I Civitoti in pretura

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I Civitoti in Pretura

I Civitoti in Pretura

Atto unico farsesco

di

NINO MARTOGLIO

Adattamento in dialetto messinese di Nino Prisa & Umberto Costa

Personaggi

Giovanni Masillara, accusato

Il Pretore

Il Pubblico Ministero

Il Cancelliere

L’Usciere

L’Avvocato Pappalucerna

Cicca Stonchiti, villana

Messer Rapa, carabiniere

Viulanti, villana

Epoca fine ‘900

ATTO UNICO

La scena rappresenta l’aula di tribunale, in Messina. In fondo il bancone del giudice a mezza luna (un po’ rialzato), con sedia a braccioli per il pretore, al centro (più basso) quello del pubblico ministero, a destra , del banco del giudice, quello del cancelliere. Comune in fondo a sinistra, altro uscio a sinistra, dietro il banco degli imputati. Di lato a destra il tavolo dell’avvocato. Arredi relativi alla scena. All’aprire del sipario sulla scena ci sono l’usciere e masillara che è seduto sul banco degli accusati con una guardia alla spalle.

SCENA PRIMA

Usciere:           (Appena si apre il sipario)   U prituri!  (Al pubblico)  a fozza genti, luvamini i cappeddi!  (Guardando in fondo alla platea)  Ou! A ttia, a coppula!… si, si a birritta!… a scuzzitta!… (Accalorandosi)  sissignori, chi fai non capisci? Levittilla! D’unni cali di massi?

Pretore:           (Che entra, insieme con il pubblico ministero, si siede) Dunque… è introdotta la causa Masillara-Fiaschinella. Le parti ci sono?

Usciere:           Sissignori!

Pretore:           Fate la chiamata dei testimoni.

Usciere:           (Sulla comune, chiama, a voce alta)  Messer Rapa! Francesca Stonchiti! Giuseppa Caillazza! Violante Sparapaulo!…  (Si sente rispondere ad ogni chiamata “Presente”)

Pretore:           (Rivolto all’accusato) Giovanni Masillara, alzatevi.

Masillara:        (Alzandosi, con il berretto fra le mani, che stropiccia tutto, con voce da villanzone)  Presenti!

Pretore:           Voi siete accusato d’aver ferito, con arma da punta e taglio, all’addome, il nominato Natale Fraschinella. Confessate?

Masillara:        Ma quali cunfissari, prituri, si iò non apri mancu a bucca!…

Pretore:           Va bene, discolpatevi.

Masillara:        Chista, ccilenza, fu na sbirrunata… na luminata, chi nisceru cetti sbirruni du quatteri, picchì mi vonnu mali!

Pretore:           Cosa dite?… che c’entra la limonata?

Masillara:        Comu chi c’entra? C’entra e comu!… si non era pi luminata, iò a stura non mi truvava ccà.

Pretore:           Ma questa circostanza della limonata è nuova; voi non l’avete accennata, nel vostro interrogatorio.

Masillara:        Scusati, fossi non ni sapemu capiri!… voscenza pi luminata chi ntenni?

Pretore:           La bibita.

Masillara:        E ddocu è u sbagghiu! Non è a pipita, è na sbirriata, a vaia mancu chista capiti?

Pretore:           Sbirriata?… un’altra definizione ostrogota!…

Avvocato:       Ecco, ecco, signor pretore, perdonate. L’accusato si esprime con degli idiotismi; sbirriata vuol dire denuncia, e luminata non limonata, significa spiata, calunnia.

Pretore:           (All’avvocato)  Ho capito, grazie  (All’accusato)  benissimo! Adesso saltate fuori con la calunnia!… allora il colpo di coltello al Fraschinella chi l’ha inferto? Lo Spirito Santo?

Masillara:        Ccillenza, pariria chi ci l’avissi data iò, ma non s’ava a cridiri all’apparenzi…

Pretore:           Che apparenze?

Masillara:        Cettu! Cca a cosa s’ava raggiunari!… u fattu, ccillenza, si sviluppau di la seguenti: nta l’attu du raggiunamentu chi stava facennu cu Natali Fraschinedda, siccomu mi stava munnannu un tritrolu, ccillenza, nicisssariamenti avia nte manu un cincu soddi picciriddu, ossia na speci i tipirinu…

Pretore:           Lungo dodici centimetri…

Masillara:        Vinia vessu di mia ddu signuri, ccu n’aria malandrina, e dici: nnericatu fatti sutta! Dittu fattu, e nisciu fora un licca sapuni e si mullau cu tuttu u coppu all’angilina. Iò, allura, pi schifiarimmilla, ci fazzu na nquattata e mi riparu ca manu ritta, unni nnucentimenti, c’era u tipirinu; iddu, cu ddafreu c’avia, mi vinni incontru ca panza, e su pigghiau sanu sanu  iddu stissu medesimu, comu su putia pigghiari unu chi cadi supra un chiou o na lima, o un trincettu di cazzularu, e scunsintiu nterra.

Pretore:           (Al P.M.)  Non ho capito un’acca  (Al Cancelliere) Cancelliere, avete scritto?

Cancelliere:     (Che è un poco sordo ed anche un po’ miope nonché sonnecchiante)  Sissignore.

Pretore:           Leggete, per favore.

Cancelliere:     (Inforca gli occhiali ed avvicinandosi moltissimo al foglio legge)  Stavo sbucciando un cedriolo di cinque soldi quando fui investito da angelina, per schifare la quale ho fatto un’inquartata e con la febbre è caduta sopra un chiodo, ferendosi alla pancia.

Pretore:           Ma chi?

Cancelliere:     La nominata angelina.

Avvocato:       (Tenendosi la pancia per il gran ridere)  No, no, signor Pretore, senta; l’accusato nega di aver colpito di sua volontà e asserisce, invece, che ha ferito il Fraschinella incidentalmente, mentre questi lo investiva, irato.

Pretore:           (Al Cancelliere) E allora voi che cosa avete scritto?… correggete (All’accusato)  avete un’avvocato?

Masillara:        Nossignori.

Pretore:           Avvocato Pappalucerna, vuole difenderlo lei?

Avvocato:       Come piace al signor Pretore.

Masillara:        Camma, beddi, camma capemuni. Iò non ni pagu.

Usciere:           Non paghi tu, bestia, paga l’erariu.

Masillara:        Ah, allura, mentri c’è stu benefatturi… però st’avvucati mi pari na picca drummintatu.

Usciere:           (Al pubblico, ogni volta che ride) Silenziu.

Pretore:           (All’Usciere)  Introducete la teste Francesca Stonchiti.

Masillara:        Si vossignoria ci pemmetti  (Indicando tra il pubblico) ddà c’è u Zu Affiu Manciamossa, chi era prisenti e ci po’ diri unu di tuttu.

Pretore:           Silenzio, voi, sedete! (Masillara si siede)

Usciere:           (Davanti la comune, forte) Francesca Stonchiti!…

SCENA SECONDA

Cicca:                         (Da lontano, con voce stridula) Prisenti!… pimmessu… cu pimmessu!… a vai pimmittiti!… malanova chi m’aviti, ci pemmittiti? E schifiu è, mi lassati passari?…

Pretore:           Dunque?

Cicca:                         (C.s.) E tonna!… vadda comu sunnu bbeddi misi, ou senza tuccari chi figghiuledda schetta sugnu!… viditi vui  chi genti chi non avi cuffari… e livatibbi, malanova i vui suli!… ahi, puru i puzzicuna?… viditi vui chi m’avia ammattiri stamatinu.

Pretore:           Ma che cosa avete? Perché non vi fate avanti?

Cicca:                         (Entrando) Chi haiu?…e voscenza non si n’accoggi chi ci stannu iammannu l’opira, sti sdisonesti e cunnutazzi?  (Voltandosi verso la sala, con animosità)  sviggugnati  e viddanazzi ca scoccia!… tucculiati e vostru soru, si n’aviti!… oh, chi si mi sauta a musca cavaddina, l’occhi vi cau, chi vi pari a vui?

Pretore:           Insomma, vi volete fare avanti, si o no?

Cicca:                         (Irata) Vaddati chiccu ca sentiri!… chi fa, si bagna u pani voscenza? Comu pi putia fari avanti, si mi tiraunu u fazzulettu, mi tucculiaunu, mi daunu puzzicuni? (C.s.) sdisonesti!… e poi no vidiunu chi mpicciava u sciallu nte buttuni! Nte vostri facci fraciti s’avia mpicciari!

Pretore:           Ma con chi l’avete?

Cicca:              E chi è ne vidi? Vaddati comu sunnu beddi misi a cumacca! Pput, malanova i vui suli!…

Pretore:           Ma vivaddio, finitela, con questo chiasso!… siete davanti alla giustizia, comportatevi come si deve.

Cicca:                         Voscenza avi raggiuni, ma a mia m’ava cumpatiri!… in primisi primisi, davanti a liggi non ci ha statu mai percciò non ci potti pigghiari cufidenza, e poi, cu sti disunistazzi chi iammaru sta menzuredda!…

Pretore:           Andiamo, come vi chiamate?

Cicca:                         (Fra di se) Vadda ora che beddu st’autru… (Al Pretore) Comu mi chiamu? Ma picchì no sapiti?… Comu, ora ora mi chiamau fotti stu cristianu cca. (Indica l’Usciere, poi fra se)  vadda chi è lariu chistu, malanova, non mu vurria nzunnari stanotti!…

Pretore:           (Seccato)  Rispondete, come vi chiamate?

Cicca:              Cicca, signuri, Cicca Stonchiti.

Pretore:           Del fu?

Cicca:              Comu?

Pretore:           Del fu?

Cicca:              (Un po’ seccata) Non capisciu.

Pretore:           Vostro padre, è vivo, o morto?

Cicca:                         (Inviperita) Pi essiri, signuri, è mottu; ma non ffu, tantu pi sapillu, a bonanima, ciauriava di rosi e gessumina!

Pretore:           (Seccato)  Va bene, quando uno è morto si dici fu. Vostra madre?

Cicca:              Tanta bedda, signuri, grazzi.

Pretore:           Morta anch’essa?

Cicca:                         (Saltando in aria)  Toccu ferru, ccillenza!… Un campusantu fici divintari a me casa!… Me matri cchiu viva d’una testa d’agghiu!

Pretore:           Sta bene,  e come si chiama?

Cicca:              Cuncetta Bellaquasetta pi patti du so casatu, Cuncetta Inchisbai pi patti i so maritu.

Pretore:           Ma se avete detto che vostro padre si chiama Stonchiti!… ora gli avete cambiato nome?

Cicca:              No signori, me matri pigghiau tri mariti, e Inchisbai è l’uttumu.

Pretore:           Salute! E voi siete del primo o del secondo letto?

Cicca:              Ma chi sta dicennu?

Pretore:           Dico se siete figlia del primo o del secondo letto?

Cicca:              Signuri, non capisciu, iò sugnu figghia di me patri e di me matri.

Pretore:           Uffa!… ma siete figlia del primo o del secondo marito?

Cicca:                         Ah!… du primu maritu!… putia mai capiri iò…. Vui parrau di lettu!…. u lettu sempri unu ava statu, avi quarant’anni chi me matri avi u stissu lettu!…

Pretore:           Dove siete nata?

Cicca:              O cuttighiu d’aliva, a giustra.

Pretore:           Quanti anni avete?

Cicca:              Nascia nto colera, voscenza si facissi u cuntu.

Pretore:           Ma che conto! Che indicazione è questa?… Cancelliere, scrivete: di anni trentacinque.

Cicca:                         Ma chi sta dicennu? Vaddati chi è beddu!… e chi tagghia rossu!… (Al Cancelliere) ou, ou non scriviti nenti, beddu, chi poi mi resta scrittu!… (Al Pretore) iò, pi sapillu, trentadu’anni i fici u chinnici i giugnu.

Pretore:           Ah, ecco che lo sapete fare voi, il conto. Perché facevate lo gnorri?

Cicca:              Cui iò? Ma chi sta dicennu voscenza… quali gnura, iò a lavannara fazzu.

Pretore:           Dunque di anni trentadue, avete detto? Giurate.

Cicca:                         Pi l’anima santa i me patri! Chi c’entra?… nenti… non mi ni mucciai mancu unu (Mettendo le dita negli occhi)  obba di l’occhi aviria ristari, mancu?

Pretore:           Santa pazienza!… dite come dico io: giuro di dire…

Cicca:              Ah, capia, capia: giuru di diri…

Pretore:           La verità, tutta la verità…

Cicca:                         Gesu gesu gesu, e chi c’è bisognu, cillenza!… allura non mi canusci… quannu mai di sta bucca ava nisciutu quacchi minzogna!… e poi assira mi cunfissai!…

Pretore:           (Vibrato) Ripete: la verità, nient’altro che la verità.

Cicca:              Sissignuri, chi voli diri!… a virità, tutt’autru chi a verità…

Pretore:           Sedete là.

Cicca:              Sedete la.

Pretore:           No, sedete voi.

Cicca:              No, sedete voi.

Pretore:           (Furioso) Sedete!… mettetevi a sedere!

Usciere:           Assettiti, mancu!…

Cicca:                         Ou, bonu, chi mi stunastu!… capia, capia… ma si faciti bbuci tutti!… sugnu spratica di sta ambienti, quantu voti vi l’ha diri? A picca a picca mu nzignu (Si siede) sugnu misa giusta così?… (All’Avvocato) scusati i spaddi.

Pretore:           Alla buonora! Raccontateci in brevi parole come avvenne la rissa del lavatoio pubblico, alla quale voi foste presente nello scorso agosto. Ricordatevi che la legge punisce severamente i testimoni reticenti e falsi.

Cicca:                         (Facendosi il segno della croce)   Patri, figghiu e pi unni pigghiu pigghiu!… pi chistu mi chiamastu?… ma chi sta dicennu vossia, c’è sbagghiu! Quali riffa? Ci desuru mali nfommazioni!… nto quatteri unni staiu iò, tutti pari pari o lottu, giucamu…

Usciere:           Ma chi capisti?… u Prituri voli sapiri u fattu da sciarra!…

Cicca:                         Ah, da sciarra? E allura picchì parrau i riffa?… comu succidiu a sciarra? Ora ci cuntu unu di tuttu. Ava sapiri, ccillenza, chi nta giustra  ci semu na pocu i genti onesta chi stannu nto cuttigghiu d’aliva; comu peresempiu, iò, Pudda Bellaquasetta, Tudda Chianciminestra, Sara Pecuraianca, Minica a Ciolla, Cuncetta Cacaligna e autri fimmineddi bboni, chi semu tutti onorati travagghiatrici; poi ci sunnu di chiddi sciaridderi e micidiari, svigugnatazzi e tappinari, chi si ficiuri i caddi nto culu pu troppu stari sittati e chi di tantu in tantu cumparunu nte giunnala…

Pretore:           Andiamo, venite al fatto, senza apprezzamenti.

Cicca:                         E no, Prazzaventu c’era, ma poi si n’annau, ca scaciuni chi non pagava a misata i casa u patruni ci luvau i ciaramiti di notti e notti e u fici annari. E o postu soi vinni u Zu Turi Bagghiolu, chiddu chi avi a figghia vaddarusa…

Pretore:           Oh, Dio, venite al fatto!

Cicca:                         E pi chistu dicu!… nuatri fimmini onesti e travagghiatrici, puttamu u segnu nte manu… vossia vaddassi… chisti su caddi e quannu nte manu ci sunnu i caddi voli diri chi a genti sunnu travagghiatura, e no comu a quacchi d’unu chi l’avi nta facci o comu cettune sfaticati sdiittate, tutti chine di ciondoli, ricchini aneddi e poi non hannu mancu di chi manciari, i sdisoneste amari e triuluse!…

Pretore:           Abbreviate, abbreviate!… Cancelliere, che avete scritto?

Cancelliere:     Sono donna onesta coi calli, non dilettosa (Al Pretore, come spiegando) Ovverosia dilettante, scancia lire, in italiano cambia valute, con ciondoli e orecchini, abitante in via Mendicazze amare, in lingua mandorle amare.

Pretore:           (Più confuso che persuaso, vedendo ridere l’Avvocato) Ha detto precisamente così?

Cancelliere:     Testualmente, non ho fatto che tradurre, alla lettera.

Pretore:           Dunque, buona donna, continuate.

Cicca:                         Pecciò, comu stava dicennu, da iunnata, dui di nuatri oneste e travagghiture, ossia iò e Pudda Chianciministra, ni misumu a truscia nta testa e pattemmu ppi…

Pretore:           (Interrompendola) Che cosa è, la truscia?

Cicca:              A truscia, signuri, chi è?… e comu no sapi voscenza?… sta schizzannu!…

Pretore:           Qui non si scherza! Dite cos’è…

Cicca:                         C’ava chiessiri?… è tantu facili! Macari si ci dumanna a un picciriddu ci u sapi diri… eccu, com’è, piccasu, chi c’è na cristiana chi cammina e avi a truscia nta testa… dicu giustu? Ma voscenza pi giusta liggi, po diri: chi è sta truscia? Vegnu e mi spiegu. La truscia è na cosa chi una, mintemu, a pigghia di nterra e sa metti nta testa… poi a pigghia e a metti nterra, mi capistu? Pecciò a truscia cunsisti di essiri…

Pretore:           (Seccato) che cosa?

Cicca:              E comu, ccillenza, mancu a truscia sapi, voscenza? C’ava ghiessiri? A truscia!…

Avvocato:       Signor Pretore, se mi consente… la truscia, volgarmente detta appo le sicule lavandaie, è quell’involto con del bucato, che portano in testa alla lavanderia o lavatoio che dir si voglia.

Cicca:              (In confidenza all’Usciere) Ma chi è pacciu?… chi ci sta ncucchiannu?

Usciere:           Statti muta chi giustu dici.

Cicca:              Così dici? Sciarra e diavulu…

Pretore:           Dunque?… Proseguite.

Cicca:                         Allura, comu stava dicennu, iò e me cummari Chianciminestra, cu stu mottu di l’avvocatu nta testa, comu vuliti diri vuautri, ni n’ann’ammu  a saja.

Pretore:           Ah, ah!… avete detto la…?

Cicca:              A saja signuri.

Pretore:           E che roba è la saja?

Cicca:                         Malu pi mmia n’autra truscia pi manu avemu… a saja è dda cosa longa longa unni una, mintemu, si metti a lavari, nta saja, che consiste di esseri… u sapi chi dicu ccillenza? Iò sugnu i cca vossia e furisteri e non ni putemu capiri ci vulia un inteppetre.

Avvocato:       Signor Pretore, se mi consente, le do io la definizione italiana della parola saja.

Cicca:                         Brau, tuttu santu e binidittu. (all’Usciere)  u sugnuri u mannau, ma chi è mpiegatu cca stu cristianu?

Avvocato:       La saja, dunque è quel piccolo ricettacolo d’acqua corrente priva di moto, la dove le lavandaie inzuppano le masserizie domestiche, fregandole sulla pietra lavica che le pulisce dalle sostanze estranee.

Cicca:              Brau, giustu, comu dissi iddu.

Pretore:           (Ridendo sotto i baffi)  Benissimo continuate Stonchiti.

Cicca:                         Proseguendo, comu arruammu nta sta sustanza ddocu, comu dici stu cristianu, mu signuri mi c’ha renni, ni truammu nta sta situazioni: iò misa cca, mintemu, e cchiu supra i mia Pudda Chianciminestra. Pi mal’occasioni cchiu supra cu c’era? Dda sdisonesta e sdiggenerata di Cuncetta Caillazza. E ddocu nasciu u mbrogghiu,  picchì, nonostanti chi nui erumu cchiu sutta di idda e n’arruvava dd’acqua lodda e fitusa di so robbi, idda p’invidia chi i nostri eruniu beddi puliti chi fici? Pigghiau na manata di fangu  e ni mpistau e ni nghiappau tutti i beddi robbi.

Pretore:           Cancelliere scrivete.

Cancelliere:     Sissignore la Caillazza introduceva la peste nel bucato delle parrocchiane.

Pretore:           Ma no, scrivete così: gettava nell’acqua della poltiglia.

Cicca:              Fangu…

Pretore:           Poltiglia

Cicca:              Fangu ccillenza quali buttigghia!

Pretore:           Silenzio, so io come si chiama! Poltiglia !

Cicca:                         Comu voli vossia. Dunque ni ittau sta buttigghia, e non sacciu comu ni nnericau tutti i beddi robbi, a pudda ci vinni du cori a ffirrau du tuppu tuttu ngrasciatu e a stricau terra terra, si fussi iò pi voscenza a cunnaniria e lavori fozzati a vita, e no a stu sbinturatu du Zu Giuvanni Masillara,  chi avi tri figghi a casa chi non hannu chi manciari figghi ciatu.

Masillara:        Brava cummari Cicca, vi mmeritiriu un baciu!

Pretore:           Silenzio voi e non divagate.

Cicca:              Chi dissi?

Pretore:           Dico non divagate.

Cicca:                         Ma chi ci scappa da bbucca, chi magari mi fa fruntari davanti a tutti, vadda chiddu ca sentiri? Dumani mi cunfessu davanti a Diu.

Pretore:           Continuate.

Cicca:                         Dopu chi mi fa nfruntari! Senza mi è mancu veru! Allura, unni avia rruvatu… puru u filu mi fici peddiri…

P.M.:               Afferrò la Caillazza e la trascinò per i capelli.

Cicca:                         Allurra comu si suggiu dda vipira nfinnali si leva una zoccola, parranu cu vossia, e ci nne ammisca un coppo nella testa chi ci fici un bumbulu tantu.

P.M.:               Bumbulu, e che roba è  questo bumbolo?

Cicca:              Bonu vaia, cca c’è n’autru chi non capisci. U bumbulu e na mbuscicata n’acchittu

Pretore:           Bumbolo, inbuscicata, occhiello, ma che lingua è la vostra?

Cicca:                         Malu pi mmia (All’Avvocato)  e vui inveci di ridiri picchì non ci u spiegati?  (Al Pretore)  si mintennu a vossia ci bullunu un mazzacani o cutigghiuni nta testa chi ci nasci? Un bumbulu na mulinciana vaia.

Pretore:           Cancelliere avete scritto?

Cancelliere:     Con una zoccolata le produceva ferita lacero contusa alla bozza parietale, denominata petronciana.

Pretore:           Ma cosa dite mai scrivete un’ecchimosi.

Cicca:              Sissignori cu l’accremisi chi ma pigghia pu scantu.

Pretore:           Proseguite.

Cicca:                         A stu puntu cu rruvau? U zu Natali Fraschinedda chiamatu panza bruciata, cca prisenti, maritu di dda sdiggenerata chi sintennula sguaitari comu na cagnazza figghiata scinniu e ci vulia isari manu a ma cummari Pudda.

Pretore:           Ah, ha investito?

Cicca:                         U maritu u maritu, ma siccomu si dici, u diavulu si menti nto menzu e cipuddi, cu si truvava a passari magari, u zu Giuvanni Masillara  fratastru di Pudda, e curriu ma difenni, e allura l’omini si minacciaunu i fimmini i priinchiunu, u sangu cumincia a bugghiri nte vini… malu pi mmia tutti  i cosi stava dicennu… eh, eh, eh, nisceru o laggu.

P.M.:               Uscirono al largo? A disfida insomma?

Cicca:              No, signuri… non sacciu autru.

Pretore:           Come non sapete altro, sapete tutto e dovete parlare.

Cicca:              Eh… no sacciu dopu stu puntu mi n’annai e non vitti cchiu nenti.

Pretore:           Non è vero.

Cicca:                         Ci lo giuro supra l’anima santa di me nonnu, macari malata cadia du scantu, si vossia non ci cridi, s’infummassi cu dutturi.

Pretore:           Badate, che i testimoni falsi o reticenti sono puniti col carcere e l’arresto immediati!… voi sapete ben altro.

Cicca:              E cu ci u dissi a vossia?

Pretore:           Me lo ha detto l‘appuntato delle guardie nel suo rapporto.

Cicca:              E cu ci u puttau stu malu cristianu? Si cridi a stu sbirru ficisci nto nfennu vossia.

Pretore:           Non insultate gli agenti.

Cicca:                         Quali genti, si m’inzuttaru iddi quannu trasia cca, quatri quatretti matuni e ciaramiti u munnu a ruvessa è.

Pretore:           Voi eravate presente al ferimento, narrateci come accade il ferimento.

Cicca:                         E tonna a coppi, non c’era cchiu, m’avissuru sparari pi sbagghiu  (Guarda a Masillara che gli fa segno di stare zitta, guarda il pretore che la fa impaurire)   e comu fazzu  (Guardando la platea) ah, vossia vadda dda c’è viulanti chi era presenti e sapi unu di tuttu, mu su fa cuntari di idda… Viulanteeee! Aunn’è dda sutta era?

Pretore:           Fate silenzio, siete voi la teste, si interroga voi e voi dovete parlare, devo far venire i carabinieri?

Cicca:                         No chi c’entra, vossia spittassi, viti chi nisceru na cosa tutti di dui ma sinceramenti parrannu non vu pozzu diri chiddu chi era…

Pretore:           Ve lo dirò io, erano coltelli.

Cicca:              Vaaa, veru?

Pretore:           Ah, la prendete così? Carabinieri, usciere fate veniri i carabinieri.

Cicca:              Un momentu, chi primura chi avi, sissignori non lo nego erunu cutedda.

Pretore:           Chi tirò per primo?

Cicca:              E chistu no sacciu, non mi voghhiu mannari l’animu o nfennu.

Pretore:           Dunque, volete conoscer il carcere? Usciere chiamate la forza.

Usciere:           Carabb….

Cicca:                         Un momentu, e chi è, non chiamati a nuddu, e com’è priscialoru st’autru (A voce bassa) Ci u dicu in cunfidenza,  fu u zu Giuvanni Masillara.

Pretore:           Che confidenza e confidenza ditelo forte è stato il Masillara!

Cicca:                         (Guarda il Masillara che vorrebbe mangiarsela con gli occhi) Per detto però, pecchè iò tonnu e replicu mi n’avia annatu.

Pretore:           Sia lodato il signore, ve ne potete andare.

Cicca:              A casa ccillenza?

Pretore:           No, dovete tenervi pronta per ogni evento.

Cicca:                         Sempre sghizzevole vossia ci piaciu ah, a chi m’ava fari u ventu sugnu pedda cummigghiata stati e nvennu ora chistu ci voli, vossia mi scusa si ci dissi quacchi palora mammalucchina ma sugnu spratica di liggi allegru zu Giuvanni chi nenti pigghiati u signò presidente è na pissuna bbona e cuscinziusa. Malanova mi hanno n’autra vota cca sunnu (Esce) e chi sunnu beddi lassatimi passari… non aviti cuffari… acqua davanti e ventu d’arreti e sapuni sutta di pedi…. E malanova nte cannarini e spera a Diu mi sciubbati du culu e chi di l’occhi si campa… sciò sciò malanova i vui suli. (Scompare).

SCENA TERZA

P.M.:                           Signor pretore, mi sorge spontanea, benché tardi, ma sempre in tempo, una obiezione da fare all’accusato, o meglio una constatazione del suo mendacio. Il Frachinella, come or dinanzi ha detto la teste stonchiti, è soprannominato: panza arsa, il che in italiano si traduce; pancia bruciata e vuol dinotare l’assoluto difetto d’epa. Come, dunque, stando alla affermazione dell’accusato, quella parte del corpo del ferito, poteva essere tanto appariscente e prospiciente da infilzarsi da se medesima? Cancelliere, faccia il piacere di inserire questa mia osservazione a verbale.

Cancelliere

(scrivendo, ripete) l’inverosimiglianza della versione masillara sta in questo: che il ferito non poteva essere colpito alla pancia, stante che difetta di questa parte del corpo, essendo incendiata.

Pretore

(all’usciere) avanti gli altri testimoni.

Usciere

(c.s. alla comune) messere rapa!…

Scena Quarta

Messer Rapa

(dietro le quinte)  presente!… (entrando, con passo sicuro ed aria da malandrino) giuro di diri la verità, tutta la verità e niente altro che la verità…

Pretore

bravo! Avete fatto tutto da voi. Chi vi pregato di giurare?

Messer  Rapa

Signò pretori, scusi la presciosità, ma l’ho fatto per risparmiare tempo.

Pretore

Ah, avete fretta?

Messer Rapa

Signò si, pecchì c’è una uganizzazzione di appiattimento contro taluni ignote che hanno rubete dei pollame e se li divano allippare o meglio stovacare nello stomaco nel dipresso di muricello.

Pretore

Sta bene, vi apposterete dopo.

Messer  Rapa

Trattandosi del mio doveri…

P.M.

e qui perché ci siete, per burla? Non è il vostro dovere, anche questo?

Messer Rapa

Basta, come vogliono essi. Mi affranca la sua palora.

Pretore

Il vostro nome?

Messer Rapa

Minicu rapa, del fu sigismondo e di antonia gatto, nativo di bovalino, pruvincia di riggio, di anni trentasetti, qui residente e domiciliato, appuntato delle guardie scette, prossimo a vici brigadieri.

Pretore

Benissimo… giurate… già, avete giurato… dunque… che cosa sapete della rissa al lavatoio pubblico, tra giovanni masillara e natale fraschinella?

Messer Rapa

Chi ne so? Chi ne so? Uno di tutto. Ed ecco che ci la racconto in dui palori, soccintamente e senza fari tanti preaboli. Dunqui, mente per me (appoggia la mano sulla fronte e pensa per un attimo)  quel gionno ero di sevvizzio in gazomitro, la quale, dopo averla pedinata per un bel po’, su e giù, mi avevo posto di piantagione sotto una fanale.  (nel pubblico ci saranno delle persone che rideranno e lo prenderanno in giro. Esse saranno determinanti per la parte che dovrà sostenere messer rapa, come si vedrà in seguito, quindi si suggerisci al regista approntare delle persone atte a questo scopo)

Pretore

Continuate…

Messer Rapa

(dopo aver guardato con occhi storti quelli che ridono) quanto a un tratto intesi un piccolo rumore di rissa donnesca, onde pinzai; queste due donni, coi suoi voci ecute, vogliono turbare la tranquillita domestica della strada passante… (si ferma un’altra volta guardando in cagnesco il pubblico che ride)

Pretore

e così?… continuate

Messer Rapa

non posso.

Pretore

Perché non potete?

Messer Rapa

Picchè c’è quacche d’uno che rite supra la mia persona…. (al pubblico) vorrebbi sapere chi c’è da ritere?… stupite, cretini!…

Pretore

Non apostrofate il pubblico!… (rivolto alla platea) prego il pubblico di astenersi da qualsiasi manifestazione… (a messer rapa) continuate, voi…

Messer Rapa

Mi avvicino al luogo emanatore dei gridi, e scopro due donni che si bastonavano tirandosi i capelli  (si ferma perché il pubblico scoppia a ridere)

Pretore

E così?… perché tacete?

Messer Rapa

Ma lei, signò pretori,  non si è accolto che al pubblico ci faccio odore di beggamotto?… (guarda in cagnesco)… imbicille facinorosi….

Pretore

(a messer rapa) e due! (al pubblico) ripeto al pubblico di non fare manifestazioni di sorta in quest’aula, altrimenti farò sgombrare!  (a messer rapa) vedrete che non riderà più nessuno!

Messer Rapa

Voglio spirare!… dunqui; (mente per me, c.s.)  una delle due rissaiuole, a un dato mumentu, si toglie dal piete uno zoccolo, con rispetto parlando, e ci ne misca un colpo nella testa dell’altra producendoci ferita lacero contusa alla cuticagna – scusando la palora che proferisco dinnanzi alla sua faccia che mi ascolta-  guaribile in dieci giorni. Allora mi ho visto pigghiato dai tucchi, e pinzai, nel segreto della mia coscienza, di andare a chiamare il mio compagno di battuglia, messer rana, per avere una sua mano di aiuto nel sedamento della sullodata rissa. Difatti ho fuggito di tutta corsa, che io, per fuggire, ho stato sempre l’unico… (c.s.)

Pretore

E poi?

Messer Rapa

E poi, si lei non fa stare al pubblico, non pallo più!… ritagoisca, la preco, ritagoisca!

Pretore

(al quale gli vien da ridere)  signori, per la terza volta, prego, silenzio!…

Usciere

silenziu!… (da non dimenticare che l’usciere dirà silenzio ogno qual volta sentirà ridere)

Pretore

(a messer rapa) continuate, senza preoccuparvi dei rumori.

Messer Rapa

Bisogna conosciri, signò preturi. Io non mi preoccupebberessi, ma dal momento chi sono convinto che mi ceccano di pigliare per inamovibile!…

Pretore

Come?

Messer Rapa

Ho detto inamovibile, palora corrispondente di quell’altra che lei m’intende  (verso il pubblico) genti inconchidibile!… dunqui ho fuggito ed ho raggiunto in brevi istanti il mio colleca, osia il suo distaccamento, ma siccomi non c’era, mi ho armato di coraggio civile e ho tonnato solo sul luogo del disastro (al pubblico che ride) e tonna parrinu e sciuscia!… ma chi c’è da ritere, gente inconclusionale?

Pretore

Vi ho detto di non apostrofare il pubblico.

Messer Rapa

Scusa, dal momento che li scippano dai comiti, io postrifo!!

Pretore

E fate male, ve lo ripeto!… il pubblico stia al suo posto! Proseguite.

Messer Rapa

Quando tonnai, però non trovai più le due donni che si dilaniavano, ma bensì due uomini, che erano i suoi difensori di lei stesse. Uno dei dui, che sarebbe l’emarginato indeviduo (indica il masillara) aveva uscito il cinque soldi e guardava all’altro comi un iatto mamuni, che si ci voleva buttari addosso…

Pretore

Che cos’è il cinque soldi?

Messer Rapa

È un coltello di misura, il quale è sempre tri centimetre più lungo, che costa cinque soldi e serve ad uso di tempirino, di annetta pipa, di sbucciatore di frutta ed altri oggetti, comi piresempiu, ammazzatine ed altro.

Pretore

Ho capito, continuate!

Messer Rapa

Vista la gatta mala pigliata e che potiva finire a geppone di defunto, comincia a gridare di sopra il parapetto: alto là, femmo, femmo, non ti allanzare!… ma che, quel manecoldo, senza obbidire, ci cala un peppendicolare in direzione dello stomaco, lasciando il fraschinella decaduto per terra con la testa a livante e le pieda a punente.

Pretore

E voi, che ci stavate a fare?

Messer Rapa

Vengo e mi ci spiego. A questo punto mi ho visto prima la vista del ferito, il quale cadendo supino a faccia sotto emanava dei lamenti umani gridando: ahi, ahi, ahi mi mmazzau, mentre che il feritore fuggiva correndo. Onde io, pronto, prendo la rivoltella dalle fianche, ci sbarro il passo, e ci grido: ferma, macaco, altrimenti ti lascio andari dui alive nire che ti produco ferita d’arma da fuoco con foro di entrata alla massa ascellare destra e foro di uscita alla massa scapolare sinistra, guaribbili in trenta gionni, con riserva, tranne complicanze!  (il pubblico ride) lo vide, lei, si è vero che mi volono sbintare? Ma ni canuscio quaccuno che se lo prendo nelle mia artiglie, ci stiro il collo comi un callo faciano!… (dal pubblico si alza una voce che dice “ma sciusci”)  ecco, vedi, signò preturi, che ancora continuano coi rumori inconsulti?

Pretore

Silenzio! Per l’ultima volta ripeto che se il pubblico continuerà nelle manifestazioni di ilarità sarò costretto a far sgonbrare l’aula!… (a messer rapa) continuate…

Messer Rapa

(guardando storto e con circospezione)  a questa intimazione si ha reso a descrizione. Allora si feci una piccola pelquisizione domiciliare sopra la sua persona, e ci ho trovato un licca sapuni, osia un seconto coltello fora mesura.

Masillara

(tra i denti) sbirrunazzu nfami!…

Pretore

non c’è altro?

Messer Rapa

Non ci sarebbi altro, ma dal momento che questo ndeviduo inveisce con palori osceni, ci dico che c’è il sequeto e consiste che mentri lo conducevo alle cacceri di gazzi, in camira di sicurezza, ha incognato la nominata francesca stonchiti e ci ha parlato nei urecchi di lui, dopo di che li ho scucchiati.

Pretore

C’è altro?

Messer Rapa

Sissignori, se ci pemmetti ci vorrebbi avanzare una stanza: in questo fatto che ci ho sposto è chiaro e vidente che ho risicato la vita civile; con tutto questo ne avanzo di grado e nemmeno una piccola gratificazione pecuniaria… e va beni! Vabbeni!… ma le tre lire della contrabinzione del licca sapuni picchì no nesciunu?… Pecchì?… lei mi spiega… la sua illuminata giustizia…

Pretore

(interrompendolo seccato)  ma che c’entra il pretore con le spettanze delle contravvenzione? Rivolgetevi alla vostra amministrazione… potete andare.

Messer Rapa

(andandosene) corpo di pio nono vistutu di gran tenuta, tutti di na manera, contro il guardio!… ma qualche ionnu, se mi salta il schiribbizzio, mi spoglio di questa carriera che indosso e formo una sucità dinominata: guardii di questura dimissionarii, sucità sogialista cintrale italiana. (se ne va)

Scena quinta

Pretore

Cancelliere leggete la deposizione del teste rapa.

Cancelliere

Trovandomi a pattugliare in via gazomitro mi ferì l’orecchio una rissa di lavandaie che si bisticciavano fra loro donne. Mi avvicinai e si tiravano i capelli, mi allontanai e la caillazza riceveva una zoccolata in testa, corsi e trovai che il masillara feriva il fraschinella. Intimandogli la resa arrestai il feritore dedito a leccare del sapone e gli feci la perquisizione a gazzi dopo do che  frequentò la teste stonchiti nell’orecchio onde li ho divisi.

Pretore

Ma anche voi cancelliere scrivete in un modo!

Cancelliere

Traduco signor pretore.

P.M.

chiedo che sia richiamata la teste stonchiti, la quale, dalla deposizione del rapa, appare reticente, non avendo detto intyera la verità.

Pretore

La difesa ha nulla da dire contro la richiesta del p,m.?

Avvocato

(si alza beve si gratta tutto passeggia si ferma e riflette quindi con enfasi)  la difesa si rimette.

Masillara

Brau! Stuiatibbi tuttu u suduri!

Pretore

Silenzio voi!

Masillara

Ma a cu mi dastu comu avvucatu? Pi diri sti du palori chi c’era bisognu di iddu? Me figghiu gnannu n’avissi dittu di cchiu.

Avvocato

Vi compatisciu gnuranti!

Masillara

Annativvinni spidugghia faccenni.

Avvocato

Saria cosa mi non vi difennu cchiu.

Masillara

E saria megghiu, si mi difinniti così mi ni vaiu rittu rittu in galera.

Pretore

Silenzio, silenzio, si richiami la teste stonchiti.

Usciere

Francesca stonchiti, francesca stonchiti.

Scena sesta

Cicca

Prisenti, prisenti. Malu pi mia e cu mi puttau a mmia sta matina vadda chi buddillinu, giustu a mmia aviunu a chiamari? Vadda n’autra vota? Lassatimi passari e aviti i capiddi ianchi! Vaia leviti i ddocu… cuppai staiu ccupannu.

Pretore

Avanti, avanti, santo Dio, accomodatevi.

Cicca

Ora malanova, avanti avanti, picchì ne ricchiama a sti sdiggenerati chi mi spremunu comu a racina, ahi motti subbitania mancu chio carabbineri ci vegnu cchiu.

Pretore

Finiamola! Badate stonchiti poco fa diceste che non vedeste ferire il fraschinella.

Cicca

E chi dissi minzogna?

Pretore

Parrebbe, perché la guardia di città rapa asserisce che non solo foste presente al fatto ma che il feritore dopo consumato il misfatto ebbe a parlarvi a l’orecchio.

Cicca

Gesu e quali?

Pretore

Dite la verità che sarà meglio per voi.

Cicca

Ancora sintia, sissignuri veru è u fattu da ricchi, u sapi chi fu? Chi u ziu giuvanni passannu schizzevolmente mi tirau a ricchi così (si tocca l’orecchio si accorge che gli manca l’orecchino, si tocca e si ritocca) malu pi mmia  (guarda a terra)

Pretore

Che vi accade che cercate?

Cicca

Sugnu motta a bedda ricchina! (all’avvocato) vossia si spustassi na picca  (all’usciere) spustibbi malanova chi m’aviti.

Pretore

Ma che vi prende, rispondete a me.

Cicca

Quatri quatretti matuni e ciaramiti a bedda ricchina.

Pretore

Ma insomma!

Cicca

Oru anticu chinnici liri!

Pretore

Rispondete perbacco!

Cicca

Ma rubbaru e cu fu, cu fu! (illuminadosi) unn’è da sdiggenerata di viulanti cu idda eru idda mi dava discussu!

Pretore

Rispondete a me vi dico.

Usciere

Rispunni o preturi babba!

Cicca

A ietta sangu tu e iddu a ricchina vogghiu ritunnatimmilla!

Usciere

Ou stai attenta comu parri chi nzivu i mussa!

Cicca

Chista fu viulanti sugnu sicura comu a motti e a prova è chi si n’annau.

Scena settima

Violante

(dalla platea)  eu nzivata e ngrasciata vidi chi iò cca sugnu non mi ni scappai prima mi mi muntuvi a mmia ta sciacquari a bucca cu l’acidu muriaticu…

Cicca

tu fusti , latra, ci avivi ittatu l’occhi ncoddu… ritonnimi a ricchina u senti?

Violante

Putt! Lodda e nzivata a dillu n’autra vota!

Pretore

Silenzio del pubblico, stonchiti silenzio…

Cicca

A nchiana facci i cuppinu nchiana.

Violante

Scinni scinni lodda…

Pretore

Ma dove siamo in piazza? Usciere fate sgomberare l’aula!

Usciere

Fozza niscemu (a cicca) non faciti cchiu tuttu stiu schifiu chi non siti a vostra casa (l’afferra e la spinge verso la porta)

Cicca

(inviperita) ou non mi tuccati vecchiu poccu chi siti d’accoddu tutti? Chi è cumacca?

Violante

Ti dissi scinni… nzivata…

Cicca

Nchiana latra nchiana  (insulti a soggetto)

Pretore

Si sgombri la sala via tutti l’udienza è tolta.

Cicca

Un momento signori femmi tutti non vi muviti nuddu siti tutti testimoni querela!

FINE DELLA COMMEDIA