Ho visto mio figlio

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Ha j ho vest mi fiol - 25/1/2000

ovvero "MINO e MARIA"

Commedia in un atto (Ma forse è solamente una favola…)

di Francesco Pirazzoli

 1968   rivista e corretta 1994

Il presente copione nasce in dialetto romagnolo. La traduzione in italiano è stata effettuata cercando, il più possibile, di italianizzare la lingua romagnola e renderla quindi più comprensibile, salvaguardando sia la costruzione della frase che le terminologie tipiche della lingua romagnola.

Narratore

Mino

Maria

Ufficiale Tedesco

1° Camerata

2° Camerata

Se i due camerati vengono usati col volto coperto, possono interpretare anche due partigiani

Cencio, partigiano, amico di Mino

Pino, partigiano, amico di Mino

Mario, partigiano, amico di Mino

Giovanni, 8 anni

Heinz

Donna

Le galassie più lontane distano dal nostro pianeta qualcosa come cinque miliardi di anni luce: una dimensione inconcepibile per la mente umana. Il passaggio dall'attore al personaggio ridicolizza queste pur incredibili cifre, poiché qui c'è una distanza assai maggiore da superare: quella da anima ad anima, qualcosa che sta al di fuori del tempo e dello spazio.

NARRATORE # (Sarà vestito normalmente, moda dei giorni nostri. E' seduto a cavalloni su di una sedia di paglia, sul lato sinistro del proscenio. Un riflettore a fascio inquadrerà solamente lui. Musica di sottofondo che potrà essere "Fola d'un cor" o "Fola Fulaja" e dovrà essere velata e lontana, quasi da sembrare una nenia. La musica si interromperà quando inizia a parlare il narratore) Quella che voglio raccontarvi, adesso, è una bella storia d’amore e di guerra, una storia che va ai limiti della fantasia e che, proprio pere questo, a me piace chiamarla… favola. Favola perché nasce dalla fantasia di colui che l’ha scritta, favola, perché usando questa parola, l’autore, torna col pensiero a quando era piccolo e che per farlo dormire, la nonna, gli raccontava dei fatti fantastici, meravigliosi, inventati lì per li… delle favole, insomma! Le favole non sono solo racconti per bambini, per far loro vedere un mondo diverso da quella che è la realtà che incontreranno andando avanti, per deluderli poi, una volta che cominceranno poi a camminare per una strada tormentata e sempre in salita: la VITA! Le favole sono frutto delle nostre aspirazioni, quasi sempre represse, della nostra bontà, quasi mai venuta a galla, della nostra sensibilità e anche del nostro amore e del nostro egoismo.

E come tutte le belle favole che si rispettino voglio cominciare anch’io con la solita frase… C’ERA UNA VOLTA…

C’era una volta un uomo di 31 anni, Giacomino Ricci, detto Mino, e il fatto che sto per raccontarVi dovrebbe, o per meglio dire potrebbe essere successo nel 1944, in un paese di montagna, proprio qui in Romagna.

In quegl’anni, gli Italiani, avevano sperato in una Italia diversa, ma quando si accorsero di essere stati, prima di tutto, delusi e poi umiliati, e da ultimo privati della libertà di pensiero, si misero a combattere per una causa sacrosanta, quella della LIBERTA’ E della REDENZIONE.

Al momento dell’armistizio tutti gli Italiani cominciarono ad organizzarsi per bene, soprattutto qui in Romagna, dove non si era mai spenta la fiamma dell’opposizione, e cominciarono a muoversi nella clandestinità.

Il sangue romagnolo salta fuori con tutta la sua sete di giustizia e di libertà.

Nelle nostre montagne i partigiani cominciarono ad organizzarsi, ed ecco che nella Valle del Reno vi è la Brigata STELLA ROSSA, nella valle del Senio e nei monti della Faggiola, la Banda BONOMI, nella zona di Galeata il gruppo di LIBERO e SALVATORE, a Santa Sofia il gruppo di SILVIO CORBARI, e poi ancora la banda LA SCANSI', il gruppo CUSERCOLI e l'ORI (ORGANIZZAZIONE RESISTENZA ITALIANA).

Il nostro protagonista era del 1913, classe di ferro, e l’anno prima era stato arruolato, ma nella primavera del 1944, come tanti altri giovani inquadrati nei reparti dell’esercito fascista, era passato alla Resistenza, al gruppo ORI, quello che ho ricordato prima.

Mino nella sua vita aveva imparato a voler bene solamente a due cose: al lavoro e alla sua donna.

Rimasto senza babbo e senza mamma troppo presto mandava avanti, da solo, quel po’ di terra che gli avevano lasciato i suoi vecchi.

Si era portato a casa Maria, una bella ragazza che faceva la sarta in paese e che lui aveva cominciato ad amare dalla prima volta che l’aveva vista.

Mino e Maria erano proprio felici, proprio come in una favola. Era un amore bello, pulito, uno di quegli amori che, se non l’hai mai provato, ti si accappona la pelle al solo pensarci.

Non avevano avuto ancora dei bambini, perché la guerra, quella sporca guerra, non finiva mai.

E come si può mettere al mondo dei figli e far vedere loro tutte quelle porcherie, quella violenza, quell’odio!

Un giorno, un brutto giorno, mentre Mino sta andando in paese a prendere ordini da un suo compagno venuto appositamente da Ravenna, la, vicino alla chiesa abbandonata e diroccata, fu preso dai tedeschi.

Mino è la, contro quel muro, con le mani legate dietro la schiena, la testa alta, quasi a sfida, e col pensiero alla sua donna che forse non vedrà mai più, ai suoi amici, alla sua causa… la causa della sua terra e di tutta l’Italia.

LA SCENA SI SPOSTA SULLA DESTRA. AVREMO UNA SCENA SPOGLIA O SE POSSIBILE UN FONDALE CHE RAPPRESENTI UN MURO DIROCCATO. IL RIFLETTORE A RAGGIO ORA ILLUMINERA' SOLAMENTE QUESTA PARTE DI PALCOSCENICO LASCIANDO NELL'OMBRA IL NARRATORE. IN SCENA SONO UN UFFIALE TEDESCO CON LA PISTOLA IN MANO, CHE PUNTERA', NELLO SVILUPPO DELLA SCENA, SPESSO CONTRO MINO E DUE CAMERATI CHE TENGONO, ANCHE LORO, IL FUCILE PUNTATO CONTRO MINO.

UFFICIALE # (Usando un linguaggio misto di parole italiane e tedesche, dove però le frasi importanti devono essere comunque recitate in maniera comprensibile) Tu essere partigiano, vero? Da dove venire?

MINO # (Non risponde e fissa negli occhi l'Ufficiale, quasi a sfida)

UFFICIALE # Tu volere rispondere a me!  Quale essere tuo gruppo? Dove essere voi? Chi essere tuo capo?(Prendendo Mino per il bavero della giaccona e schiaffeggiandolo. Più alto col tono) Rispondere chi essere tuo capo?... (Non ricevendo risposta si accanirà sempre più con schiaffi e pugni)

MINO # NO! NO! (Ad un certo punto e sotto la violenza dell'Ufficiale tedesco si troverà carponi e con la bocca sanguinante) NO! NO! NO!

UFFICIALE # Se tu rispondere, va bene... ma se tu non rispondere io fucilare tè... (Alzando la voce e facendosi sempre più minaccioso) Io fucilare tè!!!

MINO # (Quasi urlando) Uccidetemi... uccidetemi subito... NO! Io non tradirò mai! Sono un uomo, ho la mia dignità... non sono come voi che fate i prepotenti in un paese che non è il vostro...

UFFICIALE # (Rivolgendosi ai due camerati impartisce in tedesco l'ordine di sbatterlo contro il muro e di puntare le armi) Io fare uccidere subito tè! Voi Italiani essere, come dire voi, grande merda. (Quasi adulante) Ma su, Italiano schiocco... tu non sapere che Germania troppo forte... Fiurer (Al pronunciare la parola Fiurer eseguirà il saluto romano seguito dai due camerati) grande, troppo grande e presto (Ridendo a squarciagola) Europa tutta noi. Grande Germania, solo Germania, noi Europa! Ma se tu rispondere io lasciare tè libero... io fare come... te non avere visto...

MINO # Vigliacchi... delinquenti... Siate maledetti... e se c’è una giustizia...

UFFICIALE # (Continuando ad essere adulante come sopra) Allora... quale essere tuo gruppo?... Chi essere tuo capo?... Tu volere rispondere... sì o no... (Gira avanti e indietro con passo marziale) Tu pensare, uomo merda, tu non morire e se tu rispondere io non avere visto tè. Tu dire a me questo e io fare grande merito mia Germania e mio Fiurer...

MINO # Vigliacchi! Ma per chi mi avete preso? NO! NO! (Quasi straziante) Uccidetemi subito... subito... ma io non tradirò mai...

UFFICIALE # (Gli si scaglia addosso e col calcio della pistola gli dà un colpo in testa. Mino cade pesantemente a terra e l'Ufficiale e lo colpisce con un calcio.)

MINO # (Si risolleva a fatica da terra, si porta all'altezza del viso dell'Ufficiale tedesco) Delinquenti! Delinquenti! (Sputa in faccia all'Ufficiale cercando di scagliarsi contro)

UFFICIALE # (Aiutato dai due camerati, ai quali, di sovente rivolgerà ordini in tedesco, gli sferra un pugno che farà crollare Mino, ed una volta a terra lo colpirà con calci emulato dai due camerati. Impartisce l'ordine ai due camerati di sollevarlo e di metterlo contro il muro e di caricare le armi. Poi indietreggia leggermente ed impartisce l'ordine in tedesco di puntate e di fuoco. Dopo gli spari, ECO dell'ordine fuoco in tedesco.)

MINO # (Mentre si sta svolgendo la scena precedente con strazio sta urlando) NO! NO! NO! (Eco di NO! NO! NO!)

LA SCENA E CONSEGUENTEMENTE IL FASCIO DI LUCE SI SPOSTA ORA DALL'ALTRA PARTE DEL PROSENIO OVE STA IL NARRATORE.

NARRATORE # Mino era uno di quegli italiani che volevano credere in un’Italia diversa, libera. Adesso e la, appoggiato a quel muro di quella chiesa mezza diroccata, abbandonata dagli uomini e anche da Dio. No, Mino! Cosa fai? Non urlare, non disperarti. Il tuo sacrificio varrà ben a qualcosa, la tua fetta d’Italia l’avrai liberata pure tu.

Ecco, Mino, va, pure in Paradiso, te lo sei meritato. Mino... Mino...

LA SCENA SI SPOSTA DI NUOVO DALL'ALTRA PARTE

MINO # (E' rimasto in piedi, ad occhi aperti come in trance)

MARIO # (Riprendendo il discorso del narratore) Mino... Mino... Mino... (Lo scuote)

CENCIO # (Con ilarità) Siamo proprio arrivati in tempo, giusto, giusto in tempo per salvarti la pelle.

PINO # Che razza di fortuna hai avuto, devi essere nato con la camicia della Madonna!

CENCIO # Si, proprio! Fortuna che andavamo in paese! Ma, dai, forza, parla, di qualcosa... Mino, inciciuito, siamo noi (gli prende il viso tra le mani) Sei salvo...!  Si, è vero che hai passato un brutto momento, ma…

MINO # (Illuminandosi il viso) Oh! Siete voi...

PINO # Bisogna capirlo, Cenzo, non vedi che è morta dalla paura, e poi mi scommetto che c’è qualcosa per la lavandaia...

MINO # ...Voleva che io tradissi, che dicessi dove siamo nascosti, chi è il nostro capo (Si agita)

PINO # (Porgendogli la borraccia) Adesso sta calmo, bevi qualcosa...

CENCIO # (Alludendo) Non sarà mica acqua...

PINO # Si, acqua! Questo è un vinello che è proprio un balsamo e che farebbe resuscitare anche i morti!

MARIO # (Facendo rilevare la gaffe) Sembra impossibile che tu non riesca, neanche una volta, a fare la persona seria!

MINO # Sono proprio salvo? Come avete fatto?

CENCIO # Passavamo di qui, abbiamo sentito il rumore di voci sospette, siamo rimasti nascosti e quando stavano per fati fuori...

PINO # Siamo usciti noi e invece di sparare loro... (Con l'intento di far ridere Mino) abbiamo sparato noi, però addosso a loro... (Rivolto agli altri per cercare consenso) Un bel gioco di parole, non è vero?

MINO # Te Pino sei sempre stato un po’ pazzerello. E’ bello essere sempre allegri come te. Ci vuole una gran forza d’animo. Nel vedere tutte le brutture della guerra a me è passata la voglia di ridere, e pensare che con la mia Maria era bello ridere insieme, e nel ridere ci trovavamo l’uno nelle braccia dell’altro, un bacio e poi l’amore… La mia Maria… Ecco adesso vorrei poter essere nelle braccia di mia moglie...

MARIO # E perché non ci vai! Anzi facciamo così: in paese andiamo noi, e, domani, alle sette di sera, ci diamo appuntamento sempre qui, vicino alla chiesa diroccata.

PINO # Sai, Cencio, che oltre a far contento Mino, fai contento anche me. L’avete presente quella mora, sempre tutta in ghingheri, quella che è nello spaccio all’ingresso del paese? Ci siamo sempre fatti dei gran sorrisi e dei gran complimenti...

MARIO # L’ultima volta, però, intanto che stavi facendo il cretinetto con lei, usci, da dietro la bottega, un tabacaccio che sembravano due... Se l’aveste visto! Con una velocità supersonica chiese 4 pacchetti di Virginia e un kilo di sale grosso... Che ridere...

MINO # Allora da Cichino, il fabbro, ci fate un salto voi, a sentire se vi sono novità e ordini da Ravenna...?

CENCIO # ... E dai, via! Corri dalla tua Maria... Sei ancora qui!

MINO # Domani qui...

CENCIO # Alle sette precise!

MARIO # La strada la sai, vero Mino...?

LA SCENA SI SPOSTA DI NUOVO DALLA PARTE DEL NARRATORE

NARRATORE # E così lascia gli amici e s’incammina verso la sua donna. Si lascia dietro le spalle la chiesa mezza diroccata e cammina verso casa sua, verso un po’ di felicità. Attraversa il bosco dove, quando la guerra non c’era ancora, andava a castagne e a far legna per il fuoco. E cammina, cammina... dalla cima della collina, ecco, la in fondo, la sua casa, la casa che fu dei suoi vecchi… la sua Maria...

LA SCENA SI SPOSTA SULLA DESTRA. VI SARANNO SEMPLICEMENTE UNA TAVOLA E DUE SEDIE. SU UNA DI QUESTEMARIA STA RAMMENDANDO DEI CALZINI.

MINO # Maria...!

MARIA # Oh! Mino (Di corsa va ad abbracciarlo) Mino... sei tornato...!

MINO # Ma non per sempre Maria... c’è ancora la guerra...

MARIA # Ma adesso sei qui… (Dolce e stringendolo) Mino...

MINO # Avevo tanta voglia di vederti, lo sai... Stai bene... e qui a casa... il raccolto... le bestie...

MARIA # (A testa bassa) ...I tedeschi...

MINO # Ti hanno fatto del male?...

MARIA # No!... Non erano le S.S. C’era un ufficiale biondo… il poverino… sembrava persino pentito per quello che stava facendo...

MINO # Allora stai bene, non ti hanno fatto niente...

MARIA # (Dolce ed accarezzandolo) No!... Mi ha detto quell’Ufficiale... "Dobbiamo combattere, signora... e a stomaco vuoto non si può" Però mi hanno lasciato le galline e i prosciutti nella cantina.

MINO # E’ stato gentile. Anche loro combattono, anzi devono combattere...

MARIA # Ho un po’ di prosciutto e un po’ di salame... il nostro prosciutto... Ne vado a prendere un po’ (Esce dal fascio luminoso e ne rientra subito con un piatto di affettato, una tiera di pane ed un fiasco di vino)

MINO # (Facendosi un panino) Cosa c’è di nuovo?

MARIA # Cesare, il figlio di Mondo, l’hanno deportato in Germania...

MINO # Ah, si! E quando?

MARIA # Quasi un mese fa!

MINO # (Con entusiasmo) Lo sai che ho sentito dire che i tedeschi stanno per ritirarsi, lo sai?

MARIA # Lo dicono tutti. Non durerà ancora per molto questa guerra. E allora noi torneremo ad essere felici come prima, è vero Mino?

MINO # Certo Maria, avremo dei figli, tanti figli, e saremo felici. Tu sei la mia donna, e quando tornerò non ti lascerò neanche un momento, sempre vicino a te, perché Maria, io ti voglio bene… e così, felici, dimenticheremo presto questa maledetta guerra.

MARIA # Si Mino... (Le si avvicina e lo abbraccia) Stammi vicino... ho tanto bisogno di te. Dammi un bacio (Si baciano e poco dopo si staccano) Ah! Se potessi fermare il tempo... Ah!!! (Musica di sottofondo Béla Burdèla)

LA SCENA SI SPOSTA DI NUOVO SUL NARRATORE

NARRATORE # E l'amore li fece trovare uno nelle braccia dell’altra. Quante cose avevano da dirsi. Volersi bene vuol dire anche dimenticarsi del mondo... di tutto... Ma ecco, inesorabile, si è fatto giorno che li fa tornare alla realtà, quel giorno che porta via tutti i sogni... i sogni! Maria e Mino hanno cercato di nascondere la vita nel sogno, ma questa, zach... all’improvviso, ti taglia la strada e divora anche loro...

LA SCENA SI SPOSTA A DESTRA. SONO IN PIEDI MINO E MARIA CHE STANNO SALUTANDOSI.

MARIA # ...Devi proprio andare?

MINO # Si, è il mio dovere...

MARIA # Non potresti...

MINO # No, Maria non posso!... Cenzo, Pino, Mario mi aspettano stasera alle sette alla vecchia chiesa diroccata, ed io non posso mancare.

MARIA # E allora dimmi un nome, Mino,... un nome di maschio o un nome di femmina... un nome che ti piaccia...

MINO # Cosa vuol dire... Maria?!?!... Tu?!?!

MARIA # Tu sei partito due mesi fa ed io...

MINO # Un figlio... nostro figlio...?!?!

MARIA # Dimmi un nome... Tu vai via per la guerra...!

MINO # (A capo chino) Giovanni come mio padre... Teresa coma tua madre.

MARIA # E adesso dammi un bacio...

MINO # (La bacia sulle labbra)

MARIA # Arrivederci Mino... io ti aspetto!

MINO # Arrivederci Maria... Maria, come si chiamava quell’Ufficiale tedesco che ti ha fatto del bene...

MARIA # Heinz... e adesso vai via... altrimenti... (Comincia a piangere singhiozzando) Ciao Mino... Arrivederci...

MINO # Arrivederci Maria...

LA SCENA SI SPOSTA ANCORA SUL NARRATORE

NARRATORE # Maria ha detto arrivederci, ma c’è qualcosa che le stringe il cuore, qualcosa che la fa continuare a salutarlo sempre più senza voce, quasi un sussurro... (A voce flebile, quasi come un sussurro) Arrivederci Mino... Forse è il presentimento che le fa dire " Addio Mino... addio... addio...” E Mino s’incammina verso il bosco che ha attraversato tornando a casa. Ma adesso quel bosco è scuro, di uno scuro che Mino non ricorda di averlo mai visto così. Ma la, sotto a quel castagno, cosa c’è? C’è una povera vecchia che si è seduta, forse, la poverina, è stanca morta... e tu Mino, dentro di te, ti stai chiedendo chi mai possa essere...

LA SCENA SI SPOSTA DI NUOVO A DESTRA. LA VECCHIA E' SEDUTA IN TERRA ED AVRA' IL VISO COPERTO E LA VOCE GUTTURALE.

DONNA # Sei tu Mino?...

MINO # Sono io, ma voi chi siete?...

DONNA # Vieni con me... ti accompagno alla vecchia chiesa diroccata...

MINO # La so da solo la strada, la conosco come le mie tasche...

LA SCENA SI SPOSTA ANCORA DALLA PARTE DEL NARRATORE.

NARRATORE # La donna non risponde... si alza in piedi e comincia a camminare... e Mino non può far altro che andarle dietro... come si segue un santo quando ti chiama... E intanto che cammina, ecco, a Mino, gli vengono in mente tante cose, non può far di meno di ricordarsele... LEGATELO! LA' CONTRO IL MURO! FUOCO.... RATATA'... RATATA'... FUOCO... RATATA'... NO!... NO!... NO!...Ed ecco la chiesa diroccata...

LA SCENA SI SPOSTA DI NUOVO DALL'ALTRA PARTE DEL PALCOSCENICO.

MINO # E’ qui che mi aspettano i miei compagni... Dove sono? Perché mi avete accompagnato fino alla chiesa diroccata? I miei amici dove sono? E’ passata quasi un’ora da quando siamo arrivati qui... perché non rispondete... Chi siete... Si può sapere chi siete...?!?!?

DONNA # Chi sono? (Scoprendosi il volto) Sono la morte... la morte, Mino!

MINO # (Urlando) Mario, Cencio, Pino... dove siete?... Dove siete...?!?! Dove... (Si sente in sottofondo) RATATA'... RATATA'... RATARA'... e la donna sarà uscita dal fascio luminoso) Ma quella donna dove è andata?... E i miei compagni?... Proverò ad aspettare ancora... Si aspetterò qui...

LA SCENA SI SPOSTA DALLA PARTE DEL NARRATORE

NARRATORE # E aspetta... aspetta... Ma quanto? Ore... giorni interi... ma non arriva nessuno! Non gli rimane che tornare indietro, da Maria, forse a casa sua saprà qualcosa di più preciso, qualcosa che gli permetta di unirsi ai suoi compagni... E cammina... cammina... arriva ancora in quel bosco che aveva lasciato prima, nell’andare alla chiesa diroccata... ma adesso non è più buio come prima... anzi... un bel sole illumina tutto. Che bel sole! Sembra proprio che, così all’improvviso, siano sparite tutte le cattiverie e le brutture della guerra… sembra persino che la vita sia tornata in quel posto... Ma ecco che è arrivato a casa sua, dalla sua Maria... Il cortile è pieno di polli e di galline che razzolano, un maiale è la, legato sotto al gelso… e ancora più in la, guarda ci sono le pecore… e la stalla è piena di bestie… Ma come è possibile una cosa del genere?...

LA SCENA SI SPOSTA DI NUOVO SUL LATO DESTRO

HEINZ # Maria, io avere fatto guerra qui, tu sapere, ma io essere stato solo soldato. Tutti qui avere fatto guerra e tutti essere stati soldati. Io avere aiutato tè, tu ricordare Maria?

MARIA # Sì, Heinz, sì...

MINO # (Sta dietro ai due dall'inizio della scena)

HEINZ # Io avere piccolo negozio in Baviera, io guadagnare bene... ma se tu volere io vendere tutto e venire qui da tè, Maria... perchè io, Maria... volere bene a tè!...

MARIA # Io non posso e non voglio andare via da qui...!

HEINZ # Io avere capito. Io tornare fra un mese... Io dovere tornare fra un mese... vero Maria...?

MARIA # Si... se vuoi... (Escono dal fascio luminoso Maria ed Heinz)

MINO # Brutta sgualdrina... mi ha tradito con un tedesco!...

MARIA # (Nel frattempo è rientrata con Giovanni per mano. Giovanni è un bimbo di circa 8 anni) Ma perché non vuoi dare retta! Adesso non puoi stare fuori a giocare, il sole scotta troppo e puoi prendere un’insolazione...

GIOVANNI # (Sbattendo i piedi) Io voglio andare a giocare lo stesso!

SOTTOFONDO: DIMMI UN NOME, MINO... IL NOME DI UN MASCHIO OIL NOME DI UNA FEMMINA...

MINO # (Si avvicina a Maria che non lo vede)

MARIA # (Si avvicina al muro ove è appesa la foto di Mino col lumicino acceso. Parlando al ritratto) Perdonami Mino, ma da sola non ce la facevo. Dovevo dare un babbo a nostro figlio... lo so che tu... adesso da lassù... mi darai la tua benedizione... (Si avvicina al ritratto e lo bacia)

MINO # (Urlando) Maria!!! Maria!!! (Ma Maria non può sentire. Mino getta un'occhiata sulla parete e vede un calendario ‑ AGOSTO 1952 ‑)

LA SCENA SI SPOSTA ANCORA DALLA PARTE DEL NARRATORE

NARRATORE # Ecco, adesso nel bosco non c’è più luce... e la dona è la, sotto a quel castagno, come prima...

LA SCENA SI SPOSTA DI NUOVO DALLA PARTE DESTRA.

DONNA # Allora... hai capito?...

MINO # Si... sono un fantasma...!

DONNA # Quando i tedeschi ti puntarono il fucile contro... ecco... tu moristi allora... sotto a quel muro di quella chiesa diroccata. Tutto il resto è stato solo un sogno... se lo vogliamo chiare così... L'aiuto dei tuoi compagni partigiani... l'incontro con tua moglie... in realtà non è successo niente. Tu sei morto fucilato dai tedeschi...

MINO # Sono un fantasma... un fantasma...

SE E’ UN MASCHIO, GIOVANNI COME MIO PADRE – SE E’ UNA FEMMINA, TERESA COME TUA MADRE...

Mia moglie ha aspettato otto anni... non potevo chiedere di più... Quell’Ufficiale tedesco si è ricordato di lei... (rivolto alla donna) Perché ha chiamato mio figlio proprio GIOVANNI... perchè...

DONNA # Non chiedermi troppo... e adesso vieni con me... (Prende Mino per mano)

LA SCENA SI SPOSTA DALLA PARTE DEL NARRATORE

NARRATORE # ...E Mino le va dietro... Va Mino... va a dormire, anche tu, il tu sonno. Va adesso che hai visto tuo figlio...

Ecco, qui, finisce la nostra favola, una favola per grandi che hanno vissuto una delle tragedie più grandi della terra: LA GUERRA.

FINE DELLA COMMEDIA(…o della favola)

 1968         rivista e corretta      1994