Guerrin meschino agli alberi del sole

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GUERRIN MESCHINO

AGLI ALBERI DEL SOLE

Contafavola in due tempi e un intermezzo

di Cesare Vico Lodovici

                                   

PERSONAGGI

GUERRINO

L’IMPERATORE Costantino

L’IMPERATRICE TEODORA

ELISENA - ALESSANDRO

RIGOLO GOBBO - EPIDONIO

FILENA - MARCELLO

LO STORICO - IL CORO DI PIRATI

IL PIRATA GAMBADILEGNO

IL BANDITORE

ANNUNCIATORE - VOCI

UNA DONNA - UN UOMO

1 RAGAZZO - 2 RAGAZZO

1 MALIGNO - 2 MALIGNO

UN BARONE - I 3 NEGROMANTI

MAURA - UN CANTASTORIE

ANTINISCA - MANGEDORMI

PACIFERO - UN PRINCIPE

L’OSTE DELL’OSTERIA DEL MALPASSO

ALBERO DEL SOLE

ALBERO DELLA LUNA

ALCINA- L’ANCELLA GALETTA

1 SENTINELLA – 2 SENTINELLA

IL SARACINO

IL FRATE RETTORE - UN FRATE MINORE

Commedia formattata da

PRIMOTEMPO

Vento sul mare. Brusio di gente assie­pata sul molo di un porto. Primo pia­no sonoro.

Marcello                        -Non è una nave corsara quella là attraccata al molo, Epidonio?

Epidonio                       -Sì,Marcello.CorsaridiSoria. Hanno issato il gonfalone di pace.

Un Passante                  -Sono venuti per mercato. Da stamattinastannoscaricando,eorahanno quasi finito.

Marcello                        -Allunghiamo il passo;qualcosa ci toccherà ancora.

~ I rumori del molo avanzano fino in pri­mo piano.

Coro dei Pirati              - (tumultuoso) Roba a te    -alla svelta Soldi a me Oro battuto - avori intagliati Venti sacchi di tele d'Olanda Sete crude di Nagasaki Cuoi di Cordova lame Toledo Alla svelta -soldi alla mano.

Un Pirata                       - (dalla nave) Siamo lesti capitano!

Il Capitano                    -Pronti agli argani. (Fischietto).

Un Pirata                       - (dalla voce bestiale)

Fermi! Fermi! C'è ancora questo

Fondo di stiva

Roba viva! Olà! Olà!

Le Voci                         - (dal molo) Un bambino!

Nudo!

Di pelle bianca.

Li avrà tre anni?

Sì e no.

Un Pirata                       - (dalla voce bestiale dalla nave) Pronti, gente! Lo butto!

Una Donna                   - (dal molo) O brutto! Sei matto?

Un Pirata                       - (bestiale, dalla nave) Chi lo rac­coglie è suo! Si dà per niente! A voi! Eh-eeeeeeeeép!

~ Dal molo: un grido soffocato. Poi un attimo di silenzio attraversato da una fresca risata di bimbo, e subito un urlo di entusiasmo.

Le Voci                         -Bravo Marcello!

Il Bimbo                        - (dal molo. Ancora ride) Ho volato.

L'Uomo                         -E ride quest'impunito!

Il Bimbo                        -Ho volato!

Il Capitano                    - (dalla nave. Fischietto) Salpa le ancore!

~ Cigolii di carrucole. Rumore dell'argano.

Una Donna                   - (dal molo) Ehi, dalla nave, come si chiama questo trovatello?

Un Pirata                       - (dalla nave) Guerrino, gli diceva la balia.

Una Vecchia                 - (dal molo) E la balia ve la siete mangiata?

Un Pirata                       - (bestiale dalla nave) No. Se lason mangiata i pesci.

~ Risata sguaiata dei pirati.

Un Pirata                       -Era più brutta e più vecchia di te!

~ Risata dei pirati..

Un altro Pirata              -Una lagna. Notte e giorno a piangere i genitori di quel cristianello lì, scom­parsi, diceva, in una incursione di Saracini. E così una notte, che è che non è...

Una Vecchia                 - (dal molo) Assassini!

~ Risata sconcia, enorme, dei pirati e sber­leffi e suoni di scherno.

Il Capitano                    - (dalla nave. Fischietto) Molla i pennoni! Allasca i velacci! Calza la randa! Sot­to al timone!

Il Coro dei Pirati           - (parlato) Issa issa issa la vela calza la scotta Con le ciurme di Sorìa Chi si scontra fa avaria Torna indietro a testa rotta! Oooòh!... Oooooòh!

Il Capitano                    -Tutta la barra all'orza!

~ Dalla nave che già prende il mare saluto dei pirati.

I Pirati                           - Arrivederci alle belle e alle brutte, olà! Ai cornuti e a chi li fa!

~Risata sguaiatissima. Dissolvenza.

II

Marcello                        -E ora che me ne faccio io di questo bastardello? A casa ne ho già sei e tutti miei.

Epidonio                       -Be', dallo a me, Marcello. - Ne faccio un carpentiere - Da lasciargli - Casa, bot­tega, e arnesi del mestiere.

Una Donna                   -O Epidonio! Mi sta che stamani abbiate fatto un buon acquisto!

Una Donna                   -Guarda... Or par quasi che voglia piangere.

Un Uomo                      - Va pur là, bastardello, Che in casa di Epidonio e di Filéna Trovi la madia piena.

III

Epidonio                       - (schiocco di frusta) Arri, Bucinton!

~ Dissolvenza di trotto e di ruote che tor­neranno poi in primo piano con canto di un gallo e starnazzar di galline.

Epidonio                       - (grida) Filena.

Filena                            - (di dentro) Che c'è?

Epidonio                       -Affacciati e vedi.

Filena                            - Misericordia! Che ci hai in cotesto sacco che scalcia?

Epidonio                       -Un figliolo.

Filena                            - O Gesù! E di chi?

Epidonio                       -Mio e tuo, visto che di averne dei nostri non c'è più speranza. Guardalo nudo que­sto ciocchetto di castagno.

~ Risata breve e secca di Guerrino.

Filena                            - O formicene! Non te lo sarai mica fatto fuori di casa? Dove lo tenevi rimpiattato?

Epidonio                       -Non essere sciocca, Filena, vieni giù alla svelta che questo malandrino ha freddo.

Filena                            - Eccomi, eccomi! Rivoltiamolo in que­sta copertina di lana. O dove l'hai pescato?

Epidonio                       -Vicino al mare, ma piovuto dal cielo.

Guerrino                        - (triste tra sé, ripensando) Mamma!

Filena                            - Ma guarda che radica di profittatore questo spizzico di canaglia. Mi vuol commuo­vere!

Epidonio                       -Va pur là, Filena, che ci godi la tua parte a sentirti chiamare Mamma per la prima volta in tanti anni, e da un allevo di questa tacca! Ma entriamo in casa a scaldargli il latte. Per questa notte lo terremo nel nostro letto; e domani gli faccio io un letticciolo a regola d'arte.

Filena                            - Va bene. Va bene. Però Una cosa mi pare Sicura a giuramento: In questa casa, da questo momento Finisce il benestare.

Coro                              - RecitatodalloStoricoconsemplicità cordiale.

Lo Storico                     -Passa un giorno e un altro giorno Se ti guardi torno torno Quel che ieri era lì sul fratturo Oggi è già di là dal muro. Insegue l'aurora il tramonto E il tramonto un'altra aurora; Va col vento, E col tempo matura. La mia storia. Vuoi che te la conti? Gli episodi sono vari e parecchi Chiudi gli occhi e apri gli orecchi.

IV

~ Acciottolio d'apparecchiatura d'un tavo­lino da pranzo- (interno); (dall'esterno, orto e giardino, grida allegre d'un ra­gazzo).

 

Filena                            - Finiscila, Guerrino!

Guerrino                        -Sotto, Mambrino! Dai! Dai! Pi­glialo il ramarro verde!

Filena                            - Ma guarda quel diavolo! O levati dal seminato e vieni su, camorro. Lo senti, Epi­donio?

Epidonio                       -Sai che ti dico, Filena? Il ragazzo, qui, è sciupato. A poco più di 14 anni, che per gli altri ragazzi è l'età bastarda, questo al ragio­nare è meglio d'un addottorato; e a fantasia, ne ha più d'un menestrello... E perciò, io avrei in animo di collocarmelo alla Corte dell'Impe­ratore.

Filena                            - Sicuro! Tu con l'Imperatore ci gio­chi a nocino!

Epidonio                       -Con lui no, ma col suo maggior­domo. Mi diceva ieri sera che l'Imperatore cerca un paggetto per sottoscalco alla mensa imperiale. E tu non cominciare a mettermi i bastoni tra le ruote.

Filena                            - Io? Figurarsi! Se me lo levi di casa è tutto vantaggio. Non pensa che a battagliare e tirar d'arco. L'altro dì m'ha rotto la pignatta grande. Ieri l'orciolo dell'olio, e tutto l'olio spanto, che, tra l'altro, porta anche disgrazia. Mi sta che è figlio di qualche gran generale per­ché non fa che danni e disastri. Tra lui, te e il gatto Mambrino non si sa chi è più ragazzo. (Pausa) Ma poi, a Corte, è certo che ci vorrà venire?

Epidonio                       -Ora si vede. (Chiama) Guerrino!

Guerrino                        -Son qua.

Epidonio                       -Metti a terra il gatto, e vieni qui, che ho da dirti una cosa seria.

Guerrino                        - (ride schietto) Voi, babbo Epido­nio? Vi sentite male?

Epidonio                       -Guerrino, ci verresti, se ti ci porto io, a casa dell'Imperatore?

Guerrino                        -Be', se non altro, per vedere com'è un Imperatore in maniche di camicia. Ma poi tornare qui subito, che qui è la mia casa,

Epidonio                       -Va bene. Ma il fatto è che tu mi pari più smanioso di lancia e spada e torneamenti, che di menar la pialla. Bene, l'Impera­tore ti vuole alla mensa imperiale.

Guerrino                        - (ride forte) Ahà... e chi ve l'ha detto?

Epidonio                       -Il maggiordomo.

Guerrino                        -E poi vi siete svegliato!

Epidonio                       -Non ridere. L'Imperatore ti vuole aiuto dello scalco maggiore.

Guerrino                        -Un momento: io il servitore non Io faccio a nessuno: nemmeno al re di Catài. (Resta assorto) Ma poi, a Corte, c'è una Filena che mi fa le lasagne verdi col pesto? E che mi fa il segno della croce la sera dopo avermi rincalzato il letto? E c'è un Epidonio a raccontarmi i Reali di Francia o il Re Artù, che poi mi ad­dormento e li sogno? E se mi sveglio o piango e vorrei risognare                 

Epidonio                       -Lo senti, Filena? Be', Guerrino mio, tutto del tutto non si può avere. Ma pensa : in Corte, alla tavola, c'è giornalmente una fiorita di re stanziali e migratori; e belle dame e fan­ciulle che splendono come gioiellerie. E profu­mano come giardini d'Arabia mentre stan lì ad ascoltare a bocca aperta le imprese dei Paladini di Francia.

Filena                            - Che tornano gloriosi e traforati come colabrodi.

Epidonio                       -Prova. Se non ti va, la porta di casa tua qui è sempre aperta.

Guerrino                        -Bene. Mamma Filena, si passa in pianta stabile alla Corte dell'Imperatore di Bisanzio. (Ironico) Ci patite un po', eh?

Filena                            - E perché? Se è per il tuo meglio!...

Guerrino                        -E soprattutto per il vostro. Confes­satelo che già assaporate il gusto di una vita più agevole e riposata.

Filena                            - Tu, Guerrino, dai un punto al diavolo in quanto a leggere i pensieri degli altri.

Guerrino                        -No, siete voi mamma Filena, che pensate a lettere maiuscole. (Ride e canta)

La mi porse la lancia

La mi tenne la staffa

I' vo' in Francia, Amore mio bello:

Galoppa, galoppa Ruello.

Epidonio                       -Ecco, bravo, va' in Francia e salu­tami il re Carlomagno. Ma bada che Filena sta per mettere in tavola. Riso colle rape e una spiedata di tordi sasselli.

Guerrino                        - (danzando)

Vado e torno mio signore

Son già qui son già qui

Porterò per contrassegno una sciabola

di legno

E una forbice d'argento per tagliar la

testa al vento!

Epidonio                       -Va bene, va bene, Paladino! Ma ora fa piedatterra; lavati le mani e vieni a tavola.

Lo Storico                     - (molto colloquiale)

E qui, signori cari,

Saltiamo ben dieci anni pari pari.

Il Guerrino ha trovato

Nel principe Alessandro erede al trono

(D'un paio d'anni più grande di lui)

Un amico prezioso e affezionato.

E sotto la sua guida

Il ragazzo, che è sveglio, intelligente

E ci mette passione,

Si fa un vero campione Rapidissimamente.

Corre già il Saracino e la Quintana:

A torneare è un mago

E con la picca o a tiro di balestra

Infilerebbe un ago. Ma passiamo senz'altro alla palestra Della reggia, notoria a tutti i popoli, Di Costantino di Costantinopoli.

~ Scalpito di due cavalli al galoppo e grida allegre del principe Alessandro e del Guer­rino nel gioco difficile del sorpasso in pista.

Guerrino                        - (nell'allegro ansito del galoppo lan­ciato)

Dai, Alessandro! Dai! Dai!

Bada però che se insisti

Per sorpassarmi, tu ruzzoli!

(Tonfo di caduta. Nitrito).

Hai visto? Nulla è valso l'avvisarti.

(Motteggiando)

Vieni qui che ti aiuto a rialzarti.

(Ridono allegri, interrotti dalla voce di

Elisena).

Elisena                          -E bravo Lisandro! Si fa vincere dal suo valletto, il principe ereditario di Costanti­nopoli?

Guerrino                        - (reazione ironica)

Bontà di Dio! E' sceso il cielo sulla Terra!

Tacciono i venti e i monti e i fiumi e il mare

Assorti a contemplare.

Alessandro                    - (allegro)

Vedi, sorellina Elisena? Quando appari

Tu, si fa trovatore di leuto

Questo re dei somari.

~ Ridono allegramente Alessandro e Guer­rino.

Elisena                          - (leggermente maligna) O Guerrino! Ti lasci dar di somaro senza battere ciglio?

Guerrino                        -Poco mi vale batter ciglio se Lui è figlio di re: e se la parola Quando vi vedo, in gola Mi si fa canto Per virtù dei vostri occhi, bella dama. (Tono ironico familiare) Mi spiego? (Ridono).

Elisena                          - (stando da prima al gioco, poi a mano a mano più maligna, ma come in un contrasto popolare di poeti improvvisatori)Se i miei occhi vi appaiono più lucenti E il mio volto più bello E' tutto effetto delle vostre Iodi Bel cavaliere di toppe e rammendi Oggi vivo e giulivo Come un fringuello.

Alessandro                    - Elisena, se noi qui cominciamo a botte E risposte, lui, poi non ci dorme stanotte.

Elisena                          -Per non avere rimorsi : scappo via! (Risata che si dissolve. Pausa).

Alessandro                    -Mi accorgo, Guerrino, che ti vai innamorando della mia sorellina Elisena.

Guerrino                        -O cuore sagace! Amo senza spe­ranza.

Alessandro                    -E' anche lei come tutte le ragazze della sua età. Maturano e intanto tra curiosità e timore si fanno bisbetiche puntigliose... Che ti dicevo? Eccola. Bentornata, Elisena!

Elisena                          -Mi pareva che il Guerrino fosse rima­sto come un cane bastonato.

Guerrino                        - (energico) Non è vero!

Elisena                          -Ora dà la smentita alla figlia dell'Imperatore, questo temerario? (Sorride) Ri­mandiamolo a casa sua sotto scorta.

Guerrino                        -Troverò la strada da me, quando sarà necessario.

Elisena                          -E quando stima che sarà necessario, Vostra insolenza?

Guerrino                        - (con una punta di umorismo amaro) Quando avrò la certezza che siano vani certi pensieri che mi colgono talvolta alla sprovvista nelle notti limpide senza luna. Allora tutte le stelle, anche la mia, affacciate ai balconi del cielo, si scambiano sorrisi maliziosi alle spalle di un povero staffiere che ardisce alzar gli occhi fino a loro.

Elisena                          -Oh, ci avete una stella tutta vostra, in cielo, bel cavaliere di nulla?

Guerrino                        - (ferito) La più piccola e lontana; lontanissima. Ma brilla vicina a quella del Polo, e l'aiuta a guidare i naviganti.

Elisena                          -E la stella solitaria del Polo, così nobile e illustre, accetta quell'aiuto meschino?

Guerrino                        -Sì. E chi sa che non guidi anche me il giorno che mi metterò in viaggio.

Elisena                          -Bene. Ti saluto, Guerrino proprie­tario di stelle. Vedi un po' se ti servissero a tro­vare i tuoi genitori, perché, un uomo senza geni­tori è una pianta sradicata. Addio. (Pausa).

Alessandro                    - (con vivacità un po' sforzata ma sin­cera) A cavallo, Guerrino. Mi devi una rivin­cita. A cavallo! A cavallo! (Pausa) Ho capito. (Con affettuosa comprensione) Bada Guerrino che se ti metti a corteggiare la tua malinconia, finisci come quei Paladini che tra giostre, duelli e battaglie, si perdono la vita loro e quando se ne accorgono, si fanno eremiti. Scusami se ti parlo così.

 

Guerrino                        -Tra amici è dovere. E tu per me sei un amico da baciare dove posa i piedi.

Alessandro                    - (ridendo) Bella soddisfazione! (Serio) Guerrino, non è un'elemosina la mia amicizia per te. E' un riconoscimento. Mi superi in tutto e ne sono felice. Io ho bisogno di am­mirarti...

Guerrino                        -Ma via!

Alessandro                    - (con forza) ...di avere in te un caposaldo in mezzo a questo mondo sbilenco. Su questa base poggia la nostra amicizia. Ma tu spesso ti chiudi in una scontrosa malinconia.

Guerrino                        -Ti pare poca pena non conoscere chi ci ha dato la vita? E non poter neanche spe­rare di essere un giorno un uomo libero, invece d'un ben pasciuto e aggregato alla reggia?

Alessandro                    - E a te pare così grave sventura esserci capitato?

Guerrino                        -Anzi una fortuna, quando ho incon­trato te.

Alessandro                    - E allora perché la rinneghi?

Guerrino                        -Non la rinnego. Ma lo vedi bene: ogni volta che c'è un torneo, una giostra, una partita d'armi cortesi io ne sono sempre escluso, e « giustamente » escluso per la mia condizio­ne di quasi bastardo. L'hai pur sentita dianzi, Elisena. E non poter abbattere questo osta­colo. Mai!

Alessandro                    - Verrà il tuo giorno.

Guerrino                        -Tu che mi hai insegnato a combat­tere, sai bene che ora potrei misurarmi con qualunque campione in torneo; e se mi vedi respinto, cadere in una malinconia scontrosa, non lo trovi naturale?

Alessandro                    - Sì. Ma non da avvelenartene l'anima.

Guerrino                        -Dovessi andar ramingo per tutto il mondo quant'è lungo e largo, e rischiare mille volte la vita, mi metterò in viaggio, un giorno; e coll'aiuto di Dio riuscirò, spero, a trovare chi mi ha creato.

Alessandro                    - Povero Guerrino : qui siamo tutti troppo distratti per accorgerci che proprio que­sta tua malinconia e i tuoi fermi propositi, fan­no di te un uomo di fronte al quale noi siamo dei minorenni. Ma tu accetta da me questa promessa : tutto quanto potrà suggerirmi il mio affetto per te, lo farò. Sei sicuro, almeno di questo?

Guerrino                        -Non so risponderti che con questo abbraccio, caro Alessandro.

Alessandro                    - E ora, a cavallo! Mi devi la rivincita. A cavallo!

~ Scalpiti, nitriti e grida allegre come al principio della scena.

VI

Teodora                         -Che hai, Costantino? Ti vedo al­quanto preoccupato.

Costantino                    -Pensavo a nostra figlia Elisena. L'ho considerata una bambina fino a oggi.

Teodora                         -Eh sì, sbocciano in una notte come le rose di maggio.

Costantino                    -Pensavo, per l'appunto, se non fosse ora di maritarla.

Teodora                         -Oh, per questo, l'ora è passata. Da almeno un anno.

Costantino                    -Che ne sai?

Teodora                         - (ride) Ma... o Costantino!

Costantino                    -Ah già! (Ride).

Teodora                         -Senza contare poi che quella, col suo temperamento democratico, c'è da aspettarsi che ti capiti in casa sposata male. Del resto, con tanti re e principi che siedono in permanenza E alla nostra tavola, mi pare che per te ci sia solo l'imbarazzo della scelta.

Costantino                    -Sei fuori strada, Teodora! Non intendo affatto di dare a mia figlia uno sposo scelto a mio capriccio, e tanto meno tuo: che voialtre donne, in questo, siete famose per giu­dicare a vanvera.

Teodora                         -Tant'è vero che ho sposato te.

Costantino                    -Questo è un altro discorso. Dico che la mia figliola io la voglio dare come in premio al vincitore per merito assoluto nella prima e più importante giostra mondiale di tutti i tempi. Una vera olimpiade che si dispu­terà qui fra i più grandi re, principi e fior fiore dell'aristocrazia.

Teodora                         -E'un'idea. Però accetta un mio consiglio : proclama ben chiaro che nessuno dei concorrenti deve aver sorpassato i 35 anni.

Costantino                    -Ma guarda come le pensa tutte, questa brava Teodora!

Teodora                         -M'ispira l'esperienza.

Costantino                    -Bene. Mettiamo i quaranta. Prima dei quaranta ì re sono per lo più dei principi. E io tiro al re.

Teodora                         -Ne hai parlato a Elisena?

Costantino                    -A che scopo? Che può pretendere, anche se è una famosa bellezza, più di I quello che le ho preparato: il marito più valoroso e gagliardo del mondo?

Teodora                         -E se il vincente è brutto?

Costantino                    -Si premia il piazzato; e così di j seguito. Che condottiero di popoli sarei, se nonfossi capace, all'occasione, di fare un po'di pastetta?

Teodora                         -Tutti uguali voi dittatori e tiranni. (Ride).

Costantino                    -Con questa differenza, che noi tiranni autentici, la pastetta la dichiariamo leal­mente, mentre...

Teodora                         - (ridendo) Va', va', a far proclamare il Bando della Gran Giostra, canaglia! (Ridono tutti e due).

VII

Il Banditore                  - (tromba) Cittadini di Costanti­nopoli e dei regni remoti e finitimi dalle colonne d'Ercole all'ultima Tuie; salvete! Piace all'Impe­ratore Costantino di bandire una grande giostra mondiale - di giorni tre - prima e solennissima Olimpiade .del Valore e dell'Ardimento - in que­sta Capitale. Restano convocati dal presente Bando Re, Principi, Baroni e Nobiltà purché sotto i quarant’anni di età. Con esclusione se­verissima di chiunque sia sprovvisto o scarso di titolo d'alta aristocrazia. E chi, per suo peccato, osasse trasgredire a quest'ordine di scelta, ritengasi fin d'ora in loco e coram populo impiccato alla svelta. Premio sarà del vincitore la mano della bellissima Principes­sa Elisena di Bisanzio, e con ogni altro privi­legio competente al Re o Principe Consorte, quale più stretto parente di Costantino Impe­ratore d'Oriente.

Trombe. Una sequenza di trombe a mano a mano più lontane e di banditori analo­ghi darà l'idea della internazionalità di questo primo Premio Costantinopoli. Si riconoscerà la cadenza buffa del primo banditore anche nei successivi.

VIII

Elisena                          - (furibonda) Alessandro! Guerrino! Avete sentito il bando?

Alessandro                    - (è allegro) Come no? Credo che l'abbia sentito anche la vecchia Ilaria che, quan­do un fulmine le cascò proprio sulla soglia della porta di casa, esclamò « avanti »!

Elisena                          -Ah, ci scherzi, tu? Ah per te è nulla che nostro padre mi metta in palio, come una giovenca o l'elefante bianco?

Alessandro                    - Mi sembra, se mai, un omaggio alla tua bellezza. Alla più bella fanciulla del mondo lo sposo che risulterà più valoroso e gagliardo del mondo!

Elisena                          -Ah così? E allora, alle corte! Tu, Guerrino, oggi stesso mi accompagnerai alla frontiera d'Armenia.

Guerrino                        -Non mi pare scorta degna di una gran principessa come voi, un figlio di nessuno.

Elisena                          -Maledizione! Mi farò accompagnare dall'ultimo servo di Corte. E non mi rivedrete mai più! Mai più. Nessuno! Nessuno!

Alessandro                    - (divertito e malizioso) Come ti piace. Ma quando tanti re e principi e nobilis­simi campioni, dopo essersi sudata l'anima loro per venir da lontano a conquistarti non ti trove­ranno, credi tu che se la prenderanno in buona pace?Quici nasceuncimitero.Catastedi morti fin sopra i tetti, qui.

Elisena                          -Non m'importa. Lo sposo me lo voglio scegliere io, e me lo sceglierò da me.

Alessandro                    - (si diverte) Cingeranno d'assedio la città. A migliaia...

Elisena                          -Non m'importa!

Alessandro                    - Migliaia di migliaia.

Elisena                          -Non m'importa.

Alessandro                    - E sarà fame, sete, pestilenza per noi e il nostro popolo...

Elisena                          -Non m'importa un fico secco!

Alessandro                    - E va bene. Ma credi tu che l'Imperatore si lasci prendere di contropiede? Ti sostituirà seduta stante con nostra cugina Basilia:è piuttosto bella, piace, ha un buon carattere ed è sempre stata invidiosa di te.

Elisena                          -Basta!

Alessandro                    - Ma ora potrà finalmente burlarsi di te, e dire : « Meno male che dove non sono arrivata da me, mi ci ha portata la stupidità di mia cugina Elisena! ». Ah, le grasse risate tra i suoi corteggiatori costantinopolitani e fore­stieri! Ah! Ah! Ah! La sua vendetta! Ahahahaa!

Elisena                          -Basta! Basta! Basta!

Alessandro                    - Non arrabbiarti. Volevo dire che sei libera di far quello che vuoi; ma che se io fossi in te, ci ripenserei, ecco.

Elisena                          -E ci ripenserò. Maledizione! (Passi di Elisena concitati che si allontanano. Da lon­tano) Ci ripenserò!

Alessandro                    - (a Guerrino) Figurati se non me l'aspettavo! (Ridono tutti e due).

Guerrino                        -Tu le studi tutte, brigante!

Alessandro                    - Sì. Tutte. E un altro risultato dei miei studi è questo: - ma ora non svenire, ti prego! - Tu, armato di corazza lancia e scudo e spada parteciperai alla Tre Giorni Mondiale, tra i campioni olimpionici.

Guerrino                        -L'Imperatore mi dà il permesso?...

Alessandro                    - Bravo furbo! Se ti avesse dato il permesso lui, che bisogno avevo di studiarle tutte io?

Guerrino                        -Ah Alessandro! Se è uno scherzo, è troppo atroce.

Alessandro                    - Non si scherza alle svolte della Storia. E' chiaro - ecco la svolta! - che il buon Dio comincia a curarsi degli umili e oppressi non solo per la gloria dei cieli, ma anche per quella della terra. Come avrei fatto, altrimenti, a scoprire il vecchio passaggio sotto le mura -e lo conosco io solo - che dalla lizza porta fuori della cinta? Ti procurerò un elmo da potersi calare tutto a nascondere la faccia: armi disa­dorne e senza fregi, e un cavallo senza leggiadrie, ma forte e massiccio come una catapulta. Te l'ho scelto fra i più gagliardi di un'impresa trasporti. (Ride di gioia) Entrerai sconosciuto. Combat­terai. E subito sparirai per il passaggio segreto. All'uscita dalla pista mi troverai ad aspettarti. Andremo alla mensa, e tu al tuo servizio di paggioscalco. Va bene? Ora dormici sopra, e addio!

Guerrino                        -Ma...

Alessandro                    - Ancora? Che vuoi di più?

Guerrino                        -E se vinco? Come potrò osar di accettare un premio... che...

Alessandro                    - Non seccare, Guerrino. Lasciati guidare e fidati di me, corpo di mille saette. E va a dormire, che ne avrai bisogno: perché, sentirai tu che sventole, in questa giostra!

IX

~ La Giostra. Una specie di banda da reggi­mento risuona allegramente tra il com­plessomormoriodiungrandestadio affollatissimo. Clima di olimpiadi. Stop banda.

L'Annunciatore             -Attenzione! attenzione! Si­gnori! Sta per iniziarsi in questo Stadio Mas­simo di Costantinopoli la Prima Olimpiade del Valore e dell'Ardimento. La stagione ha voluto mostrarsi propizia. La città ha l'aspetto delle grandi occasioni: una dama felice, in tutto lo splendore della sua bellezza. La pista è tutta un balenar di corazze, scudi, lance, spade e cimieri piumati,che mettonosulcampo un fastosopolicromatismosopralegroppedei cavalli inquieti.

Una voce di Donna       -O Caristino, scendi giù da cotesto muro!

Una voce di Ragazzo    -Si vede tutto così bene da qui!

Una voce d'Uomo         - (perentoria) Venite giù, rompicolli! O vengo io e ve le suono! Giù subito!

Caristìno                       -Vedi, Paolino? Tutta invidia perché loro queste cose non le possono più fare.

Paolino                          -Se avrei saputo che per essere al mondo ci vogliono i genitori, io non nasciavo. (Fanfara, poi voci).

Le Voci                         -Eccoli! Eccoli!

L'Annunciatore             -Entra in questo momento la Famiglia Imperiale! (Applausi) Un bell'applauso per la Famiglia Imperiale! Ora gli Imperiali si avvianoallalorotribuna.Orasisiedono... Ora sono seduti. Ora appare manifesto che un Imperatore seduto è identico ad un Imperatore in piedi o a cavallo.

Il primo Maligno           -Questi annunciatori!

Il secondo Maligno       -Tutti uguali! (Ridono. Squillo).

L'Annunciatore             -A questo squillo vengono issati sui rispettivi pennoni gli stendardi dei singoli campioni. Che saranno ammainati a uno a uno per ogni campione atterrato e messo fuori campo. (Musica bandistica in sottofondo. Due squilli) Questo doppio squillo chiama ai loro posti i Giudici del Campo.

Una Voce                      -I soliti cornuti! La voce di Rigolo

Gobbo                           -Ha detto « Giudici di Campo » non mica arbitri di palla al calcio, salame!

Voci                              - (e risate) Centrato! Bravo Rigolo Gob­bo! Hai fatto ridere gli Imperiali tuoi padroni!

L’Annunciatore            - (tre altissimi squilli) Scen­dono in campo le squadre avversarie : Armenia; India; Mesopotamia e i Sei Colossi del Caucaso. Compiono il giro di saluto e si schierano a combattimento. Le due squadre sono pronte, sui loro superbi cavalli, elmi in testa e lance in resta. Non attendono che il segnale del gong. (Gong. Alto) Partiti!

~ Scalpiti, urto, fracasso di arnesi infranti. Urlo della folla.

Una Voce                      -Formidabile!

L’Annunciatore            - Dodici gonfaloni ammainati! Si ricompongono le squadre. Pronti al segnale. L'Imperatore sta per levare la mano... (Una im­provvisa enorme risata di tutto lo stadio) Ma che è successo?

~ Grida, sberleffi di ogni tipo sulla risata tra le risate, voci.

Le Voci                         -E chi è quello lì?

Dove va?

O fetta di miseria!

Senza stemmi né emblemi.

Gualdrappa e insegne stinte.

Ma guardami il cavallo!

Un cavallo da tiro.

O cavaliere povero, c'è sgombro di mercanzia da queste parti?

Attaccalo al carro della verdura!

Guarda! Guarda, saluta l'Imperatore senza alzar la visiera...

Non ha faccia da mostrare.

Ma vedi, oh! Con che piglio ha imbrac­ciato lo scudo e s'è messo lancia in resta.

L’Annunciatore            - (gong. Alto grido, eccitato) Partiti!

~ Scalpiti, urto, fracasso di arnesi. Grida.

Una voce                       -Il Cavaliere Povero ha scavalcato due campioni caucasici! (Grido. Grido. Grido).

L’Annunciatore            - I gonfaloni piovono giù l'uno dopo l'altro!

Le Voci                         -Il Cavaliere Povero è un diavolo!             -Il Cavaliere Povero è un Dio! (Lungo scroscio d'applausi. Ovazione) Viva il Ca­valiere Povero!

L’Annunciatore            - Applaude anche il Principe Alessandro! La Principessa Elisena nella foga di applaudire per poco non è caduta sulla pista.

Elisena                          -Viva! Viva il Cavaliere Povero!

L’Annunciatore            - L'Imperatore ha chiamato a sé il Banditore.

Il Banditore                  -Il Cavaliere Povero è invitato a presentarsi all'Imperatore.

Molte voci                     -Il Cavaliere Povero è sparito!

L’Annunciatore            - La Giostra continua.

Lo Storico                     -L'Imperatore dette ordine severis­simo di rintracciare e di portargli il Cavaliere Povero. Ma nessuno riuscì a scovarlo. Intanto Guerrino, a mensa, tornò al suo ufficio di sotto­scalco : e mentre porgeva a Elisena un cosciotto di faraona, la Principessa, che si divertiva a punzecchiarlo, si rivolse a lui:

La Principessa               -Perché non vai anche tu a provarti in Giostra, intrepido Guerrino?

Guerrino                        -Se il mio Imperatore mi dà un cavallo, una lancia, uno scudo e il suo alto consenso, mi sento di entrare in campo e di starci da buon giostratore.

~ Risata lunga di tutta la tavolata.

Alessandro                    - (piano) Hai visto, Guerrino, mia sorella Elisena? Un'infatuata! Un'ossessa! per il Cavaliere Povero. E come farai tu adesso che Elisena ha perduto la testa per il forte cam­pione che poi sei tu? (Ridono).

Lo Storico                     -Ma Guerrino non ci fece caso. Pensava già alle due prove di forza che lo atten­devano e mordeva il freno. E dopo aver trion­fato sulla pista nella seconda giornata di Gio­stra, sparì come il giorno prima e trovò Ales­sandro, come il giorno prima, ad attenderlo all'uscita. Rifocillato il cavallo e svestita la corazza, Guerrino tornò al suo posto di sotto­scalco e Alessandro, a tavola, a quello di com­plice trionfante.

XI

~ Chiacchiericcio dei commensali, toccar di posate su piatti, ecc.

Elisena                          -Guerrino, oggi ho la fame allegra: servimi due belle fette di prosciutto di cinghiale.

Guerrino                        -Agli ordini, Principessa.

L'Imperatore                 -Anche la seconda giornata di Giostra, ieri, è stata brillantissima.

Alessandro                    - Soprattutto per merito del Cava­liere Povero, che imprime una particolare carica alla gara. E anche ieri, come il primo giorno, si è sottratto agli applausi ed è sparito.

Il Barone                       -Il Cavaliere Povero? Direi il cava­liere straccione.

Il Gobbo                       -Che vi ha scavalcato... e steso lungo a terra - direi - io che vi ho visto.

Il Barone                       -Peuh, mi ero distratto un attimo.

Il Gobbo                       -Come gli altri diciassette o diciotto gonfaloni da lui costretti ad abbassarsi! Tutti campioni distratti un attimo! (Tumulto. Voci che emergono).

Le Voci                         -Questo buffone di Corte esagera!

                                      -Fallo tacere, Costantino!

Alessandro                    - Far tacere Rigolo Gobbo, è come far tacere la cascata del fiume. (Risate).

Elisena                          -Esercita la sua professione di buffo­ne. Come Guerrino la sua di sottoscalco.

Alessandro                    - Direi di abbandonare questo argo­mento. Tanto più che oggi il Cavaliere Povero non si farà vedere.

Elisena                          -E perché, Alessandro?

Alessandro                    - Perché oggi terza ed ultima gior­nata di Giostra, c'è la proclamazione del vinci­tore e se dovesse essere lui il campione olim­pionico, dovrebbe di necessità dichiararsi, e sic­come certamente non è nobile, il suo massimo premio sarebbe la forca : coram populo!

Elisena                          -Però devi riconoscere, Alessandro, che sarebbe la più grande prova d'amore. E non esiterà a darmela; son sicura. E verrà. Quando ieri è passato di galoppo sotto la tribuna, e io gli ho gridato : « Viva il mio grande campione! », lui, di scatto ha voltato la testa e ho visto dietro la visiera calata, come in un lampo i suoi occhi : due carboni ardenti. Verrà per me. Vincerà per me. E se dovrà morire, morirò con lui! Guer­rino, scalcami un quarto di faraona. (Risata dei commensali).

Guerrino                        -Subito, Principessa Elisena...

Elisena                          -Guerrino, se tu fossi il Cavaliere Po­vero, ci verresti, oggi, alla Giostra per amor mio?

Guerrino                        -Se fossi lui farei esattamente quel­lo che farà lui, Principessa.

Alessandro                    - (ride) Una veramente buona ri­sposta, Guerrino! Bravo!

Elisena                          -E tu, Rigolo Gobbo, che ne pensi?

Il Gobbo                       -Non lo so. Ma se fosse così scemo da venire per farsi impiccare, allora direi che è scemo.

Elisena                          -Bene. Sono contenta di essere io so­la a pensare che verrà. E che verrà perché mi ama. Alla vostra salute, signori! (Tintinnio di bicchieri).

 Tutti                             -Alla vostra e ai vostri desideri, Prin­cipessa! (Tintinnio di bicchieri. Allegro tu­multo).

XII

Lo Storico                     -Alla fine del terzo giorno non re­stavano, issati sui loro pennoni, che gli sten­dardi di due dei quindici figli di Astiladoro re di Turchia, quello di Alessandro di Grecia e quello del colossale Anfrione di Siria. E dopo breve lotta restò issato sul suo pennone solo lo stendardo del massiccio Anfrione. Anfrione era dunque il vincitore della prima Olimpiade del Valore e dell'Ardimento.

L’Annunciatore            - E sventola con particolare gaiezza sul pennone isolato, il suo gonfalone verde e oro. Ora il campione è in mezzo al cam­po, erto sul suo cavallo.

Elisena                          -Ahimè! Ahimè! Ahimè. (Piange).

L’Annunciatore            - L'Imperatore chiama i Giu­dici del Campo. I Giudici del Campo salgono sulla Tribuna Imperiale. Dopo breve colloquio l'Imperatore fa un cenno: ora è in piedi e si aspetta solo il suo segnale per dar fiato alle trombe della proclamazione. L'Imperatore dà il segnale. Squilla la fanfara imperiale. (Come risposta squilla l'allegra fanfara del Cavaliere Povero. Urlo del popolo).

Voci                              -Il Cavaliere Povero! Il Cavaliere Po­vero!

Elisena                          - (con irrefrenabile slancio, grido altis­simo) Il Cavaliere Povero! E' venuto! Lo sapevo! Lo sapeva il mio cuore! Viva il Cava­liere Povero! Grazie a te, Cavaliere Povero, che arrischi la vita per il tuo amore!

L’Annunciatore            - Il pubblico è tutto in piedi e questo immenso applauso accoglie l'entrata del Cavaliere Povero nella lizza. Applaudono an­che gli Imperiali: Elisena, Alessandro e, di na­scosto, l'Imperatrice Teodora. Il Cavaliere Po­vero saluta la Tribuna Imperiale e si dispone all'assalto. Il pubblico sta col fiato sospeso. Anfrione è ancora in mezzo al campo, monu­mentale sul suo cavallo. Fermo lo sguardo sull'avversario che ora gli sta di fronte.

Voci                              -Che potrà fare il Cavaliere Povero con­tro quella montagna di muscoli? L'intelligenza vince la forza bruta, spesso. L'Imperatore indugia a dare il segnale del gong. Gli dispiace forse di mandare al macello il campione temerario. Vuol punirlo lui solo. Il principe Alessandro sta persuadendo l'Im­peratore a dare ilsegnale!

~ Squilloditromba.

L’Annunciatore            - Sul campo grava ora il si­lenzio sospeso delle imminenze decisive.

Elisena                          -Viva il mio grande campione!

L’Annunciatore            - Risuona solo il grido di Elisena.

Elisena                          -Dio ti protegga e ti dia vittoria, mio Cavaliere Povero! (Gong).

L’Annunciatore            - (tesissimo) Si muovono. Si studiano. Si scrutano. La posta è suprema. E par quasi che il colosso tema l'insidia della su­periore intelligenza. Polifemo teme Ulisse. Par che voglia annusarlo. E' una lentissima marcia di avvicinamento che esalta ma tiene a cuore stretto gli appassionati e gli esperti. (Urlo) Il colosso ha tirato il primo colpo. Avrebbe pas­sato un muro. Ma ha forato soltanto l'aria. Il pubblico tace col fiato sospeso. Si direbbe che non osa più gridare nemmeno i suoi incita­menti. Lo scontro è di una bellezza suprema! I due campioni lottano lealmente. Hanno l'uno per l'altro, e per il loro gioco un altissimo ri­spetto. (Urlo).

Grida soffocate             -Bel colpo! Un gatto può vincere un mastino! Ecco. Ecco. (Schianto di arnesi).

L’Annunciatore            - Hanno spezzate le lance! Combattono a piedi. (Urlo). Grido unanime Dai, Cavaliere Povero! (Urlo. Grida trattenute a mezza voce) Questa l'ha sen­tita, il colosso! E' stordito. Vacilla. Crolla. E' crollato! (Urlo altissimo e prolungata ovazione).

Elisena                          - (scatenata) Vittoria al Cavaliere Po­vero!

Tutti                              -Vittoria! Vittoria!

L’Annunciatore            - La folla ha invaso la pista. Cercano il Cavaliere Povero.

Una voce piena             -Il Cavaliere Povero è scom­parso! (Rumori che si dissolvono. Il pianto ac­corato di Elisena).

Elisena                          -Non era venuto per me! Non era venuto per me!

XIII

II Banditore                  - (tromba di banditore) In nome di Costantino, Imperatore di Bisanzio, sia noto che non essendosi rivelato il campione vincente la prima Olimpiade del Valore e dell'Ardimen­ to si chiude con niente di fatto. Resta concesso il termine di anni dieci al vincitore ignoto per rivelarsi. Scaduto il quale termine sarà procla­mato vincente il piazzato Anfrione di Siria.

XIV

Elisena                          -Guerrino.

Guerrino                        -Mi parete molto triste, Principessa

di Bisanzio.

Elisena                          -Ora capisco la tua pena d'amare senza speranza. (Col pianto nella voce) E' una pena grande come il mondo.

Guerrino                        -Bisogna vincersi.

Elisena                          -Io non so rassegnarmi. Il mio Ca­valiere Povero sarà ormai il padrone assoluto dei miei pensieri e dei miei sogni. Lo aspetterò fino alla morte!

Guerrino                        -Povera Principessa! V'intendo e vi compiango.

Elisena                          -Mi vuoi un po' di bene, Guerrino?

Guerrino                        -Quanto è lecito a un suddito di­screto.

Elisena                          -E allora va', cerca il Cavaliere Po­vero e portamelo qui. Tu solo puoi.

Guerrino                        -Questo è sicuro. Ma lui, verrà?

Elisena                          -Guerrino mio, se riesci a procu­rarmi questa grande gioia io ti dò... ecco :ti dò un bacio.

Guerrino                        - (come punto da un aspide) Questo no! Mai! Ma io farò del mio meglio; però, vi confesso, senza troppa speranza.

Elisena                          - (infuriata) Ecco. Ecco. Quel tuo terribile « senza speranza »! Non sai dire che « senza speranza », tu!

Guerrino                        -Perdonatemi, Principessa. E' una abitudine che ho preso da bambino. Potrei iscrivere « senza speranza » come insegna sul mio scudo.

Elisena                          -So bene di essere stata spesso cru­dele con te, povero Guerrino.

Guerrino                        -E' vero, povera Principessa.

Elisena                          -Addio.

XV

Guerrino                        - (con ansia) Ehi! Alessandro! Che nuove alla Corte?

Alessandro                    - Piuttosto maligne. Quei re, prin­cipi, baroni e cavalieri illustri, dopo averci vuotate le casse dell'erario con tutti quei rim­borsi e diarie e contributi, sono partiti con l'animo talmente in rivolta da non riuscire a salvare nemmeno la cortesia. Specialmente i fi­gli del re Astiladoro che si pretendono vincitori della gara e mentiscono sapendo di mentire - proprio loro che spesso hai rialzato da terra aiutandoli a rimettersi in arcioni contro di te -hanno espresso al Gobbo aperte minacce di guerra. Beato te che te ne vai agli Alberi del Sole.

Guerrino                        -Io?

Alessandro                    - Non avevi deciso di partire su­bito dopo la Giostra?

Guerrino                        -E puoi credere che io abbandoni te e l'Imperatore sotto le minacce d'una guer­ra? Sarò al tuo fianco.

Alessandro                    - Speravo e mi aspettavo questa risposta. Grazie. Ma mio padre non te lo con­cederà.

Lo Storico                     -Costantinopoli è seriamente mi­nacciata: l'Imperatore chiama a sé Guerrino.

XVI

Costantino                    -Guerrino.

Guerrino                        -Agli ordini, sire.

Costantino                    -Con questa imposizione della mia spada sulla spalla ti investo cavaliere a difesa della mia corona. Ti apro la strada. Dipenderà dai tuoi meriti conquistar la tua fortuna. Alzati, cavaliere.

Guerrino                        -Grazie, mio signore! Sono lieto di potermi acquistare la vostra fiducia. Potrei chiedervi il privilegio di andar a raggiungere il Principe Alessandro?

Costantino                    -E' il primo compito che deside­ravo affidarti.

Guerrino                        -... col cavallo e con le armi che il Cavaliere Povero ha abbandonato in mezzo al bosco?

Costantino                    -Come vorrai. Ma non parlarmi di quello screanzato. Prendi il numero di ar­mati che crederai necessario; scegliteli e guida­teli. Dio ti salvi e ti protegga. (Stacco).

Coro                              -Via col vento va va col tempo e col tempo matura La mia storia...

XVII

~Galoppodicavalliesuonoallegro di corno.

L'Imperatrice                -Guarda, Elisena, chi arriva!

Elisena                          -Dio mio! Madre! La gioia mi sof­foca! Sono loro?

L'Imperatrice                -Sì. Vedo Rigolo Gobbo, Ales­sandro e, in mezzo, è proprio lui, il Cavaliere Povero con il suo grosso cavallo da tiro.

Elisena                          -Mamma! Mamma! Vado incontro al mio amore.

~Galoppo, una pausa, galoppo, stop, ga­loppo e una serie di imprecazioni.

Elisena                          -Maledizione! (Ora sono in primo piano) Guerrino, io ti ammazzo! Ti ammazzo! (Risate dei tre).

Guerrino                        -Gentile Principessa, vi giuro che se mi son preso cavallo e corazza del Cavaliere Povero, l'ho fatto per un mio segreto disegno. Di' tu, Gobbo, se appena apparso io con que­sto aspetto e a visiera calata, non han preso tutti la fuga, a cominciare dallo spavaldo Pinamonte. L'importante è che vi ho ricondotto qui leggermente ferito ma vivo Alessandro. E un armistizio che è una pace.

 

Alessandro                    - L'Imperatore non si sarebbe forse aspettato tanto.

Guerrino                        -Ora andiamo da lui: gli chiederò licenza di partire, che finalmente potrò met­termi in viaggio per gli Alberi del Sole.

XVIII

~Il lungo viaggio fino agli Alberi del Sole. Tempo di marcia solennissima.

Guerrino                        -Che è questo, Alessandro?

Alessandro                    - I barbuti Negromanti. Mio pa­dre ha voluto che ti mettessi in viaggio confortato dalle loro profezie: questi sono spiriti solerti e guardinghi, tenuti in alta considerazione.

~Marcia dei Negromanti.

Il Negromante               -Qui. Qui. Intorno alla magica palla di cristallo tutti e tre. (Brusio di parole incomprensibili. Poi).

A Tre                             - (cantilenato)Magnista - stamigna – gnimasta Questo è tutto e vedrai che ti basta Compiuta è la fattura Preparati a saper la tua ventura.

~Tremulo di batteria di sottofondo alle tre voci bianche alternate.

A Tre                             - I tuoi genitori, Guerrino, Se ancora non son morti sono vivi Non qui potrai aver notizia alcuna Ma sì l'avrai, se arrivi Agli Alberi del Sole e della Luna E, più precisamente, Nelle terre di là dalla Laguna Al limitare estremo dell'Oriente. Ordunque, va fidente Che un giorno tornerai (Se in guerra non morrai) qui in occi­dente Che è poi in sostanza il vecchio ritornello Ibis redibis non morieris in bello.

XIX

Lo Storico                     -E così Guerrino prese commiato dalla Famiglia Imperiale. Dai Negromanti at­traverso i densi aloni profetici potè arguire che avrebbe potuto trovare gli Alberi del Sole al limite estremo della terra orientale.

Il Gobbo                       - (chiama da lontano con voce rotta dal galoppo) Capitano Guerrino! (In primo pia­no sonoro) Eccellenza, vi sarebbe proprio sgra­dito di portarmi con voi?

Guerrino                        -Che idea!

Il Gobbo                       -Così, per scaramanzia.

Guerrino                        -Ho già due guide espertissime che mi ha assegnato l'Imperatore.

Il Gobbo                       -Una di ricambio fa sempre comodo. E poi, ce l'hanno le vostre due il prezioso scri­gno che io ci ho tra una spalla e l'altra carico di fortuna?

Guerrino                        -Ma che cosa t'induce ad abban­donare questa sede di tutto riposo, per gettarti in una avventura rischiosa, scomoda e duris­sima?

Il Gobbo                       -Un umor vagabondo. E poi perché mi parete un viaggiatore imperterrito. E poi perché non c'è niente di meglio di un disgra­ziato allegro come me per consolare all'occa­sione un fortunato malinconico come voi. E infine perché spero di essere lo storiografo del­la spedizione. Tutte le imprese grandi ne han­no avuto uno. Della guerra di Troia possedia­mo perfino i dati anagrafici. Questo vi piace, eh?

Guerrino                        -Sì. Va' ad aspettarmi alla nave.

Il Gobbo                       - (parte cantando)

Gobbo rotondo

che fai su questo mondo

Faccio quel che posso

con la mia gobba addosso.

~ Dissolvenza di galoppo. Stacco.

XX

Guerrino                        -Rigolo Gobbo!

Il Gobbo                       -Son qua, padrone.

Guerrino                        -Alessandro, Rigolo vuol venire con me. Che dirà l'Imperatore?

Alessandro                    - Sarà contento. E' un allegro com­pagno.

Il Capitano                    -Pronti i viaggiatori?

Guerrino                        -Addio, Alessandro. Andiamo, Ri­golo.

II Capitano                   -(fischietto) Molla gli ormeggi! Salpa le ancore. Issa la randa! Calza la scotta!

~ Rumore di mare tagliato da una prua di barco.

 I Marinai                      - (parlato ritmato leggermente di sot­tofondo)Issa - issa - issa la vela Calza la scotta Con le ciurme di Sorìa Chi si scontra fa avaria Torna indietro a testa rotta!

Guerrino                        -Questa canzone io la conosco. L'ho sentita... aspetta... una ventina d'anni fa. E for­se... ma sì!... proprio su questa nave. O tu, al ti­mone, non sei il pirata Gambadilegno che, più bravo di Dedalo, mi facesti fare un volo sen­z'ali e senza danno? « Chi lo raccoglie è suo! Lo butto». Una Voce (nell'aria) O brutto, sei matto?

Gambadilegno              -Guerrino? O porca miseria! Guerrino! Ne hai fatta della strada!

Guerrino                        -E tanta me ne resta: il mio viag­gio comincia qui.

Gambadilegno              -E dove hai da arrivare?

Guerrino                        -Agli Alberi del Sole.

Un Pirata                       -Mo' te la spicci con tutte le tra­versie che ti pioveranno addosso! Ma dalla Maga Alcina dovrai più propriamente guardar­ti. Perché è proprio lei a guardia degli Alberi del Sole. E ci ha anche una gran selva incan­tata, che è sì, una selva, ma...

~Passa nell'aria uno strido agghiacciante.

Il Pirata                         -E' l'Arpia della Maga Alcina! La Maga non vuole che si raccontino i fatti suoi, specialmente quelli veri; e quando si arrabbia manda di questi avvertimenti aerei. Se pure non ti scatena addosso qualche tempesta. ~Tuono fragoroso. Ondate fragorose. E' la tempesta.

Il Gobbo                       -Accidenti a quel Gambadilegno e al vizio che hanno tutti questi vecchi bacucchi di spettegolare sui fatti degli altri. Dio sia lodato! Era solo un avvertimento. Ecco, è tornato il sole.

Coro dei Marinai           - Dia levante dia scirocco Dia libeccio o maestrale Quant'è l'acqua che sape di sale, Dove arriva il nostro rostro Fondo! Fondo! Il mare è nostro!

INTERMEZZO

XXI

Il Gobbo                       -Chi ci avrebbe mai detto, capitano, che dopo tanto arrancare per sassaie e roveti, saremmo arrivati a questo paradiso! Le nostre guide dormono a desìo all'ombra di questi fag­gi. E noi, stesi su queste borraccine morbide come scolaretti in vacanza.

Guerrino è assonnato. Silenzio. Stormi­re leggero di fronde;ogni tanto taglia l'aria tranquilla un volo di calabrone, il canto di una capinera o la modulazione del ribobolo baritono.

Guerrino                        -Molto bello. Che fai?

Il Gobbo                       -Riandavo con la mente a certi miei appunti di viaggio che, come storiografo dell'impresa, ho racimolato un po'dappertutto. Ne ho già abbastanza per una larga bio-biblio­grafìa. Salirete alla gloria. E io con voi, attac­cato alle vostre falde. Apro la bisaccia degli appunti?

Guerrino                        -Hm! Hm!

Il Gobbo                       -Dunque... dunque... ecco : ci ho qual­che dozzina di battaglie vinte e di regni resti­tuiti ai legittimi titolari. Non credo che pos­sano riuscire di qualche interesse per voi.

Guerrino                        -Per niente affatto. (Appisolandosi) Storie spaventosamente monotone da secoli e tu, poi, ci aggiungi sempre di tuo.

Il Gobbo                       -Per fortuna. Senza l'elemento fan­tastico chi resisterebbe al potente sonnifero della storicità? Perciò nei miei appunti ho ac­colto una notevole dose di sogni, intesi come messaggi di presagio.

Guerrino                        - (leggermente riscosso) Bene! Ma non hai annotato qualche episodio allegro, per caso? (Sbadiglia molto assonnato).

Il Gobbo                       -Oh, sì! All'osteria della Martìa, in Cappadocia, quella Maura...

XXII

~Batter di zoccoli dei cavalli all'anello. Ri­sveglio della campagna:canto di galli, di galline, di uccelli; abbaiare d'un cane lontano.

Maura                            -Sveglia, signor Rigolo!

Il Gobbo                       -Oh, Maura! E che è quel mezzo no­me? Io mi chiamo Rigolo Gobbo.

Maura                            -Sveglia! E' l'alba. Non dovete ripar­tire?

Il Gobbo                       -Ah, per Ercole! E' vero! (Sba­diglia).

Maura                            -Però il tuo padrone, eh...

Il Gobbo                       -Che hai da dire del mio capitano?

Maura                            -Be', insomma, ieri sera sono andata a dargli la buona notte. Mi ha pregato di rin­calzargli le lenzuola... (Ride) Mi sa che sia più prode a lancia e spada in campo aperto.

Il Gobbo                       -Nòe, nòe. Sei fuori di strada. Il mio capitano prima di mettersi in viaggio aveva avuto anche dei pasticci con varie donne, e anche un figlio che poi gli morì. Ma partendo per gli Alberi del Sole fece voto di non toccar donna finché non avrà rintracciato i genitori che non ha mai visto, e non sa chi sono né dove sono. E ti assicuro che lo stesso comporta­mento avrebbe seguito se si fosse trovato di fronte Elena di Troia o la Maga Alcina. Dodici anni che andiamo cercando dall'occidente all'oriente i suoi vecchi.

Maura                            -Be', allora, auguragli di trovarli pre­sto, e così possa tornare presto qui. Lo consi­dero mio debitore anche se mi ha pagato il conto e più la mancia.

Il Gobbo                       -Questo, almeno, lo ricordate, capi­tano? (Tra sé) Dorme come un fantolino. (Sto­rico) Dormimmo tutti a quel lieve venticello chepiegavaappenaglistelidelprato.Ma, avendoci svegliato il sibilo lacerante di una gigantesca tartaruga, riprendemmo il nostro viaggio per gli Alberi del Sole, che già era durato oltre dieci anni.

XXIII

~ Passo tranquillo dei cavalli all'ambio. Chiasso e risate di gente allegra che ar­riva in primo piano.

Voce di Ragazza           -Il cantastorie! Il cantasto­rie matto!

Altra voce di Ragazza -Corri! Corri! Ci fac­ciamo due risate!

Voce di Uomo              -Che ci porti, cantastorie?

Il Cantastorie                -La storia del Guerrino.

Una voce                       -Bravo! E' una bella storia. Dai!

Guerrino                        -Avviciniamoci senza scoprirci, Ri­golo Gobbo. Hai trovato il tuo rivale!

Una Ragazza                 -Ma la sai, poi, cantastorie, la tua storia o te la dobbiamo insegnare noi?

Un Uomo                      -Succede. (Risate delle ragazze).

Il Cantastorie                -Mi fa specie! (Risate).

Una voce                       -Da dove cominci?

IlCantastorie               -Dallavittoriaalla prima Olimpiade.

Una Ragazza                 -Olimpiade, salame! (Risate).

Un'altra Ragazza           -Tardi arrivi.

Un Uomo                      -Ce l'hanno già contata un po' dap­pertutto almeno cento dei tuoi compari.

Il Cantastorie                -E ve l'hanno contata come me?

Le Donne                      -Oh, no! Molto meglio! (Risate).

Il Cantastorie                -Gente! Vi conto il viaggio del Guerrino, che dura da dodici anni, per arrivare agli Alberi del Sole. Ascoltate. (Accordi di liuto) Va il Guerrino va per terra.

Le Voci                         -Casca? (Risate).

                                      -Si fa male? (Risate).

Il Cantastorie                -Be', ma se cominciate a far cagnara... allora...

Una Ragazza                 -E allora devi dire « va per terre », non per « terra ».

Il Cantastorie                - (accordi) Va il Guerrino va per terre per deserti e monti e piani Passa i fiumi e passa il mar.

La Voce                        -A piedi? (Risate).

Il Cantastorie                - (accordi)Uscito da Bisanzio, S'imbatte in una folla di serpenti.

Una voce                       -Una folla? (Ride).

Un Giovanotto              -E'notorio che i serpenti tengono alle porte di Bisanzio i convegni e le assemblee.

Il Cantastorie                -Con un sol colpo della sua grande spada li tagliò tutti come pane a fette!

Una voce                       -Bel colpo! (Risate).

Il Cantastorie                -Più avanti...

Una voce                       -Quattro passi più in là. (Risate).

Il Cantastorie                -S'imbatte in un gigante che assale, ma il Guerrino intrepido si avanza e gli trapassa la pancia di spada e lancia. Ac­corre la gigantessa; e l'abbatte di spada, coi suoi quattro gigantini.

Gobbo                           -Non può essere. Il Guerrino non ammazza ragazzi!

Il Cantastorie                -Zitto, tu che non c'entri. Tu fai il gobbo e basta! (Risate). Arriva alla caver­na dei Ciclopi e li stermina; procede e attraver­sa la terra dei Pomedosi, che vivono di solo pomi...

Un Ragazzo                  -Cotti o crudi? (Risate).

UnaRagazza                -Macché!dimarmellate! (Risate).

Il Cantastorie                -Arriva al territorio dei Caspéna che si nutrono solo dell'odore delle vivande. E perciò accumulano gran ricchezze col rispar­mio. E poi dai Piccinagli-Tatàri gran produttori di pepe. Felicissimo popolo, perché L'aria è pregna di pepe in tal misura Che chi s'avanza muore detto fatto Pei potenti starnuti

Le Ragazze                   -Etcì! Etcì! (Risate).

Il Cantastorie                - Questo salva il paese Dagli invasori e dai liberatori E il popolo è felice. (Breve pausa) Poi prosegue, e ramingo va - il Guerrino di qua e di là...

Gli Ascoltatori              - (maschi e femmine ad libitum)

A Verdon della Tartaria

A Coronca

A Calegolin!

Ancoraggio sull'Eufrate

E vi trova l'Alfameek

A Brindisio nella Media, dove

La bella Principessa Aminadam

S'innamora di lui. Il Cantastorie

E lui la cede In moglie ad un francese Il di lei precettore. (Ad libitum)

Sul fiume Indo battaglia col Grifone

E col brutto Centocchi ferocissimo!

Sente a Tagliata odor di Saracini

E prepara la guerra.

A lui s'allea il Cariscopo, e il Guerrino

Vince la gran battaglia.

Prosegue festeggiato

Direi glorificato

Fino ai vasti deserti dell'Amàn.

 Un Uomo                     - (ironico) Lo vedi, Cantastorie? La storia tu la conoscevi. (Risate).

Una ragazza                  -Ma dir non la sapevi. (Risate).

Un Uomo                      -

Alla Mecca - vede l'arca del grande

Maometto

A mezz'aria, sospesa

Tra il pavimento e il tetto

Guerrino in un momento scopre il trucco :

L'arca è di ferro : e tutta una forbita

Potente calamita è quel soffitto.

Un Giovanotto              -

Ed arriva così dal Prete Gianni,

Che gioielli e monete

D'oro misura a statia.

Una Donna                   -

Prete Gianni lo onora

E lo empie di regali a profusione.

Un Uomo                      -

Fu saggio consiglio e dei più buoni, che

Subito il gran Guerrino

Gli sbaraglia i nemici, i Cinnamoni.

Un Giovanotto              -

Né fu lieve fatica;

Ma al Guerrino la sorte è sempre amica.

Tutti                              -

Viva viva il Gran Guerrino

Viva viva!

Il Cantastorie                -E per oggi non ho altro da contarvi.

Le Voci                         - (risata forte) Lui! Lui! Capite, lui! (Risate). Oggi ha fatto uno sforzo!

Il Cantastorie                - Dunque, cristiani Il seguito a domani.

Coro di risate                -Viva viva il Cantastorie dei più scaltri - che fa la storia per bocca degli altri.

Uno                               -Ma tu, cavaliere straniero, sei rimasto lì come una statua di marmo, sei geloso per caso del Guerrino, che non hai gridato « evvi­va » con noi?

Guerrino                        -Geloso? Non potrei se volessi.

Una Ragazza                 -Perché, sai? Ai gelosi e invidiosi il Diavolo arroventa - chi sa mai perché - il di dietro. (Risate).

Guerrino                        -Ma la storia del Guerrino io l'ho seguita, e con piacere; sebbene non la sentissi per la prima volta.

Una Ragazza                 -Ah, certo che l'avrai sentita tante volte! Ha fatto il giro di tutto il mondo. Ma a noi sembra sempre nuova.

Guerrino                        -Datemi ascolto, amici. Voi, che, vedo, sapete tutto di tutto, non potreste dirmi se è tra quei monti laggiù la caverna della Maga Alcina?

Uno                               -Si è proprio laggiù in quei monti pallidi, che, chi non li conosce, non arriva a scoprire se siano nuvole o terra.

Guerrino                        -A quante leghe saranno da qui?

Uno                               -Una ventina al massimo.

Guerrino                        -Grazie, signori. Seguita il tuo rac­conto, Cantastorie. Vero o no non rileva, se riesce a tenere allegri i tuoi ascoltatori e se ti si muta in cuore il tuo narrare in tua felici­tà (Pausa).

Il Gobbo                       -Proseguimmo, e arrivati in Persia alla città di Solita governata dal Re Pacifero, uomo caparbio e sempre cadente di sonno, ci accadde, in male e in bene, quello che non ci saremmo mai aspettati.

XXIV

Colpo d'una porta massiccia da sotterra­neo di castello e stridore di non meno massicce spranghe e di lucchetti. Pausa.

Il Gobbo                       -Anche questa è da raccontare. (Qua­si furibondo) Ma come? Voi vi battete - e come un leone vi battete - e procurate una vittoria strepitosa a questo re dormiglioso che non fa neanche lo sforzo di lavarsi per non affaticarsi : a questo re lessato lumacone, che Dio incene­risca, portate una pace d'oro, e lui per tutta ricompensa vi getta - ci getta - in questa buia, umida, fetida prigione come volgari malandrini. E tutto questo, perché vi siete rifiutato d'im­palmare la sua figliola Antinisca che si è inna­morata di voi alla follia. Mah! Adesso chi sa quando ci riporteranno fuori da questa muda per fringuelli ciechi, alla luce.

Guerrino                        -Io la vedo già lì, una luce! Trapela di sotto la soglia. Ascolta. Questo passo leggero. E' lei!

Il Gobbo                       -Lei, chi?

Guerrino                        -La Principessa. Mentre allo scarso lume della lucerna ci conducevano quaggiù, ho sentito una mano morbida, ma forte, stringermi il polso. Non poteva essere che un segnale. (Rumore di catenacci. La porta pesante si apre cigo­lando) Eccola! (La porta pesante si richiude) Grazie, Principessa gentile! Non vi offenda il mio rifiuto. Devo esservi apparso molto scortese, ma spero ardentemente che voi possiate perdo­narmi. Vostro padre...

La Principessa               -Mio padre è un brav'uomo; ma non sopporta - quando chiede una cosa da lui molto desiderata - di sentirsela rifiutare. S'infuria, diventa assurdo, testardo e cattivo. Purtroppo è un re. Ma la sua ira, in questo caso, non è che un segno di simpatia e di ammi­razione per voi. Pretende che voi siate l'unico degno di me, dopo il grande Guerrino.

Guerrino                        -Perché sorridete, Principessa?

La Principessa               - (non raccoglie e seguita) Ara ch'io per un momento vi ho odiato, pensando che voi foste già in signoria di qualche dama più bella, più giovane di me, di una regina,! forse...

Guerrino                        -Oh, io sono figlio della ventura,] e non ho avuto ancora il bene di conoscere mio padre e mia madre. Perciò vado ramingo alla scoperta delle fonti della mia vita e passando) dall'una all'altra terra mi adopero quanto possa difesa dei derelitti e degli oppressi. Lasciate che m'inginocchi davanti a voi, Signora tutta] bella e gentile; ch'io baci l'orlo della vostra) veste in segno di ammirazione, di devozione, di gratitudine per questa vostra visita che tanto mi conforta.

La Principessa               -O Guerrino! e il Guerrin sei tu, certamente! Nessun altro avrebbe saputo parlarmi con tanta semplicità e schiettezza di animo. La nobiltà del tuo pensiero e la gentilezza delle tue parole mi fanno più triste, se] penso di dover perdere il più degno e generoso e bel cavaliere che mai potessi sognare. Ma poi­ché mio padre intende tenerti chiuso qui dentro finché non avrai mutato proposito - e io non voglio, non voglio questo - ti aiuterò. Stanotte, nell'ora più propizia, tornerò ad aprirti questa porta.

Il Gobbo                       - (di slancio) Oh! Benedetta da Dio!

La Principessa               -Troverai i tuoi cavalli e le guide al margine della piccola radura del bosco, che io ti indicherò; e per il sentiero del bosco sparirai.

Il Gobbo                       -Oh, gli angeli non sono tutti in cielo!

La Principessa               -Più tardi sorgerà la luna a illuminarti il sentiero, e ti accompagnerà il canto dei miei usignoli; di cui ho popolato la selva. Per mio ricordo porterai questo anello; di una che senza conoscerti ti ha riconosciuto al primo sguardo. (Si apre e si richiude la porta massiccia della prigione. Pausa).

Il Gobbo                       -Ecco, padrone. Questo accade quan­do felicemente s'incontrano e fanno tutt'uno storicità e fantasia.

SECONDO TEMPO

XXV

~ Passo d'ambio tranquillo di sei cavalli.

Voce aerea                    -

« Forse perché della fata quiete tu sei l'imago a me sì cara vieni, o sera ».

Il Gobbo                       -Che dite, padrone?

Guerrino                        -Io? Non ho detto nulla. Un incontro. Ci avverte che siamo nel territorio della Maga Alcina. Qui tutto è possibile e imprevisto.

Il Gobbo                       -Ma una sera così, con questo disteso silenzio e l'aria rugiadosa e il pallido velo della luna, proclama la santità dell'universo.

Guerrino                        -In una sera come questa la mia stellina, lassù, dal Polo mi sorrise arguta e io a lei mi affidai.

Il Gobbo                       -Però è malsicuro, che appena entrati nel suo territorio, la Maga ci ricordi la « mortai quiete ».

Guerrino                        -Bisogna vincersi.

~ Ambio di cavalli.

Il Gobbo                       -E non pensate che il tempo, per tutti questi anni, è passato, come per noi, anche f per i vostri vecchi? Ma per loro che sono vecchi, un anno vale due.

Guerrino                        -Tu mi rimproveri coi miei stessi pensieri.

Il Gobbo                       -Che c'entrava ora buttarsi a capo­fitto in quella battaglia di colossi?

Guerrino                        -Potevo lasciar massacrare dal Sara­cino in quel massiccio assalto di mille elefanti la cristianissima città di Tagliafa quando col semplice e non nuovo sistema di lanciare il re­parto di mille torcieri con le torce accese sotto il muso di quei bestioni, abbiamo ottenuto il massacro dell'esercito nemico e una giusta e forse lunga pace? E non ci sono mancati segni di gratitudine.

II Gobbo                       -Lo so, da oggi dovrò chiamarvi generale.

Guerrino                        -E ci hanno mandato due Principi del sangue a guidarci fino all'Osteria che è alla radice del monte dove, con l'aiuto di Dio, troveremo gli Alberi del Sole.

~ Ambio tranquillo di sei cavalli. Stop. Ambio.

 Il primo Principe          -Ecco, generale Guerrino, l'Osteria a cui eravate diretti. Ma ora noi dobbiamo tornare indietro. Non possiamo invadere il territorio della Maga senza dar luogo a compli­cazioni diplomatiche. Vi lasciamo con la buona fortuna.

Guerrino                        -Grazie, cortesi Principi.

~ Ambio tranquillo di due cavalli che si allontanano.

Guerrino                        -Oste!

L'Oste                           -Agli ordini. Da dove viene vossignoria?

Guerrino                        -Da tutte le parti del mondo.

L’Oste                           -Diretti, se è lecito?

Guerrino                        -Alla dimora della Maga Alcina. Sa­pete dirci, precisamente, dov'è?

L’Oste                           -Tra voli d'aquile, avvoltoi e grifoni. Lassù.

Guerrino                        -Potete guidarci fino all'imbocco del sentiero per la salita?

L’Oste                           -Per servirvi. Ma preferirei guidarvi a miglior cammino. Di cento che si avventurano ne torna indietro sì e no uno ogni tanto e consumato dagli incantesimi di quella astuta, dissolutissima, capricciosissima Maga... Ma se così avete deliberato, portatevi almeno queste due torce accese, caso mai doveste superare qualche passo cieco.

Guerrino                        -Grazie, Oste. Se non dovessimo tornare tenetevi cavalli e finimenti, e pregate per l'anima nostra.

Il Gobbo                       -Amen.

XXVI

                                      -Passi incerti dei due che avanzano a fatica. Voci e suoni rimbombano come se provenienti da dentro una galleria.

Il Gobbo                       -Padrone, qui c'è uno strapiombo con in fondo un torrente. Lo sentite ringhiare lì sotto?

 

Il Gobbo                       - (ad un tratto, fragori inauditi) Pa­drone, ma qui è l'inferno!

Guerrino                        -Avanti, Gobbo, avanti e alza la torcia! (Passi faticosi, poi voce allegra del Gob­bo) Venite, padrone! Da qui balugina una luce di là dal gomito del sentiero. (Rumore d'in­ciampata seguito da una voce furibonda).

Una Voce                      - (tra l'ira e il pianto) Perché mi pesti, maledetto?

Guerrino                        -Chi sei?

Una voce                       -Un infelice mutato in rospo dalla Maga Alcina.

Guerrino                        -No. Di' chi sei o ti tengo sotto il calcagno fino a farti scoppiare.

Una voce                       -Pesa, il mio nome,

Guerrino                        -Non più del mio calcagno. Di' chi sei.

Una Voce                      - (con un urlo) Aaaah! Lasciami. Te lo dico. Sono Gano di Maganza.

Guerrino                        -Non scappare! Gobbo! E' il tradi­tore di Roncisvalle. In nome di Rolando, schiac­cialo! Schiaccialo!

Urlo del dannato.

Il Gobbo                        -Se l'è ringoiato il torrente.

Guerrino                        -Va' innanzi!

Il Gobbo                       -Padrone! Padrone! Venite innanzi sicuro. C'è una radura tranquilla, luminosa e fiorita. Venite! Venite alla svelta!

Guerrino                        -Avanti! Avanti, Gobbo!

"- Passi che si allontanano lenti. Sigla musi­cale di stacco.

Guerrino                        -Gli Alberi del Sole! Gli Alberi del Sole! Rigolo! Ai due lati del portale! Oh, ingi­nocchiati e segui mentalmente la mia preghie­ra... «Dio creatore di tutte le cose - che separasti le Tenebre dalla Luce - degnati, ti scongiuro, di farmi conoscere finalmente chi sono e di che stirpe nato! ».

Il Gobbo                       -Guardate, padrone, come vibra la cima del grande cipresso! Ecco... ansima... respira... dà un filo di voce... ecco... parla!

L'Albero del Sole          -Tu sei Guerrino e Guerrino è scritto sull'atto del tuo battesimo: figlio di Milone re di Durazzo e della regina Fenisia.

Guerrino                        - (con voce appassionata) Oh! dimmi, caro Albero del Sole, dimmi se sono ancora in vita i miei genitori e dove e come potrò arrivare a riabbracciarli! (Silenzio) Dimmelo tu, allora, caro Albero della Luna!

Il Gobbo                       -Guardate! L'Albero della Luna. Tre­ma in vetta, in vetta. Parlerà.

L'Albero della Luna      -Prendi la via del Ponen­te, Guerrino.

Guerrino                        -Bene, la via del Ponente. E di là vengo. E' vasto il Ponente, quanto la metà del mondo. Oh, parla, almeno tu, caro Albero della Luna. (Silenzio. Quasi urlando di furore) Ah! ma è una beffa, una spietata beffa!

Il Gobbo                       -E' chiaro. La Maga ha creato queste reticenze per costringervi ad andare da lei. Dovrete affrontare ancora un duello. Ma questo sarà il più duro. Vedo che lo avete capito, e che vi si sbianca la faccia.

Guerrino                        -Mille mostri, mille giganti posso affrontare sulla terra solida. Ma qui è come avanzare per un terreno paludoso; io non ho fibra per il soprannaturale.

Il Gobbo                       -Viva, padrone! Questo timore im­provviso vi promuove da statua d'Eroe a uomo di carne. Un uomo tra gli uomini! Evviva! (Mu­sica di sottofondo) Che è questa musica?

Guerrino                        -Tiriamo avanti!

Il Gobbo                       - (spaventato) Padrone...

Guerrino                        -Avanti, ti dico.

Il Gobbo                       -Padrone. (Altro tono, rinfrancato) Ma è una reggia!

Guerrino                        -Guarda che c'è scritto sul frontale. (Musica di sottofondo).

Il Gobbo                       - (legge) Straniero, se d'entrare sei risoluto lascia fuor dalla porta la speranza.

Guerrino                        -Vorresti un invito più stimolante? Bussiamo alle porte di bronzo!

Coro interno                  -

Pellegrino sei giunto al tuo riposo

Alle rive dell'eterna letizia

Dove è gioia il respiro, ed è la vita

Eterno incanto

E la sua voce canto.

Il Gobbo                       - (spaventato) Che volete fare, pa­drone?

Guerrino                        -Eccoti la mia spada: picchia alle porte di bronzo.

Il Gobbo                       -E dove ne ho più la forza, io? Sono! dissanguato come se mi avesse succhiato uni vampiro.

Guerrino                        -Picchia col pomo della spada, (/ colpi risuonano).

Il Gobbo                       -Guardate, padrone!Si aprono i grandi battenti! Ah, quanta luce!

Guerrino                        -Non esaltarti. E' luce? O illusione magica?

Il Gobbo                       -E quanta buona roba! (Musica. Danza delle fanciulle).

Il Coro e Alcina            -Onorate l'altissimo campione!

Guerrino                        -Eccolo a voi, il campione! Rigolo, poche storie, entra! (Lo butta dentro) Poi vengo io, subito.

Il Gobbo                       - (sbalordito) Quanta buona roba!

Le Fanciulle                  -Onore! Onore al grande cam­pione!

Alcina                           -Andate fanciulle, e portatevi con voi questo allegro scudiero gobbo, innocente e sere­no come un albero. Lasciatemi sola con l'ospite.

~ Brusio - Risate - Silenzio - Pausa,

Alcina                           -Che fai lì, fermo a guardarmi, appog­giato alla tua grande spada da battaglia? Mediti di uccidermi? Non puoi. Sono immortale.

Guerrino                        - (scoppia in una risata enorme, lunga, viscerale, fino alle lacrime) Ma è uno scher­zo! (Sempre ridendo) E sei tu la terribile Maga Alcina che hai empito il mondo di spaventi? Pen­savo di dover affrontare un'Ecate di sotterra, la bieca dea della vendetta; o Medusa cinta di serpi, o una Circe ingorda di naviganti. Per tutta la salita e per la prima volta in vita mia, sono stato tormentato dal terrore. Ma tu, piccola Maga Alcina, mi accogli con balletti da spetta­coli di periferia! Che cosa vuoi fare? Ma tienti all'altezza del tuo grado e dammi il segno della tua potenza. To'. Cambiami questa mano in un artiglio di grifone!

Alcina                           - (calma) Credi che se fosse una prova di potenza questa, non te l'avrei già data, ospite crudo e insolente? Sai di essere figlio di re: ti senti padrone del mondo; ma dopo tanto ramin­gare sei forse riuscito a scoprire dove sono tuo padre e tua madre?

Guerrino                        -Tu sola, dicono, lo sai. E perciò sono venuto da te.

Alcina                           -Sì, Guerrino. Io sola.

Guerrino                        -Dunque me lo dirai.

Alcina                           -Chi me lo impone?

Guerrino                        -La mia forza.

Alcina                           -(ironica) Sei molto stanco,ospite temerario. (Chiama) Gaietta!

Gaietta                          - (appare ridendo) Signora! Quel gob­bette è un'allegria!

Alcina                           -Accompagna gli ospiti alle stanze loro assegnate.

~Pochebattutediandantesostenutoe sigla di stacco.

XXVII

~ Atmosfera di notte calmissima.

Una voce aerea             - (sulla cetra)Déduke mén à Selàna Kài Pléiades mésai de Nuktes, para d'èrchet ora...

Guerrino                        -Anche qui, voce dolcissima, E' tramontata la luna e Le Pleiadi Al mezzo è La notte e l'ora trascorre... Notte d'incanto! Brilli ancora, lassù, mia stel­lina del Polo? Sei tu, Maga, che hai apprestato questo incantesimo di stelle per vincere il tuo avversario con un sortilegio di bellezza? (Colpi discreti alla porta) Alcina! Non puoi essere che tu: vieni!

Alcina                           -M'aspettavi?

Guerrino                        - (ride) No. Ma me l'aspettavo.

Alcina                           -Osi burlarti d'Alcina, tu?

Guerrino                        -Non sarebbe il momento. Penso che sei venuta a mettermi in pace traendomi fuori da questa condizione di uomo sradicato, come mi ha definito per offendermi un'acerba fanciulla tanto tempo fa.

Alcina                           -E tu, proprio per quell'offesa, non riesci a dimenticarla. E' accaduto anche a me.

Guerrino                        -Chi ti ha offeso?

Alcina                           -(ride) Nessuno. Ma tu, a me, sei ve­nuto a portare pace o guerra?

Guerrino                        -Guerra, io, a te? Non vedo la pro­porzione. Io non combatto con le donne per le alcove dei palazzi.

Alcina                           -Io non sono una donna.

Guerrino                        -E allora, che cosa sei? Non rinne­gare la tua bellezza che è il tuo vero miracolo...

Alcina                           -L'hai notata?

Guerrino                        -...molto più importante della tua immortalità; che, senza la bellezza la tua giovi­nezza e la tua eternità sarebbero un martirio. Allo splendore della tua giovinezza cede anche il tuo stesso potere magico, cara « apprentie sorcière » 

Alcina                           -Perché mi offendi?

Guerrino                        -Non mi perdono di avere avuto paura di te. E tu non ti devi offendere. Stiamo parlando da amici.

Alcina                           -Ne sei sicuro?

Guerrino                        -Sì. Tanto più che il tuo potere magico è limitato, a quanto mi è parso, a cate­gorie di secondo piano. Tu trasformi in bestie, alberi, tuberose e cereali, quelli che già nella vita sono sostanzialmente bestie, piante, tu­beri e cereali: di cui portano a volte i segni scritti in faccia. Avrai certo notato, attraverso la tua vita di millenni... A proposito, e se non sono indiscreto, vergine maga, quanti anni hai?

Alcina                           -Quarantaduemila, otto mesi, sei gior­ni e otto ore.

Guerrino                        -Io, appena quarant'anni. Nella tua lunga esistenza avrai notato che gli uomini, i più comuni o mediocri d'ogni categoria, somi­gliano spesso poco o tanto a qualche bestia: toro, faina, scimmia, pecora, pesce, pappagallo, bulldog, porcello, asino, cavallo... Gli eletti, no. Somigliano a Dio. Hai nessuno di questi eletti, qui, tra i tuoi trasformati? C'è un Tamberlano? Un Rolando? Un Artù? Un Alessandro? Un An­nibale? Un Ramsete? Un Carlomagno? Vedi? E neanche, diciamolo pure, uno come questo Guerrino: povero, ma che non ha nulla di ani­malesco da poterci agganciare l'uncino dei tuoi incantesimi. Prova. Prova a mutarmi in grinfia di grifone questa mano abituata alla spada. Prova, ti prego, ancora una volta. Non ho più paura di te.

Alcina                           -Ah no? Meriti veramente che ti met­ta alla prova.

Guerrino                        -Io ti metto alla prova. E ti sfido.

Alcina                           -L'avrai voluto.

~ Alcina ansima con uno sforzo supremo.

Guerrino                        -Smettila, perdi tempo, sudi; e non si addice alla tua bellezza sudare come un bi­folco o un facchino.

Alcina                           -Ah! (Un gran grido) Non posso.

Guerrino                        - (ride) Vuoi farmi insuperbire? Ti tolgo, con la mia sola presenza, tutto il tuo potere magico?

Alcina                           -No, soldato vanaglorioso. Non per­ché tu sia una creatura eccezionale, ma perché mi piaci. C'è in te una forza insospettata che mi vince. Forse sei vergine.

Guerrino                        -Non dir sciocchezze: sono un me­diterraneo, non un campione del Graal, non un Lohengrin. Altra razza! Altra razza!

Alcina                           -Ah! la sciocca burbanza degli eroi! Ti aspettavo da anni. Ho dovuto impadronirmi del segreto della tua nascita, impedire agli Alberi del Sole di rivelartelo, per averti qui. Il tuo Gobbo, più sagace di te, l'aveva intuito. Ma non hai capito che quando mi hai con tanta teme­rità insultato al primo incontro, io avrei potuto castigarti immediatamente, trasformandoti a mio capriccio? E ci avevo pensato... Sai in che cosa ti avrei tramutato?

Guerrino                        -In un leone, spero.

Alcina                           -Sempre scarsi di fantasia, questi militari! Che me ne facevo di un leone? Bestie feroci non ne ammetto più né in casa mia né per le mie selve. Ne ho anche troppe. Distur­bano. No. Io pensavo di mutarti in un bel pavone, da godermelo di giorno quando al sole ostenta la sua magnifica ruota, o la sera quando si trascina dietro con squisita grazia, sul ramo dove va a dormire, la sua coda a cent'occhi veramente imperiale. E all'ora della merenda, chiamarlo : « Guerrin! Guerrin! Guerrin! » e tu a correre al richiamo col tuo lungo strascico d'occhi. (Ridono tutti e due) Mi piaci.

Guerrino                        - (ridendo) Pensare che mentre io sono qui ad ascoltare la tua sirventese per l'eroe prigioniero, nel mondo risuona a tua gloria una lunga tromba d'argento. Per quanti secoli hai scroccato - e quanto profondamente scroc­cato - una fama di Maga trionfante! Se ci ripenso mi vien di nuovo da ridere con l'impeto irrefrenabile del primo momento. E ora eccoci qui. Sereni. Tu, spogliata della tua spaventosa vocazione, e io delle mie armi pesanti e ingom­branti. Con questa nostra allegria svagata, così divertiti e leggeri, confessa che è sopportabile perfino l'immortalità. Vieni qui che ti dò un bacio.

Alcina                           -(semplice, con intensa naturalezza) Amore. Mi piaci. Ma (ambigua) non ti perdo­nerò mai di avermi così crudamente umiliata e offesa nella mia reputazione professionale. E prima o poi...

Guerrino                        - (ride) Allegramente, Alcina!

Alcina                           -(dolce) Ragazzo! Vieni. E' quasi l'alba. Scendiamo in giardino, ai margini della boscaglia di querce. Alla levata del sole vedrai e sentirai qualche cosa di inaspettato. E adesso ti dico dove sono i tuoi genitori. I tuoi genitori sono nel Castello di Durazzo. (Ambigua) Li troverai nella Corte d'onore, a godersi il silen­zio che sempre vi regna. Va'! Aspettami sulla radura.

XXVIII

L'incantesimo del bosco ~ Musica.

Guerrino                        -Che fai Rigolo? Già alzato?

 

Il Gobbo                       -E voi, generale?

Guerrino                        -Aspetto Alcina e l'imprevisto.

Il Gobbo                       -Allora mi sprofondo nel mio cespu­glio-osservatorio. I doveri del cronista in prima linea...

Guerrino                        -Hai fatto man bassa questa notte?

Il Gobbo                       -Eh le ninfette! Canaglie vogliose e vigliacche. Sfuggono di mano come le anguille. Però che spasso! Ecco Alcina.

Guerrino                        -Alcina! (Vento tra le fronde).

Alcina                           -Ascolta... Il bosco si sveglia.

~ Ventata lunga tra le fronde.

Gli Alberi                      -Su, mortali, destatevi! Già splen­de sull'orizzonte la lucida stella dell'alba!

Guerrino                        -Chi ha parlato?

Alcina                           -Le querce che vedi. E' la mia selva: tutta di uomini che ho tramutato in alberi.

Guerrino                        -Chi sono?

Alcina                           -I non riusciti d'ogni arte e mestiere. Gente molto da bene e meritevole d'indulgenza, che partiti per l'immortalità e rimasti a mezza via non potevano darsene pace, e tendevano a farsi acidi, invidiosi e maligni. Trasformandoli in alberi li ho salvati dall'invecchiar male e ho dato loro una specie d'immortalità vegetale -provvisoria - di qualche secolo di vita. Se ne accontentano e sono felici. E molti si consolano anche con reminiscenze di poeti autentici pas­sati, presenti e futuri.

Guerrino                        -Futuri?

Alcina                           -Eh già. Te ne meravigli, uomo mor­tale. Per noi, presente, passato e futuro conflui­scono nell'attimo. Ma tu, che sai di questa sem­plice computisteria dell'eterno?

~ Lunga folata di vento tra le fronde. Mor­morio sommesso della boscaglia.

Gli Alberi                      -Che sapete, voi uomini vivi, col vostro denso caldo sangue rosso che nel battito del polso vi segna il passo alla morte e vi spinge talvolta a violare i confini vietati; che sapete voi del nostro sangue bianco che sale in noi senza battito, casto e imponderabile, senza bat­tito e senza discontinuità, dal cuore della terra, fibra a fibra, fino alla tenera foglia, tremula in vetta all'ultimo ramo?

Tutti                              -Gioia serena!

~ Vento tra le fronde.

Gli Alberi                      -Che sai tu del nostro largo libero respiro vegetale, uomo consunto di spavento, d'incubi nella veglia sul sonno e nei sogni, e dalle sventure, molte, e dai diversi malanni?

La voce aerea                -« Spesso il male di vivere ho incontrato »

~ Vento tra le fronde.

Gli Alberi                      -Conosci tu, uomo, l'arcano sorti­legio della Primavera quando «brilla nell'aria e per i campi esulta »?

~ Vento tra le fronde.

Gli Alberi                      -Sai tu che sia sentir la gemma comporsi e farsi germoglio, e calice; e sentire lo svegliarsi del fiore - lentamente, lentamentecome gli occhi del fantolino alla luce del giorno?

~ Folata ampia di vento.

La voce aerea                -Noi siamo felici. « La gloria di colui che tutto muove per l'universo penetra e risplende » (Immediata, rapida, felice) «M'illumino d'immenso » « Che fai, tu luna, in ciel, dimmi, che fai, silenziosa luna? »

Gli Alberi                      -Conosci tu, uomo, i nostri muti dialoghi lunghi con la luna, con gli astri, mentre si irrora ogni fronda sotto il dolce calar della rugiada?

La voce aerea                -« Sorgi la sera e vai contem­plando i deserti » Indi, ti posi.

Tutto il bosco                -Siamo felici! Grazie, Alcina.

A te.

~ Lungo e prolungato stormire della bosca­glia che da sommesso si fa sempre più alto.

Gli Alberi                      -L'Oriente è tutta una fiamma!

~ Squillo di tromba isolato.

Tutto il bosco                -Il Sole!

Il Coro                          - (mormorato)« Laudato sì mio Signore con tutte le tue creature Specialmente Messer lo frate Sole Bello e radiante con grande splendore ».

Una voce sola               -« L'Amor che muove il Sole e l'altre Stelle! ».

~ Dissolvenza. Pausa.

XXIX

Alcina                           -E ora riprenderai il tuo viaggio. Il tuo scudiero?

Il Gobbo                       -Qua.

Alcina                           -Dove ti eri cacciato, anima allegra?

Il Gobbo                       -In questa forra. Dovere di cronista. Ho annotato quanto più ho potuto di questi avvenimentisconcertanti.Generale,eccovii miei appunti compresi questi ultimi. Li porte­rete con voi e salirete da solo alla gloria. Io resto qui. Con la Maga Alcina.

Alcina                           -Vuoi restare con me,veramente? A far che?

Il Gobbo                       -L'albero. Col supplemento di vita che comporta. Un bel ciliegio dritto, di cortec­cia liscia e lucida; col suo fogliame sobrio e gentilino fatto per raccogliere le gemme di rugiada; e coi suoi bei frutti rossi, carnosi su­gosi saporosi. A primavera metterò una fontana di colore in mezzo a questa radura, e la gente, passando, anche da lontano, dirà: « Guarda un po' eh, che dritto s'è fatto il Gobbo ». E verranno gli uccelletti, vispi e facinorosi tra le mie foglie e rame a rissare a cantare e cibarsi di me.

Alcina                           -Bene. Sarai ciliegio. Bello come i tuoi freschi pensieri.

Il Gobbo                       -Padrone, nasco oggi. Addio. M'avete fatto girare il mondo in lungo e in largo: ora per un bel pezzo riposerò tra questi alberi felici.

Alcina                           -Guerrino, per la discesa all'Osteria ti darò una scorta. Tornato tra gli uomini, non parlare di me come sono, ma lascia che con­servino di me l'opinione che avevi tu prima di arrivarmi in casa. Addio, Guerrino e ricordati: Alcina sarà sempre Alcina anche se ha avuto per te - come dite voi - un « attimo » di smarri­mento. Va'. Mi troverai a Durazzo: nel Ca­stello.

~ Fanfara. Sigla di stacco.

XXX

~ Atmosfera di battaglia imminente. Forse basterà un leggero gioco di batteria in primo piano.

La prima Sentinella       -Gran ventura che que­sto assedio di Durazzo sia stato affidato al Guerrino.

La seconda Sentinella   -Parla piano. Il gene­rale riposa. E domani sarà giornata calda.

La prima Sentinella       -Il Saladino è un osso duro. Ma il nostro generale è deciso a dare un fiero assalto alle mura, prendere il Saladino prigioniero, trovare i suoi genitori e passar con loro la vita fino alla fine dei loro giorni.

~ Leggermente rinforzato il gioco di bat­teria. Di colpo.

La prima Sentinella       -Alt!

La seconda Sentinella   -Chi va là?

Una voce                       -Un Saracino amico. La prima Sentinella   -Vieni avanti amico-nemico.

Una voce                       -Dite al vostro generale di ricever­mi subito; nel suo interesse.

Guerrino                        -Che c'è?

La prima Sentinella       -Uno che vi consiglia di riceverlo subito « nel vostro interesse ». E' a giusto tiro di alabarda... Che dobbiamo fare?

Guerrino                        -Di' che entri. E entrate anche voi due.

Il Saracino                     -Guerrino illustre, guarda questo pugnale. Se mi offri un compenso adeguato al mio rischio e al tuo guadagno, lo metto al tuo servizio.

Guerrino                        -Legatelo. (Breve lotta) Ora così legato riportatelo al Saladino. E ditegli che non compro nemici assassinati, ma li affronto in battaglia. Ripeti.

La prima Sentinella       -« Il mio generale vi manda a dire che non compra nemici assassi­nati : ma li affronta in battaglia ».

Guerrino                        -Benissimo. Metti due altre senti­nelle, e andate.

~ Più sensibile il gioco delle batterie. Poi trombe.

La prima Sentinella       -Generale: il Saladino vi manda questa spada che ha l'elsa e la guaina tempestata delle più preziose gioie prelevate ai forzieri del Prete Gianni. E questa lettera.

Guerrino                        -Lèggimela. Ho gli occhi stanchi.

Una Sentinella              -« Il traditore che mi hai rimandato è già a cinque palmi sotterra. Per questo raro atto di nobiltà che da parte tua non mi stupisce, ti mando in dono la mia più pre­ziosa spada. Ma Aufidio uccise Coriolano quan­do si accorse che la grandezza del romano offu­scava la sua. Sappi che nemmeno io sopporto di essere secondo ad alcuno. Domani durante la battaglia verrò a cercarti per tutto il campo ».

Guerrino                        -Sarò ad aspettarlo.

Una Sentinella              - (leggendo) « Ma questa sera lascia che io ti dichiari di non avere mai cono­sciuto un nemico più valoroso e nobile di te ».

<                                    -Gioco di batteria esteso e forte fino al fortissimo. Tamburi. Trombe. Battaglia. Ovazioni al Guerrino. Lontane.

Una voce                       -Il Guerrino è entrato nel Castello!

(Più lontane).

Cerca i suoi genitori!

Arriva nel cortile d'onore.

~ Con un grido strozzato dal pianto. Primo piano.

Guerrino                        -Ah! La beffa della Maga Alcina! Questo ha voluto dire con le sue false parole! Dovevo io dunque sopportare tanti anni di disa­gi e fatiche e angosce per arrivare ad abbrac­ciare due tombe!

~ Si sente il suo pianto trattenuto. Dis­solve.

 Lo Storico                    -La città di Durazzo, liberata, è in esultanza.

Grida                             -Viva! Viva il Guerrino, il grande con­dottiero!

Una voce                       -Il Guerrino è scomparso.

                                      -Solenne suono d'organo con lunghi echi di navate. Stop organo. Il Frate          -Fratelli! La battaglia è durata dal mattino al tardo pomeriggio. Sulla collina e intorno al Castello giacciono migliaia di morti. Il Saracino si è salvato con la fuga. Il nostro generale è scomparso. C'è chi dice di averlo visto precipitarsi col suo cavallo in mare, dalla rupe di Staffra.

~ Organo riprende.

Il Coro                          -Requiem aeternam dona eis Domine.

~ Colpi reiterati e forti alla porta. Stop coro e organo.

Il Frate                          - (di dentro) Chi batte alla porta della nostra Abbazia? E con tutto il contado infestato dai Saracini fuggiaschi?

Guerrino                        -Un principe cristiano stanco di strade e di pena.

Il Frate                          -Che cerchi?

Guerrino                        -Pace.

~ Rumoredi portone chesi apre lenta­mente.

Il Frate                          -Entra.

~ Rumore di porta che si richiude. Musica.Dissolve. ~ Congedo.

Lo Storico                     -Sarebbe difficile pensare che il Guerrino, col suo temperamento, avesse resisti­to alla clausura. Difatti: dopo un periodo di riposo, poiché il buon vitto di quei bravi frati e la riacquistata saggezza l'avevano rimesso notevolmente in carne, avvenne che si sentì stringere, da fargli male, l'anello di Antinisca al dito della mano destra. Allora il cuore gli batté forte al costato, ed egli rispose prontamente all'arcano richiamo, mettendosi subito in viaggio per la città di Solita. Là trovò Anti­nisca, ancora bella (anzi più bella di prima) che l'aveva aspettato. Furono celebrate nozze principesche quali agli sposi si addicevano. Dal matrimonio nacquero un vigoroso maschietto che nominarono Milone e una leggiadra fem­minuccia che ebbe il nome di Fenisia: i nomi dei nonni illustri. E felici e contenti se ne stiedero E a me nulla mi diedero.

FINE