Hanno sequestrato mi amoglie

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HANNO SEQUESTRATO MIA MOGLIE

di Franco Roberto

Personaggi:

           

PAOLO FERRANDI, industriale

GIANNI CRIVELLI, avvocato

ANNA OLIVIERI, suocera di Paolo

SABINA VOLPE, ragazza misteriosa

LISETTA SCOTTI, colf

LUIGI CAVALLI, industriale

AMLETO, suo figlio

Scene:

Oggi, nella villa Ferrandi, alla periferia di una città. Un soggiorno. Apparecchio telefonico sopra un tavolino.

ATTO PRIMO

Sono le dodici e trenta di una giornata estiva. In scena all’alzarsi del sipario, c’è Lisetta al telefono.

LISETTA - (giovane e sprovveduta Colf, urla nella cornetta) No! No! Se ti sposassi, dovrei passare il resto della mia vita a pascolare le tue pecore su di un picco. E non voglio! Per questo, sono venuta in città a fare la Colf, la colla­boratrice familiare. La «serva» di una volta, insomma. Oggi, però, siamo quasi più importanti delle cosiddette padrone… Non insistere. È tutto inutile. (teatrale) Addio per sempre, Mario. (Riattacca, resta un attimo pensiero­sa, si scuote, sentendo suonare di nuovo il telefono) Pron­to?… (Esclamazione di sorpresa) Tina, sei tu? Proprio tu? Sono mesi che non ci sentiamo. Ti trovi bene, lì?… Mi fa piacere… Come vanno le cose, qui? Stamane siamo in piena tragedia familiare. La signora è sparita dalla circolazione… Dov’è andata? Qui casca l’asino. E chi lo sa?… Vediamoci domenica. Vuoi?… Ora ti lascio. Anche perché la faccenda di stamane, qui, mi ha piuttosto scom­bussolata. Ciao! (Riattacca, rimane ancora assorto per qualche istante, mentre il campanello esterno suona ripetutamente. Alla fine lo sente, si precipita fuori, per riap­parire quasi subito seguita da Gianni)

GIANNI - (simpatico scapolo sulla trentina. Avvocato) Ho suonato tre volte. Dov’eri? Fra le nuvole?

LISETTA - No, al telefono.

GIANNI - Chi c’è in casa?

LISETTA - Nessuno!

GIANNI - (stupito) Nessuno, a quest’ora? E dove sono andati a finire?

LISETTA - (cincischiando l’orlo del grembiule) Io non lo so, avvocato.

GIANNI - Sbaglio, o sei nera, stamane? Che t’è successo? Con chi hai bisticciato?

LISETTA - (scoppia all’improvviso in piccoli e buffi singhiozzi) Io non c’entro. Non so nulla. (Si nasconde il viso con le mani)

GIANNI - Non pensarci. Su, racconta.

LISETTA - Lei mi promette che…

GIANNI - Ma certamente. Tu parli con una tomba.

LISETTA - Ecco… È scoppiato tutto d’un tratto. I signori parlavano della cerimonia di ieri sera, fra amici. Una cena coi fiocchi, pare. Sentivo parlare di donne bellissime, altre brutte, qualcuna ochetta. Poi è entrato in scena lui. Un nome che non ricordo, ma che ha mandato in bestia il signor Paolo. Loretta, dopo, piangeva come un’isterica, mentre la signora Patrizia stava zitta come una morta.

GIANNI - (ridendo) C’è stato un litigio, uno dei tanti. Succede anche nelle migliori famiglie.

LISETTA - (buffa, passando dal pianto al riso) È vero! Acci­denti, non ci avevo pensato. Si vede che sono peggio di una carota. Dura di comprendonio, voglio dire.

GIANNI - Ma schietta e simpatica. Via, non pensiamo più all’accaduto. Tutto tornerà come prima.

LISETTA - Io non ne sono tanto sicura.

PAOLO - (dall’esterno) Ehi! Gente!

LISETTA - (sussulta) È il signore che rientra. Batto in ritirata! (Esce svelta, mentre dalla parte opposta entra Paolo, un industriale quarantenne di bell’aspetto. Un tipo, però, sempre agitato, nervoso)

PAOLO - (Butta la borsa stilla sedia, si asciuga la fronte col fazzoletto, poi scorge Gianni) Ah, sei già qui.

GIANNI - (ironico) Pare di sì. Evidentemente o io sono in anticipo, oppure tu sei in ritardo.

PAOLO - C’è nessuno in casa?

GIANNI - Solo Lisetta.

PAOLO - Che sole! Che afa! Che traffico per la strada. Vengo dall’azienda. Ho avuto una mattinata infernale. Questo caldo, poi, mi snerva, mi stanca.

GIANNI - La verità è che fai una vita da forsennato.

PAOLO - Dove vuoi arrivare?

GIANNI - In nessun posto. Faccio una semplice deduzione. Ebbene, che c’è di tanto importante? Al telefono, un’ora fa, m’hai detto che volevi parlarmi d’affari.

PAOLO - Infatti! (Toglie alcuni fogli dalla borsa, glieli porge) Dai un’occhiata. Si tratta di quei terreni d’area fabbri­cabili, vicino alla fabbrica. Vorrei comperarli.

GIANNI - Per che farne?

PAOLO - Per evitare che altri concorrenti se ne impadroniscano. Pura strategia. Un giorno, forse, potrei servirmene per fabbricare nuovi capannoni. Ho bisogno, però, del tuo aiuto, dei tuoi consigli. In questi giorni ho le idee troppo confuse. Tu no. Sei un giovane avvocato. In gamba, dicono. (Scorge la nota vicino al telefono, la prende, la scorre con lo sguardo, scuote il capo) Chissà chi mi ha cercato. Qui è come leggere sopra una pagina bianca. (Chiama a voce alta) Lisetta! Lisetta!

LISETTA - (appare sulla porta) Eccomi, signore! Desidera?

PAOLO - (mostrandole il foglio) Vorrei sapere cosa c’è scritto qui. Leggi!

LISETTA - Subito, signore. (Legge sul foglio che Paolo tiene in mano) “Pesci per la cena di domani. Ci saranno anche le scarpe”.

PAOLO - (con rabbia) Chi mai può aver detto simili banalità?

LISETTA - Un tizio che ha telefonato, e che parla così in fretta da mangiare quasi tutte le parole. Quello che ho segnato è tutto quello che ho capito.

PAOLO - (nervosissimo) Possibile che tu, qui, non impari mai niente? Che tu non sappia fare niente? Cosa facevi al paese? Menavi il can per l’aia?

LISETTA - Nossignore! Fischiavo!

GIANNI - (stupito e divertito) Fischiavi? E a chi?

LISETTA - Io so fischiare in modo da far scendere gli uccelli dai rami e richiamare anche le galline; un intero pollaio.

PAOLO - (brusco) Quand’è così, tornatene al tuo pollaio.

LISETTA - Per ora, col suo permesso, torno in cucina. (Via svelta)

PAOLO - Darei chissà che cosa per sapere chi mi ha cercato, anche per non dover poi rimediare a qualche brutta figura. (S’illumina) Ci sono. Capisco tutto, ora, anche se può sembrare un rebus. Deve aver telefonato l’industriale Pesci per ricordarmi la cena di domani sera. Probabilmente, ci sarà anche Scarpitti. Anche a lui, quei terreni fanno gola.

GIANNI - Un tuo concorrente, allora. Un tuo nemico.

PAOLO - Io non ho nemici.

GIANNI - (ridendo) Tu hai più nemici di quanti pidocchi abbia un porcospino. E adesso, vogliamo andare a pranzo? A stomaco vuoto non riesco a riflettere come dovrei.

PAOLO - Mangiare! Tu non pensi che a questo.

GIANNI - Sono o non sono stato invitato a pranzo?

PAOLO - Certo! E, come al solito, ti abbufferai a dovere. Però potresti prima dare un’occhiata alle mie carte.

GIANNI - Prenditi una vacanza. Riposati! Di che giovamento potresti essere per la tua famiglia, una volta morto di esaurimento?

PAOLO - Ho degli impegni! Dei contratti. Delle ordinazioni!

GIANNI - (ironico) E tutto per fare dell’altro denaro.

PAOLO - Forse! Ma senza questo potrebbero le mie donne condurre una vita così?

GIANNI - E se loro non la desiderassero… una vita così?

PAOLO - Comodità e benessere piacciono a tutti, credimi.

GIANNI - Lo so. Ma ci sono cose che valgono più del denaro.

PAOLO - Per esempio?

GIANNI - Uno slancio di comprensione, di umanità, verso le persone che ci stanno vicine.

PAOLO - Mi stai facendo la morale?

GIANNI - No! Però, se t’interessassi un po’ più alla fami­glia, e un po’ meno agli affari, le cose andrebbero meglio. Non ti pare?

PAOLO - (fissandolo, cupo) Che ne sai, tu? Chi ti ha detto qualcosa?

GIANNI - Nessuno! Ma ti conosco da tanto tempo che ho quasi imparato a leggerti nel pensiero.

PAOLO - (alzando la voce, irritato) Ebbene, sì! Ho avuto un litigio con Patrizia, se è questo che desideri sapere. La causa, è stata mia figlia.

GIANNI - (allarmato) Che ha fatto? Si è messa nei pasticci?

PAOLO - Niente di quello che pensi. Si è solo innamorata e vorrebbe sposarsi presto.

GIANNI - Beh… È tutto normale, mi sembra. O c’è qualco­sa nella faccenda che non va?

PAOLO - (con rabbia repressa male) Lui! Nemmeno lo cono­sco. Non so cosa fa. Come vive.

GIANNI - Avrà un lavoro, suppongo. Qualsiasi. A questo mondo, non tutti possono essere avvocati, industriali, commendatori e via di seguito. Ci sono centinaia e centi­naia di persone che fanno altri svariati lavori, e che sono persone per bene.

PAOLO - Non dico di no, ma vorrei conoscere qualcosa di più di questo mio presunto genero. Ed è per questo che stamane, io e mia moglie, ce ne siamo dette di tutti i colori.

GIANNI - Tu, le avrai dette. Non Patrizia, sempre buona, conciliante e tollerante con tutti.

PAOLO - Non è la santa donna che credevamo. Ci sono in lei, due Patrizie, totalmente diverse, da farmi sentire biga­mo. Patrizia, numero uno, è una signora mite e tranquil­la; Pat, numero due, è pantera. (Perplesso) Quali, delle due, è la vera Patrizia?

GIANNI - Se non lo sai tu! E ora parlami un po’ di quel giova­notto che piace a Loretta.

PAOLO - Non voglio parlarne. Sono sicuro che mia figlia ha preso solo un’infatuazione. Quando questa sarà passa­ta, si lascerà consigliare in meglio, nella scelta.

GIANNI - (pungente) Certo! Certo! Scommetto che tu hai già pronto un marito che fa per lei. Uno del tuo stesso ambiente, magari. Ma non pensi che tua figlia sia stufa d’esser trattata come un’idiota sotto tutela, con tutte le conseguenze che ne derivano, solo perché tu sollevi un sopracciglio?

PAOLO - (con rabbia) A mia figlia, se possibile, voglio dare un avvenire sicuro. Tutto qui! (Lisetta entra portando lettere, buste più grandi, giorna­li, riviste)

GIANNI - (a Lisetta) Bimba! Quando si mangia, in questa casa?

LISETTA - Pazienti ancora un poco. (A Paolo) La posta. (Paolo prende tutto) Deve assolutamente leggerla.

PAOLO - Come ti permetti di darmi degli ordini?

LISETTA - (candida) Ho detto qualcosa che non va? Chiedo scusa. Non faccio che riferire quanto mi aveva detto sua moglie: «Dagli la posta, quando rientra, e fa’ in modo che la legga. Allora lo vedrai saltare come una pulce su un fornello acceso».

PAOLO - (Stupito) Che vai dicendo? Mia… mo… moglie… ti… ti avrebbe detto di… (Apre una lettera, la rigira fra le mano) È la sua calligrafia, non c’è alcun dubbio. (Legge) «Caro Paolo, torno dai miei. Al paese, Loretta ritroverà quell’equilibrio di spirito che le era venuto a mancare. Inoltre, fra tre mesi sarà maggiorenne e potrà sposare il suo ragazzo, col mio consenso. È inutile che tu venga a cercarmi. Le tue crudeli parole di stamane mi hanno profondamente ferita e passerà del tempo prima che io possa dimenticare. Addio, per sempre. Patrizia».

GIANNI - Il signore è servito!

PAOLO - (che non sembra averlo udito, vaga per la stanza come un ebete) Addio… per sempre?! No, no, non può essere vero!

LISETTA - (che esterrefatta aveva ascoltato la lettura della lettera) La bella signora ha preso il volo sul serio? Mi dispiace tanto. (Quasi bellicosa, verso Paolo) A lei, però, ben le sta.

PAOLO - (alzando la voce) Chi diavolo sei, tu, per parlarmi così? Vattene, torna in cucina e bada al pranzo. Perché si mangia anche senza di loro. Hai capito?

LISETTA - (col mento che le trema, nello sforzo di trattenere le lacrime) Sissignore! Si mangia, anche se qui tutto va a ramengo. (Esce)

PAOLO - Hai sentito? M’ha piantato.

GIANNI - Telefonale! Dille tre sole parole: «Sono pentito. Ritorna».

PAOLO - (furente) Mai! Mai! Non cercherò più mia moglie nemmeno fra cent’anni. Ora sono libero e scapolo. (Con una risata stridula e amara) Non soffro, se è questo che tu pensi. Oggi, digerirò la bistecca. Voglio un pasto abbondante. Il passato non c’è più. D’ora in poi voglio darmi ai bagordi, sperperare tutto quello che posseggo, e non far trovare nemmeno il necessario per farmi il fune­rale.

GIANNI - Non credi di essere ingiusto verso di loro?

PAOLO - No! Però voglio togliermi una curiosità, e sentire se veramente Loretta e Patrizia si sono recate da mia suocera. (Va al telefono, compone un numero, resta un attimo in attesa) Pronto!… Sei tu, (maligno) «cara mamma?»… No. Non è successo niente. Ti telefono per sapere come stai… (Ipocrita) Ah, bene. Mi fa tanto piace­re saperti in perfetta salute… Sì, anch’io sono in forma. Ora senti… Le mie donne sono lì da te?… No?! Non le hai proprio viste?… No! Per carità, non è acca­duto niente. (Gradualmente sempre più agitato e confu­so) Ma-siccome-poiché-però sembra che siano partite tre ore fa… Con tutte le disgrazie che succedono nelle strade… No-no… Figurati! Non mi preoccupo. Comun­que… D’accordo, «cara mamma». Ti ritelefonerò più tardi. Saluta papà. (Riattacca, cupo e pensieroso) Hai capito?

GIANNI - Sì. Ho capito che tua moglie e tua figlia non sono andate dove ti hanno scritto.

PAOLO - Si direbbe che… Che sono sparite.

GIANNI - (soprappensiero) Speriamo soltanto che… (E non prosegue)

PAOLO - (ansioso) Co-co… Co-cosa?

GIANNI - (a disagio) Beh… Capirai… Al giorno d’oggi… (e non prosegue)

PAOLO - (irritato) Insomma, Gianni! Non parlare «a rate».

GIANNI - (c.s) Con la tua posizione economica… Sei un industriale… Un «manager» molto in vista… (Una pausa, poi con una certa preoccupazione) E se le avessero seque­strate?

PAOLO - (colpito, impressionato) Se… Se-se… Se-sequestra­te?! (Gianni allarga le braccia e annuisce. Paolo indi­ca la lettera che ha posato sul tavolino) Ma in questa lette­ra (la prende) mia moglie dice… (Legge) «Torno dai miei». Ed evidentemente «con Loretta».

GIANNI - Era la sua intenzione, d’accordo, quando stava per uscire da casa. Ma poi? «Poi?». Chissà da quanto tempo «qualcuno» sorvegliava le abitudini tue e delle due donne. Stamane quel «qualcuno» ha visto la buona occasione e…

PAOLO - (sinceramente disperato) Oh, povero me! (Squil­lo del telefono. Paolo sussulta, spaventato, e guarda l’apparecchio che continua a squillare) Chi sarà?

GIANNI - Magari Patrizia. Dai, rispondi! Perché se non fosse tua moglie, potrebbero essere i sequestratori.

PAOLO - (dopo una certa esitazione, si decide a rispondere) Pronto… Pronto!… Sono sicuro che lei mi ascolta… Pron­to!… Parli, chiunque sia, e qualunque cosa voglia… Parli! (Un momento; poi, tremante, posa lentamente il ricevi­tore e sussurra) Nessuno. Eppure, da quella specie di vuoto che si sente, direi che chi ha composto questo nume­ro (indica l’apparecchio) stava ad ascoltare. (Spaventato) Saranno… «loro»?

GIANNI - (anch’egli impressionato) Forse… sì. Le telefona­te «mute» sono abitualmente le prime che fanno i seque­stratori per impressionare, terrorizzare i parenti. Poi… (e non prosegue)

PAOLO - (sempre più agitato) Smettila con i «poi» senza seguito!

GIANNI - Poi, chissà quando, ti telefoneranno per dirti qual è la cifra del «riscatto».

PAOLO - (terrorizzato) Oh, che disgrazia! Hanno seque­strato mia moglie!

GIANNI - (precisa, timido) …e tua figlia.

PAOLO - (c.s., come se facesse una scoperta) Già! Pure lei! (Crolla a sedere) E io?

GIANNI - Tu… Tu sei qui. Ma non dovrai perdere tempo, e decidere che vuoi fare.

PAOLO - Tu, avvocato, cosa mi consigli?

GIANNI - Molto semplice… Ti consiglio di informare subito la Polizia o i Carabinieri.

PAOLO - Subito no, per carità… Prima spero che… Insom­ma, voglio aspettare il primo «contatto», la prima «mossa» dei sequestratori. Comprendi, Gianni? Ho sempre tempo per mettermi «in piazza» con l’invasione di giornalisti, radio e televisione.

GIANNI - (amaro) Ti preoccupa soprattutto l’Azienda, eh?

PAOLO - «Anche», sì! D’altronde, se mi occorreranno tanti soldi per liberarle, l’Azienda avrà la sua grande impor­tanza.

LISETTA - (entra) Scusino… Nell’entrata c’è una signorina che chiede di essere ricevuta. Gliel’ho detto che lei (indi­ca Paolo), loro (indica tutt’e due), sono molto occupati, ma quella signorina insiste energicamente.

PAOLO - Dille che venga a trovarmi in ufficio, e…

GIANNI - (lo interrompe, afferrandogli un braccio) Un momento! (A Lisetta, sottovoce) Che tipo è quella signo­rina?

LISETTA - (è sorpresa del tono di Gianni, ma lo imita, parlan­do sottovoce) Un bel tipo, ma molto curiosa.

GIANNI - (rivolto a Paolo) Lo immaginavo.

PAOLO - Perché?

GIANNI - Potrebbe essere «la persona» mandata in «osser­vazione» da… da quelli (in dica il telefono, con intenzio­ne) che «non hanno risposto».

LISETTA - Io scommetto che quella signorina è dell’ufficio delle tasse. Eh sì, perché si guarda intorno, come se volesse fotografare ogni cosa. Ha pure detto: «Accipicchia, che casa! Che lusso! Tutta questa roba dev’essere costa­ta un occhio della testa».

GIANNI - (a Paolo, annuendo con intenzione) Senti, senti… Sarà proprio chi sospetto.

PAOLO - (sempre più ansioso, a Lisetta) Fai entrare. (Lisetta annuisce ed esce) Tu, mi raccomando, stammi vicino. E se dico qual­che sciocchezza, fermami.

GIANNI - D’accordo. Ma non agitarti. Anzi dimostrati sere­no, tranquillo. Magari allegro.

PAOLO - Figurati! (A denti stretti) Sono felicissimo, io! Mi metto addirittura a ballare. (Nervosissimo, saltella qua e là mentre)

LISETTA - (entra e lo guarda a bocca aperta) Si-si… Si-signore, ecco la signorina. (Indica alle sue spalle, dove appare Sabina che entra, sorridente. È una simpatica e bella sbarazzina sui vent’anni. Parla spesso a raffica, senza dare agli altri il tempo di rispondere. Porta una grossa borsa a tracolla)

SABINA - Prego di scusarmi se disturbo a quest’ora di colazione. Comunque, salve! Come va?

GIANNI - (che la osserva curioso) Bene. (A Lisetta) Tu puoi andare. (Lisetta annuisce ed esce di malavoglia)

SABINA - (a Gianni) È lei il commendatore Paolo Ferrandi?

GIANNI - No. È lui. (indica Paolo)

PAOLO - (ansioso e confuso) Sì, sì… Il commendatore sono io. (A denti stretti) E ho tanta voglia di ridere! (Ride)

SABINA - (ironica) Si è raccontato una barzelletta che non conosceva?

PAOLO - Sì. Cioè! No. Insomma, lei che cosa desidera?

SABINA - (quasi solenne) Fare felici le sue due donne.

PAOLO - (colpito) Ah!

GIANNI - (a Sabina) Vuole forse parlare con il commenda­tore a quattr’occhi?

SABINA - No, no. Lo non ho soggezione di alcuno. Lei chi è?

GIANNI - Gianni Crivelli, amico di famiglia, e… (indica Paolo) suo avvocato.

SABINA - Meglio! In questi tempi un avvocato al fianco può sempre essere utile. (Si guarda in torno) Tutto bello, qui… Tutto ricco. Di là (indica fuori scena) ho anche ammirato il bagno… Splendido, e grande grande.

PAOLO - (ironico) Sì! Per bagno, io, ho le terme di Cara­calla.

SABINA - Lei, commendatore, è sempre così «arguto» anche con la sua gentile consorte?

PAOLO - (sospettoso) E lei che cosa sa della mia gentile consorte?

SABINA - (solenne) Tutto. (Paolo sta per dire qualcosa, ma Sabina riprende) Certo! La Ditta che mi manda in giro è sempre perfettamente informata. Quindi sono al corren­te che in questa casa c’è pure una bella e giovane signori­na, ovvero sua figlia. (Squilla il telefono. Paolo sussulta e fissa l’apparecchio, timoroso di rispon­dere)

SABINA - (sarcastica, indicando l’apparecchio che continua a squillare) A loro piace questa «musica»? Io preferi­sco il jazz.

PAOLO - (a Gianni) Rispondi tu.

GIANNI - Neanche per sogno! Il telefono è tuo, dunque cercano te.

PAOLO - (rassegnato) Hai ragione. (Al telefono) Pronto… Pronto!… Parlate, diamine! (Dopo un momento) Nessuno. (E posa il ricevitore)

SABINA - (con un certo tono equivoco) Certe volte, queste curiose telefonate di gente che non parla, «dicono più cose» con il silenzio che con mille parole. Lo so, io.

GIANNI - (sorpreso) Lei lo sa? (Sabina annuisce) Come fa a saperlo?

SABINA - (dopo lieve esitazione) In discoteca un ragazzo si era innamorato di me. Però, essendo molto timido, non aveva il coraggio di dirmelo, di dichiararsi. Quindi mi tele­fonava diverse volte al giorno, e anche di notte. Ma rima­neva zitto, quel cretino!

GIANNI - Interessante. Allora che cosa ha fatto, lei, per sape­re chi era che le faceva squillare il telefono?

SABINA - Dubitavo che fosse un ragazzo della discoteca. Perciò ho incaricato alcune amiche di far girare la voce che Sabina… sono io… si era pazzamente innamorata di chi le telefonava rimanendo «muto». Morale! Il saba­to della settimana seguente mi vedo di fronte un bel ragaz­zo, tutto rosso in viso, che rimane un momento incanta­to a guardarmi, e poi sussurra: «Il muto… sono io».

PAOLO - E lei?

SABINA - Gli ho mollato una sberla che gli ha fatto girare la testa dall’altra parte.

PAOLO - (sempre più interessato) E lui?

SABINA - (si stringe nelle spalle e sospira, sorridente) Forse finiremo davanti al parroco. Comprende, commendatore?

PAOLO - Perfettamente. Ma per sapere chi fa squillare il mio telefono non posso mica far girare la voce che Ferran­di… sono io… si è pazzamente innamorato di chi gli tele­fona rimanendo «muto».

SABINA - (ride) Chissà cosa direbbe sua moglie.

GIANNI - Si fa tardi, signorina. Dunque, ci dica gentilmente per quale motivo è venuta in questa casa.

SABINA - Subito. In giro mi manda l’Anonima…

PAOLO - (prosegue tempestivamente, allarmato) «Seque­stri»?

SABINA - Che io sappia, no. Quella per cui lavoro io è l’Anonima «RA.SE.», cioè «RA-punto» «SE-punto», che ha per suo slogan «Giovani a tutte le età», dedicato alle donne. (Con aria delusa) Ma qui, purtroppo, non vedo donne in circolazione.

LISETTA - (entra di slancio) Io! Io sono una donna!

PAOLO - (a Lisetta) Ti ho proibito cento volte di ascoltare dietro le porte.

LISETTA - Abbia pazienza, commendatore.

SABINA - (Afferra il viso di Lisetta e glielo osserva da ogni parte) Si vede subito che lei non ha mai usato una crema per il viso. (A Paolo) Adesso abbia la cortesia di chiamare la sua consorte.

PAOLO - Non è in casa.

SABINA - Possibile? A quest’ora tutte le signore sono in casa.

PAOLO - (seccato) La mia, no!

SABINA - E sua figlia?

PAOLO - Nemmeno.

GIANNI - (interviene, con evidente intenzione) Tuttavia lei, signorina… O meglio l’Anonima «RA.SE.», dovrebbe sapere che la moglie e la figlia del commendatore si sono… diciamo «allontanate». Però… (annusa l’aria) Sento puzza di bruciato.

LISETTA - (sussulta) L’arrosto! (Ed esce di corsa)

SABINA - (indica la propria borsa) Qui ho i prodotti di bellez­za più famosi ed efficaci del mondo. (A Gianni) Almeno lei, avvocato, faccia un regalo alla sua consorte.

GIANNI - Sono scapolo.

SABINA - Alla sua fidanzata.

GIANNI - Non mi sono ancora fidanzato.

SABINA - A sua madre.

GIANNI - (scrolla la testa) Allergica a tutte le creme.

SABINA - (ironica) Ho capito. Peccato, però… Perché le mie creme sono «miracolose». Per esempio, la mamma del presidente dell’Anonima ha usato le creme per un paio di mesi. E adesso… Adesso…

GIANNI e PAOLO - (insieme) «Adesso»?

SABINA - La madre del presidente viene scambiata per la sorella della figlia. La nonna del presidente, invece, viene scambiata per la figlia della nipote. Ma non basta.

PAOLO - (irritato) Invece sì! E si decida a dire ciò che «vera­mente» vuole.

SAIBINA - Credevo che l’avesse… Anzi, che l’avessero capi­to. Tuttavia una cosa è certa: che tornerà! Eccome che tornerà! Ma per adesso… Bai! Bai! (Sorride ed esce)

LISETTA - (s’affaccia alla porta) La tavola è pronta!

GIANNI - (contento, fregandosi le mani) E il vitto sano, abbondante?

PAOLO - (a Gianni) Ma tu pensi solo a mangiare?

GIANNI - «Anche», «anche».

LISETTA - Spero che si accontenteranno di ciò che riuscirò a rimediare.

GIANNI - (preoccupato) Cioè?

LISETTA - Be’… L’arrosto è diventato un pezzo di carbone. E gli spaghetti mi sono scivolati nel lavandino.

GIANNI - (c.s.) Ma… allora?

LISETTA - Tutto sotto controllo! Patatine fritte e bistecche.

GIANNI - Almeno cotte a regola d’arte, eh?

LISETTA - Eccome! Io sono un’«artista» dei fornelli! (esce)

PAOLO - (pensieroso, preoccupato) E mentre tu mi costringi a mettermi a tavola, chissà la fame che soffrono quelle mie povere donne.

GIANNI - Mica vero. Siccome i sequestrati, per i sequestra­tori, sono un valore, un capitale, non li fanno certamen­te morire di fame.

PAOLO - Speriamo. Ma chissà perché, quella «tipa» se n’è andata senza dire la cifra del riscatto? E se fosse davve­ro una propagandista di prodotti di bellezza?

GIANNI - (ironico) Sì, dell’Anonima «RA.SE.», che forse significherà «RApimenti», «SEquestri».

PAOLO - (impressionato) E vero! «RA.SE.», «RApimen­ti», «SEquestri». E quella è stata mandata per valutare, magari alla lira, le mie possibilità.

GIANNI - (annuisce) Ha perfino notato il bagno.

PAOLO - (esita un attimo, poi si agita) Ma io… Sì! Avverto la Polizia! (Si lancia verso il telefono, ma mentre sta per afferrare il ricevitore, l’apparecchio squilla. Paolo sussulta e ritrae la mano, come se fosse stato scottato, e fissa il telefono)

GIANNI - (dopo qualche squillo) Devi rispondere.

PAOLO - (rassegnato, annuisce e risponde al telefono) Pron­to… Pronto!… (Sussulta) Ah, scusi se urlo. Piuttosto mi dica quanto vuole… Nulla?… Ah, ho capito. Glielo dirò. Buongiorno. (Posa il ricevitore) È il dentista che confer­ma l’appuntamento con mia moglie.

LISETTA - (s’affaccia alla porta, mogia mogia. I due la guar­dano con aria interrogativa. Borbotta) Le bistecche… Le bistecche… Non ci sono più.

GIANNI - Dove sono andate a finite?

LISETTA - Nella radio…

GIANNI - (interrompe) Cooosaa?! Le bistecche sono finite nella radio?

LISETTA - No. Ho sentito dire alla radio che le bistecche, messe sul viso, tengono lontano le rughe.

GIANNI - E allora?

LISETTA - Avevo dimenticato che io, con quelle bistecche, ho fatto «la cura di bellezza» (indica il proprio viso)

GIANNI e PAOLO - (si lanciano verso Lisetta, che scompare, e le urlano dietro) Cose da pazzi! Sei diventata scema? (Mentre il sipario si chiude)

SIPARIO

ATTO SECONDO

Il giorno dopo gli avvenimenti del primo atto. Sono circa le otto del mattino. All’apertura del sipario, in scena c’è sola­mente Paolo che, seduto sopra una poltrona o col capo appoggiato al tavolo, dorme profondamente.

LISETTA - (entra con cautela, s’avvicina a Paolo e lo chiama) Commendatore… Commendatore…

PAOLO - (sussulta e apre gli occhi) Chi è? Cosa c’è?

LISETTA - Questa notte non è andato a dormire nel suo letto. Stia attento alla salute.

PAOLO - (balza in piedi, irritato) La salute è mia!

LISETTA - Ha ragione. Ma per calmarsi prenda almeno un caffè.

PAOLO - (sarcastico) Sarebbe la prima volta che un caffè produce effetto calmante.

LISETTA - Dalla finestra ho visto arrivare la macchina dell’av­vocato. Ho già premuto il pulsante per aprirgli la porta.

GIANNI - (entra) Ehi! Adesso lasciate le porte aperte?

PAOLO - L’ha aperta lei (indica Lisetta) quando ti ha visto.

GIANNI - (a Paolo) È arrivata la telefonata con la richiesta del…? Tu mi capisci, vero?

PAOLO - Ti capisco, ma dopo una ventina di telefonate «mute» di ieri, l’ultima intorno alla mezzanotte… quello (indica il telefono) non ha più squillato. Vero, Lisetta?

LISETTA -Verissimo.

PAOLO - Piuttosto… (Estrae di tasca un foglietto e lo dà a Gianni) Guarda questo. L’ho trovato stamane, frugando nelle tasche della vestaglia di mia moglie. Leggilo.

GIANNI - (legge sul foglietto) «Mez - vit - mo - sa - det». Non c’è dubbio che è scritto in «codice».

LISETTA - Ma no! (Indica il foglietto) È solamente la lista della spesa che la signora ha scritto per me. (A Gianni) Mi dica cosa c’è scritto.

GIANNI - (consultando il foglietto) «Mez - vit».

LISETTA - «Mezzo chilo vitello».

GIANNI - «Mo - sa».

LISETTA - «Mostarda e salsiccia».

GIANNI - «Det».

LISETTA - «Detersivo». (Ironica) Dopo aver decifrato il «codice», posso andare?

PAOLO - Vai, vai. (Lisetta scrolla le spalle, ed esce mentre Gianni posa il foglietto sul tavolo) La faccenda si complica.

GIANNI - Comunque si faranno vivi presto per sparare.

PAOLO - (terrorizzato) Spararmi?!

GIANNI - Per modo di dire, ovvero per comunicarti «brutal­mente» qual è la cifra del riscatto di tua moglie e di tua figlia.

PAOLO - Però tu puoi aiutarmi.

GIANNI - Come amico, o come avvocato?

PAOLO - Come uno e l’altro. Vedi… Stanotte ho telefonato diverse volte ai miei suoceri.

GIANNI - (sarcastico) Chissà quanto saranno stati contenti…

PAOLO - Una cosa è certa: quella che sino alle cinque di questa mattina non le hanno viste. (Sospira) E c’è un altro guaio.

GIANNI - Quale?

PAOLO - Fra poco arriva qui mia suocera, allarmata dalle mie telefonate.

GIANNI - Ebbene… In certe circostanze fa piacere avere accanto qualcuno della famiglia.

PAOLO - Quando l’avrai conosciuta cambierai opinione. È una specie di «Rambo», testarda come un mulo. Per giun­ta ha una grande passione per i «gialli», e si immagina di essere una «Maigret-Derrick», più tutti gli altri ispettori del cinema e della televisione. Per questo conto su di te.

GIANNI - Cosa dovrei fare?

PAOLO - Aiutarmi a tenerla tranquilla.

GIANNI - Farò il possibile, anche se lei potrebbe dirmi di pensare agli affari miei.

PAOLO - Parliamoci chiaro, Gianni. Io, anche dopo quelle misteriose telefonate «mute», e quella magari «finta» propagandista di creme, spero che mia moglie e mia figlia abbiano solamente fatto un «colpo di testa». Un capric­cio, insomma, e che presto tornino a casa.

GIANNI - Temo che tu sia un illuso.

PAOLO - Invece no! Secondo me, visto che non sono dai miei suoceri, saranno in un albergo. E guarda… (Since­ro) Se tornassero entro oggi, o domani, perdonerei tutto, proprio tutto. Ma devono assolutamente ritornare «entro domani mattina».

GIANNI - (sorpreso) Perché? Cosa succede domani «pome­riggio»?

PAOLO - (emozionato) Avremo una visita «straordinaria». Arrivano i Cavalli.

GIANNI - (ironico) Per correre il Derby?

PAOLO - Non scherzare. Cavalli è il cognome dell’indu­striale che potrebbe essermi utile per fare tanti buoni affa­ri. E verrà qui con suo figlio, quello che vorrei per genero.

GIANNI - L’avevo sospettato che tu avevi già pronto un mari­to per Loretta.

PAOLO - Capirai… Se mia figlia sposa il figlio di Cavalli, di due industrie ne facciamo una sola, tanto forte e poten­te da far tremare tutta l’Europa!

GIANNI - (sarcastico) Mentre tua figlia «tremerà» con un marito che non le piace, eh? Vergognati! (Squillo di campanello esterno)

PAOLO - (sussulta) E mia suocera!

LISETTA - (dall’esterno) Vado ad aprire!

PAOLO - (ansioso) Stammi vicino.

GIANNI - (ironico) Come se dovesse arrivare una… «belva»!

ANNA - (entra energicamente, seguita da Lisetta. È una signora sessantenne, ma giovanile, decisa, simpatica, anche se appare sempre sospettosa, misteriosa) Siamo tutti qui?

PAOLO - (mentre le si fa incontro, per abbracciarla) Purtrop­po sì. (La abbraccia. Ipocrita, fra i denti) Grazie d’essere venuta.

ANNA - (guarda Lisetta da capo a piedi, scrupolosamente) E questa da dove viene? Chi è?

PAOLO - La nuova «Colf».

ANNA - (a Lisetta) E, oltre la «Colf», che cosa fa?

LISETTA - (confusa) Fi-fi… Fi-fischio.

ANNA - (maligna) Bel lavoro! Vada. (Lisetta s’avvia per uscire) Ma non ad ascoltare dietro la porta! (Lisetta, confusa, annuisce ed esce)

ANNA - Questa «Colf» deve avere un «nasino» che… (S’interrompe, perché nota la presenza di Gianni. Quin­di lo osserva dalla testa ai piedi) E lei chi è? Perché è qui? Cosa vuole?

GIANNI - (sorride) Accipicchia, signora! Lei è fatta di domande, più di un avvocato. Però le rispondo. Sono un amico di casa.

PAOLO - …e legale della mia Azienda. (Presentando l’uno all’altra) L’avvocato Gianni Crivelli… La signora Anna Olivieri, mia suocera.

ANNA - (stringendo la mano che Gianni le porge) Ah! Mi piacciono, gli avvocati. Perry Mason, poi… ne vado matta!

PAOLO - Siediti. Sarai stanca.

ANNA - Io? Mai! Siedi tu, piuttosto, e fai il possibile di rimanere calmo, poiché la situazione è grave. Gravis­sima.

PAOLO - Eh sì… Patrizia e Loretta sono «sparite» da quasi ventiquattro ore… Per giunta è da ieri che arrivano certe telefonate…

ANNA - Che ti dicono?

PAOLO - Niente. Evidentemente vogliono spaventarmi, sner­varmi.

GIANNI - In breve, signora, suo genero e io sospettiamo un sequestro.

PAOLO - E da un momento all’altro potrebbe arrivare la richiesta del riscatto. Io, ovviamente, sono pronto a farmi anche dei debiti per…

ANNA - (interrompe) Stop! Siediti! Stai zitto! Rispondi alle mie domande.

PAOLO - (siede, ironico) Sarebbe la prima volta, in vita mia, che rispondo stando zitto…

ANNA - (siede di fronte a Paolo) Esaminiamo gli avvenimen­ti, come fa Nero Wolf. Chi è al corrente?

GIANNI - (interviene, gentilmente) Solo io, signora. Oltre la «colf», che probabilmente ha capito ogni cosa.

ANNA - Vediamo un po’… Patrizia potrebbe essere andata all’estero?

PAOLO - (sorpreso) Perché?

ANNA - Non so, ma oggigiorno la gente è così matta… Anche i nostri figli, sì! Quindi non mi stupirei se mia figlia e mia nipote fossero partite per… per la Luna! Avvoca­to, sieda anche lei.

GIANNI - (sorride) La Legge, gentile signora, è sempre in piedi.

ANNA - (ironica) Ecco per quale motivo, in certi casi, appa­re… stanca. Ma… Un momento! (Rivolta a Paolo) Patri­zia non sarà mica… diciamo «sparita», perché tu vuoi che Loretta sposi quel giovanotto che non le piace?

PAOLO - (imbarazzato) Oh, insomma… In fin dei conti io penso appena al…

ANNA - (interrompe) Pensa invece a quando sei venuto a chiedermi la mano di Patrizia. Eri proprietario di una «fabbrichetta» da quattro soldi, mentre noi, al tuo confronto, eravamo dei «molto benestanti». Chiaro? (Paolo annuisce) Ma senza la minima esitazione ti abbia­mo detto: «Sposala, e siate felici». Eppure, caro mio, mi eri antipatico.

PAOLO - Grazie! (Si alza in piedi)

ANNA - Oh, non offenderti. E mettiti al passo con i tempi. Pensa che una Regina può sposare il Re… della gelatina o della carne in scatola. E pochissimi si scandalizzano. (Si alza in piedi e si rivolge a Gianni) Comunque, avvo­cato, lei è testimone di quanto dico a «questo bel tipo» di mio genero. (Solenne, a Paolo) Se a mia figlia e a mia nipote dovesse accadere qualcosa, ti considero l’unico responsabile.

PAOLO - (impressionato) Responsabile, io?! (Anna annui­sce) Di che?

ANNA - Della loro morte, tanto per farti un esempio.

PAOLO - (c.s) E pe-pe… Pe-perché dovrebbero morire?

ANNA - (sprezzante) Disinformato! Basta leggere i libri che leggo io, vedere i film e i telefilm che guardo io, e poi… Pensa che un ispettore americano, in un «giallo», benché fosse convinto dell’innocenza di un uomo accu­sato d’avere ucciso la moglie, non è riuscito a provarla.

PAOLO - E co-co… Co-come è finito?

ANNA - Sulla sedia elettrica.

PAOLO - (implora) Ma la mia situazione è diversa.

GIANNI - Puoi provarlo?

PAOLO - Eccome! Tu testimonierai la verità, cioè che io, ieri alle dodici e trenta ero qui con te, e che non sapevo ancora nulla della scomparsa di mia moglie e di mia figlia.

GIANNI - Mi spiace, Paolo, ma appena si saprà che io, oltre che tuo amico, sono pure il legale della tua Azienda, la mia testimonianza non avrà alcun valore.

PAOLO - (sempre più agitato) Lisetta! La «colf» dovrà dire a quale ora sono rientrato.

GIANNI - (scrolla la testa) Neppure lei, perché dubiteran­no che l’hai «istruita» tu.

PAOLO - (ad Anna) Tu! Tu non potrai negare che da ieri dopo pranzo, e anche per tutta la notte sino a stamane, ho cercato Patrizia e Loretta.

ANNA - Non lo negherei. Ma chi potrebbe giurare che tu non abbia fatto «la commedia» per crearti un alibi?

PAOLO - (sbotta) È il colmo! (squilla il telefono. Paolo sussulta ed esita a rispondere)

GIANNI - (indica l’apparecchio) Dai! Non puoi «nascon­derti».

PAOLO - (al telefono) Pronto… Pronto!… Sono pronto a pagare tutto quanto posso! Ma parlate, per favore! (Un momento. Poi posa il ricevitore) Niente, come al solito.

GIANNI - Adesso, al tuo posto, io non perderei altro tempo e denuncerei la scomparsa delle due donne alla Polizia o ai Carabinieri.

ANNA - No, avvocato! Su questo non sono d’accordo.

PAOLO - Per oggi neppure io. Altrimenti, domani, alla tele­visione, alla radio, e… (inorridito) sui giornali… (Come se leggesse veramente ciò che dice) «Due donne misterio­samente scomparse. Sono la moglie e la figlia dell’indu­striale Paolo Ferrandi».

ANNA - (continua con il medesimo tono di Paolo) E sotto: «Sequestro o delitto? Paolo Ferrandi è coinvolto nel fattaccio?» (Paolo, spaventatissimo, si copre gli occhi con le mani)

GIANNI - Io ti vedo in Corte d’Assise. (Si comporta con la dovuta solennità) «La parola al Pubblico Ministero». E lui: (Solenne, impettito) «Signori delle Corte, signori Giurati, i fatti che l’accusa ha ampiamente provato circa le intenzioni criminali dell’imputato (indica Paolo, che si rannicchia, si fa piccolo) mi suggeriscono di chiedere per questo essere spregevole il massimo della pena».

ANNA - (prosegue col tono solenne di un Giudice, facendo il più possibile una voce maschile) «Questa Corte, spia­cente che non esista più la pena di morte, si limita a condannare l’industriale Paolo Ferrandi all’ergastolo».

GIANNI - (indica Paolo) Ergastolo!

PAOLO - (disperato, ripete meccanicamente) Ergastolo! (Si scuote, cambia tono) Un corno! Per fortuna viviamo in un Paese civile e certi errori non dovrebbero capitare. Voi due, però, invece di buttare benzina sul fuoco, dovre­ste aiutarmi.

ANNA - Per darti valido aiuto ci vorrebbe uno di quei «detec­tive» privati americani.

PAOLO - (ansioso) D’accordo, ma… dove lo trovo?

ANNA - Beh… (Decisa) Di me ti fidi?

PAOLO - Tu leggi troppa roba «gialla».

ANNA - Appunto. Mi sono fatta un’esperienza, imparando la tecnica e le astuzie dei più grandi «detective». Insom­ma, Paolo… Mettimi alla prova, e chissà che oggi stesso non ti salvi dal pasticcio.

PAOLO - (implora) Anna, per favore… Quello che tu chiami «pasticcio», per me è una cosa seria.

ANNA - E tu, al posto del cervello, hai semi di zucca? Il grande Maigret, per esempio, consiglia: «Non perdete tempo. Se non avete una traccia, fabbricatevela. Cercate delle situazioni per cui coloro che stanno tentando di nascondere qualcosa si spaventino e facciano un passo falso». Giustissimo! Esco immediatamente e mi metto in azione!

PAOLO - (rassegnato) Se qui ci fossero novità, dove posso trovarti?

ANNA - Nessuno può trovarmi! Nemmeno io. Cioè… Ti informerò tempestivamente di tutti gli sviluppi delle mie indagini.

GIANNI - Buona fortuna, signora.

ANNA - Ne ho bisogno. Arrivederci! (S’impettisce ed esce, altera e dignitosa)

PAOLO - Cosa ne pensi di… «quella»? (Indica la parte dove è uscita Anna)

GIANNI - È una donna in gamba, energica e… perché no, simpatica.

PAOLO - È una pazza! (Squilla il telefono. Sussulta. Si guarda intorno, smarrito)

GIANNI - Devi rispondere.

PAOLO - Sì, ma… (Maligno) Questa volta, con piacere! (Afferra il ricevitore e gli urla dentro) Delinquente, fara­butto, idiota! Parla! (Rimane ammutolito ad ascolta­re, quindi balbetta) No, no… Ha sbagliato numero. (E posa il ricevitore con aria disorientata)

GIANNI - Mi pare che, finalmente, qualcuno abbia parlato.

PAOLO - (disperato) Ho dato del delinquente, del farabutto e dell’idiota al (indica l’apparecchio telefonico) direttore della Banca che dovrebbe concedermi un importante finanziamento. Quando si è qualificato gli ho detto che ha sbagliato numero. (Squillo del telefono) È lui che ha rifatto il numero. (Al telefono) Pronto… Pronto!… Sono Paolo Ferrandi e vi invito a dire qualcosa… (Borbotta) Macché. (Posa il ricevitore) Adesso erano «gli altri».

LISETTA - (entra precipitosamente, portando un telegram­ma che porge a Paolo) Un te-te… Te-telegramma arriva­to un attimo fa.

PAOLO - (glielo strappa di mano) Sono loro! (Mentre apre il telegramma) Chiederanno pietà, vedrai! (Legge il tele­gramma, poi cade a sedere con aria afflitta, Sconcertato)

GIANNI - (gli prende il telegramma e legge) «Anche se paghe­rai tutto quello che vogliono non ci vedrai più. Stop. Andremo lontano lontano. Stop. Patrizia e Loretta».

LISETTA - (disperata) Che disgrazia! Che tragedia! A casa mia, in campagna, dove siamo gente semplice, e magari un po’ ignorante, ma ci vogliamo un bene dell’a­nima, queste robe non succedono. (Esce, borbottando verso Paolo) Brutta razza, i commendatori.

SABINA - (appare sulla soglia della porta) Scusino, ma ho trovato tutte le porte aperte, e…

PAOLO - (interrompe irritato, balzando in piedi) Quella stupi­da, agitata dal telegramma, ha lasciato le porte aperte.

SABINA - Le ho chiuse io. (Sorridente, come sempre) Allo­ra? Posso parlare con la sua gentile consorte?

PAOLO - Non è in casa.

SABINA - Neppure oggi? (Paolo allarga le braccia e annui­sce) Ma lei non la lascia andare troppo in giro? Non la lascia troppo tempo sola?

PAOLO - (seccato, rifacendo il verso a Sabina) E lei, non pensa mai agli affari suoi?

SABLNA - Sempre. Infatti, tra i miei affari, c’è anche quello di trovare in casa le signore e le signorine che hanno asso­luto bisogno delle mie creme.

GIANNI - La signorina ha ragione.

PAOLO - (indispettito) Anche tu? Volete farmi impazzire?

SABINA - No, per carità! (Sorride) Altrimenti chi le paga le creme di moglie e figlia? Lei è troppo agitato. Rischia il fegato, eccetera eccetera. Ebbene, io potrei consigliar­le un decotto d’erbe «miracolose», che rimette tutto a nuovo. Lo beve anche mio nonno.

PAOLO - Continui a darlo a lui!

GIANNI - Invece sentiamo com’è questo decotto «miracolo­so». Del resto le cure con le erbe sono ormai considerate anche dalla medicina ufficiale. (A Sabina) Dica, signorina.

SABINA - Foglie di menta, lauro, basilico, prezzemolo, salvia; uno spicchio d’aglio e un quarto di cipolla. Il tutto pestato in tre dita d’olio d’oliva. Dopo una settimana, tutte le mattine, se ne prende un cucchiaino a digiuno. Ebbene, dopo appena tre giorni (rivolta a Paolo) lei si sentirà pieno d’energia, con vent’anni di meno. Pensi che mio nonno, al paese, lo dà anche ai maiali.

PAOLO - (ironico) Grazie! (Gianni ride) C’è da piangere, altro che da ridere!

SABINA - La signora, allora, quando potrò incontrarla?

PAOLO - Non lo so!

SABINA - Se ripasso nel pomeriggio, la trovo?

PAOLO - No!

SABINA - Domattina?

PAOLO - Neppure.

SABINA - Lei non avrà mica una moglie… fantasma?

PAOLO - Peggio!

SABINA - (a Gianni) Lei, che trovo sempre qui, può darmi un consiglio?

GIANNI - Beh… La signora, forse, non ci sarà per qualche giorno. È andata… andata… È andata a trovare la mamma.

SABINA - Evviva! Mi diano l’indirizzo della mamma, così vado a trovarle tutt’e tre insieme.

PAOLO - (sbotta) Noooo! (Minaccioso) Piuttosto, signo­rina, stia bene attenta a quanto le dico.

SABINA - Sono a bocca aperta.

PAOLO - (con intenzione) Se lei non è magari una «inviata» di chi sospettiamo io e il mio avvocato, sa che le dico?

SABINA - (sorridente, infantile) Io sono sempre una «invia­ta delle creme», e purtroppo non so che cosa mi dirà.

PAOLO - Le dico… (Urla) Via! Vada via! Se no la stroz­zo! (Ed esce agitatissimo, seguito da Gianni)

GIANNI - (uscendo) Calmati, Paolo! Calmati.

SABINA - (sorride arguta) La Sabina (indica se stessa) altro che far girare la testa agli uomini! Quello (indica la parte dove è uscito Paolo, seguito da Gianni) è addirittura impazzito! (Strizza l’occhio al pubblico ed esce, mentre il sipario si chiude)

SIPARIO

ATTO TERZO

Mattino presto del giorno seguente gli avvenimenti del secondo atto. Lisetta, in ginocchio vicino a qualche mobile, sta racco­gliendo pezzetti di carta per terra. Un attimo dopo, furti­va, entra Anna, immersa nella lettura di un libro giallo.

ANNA - (solleva lo sguardo dal libro, vede Lisetta e le si avvi­cina in punta di piedi, quindi urla) Ti ho presa! (Da sotto il libro estrae rapidamente una rivoltella) Mani in alto!

LISETTA - (sussulta, poi si alza con espressione atterrita. Si gira lentamente, tenendo le mani all’altezza della testa. Balbetta) Oh, povera me! È diventata matta anche questa.

ANNA - (ride) Ma cosa fa in quella posizione? Ho fatto per finta.

LISETTA - (sempre tenendo le mani alzate, con movimenti della testa indica la rivoltella) Sì, ma quella… non è finta.

ANNA - Dice bene. Io l’ho trovata nel cassetto del cruscotto dell’auto di mio genero. Lei non l’aveva mai vista in giro per casa?

LISETTA - (c.s) Ma-ma… Ma-mai.

ANNA - Giù le mani! (Lisetta abbassa le mani) La metto in questo cassetto. (Ripone la rivoltella nel cassetto di un mobile in scena)

LISETTA - Però mi ha spaventata, eccome! Tremo ancora come un tacchino quando fa la ruota. Ma lei legge sempre quella roba (indica il libro «giallo») anche la mattina presto?

ANNA - Mattina-pomeriggio-sera-notte I «gialli» rilassa­no, distendono i nervi. A lei non piacciono?

LISETTA - (scrolla il capo) Ci sono troppi morti.

ANNA - (ironica) Brava, furba! È dei vivi che deve avere paura. Soprattutto di quelli che si agitano continuamen­te. (Attimo di pausa) Comunque… Ha sorvegliato, ieri sera?

LISETTA - Sì, signora. Come mi ha ordinato, ho spiato tutti i movimenti del commendatore, suo genero. Ebbene, lui ha bevuto diversi bicchierini di whisky… Poi l’amico avvocato gli ha messo la testa dentro il lavandino pieno d’acqua fredda… Ma visto che, appena tirava la testa fuori dall’acqua, il commendatore riprendeva a lamen­tarsi come un bambino che ha mal di pancia, l’avvocato l’ha portato fuori a fare una passeggiata.

ANNA - Speriamo che l’aria fresca gli abbia schiarito le idee. (Fa una carezza al viso di Lisetta) Grazie, Lisetta! Ritor­ni pure in cucina.

LISETTA - (annuisce) E se ha di nuovo bisogno di me… fischi! (Esce)

ANNA - (si accerta a tutte le porte che nessuno stia arrivan­do, poi va al telefono e compone un numero. Sottovoce) Pronto, sono io… Tutto bene, sì… Non muoverti… Basta così, perché non voglio correre il rischio che mi vedano telefonare. (Posa il ricevitore, siede ed apre il libro)

GIANNI - (entra, tenendo in mano un giornale che posa sul tavolo) Buongiorno, signora.

ANNA - Oh, buongiorno, avvocato. (Maligna) Lei ha le chia­vi di casa?

GIANNI - No, ma Lisetta mi ha visto dalla finestra e si è preci­pitata ad aprire. Lei ha già fatto colazione?

ANNA - Sì, e abbondante! Mio genero non l’ho ancora visto.

GIANNI - Ieri sera sono riuscito, con molta fatica, a farlo andare a letto verso l’una. Stamane mi ha già telefonato, per dirmi che non c’è nulla di nuovo e che avrà dormito solamente un’ora, soprattutto per smaltire il whisky bevuto contro i dispiaceri.

ANNA - (dispettosa) Sono contenta che non abbia dormito bene.

GIANNI - (ironico) Si direbbe, signora, che lei non provi molto affetto per Paolo, anche se è il marito di sua figlia.

ANNA - L’affetto, caro avvocato, è una cosa… La stima è un’altra. Io, infatti, lo stimo poco.

GIANNI - Perché?

ANNA - Oh, senza dubbio è un manager in gamba. Però è un mediocre marito e padre. E per me, che sono la mamma della moglie, la parte mediocre di Paolo è molto più importante della parte «in gamba». Mi comprende, avvocato?

GIANNI - Certamente.

ANNA - (maliziosa) Comunque, finalmente, direi che il «Commendator Paolo Ferrandi» ha trovato «qualcuno» che lo metterà a posto. E per sempre!

GIANNI - Non la preoccupa il pensiero che Patrizia e Loret­ta siano in pericolo?

ANNA - Vedremo! Lei, piuttosto, mi dica… Da quale parte sta? Posso considerarla un amico, o un nemico?

GIANNI - Mi consideri un asino che si è lasciato mettere in questo pasticcio.

PAOLO - (entra. Ha l’aria stanca e mogia) Buongiorno a tutt’e due.

GIANNI e ANNA - Ciao.

ANNA - (ironica, a Paolo) Hai dormito bene?

PAOLO - (scrolla le spalle) Beu! (Sospira) Ah, se potessi mettere fine a questa faccenda entro la mattina! Potessi averle entrambe qui almeno oggi pomeriggio…

ANNA - Perché proprio «oggi pomeriggio»?

PAOLO - Perché verranno i Cavalli, padre e figlio. E dovrò inventare qualche storia, per giustificare l’assenza di Patri­zia, e soprattutto di Loretta.

ANNA - (sarcastica) E magari dovrai «rimangiarti» la paro­la data. (Paolo allarga le braccia e annuisce) Stupido!

PAOLO - (sussulta) No, eh? Dimmi qualunque cosa, ma non insultarmi!

ANNA - Sissignore! Stupido-stupido-stupido! Perché hai ancora la spudoratezza di pensare d’affibbiare a tua figlia quel «bamboccio», invece di agitarti per ritrovare lei e tua moglie. Invece sei solo preoccupato di combinare un buon affare con un «accoppiamento» all’antica. Ma siamo nell’anno duemila, caro mio!

PAOLO - E tu? Tu, poliziotta da strapazzo, che cosa hai fatto? Che cosa hai scoperto?

ANNA - (si precipita ad estrarre la rivoltella dal cassetto e la fa vedere a Paolo, il quale, spaventato, fa un balzo indietro) Questa! La conosci? E tua?

PAOLO - (annuisce) Con regolare porto d’armi. Però stai attenta ché è carica. Potrebbe partire un colpo, ferirmi, o… uccidermi. (Con molta cautela gliela prende, e la ripo­ne nel solito cassetto, dicendo) Mi spiacerebbe, perché di me ce n’è uno solo.

ANNA - (maligna) Uno di troppo!

GIANNI - Non sapevo che tu avessi una rivoltella.

PAOLO - L’ho comprata, approvato da Patrizia, da quando abitiamo in questa villa piuttosto isolata, alla periferia della città.

ANNA - (minacciosa) Oppure l’hai usata per… Confessa! Dove l’hai nascosto il cadavere di tua moglie?

PAOLO - (ironico) E quello di mia figlia? L’avrei vendu­to? (Squilla il telefono. Anna si lancia verso l’apparecchio, e fa l’atto di afferra­re il ricevitore. Paolo posa tempestivamente, ed energicamente, una mano sopra quella di Anna, per impedirle di afferrare e sollevare il ricevitore) Perché vuoi rispondere tu?

ANNA - (evasiva) Così… Per collaborare.

PAOLO - Grazie, ma faccio da solo. (Anna, rassegnata, si allontana. Paolo prende il ricevitore) Pronto… Sento, sì… No. Qui non è il Bar Sport. Qui è il manicomio! (E posa bruscamente il ricevitore. Ad Anna) Non esci, stamane?

ANNA - Penso, medito…

PAOLO - (ironico) Ma tuo marito, al paese, non si sente solo?

ANNA - Anzi! Quando manco da casa tutto il giorno, è contento.

PAOLO - (c.s) L’avrei giurato!

ANNA -(dispettosa) Non per ciò che credi tu! Solo perché può andare a giocare alle carte o alle bocce anche la mattina.

GIANNI - (che si era isolato, sfogliando il giornale posato sul tavolo, sussulta e indica un articolo) Accidenti!

ANNA - (gli toglie bruscamente il giornale da sotto gli occhi) Cos’è accaduto? (Legge, allibisce) È orribile! Tremen­do. (Legge) «Un rapido ha deragliato stanotte nei pressi di…». (Impressionata solleva gli occhi e dice) A una deci­na di chilometri da qui. (Riprende a leggere) «Non si cono­scono ancora le cause del disastro ferroviario. Il bilancio attuale delle vittime è di quattro morti e una cinquantina di feriti. Due donne, che si presumono madre e figlia, sono state ricoverate al Centro Grandi Ustionati».

PAOLO - (sinceramente disperato) Potrebbero essere loro!

GIANNI - Non perdiamo la testa. Nulla fa sospettare che quel­la madre e figlia siano proprio Patrizia e Loretta.

PAOLO - (agitatissimo) Invece è tutto chiaro! I sequestratori, magari per paura dei blocchi stradali nel caso che io avessi denunciato il rapimento, facevano viaggiare Patri­zia e Loretta in un treno. Certamente con una rivoltella puntata ai fianchi, per evitare la loro reazione. Poi, chis­sà dove, le avrebbero fatte scendere dal convoglio, salire sopra una macchina, e… (Deciso) Vado subito al Centro Grandi Ustionati. (A Gianni) Tu mi accompagni, vero? (Gianni, annuisce. Ad Anna) Tu stai qui, per rispondere a eventuali telefonate di Polizia o Carabinieri. Chiaro?

ANNA - Sì, ma… (Affettuosa) Paolo…

PAOLO - Dimmi, svelta!

ANNA - Fai una promessa.

PAOLO - Quale?

ANNA - Prometti che se Loretta vivrà potrà sposare libera­mente il giovane di cui è innamorata.

PAOLO - (dopo un momento di esitazione, sincero) Sta bene! Lo prometto. Vado a tirare fuori la macchina dal box. (Esce)

GIANNI - Signora… (e non prosegue)

ANNA - Sììì?

GIANNI - La sua indifferenza alla notizia che figlia e nipote potrebbero essere state ricoverate in brutte condizioni… Direi che lei gioca d’astuzia.

ANNA - (guarda un momento Gianni, poi accenna un sorri­so) Gli avvocati, come si dice, ne sanno proprio una più del diavolo.

GIANNI - (sorride) Comunque non vorrei che trascinasse Paolo in acque troppo profonde.

ANNA - (sorride) Stia tranquillo, avvocato. Al momento giusto gli getterò un… «salvagente». Vada, avvocato.

GIANNI - (annuisce, sorridendo) Per fortuna a fare un viag­gio inutile. (Esce)

ANNA - (si accerta che Gianni sia ormai lontano, poi va al telefono e compone un numero. Sottovoce) Pronto, sei tu, Matteo?… Ritorno presto, sì… Ti spiegherò poi tutto a voce. Ciao! (Posa il ricevitore)

LISETTA - (entra) Signora… Il commendatore e l’avvocato sono appena partiti, quando sono arrivati i signori Cavalli.

ANNA - (sarcastica) Va be’… Immaginiamo d’essere all’ip­podromo e… avanti i Cavalli! Sono almeno da corsa?

LISETTA - Mah! Il giovane deve essere quello con l’aria un po’… come dire… «ritardata», ma piena di soldi, che il commendatore avrebbe scelto per Loretta.

ANNA - E quello che certamente è il padre?

LISETTA - Un tipo come quelli che sono passati dalla campa­gna alla città, buttandosi nell’industria.

ANNA - Avevo capito che i Cavalli venivano nel pomeriggio. (Arguta) Ma direi che sono arrivati proprio al momento giusto. Faccia entrare.

LISETTA - (esce, per riapparire dopo un attimo, annunciando con voce tonante e ironica) Il signor Cavalli, con il «cavallino»

CAVALLI - (il padre, entra trascinando e tenendo per mano Amleto, il figlio. Cavalli è un tipo pacchiano che ha da poco superato la quarantina, indossa un abito vistoso, parla, gesticola e afferra bruscamente una mano di Anna, per stringergliela energicamente) Lei è la mamma?

ANNA - No. Sono la nonna.

CAVALLI - Molto piacere di conoscerla! (Si rivolge ad Amleto) Saluta, Tino!

AMLETO - (giovane sui vent’anni, impacciato, goffo, con l’aria un po’ ebete, tiene fra le mani un mazzo di fiori che passa continuamente come per giocare da una mano all’altra. Spronato dal padre, si rivolge ad Anna) Buongiorno. (Poi indica Lisetta, la quale curiosa e divertita s’è fermata sulla soglia della porta a guardare) È questa la signorina che devo sposare?

CAVALLI - No, bambino! Questa è la serva.

LISETTA - (risentita) «Colf», prego

CAVALLI - Che è come dire «serva» in «maiuscolo». (Ride della sua spiritosaggine)

ANNA - (a Lisetta) Lei può andare.

LISETTA - Si, signora. (Esce)

AMLETO - (a Cavalli impacciato, indicando i fiori) A chi devo darlo, questo mazzo di fiori?

CAVALLI - Glielo darai alla signorina appena la vedrai.

ANNA - Già, vero? Perché questo (indica Amleto) sa­rebbe...?

CAVALLI - (Con orgoglio) Il futuro sposo di Loretta Ferrandi. Ma lei, signora… Non immaginavodi incontrare una nonna così giovane e «pimpante».

ANNA - La ringrazio del complimento.

CAVALLI - Tino, abbraccia la nonna.

AMLETO - (sussulta come se si svegliasse scaraventa il mazzo di fiori sopra una sedia e fa l’atto di abbracciare Anna, la quale fa un balzo indietro così Amleto compie un abbraccio a vuoto, urlando) Viva la nonna! Posso baciarti?

ANNA - Non adesso… (Ironica) «piccolo». Piuttosto, s’accomodino. (Cavalli e Amleto siedono l’uno accanto all’altro)

CAVALLI - Che cosa ne pensa, signora, del mio bambino? Le piace?

ANNA - (sarcastica) Oh, sì… Con lui la vita di Loretta sarà un continuo, eterno bicchiere di latte. È bene educato, forse in un collegio svizzero molto severo. (Cavalli annui­sce energicamente) Scommetto che le chiede il permesso anche per soffiarsi il naso. (Fa l’atto di sedere sulla sedia dove Amleto ha gettato il mazzo di fiori. Amleto lancia un urlo di raccapriccio. Anna sussulta e rimane piegata a metà) Cos’è accaduto?

AMLETO - (indica) I miei fiori.

ANNA - (dà il mazzo ad Amleto) Mi scusi. (Siede) Mio genero li aspettava nel dopopranzo.

CAVALLI - Sì. Dovevamo venire verso le quattro, ma sicco­me oggi abbiamo altri impegni, siamo qui. (Ride) Corag­gio, Tino! Ridi! Ridi anche tu.

AMLETO - (ride ebete) Che bello!

ANNA - Il… (indica Amleto) «bambino» si chiama Tino?

CAVALLI - Nooo… Diglielo tu, gioia, come ti chiami.

AMLETO - (infantile) Cavalli Amleto. «Amleto», come il prin­cipe di Danimarca che… che non sapeva mai cosa fare.

ANNA - (ironica) Tale e quale, insomma.

AMLETO - (implora) Papino!

CAVALLI - Dimmi, caro.

AMLETO - Dov’è la signorina?

CAVALLI - (ad Anna) Spero che la signorina sia in casa.

ANNA - Purtroppo no.

CAVALLI - Ah, forse ci aspettava nel pomeriggio e…

ANNA - (interrompe) No no…

CAVALLI - Allora è uscita un momento per…

ANNA - (c.s) No no… (Maligna, come lo sarà d’ora in poi) Sono due giorni che non la vediamo.

CAVALLI - (enormemente stupito scandalizzato) Co-co… Co-cosa?Da du-du… du-due giorni e du-due notti?

ANNA - Sparita! Con la mamma.

CAVALLI - (Tranquillizzato) Oh, ma allora è tutto normale.

ANNA - Mica tanto.

CAVALLI - Perché?

ANNA - Perché madre e figlia sono fuggite.

AMLETO - (triste) Anche Fuffi, il mio cane, è fuggito.

CAVALLI - (Piuttosto sorpreso) Lei, signora, vuol dire che… che sia la madre sia la figlia sono… sparite… senza dire dove andavano?

ANNA - Eh sì, perché se l’avessero detto, non sarebbero… sparite.

AMLETO - Anche Fuffi… il mio cane, è sparito senza dire dove andava. (Implora) A chi glieli do i fiori?

CAVALLI - Non saprei… Comunque, visto che la signorina e la mamma non ci sono, li puoi dare alla nonna. (Indica Anna)

AMLETO - (balza in piedi) Dico anche la poesia! (E prima che Cavalli lo faccia tacere, attacca con tono cantilenan­te, infantile) «Con un palpito del cuore mia promessa sposa, ti offro questo fiore». (E scaraventa il mazzo di verso Anna, la quale lo afferra a fatica, e poi lo posa sul tavolo)

CAVALLI - (indica Amleto) Quanto è carino, vero?

ANNA - Euh! Peccato che io non sia la sua «promessa sposa».

CAVALLI - È mio figlio «unico».

ANNA - Meno male!

CAVALLI - Come dice?

ANNA - «Meno male»… «che sia l’unico». Così può dedi­cargli tutte le sue attenzioni, tutto il suo amore.

CAVALLI - Certo! È tutta la gioia mia e di mia moglie.

ANNA - (borbotta) Chi si contenta, gode.

AMLETO - (implora) Papino! Posso di nuovo sedermi?

CAVALLI - Sì sì… Riposati. (Amleto siede)

ANNA - (indica Amleto) Quanti anni ha?

CAVALLI - Venti. Ma mangia già da solo e non gli manca neppure un dente.

AMLETO - implora) Papino! Io voglio vedere la signorina.

CAVALLI - Lo sente, signora? Ne è già innamorato.

AMLETO - (infantile) Mi piacerebbe tanto abbracciarla.

CAVALLI - (orgoglioso dello spirito d’iniziativa del figlio, lo sprona) E poi?

AMLETO - Stringerla forte forte.

CAVALLI - E poi?

AMLETO - Dirle: «Perbacco, che caldo fa!».

CAVALLI - E poi? E poi?

AMLETO - Dirle: «Siccome fa tanto caldo, signorina, svestia­moci».

CAVALLI - E poi? E poi? (E proseguirebbe a dire «E poi?», ma interviene tempestivamente)

ANNA - «E poi»… basta! O meglio, mi dica signor Caval­li… È sicuro d’averlo fatto studiare ed educare in un collegio svizzero?

CAVALLI - Il più famoso!

ANNA - (ironica) Sarà… Ma suo figlio agli «E poi? E poi?» ha risposto in un modo che… Non so… Si direbbe che quel collegio svizzero sia… «a luci rosse». Comunque, parliamoci chiaro. Lei s’illude che mia nipote sposi questo «bamboccio»? (indica Amleto)

CAVALLI - (balza in piedi, indignato) «Bamboccio» al mio erede?!

ANNA - Si calmi e prenda nota che Loretta sposerà il giova­notto che adora.

CAVALLI - (sconcertato) Ma allora… Il matrimonio dei nostri figli… La fusione delle Aziende…

ANNA - Tutto a monte! Quale rispetto per l’amore e la felicità?

CAVALLI - (urla ad Amleto) Bambocc… (Si riprende) Cioè! Gioia, in piedi!

AMLETO - (si alza in piedi) Sì, papino.

CAVALLI - (lo afferra per mano e urlando) Andiamo via! (lo trascina)

AMLETO - (fa resistenza) I miei fiori! (Trascina Cavalli sino al tavolo, dove afferra il mazzo di fiori. Quindi)

CAVALLI - (trascina di nuovo Amleto verso l’uscita, urlan­do) Mille donne prenderebbero al volo questi fiori! (Ed esce con Amleto)

LISETTA - (entra, ridendo) Ho sentito tutto. E certamente in questa casa la vita sarebbe meno allegra, senza di lei.

ANNA - Grazie. (e ridono)

PAOLO - (entra, agitato, seguito da Gianni, e investe verbal­mente Anna) Cos’hai detto ai Cavalli? (Lisetta, preoccupata per ciò che risponderà Anna, esce)

ANNA - La verità.

PAOLO - Cioè?

ANNA - Che Loretta non sposerà mai il suo… «bamboccio»!

PAOLO - (a Gianni) Ecco perché il signor Cavalli, appena mi ha visto, è fuggito come una lepre, tirandosi appresso il figlio.

ANNA - (ironica) Il «bambino», vorrai dire. E adesso dimmi: cosa hai saputo, all’ospedale?

PAOLO - (disorientato, sfinito, si lascia cadere sopra una sedia, borbottando a Gianni) Dillo tu.

GIANNI - Per fortuna non si trattava né di Patrizia, né di Loretta.

LISETTA - (entra, affannata) Scusi, commendatore. È vero che lei mi aveva detto di non lasciarla più entrare in casa… Però… (indica alle sue spalle, dove appare sulla soglia della porta, sorridente)

SABINA - Buongiorno a tutta la bella compagnia!

PAOLO - (balza in piedi, minaccioso) La denuncio per «viola­zione di domicilio»! (Lisetta, mettendosi le mani sulla testa, esce)

SABINA - (gentile e umile, a Paolo, con un comportamento che prima non aveva) Mi perdoni, la prego. Ieri mi sono comportata in un modo veramente inqualificabile.

PAOLO - (sospira) Capisco sempre di meno.

ANNA - (sorride a Sabina) Puoi dire ogni cosa, cara Sabina.

SABINA - (rivolta a Paolo) Io non vendo creme di bellez­za… L’Anonima «RA-punto, SE-punto» non esiste.

GIANNI - (a Paolo) Ci penso io! (A Sabina) Se lei non è quella che voleva apparire, è senza dubbio un’altra.

ANNA - (ironica) Bella scoperta!

GIANNI - E se è «un’altra» potrebbe essere «la staffetta», la «corriera» dei sequestratori.

ANNA - Avvocato, non dica sciocchezze.

SABINA - Io sono un’amica di Loretta.

PAOLO - Allora dica subito dov’è Loretta! (Sabina fa l’atto di parlare, ma Anna la precede)

ANNA - Rispondo io. (A Paolo) Tua moglie e tua figlia sono in casa mia, e non si sono mai mosse da casa mia. Finalmente, anche loro due, si sono convinte che era giunta l’ora di darti una lezione. Per il tuo bene, ovvia­mente. (Orgogliosa) L’idea è stata mia!

PAOLO - (fremente, sta per sbottare insulti, poi si controlla e sibila fra i denti) Bellissima. Roba da farmi venire un infarto.

ANNA - Ho fatto i conti sulla tua pelle da… rinoceronte.

PAOLO - (turbato, disorientato) E… tuo marito-mio suocero?

ANNA - È all’oscuro di tutto, naturalmente. Quindi è convin­to che sua figlia, e la nipote, siano venute da noi, come altre volte, per trascorrere qualche giorno insieme, in campagna, cioè respirando aria fresca e pulita.

PAOLO - (c.s) E… (indica Sabina) la signorina?

ANNA - (orgogliosa) L’ho utilizzata come mio «Agente 007», mandandola «in missione» qui, per scoprire qual era il tuo umore, il tuo morale. Poi, ovviamente, mi faceva «rapporto». Insomma, mi riferiva le sue impressioni.

PAOLO - (c.s) E le telefonate… «mute»?

ANNA - (ride) Ah, quelle le faceva tua moglie da casa mia. Sono grande, eh? Sono una perfetta, autentica, «giallista». (Rivolta a Gianni) Che ne dice, avvocato?

GIANNI - (ironico) Capisco perché non mi sono ancora sposato.

ANNA - Già! Perché è scapolo?

GIANNI - Senza dubbio per il terrore d’avere una suocera come lei. (Ride con Anna)

PAOLO - E io, che ce l’ho… la strozzerei! (Ride con Gianni e Anna, poi si rivolge a Sabina) Rida anche lei!

SABINA - Con piacere, poiché ho aiutato Loretta a realizza­re il suo bel sogno d’amore.

PAOLO - (maligno) È sicura che sarà «bello»?

SABINA - Sì! Giacché conosco bene sia Loretta sia il giova­ne che le piace.

ANNA - Lo conosco anch’io, e piace anche a me! Pensa che ha tanta voglia di lavorare, è sincero e leale, e… e pure bello!

PAOLO - (c.s) Beh, se ha tutte queste qualità, ne avrà senz’al­tro anche un’altra.

ANNA - Quale?

PAOLO - Di non avere una lira!

SABINA - Ha indovinato, commendatore. Ebbene, non perda l’occasione di dimostrare a noi, a tutti, che non sono i soldi che fanno la felicità.

PAOLO - (sorride a Sabina) È un bel tipo, lei. (Malizioso, a Gianni) Che ne diresti, avvocato, di «dedicarti un po’ a lei» (indica Sabina) per conoscerla meglio? A meno che la signorina non sia già «impegnata».

SABINA - (evidentemente colpita ed emozionata) No… No no… Sono libera…

GIANNI - (sincero) Bene. Visto che è libera lei, visto che sono libero io… Che ne dice di parlarne stasera a cena?

SABINA - (c.s) Sì… Sì sì… Stasera a cena.

ANNA - Congratulazioni, Paolo! Comunque, adesso, devi fare una cosa.

PAOLO - Un’altra?

ANNA - Eccome! Le tue «due donne» arrivano con il treno di mezzogiorno alla Stazione Centrale.

GIANNI - Devi andare ad aspettarle.

PAOLO - Ma no! Prendano un taxi.

ANNA - (severa) Paolo!

PAOLO - (rassegnato) Ho capito. (Si pone scherzosamente sull’attenti) Ai suoi ordini, ispettore Derr… suocera!

ANNA - Allora, incontro a tua moglie e a tua figlia, vola!

PAOLO - (ironico, rivolto agli altri, ma anche agli spettato­ri) Capito, cara gente, com’è la vita? Io sono stato preso in giro, ho magari rischiato l’infarto, ho fatto la figura del cretino e… E adesso? (Rifà il verso ad Anna) «Incontro a tua moglie e a tua figlia, vola!». (Sospira) Quindi divento un… «cretino-jet». (Ride ed esce, mentre sulla risata degli altri si chiude il sipario)

SIPARIO