAO. Oh!

SAN. E Spinetti capisce subito...

PAO. Spinetti capisce che deve darsi da fare...

SAN. Lo vedi; un alibi che non regge.

PAO. Un alibi? Ma mica l'ha ammazzato lui Rosignoli Giuseppe.

SAN. Il fatto che Schiavone entra e dice "ambulanza" non è collegabile      all'ipotesi che Spinetti capisca. L'abbiamo conosciuto già rimbambito, e         gli avevano dato l'incarico di vice preside solo per le giustifiche delle         assenze. Lo facevamo sempre fesso, te lo ricordi? Le firme falsificate, le       giustifiche delle assenze precedenti...

PAO. Anche questo è vero.

SAN. Lo vedi che non regge?

PAO. Come vuoi. Schiavone balbetta ma non è scemo, mi segui? Incespica con   la lingua, verissimo, ma è sveglio di pensiero; sa che Spinetti è ormai         mezzo deficiente, quindi, per non perdere tempo a spiegarsi, che fa?

SAN. Che fa?

PAO. Si avventa sul telefono e compone il numero della Croce Rossa, il cui          operatore di servizio prontamente risponde. Lo facciamo rispondere         prontamente, almeno l'operatore di servizio?

SAN. Questo, sì.

PAO. “Buongiorno, Croce Rossa, dica”.

SAN. E mò ti voglio!

PAO. Nient'affatto, perché Schiavone imita il suono della sirena (esegue) e passa          velocemente la cornetta a Spinetti che -senza capire un tubo, sono      d'accordo con     te- la porta all'orecchio mentre esclama: “ma che fai, la    sirena”? “No, faccio la Croce Rossa”. “La Croce Rossa”? E Schiavone:       “peeeè”!  La Croce Rossa: “avete la sirena accesa”? Spinetti: “sirena? Io        sono il vice preside, mica un'ambulanza”! Schiavone: “peeeè”! La Croce        Rossa: “e l'ambulanza dov'è”? Spinetti: “e io che che ne so? Sono nel mio       ufficio; qui non c'è nessuna     ambulanza”. La Croce Rossa: “ma lei dove si trova”? Spinetti: “nell'Istituto Tecnico per Geometri, ovviamente”! “E       avete chiamato per un'ambulanza”? Il     volto di Spinetti, oramai allo     stremo per l'eccessivo impegno profuso nell'estenuante dialogo fin qui   tenuto, muta in una smorfia di profonda assenza e stupidità. Schiavone    capisce allora che tutto dipende da un suo risolutivo intervento: strappa la cornetta dalle mani del vice preside, conscio che dall'altra parte          l'interlocutore attende una risposta breve ed esplicita, e risponde lui...

SAN. Ah, Schiavone risponde. E come risponde?

PAO. Con una sillaba! Una sola sillaba. E' risaputo che i balbuzienti si       inceppano su ogni sillaba, mai all'inizio o al centro di una sola sillaba. E        che deve dire, dopotutto, il nostro Schiavone, bidello in servizio al secondo        piano, per risolvere positivamente la questione? Un semplice "sì". E lo grida questo "sì", con tutto il fiato che ha in gola, in quella benedetta cornetta, togliendo all'operatore di servizio alla Croce Rossa qualsiasi          residuo dubbio. Quello, una volta ottenuta la risposta, chiude la        comunicazione, fa trillare il campanello d'allarme interno e via radio        comunica all'ambulanza di servizio di recarsi immediatamente all'Istituto           per Geometri.

SAN. E se, invece di gridare "sì", grida "no"?

PAO. Vuoi complicarmi la vita?

SAN. Nient'affatto.

PAO. Allora grida "sì"!

SAN. Come vuoi.

PAO. Sei un uomo senza cuore. E da qui, anche senza la tua collaborazione, ne   siamo usciti. Ma nell'androne, intanto, proprio mentre tu opponevi    ingiustificate     resistenze alla soluzione Spinetti-Schiavone-Croce Rossa,         la folla ha rumoreggiato, strepitato, richiesto aiuto e benevola      intercessione Divina per quel Rosignoli Giuseppe disteso sul pavimento...

SAN. Col ventricolo che geme e l'atrio che si lamenta.

PAO. E dal secondo piano, il Preside, richiamato dal fragore insolito per la         notoria tranquillità dell'Istituto, avrà potuto facilmente apprendere      dell'accaduto. Eccolo alla scrivania; compone il numero che per primo si         affaccia  alla sua memoria. E qual è? Qual è?

SAN. Il 113?

PAO. Il 113! Risponde la Polizia.

SAN. E certo!

PAO. “Avete un'ambulanza? Io sono il geometra. No, il Preside dei Geometri.          Dell'Istituto per Geometri. E' urgente”. Quelli si danno da fare. “Ce l'abbiamo la nostra”? “Non lo so; intanto che controllo, tu vedi se ce    l'hanno i carabinieri”. “Pronto, carabinieri? Avete un'ambulanza pronta? Siamo la polizia dei geometri; al preside serve l'ambulanza della        polizia; all'Istituto della polizia serve un'ambulanza dell'Istituto per          Geometri...”. Insomma, si chiariscono come sanno fare solo loro. I     carabinieri pure si muovono: “ce l'abbiamo l'ambulanza pronta”? “Non lo so, intanto che io controllo, tu chiama il Corpo Forestale, l'Esercito, il   Genio, i Vigili del Fuoco e la Marina”. E qui succede l'apoteosi del   Rosignoli Giuseppe ancora disteso sul pavimento dell'androne...

SAN. Sempre col ventricolo che geme e l'atrio che si lamenta!

PAO. Nove, dieci, venti ambulanze di tutti i corpi, reparti, gruppi, organi civili e          militari dello Stato, con medici rianimatori a bordo, assistenza paramedica e spirituale, sirene spiegate, sedili in pelle ribaltabili, stereo Pioneer a tutto volume, tettuccio apribile, cerchi in lega, aria condizionata, servosterzo, chiavi in mano milioni duecento, in folle corsa verso l'Istituto per Geometri, le strade intasate, i cittadini impauriti: “ma    che è, la guerra”? “E' un attentato”? “Ma dov'è scoppiata”? “Che cosa”?       “La bomba”. “E' scoppiata una bomba”? Il panico serpeggia tra la gente      ancora più velocemente delle ambulanze, la città è tutta un sussulto e un       fremito, i semafori impazziti, i vigili urbani terrorizzati; tutti i mezzi     confluiscono al quadrivio, proprio all'angolo dell'Istituto a velocità             esagerata: "peeeè"..."peeeè"..."peeeè"..."peeeè"...nessuno sente la sirena          dell'altro; il più spaventoso incidente a catena conosciuto a memoria d'uomo. Morti, feriti, corpi straziati e martoriati, crocerossine in crisi        mistica, arti superiori e inferiori disseminati nel raggio di centinaia di      metri...

SAN. Ma, scusa, Paolo; tutto questo bordello per Rosignoli Giuseppe?

PAO. Esatto! Che, nel frattempo...

SAN. E' morto...

PAO. E' stato soccorso da un privato cittadino capitato nell'androne per caso e   che con la sua modesta ma funzionale Ritmo diesel l'ha trasportato all'ospedale. Giunto finalmente sul candido lettino e visitato con l'urgenza       del caso dal medico di turno, questi non ha potuto fare altro se non        constatarne il decesso sopravvenuto per infarto fulminante.

SAN. Ah, lo facciamo morire al pronto soccorso?

PAO. No, Rosignoli Giuseppe era già defunto nel momento in cui aveva letto la fatidica dicitura "non maturo".

SAN. Ho capito. Bravo. Bello, sinceramente proprio. E gli vogliamo dare un       titolo?

PAO. A che cosa?

SAN. Al film. Il soggetto lo abbiamo, la storia pare interessante, forse un poco          ingarbugliata ma efficace; un bel film "epico-moderno". Oh, magari          avremo qualche difficoltà per il cast; non tanto per le parti di Schiavone e      Spinetti, che comunque riescono ad emergere in qualche modo come co-       protagonisti, quanto per Rosignoli Giuseppe che non deve dire nemmeno      una battuta. Se tu potessi allungargli un po' il copione, avremmo meno problemi. Anche un paio di battute, non so: “Ah, destino infame, mi si       spezza il cuore, mi sento mancare...”, giusto per far capire allo spettatore          che diavolo gli sta succedendo, spiegare i presupposti della pellicola, fornire qualche elemento di suspence. “Ma è morto, non è morto,     arriveranno in tempo i nostri”? Non so se mi spiego. Tu lo fai cadere per   terra appena entrato, apparentemente senza motivazione; è troppo ermetico. La gente che deve pensare? “E' scivolato...Non ha fatto          colazione prima di uscire...Debolezza da malnutrizione”, un mancamento   passeggero che non giustifica le scene di massa susseguenti e la carneficina           da assalto alla Bastiglia che ne deriva.

PAO. Ma tu parli sul serio?

SAN. Perché, tu sì?

PAO. Io ho semplicemente dato corpo a quanto può essere accaduto a Rosignoli          Giuseppe nel momento del suo massimo sconforto, gli ho conferito la          benemerenza di vittima della società per non essere stato compreso e aiutato.

SAN. Ah, così?

PAO. Così.

SAN. E c'era bisogno di coinvolgere tutta questa gente, tutti questi mezzi    terrestri e aeronavali; medici, infermieri, autisti, poliziotti, carabinieri,      vigili urbani e semplici cittadini? Rosignoli Giuseppe si accascia esanime     al suolo. Si accascia?

PAO. Eh!

SAN. Oh, i presenti gli si fanno attorno, lo circondano: dalla strada, un signore di mezza età, incuriosito, si introduce nell'androne; “che è successo”? “Un        ragazzo si è sentito male”! “Lasciate fare a me, sono medico”.

PAO. Ma guardate che combinazione; passava per caso.

SAN. Ma perché, non può passare? C'è il cartello "transito vietato ai medici"?   Non c'è, e lui è padrone di passare dove vuole. Gli tasta il polso, gli solleva         una palpebra e questo gli basta per annunciare: “niente da fare,        purtroppo è morto”.

PAO. Ma com'è morto?

SAN. Lo stabilirà l'autopsia. “Potrebbe trattarsi di infarto, ma non me la sento   di affermarlo con certezza. Chiamate un' ambulanza ma, per carità,      chiamatene una sola, non facciamo casino che possono succedere     complicazioni  terribili. Ne chiamate una; se dicono che bisogna attendere,        rispondete che possono fare con comodo, tanto il paziente è deceduto e   non può muoversi”.

PAO. ...Madonna, che cinismo. Povero Rosignoli Giuseppe.

SAN. Comunque non è morto, stai tranquillo.

PAO. E che ne puoi sapere, tu? Se non lo hai più né visto né sentito...

SAN. Ma si è aperto un supermercato. Ci fa la spesa mia madre.

PAO. Ah, si è aperto...Bravo, Rosignoli Giuseppe. Va bene, e tu mi fai parlare    mezz'ora delle circostanze del suo decesso e poi mi dici che si è aperto un supermercato?

SAN. Ah, ecco; stai a vedere che te l'ho detto io che era morto. Ha solo perso un anno.

PAO. Meglio così. Oh, ma a me tutta quest'acqua mi ha fatto un effetto     diuretico incredibile; mi scoppia la vescica.

SAN. Anche a me. Io, poi, sto in giro dalle sette e un quarto. Ti dispiace se adopero il bagno?

PAO. Ma ti pare? Devo andarci anch'io. Lo cerchiamo insieme.

SAN. Lo cerchiamo?

PAO. Eh! Io non ho ancora avuto il tempo di...Poi te lo spiego, adesso pensiamo          all'urgenza idraulica. Andiamo.

SAN. No, e che c'entra, vai prima tu, non preoccuparti.

PAO. Ma andiamo insieme, così continuiamo a parlare...Ah, già, ti vergogni del pipillo. Ti porti ancora dietro questo stupido complesso?

SAN. Io non ho complessi.

PAO. Va bene, va bene. Vado prima io. Però mi sembra stupido, Sandro, abbi   pazienza, tra amici...

SAN. (accomodante) Sì.

PAO. (dirigendosi a sinistra) Adesso vedo da questa parte...Faccio subito. (via a sinistra al fondo)

SAN. Magari, perché proprio non la trattengo più. (rimasto solo, esaminerà        l'etichetta della bottiglia d'acqua) E'micidiale quest'acqua; ha un effetto   immediato. (ad alta voce, contorcendosi) Paolo, stavo pensando: ma      questa     casa non ha il doppio servizio? (non riceve risposta) Non mi ha     sentito. Beh, intanto, io guardo, al limite mi sarò fatto due passi; se sto fermo, esplodo. (via al fondo a destra)

 

A scena ormai vuota, si schiuderà la porta d'ingresso ed entrerà Elisabetta. Si guarderà intorno, interrogandosi sull'assenza dei due amici. Richiuderà alle sue spalle,mostrandosi delusa e scoraggiata.

 

ELI. Se ne sono andati. Lo immaginavo, io, che finiva così! (Nota, invece, l'assenza di due paia di pattine e si rincuora) No, sono ancora in casa. (ne          calza un paio e dirige al divano, dove si accomoderà in attesa degli eventi.    Si udrà distintamente il "suono" di uno sciacquone. Dopo qualche istante,           apparirà Paolo, con abbigliamento in evidente disordine, che non si    avvedrà subito del nuovo arrivo).

PAO. Che liberazione! Ho fatto appena in tempo. E' stata un'esplosione! Che      bagno curioso, però! Ci hanno messo due tazze, una di fronte all'altra...(si   accorge della ragazza) Uh, Lisa, amore, scusa, non ti ho sentita entrare.     Un attimo che mi metto a posto. (via veloce a sinistra).

ELI. (piacevolmente stupita) Questo, sinceramente, non me l'aspettavo.  Bene.     (si ripeterà il suono precedente, proveniente dall'altra direzione) E due.

SAN. (da destra, nell'atto di tirarsi sù la lampo dei calzoni. Anch'egli si       accorgerà in un successivo momento della nuova presenza) Guarda, se si è         lesionato il water, te ne compro uno nuovo. A parte che ce ne sono due;       uno di fronte all'altro...Come mai, Paolo?(scorgendo la ragazza) Oh!          Tesoro, che sorpresa; e tu che ci fai qui?  Come sei entrata?  Bacino. (si     avvicina e la bacia) Ti ha aperto Paolo? (intanto, ride)

ELI. Ma tu...Ridi, addirittura?

SAN. E per forza...No, è che nel bagno ci sono due tazze, capisci? Una di fronte all'altra, come se in bagno ci si va in due...E' originale, non trovi?

ELI. (titubante) Ma sei calmo? Stai bene?

SAN. Io? E perché dovrei stare male? Perché non ho ancora scattato le foto di    là? Sono in ritardo, eh? No, il fatto è che ho trovato Paolo...

ELI. Eh...

SAN. Va bene, poi ti spiego; anzi, è stata una fortuna. Ma ti ha aperto lui, ti ha aperto? Ti ha aperto Paolo?

ELI. (molto dubbiosa) No...

PAO. (da sinistra) Sandro. E' arrivata...(notando la presenza dei due) Ah, vi       siete già incontrati. (si avvicina al divano)

SAN. Sì, le stavo appunto dicendo...

PAO. No, non devi scusarti; colpa mia...

SAN. No, colpa mia, solo che non prevedevo...

PAO. Va bene, facciamo le presentazioni ufficiali.

SAN. Con piacere.

 

Le battute successive saranno recitate dai due amici all'unisono.

 

PAO. Sandro...

SAN. Paolo...

PAO. Ti presento Lisa!

SAN. Ti presento Betty!

PAO. Come?

SAN. Come?

PAO. Scusa?

SAN. Scusa?

PAO. Che hai detto?

SAN. Che hai detto?

PAO. Ti presento Lisa!

SAN. Ti presento Betty!

PAO. Betty?

SAN. Lisa?

ELI. (alzandosi) Beh, adesso potete anche chiamarmi Elisabetta.

PAO. Madonna!

SAN. Madonna! (cadono a sedere sul divano)

ELI. (con estrema semplicità, ma con leggera preoccupazione) Forse non è andata proprio come avevo immaginato.

 

 

                                 BUIO

 

                               SIPARIO

ATTO SECONDO

Paolo a sinistra, nei pressi del mobile bar, Sandro a destra, rivolto al Leglisse. Elisabetta seduta al divano. Si alzerà a suo tempo.

 

ELI. Va bene, va bene; avete tutte le ragioni di questo mondo, ma almeno                                parliamone, no? Dopotutto, è solo una questione di punti di vista.

PAO. Ah, dobbiamo parlarne? Per fare cosa? Cosa cambia se ne parliamo?

ELI.  Si cerca una soluzione, Paolo. Restare in silenzio non possiamo. Il dialogo è utile per trovare la giusta via d'uscita per tutti: non l'ho voluta io, questa        situazione, non l'ho nemmeno desiderata!

PAO. Ah, no? L'ho voluta io? L'ha voluta quell'idiota?

SAN. Chi sarebbe l'idiota?

PAO. Non ne vedo molti, qui dentro.

SAN. Su questo ti do ragione.

PAO. Bene, su una cosa siamo d'accordo.

ELI.  Lo vedete? Basta pochissimo per trovare un accordo; è sufficiente     guardare le cose con l'occhio giusto. E' bastato che vi parlaste per un         solo momento per trovarvi d'accordo sulla stessa questione. Non è   meraviglioso tutto questo?

PAO. Certamente.

SAN. Meraviglioso, avete ragione. Meraviglioso e chiarissimo. Di una chiarezza che    non aveva bisogno di tutta questa montatura per essere capita.        Sarebbe bastato dirmelo, avrei capito; davvero, Betty; davvero, Paolo. Portarmi a tutto questo         non era necessario e, scusate, l'unica via     d'uscita che io riesco a vedere è quella    porta che, tra un attimo, si        aprirà per richiudersi immediatamente alle               mie spalle...E sarete liberi          nel vostro destino.

ELI.  Ecco; la battuta da tragedia classica. Potevi  risparmiartela. Quando non   sai che dire, l'ultimo appiglio è proprio la battuta da tragedia, come     sempre.

PAO. Ha ragione.

SAN. Ha ragione di che? Che ne puoi sapere dei nostri discorsi, dei progetti, di   tutte le storie che abbiamo vissuto, noi, in questi cinque anni, e che alla          fine scopro essere state solo menzogne, falsità!?

PAO. Ma non erano dieci?

SAN. Cinque! E comunque, la tragedia non c'entra assolutamente niente; questa         è una farsa a cui non intendo partecipare un secondo di più.

ELI. Quindi, hai deciso, te ne vai?

SAN. Sì.

PAO. Perché, hai impegni?

SAN. Sì.

PAO. No che non hai impegni. Dovevi fotografare gli interni di un    appartamento, o          ricordo male? Sbagliando porta, hai azzeccato quello       giusto. Era questo l'impegno, no? E allora, scatta queste maledettissime        fotografie. Ce l'hai un motivo per restare!

SAN. Non ho nessuna intenzione di restare.

PAO. E invece lo farai!

SAN. Non se ne parla nemmeno! Ti ci ho trovato, qui dentro, e ti ci lascio; non è          casa mia!

PAO. Nemmeno mia; non so nemmeno perché ci sono venuto, 'stamattina,          accidenti a me!

ELI. Ci sei venuto perché io ti ho dato le chiavi...

PAO. E allora, accidenti a te!

SAN. Non usare questo tono con lei, Paolo, nonostante tutto non te lo permetto!

PAO. Non permetti, cosa? Che diritto hai tu per esprimere opinioni su quello      che posso o non posso dire? Chi sei?

ELI.  Non litigate, per l'amor del cielo, non litigate; avevate cominciato con         l'essere d'accordo su qualcosa, non guastiamo tutto; cerchiamo di         ragionare.

PAO. Scatta queste foto!

SAN. No, che non scatto!

ELI. Ma lo volete capire che era solo un pretesto? Non c'entrano niente le foto,   lo capite o no? Insomma, non mi ci è voluto poco per organizzare tutto     questo; ho dovuto trovare il coraggio, il momento, la forza d'animo per tentare di risolvere          la situazione; me ne darete atto, almeno, no?

PAO. Guarda, l'unica cosa che ti darei in questo momento sarebbe una serie          interminabile di schiaffoni! Ma tanti!

SAN. No, amico mio, tu non ti permetterai.

PAO. Non chiamarmi "amico mio"!

SAN. D'accordo; non ti permetterai e basta.

PAO. Mi permetterò.

SAN. Dovrai uccidermi, prima di farlo.

PAO. Non occorre; tu non esisti; sei esclusivamente un ricordo lontano e     sfuggente   che solo per un attimo, bada bene, per un solo attimo, si è      ripresentato alla mia memoria; giusto il tempo per ricacciarti indietro.   Pochissimo tempo; quello necessario per convincermi che           Tonelli Sandro    non può essere ancora vivo, non deve esserlo, e non   sarebbe ovvio né          giusto che lo fosse. Lui, inviato speciale, in giro per tutti i guai e le    disavventure del genere umano, costantemente alle prese con epidemie,          rivoluzioni, stermini, apocalissi, avrà trovato la maniera per scontrarsi       con una pallottola vagante, con un virus    inarrestabile, con un rogo di un     grattacielo al cui ultimo piano stava fotografando non si sa bene cosa, e     dal quale non avrà fatto in tempo a scendere neppure al piano sottostante.          Questo, e altro ancora che risparmio di enunciare per lo stato di        commozione che mi cresce dentro, insieme ad un urto di vomito, io posso pensare di Tonelli Sandro; tutto questo, meno la possibilità che Tonelli          Sandro sia ancora disgraziatamente vivo e che,        addirittura, per un infame          scherzo del destino, possa trovarsi in questo appartamento al terzo piano   in questo palazzo.

ELI. Secondo.

PAO. Come?

SAN. Secondo, Paolo; secondo piano.

PAO. Al secondo piano di questo palazzo!

ELI. E ti sembra una maniera logica per eliminare il problema? Chiudere gli     occhi e fingere di non vedere, ti sembra una soluzione? Sandro è qui, e          non serve a niente cercare di crederlo impossibile.

PAO. Lo ammazzo davvero? Vuoi che lo ammazzi? Non ci metto niente.    “Tonelli Sandro? L'ultima volta che abbiamo avuto sue notizie, era in   Lapponia. Sarà morto congelato perché aveva dimenticato di mettere         maglie e mutande di lana in quello stupidissimo borsone che si portava        appresso come una coperta di Linus”.

SAN. Ti pareva che non ritirava fuori la Lapponia. Non c'è bisogno che dia        sfogo alla          tua inesauribile fantasia. Me ne vado, semplicemente, senza       che ti affatichi a          escogitare ulteriori imbecillità.

ELI. Tu non vai in nessun posto.

SAN. Sì, ci vado!

ELI.  Non ci andrai!

PAO. Ha ragione Lisa.

SAN. Betty! Ma non ha ragione!

ELI. Vi ho pregato: Elisabetta!

PAO. Okay, okay; ha ragione Elisabetta.

ELI. Si? Che bello!

PAO. Certo. Non è abituato. Di solito ci va solo se ce lo mandano...

ELI. Dove?

PAO. Affan...

ELI. Paolo!

SAN. Insomma, io me ne vado!

ELI.  No!

SAN. Perché?

ELI. Perché ti amo!

PAO. Ah! Finalmente! Ci voleva poi tanto per sputare il rospo? Finito il gioco?  Meno male! Spunta finalmente la raccapricciante verità che non aspettava altro per saltare fuori, come un pupazzo a molla da una scatola a      sorpresa. Lo ami?

ELI. Sì..

PAO. E hai architettato tutto questo per sbattermi questa verità in faccia?

ELI. Non è  così...

PAO. Non potevi dirmelo per telefono? Hai dimenticato il numero? Volevi          umiliarmi           a questo modo? Non sarebbe         stato più umano dirmi          semplicemente:          “guarda che amo un altro”, uno qualsiasi...”

SAN.          Io sarei uno qualsiasi?

PAO. Anche meno! “...La nostra storia finisce qui, amici se vuoi, altrimenti         addio”? Non potevi parlarmi così?

ELI.  E' possibile una domanda per volta?

PAO. E' possibile una sola risposta.

ELI. Allora, no.

PAO. No, cosa?

ELI.  No alla prima, no alla seconda, no alla terza e via dicendo...

PAO. Mi prendi anche in giro?

ELI. No...

PAO. Credi davvero che sia un cretino?

ELI. No...

PAO. E invece non lo sono...

ELI.  No...

PAO. Che palle, ma non sai dire altro che "no"?

ELI. No...

PAO. Continua, continua pure. Io me ne vado, a questo punto. Un colpo di        spugna, un taglio netto, una spina che si stacca, un dente estratto, un rigo       cancellato...

SAN.          E' un elenco lungo? Hai reso l'idea, va bene così, non allungare troppo.

PAO. Non allungo un bel niente; basta un attimo; un colpo di spugna, un taglio         netto...eccetera!

ELI.  Tu non vai in nessun posto.

PAO. Ci vado.

ELI. Non ci andrai.

PAO. E perché?

ELI. Perché ti amo! (si volta di spalle)

PAO/SAN. (insieme) Come? Scusa, puoi ripetere? Non ho sentito bene.       (reciprocamente) Vuoi stare zitto un attimo? (a Elisabetta) Ami me...O        ami   lui?

ELI. Amo te.

PAO. Che ha detto?

SAN.          Non si è capito molto...(a Elisabetta) Potresti ripetere, per favore?

ELI. (si volta e si rivolge dapprima a Paolo, quindi a Sandro) Amo te...Ed amo anche te...Insomma, vi amo.

PAO/SAN. Tutt'e due?

ELI. Sì.

PAO/SAN. Oh, cazzo!

ELI. Pardon...?

PAO/SAN. Oh, porca miseria. (Elisabetta va a sedere)

PAO. Ma ti rendi conto di quello che dici, Lisa? Ti rendi conto? E' mostruoso, è          inammissibile, fuori da qualsiasi logica comune, come se ci considerassi       uno il complemento dell'altro.

ELI. Ho detto così?

SAN.          Non puoi amarci entrambi, Betty: non ha senso; non siamo la stessa persona, siamo differenti, siamo due identità diverse, lo capisci?

ELI. Ma va'...!?

PAO. Non siamo un paio di scarpe, Lisa, non siamo i buchi di una cinta, non      siamo un paio di polsini...

SAN.          Non siamo un paio di pedalini, Betty, nemmeno un paio di guanti, e neppure Cip e Ciop, Starsky e Hutch, Gianni e Pinotto, Ric e Gian, Stanlio     e Ollio, Tip          e Tap, Ginger Rogers e Fred Astaire...(a Paolo) Ti viene in mente dell'altro?

PAO. Mi viene, ma è meglio che non te lo dica adesso. (a Elisabetta) Lo vedi,       Lisa, che esiste una grande differenza tra me e lui?

ELI. Lo so, maledizione, lo so, non sono stupida!

SAN.          E chi ha detto che sei stupida, Betty? (a Paolo) Tu hai forse detto che è          stupida?

PAO. No, non mi sembra.

SAN.          Lo vedi? Nessuno pensa questo di te; solo che vorremmo, se lo ritieni, se ti pare il caso, che ci spiegassi meglio cosa intendi dire.

PAO. Giustissimo, solo questo vorremmo. E' di una semplicità estrema, non         credi, Lisa?

ELI. E' facile per voi parlare così...Non ci siete dentro come  mi ci sono trovata   io...

SAN.          Ah, no?

PAO. Come ti ci sei trovata, dentro, tu?

ELI. Ah, tu...(a Paolo) “Signorina, che profumo usa? No, guardi che non sono il         tipo farfallone, è proprio che non ne ho mai sentito uno uguale”, te lo       ricordi?

SAN.          Il profumo...?

PAO. Aveva un ottimo profumo, sì.

SAN. Tecnica ignobile!

PAO. Ma...?

ELI. (a Sandro) Tu: “Mi scusi, ero distratto. Posso farmi perdonare? Ho la        macchina fuori dalla stazione...”, te lo ricordi?

PAO. La stazione?

SAN.          Quel giorno che ci siamo incontrati...

PAO. Vuoi tacere un attimo? Lascia parlare lei. (a Elisabetta) Continua!

ELI. Sì. E poi...(a Paolo) Tu telefonavi da Bologna...(a Sandro) Tu telefonavi    anche sei volte al giorno...(a Paolo) Tu tornasti così euforico...La prima   cena...Ridevi sempre...Così simpatico...(a Sandro) Tu: “Ciao, sono in       Brasile...Torno martedì prossimo, ci vediamo”? Così tenero,         dolce...Insomma...(comincia a tossire nervosamente senza riuscire a    fermarsi, pur desiderandolo)

PAO. La tosse.

SAN.          Comincia a tossire, adesso...

PAO. Si è innervosita.

SAN.          Si è emozionata.

PAO. Tossisce quando è nervosa.

SAN.          Quando si emoziona!

PAO. Vuoi conoscerla meglio di me?

SAN.          La conosco benissimo.

PAO/SAN. E poi finisce che si strozza! Già! Facciamo qualcosa!

SAN.          Non è niente, amore, ti passa subito...(accenna ad avvicinarsi)

PAO. (lo precede, occupando lo spazio a sinistra della ragazza) Stai calma,          tesoro, tranquillizzati, trattieni il respiro...guarda l'uccellino, guarda          l'uccellino...L'uccellino...(Elisabetta, continuando a tossire, volge lo    sguardo alla sua          sinistra, mentre Sandro, per starle vicino, avrà girato       intorno al divano ed occuperà adesso la posizione alla sua destra) Ma dove      guardi, Lisa? Dove...? (a Sandro) No, scusa, vieni di qua, io passo di là. (si          invertono nelle posizioni)

SAN.          (mentre si muove) Coraggio, Betty, un bel respiro lungo; respira          profondamente, lo sai che ti aiuta.

PAO. Ma nient'affatto. Trattieni il respiro e guarda l'uccellino...Betty,        l'uccellino...(ora, Elisabetta volgerà lo sguardo alla sua destra, dove nel      frattempo sarà passato Paolo) Scusa, ma perché...(a Sandro) E' cresciuto,     dopo, il pipillo, eh?

SAN.          Ma ti sembra il momento? (assestando alcune manate sulle spalle di   Elisabetta)          Smettila, lo sai che ti strozzi!

PAO. Così le fai male!

SAN.          Non le faccio male.

PAO. Ti dico di sì!

SAN.          Ti dico di no!

PAO. Ma che ne sai?

SAN.          Lo so! Da cinque anni lo so! (Elisabetta smette di tossire) Sono cinque anni          che le faccio passare la tosse quando si emoziona!

PAO. A proposito; scusa, Betty, io ti volevo chiedere...Quanti anni sono che        stiamo insieme, io e te?

ELI. Non te lo ricordi...

PAO. Non è che non me lo ricordo...Come un lapsus, diciamo...

ELI. Cinque anni.

SAN.          Cinque anni?

PAO. Cinque anni? Lo dico io: cinque anni? Non tre o quattro?

ELI. Cinque.

SAN.          E cinque anni anche con me?

PAO. Dieci anni?

ELI. No, no, no! E' proprio quello che volevo spiegarvi! Possibile che non capiate? Possibile che siate così ottusi? (a Paolo) Io ti conobbi in centro, quella freddissima mattina di gennaio; ricordo che avevo quel         cappottaccio maschile e mi stupii che qualcuno mi notasse così conciata;   mi fermasti con la scusa del profumo...

SAN.          Appunto; una scusa...

PAO. Non era una scusa.

SAN.          Una scusa squallida!

PAO. Non era una scusa!

SAN.          Ah, no? E che profumo era? Te lo ricordi che profumo era? Avanti, dicci che profumo era.

PAO. Ah, perché, uno sente un profumo che conosce e ferma le persone per         strada? Se non lo conosce, le ferma. Si informa: “che buon profumo che   non conosco! Come si chiamerà? Ora fermo questa persona e glielo chiedo”!

SAN.          E fermi una ragazza? Per il profumo? Perché non fermi un ragazzo?

PAO. E se sentivo il profumo di un ragazzo che mi piaceva, e che non conoscevo,          fermavo il ragazzo! E' passata lei e l'ho fermata perché non conoscevo il     suo profumo che mi piaceva! Va bene?

SAN.          (soddisfatto) Benissimo.

ELI. Paolo! Se avessi incontrato un ragazzo che ti piaceva, lo avresti fermato?

PAO. Perché avrei dovuto fermare un ragazzo? A me non piacciono gli uomini.

SAN.          Mi era sembrato il contrario.

ELI. Paolo, tu hai detto: “se sentivo il profumo di un ragazzo che mi          piaceva...”!

PAO. No: se sentivo il "profumo" che mi piaceva di un ragazzo...

SAN.          No, non hai detto così.

ELI. Davvero, non hai detto così...

SAN.          Tu hai detto chiaramente...

PAO. Che ho detto?

SAN.          Che solitamente fermi i ragazzi e che quella mattina, ingannato          dall'abbigliamento maschile di Betty, credendo si trattasse di un bel   giovanotto, procedesti nell'approccio, restando in seguito deluso dalla          rivelazione che sotto quegli abiti si celasse una donna!

PAO. Così ho detto? Ah, secondo te, avrei detto così?

SAN.          Testimone lei!

ELI. Ma non ha detto proprio così. Si sarà espresso male...Ti sei espresso male, Paolo?

PAO. Mi sarò espresso male.

ELI. Siamo sicuri?

PAO. Ma vogliamo scherzare? Siete impazziti? Mi metto a fermare i ragazzi? (a Sandro) Sei scemo?

SAN.          Era una battuta, Paolo. Che c'è...non capisci le battute degli altri? Solo le   tue, capisci?

PAO. Va bene, mi sarò espresso male; ha importanza? Comunque non era una scusa!

ELI. Lo capii dopo, anch'io, che non era una scusa. Passai la mattinata più        bella della mia vita...

SAN.          (con un accenno di reazione) Betty...?

ELI. Fino a quel momento, va bene?...Fino a quel momento! Tre ore di allegria,          di scherzi, battute...

PAO. Tu le capivi le mie battute, vero?

ELI. Che c'entra, questo?

PAO. No, è una cosa mia. (a Sandro) Bestia!

ELI. Mi dicesti del colloquio che avresti dovuto sostenere a Bologna e che, se       fosse          andato bene, ti avrebbe cambiato la vita...Che saresti partito    proprio quella sera e che ormai eri convinto che l'avermi incontrata era   un segno del destino, che ti sentivi più sicuro, più ottimista...

SAN.          E che vuoi dire a una donna per farla sentire importante? Mezzucci da          quattro soldi, vili e offensivi per l'intelligenza e la dignità della gente!

PAO. Tu la devi smettere, Sandro. Hai capito? Devi smetterla.

ELI. Dicesti che sarei stata la prima persona a cui avresti telefonato per     comunicare che era andata bene; perché ormai eri certo che avresti avuto          successo...

PAO. E difatti...

ELI.  E quella sera, per augurarti di cuore che tutto andasse come desideravi,      per darti uno stimolo in più, per farti sentire la simpatia che provavo per         te, provai            a telefonarti una decina di volte, ma non rispondeva nessuno...Venni alla stazione per salutarti...Ma arrivai con qualche secondo di ritardo...Il treno partiva...Io guardai tutti i finestrini, sperando      di scorgerti e di regalarti un sorriso...Ma non c'eri...

PAO. Era gennaio...?

ELI. Era gennaio; il sedici di gennaio.

PAO. E faceva freddo?

ELI. Un freddo polare.

PAO. E tu pretendi che con un freddo polare, uno che non ha nessuno da salutare alla stazione, si affacci al finestrino?

ELI. Se ti fossi affacciato, adesso non saremmo qui! O meglio, ci saremmo io e   te, ma senza lui!

SAN.          E allora me ne vado e restate soli.

ELI. No. (riprendendo) Ero delusa per non averti potuto vedere, e mentre mi     voltavo per uscire dalla stazione, un po' soprappensiero, non mi accorsi         che c'era qualcuno davanti a me, e andai a sbatterci contro violentemente.     (a Sandro) Ricordi? (a Paolo) Mi accompagnò a casa, scambiammo          qualche parola; nei giorni seguenti mi telefonò più volte...Poi, tu tornasti   da Bologna...(a Sandro) E tu partisti per il Brasile...

PAO. Lapponia!

SAN.          Brasile, Brasile!

ELI  Io non sapevo che fare...(a Sandro) Quando tornasti, avrei voluto dirti che          già uscivo con lui...Ma non me la sentii: tu parlavi del tuo viaggio, io ero          come          affascinata...

PAO. Ma aspetta, aspetta...Tu ci hai conosciuto nello stesso giorno?

ELI. Incontrai te al mattino e lui alla sera, in stazione.

PAO. Ma se eri venuta per me, alla stazione, che motivo c'era di metterti a parlare con uno sconosciuto? E poi, perché non me lo dicesti che saresti     venuta alla          stazione?

ELI. Volevo avvisarti, ma non mi rispondeva nessuno al telefono, te l'ho detto.

PAO. E non potevo risponderti; ero per strada a cercare di liberarmi di un          rompiballe          che mi parlava della Lapponia...

SAN.          Dell'Afghanistan, non della Lapponia!

PAO. ...E che non mi lasciava andare! Ecco cosa succedeva, mentre tu cercavi di          telefonarmi. (a Sandro) Proprio quel giorno dovevi tornare       dall'Afghanistan?

SAN.          Bravo!

PAO. Proprio me dovevi incontrare? Tutto questo non sarebbe successo, se fossi          rimasto appena un giorno in più in giro per il mondo!

SAN.          Benissimo! Sarà colpa mia se sono tornato in anticipo rispetto alle tue          esigenze! Non sarebbe successo se tu non fossi partito per Bologna proprio          quella sera!

PAO. Bravo! Avrei dovuto telefonare in Ditta e dire “scusate ma non posso         venire domani, perché se parto 'stasera, alla stazione c'è quello stronzo di     Tonelli Sandro che è appena tornato dall'Afghanistan e mi vuole fregare          la ragazza...

ELI. Ma non ero la tua ragazza...

PAO. Tu sta' zitta!

SAN.          Io volevo fregarti cosa? Io non la conoscevo ancora, e non sapevo che fosse          la tua ragazza...

ELI. Ma non ero la sua ragazza...

SAN.          (a Elisabetta) Vuoi tacere, per favore?

PAO. E che bisogno avevi di venire alla stazione?

SAN.          Ci avevo accompagnato mia madre.

PAO. Già! Che partiva per Bologna!

SAN.          Esattamente!

PAO. Guardate che combinazione! La madre parte per Bologna la stessa sera in          cui anch'io parto per Bologna! Un caso, una coincidenza!

SAN.          Proprio così!

PAO. Non poteva partire il giorno dopo, tua madre?

SAN.          Ha bisogno di chiedere il tuo permesso per andare a trovare sua sorella a          Bologna?

PAO. E ha bisogno della tua presenza in stazione per andare da sua sorella?       Cosa          credevi, che facesse finta di partire e tornasse a casa di nascosto?        Che cacchio combini a casa tua, quando tua madre non c'è? Organizzi        orge lapponi?

SAN.          Io l'ho solo accompagnata con la macchina.

PAO. E perché sei sceso da quella dannatissima macchina, allora?

SAN.          Per portarle la valigia fino al treno!

PAO. Poteva prendere un taxi, un autobus, e chiamare un facchino! Ci sarebbe arrivata lo stesso al treno. E tu non avresti "incontrato" la mia ragazza!

ELI. Non ero la tua ragazza...

SAN.          Non era la tua ragazza! Non era la ragazza di nessuno! Era "solo" una          donna sola, senza indicazioni che avvertissero: "ragazza di Olivieri Paolo, non            disturbare", seguìta da una olezzante scia di discutibile acqua di        colonia a buon mercato, con l'aria assente e lo sguardo spento di chi non          sa che diavolo ci fa in una stazione ferroviaria in una gelida serata di      gennaio! Questo era!

ELI. Ehi, calma...Un momento...

SAN/PAO. (insieme) Vuoi stare zitta!?

PAO. (a Sandro) Quindi, vuoi dirmi che fermi una così per puro caso? No, dico,          fermi una con l'aria da scema, gli occhi spiritati e un olezzo disgustoso, in   una stazione semi deserta in una gelida serata di gennaio, per puro caso?

SAN.          (a Elisabetta) Ho detto che avevi l'aria da scema?

ELI. No...Non credo

SAN.          Ho detto che avevi gli occhi spiritati?

ELI. No...Non mi sembra...

SAN.          Ho parlato di olezzo disgustoso?

ELI. No...

PAO. Sì che l'hai detto! E nonostante questo l'hai fermata lo stesso!

SAN.          Non l'ho fermata; ci siamo voltati tutt'e due di scatto e c'è stato il cozzo!

PAO. Il cozzo!

SAN.          Sì, il cozzo!

ELI. E allora, per scusarsi, mi ha chiesto se avevo bisogno di un passaggio per   tornare a casa...

PAO/SAN. Potevi dire di no!

ELI. E non l'ho detto! Faceva freddo; ero sola, delusa e stanca. Fu così gentile,   perché avrei dovuto dirgli di no?

PAO. Perché? Ti chiedi ancora perché? Ma ti rendi conto di cosa hai          combinato?

ELI. Io non ho combinato niente: siete stati voi a fare tutto, senza chiedermi          assolutamente nulla. Uno mi telefona al mattino, uno al   pomeriggio...Perché non vi è venuto in mente di chiedermi se fossi già       impegnata?

SAN.          E tu cosa avresti risposto?

ELI. Avrei risposto di no.

PAO. E che diavolo sarebbe cambiato?

ELI. Che probabilmente ci avrei pensato su! Ma se una non se la sente fare,       questa domanda...Non ci pensa! E non me l'avete fatta nemmeno dopo;       mai una volta, in questi cinque anni, mi avete chiesto se fossi già         impegnata. Mai un dubbio, un sospetto, nemmeno una curiosità; niente di      niente!  Adesso capisco quanto poco vi interessasse di me. Chi ero, io? Una        qualunque, una come tante; ci si esce, ci si diverte...E poi, magari, la si abbandona al suo destino, senza pensare         che questa ragazza ha un cuore,   un'anima, una personalità! Vero, Paolo? Vero,        Sandro?

PAO. E' pazza...?

SAN.          Non lo so, ma io mi sento poco bene...

ELI. E quante volte, invece, io vi ho chiesto di prendere una decisione, di dare    una svolta alla nostra vita? Paolo, parliamo chiaramente; se non ti avessi messo di fronte al fatto compiuto, se non avessi pensato a tutto io, se non     avessi inventato questa casa, non avresti mai deciso di formare una famiglia con me.

PAO. Una famiglia, prima o dopo sì; non una comune!

ELI. (a Sandro) E tu, quante volte sei partito per i tuoi viaggi del cavolo    promettendo “quando torno bisogna prendere una decisione; dobbiamo       pensare a sistemarci”? E poi, appena tornato, questo desiderio ti passava       così come ti era venuto, e la vita riprendeva esattamente come prima. “Ci         vediamo domani,         dopodomani no, giovedì sì, venerdì no...”

SAN.          Io? Eri tu che dicevi “domani sì, dopodomani no, giovedì sì..”

ELI. Lo dicevo io, sissignore, io! Ma ti sei mai chiesto perché ci vedevamo un      giorno sì e uno no?

SAN.          (debolmente) No...?

ELI. Non te lo sei mai chiesto, perché ti andava bene così; nessun impegno serio           e una stupida sempre disponibile a dirti di sì, a starti vicino, ad   accontentarti in   tutto! Ma non era possibile starmi accanto tutti i giorni,           vero? Troppo comodo          andare avanti in questo modo, giusto? Meglio   vedersi quando è possibile,   senza problemi e senza chiedere spiegazioni!    Domani sì, dopodomani no,           giovedì sì, una domenica ogni due...

SAN.          E perché tutto questo?

ELI. Perché, altrimenti, non potevo uscire con lui!

SAN.          Ah, ecco! C'era un motivo. Benissimo, ovvio, logico, conseguenziale...(a          Paolo) Se fosse uscita tutti i giorni con me, come avrebbe potuto uscire a     giorni alterni con te?

PAO. Ma è naturale, c'è da stupirsi? Mi sembra addirittura che abbia        dimostrato          saggezza e grande sensibilità. Dirò di più, se è possibile; per la   precisione con cui si è prodigata nel non generare mai il benché minimo    dubbio o sospetto, sarebbe da considerare l'esempio vivente dell'equilibrio    totale. Come infilare due graziosissimi e vezzosi piedini in un'unica    scarpa? Come scivolare senza timore e con soave leggerezza sulla lama di       un affilatissimo rasoio? Come avventurarsi a mani nude contro due tori          scatenati in un'arena deserta? Da oggi tutto il mondo saprà a chi rivolgere          queste ed altre analoghe domande ed ottenere risposte e suggerimenti          preziosi e sicuri... Lisa saprà dare una istruzione particolareggiata per     qualsiasi ipotesi rischiosa.

ELI. Ma perché parlate così!?

SAN.          Perché siamo due individui maschilisti e conservatori, di ristrettissime          vedute, di mentalità arcaica e stupidamente ancorati ad un obsoleto concetto di          monogamia! Pensa che idioti che siamo!

PAO. Figurati che per tutti questi tre o quattro anni...

ELI. Cinque, Paolo, cinque!

PAO. ...Per questi maledetti cinque anni, parlando di te, ti ho sempre definito      come          "la mia ragazza". Ti ho anche presentato a tutti come "la mia ragazza"...

ELI. E come avresti dovuto presentarmi, allora?

PAO. Non lo so: Probabilmente come "la mia ragazza di oggi e di dopodomani e         di ieri l'altro", non siamo d'accordo? Cosa cazzo ne so io di cosa combini,      tu, negli altri giorni? L'ho scoperto solo oggi, purtroppo, ti sembra       normale?

SAN.          E io, allora? Non vengo a scoprirlo dopo cinque anni di estrema,       irripetibile e stupidissima fedeltà?

ELI. No, no, no! Sbagliate tutt'e due!

PAO. Sbagliamo, la senti? Dice che sbagliamo. Non è come pensiamo noi; è uno scherzo, solo uno scherzo.

SAN.          Certo che è uno scherzo, non può essere altrimenti; una volta finito,   questo scherzo, rideremo tutti insieme e noi due ci daremo a vicenda dello     stupido per esserci cascati da perfetti idioti...Solo una cosa, adesso, Betty,      una cosa soltanto...Ascolta la domanda e rispondi con molta calma, con un          sorriso, come è giusto che si risponda per mettere fine ad un gioco...Perché      ormai dovremmo essere certi che si sia trattato di un gioco...Quindi,        Betty...

PAO. Lisa...

SAN.          A chi...

PAO. Hai fatto...

SAN.          Questo...

PAO. ...Scherzo?

SAN.          ...A me...?

PAO. ...O a me...?

ELI. Ma a nessuno dei due! Che diavolo vi viene in mente? Come potete    pensare che si possa scherzare su una questione come questa?

PAO. Oh, allora non ho sbagliato io e non ha sbagliato nemmeno      Sandro...Perché,          quindi, dici che abbiamo sbagliato, se non si tratta di       uno scherzo?

SAN.          Già, perché...?

ELI. Sbagliate nel dire di averlo "scoperto" dopo cinque anni! Questo è lo          sbaglio.

SAN.          Questo.

PAO. (a Sandro) Quindi, tu lo sapevi...

SAN.          No, io non lo sapevo. Lo sapevi tu...?

PAO. Non prima di oggi...

SAN.          Benissimo; c'è qualcosa che non quadra, allora.

ELI. Possibile che non capiate? Non lo avete scoperto...Sono stata io a volere      questo incontro, non si è trattato di un incidente, di una coincidenza, ma      di una precisa volontà. Il fatto che ci siamo ritrovati in questa casa ha uno      scopo, non sono mica matta, io! Dico, non vorrete che mi divida tra l'uno e        l'altro per il resto della mia vita, vero?  Non potete pretendere una cosa   simile; sarebbe mostruoso! Sono una donna io, non un oggetto che ci si         può passare di mano in mano...Ho la mia dignità! Senza contare la fatica che per cinque anni ho          dovuto sopportare per starvi dietro. Adesso basta;         capito? Basta. Non ne posso          più...Dovete prendere una decisione una          volta e per tutte, mettendo finalmente da parte l'egoismo e la viltà che per cinque lunghi anni mi avete sbattuto in faccia con la vostra comune     mancanza di decisione e col rimandare ciò che        sarebbe stato giusto e   logico fare se davvero mi aveste amata...Se davvero mi amate come mi   avete detto...per questi cinque anni...

PAO. Una decisione...?

ELI. Certo.

PAO. (a Sandro) Dice che dovremmo prendere una decisione.

SAN.          Ho sentito. Che decisione, Betty? Scusa se non ti seguo; le ultime ore devono essere state particolarmente difficili per il mio già precario stato di     salute mentale...Non riesco a immaginare quale nostra decisione possa     risolvere questa faccenda...(a Paolo) Tu la immagini?

PAO. Speravo in te...Che decisione, Lisa?

ELI. E c'è ancora bisogno di chiedermelo? Sposarmi, no?!

SAN/PAO. (dopo essersi scambiati uno sguardo allucinato, con un grido) Chi?

ELI. (confusa; prima ad uno, poi all'altro) Tu...Lui...Cioè, tu...Insomma...Voi! Non lo so, parliamone...

PAO. (allibito) Ma...Porca puttana...

SAN.          E' follia! E' pura follia! Continuiamo a restare in una faccenda che non ha          niente di reale...Sembra il soggetto di un film al quale non è possibile          mettere la parola "fine"!

PAO. Chi l'ha detto? Per quanto mi riguarda, la parola fine la metto subito! Nel          ridicolo ci sono già caduto...Ma nel grottesco non me la sento proprio di     entrarci! (a Sandro) Non so tu cos'abbia intenzione di fare, ma io qui      dentro non ci resto un secondo di più. La mia parte finisce qui. Togliete un         personaggio dal copione e continuate da soli, se volete! (si avvia alla        comune)

ELI. Ma Paolo...

PAO. Per carità, sta' zitta! Più niente da dire! Silenzio!

SAN.          Giustissimo! (raggiunge l'amico. Insieme, poi, nel rivolgersi a Elisabetta,          daranno le spalle alla comune) Anzi, Paolo, guarda, propongo una cosa:    siamo alla fine di questa ignobile rappresentazione, quando si vorrebbe    che ne uscissimo addolorati e sconfitti; ebbene, amico mio, noi dobbiamo invece dimostrare di essere nobili e superiori...

PAO. Certo, hai ragione; al punto di apprezzare, addirittura, quanto questa       femmina, e sottolineo "femmina"...

SAN.          Non ce n'è bisogno.

PAO. Di che cosa?

SAN.          Della sottolineatura; so bene quanto sia femmina!

PAO. Ah, sì?

SAN.          Ineguagliabile, credimi...Sotto "quell'aspetto"... Ineguagliabile!

PAO. Beh, in questo non posso che darti ragione...Sotto quell'aspetto è       davvero...

SAN.          Ah, perché, anche con te...

PAO. A giorni alterni: non ti dico; un'assatanata!

SAN.          E anche con me...Un giorno sì e uno no...Ma...

PAO/SAN. (realizzando ancora una volta, all'unisono a Elisabetta) Allora,          tu...Tutti i          giorni!?

ELI. (timidamente) Non sapevo dirvi di no...

PAO/SAN. A "noi"?!

PAO. Ecco cos'era la fatica di cui parlava!

SAN.          A me non sembrava che si affaticasse troppo, anzi!

PAO. E tutto questo è durato davvero cinque anni?

SAN.          Due anni e mezzo a testa?!

ELI. E vi sembra poco? Metà della mia vita!

PAO. No, no, cara... Nostra...Mia...Insomma; metà della mia vita e metà della     sua...Cioè: per te, una vita intera; per noi due metà di cui non eravamo a conoscenza!

SAN.          Ormai non ha più importanza: non possiamo che esserti grati, davvero,     per          quello che hai fatto!

PAO. (mentre dalla comune fa ingresso Periclea Rossetti d'Incalzo Manieri,         madre di Elisabetta. Donna sui quarantacinque anni, vistosa nel vestire e         nell'esibirsi in un'affettata nobiltà, ma pronta, all'occorrenza, a mutare          atteggiamenti e stile per divenire dura ed estremamente pratica) Non   potevi regalarci giornata più sensazionale!

SAN. Unica, direi! Una sorpresa così non l'avremmo mai immaginata; vero,       Paolo?

PAO. Ma scherzi? Due amici di sempre, uniti per tanti anni, che si perdono di     vista per i casi della vita e che vengono ricondotti sulla strada del     ritrovamento reciproco da una donna stupenda al punto che sacrifica sé         stessa, dividendo il proprio amore...

SAN.          Nonché tutto il resto... Proprio tra questi due amici che oggi,     finalmente ritrovatisi, non possono fare altro che ringraziarla come  merita! (applaudono)

PER.          (alle spalle dei due, dapprima stupita e poi felice da quella congiunta          dichiarazione di amore e  ringraziamento, finalmente liberandosi in un       grido) Bravissimi!

PAO/SAN. (con un urlo, colti alla sprovvista dalla presenza della nuova              arrivata) Ahhh!

PER.          Calma, non c'è niente da spaventarsi, sono io, non temete, non vi agitate.          Davvero felicissima di vedervi tutti qui.

SAN.          Signora Rossetti d'Incalzo Manieri!

PAO. Signora Periclea!

PER.          Ma via, via, via...Ormai possiamo eliminare questo "signora" che fa così          "distante", diciamo! Ora che l'accordo è raggiunto e che avete saputo         apprezzare quanto abbiamo fatto per voi, vi concedo di chiamarmi             finalmente "mamma".

SAN.          Mamma?

PAO. Mamma?!

ELI. Mamma, non è esattamente come sembra...Non si può...

PER.          Elisabetta, amore mio, lo so bene anch'io che non si può: che penserebbe    la gente, fuori da quella porta, se  sapesse che ho due generi e una sola figlia? C'è un falso perbenismo talmente dilagante oltre quella soglia,    sapete, che si coglierebbe immediatamente la palla al balzo per gridare allo scandalo! Come se poi non sia tanto più scandaloso fare le cose di      nascosto piuttosto che alla luce del sole, come noi.

SAN.          Pace degli angeli...Ma di che parla?

PAO. Ho paura di conoscere la risposta!

PER.          Bene, ragazzi, intanto datemi una mano a posare tutti questi pacchi perché proprio non ce la faccio più. Ecco, Paolo, tu prendi questo        borsone...Tu, Sandro, questa busta...C'è un po' di spesa per le prime          esigenze, poi si provvederà al resto; avremo tempo per organizzarci. No,       piano, piano, aspetta, prendo questo pacchetto in cima...Ecco. (posa sul   divano la sua borsetta. A Elisabetta) Qui, tesoro, ci sono le fragoline di      bosco che ti piacciono tanto; è uno dei soliti pensieri tanto gentili di    Pinuccio...

PAO/SAN. Pinuccio?

PER.          Sì, Pinuccio, Pinuccio. E' il proprietario del supermarket dove mi fermo     ogni          giorno per la spesa; il supermarket Rosignoli, qui all'angolo.

PAO. Rosignoli...

SAN.          Giuseppe Rosignoli...

PER.          Lo conoscete?

PAO. Era al banco dietro di noi...

PER.          Ah, una perla di ragazzo, eh?! Tanto carino, gentile, a modo. Io l'ho detto          sempre anche a Elisabetta che...Ma lasciamo andare, ora; ormai che abbiamo superato il primo scoglio, il resto verrà da sé. (a Paolo) Hai scelto       la tua sistemazione? La stanza bianca, vero?

PAO. La stanza...Bianca?

PER.          Domanda sciocca, sì? Ogni tanto mi stupisco di me stessa: non avresti          potuto scegliere che quella; tu ami il bianco e Sandro il verde, tu il     televisore in camera e Sandro l'impianto stereo per ascoltare la sua      musica reggae, tu l'illuminazione soffusa e Sandro l'abat-jour sul     comodino...Quindi tu nella stanza bianca e Sandro nella stanza verde, dico        bene? No, dico, non c'è ombra di possibilità di sbaglio. Provati i letti? Comodi da impazzire; praticamente il top della linea ortopedica         disponibile sul mercato europeo del materasso. E i bagni? Visto che         amore? Dico, l'idea della doppia tazza è assolutamente geniale, non vi      pare? Doppio asciugamani, doppio accappatoio... E doppia tazza; originale da jet society...Forse ci sarebbe andato bene anche il doppio          bidet...Ma si rimedia.

PAO. Un momento, signora Periclea! Si calmi un attimo!

PER.          Io sono calmissima, Paolo.

ELI. Ma non loro, mamma!

PER.          No? Perché?

SAN. Signora Rossetti d'Incalzo Manieri: noi non abbiamo un solo motivo per   essere calmi; al contrario, ritengo di poter dire che ne abbiamo anche          troppi per essere addirittura esageratamente...Esageratamente...

PAO. Incazzati!

SAN.          Ecco! Incazzati!

PAO. E non solo!

SAN.          Ecco: non solo!

PER.          Non capisco...

PAO/SAN. Signora...

ELI. Un momento: solo un momento; spiego io. Vedi, mamma, tutto quello che avevamo pensato, o meglio che tu avevi pensato, fosse giusto fare per      uscire da    questa situazione...A loro non è andato giù...Non sono        d'accordo... Non lo hanno accettato.

PER.          Come mai?

SAN.          Come mai?! Signora Rossetti d'Incalzo...

PER.          Va bene, chiamami solo signora, per ora!

SAN.          Signora! Si rende conto di ciò che sua figlia ha fatto?

PAO. Capisce che per un eterno periodo di tempo...

SAN.          Cinque anni!

PAO. Ecco...si è macchiata di un crimine orrendo e di una amoralità perversa?

ELI. Ma amore...

SAN/PAO. Zitta, tu!

PER.          Amoralità, crimine...Quale crimine?

SAN.          Quale...?

PAO. Bigamia, ecco quale crimine!

SAN.          Ecco! Bigamia!

PER.          Ma no, ma no, ma no...Che dite? Quale bigamia? Ragazzi miei, avete dei          concetti astrusi e li esponete con confusione. Si può essere bigami se ci si è   sposati già una volta e, sottacendo il già preesistente matrimonio, ci si         coniuga con una seconda persona mentre l'altra è ancora in vita; questa è       bigamia. Ma la mia bambina non è sposata. Elisabetta, hai sposato questi    due giovanotti senza invitarmi alle nozze e senza nemmeno avvertirmi?

ELI. Ma no, mamma...

PER.          Ecco, vedete? Mi pareva. La mia bambina non avrebbe mai commesso      una          bruttura di questo genere, educata com'è ai sani principi morali e      civili...D'altra parte l'ho educata io, e so bene com'è cresciuta e cos'è       diventata!

PAO. Cos'è diventata? Glielo dico io, cos'è diventata...

SAN.          No, glielo voglio dire io, per tutto quello che mi ha fatto e per come mi ha          preso in giro per questi cinque anni...

PAO. Cinque, sei sicuro, sì?

SAN.          Sicurissimo!

PER.          Per carità, non dite niente, so bene cos'è. E non c'è bisogno che me lo          ricordiate...E' esattamente come me; anima mia!

PAO. Comincio a pensarlo anch'io, signora!

SAN.          Non c'è dubbio! (Elisabetta scoppia a piangere convulsamente)

PER.          Ma no, ma no...Non piangere, adesso, vedrai che tutto si sistema...C'è qui   la mamma, no? Vieni qui, tra le mie braccia...(Elisabetta le va incontro)         Ecco, vedete cosa avete combinato? Su, non piangere...Cosa ti hanno fatto   questi ragazzacci, eh? Ti prego, tesoro, non piangere, lo sai che dopo ti          viene da tossire...(Elisabetta comincia a tossire) Ne ero certa! Tutto per       colpa vostra!

PAO. Di nuovo questa maledetta tosse.

SAN.          Ricomincia daccapo!

PER.          Ovvio; le succede sempre quando si intristisce!

PAO. Macché intristita; è solo un attacco di nervi!

SAN.          Ma no, è l'emozione!

PER.          Tossisce quando è triste!

PAO. No, quando è nervosa.

SAN.          Quando si emoziona!

PER.          Volete conoscerla meglio della sua mamma?

PAO/SAN. La conosciamo  benissimo.

PER/PAO/SAN. E poi finisce che si strozza!

PER.          Non è niente, amore, ti passa subito...(anche Sandro e Paolo si avvicinano alle due. Sandro si collocherà alle loro spalle e Paolo alla loro destra) Stai          calma, tranquillizzati, trattieni il respiro...guarda l'uccellino, guarda    l'uccellino...(Elisabetta, continuando a tossire, volge lo sguardo alla sua       destra, verso Paolo)

PER.          Ma no, cuore, devi guardare in cielo...L'uccellino è in cielo...Non per          terra...(guardando per un attimo Paolo, con spirito di accettazione) Sì, a     volte è a mezz'aria, lo so...

PAO. (allarga le braccia, sconsolato e incredulo) Ah, questa poi...

PER.          ...Ma tu devi guardare quello che vola in cielo, così ti passa.(Elisabetta        volge          lo sguardo al soffitto) Brava... Elisabetta accenna a diminuire, fino a          smettere, gli anomali singulti) Lo vedi che funziona? Allora, giovanotti, vogliamo continuare in questo modo, oppure ce la sentiamo di essere un      tantino più          ragionevoli e cominciamo a considerare la questione nel modo     più giusto?

PAO. E quale sarebbe?

SAN.          Ben detto; quale sarebbe il modo più giusto?

PER.          Quello della semplicità. Cosa c'è di tanto strano in tutto questo? E' forse          strano l'amore? E' strana la passione? Sono strani i sentimenti degli esseri umani? Via, equivarrebbe a dire che è strana la vita e, di conseguenza, che     siamo strani tutti...Quindi, anche voi!

PAO. No, noi siamo normalissimi!

SAN.          Noi non abbiamo fatto niente di strano; abbiamo solo creduto alla stessa          persona...In due!

PER.          Volete quindi dire che non vi siete innamorati di una persona, di una          donna...Ma solo di una sua metà!

PAO. Ma come le salta in mente? Io ero innamorato di una donna intera, (indicando          Elisabetta) di lei! Non della sua parte inferiore o superiore!

SAN.          E comunque, potendo scegliere...

PAO. Sandro!

SAN.          ...Potendo scegliere, dal nostro punto di vista, sarebbe stato logico      accettare e          amare l'intera persona. Sua figlia, invece, è stata cinicamente    capace di dare metà di sé stessa ad uno e metà all'altro, nascondendo          questa spietata verità a         tutt'e due!

PAO. Ha diviso in due le confidenze, i sentimenti, le tenerezze, i ricordi, le   canzoni...

SAN.          Le passeggiate, i discorsi, i profumi, i progetti, le gite in montagna...

PAO. No, ma io in montagna non ci sono mai andato...

SAN.          E al mare?

PAO. Al mare, sì.

SAN.          Peggio! Con me, mai!

ELI. Ma se il mare non ti è mai piaciuto!

SAN.          Ma non mi hai mai chiesto di portartici, se non sbaglio!

ELI. Non te l'ho mai chiesto perché sapevo che non ti piaceva! Potevo        costringerti a fare una cosa che non ti piaceva?

SAN.          L'avrei fatto per amore!

ELI. Ed io, per un amore più grande, non te l'ho mai chiesto!

SAN.          No, tu non me l'hai mai chiesto perché ti ci portava lui!

ELI. No, ci andavo solo perché a lui piace il mare e non la montagna!

PAO. Ma perché non mi hai mai chiesto di portarti a fare una gita in         montagna?

ELI. Perché sapevo che odiavi la montagna e amavi il mare!

PAO. Questo te l'ho detto io? E quando?

ELI. Cinque anni fà!

PAO. Ma sai che non me lo ricordo? Proprio non me lo ricordo. Comunque,       dev'essere così.

SAN.          (a Paolo) Ma non capisci? Per ottenere ciò che voleva e fare i propri   comodi, aveva previsto anche questo!

ELI. Avrei previsto cosa?

SAN.          La possibilità di far credere a questo deficiente di aver detto una cosa che          probabilmente non ha mai detto, per il fatto stesso che dimentica anche le cose   più importanti, figuriamoci una cretinata come questa!

PAO. Io non sono affatto deficiente e non dimentico niente!

SAN.          Ah, no? A che piano siamo? (in crescendo)

PAO. Al terzo!

SAN.          Da quanti anni conosci quella donna?

PAO. Tre...No, quattro...

ELI. (flebilmente ma con disperata sconsolazione) Cinque!

SAN.          Da quanti anni faccio il fotoreporter?

PAO. Cinque?

SAN.          Non ho altre domande, vostro onore; la giuria tragga le dovute          considerazioni!

PAO. Ma che cazzo dici?!

SAN.          Dico che fotografo in giro per il mondo da dieci anni, che siamo al secondo          piano di questo palazzo, che conosci quella donna da cinque, esattamente   come          me, dallo stesso giorno in cui io l'ho incontrata, e che non è affatto     vero che la          montagna non ti sia mai piaciuta ma che, sicuramente, lei ti      avrà più volte detto che una volta le hai confidato di averla in odio...

PAO. Chi?

SAN.          La montagna, deficiente! E tutto questo al solo scopo di farsi portare al      mare          da te perché io non ce l'avrei mai portata! Capito? Al mare con te,     in montagna con me, e non mi stupirei se saltasse fuori qualcuno che per       questi cinque anni l'ha portata ai laghi!

PAO. E' così, Lisa?

ELI. Il lago non mi piace!Mi piacciono il mare e la montagna, non il lago!

PAO. Ma che risposta è?

SAN. Quella che ti meriti! O meglio, quella che ci meritiamo, per averle creduto da deficienti, mi accomuno per un istante alla tua infermità connaturata,        in tutti questi anni!

ELI. Non è vero!

PER.          Ma certo che non è vero, cara, lo sanno anche loro; solo che hanno    bisogno di          tempo per rasserenarsi e guardare con più semplicità alle           questioni. Dopotutto, vanno capiti e aiutati...

PAO. Aiutati?

SAN.          A far cosa?

PER.          A capire; a capire! Possibile che siate così cocciuti? Oh, guardate che io vi          parlo solo per il vostro bene, oltre che per quello di Elisabetta, si        capisce...Lei non ha agito per altro che non fosse amore, come me del         resto. In ognuno di voi ha trovato la giusta rispondenza al proprio modo   di essere, e devo dire che ho sempre condiviso la sua scelta. D'altra parte,       anch'io, da ragazza, ho vissuto il piacevolissimo dramma di essere          innamorata di due uomini contemporaneamente...

PAO. Ah, c'era un precedente in famiglia!

SAN.          Non hai capito: il "dramma" era piacevolissimo!

PER.          Ho detto proprio così...Ma è la verità! Una verità che voi maschi non          potete capire, ma che a noi donne, a volte, può capitare...Il dramma è nella          situazione in sé...La piacevolezza, invece...

PAO. Non ce lo dica, ci arriviamo da soli!

PER.          Solo che, se è un uomo a prendersi certe libertà, si parla solitamente di          debolezze passeggere, anche se durano per anni. Sono forse pochi gli          uomini che hanno la moglie a casa e l'amante nell'appartamentino? No      che non sono pochi, sono quasi tutti, direi! E non giurano eterno amore a       questa e a quella          allo stesso modo? All'amante, che sa dell'esistenza di       una moglie, non inventano mille scuse? Non promettono mille c       ambiamenti? “La lascerò; vivremo insieme. Adesso ancora non posso, sai, i bambini soffrirebbero troppo. Ancora un po' di pazienza”. Ma poi,          quando tornano a casa; “Amore, perdonami, ho fatto tardi ma in ufficio   c'era una riunione a cui non potevo rinunciare”! E' vero, o no? E allora, vi      sembra strano che una donna possa innamorarsi allo stesso modo di due      persone diverse?

SAN.          No che non mi sembra strano. Ma lei non è sposata; non aveva alcun          bisogno di nascondere niente a nessuno!

ELI. E chi avrei dovuto lasciare, allora? Te? Lui? Quando tu eri con me, io non          sentivo la sua mancanza, perché era come se lì, con noi, ci fosse anche         lui...E quando ero con lui, non sentivo la tua mancanza...

SAN.  Perché io ero lì con voi!

PAO. Allora, tu sapevi...

SAN.          Sapevo, cosa?

PAO. Ci seguivi...

SAN.          Sei fuori completamente!

ELI. Voi siete un tutt'uno, per me; siete un amore, una vita, una sola storia,       nata          insieme e insieme maturata! Questo è il mio dramma!

PAO. All'anima del dramma!

PER.          E' così: dovete sforzarvi di capire, niente di più, solo capire che è possibile e umano. Anch'io, quando sposai per indicibile amore il mio primo      marito, Anselmo d'Incalzo, ero follemente innamorata anche del mio          secondo marito, Marcello Manieri.

SAN.          Ma perché, il suo cognome non è uno solo?

PER.          Certo che no! Rossetti da signorina, Rossetti d'Incalzo dopo il primo          matrimonio e Rossetti d'Incalzo Manieri dopo il secondo! Li ho mantenuti tutti, sì; ho qualche conoscenza in municipio, e poi ti da quel tocco di          nobiltà che aiuta...

PAO. Madonna!

SAN.          Paolo, questa è più folle della figlia...

PAO. E me ne sono accorto...

PER.          Subito mi pentii del primo matrimonio; immediatamente, direi...Perché          quando scorsi il mio Marcello, all'uscita della chiesa, dopo la cerimonia,     tra la folla,          non esitai a corrergli incontro felice e piangente, con l'abito       bianco ancora profumato d'incenso...E mi gettai con esasperato ardore tra      le sue braccia, lasciando dietro di me Anselmo che, colto da subitaneo malore, si accasciò al suolo, subito soccorso da parenti e amici. Non si     riebbe, povero amore. Tre ore dopo non         era più con noi. Una morte           ingiusta, un germoglio, ancora acerbo, colto prima che potesse davvero          sbocciare e godere delle bellezze della vita!

PAO. Mio Dio...E' morto subito dopo le nozze...?

SAN.          E ci credo! Si è appena sposato e vede la sposina che si butta al collo di un          altro...!

PER.          Non "un altro"...Il suo migliore amico!

PAO. Bravo!

SAN.          Ah, non c'è che dire, bella storia!

PER.          E' da quel giorno che mi manca tanto; non c'è un attimo in cui non mi          ritorni in mente! Perché mi abbandonasti, Anselmo? Fu una cattiveria,       non te lo         perdonerò mai! E per sempre ti amerò ugualmente! Capite,       adesso?

PAO. ...No...? (a Sandro) Tu, capisci?

SAN.          Devo capire? Che c'è da capire, Paolo? Tu ci trovi qualcosa da capire? No,          spiegami; ma davvero vuoi capire?

ELI. Te l'avevo detto, mamma, non l'accettano, non riescono a capire...

PER.          Ogni cosa ha bisogno del suo tempo...E noi, di tempo, ne abbiamo; vero,          tesoro?

ELI. Sì, mamma, hai ragione.

PER.          Rimasi accanto a Marcello, suo padre, fino al suo ultimo respiro, fino a          quando, guardandomi fisso negli occhi, mi disse l'ultima frase che non          dimenticherò mai, ma che non è il caso che ripeta adesso...E per anni mi     sono crucciata dell'averli persi tutt'e due, per non aver saputo tenermeli     vicini come          avrei voluto e desiderato! (con un brivido di voluttà) Oh, come          avrei desiderato tenermeli vicini tutt'e due! (riprendendosi) Il mio grande         errore l'ho commesso nel non essere chiara dall'inizio con   entrambi...Chissà come sarebbe stata felice la nostra vita "insieme"! E'      per questo che quando Elisabetta mi ha confidato, da buona figlia,   educata e timorata di Dio, dei suoi dubbi e dei suoi desideri, non ho potuto       fare altro che consigliarla per il meglio: davvero ne sei innamorata?      Davvero non puoi farne a meno? Davvero solo così saresti felice? E allora,         figlia mia, non fare come me...Pigliateli tutt'e due!

PAO. (rapito e allucinato dalla perfetta follia della donna) Madonna...!

SAN.          (all'amico) Ma tu non sai dire altro che "Madonna"?! Ma ti sei reso conto in quale meccanismo raccapricciante ci siamo cacciati?

PER. E così, con la opportuna ristrutturazione di questo appartamento,     abbiamo realizzato l'unica possibilità per il raggiungimento di quella che          sicuramente sarà per voi una lunga vita felice, in armonia e serenità. C'è anche una stanza         per me...Ma non vi preoccupate, resterò con voi solo         qualche tempo; giusto il necessario per assicurarmi che tutto vada per il     meglio e venirvi incontro per         qualche necessità...Non voglio essere          invadente! E non c'è bisogno che mi ringraziate; so che adesso può    sembrarvi eccessiva questa mia disponibilità, ma non dimenticate che        sono mamma...E una mamma sente di dare tutta sé stessa per la propria   figlia...Lo capirete quando lo sarete anche voi...

PAO. Che dice...?

SAN.          Dice che saremo mamme anche noi...

PAO. Madonna...!

PER.          Bene, come ci organizziamo? No, non vi affaticate, ci penso io. Faremo       così;          oggi è martedì, quindi Elisabetta passerà il pomeriggio con te,   Sandro, e la notte con te, Paolo...Domani vi invertirete e via dicendo così   fino al week-end...Intanto penseremo a come organizzarci per sabato e      domenica...E' una novità anche per me e ho bisogno di          riflettere...Elisabetta, vai pure di là,        nella stanza verde, Sandro ti          raggiungerà subito e potrete continuare a parlare e progettare come spendere il pomeriggio...

ELI. Ma...Mamma...Sei sicura...?

PER.          Certo che sono sicura. Io resto ancora qualche attimo con questi due ragazzacci, poi andrò in cucina a preparare qualcosa, stai tranquilla...Vai,          vai pure... (Elisabetta esegue, dopo aver lanciato un lungo sguardo ai due          giovani che, inebetiti, ne seguono i passi mentre esce di scena) Allora; visto         com'è semplice? Basta organizzarsi...E vedrete che la vita sarà piacevole e          senza contrattempi.

PAO. No, un momento; mi scusi, signora...Ma un contrattempo c'è...Non vorrei          contrariarla...Ma è innegabile che c'è!

PER.          Oh, no! E quale? Dimmi; se posso, risolvo.

PAO. No, non riguarda me...E nemmeno Sandro, credo; riguarda piuttosto lei e          sua          figlia, signora!

PER.          Davvero? Possibile?

PAO. Sì, perché il "vostro" contrattempo è rappresentato dal fatto che noi, (a     Sandro) correggimi se sbaglio...

SAN.          Se sbagli, ti correggo.

PAO. ...Noi non siamo pazzi da legare come lei e Lisa; no, siamo due uomini       normali che si sono imbattuti in una storia di pura follia di cui solo oggi         sono venuti a conoscenza, direi meglio; negli ultimi minuti, che hanno   dissipato tutto un insieme di dubbi e interrogativi che ci portavamo dietro da questa mattina senza riuscire a trovare una spiegazione logica...Ed era      normale che non la trovassimo...Perché non c'è logica nella pazzia! (a    Sandro) Sei d'accordo?

SAN.          Perfettamente!

PAO. E allora, signora Periclea Rossetti d'Incalzo Manieri, noi siamo          dell'opinione di          uscire definitivamente da questa situazione, nella     maniera meno dolorosa e più           "normale" possibile, attraversando cioè         quella soglia (indica la comune) che ci separa dalla normalità delle persone come noi, per rituffarci tra loro, agire         come loro, pensare come      loro, esattamente come pensavamo di avere vissuto fino al nostro ingresso          in questa casa, qualche ora fà.

PER.          Sandro, la pensi così anche tu?

SAN.          Credo che sia la soluzione migliore...E aggiungerei che non sarebbe male    se lei          e Betty decideste di consultare un ottimo specialista che possa    aiutarvi a   risolvere i problemi che sono vostri, solo vostri...E che non       riguardano le persone che oltre quella soglia continuano ad avere mille    problemi al giorno...Ma che cercano di risolverli...Possibilmente uno alla   volta...Mi   spiego?

PAO. (sulle parole di Sandro, Periclea si accosterà al divano e da questo     prenderà la sua borsa) Quindi, signora, a questo punto, ripercorrendo il   percorso inverso che ci          ha condotto in questo appartamento del terzo      piano...

SAN.          Secondo.

PAO. (si muovono insieme verso la comune)...Del secondo piano di questo palazzo...Noi usciremo dalla vita sua e di Lisa, con la certezza di trovarne      altre più simili alle nostre...Questo è tutto...

PER.          (estrae dalla borsa una rivoltella e la punta contro i due) Uno nella stanza          bianca e uno in quella verde!

PAO. Forse non ci siamo capiti...

SAN.          (voltandosi verso Periclea) Noi abbiamo deciso...(si accorge dell'arma)          Paolo!

PAO. Che c'è? (si volta anche lui e si immobilizza) Madonna!

PER.          Uno nella stanza bianca e uno in quella verde!

SAN.          Signora, stia attenta, potrebbe partire un colpo!

PER.          No, non può partire, stai tranquillo.

PAO. Ma come, no? Se non sta attenta, con quell'arnese, un colpo può scapparle          davvero!

PER.          Ma no che non scappa. Non ha nessun motivo per scappare. E non parte          nemmeno...E voi neppure! Vedete; dal mio punto di vista, un colpo può     "partire" o "scappare", come voi sostenete, se una rivoltella cade              malauguratamente in terra...Se, estraendola dalla borsetta, il grilletto si     impiglia in una cerniera o in un diavolo di impedimento che lo azioni          forzatamente, facendo così caricare il percussore e lasciando che lo stesso vada           a battere con violenza sul tamburo in cui sono inseriti i proiettili, vi         pare?

SAN.          Appunto!

PAO. Lo vede che ci troviamo d'accordo almeno su questo?

PER.          Ma nient'affatto. Lo sparo accidentale prodotto in tale maniera, proprio          perché "accidentale", provocherebbe l'esplosione con conseguente     traiettoria della pallottola assai difficile da prevedere...

SAN.          E' proprio quello che intendevamo, vero Paolo?

PAO. Proprio così.

PER.          Ma non quello che intendo io...Perché la rivoltella non mi è ancora caduta e, vi assicuro, non cadrà facilmente...Poi perché il fatto che sia          attualmente trattenuta dalle mie mani lascia chiaramente intendere come, nell'estrarla dalla borsa, il suo grilletto non si  sia impigliato in nessun         ostacolo. Infine, se la cosa può rasserenarvi ulteriormente , vi garantisco che non potrebbe, per nessunissimo motivo, sparare accidentalmente.

PAO. E' scarica!

SAN.          Dio sia lodato.

PER.          Carica, invece, carichissima. Sei pallottole dagli effetti devastanti; ne ho      visto i risultati al poligono dove mi alleno ogni settimana. Mi fa quasi        impressione vedere cosa succede al bersaglio ogni volta che sparo.

PAO. Ma allora, potrebbe sparare...!

SAN.          Oh, Cristo! Stia attenta, non scherziamo...

PER.          Sto attentissima...E non c'è dubbio che potrebbe sparare...E se sarà il         caso,          sparerà...Ma non accidentalmente...A meno che non vogliate    considerare un eventuale spasmo muscolare dell'indice della mia mano    destra.

SAN.          Soffre di spasmi muscolari, signora...?

PER.          Mai avuto di questi problemi.

PAO. E perché dovrebbe averne da oggi?

PER.          Ma non ho intenzione di averne, Paolo. Volevo dire che se spari ci      saranno, cosa che reputo evitabile e sconveniente, per quanto possibile,   non saranno affatto accidentali; sarò io a premere il grilletto...Apposta!

SAN.          Ma non esageriamo, adesso, discutiamone...

PER.          Bene...

PAO. Magari ci lasci qualche giorno per riflettere...(trilla il telefonino di     Periclea)

PER.          Scusate un attimo soltanto...

SAN.          Anche solo qualche ora...Andiamo e torniamo...

PER.          Silenzio, prego! (risponde) Pronto? Ah, Pinuccio, sei tu...Dolce! Sì, certo      che gliel'ho date...(ai due) E' Pinuccio, del supermarket...

SAN.          Rosignoli!

PAO. L'ho capito.

PER.          Sì, caro, ti ringrazia tanto, erano dolcissime. Domani mattina? Non lo so,   non credo...Ah, domani è mercoledì, è vero, hai ragione...(ai due) Voi       lavorate sempre il mercoledì mattina, vero?

SAN.          Sicuro!

PAO. Tutte le mattine...

PER.          (al telefono) E allora, può darsi...Magari ci sentiamo più tardi, ti do          conferma...No, no, ti chiamo io...Sì, ciao, dolce, ciao...(chiude) Tanto caro,           quel ragazzo, lo dico sempre...Ci ha messo da parte anche le more...           (nuovamente risoluta) Uno nella stanza bianca e uno in quella verde!

PAO. Madonna! (improvvisamente manca l'energia elettrica. Buio sulla scena          accompagnato da un isterico urlo di Elisabetta dall'interno. Sandro e         Paolo, favoriti dall'oscurità, troveranno l'occasione per lanciarsi verso la      comune e guadagnare l'uscita dall'appartamento. Si udrà il rumoroso       richiudersi della porta alle loro spalle. A soggetto, potrebbe essere utile    un veloce scambio di esortazioni alla fuga tra loro) Stai calma, tesoro, non        è niente, dev'essere scattato il contatore, adesso do un'occhiata...magari    un'interruzione, sarà questione di qualche minuto, stai tranquilla...(torna        la luce; Sandro e Paolo         ormai non ci sono più; Periclea guarda sconsolata la stanza deserta           abbandonando le braccia lungo il corpo mentre, dal          fondo, viene raggiunta da Elisabetta)

ELI. Mamma! Mamma, che spavento!...Tutto quel buio, all'improvviso...Ho      creduto di morire di paura! (guardandosi intorno) Mamma! Ma dove       sono? Sono andati via...Mi hanno abbandonata...Mi hanno lasciato sola...        E' finito tutto...(si lascia cadere sul divano)

PER.          Ma no, non è così, tesoro, non sono stati loro; non possono essere stati          loro...Non ne sarebbero stati capaci...Sono così strani, infantili...Siamo       state noi a sbarazzarcene...Capisci? (Elisabetta riprende a singhiozzare      sommessamente) E non ricominciare a piangere, adesso, non ce n'è      motivo; devi essere invece felice di aver finalmente preso una saggia          decisione; e sappi che hai la mia approvazione più totale...Ci penso io; ci   pensa la tua mamma...(riprende il telefonino e compone un numero.          Intanto, Elisabetta, passerà dal pianto alla tosse, consentendo però di         lasciare udire chiaramente le    parole di Periclea) Pronto? Sei tu, Pinuccio?    Dolce! Pensavo...Perché attendere    fino a domattina per quelle more...A      dire la verità, è una scusa; è che io ed          Elisabetta abbiamo una bella        sorpresa per te...Sì, finalmente si è decisa. E' lei che tossisce, sì, lo sai che      tossisce sempre quando è felice, no? Ma sì, raggiungici, siamo proprio   dietro l'angolo, in via De Marinis, al ventitrè, secondo piano...A presto,          dolce. (chiude) Hai visto? E non tossire, che poi ti strozzi...Su,          tesoro...Guarda l'uccellino...Guarda l'uccellino...(indica in alto:          Elisabetta segue con lo sguardo la mano della mamma; si immobilizzano, il buio le avvolge).

 

                                                           

Buio

Sipario