Hamletmachine

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HAMLETMASCHINE

Teatro musicale in cinque parti

di HEINER MULLER

Prima rappresentazione assoluta: Theatre Ensenble Mobil, Bruxelles, 1978

PERSONAGGI

Amleto I (rec); Amleto II (rec); Amleto III (Bar);

Ofelia (S); i tre doppi di Ofelia (S, S, Ms);

Marx (S); Lenin (S); Mao (Ms);

tre voci dalla bara (S, S, Ms);

due donne e due uomini che piangono (rec);

tre uomini che gridano (rec);

coro, coro di voci bianche

1

Album di famiglia

Io ero Amleto. Me ne stavo sulla costa e parlavo con le onde blabla, con alle spalle le rovine d'Europa. Le campane suona­vano i funerali di Stato, Assassino e Vedova che bella coppia! Dietro la cassa dell'illustre cadavere, a passo dell'oca i consiglie­ri, piangevano un lutto mal pagato, chi È la salma che sta NEL CARRO FUNEBRE / PER CHI SONO TUTTI QUESTI PIANTI E LA­MENTI / LA SALMA È DI UN GRANDE / ELEMOSINIERE. Fra ali di popolo, opera della sua arte di statista, lui era un uomo VERO E prendeva tutto soltanto a tutti. Fermo il corteo funebre, forzo la cassa con la spada, rompo la lama ma sollevo il coper­chio con il troncone. Così feci a pezzi il morto genitore la carne si accoppia volentieri con la carne distribuendolo ai pove­racci che stavano attorno. Il funerale si tramutò in giubilo, il giubilo in un gran masticare. L'assassino irrumò la vedova sulla bara vuota devo aiutarti a salire zio? mamma apri le gam­be. Mi sdraiai per terra e ascoltai la terra girare al ritmo costan­te della putrefazione. I'M GOOD HAMLET GI'ME A CAUSE FOR GRIEF AH THE WHOLE GLOBE FOR A REAL SORROW RICHARD THE THIRD I THE PRINCEKILLING KING OH MY PEOPLE WHAT HAVE I DONE UNTO THEE MI TRASCINO DIETRO IL CERVELLO PESANTE COME UNA GOBBA SECONDO CLOWN NELLA PRIMAVERA COMUNISTA SOMETHING IS ROTTEN IN THIS AGE OF HOPE LETS DELVE IN EARTH AND BLOW HER AT THE MOON Qui arriva lo spettro che mi ha generato, con l'ascia ancora con­ficcata nel cranio. Puoi tenere il cappello, so che hai un buco in più. Io avrei voluto che mia madre ne avesse uno in meno, quan­do tu eri ancora ben in carne; sarei stato risparmiato a me stes­so. Bisognerebbe cucire le donne, un mondo senza madri. Po­tremmo macellarci a vicenda in pace e con buone probabilità, quando la vita ci risultasse troppo lunga e la gola troppo stretta per urlare. Cosa vuoi da me. Non ti basta un funerale di Stato. Vecchio scroccone. Non hai forse sangue nelle scarpe. Che mi importa del tuo cadavere. Dovresti essere contento che almeno il manico è rimasto fuori. Forse te ne andrai in cielo. Che cosa aspetti? I galli sono stati accoppati. L'indomani non arriverà. SOLO PERCHÉ È COSTUME IO DOVREI INFILARE UN PEZZO DI FERRO NEL CORPO CHE MI STA ACCANTO 0 IN QUELLO APPENA PIÙ IN LÀ COMPORTARMI IN QUESTO MODO SOLO PERCHÉ LA TER­RA GIRA SIGNORE ROMPIMI IL COLLO FACENDOMI CADERE DALLA PANCIA DI UNA BIRRERIA Entra Orazio. Complice dei miei pensieri, che sono pieni di san­gue da quando il cielo vuoto vela il mattino, amico mio È troppo TARDI PER IL TUO ONORARIO / NON C'È POSTO PER TE NELLA MIA tragedia. Orazio, mi conosci. Mi sei amico, Orazio. Se mi cono­sci come puoi essermi amico. Vuoi provare a fare Polonio, che vuol dormire con sua figlia, la splendida Ofelia; lei risponde doci­le al nome, come il lemma di un dizionario. Guarda come fa on­deggiare il didietro, una parte tragica. Orazio/Polonio. Sapevo che eri un attore. Lo sono anch'io, recito Amleto. La Danimarca è una prigione, tra noi cresce un muro. Guarda cosa cresce dal muro. Polonio esce. Ecco mia madre, la sposa; i suoi seni son un letto di rose, il grembo la fossa dei serpenti. Hai dimenticato il tuo testo, mamma. Ti faccio da suggeritore, lavati il delitto DALLA FACCIA O MIO PRINCIPE / E FA' BUON VISO ALLA NUOVA Danimarca. Ti farò tornare vergine, mamma, perché il tuo re possa godersi una notte nuziale al sangue, il grembo materno non è una via a senso unico. Adesso ti lego le mani sulla schiena, perché il tuo abbraccio, con tutti quei veli nuziali, mi fa schifo. Adesso strappo il tuo abito nuziale. Adesso devi gridare. Adesso spalmo sugli stracci del tuo abito nuziale la terra in cui si è ridotto mio padre, e ti spiaccico gli stracci sulla faccia, sul ventre, sui seni. Adesso ti prendo, madre mia, seguendo la sua (di mio padre) traccia invisibile. Soffoco il tuo grido con le mie labbra. Riconosci il frutto del seno tuo. Adesso va alle tue nozze, puttana, sotto il sole di Danimarca che splende sui vivi e sui morti. Voglio otturare il cesso con il cadavere, affinché il palaz­zo asfissi nella merda regale. E poi lasciami mangiare il tuo cuo­re, Ofelia, che piangi le mie lacrime.

2

L'Europa delle donne

Enormous room. Ofelia. Il suo cuore è un orologio.

Ofelia                            - (CORO/amleto) Io sono Ofelia. Quella che il fiume non ha trattenuto. La donna con la corda al collo La donna con le vene tagliate La donna con l'overdose, sulle labbra neve. La don­na con la testa nel forno a gas. Ieri ho smesso di uccidermi. Sono sola con i miei seni, con le mie cosce e con il mio grembo. Faccio a pezzi gli strumenti della mia prigionia la sedia il tavolo il letto. Distruggo il campo di battaglia che era la mia dimora. Strappo le porte perché possa entrare il vento e il grido del mondo. Man­do in frantumi la finestra. Con le mani insanguinate strappo le fotografie degli uomini che ho amato e che mi hanno usato a let­to a tavola sulla sedia per terra. Do fuoco alla mia prigione. Get­to nel fuoco i miei vestiti. Mi strappo l'orologio dal petto che era il mio cuore. Esco sulla strada vestita del mio sangue.

 

3

Scherzo

 Università dei defunti. Sussurri e mormorii. Dalle loro tombe [cattedre] i morti filosofi gettano i loro libri su Amleto. Galleria [balletto] delle donne morte. La donna con la corda al collo. La donna con le vene dei polsi tagliate ecc. Amleto le guarda con l'atteggiamento di un visitatore di musei [teatri]. Le donne mor­te gli strappano le vesti. Da una bara verticale su cui è scritto Amleto i escono Claudio e, vestita e truccata come una puttana, Ofelia. Striptease di Ofelia.

Ofelia                            - Vuoi mangiare il mio cuore, Amleto. (Ride).

Amleto                          - (mettendosi le mani sugli occhi) Voglio essere una donna. (Amleto si mette i vestiti di Ofelia, Ofelia gli disegna sul volto una maschera da puttana, Claudio, ora padre di Amleto, ride silenziosamente, Ofelia lancia ad Amleto una manciata di baci e si ritira nella bara insieme a Claudio, padre di Amleto. Amle­to assume una posa da sgualdrina. Un angelo con il volto sulla nuca: Orazio. Danza con Amleto).

Voce (voci)                   - (dalla bara) Dovresti amare ciò che hai ucciso

La danza si fa più veloce e selvaggia. Risa dalla tomba. Su un'altalena la Madonna con il carcinoma mammario. Orazio apre l'ombrello e abbraccia Amleto. Si irrigidiscono nell'abbrac­cio sotto l'ombrello. Il carcinoma mammario risplende come un sole.

                      

4

Pest a Buda Battaglia per la Groenlandia

Lo spazio della scena seconda distrutta da Ofelia. Armatura vuota, ascia nell'elmo.

Amleto                          - La stufa urla nell'Ottobre senza pace A BAD COLD HE HAD OF IT JUST THE WORST TIME JUST THE WORST TIME OF THE YEAR FOR A REVOLUTION Attraverso i sobborghi il cemento va in fiore Il dottor Zivago piange i sui lupi D'INVERNO SPESSO VENIVANO AL VILLAGGIO A SBRANARE UN CONTADINO (Si toglie maschera e costume).

Interprete di Amleto     - Io non sono Amleto. Non recito più alcu­na parte. Le mie parole non dicono più niente. I miei pensieri suc­chiano il sangue alle immagini. Il mio dramma non ha più luogo? Dietro di me verrà approntato l'ornamento. Da gente cui il mio dramma non interessa, per gente cui non ha niente da dire. Neanche a me interessa più. Non sto più al gioco. (Senza essere notati da Amleto, operai di scena portano un frigorifero e tre te­levisori. Rumore del frigo. Tre programmi senza suono). L'or­namento è una statua. Rappresenta, ingrandito cento volte, un uomo che ha fatto la storia. Pietrificazione di una speranza. Il nome lo si può cambiare a piacere. La speranza non si è realizza­ta. Il monumento giace per terra, smantellato tre anni dopo la sepoltura di Stato dell'uomo di potere, odiato e onorato dai suoi seguaci. La pietra è abitata. Nelle narici spaziose, e nelle orec­chie, nelle pieghe della pelle e dell'uniforme della statua frantu­mata, si è insediata la popolazione più povera della metropoli. All'abbattimento della statua segue, dopo un tempo adeguato, la rivolta. Il mio dramma, se ancora dovesse aver luogo, dovreb­be avvenire nel periodo della ribellione. La rivolta inizia come una passeggiata. Contro la regolamentazione del traffico duran­te il tempo di lavoro. La strada appartiene ai pedoni. Qua e là viene rovesciata un'auto. Incubo di un lanciatore di coltelli: len­to viaggio attraverso una strada a senso unico verso un irrevocabile posto di parcheggio, che è occupato da pedoni armati. I poliziotti che si trovano sul percorso vengono sbattuti ai margini della strada. Quando il corteo si avvicina al quartiere dei mini­steri, gli si para contro un cordone di poliziotti. Si formano grup­pi dai quali spuntano oratori. Sul balcone di un edificio governa­tivo compare un uomo vestito con un frack malfatto e comincia anche lui a parlare. Quando lo colpisce la prima pietra, si ritira dietro il vetro blindato di una finestra. Le urla che chiedono più libertà si trasformano in urla che chiedono la caduta del governo. Qualcuno comincia a disarmare i poliziotti; vengono assaliti due o tre edifici, una prigione una stazione di polizia un ufficio della polizia segreta; una dozzina di galoppini del potere vengo­no appesi per i piedi; il governo invia truppe e carri armati. Il mio posto, se il mio dramma dovesse ancora aver luogo, sarebbe su entrambi i lati del fronte, tra i due schieramenti, au dessus de la melée. Io me ne sto nel puzzo di sudore della folla e getto pietre su poliziotti, soldati, carri armati, vetri corazzati. Guardo attraverso la finestra con il vetro blindato la massa che avanza e annuso il sudore della mia paura. Strozzato da conati di vomito scuoto il pugno contro di me che sto dietro il vetro blindato. Sof­focato dalla paura e dal disprezzo, nella massa che avanza vedo me stesso, con la schiuma alla bocca, scuotere il pugno contro di me. Appendo per i piedi l'uniforme della mia carne. Sono il soldato nella torretta del carro armato, la mia testa è vuota sot­to l'elmo, l'urlo soffocato dai cingoli. Io sono la macchina da scri­vere. Stringo i nodi scorsoi quando i caporioni vengono impicca­ti, tolgo lo sgabello, mi rompo l'osso del collo. Sono il mio prigio­niero. Riempio i computer con i miei dati. I miei ruoli sono quelli della saliva e della sputacchiera, del coltello e della ferita, del dente e della gola, della corda e del collo. Io sono la banca dati. Sanguinante tra la folla. Con il fiato sospeso dietro la porta con il vetro blindato. Muco di parole appartate nell'isolamento acu­stico della mia bolla verbale au dessus de la melée. Il mio dram­ma non ha avuto luogo. Il testo è andato perduto. Gli attori han­no appeso i loro volti agli attaccapanni del guardaroba. Il sugge­ritore marcisce nella sua buca. In platea i cadaveri impestati, pa­glia imbottita, non muovono una mano. Vado a casa ad ammazzare il tempo. Insieme al mio indiviso me. Televisione La quotidiana nausea nausea Per la chiacchiera programmata Per l'allegria a comando Come si scrive CORDIALITÀ Dacci oggi la nostra morte quotidiana Perché Tua è la nausea del niente Per le bugie che vengono credute Da coloro che le raccontano e da nessun altro Nausea Per le bugie che vengono credute Nausea Per le facce dei facitori segnate Dalla lotta per i Posti i Voti i Conti in Banca Nausea Carro falcato lampeggiante di battute Vado per le strade per magazzini per facce Con le cicatrici della battaglia per il consumo Povertà Senza decoro Povertà senza la dignità Del coltello, del pugno di ferro, del pugno I corpi degradati delle donne Speranza delle generazioni Soffocati nel sangue nella viltà nella stupidità Risa di pance morte Heil coca cola Un regno Per un assassino io ero macbeth il re mi aveva offerto la sua terza con­cubina conoscevo ogni voglia sui suoi fianchi raskolnikov nascondeva sul cuore sotto l'unica giacca l'ascia per l'unico cranio dell'usuraia Nella solitudine degli aeroporti Tiro il fiato Io sono Un privilegiato La mia nausea È un privilegio Difeso da muri Filo spinato e prigione (fotografia dell'autore) Non voglio più mangiare respirare amare una donna un uomo un bambino un animale. Non voglio più morire. Non voglio più uccidere. (La fotografia dell'autore viene strappata). Rompo la mia carne sigillata. Voglio abitare nelle mie vene, ai margini delle ossa, nel labirinto del cranio. Mi ritiro nelle mie interiora. Prendo posto nella mia merda, nel mio sangue. Da qual­che parte ci sono corpi che vengono fatti a pezzi perché io possa abitare nella mia merda. Da qualche parte ci sono dei corpi che vengono aperti perché io possa starmene solo con il mio sangue. I miei pensieri sono ferite nel cervello. Il mio cervello è una cica­trice. Voglio essere una macchina. Braccia per afferrare, gambe per camminare, nessun dolore; nessun pensiero. Schermo nero. Sangue dal frigorifero. Tre donne nude: Marx Lenin Mao. Dicono contemporaneamente, ognuno nella pro­pria lingua, il testo: OCCORRE ROVESCIARE TUTTI I RAPPORTI NEI QUALI L'UOMO... L'interprete di Amleto indossa costume e maschera.

Amleto IL DANESE PRINCIPE E MARCIUME INCESPICANDO DA BUCO A BUCO FINO ALL'ULTIMO BUCO SVOGLIATAMENTE ALLE SPALLE LO SPETTRO CHE LO HA FATTO VERDE COME Ofelia            - CARNE DI PUERPERA

LACERATA UN ATTIMO PRIMA DEL TERZO CANTO DEL GALLO

PAZZO MASCHERA BUFFONESCA DEL FILOSOFO bracco corpulento, striscia nel carro armato (entra nell'armatura, spacca con l'ascia le teste di Marx Lenin Mao. Glaciazione).

5

Nell'attesa selvaggia / Dentro la orribile armatura / Millenni

Mare profondo. Ofelia su una sedia a rotelle. Passano pesci ma­cerie cadavari e pezzi di cadavere.

Ofelia                            - (mentre due uomini in camice da medico avvolgono lei e la sedia a rotelle con fasce di garza che fanno passare sotto il se­dile e poi sulle spalle)Qui parla Elettra. Nel cuore dell'oscurità. Sotto il sole del supplizio. Alle metropoli del mondo. Nel nome del sacrificio. Io but­to via tutti i semi che ho ricevuto. Trasmuto il latte dei miei seni in veleno mortale. Mi riprendo indietro il mondo che ho partori­to. Soffoco il mondo che ho partorito, tra le mie cosce. Lo sep­pellisco nella mia vagina. Abbasso la gioia della sottomissione. Viva l'odio, il disprezzo, la rivolta, la morte. Quando con il vo­stro coltello da macellaio andrete nelle stanze da letto, saprete la verità.

Via gli uomini. Ofelia rimane sulla scena, immobile nella bian­ca bendatura.

FINE