Ho amato Oblomov

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Due atti – commedia

Attori 2

Attrici 1

HO AMATO OBLOMOV

Pièce in due tempi

Di Ombretta De Biase

Nella pièce, così come, a mio avviso, appare nel romanzo di Gončarov, ho inteso sottolineare il dialogo fra Oblomov e Zachàr, in quanto esprime la verità di un rapporto umano d’eccellenza che travalica quello fra ‘servo e padrone’. Si tratta infatti di un sodalizio, di un legame affettivo profondo e indissolubile che li legherà  fino alla morte e che trascende ipotetiche affinità elettive, ovvero intellettuali. Di fatto Zachàr, ovvero l’’anima annichilata’ (cfr. volume II: ‘Lo Specchio delle anime semplici’) è il vero protagonista in quanto è l’unico essere umano in grado di offrire un brandello di vita reale all’irriducibile Oblomov.  Ben diverso apparirà, invece, il rapporto fra Filippo e Adele, la sua fedelissima segretaria. E dunque in scena apparirà Oblomov come Onegin, Antigone, Werther e come nobile russo dell’ Ottocento, nonché “viziato sibarita”, e, accanto a lui, il liceale Filippo Rendi che lo aveva molto amato e credeva fermamente che, come il suo personaggio prediletto, mai avrebbe permesso al suo cuore di corrompersi. Ma ecco che l’ingegner Filippo Rendi si trova dinanzi all’odioso signor “Atto Pratico” e così non gli resta altro da fare che,  amando sempre meno se stesso, continuare ad amare Oblomov. Semplice, comoda e persino banale soluzione se non gli accadessero dei fenomeni  davvero inquietanti…

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Pubblicazioni: “Edizioni del Leone” (Spinea, 1993)

Premio “Danilo Chiarugi”, Centro Studi Giorgio La Pira,  Pisa, 1993

Rappresentazioni: Milano 2003, spazio Celebrity, con Fabrizio Caleffi e Monika Nagy regia dell’autrice

Recensioni: “Ho amato Oblomov” è un doveroso omaggio ai grandi autori/romanzieri che hanno saputo scrutare l’animo umano creando personaggi veritieri e indimenticabili. L’ autrice ce ne offre un ritratto magistrale attraverso le parole dello studente Filippo. Molte persone si riconosceranno in questa figura. L’era tecnologica dunque non incide più di tanto sul carattere umano.

Rina dal Zilio, La nuova tribuna letteraria 1993

Chi di noi non ha amato Oblomov? La commedia scritta da Ombretta De Biase racconta la storia della catastrofe che si abbatte su un’azienda e sulle vite che danno forma a quel microcosmo sociale, all’improvvisa sparizione del manager principale. L’ingegner Filippo Rendi pare sia svanito nel nulla.Un incidente, una morte improvvisa, un omicidio? No, si è solo perso fra i ricordi forti di una lettura giovanile e nella voglia improvvisa di rompre gli ormeggi e andare alla deriva in un lungo sonno abitato solo da un sogno: fare, essere come Oblomov. M. Rosaria Guacci

Di “Ho amato Oblomov” si apprezza in particolare il raffinato intento scenico vòlto a rappresentare in sincronia due momenti storici molto distanti fra loro.  Rilevante è inoltre la presenza, nell’asciutto dettato linguistico e nell’uso dei mezzi simbolici, l’eco della lezione beckettiana. Fabio Scotto

 

Oblomov è uno dei personaggi più affascinanti della letteratura, contagiato da quel “mal du vivre” che ha afflitto tante altre figure. Ma lui, Oblomov, è qualcosa di più: è l’inazione filosofica non l’accidia, è la consapevolezza che agire nella vita porta alla “distruzione dell’anima”. L’opera scritta da Ombretta De Biase e interpretata da Fabrizio Caleffi mette abilmente in scena questo personaggio affiancandolo al suo esatto opposto, un giovane rampante dei giorni nostri.  La Repubblica, 26-2-2003

PERSONAGGI

Oblomov nobile russo dell’Ottocento, nonché viziato sibarita

Zachàr   il suo servo

Filippo Rendi  un ingegnere rampante

Adele  la sua perfetta segretaria

Stefani un suo collega

APPARIZIONI

Lo studente Filippo

La madre 

La fidanzata

L’insegnante

Andrej Ivanyc Stolz  amico di Oblomov

 

Nota di regia

La scena è divisa in due spazi posti ad altezza diversa. In uno agisce l’immortale figura di Oblomov creata da Ivan Aleksandrovič Gončarov (1859), nell’altro aleggia il fantasma dell’ ingegnere Filippo Rendi,  improvvisamente scomparso e creduto vittima di un agguato mortale dai suoi collaboratori. I ruoli di Oblomov e dell’ingegnere Filippo Rendi dovrebbero essere interpretati dallo stesso attore. L’uso del soppalco è facoltativo poiché le apparizioni possono avvenire da un punto qualsiasi dello spazio teatrale e dipendono dalle scelte della regia.

SCENA I

Luci su un soppalco dove c’è un giovane immerso nella lettura di un libro.

Contemporaneamente una luce molto intensa illumina il volto di un uomo che sembra dormire, mollemente  adagiato su una dormeuse, mentre una v.f.c. recita alcune frasi del libro

V.f.c   Il colore della sua pelle non é rosso, né bianco, né scuro, é indefinito. Assenza di aria o di moto o di ambedue. Lo stare disteso non é una necessità o un godimento o un riposo, è solo la sua posizione normale. Sul suo viso il pensiero vaga, svolazza dalla bocca agli occhi, si nasconde fra le rughe della fronte e poi… scompare. Sul suo viso, a volte, vedi la paura, il dubbio, la tristezza, mai un proponimento. Sul suo viso vedi l'agitazione spe­gnersi in un sospiro mentre al suo posto si accende l'indolenza che da lì si estende, passa al corpo e poi penetra dentro, in fondo... fino all'anima.

Buio sul soppalco

Al centro della scena c’è la stanza di Il'jia Il'ic Oblomov: polvere e mucchietti di spazzatura ovunque, i resti di una cena su un tavolino e Oblomov stesso che dorme sprofondato mollemente fra i grandi cuscini del suo divano. A sinistra si nota una specie di gruppo "scultoreo" costituito da una stufa e da un vecchio che, seduto su una sedia, la abbraccia dormendo. Il vecchio indossa una livrea grigia piena di buchi e di rammendi, da cui escono lembi di camicia. Oblomov si sta svegliando. Si stiracchia. I suoi gesti sono molli ed eleganti, si avvolge meglio nella sua ampia veste da camera damascata che accarezza  lentamente

Oblomov Sciocco di un Volkov, mi ha chiamato viziato sibarita! (imita un tono di voce altezzoso e petulante) Oblomov, viziato sibarita, ma che razza di pigiama avete?, Non usa più. (riprende il suo tono) Poveretto, non distingue un pigiama da una veste da camera. Che vita insensata la sua. Lui va in dieci posti diversi nello stesso giorno. Dice che si diverte. Ma, caro Volkov, mi dite in quante parti vi perdete? Innamoramenti, feste, ricevimenti... cose piacevoli, lo ammetto, ma tutte in un giorno.. Povero Vol­kov... (al vecchio abbarbicato alla stufa) Zachar, Zachàr! Ti si sono seccate le gambe? Portami la lettera dello stàrosta. Chissà dove l' hai cacciata. Devo prima leggere la lettera poi mi alzerò

Zachàr si muove lentamente ma non sembra che abbia intenzioni di muoversi. Borbotta  alcune parole fra sé.

Zachàr    Ah, signoreiddio che tormento. Venisse presto la morte!

Luci sul soppalco

Una donna dall'aria molto seria, professionale, è grottescamente avvolta da fili del telefono che le passano sul corpo e anche sulla testa. La  sua voce è caratterizzata dal tono di impersonale, agghiacciante cortesia della perfetta segretaria. I telefoni stanno squillando contemporaneamente.

Adele, la perfetta segretariaPubliest, buongiorno... No, mi spiace... L'ingegne­re Filippo Rendi é in riunione... no... non saprei... domani... provi domani... (Mette giù mentre gli altri telefoni conti­nuano a squillareincessantemente) ... publiest, buongiorno, no, mi spiace... L'ingegnere é fuori sede, capisco, non saprei, riprovi domani, pu­bliest, buongiorno, no, mi spiace, l'ingegnere è ad un congresso, non saprei... se vuole può lascia­re un messaggio, ah... bene, riprovi doma­ni... publiest, buongiorno, l'ingegnere é fuori sede... non saprei, mi spiace... provi domani... pu­bliest, buongiorno... Ah, Signor Presidente, é lei! Sto impazzendo. Scusi se mi permetto, ma, nemmeno sua figlia sa dov'é? La situazione é inso­stenibile. Sono già tre giorni che l’ingegner Rendi è scomparso. Lo cercano tutti, gli agenti di borsa, i clienti, non so più co­sa inventare. Sì... sì... mantenere la calma, certo presidente, mi scusi, calma. Be­ne. Nessuno deve sapere, capisco. Scusi. Grazie, signor presidente,  grazie ma non si disturbi, sto facendo solo il mio dovere

Mette giù mentre i telefoni riprendono a squillare ossessivamente. Lei li guarda per un attimo terrorizzata poi riacquista la sua solita aria professionale e riprende a rispondere con la consueta agghiacciante cortesia

Publiest, buongiorno, no, mi spiace, l’ingegner Ren…

Buio sul soppalco

Oblomov, sempre sdraiato sulla sua dormeuse,  si agita

Oblomov    Zachàr, Zachàr, ti si sono seccate le gambe?

Zachàr si tira su lentamente. È curvo, quasi calvo ma ha due lunghissimi basettoni sale e pepe, molto folti che gli scendono fino all' omero.  Anche il suo viso è grigio come la livrea. Finalmente si decide ad alzarsi  e, trascinando i piedi, si avvicina alla dormeuse

Zachàr  Ah, signoreiddio che tormento! Bàtiuska, che desiderate?

Oblomov  Dove l'hai messa?

Zachàr      Che cosa?

Oblomov   La lettera dello stàrosta

Zachàr      lo? Non so niente. Non so nemmeno leggere

Oblomov  Tu non sai  mainiente! Cercala, allora. Guarda sotto il divano, sulla scrivania

Zachàr comincia a muoversi pigramente fingendo di cercare la lettera. È talmente maldestro che rovescia tutto, soprammobili, tavolini..

Oblomov  Qui dentro é tutto rotto. Guarda questa spalliera, falla aggiustare almeno!!

Zachàr      Non l'ho rotta io. S'é rotta da sé. Non é eterna

Oblomov   L' hai trovata allora?

Zachàr     Qui ci sono delle lettere

Gli porge un pacco di fogli spiegazzati e unti

Oblomov  No, non sono quelle. Va', va', la cerco da me

Zachàr torna contento alla stufa. Sta per sedersi quando Oblomov lo chiama di nuovo

Oblomov  Zachàr, Zachàr!

Zachàr    Ah, signoreiddio che tormento. Venisse presto la morte. Che volete ancora?

Oblomov  Il fazzoletto. Non vedi? Sono senza. Alme­no a questo potresti badare, no?

Zachàr    E dove l'avete messo? Perdete sempre tutto

Oblomov  Cerca bene. Dov'essere qui. Sbrigati

Zachàr    Eccolo. Ci siete seduto sopra e poi mi chiedete dov'è

Oblomov, seccato, tira fuori dai cuscini su cui è sdraiato un largo fazzoletto bianco ricamato, si soffia il naso e poi lo appoggia sul divano. Zachàr sta per tornarsene alla stufa, ma Oblomov è troppo irritato per il proprio errore per lasciarlo andare senza incolparlo di qualcos' altro.

Guarda che bella pulizia tieni qua dentro! Sporci­zia e sudiciume dappertutto! Tu non fai niente!

Per forza che...                             I

lo mi ammazzo di fatica. Pulisco quasi tutti i giorni! Ah, sì? E la polvere sui muri?.. E le ragnatele? I muri a Natale! Sempre a Natale. Lo sapete! Qui dentro é pieno di cimici e di pulci... in camera tua ci sono anche i topi, li sento.

Non li ho inventati mica io! E nemmeno le pulci! Se tu pulissi di più, spazzassi! Deriva dalla sporcizia. Non l'ho inventata io, la sporcizia!

E allora perché nelle case degli altri non ci sono le pulci, nè le tarme, nè le cimici?...

In camera mia ce n'é molte!

Se tu spazzassi, pulissi.

Si riformerebbe il giorno dopo.

E tu spazzi di nuovo!

Ogni giorno? Pulire ogni giorno? E che vita é? Meglio la morte!

In casa dei vicini é tutto pulito... questa é la casa più sporca di tutta Pietroburgo!

Quelli sono tedeschi! Mi dite dove la piglierebbero la sporcizia i tedeschi? Mangiano anche le croste di pane. Eh, sono tedeschi, si sa!

Quando cominci con i discorsi!

Bàtjuska, qualche volta la farei anche! Siete voi che non uscite mai! Mica posso pulire di notte!

Oblomov  Zachàr Trifimovic, guarda che bella pulizia tieni qua dentro! Sporci­zia e sudiciume dappertutto. Tu non fai niente. Per forza che...          

Zachàr    lo mi ammazzo di fatica. Pulisco quasi tutti i giorni

Oblomov Ah, sì? E la polvere sui muri? E le ragnatele?

Zachar I muri a Natale. Sempre a Natale. Lo sapete

Oblomov Qui dentro é pieno di cimici e di pulci... in camera tua ci sono anche i topi, li sento

Zachar Non li ho inventati io i topi. E nemmeno le pulci

Oblomov Se tu pulissi di più, spazzassi. Deriva dalla sporcizia

 Zachar Non l'ho inventata io, la sporcizia

Oblomov E allora perché nelle case degli altri non ci sono le pulci, né le tarme, né le cimici?...

Zachar In camera mia ce n'é molte

Oblomov Se tu spazzassi, pulissi

Zachar Si riformerebbe il giorno dopo

Oblomov E tu spazzi di nuovo

Zachar  Bàtiuska, ogni giorno? Pulire ogni giorno? E che vita é? Meglio la morte

Oblomov In casa dei vicini é tutto pulito... questa é la casa più sporca di tutta Pietroburgo

Zachar Quelli sono tedeschi. Mi dite dove la piglierebbero la sporcizia i tedeschi? Mangiano anche le croste di pane. Eh, sono tedeschi, si sa

Oblomov Quando cominci con i discorsi..

Zachar Bàtjuska, qualche volta pulirei anche. Siete voi che non uscite mai. Mica posso pulire di notte!

Oblomov Lo sapevo! Sono sempre io che disturbo

Zachar Uscite qualche volta

Oblomov Eccone un'altra. Uscire. Vattene, sparisci

Zachàr ritorna contento alla sua stufa e Oblomov sprofonda nuovamente fra i cuscini e cade nel suo solito torpore.

In proscenio da destraAppare un uomo vestito da moderno manager e parla al pubblico con aria complice. Il tono è sarcastico,  arrogante.

Collega di Filippo Pare che il fenomeno sia sparito. Detto fra noi stavolta ha giocato duro. Ha mirato troppo in alto. (Il bip-bip del cellulare che ha in tasca) Sì? Adele, chi dovrebbe rispondere al mio cellulare, scusi. Mi dica ma in fretta, non ho tempo. Lo chiede a me? Se non lo sa lei che è la sua segretaria! Insomma, come devo dirglielo?, non so che fine abbia fatto il suo ingegner Rendi. So solo che forse sarebbe andato a Lubiana per incontrare qualcuno della Vaclav, in via ufficiosa, però. Nessuna traccia, niente. Ho capito. Naturale che il nostro presidente vuole che per ora non trapeli nulla. Ma quale polizia, quale denuncia? Ma no, tranquilla, che va a pensare. Adele, lei legge troppo gialli. Adesso devo andare, lei faccia come le ha detto il presidente e non si preoccupi. (chiude il telefonino) Mmm, qualcosa di grave dev’essere successo. Non si sparisce così, all’improvviso. Che sia finito in una colonna di cemento?  Detto fra noi, se lo meriterebbe..

Il collega di Filippo esce di scena. Oblomov si sta scuotendo dal suo torpore e guarda verso Zachàr

Oblomov  Zachàr! Zachàr! La lettera dello stàrosta

Zachàr Ah, signoreiddio che tormento. Bàtjuska, la lettera non si trova

Oblomov  Non è possibile, cercala meglio

Zachàr comincia stancamente a muoversi, rovesciando e inciampando in tutto quello che incontra. Si ferma come colto da un'idea.

ZachàrAvete guardato fra i cuscini?

Oblomov fa scorrere pigramente la mano fra i cuscini. Ad un tratto sembra che abbia trovato qualcosa. Tira fuori un libro. Zachàr continua a guardarlo con aria di sopportazione

OblomovQuel Penkin! Eppure glielo avevo detto che non avrei letto il suo libro. Ha finto di dimenticar­sene e me lo ha lasciato qui

 Zachàr Forse sperava che voi, per curiosità, l’avreste letto

Oblomov Figuriamoci! L'amore di un concussionario per una donna perduta. Donne perdute, delinquenti, ladri, cor­rotti... ‘Ritratti vivi’. Così li chiama. La sua unica preoccupazione é fustigare, disprezzare, condan­nare. "La vita tale e quale" dice, invece no. Manca proprio quella. Nei suoi racconti non c'é simpatia, comprensione, umanità. Non c'é vita. La vita, caro Penkin, (Si infervora). La  vita!

Zachàr  Il'ja Il'ic, se non avete bisogno...

Oblomov sembra non aver udito. Zachàr lo guarda senza capire

Oblomov Le lacrime invisibili! Ecco cosa manca nei suoi racconti.Povero Penkin!, Gliel'ho detto. Nei vostri romanzi non c'é l' uomo, Penkin!, datemi l'uomo e vi leggerò. Colpite, fustigate pure il vizio, ma per amore, Penkin!, per amore, per carità, non per fare letteratura. Solo allora vi leggerò. Inutile. Lui scrive. Scrive di giorno, di notte, sempre. Vende la propria intelligenza, mente, deforma il proprio pensiero, cambia opinione, si agita, ribolle, forza la propria natura, povero Penkin

 Stremato dalla passione con cui aveva parlato, sprofonda nei cuscini e guarda Zachàr che non ha capito nulla.

Oblomov Zachàr, cosa fai li impalato? Cosa vuoi?

Zachàr Non lo so

Oblomov Va'! Va', sono stanco, lasciami riposare

Zachàr ubbidisce volentieri e torna ad abbarbicarsi alla sua stufa.

Dalla platea, una giovane donna in eleganti abiti moderni va in proscenio a passi veloci. Sembra molto irritata

La fidanzata di Filippo Adesso basta. Non lo sopporto più. Ma come si permette? Coma osa? E’ sparito da tre giorni e nemmeno una telefonata. Ho deciso. Mi ha stufato. Lo mollo. Avvertire, telefonare, e quando mai! "Cara, devi capire. Tuo padre..." Eccolo là! Mio padre! Lui pensa solo a mio padre, alla sua holding, ai suoiaffari, al suoimpero. Ma che sposi lui allora! Con me ha chiuso. (Il bip-bipcellulare). Eccolo. Finalmente si é degnato. Ma adesso mi sente. (investe l’interlocutore) Ah, ti sei degnato, finalmente! Sei tu, papà? Certo che sono nervosa. Il tuo carissimo Filippo, nonché mio fidanzato ma solo quando se ne ricorda, é sparito. Ah, lo sapevi! Papà, vuoi capire che non me ne frega niente che tu lo consideri un genio, che sta trattando affari deli­cati e il solito bla-bla che mi rifili perché devi sempre giustificarlo ad ogni costo?... Sei preoccupato? Bè, io no. Anzi ti dico che domani parto. Maldive. Con Alberto, dieci giorni, un mese, non so, dipende. Alberto è un cretino, lo so, ma almeno fa la corte a me e non a te. Sì, sto calma. E non chiamarmi ciccina!  (chiude con un gesto secco il telefonino ed esce di scena)

Oblomov si stiracchia. Zachàr è sempre immobile, abbarbicato alla sua stufa.

Oblomov Zachàr, Zachàr, dove sei? Ti si sono seccate le gambe?

Zachàr Ah, signoreiddio che tormento! Venisse presto la morte (lo guarda di traverso) Che volete ancora?

 Oblomov Uno spuntino, Zachàr. Per il pranzo c'é tempo. Portami il formaggio avanzato di ieri.

Zachàr  Che formaggio? Non é avanzato niente

Oblomov  Come? me lo ricordo bene, era un pezzo così

Zachàr  No che non é avanzato

Oblomov Va' a comprarlo, allora. Che aspetti?

Zachàr I soldi, bàtjuska. Ormai non ci fanno più credito. Dobbiamo pagare il macellaio, il panettiere, la la­vandaia… Vogliono tutti essere pagati

Oblomov Ma non si pensa che ai denari!

Zachàr  Loro vogliono i soldi

Oblomov Domani, glieli daremo domani

Zachàr  È da un mese che gli dico domani

Oblomov Sempre preoccupazioni!

Zachàr E poi... é ritornato

Oblomov Chi?

Zachàr  Mentre dormivate é tornato l'amministratore per lo sgombero. Gli serve l'appartamento

OblomovE allora? Vuol dire che ce ne andiamo. Perché mi secchi? È la terza volta che me lo dici

Zachàr   Ma loro seccano me

OblomovDi’ che ce ne andiamo

Zachàr  Dice che lo diciamo da mesi, ci dà una settimana, e poi chiamerà la polizia

OblomovChiami chi gli pare. Ce ne andremo con il caldo. E tu non parlarmi più dell'appartamento. Te l' ho già proibito ma tu niente, insisti. Ecco come sei

Zachàr    Ma che debbo fare?

Oblomov E vuoi saperlo da me? Fa' come ti pare. Cosa c'entro io in tutto questo?

Zachàr    Ma se ti cacciano e la casa non é tua, come si fa a non andarsene? Fosse mia, con gran piacere, bàtju­ska

Oblomov Zachàr Trifìmovic, sei un uomo velenoso

Le scene patetiche di Oblomov sconvolgono sempre Zachàr perché non ne capisce le argomentazioni ma sente solo di essere accusato ingiustamente.

Zachàr   lo velenoso? Non sono velenoso. Non ho mai fatto male a nessuno. Non ho mai ucciso nessuno

OblomovTu mi avveleni la vita

Zachàr   Non sono velenoso

OblomovE allora, se non sei velenoso, perché mi perseguiti sempre con l'appartamento?

Zachàr   Ma che debbo fare?

OblomovE che debbo fare io?

ZachàrAvevate detto che avreste scritto la lettera allo stàrosta

OblomovVa bene scriverò, ma non adesso così... di colpo

ZachàrAdesso, bàtjuska, adesso. E’ meglio

Oblomov Va bene, allora portami da scrivere

Zachàr comincia a cercare il materiale muovendosi con la solita goffaggine. Rovescia tutto quello che tocca. Finalmente trova un foglio unto e macchiato e lo porge a Oblomov.

Oblomov E ti pare che possa scrivere qui sopra? L'ho usato per coprire il bicchiere, perché non ci cadesse sopra qualcosa di... velenoso

Zachàr risentito, tira su il mento  e guarda il muro

OblomovLo vedi? Lo vedi che mi fai? Neanche la carta per scrivere. Non pensi a nulla. E non saresti velenoso, eh?! va'. lasciami solo

Zachàr va verso la stufa scuro in volto

Zachàr Ah, signoreiddio che tormento. Velenoso io?! Sono un cristiano io. Una parola così. Mai in casa del vecchio padrone. Roba da dannare

Abbraccia di nuovo la stufa e anche Oblomov si lascia cadere fra i cuscini esausto per la discussione avuta con Zachàr.

luci sul soppalco

Qui appare un  uomoche sembra un insegnante. Ha in mano dei fogli e sembra che si rivolga a un suo studente

L’ insegnante Bravo, bravo Rendi. L'analisi storica del fenomeno dei servi della gleba e della Russia dell' ottocento é preci­sa, puntuale e articolata. Ottimo lavoro. Hai fatto molto bene a riferirti a Turgenev, a Puskin e soprat­tutto a Gogol. Bravo. Hai capito che le letture non necessariamente debbono essere tante ma é essenziale che siano giuste. Quanto a Gonçàrov, al suo Oblomov e all' oblomovismo, mmm...

Il professore se ne sta per qualche istante in silenzio e si concentra su una parte dei fogli che ha in mano. Sembra esitante. Poi finalmente si decide a parlare

 Vedi, Rendi, la qualità del tuo elaborato è ottima,  il lessico, l'espo­sizione, bravo. Quindi forse non dovrei dirtelo e forse non é nemmeno giusto ma... Niente, ne parliamo in un secondo mo­mento, per ora ti dico solo di starci attento. Tutta questa passione, questa enfasi! Non conviene, credimi, non conviene

buio sul soppalco

 Oblomov ora è seduto su una poltroncina sgangherata, sta scrivendo qualcosa su un foglio, altri fogli sono sparsi disordinatamente sulla scrivania ingombra delle più strane cianfrusaglie. Ad un tratto si ferma con la penna per aria e sorride da solo come se stesse sognando ad occhi aperti.

Oblomov A questo punto non mi sembra di aver tralasciato niente. Il piano di ristrutturazione dell'Oblòmovka é completo. Con i contadini non sarà facile, all'ini­zio non crederanno ma poi! Avranno un contratto, un salario, scommetto che non scapperanno più. È finita anche la casa. C'era da pensare solo ai tappeti per lo studio, fatto anche quello. In giardino basta sostituire i meli alle acacie. I tigli e le querce reste­ranno. Bene. Zachàr, Zachàr, lo spuntino!

Va a distendersi di nuovo sul divano. Zachàr si  stacca dalla stufa borbottando sempre le stesse parole.

Zachàr Ah, signoreiddio che tormento, venisse presto la morte! E adesso perché  vi siete coricato di nuovo?

Oblomov Non vedi che sto pensando?Sbrigati, lo spuntino

Zachàr prende un vassoio con  un panino rinsecchito ma inciampa e rovescia il vassoio

OblomovNon fai un passo senza rompere qualcosa. Raccogli, no?!

Zachàr Dove mai s'é visto fare uno spuntino prima di pranza­re. Se é questo il modo.. E dovete ancora lavarvi

OblomovZachàr, preparati. Ho risolto tutto. Vedrai. Quan­do l'Oblomovka sarà a posto potrò sposare Olga Sergéevna. Andrej starà spesso con noi e tu sarai promosso maggiordomo! Zachàr, te le im­magini le serate in giardino, il suono della balalaj­ka, i giochi dei bambini, le feste nei campi, i contadini che tornano felici alle loro case, la tua livrea nuova, bella  fiammante..

Zachàr ha intanto trovato il panino e lo ha rimesso sul vassoio. Guarda Oblomov preoccupato. Sembra che voglia dirgli qualcosa ma che non osi.

Zachàr  Bàtjuska! (Oblomov ancora immerso nei suoi sogni non gli da retta)L’amministratore è tornato. Dobbiamo sgomberare subito, rivuole l’appartamento.

Oblomov Che uomo velenoso sei, Zachar Trifimovic!

L’annuncio di un’ennesima scena patetica, per lui incomprensibile, getta Zachàr nello sconforto

Zachàr  Velenoso io? Non sono velenoso, sono un cristiano io

Oblomov E allora perché mi perseguiti sempre con l'apparta­mento? Ti avevo proibito di parlarmene

Zachàr Ma che debbo fare bàtjuska? La mia vita é già cosi amara. Ho un piede nella fossa

Oblomov Nooo! Sei tu che mi ci vuoi mandare, nella fossa. Dillo che ti sono venuto a noia! Che hai deciso di farmi morire. Che ti ho stufato

Zachàr Non io, loro, non io. Vivete sano, per carità. Cento anni

Oblomov Almeno hai pensato a quello che significa sgombe­rare? Confusione, mucchi di roba ovunque

Zachàr Ho pensato che, faccio tutto io. Senza di voi. Voi uscite. Andate a uno spettacolo o altro e io sgombe­ro

Oblomov Ah! È questo che mi vuoi fare? Devo uscire. Anda­re in giro per tutto il giorno. E non ti importa niente che non posso riposare, di cosa mangio... Ti è indifferente

Zachàr Ma é solo una giornata

Oblomov Solo una giornata dici? E l'adattamento alla nuova casa? A quello non pensi? lo non potrò dormire almeno per cinque notti

Zachàr Ma gli altri lo fanno però. Qualcuno anche spesso. Pensavo che se lo fanno gli altri

Oblomov(lo guarda allibito) Gli altri, eh! Bene, adesso so cosa pensare... Lasciami solo. Gli altri, ecco cos'é. Adesso capisco.  Io o "gli altri", per te..

ZachàrMai, mai bàtjuska ho pensato di paragonarvi, nella mia vita, mai! Dio m'é testimone. Mai!

Zachàr torna avvilito alla sua stufa

Oblomov (borbotta fra sé, risentito) No. Non ci posso credere. Si sarà confuso. Lo interro­gherò meglio. Devo sapere. Ha detto proprio così gli altri!, come ha potuto? Ormai la giornata é persa, non me la sento più di mettermi al lavoro. E io che pensavo di rivedere i conti, di scrivere allo stàrosta... No, ormai non posso più. Gli altri, eh? Io o gli altri, per lui...

Oblomov si lascia sprofondare nuovamente fra i cuscini e cade nel suo solito torpore  semibuio

da sinistra appare in proscenio una signora elegante in abiti moderni e dall’atteggiamento compassato e autoritario

La madre di Filippo Pare che mio figlio sia scomparso. E figuriamoci che novità!, come se non lo conoscessi! Detto fra noi, lui non è normale. Testa fra le nuvole. Io non mi preoccupo. Lo conosco troppo bene. Lui è un eccentrico. Irascibile, un caratteraccio. Buono, quello sì. Filippo è buono d’animo, ma, per il resto... Studioso, sì. Sempre promosso. Il suo problema è che, mi spiace dirlo perché è mio figlio, fin da piccolo, o si metteva a cavillare, a protestare, a litigare per ogni piccola cosa, oppure se ne stava chiuso nella sua stanza per giorni. Lui è lo spirito di contraddizione in persona. Io gliel’ho sempre detto, “Tesoro, se non cambi carattere non farai mai carriera, tutti ti allontaneranno, ti eviteranno. Con te ci vuole una pazienza infinita e  non sempre basta”

La madre di Filippoesce di scena. Oblomov sta russando sonoramente. Zachàr é accanto al letto e lo sta scuotendo energica­mente.

Zachàr ll'jia ll'ic, alzatevi

Oblomov Mmmm, va' via

Zachàr Mi avete ordinato di svegliarvi alle quattro

Oblomov Ritiro l'ordine, vattene

Zachàr No, che vergogna é questa

Oblomov Va bene, hai fatto il tuo dovere, adesso vattene

Zachàr No, poi vi arrabbiate con me perché non vi ho svegliato

Oblomov Ancora due minuti. Che sono due minuti ?! (T orna a ronfare)

Zachàr Guardalo! Dorme come un ceppo di legno. Ma perché sei venuto al mondo? Alzati. Ti ho detto, alzati

Oblomov Come?

Zachàr Alzatevi. Ho detto alzatevi

OblomovNo. Tu mi hai parlato villanamente. Sento tutto, sai?

ZachàrSognavate. Lo giuro. E poi fra poco ritorneranno

OblomovChi? Chi ritornerà?

Zachàr  Il vostro amico, Andrej Ivanyc Stolz. Con lui c'è anche...

OblomovChi? Chi c'é? Parla Zachàr

ZachàrOlga Sergèevna

Oblomov balza a sedere. Sembra sconvolto

Oblomov Olga? Olga é qui? E tu l'hai vista? Dimmi come sta? Sta bene? Olga... Olga..

ZachàrBene, mi é parso. Loro sono venuti a prendervi. Andrej Ivanyc mi ha detto di prepararvi il bagaglio. Lui ve l'aveva detto che sarebbe venuto a prender­vi. Si vede che la signorina non ha voluto aspettare

Oblomov No, non sono degno. Non voglio che mi veda. Non sono degno del suo amore. Va', corri Zachàr. Va'...

ZachàrBàtjuska, Andrej Ivanyc lo conoscete. È capace di portarvi via a forza­

OblomovAndrej, mio caro amico. Non merito la sua amicizia. Ormai è finita. E’ troppo tardi. Diglielo Zachàr, corri da lui. Non voglio che mi vedano. Corri

ZachàrBatjuska..

Oblomov Digli che così mi uccide. E’ troppo tardi. Sono malato.  Sono io stesso la mia malattia. Loro capiranno. Corri

Zachàr esce di scena mentre Oblomov colpisce i cuscini con un pugno e nascondendo il viso fra le mani, piange.

luci sul soppalco

riappare il  ragazzo con il libro in mano che ora è chiuso.

Lo studente Filippo Alla tematica sociale dei servi della gleba si riallaccia uno dei maggiori capolavori della letteratura russa dell' ‘800, o meglio della letteratura mon­diale di tutti i tempi. Infatti é ormai universalmente riconosciuto che Oblomov, l'opera immortale scritta da Gonçaròv, oltrepas­sa i limiti legati al suo pur altissimo valore sociale. Oblomov sarà vivo in eterno. Dall'apparente e tuttavia analiticamente esatta equazione: oblomo­vismouguale inerzia assoluta, totale e volontario ottundimento, con il conseguente rifiuto del più piccolo atto che alteri questo stato, salta fuori una energia vitale e una forza morale di rara potenza. L'obiettivo é: lasciare incorrotto, incontaminato il cuore. Il prezzo é: la totale sconfitta sul reale vissuta e perseguita attimo dopo attimo fino alla morte. Oblomov é l'eroe dell'assoluto perché in­tende che tutto della sua vita resti intatto. Per far questo Oblomov devenecessariamente de­legare ogni azione alla dimensione del sogno. Egli é consapevole che ogni trasferimento sul reale comporta necessariamente la frantumazione, la contaminazione dell'anima, la degenerazione e la decomposizione dei sentimenti più nobili come l'amore e l'amicizia. In Oblo

Le luci si spengono di colpo. L'impressione é che qualcuno abbia voluto togliere la parola al giovane e appassionato studente.

SCENA II

Un moderno ufficio, un computer, carte varie... Un giovane uomo dall’aria risoluta passeggia nervosamente su e giù. Sta leggendo attentamente dei fogli. Entra Adele, la perfetta segretaria, con una pila di carte fra le braccia, lo vede,  strabuzza gli occhi e lascia cadere tutto a terra.

Filippo  Adele, attenta, ma che fa?

Adele (balbetta) In, in, ingegnere, ma, ma,  è lei?!

Filippo E chi dovrebbe essere, scusi,  sembra che abbia visto un fantasma

Adele   No, no, sì,  è che lei, lei…

Filippo Io cosa, Adele?

Adele  parla  in fretta, si agita, si confonde, sembra non connettere

Adele Finalmente! Che felicità!, Sapesse che angoscia! Dappertutto, Parigi, Londra, Lubiana, niente. Dio ti ringrazio!, oramai, sembrava, c’era da pensare, troppo a lungo, di tutto, si pensava di tutto

Filippo  Adele, si calmi,  che le succede? Non sto capendo niente

Adele  Ecco si pensava a un rapimento, un incidente, un omi…

Filippo Aspetti, Adele, si tranquillizzi e mi racconti tutto. (Le avvicina una sedia) Intanto si sieda, qui, accanto a me

Adele Sì, sì, grazie,  accanto a lei. Grazie ingegnere. Dio sia lodato, che angoscia!

Filippo Ricapitoliamo. Mi dica, con calma però

Adele Certamente, con calma. Ah, come sono felice! (lo guarda sorridendo in silenzio)

Filippo Adele, mi dica, per favore!, mi faccia capire

Adele Scusi, scusi, ma è che, insomma, lei mi appare all’improvviso e..Non può nemmeno immaginare la preoccupazione. Si pensava a un incidente, un rapimento, un omic..

Filippo Ho capito, ma di chi? Chi era stato rapito o ucciso?

Adele (seria, risentita)Poteva dirmelo, però. Non lo avrebbe saputo nessuno, poteva fidarsi. Almeno di me!

Filippo Che significa, Adele?, certo che mi fido di lei, di che cosa mi sta rimproverando?

AdeleNo, no, non mi permetterei mai!, ma lei era scomparso e

Filippo Ah!, e dunque lei mi sta dicendo che io ero scomparso e che lei pensava che avessi avuto un incidente o che ero stato rapito o persino ucciso, dico bene?

Adele   Sì, sì, ingegnere, un’angoscia!, noi

Filippo Noi?, noi chi?

Adele Ma come, ingegnere? Tutti! Stavamo impazzendo tutti. La sua fidanzata, sua madre e soprattutto suo suocero. Ehm... il nostro presidente

Filippo  Adele, ora si calmi, si concentri e mi racconti  tutto, ma dall’inizio

AdeleL'abbiamo cercata ovunque, Parigi, Roma, Londra, Lubiana.. Sembrava essere sparito, volatilizzato

Filippo (cerca di non contraddirla troppo) Ah, è così. E  ‘quando’ sarei sparito?

Adele   Ma, ma  tre giorni fa, ingegnere, perché?, non lo sa?

Filippo Io sarei sparito tre giorni fa, tre

Adele  Esatto, tre. Ma perché me lo sta chiedendo?

Filippo Adele, mi ascolti, ora sono qua, accanto a lei. Mi vede? Mi tocchi, per favore

Adele (intimidita) No, non è necessario, la vedo benissimo, davvero, benissimo

Filippo D’accordo, fin qui ci siamo. Sa che facciamo ora io e lei?

Adele(sempre più intimidita) Io e lei? Sì, che facciamo ingegnere?

Filippo Chiamiamo il nostro bravo dottor Augelli. Magari è stato per la pressione, con questi sbalzi di temperatura, questa maledetta  aria condizionata,  sempre al massimo

Adele(allarmata)Che pressione?, Che temperatura? Perché?, non si sente bene, ingegnere?  Lo sapevo che le era successo qualcosa

Filippo Adele, cara Adele, lei sa quanto le sia affezionato

AdeleEhm, anch’io, anch’io, glielo giuro! Lei è il miglior capo, mai e poi mai potrei tradire la sua fiducia, ehm

Filippo Lo so e la ringrazio per questo, ma ora mi ascolti. Chiamiamo il dottor Augelli che le misurerà semplicemente la pressione, solo la pressione

Adele A me? Perché a me? Certo rivederla così d’un tratto, dopo questi terribili giorni..No, no. Grazie ingegnere  lei è molto gentile, sempre molto gentile con me, ma sto benissimo, mi sento benissimo, grazie. La mia pressione è a posto

Filippo Va bene, ma stia calma. Per ora niente dottor Augelli. Cerchiamo allora di capirci qualcosa, io e lei insieme, con molta calma, la prego

Adele Sì, sì,  molta calma. A sua disposizione, Filippo, ehm, scusi, ingegnere

Filippo Filippo, Filippo, va benissimo, ci mancherebbe, ricapitoliamo. Lei mi  stava dicendo che io sono sparito per tre giorni  e che mi cercavate tutti

Adele  Tutti, persino il dottor Stefani

Filippo Sì, sì, ma lasci perdere quell’individuo molesto. E dunque, visto che ero sparito, avevate sospettato che io avessi avuto un incidente o che fossi stato rapito o addirittura ucciso. Più o meno, è questo

Adele  E’ questo, ingegnere, ehm, Filippo

Filippo (soddisfatto)Bene, finalmente ci siamo, ora è tutto chiaro

Adele (sconcertata)Chiaro. Che cos’ è chiaro?

FilippoMa certo, cara Adele! Mi stia a sentire, le spiego cos’è successo. Poco fa, per il superlavoro, colpa mia, lei ha avuto un improvviso colpo di sonno e ha fatto un sogno che poi si è trasformato in un terribile, spaventoso incubo

Adele (si agita sulla sedia)Che mi sta dicendo ingegnere?

Filippo Ma niente, si sieda, la prego!, stia calma. Ora le spiego. Lei ha solo avuto un banalissimo anche se terribile incubo. In quell’incubo lei, giustamente, mi ha tolto di mezzo, ehm, mi ha fatto sparire per tre giorni, così come le suggeriva il suo desiderio inconscio di riposo, poi però si è pentita, si è preoccupata, ed ecco che si è angosciata e quindi il rapimento, l’incidente, addirittura il mio assassinio. Il tutto sarà durato qualche minuto o forse solo qualche secondo, non di più, mi creda. Capisce ora?

Adele  (cerca di alzarsi dalla sedia, ma Filippo la costringe a rimanere seduta) Per favore ingegnere, non è possibile, non dica questo 

Filippo Va bene, non insisto, lasciamo perdere. Vedrà che con qualche giorno di meritato riposo andrà tutto a posto

Adele  (offesa) Se lei pensa che io, all’improvviso, mi sia messa a dare i numeri

Filippo Macchè numeri, cara Adele! Le ripeto, il superlavoro, lo stress, lei ha avuto solo un banalissimo incubo

AdeleNon può essere ingegnere, perché se è così, allora è stato un colpo di sonno, un banalissimo incubo, come dice lei, collettivo. Scusi, chiami il dottor  Stefani. Ora è nel suo ufficio. Lo chiami, la prego!

Filippo Adele, lasciamo perdere quella serpe velenosa di Stefani. Lo dico per lei. Non pubblicizziamo questo piccolo incidente. Quel tipo è capace di inventarsi chissà cosa su di lei per danneggiare me. Accusando lei di un momento di, assenza, vogliamo chiamarlo ‘assenza’?, potrebbe spargere la voce che lei è inaffidabile e tentare di privarmi della sua preziosissima collaborazione, (allusivo) e lei sa bene a cosa mi riferisco

Adele  (disperata) Allora chieda a sua madre, alla sua fidanzata…

Filippo Ma nooo! Non ingigantiamo la cosa. Voglio che questo piccolo incidente rimanga un segreto fra me e lei. Solo un piccolo segreto, fra me e lei. Ha capito? Lei mi è in-di-spen-sa-bile, lavoriamo insieme da molto tempo

Adele  Cinque anni e ventidue giorni,  esatti

Filippo Esatti, appunto. Ora mi ascolti bene. La realtà, al di sopra di ogni possibile dubbio, è che io  ‘sono-sempre-stato-qui’. Sono arrivato stamattina, come al solito alle nove, abbiamo lavorato insieme alla pratica della vaclav, poi lei è andata nel suo ufficio e io sono rimasto in studio, prima però ho bevuto il mio solito caffè delle dieci, guardi!, la vede la tazzina ancora sulla mia scrivania? Se la tocca, vedrà che è ancora tiepida

Adele  è sconcertata. Fissa la tazzina sulla scrivania, allunga la mano quasi per toccarla,  poi il suo sguardo oscilla fra la tazzina e Filippo. Le sta venendo il dubbio che davvero può aver sognato tutto, in effetti la tazzina sulla scrivania sarebbe una prova inconfutabile

Adele Oddio! Lei crede davvero che io?, un incubo, un sogno. Non è possibile. Non ci posso credere. Povera me, che mi sta succedendo?

FilippoCalma, mia cara,ci sono io con lei.Sono cose che possono capitare a tutti. In confidenza, anch’io una volta, tanto tempo fa. Ero ancora un ragazzo e a un tratto, non so come, stavo leggendo un libro, il mio preferito, e mi sono addormentato, così, di botto, senza accorgermene, e ho sognato, ho creduto che (pausa, Filippo sta pensando a qualcosa di molto lontano nel tempo, poi si riprende). Niente, niente, pensiamo a lei adesso. Una settimana, no, tre giorni, tre giorni di ferie e andrà tutto a posto. Va bene?

Adele Ma, ma, com’è potuto succedere?, non è possibile, non ci posso credere

Filippo La tazzina, Adele

Adele (guarda come ipnotizzata la tazzina sulla scrivania) La tazzina. Io, io non

Filippo  Siamo d’accordo allora? Adesso vada a casa, qui finisco di  sbrigarmela da solo e ci vediamo fra tre giorni. Tre, mi raccomando

Adele (disorientata) Tre, certamente, non si preoccupi. Ehm, grazie ingegnere e, mi scusi, sono davvero mortificata

Filippo (accentua il tono artatamente confidenziale)Non ci pensi più Adele, è stata tutta colpa mia. Noi due siamo stakanovisti, e, a un certo punto, succede che si può anche crollare, non le pare mia cara? Adesso però vada a casa, si distragga, riposi e ci vediamo fra tre giorni

Adele esce barcollando. Filippo resta solo. Sorride pensando al piccolo incidente e va alla scrivania. Si siede e si stiracchia

Filippo) Uffa!, che pazienza con questi dipendenti! (Scopre, fra le carte, un libro piuttosto malridotto) Toh! Il mio vecchio Oblomov, ma da dove salta fuori? Credevo di averlo perso molto tempo fa. Com’è finito qui?, Boh?, si vede che oggi è il giorno delle apparizioni  miracolose

Filippo, rilassato, apre il libro.

luci sul soppalco

appare un uomo vestito come un nobile russo dell’ ottocento, è  Andrei Ivanyc  Stolz, l’amico di Oblomov

Andrei Ivanyc Stolz  Voi  mi chiedete perché io, Andrei Ivanyc Stolz,  lo ami ancora. Io lo amo perché Oblomov ha qualcosa di più prezioso dell'intelligenza: un cuore onesto e fedele. È vero, non ha resistito agli urti, si é raffred­dato e poi addormentato fino ad annientarsi. A morire. Ha perso la forza di vivere ma non ha perduto l'onestà e la fedeltà. Il suo cuore non ha mai dato una nota falsa. Oblomov non si é mai inchinato alla menzogna, alla falsità. Un'anima cri­stallina, trasparente, incorruttibile. Di lui ci si può fidare sempre. Gli uomini come lui sono rari. Perle nella folla. Ho conosciuto uomini di grandi qualità ma nessuno semplice e luminoso come lui. Dopo averlo conosciuto, non si potrà mai smettere di amarlo

buio sul soppalco

Filippo, sta ancora leggendo. Entra in scena il collega Stefani. Ha l’atteggiamento di chi è sicuro di non trovare nessuno nella stanza e vuole farla da padrone. Sobbalza appena vede Filippo e cerca di darsi un contegno.

Stefani  Tu?

Filippo Perché?,chi credevi che  ci fosse nel mio ufficio?, tu piuttosto cosa sei venuto a fare con la tua solita aria furtiva e misteriosa

Stefani  Ti vedo bene, rilassato, disteso

FilippoSto benissimo, grazie, allora?

StefaniEhm, niente, ti cercavo e

Filippo Mi hai trovato. Che vuoi?

StefaniBe’ io, ehm,  passavo di qui e

Filippo E volevi dare una sbirciatina alla pratica vaclav

Stefani Ehm, non per farmi gli affari tuoi ma

Filippo(irritato) Stefani, oggi non sono in vena, dimmi che vuoi e poi sparisci alla svelta

Stefani Ma niente voglio!, che vai a pensare?, ero preoccupato

Filippo Di che?, tranquillo. L’affare vaclav andrà in porto, non mi serve il tuo aiuto

Stefani (sibillino) Beh, stavolta hai giocato duro, ammettilo, e sai che con ‘quelli’ non c’è da scherzare. Ma, se tu volessi, con le mie vecchie conoscenze, potrei proteggerti le spalle, basterebbe una mia parola e

FilippoE grazie no.Tientele per te le tue ‘vecchie’ conoscenze, anch’io ho le mie e comunque, se permetti, a me penso io. Insomma, mi dici che vuoi, che sei venuto a fare?

Stefani Ma niente, te l’ho già detto, è solo che se tu ti rendessi conto del grave pericolo che

Filippo Non insistere!, e adesso ti decidi a dirmi che sei venuto a fare nel mio ufficio?

Stefani Rendi, non fare finta di non capire. Tu non c’eri ed era logico che io e anche gli altri

Filippo (fra sé, allarmato)Ma che storia è?, un’epidemia?

Stefani Che epidemia?

Filippo (si controlla, ora vuol sapere)Ehm, niente, niente,  parla

StefaniFilippo, a me puoi dirlo, sono tuo amico, ma che hai combinato? Ti abbiamo cercato dappertutto, Parigi, Londra, Lubiana, il nostro presidente, la tua fidanzata, tua madre, ehm, io, senza parlare poi della tua fedelissima Adele che sembrava aver perso la ragione. Si temeva un incidente, un rapimento o persino che, hai capito, no? E tu che fai? Te ne vai senza dire niente e torni dopo tre giorni, dico tre giorni, così, bello fresco, sereno e, magari, dopo che te la sei spassata, in incognito, chissà dove e (allusivo) con chi. Se tu non fossi il quasi genero del nostro presidente, vorrei proprio vedere!, l’avessi fatto io, sarei stato già licenziato in tronco. ( Con tono complice) Allora, dimmi, sai che sono una tomba e che (si interrompe nel vedere il pallore di Filippo) Ehi Rendi, ehi, Filippo, rispondimi! (gli tocca la fronte) Caspita, è gelato. (urla) Adele!, Adele, presto, venga qui!, Anzi no. Chiami subito il dottor Augelli, presto!, il dottor Augelli, ora!

Stefani si allontana per chiamare aiuto, Filippo resta solo, sembra svenuto.

semibuio

Dopo poco si riprende e, come in trance, tira fuori dalla tasca della giacca un fazzoletto e se lo passa sul viso. Vediamo che è identico al grande fazzoletto bianco di Oblomov

Buio

luci sul soppalco.

Riappare la sedia dello studente Filippo.

Stavolta è vuota.  

FINE