I complessi

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I COMPLESSI

di Jean Bernard-Luc

adattamento di Gianluigi Pavani

Personaggi:

FRANCESCO MALVEZZI

ELENA MALVEZZI, sua moglie

BIAGIO, cameriere

ANTONIA, cameriera, moglie di Biagio

PROFESSOR DAVIDE KONGLOW, psicologo

SIGNORINA PELUSI, segretaria di Francesco

CAMILLO, amico di Francesco

LUCIANA, amica di Elena

OLGA, amica di Elena

CECILIA, amica di Elena

ATTO PRIMO

Quando si alza il sipario, Antonia è sola in scena. Canta mentre spolvera e accenna dei passi di Charleston. Suona il campanello d’ingresso, sbuffa e sempre ballando si avvia nell’atrio ed esce. Nello stesso tempo, la porta di destra si apre e, rinculando, appare Biagio, che pure accenna dei passi di charleston. Il suo sguardo attento non abbandona la stanza da cui è appena uscito. Comincia una mimica molto curiosa, giocando con la porta, nascondendosi dietro bruscamente, aprendola con precauzione, ecc. Ha in mano un taccuino ed una matita. È chinato all’interno del sipario, mostrando il sedere al pubblico. Antonia, rientrando, sempre con passi di danza, sorprende gli atteggiamenti di Biagio. Si avvicina, stupita e si china anche lei guardando cosa sta facendo.

ANTONIA - Cosa fai Biagio?

BIAGIO - (spaventato fa un salto e anche Antonia a sua volta si spaventa e fa un balzo indietro) Ah, sei tu, Antonia…

ANTONIA - (riprende il suo passo danzante) Ma cosa facevi col quel taccuino in mano?

BIAGIO - Sto… sto disegnando. (mentre parla gli fa fare dei giri con la mano)

ANTONIA - Stai diventando molto strano, Biagio.

BIAGIO - (con impazienza, nascondendo il taccuino) Hai bisogno?

ANTONIA - C’è un signore di là che chiede della Signora, dice che ha appuntamento.

BIAGIO - Non ti ha detto il nome?

ANTONIA - Per la verità me ne ha detti due. (fa il gesto con le dita e ne mostra tre) Ma non ho capito bene, comunque il primo (lo indica con il pollice) è Davide …

BIAGIO - Davide Konglow? Il professor Davide Konglow?

ANTONIA - Sì, più o meno dev’essere così.

BIAGIO - (la sposta, precipitandosi verso l’atrio) Meno male. Era ora!

ANTONIA - Sta diventando davvero molto strano! (Entra il professor Davide Konglow con cappello e ombrello, seguito da Biagio, molto indaffarato)

BIAGIO - Se, il signor professore vuol favorire… (Ad Antonia, che nel frattempo si è seduta al tavolo) Antonia, va ad avvertire subito la Signora che il professore è qui. (fa sedere il professore al tavolo di fronte ad Antonia. Invita Antonia ad uscire. Il Professore si siede in cima alla sedia come se fosse a disagio)

ANTONIA - (che è uscita, e poi rientra) Davide… e poi?

BIAGIO - La signora sa chi è. Fai presto. (Andando verso la porta di destra) Chiedo scusa, ma io non posso muovermi dall’anticamera del signor Malvezzi. (torna a guardare dentro) Forse lei, professore, comprende?

PROFESSORE - (non deve fare gesti e si muove con atteggiamento da aquila) Non ancora.

BIAGIO - (che torna a giocare con la porta) Capirà presto, vedrà, professore. (Si torce il collo per guardare, poi, vista libera la via, manda un sorriso al professore, e scompare. Il professore solo, si alza, si guarda attorno con calma, osserva un rompicapo sulla mensola, lo prende in mano e gliene cade un pezzo, poi guarda la scacchiera e prende due pedine. Le osserva e, quando le alza, entra la signora Malvezzi che gli tende le mani)

ELENA - Ah! Professore! La ringrazio di essere venuto subito. (Il professore con un gesto secco le mette in mano le due pedine. Elena le guarda) Mi sembrava tutto così normale, prima di udire la vostra conferenza…

PROFESSORE - (sentenzioso) Niente è normale, signora. (torna a sedersi sulla poltrona in punta)

ELENA - Oh, è vero, niente è normale. È a voi che io debbo questa scoperta impressionante. Tutto quello che voi avete detto sulla vita della coppia, che rivelazione! (guarda le pedine come se fossero una coppia) E come avete dovuto soffrire, voi! Che matrimonio infelice! (lo tocca sulla spalla)

PROFESSORE - (al tocco, il Professore scatta in piedi e si porta a destra, guardando il pubblico) Veramente il mio non è stato né felice, né infelice. (si gira con la testa verso Elena) Io non sono sposato. (Va verso il tavolo con una posizione da aquila appollaiata) Ma se tralasciassimo i miei tormenti per parlare dei vostri?

ELENA - Ecco. Si tratta di mio marito. Scusatemi, un istante soltanto. (chiama) Biagio… (Biagio appare facendo sporgere solo la testa dalle quinte) Il signore è nello studio?

BIAGIO - Sì, Signora

ELENA - E cosa fa?

BIAGIO - Detta la posta alla segretaria.

ELENA - E come lo fa?

BIAGIO - Ad alta voce, signora. (entra in scena) Cammina. (va verso il proscenio e poi torna indietro) Va dalla scrivania alla finestra. Poi dalla finestra alla scrivania. Qualche volta (tambureggia con le dita sul tavolino) tambureggia con le mani sul vetro. (Il professore si piega per guardare il tambureggiamento e si alzano entrambi contemporaneamente guardandosi in faccia)

ELENA - Tutto qui?

BIAGIO - Guarda anche il tappeto. (fissa un tappeto per terra. Anche Elena e il Professore si mettono a fissare il tappeto)

ELENA - Il tappeto?

BIAGIO - Sì signora, lo guarda fissamente. (Antonia entra sempre a passo di danza con il vassoio in mano, li guarda e, vedendoli così fissi, guarda anche lei, fa tintinnare i bicchieri, spaventata, posa il vassoio e scappa)

ELENA - Fissamente. (Elena guarda Antonia che esce. Poi guarda Biagio) Bene, continuate. (gli dà in mano le due pedine che Biagio passa immediatamente al Professore, il quale rimane con le pedine in mano e va verso il fondo)

BIAGIO - (esce, poi riappare solo con la testa) Signora, io continuo come mi ha detto lei, (Il Professore gli si avvicina mentre parla e si fissano a distanza ravvicinata) ma il Signore comincia a trovare molto strane le mie continue apparizioni.

ELENA - (Biagio esce, si rivolge nuovamente al professore) Non si muoverà dal suo studio prima delle cinque, ma se dovesse entrare vi presenterò come una conoscenza qualunque, non come un dottore della mente.

PROFESSORE - Come volete voi signora. Se sono venuto per lui, infatti, è preferibile non dare l’allarme.

ELENA - È ingiusto, lo capite. (prende il Professore per il braccio) Non se lo meritava. Sì, professore, devo dirvelo subito: io ho un marito perfetto.

PROFESSORE - (tirando fuori un taccuino, si siede al tavolo a sinistra per prendere appunti) Niente figli?

ELENA - Oh, no, me l’avrebbe detto.

PROFESSORE - Intendo vostri. Cos’è, dunque, successo, signora? Avete rilevato dei segni?

ELENA - (annuisce varie volte) I sospiri.

PROFESSORE - (sospira) I sospiri? Sospira molto?

ELENA - Tutti i momenti.

PROFESSORE - E voi non lo avevate mai notato? (appoggia il taccuino sulla tavola)

ELENA - Mai. Aveva trovato un sotterfugio per nascondere i suoi sospiri.

PROFESSORE - Non mi sorprende: i malati sono ingegnosissimi nel dissimulare il loro male. Cosa ha inventato vostro marito? (il Professore tira fuori la pipa e comincia a caricarla)

ELENA - Fuma. Fuma continuamente e ad ogni boccata di fumo che manda fuori, è un sospiro che nasconde. Sono dieci anni che mio marito sospira e invece io credevo che fumasse

PROFESSORE - Purtroppo signora, (si siede sulla poltrona, accendendo la pipa) molti fumatori rientrano in questo caso.

ELENA - Ma dove ai miei occhi l’angoscia esplode è nella poltrona.

PROFESSORE - Quale poltrona?

ELENA - Quella.

PROFESSORE - (si alza di scatto ed esamina la poltrona) Eppure è una poltrona eccellente. (sposta la poltrona verso il centro) Cosa gli è successo in questa poltrona?

ELENA - (si siede quasi sdraiata sulla poltrona) Si è addormentato.

PROFESSORE - … e ha avuto un momento di sonnambulismo… (prende nota per scrivere)

ELENA - No!

PROFESSORE - (interrompendo la scrittura) Qualche altro indizio caratteristico?

ELENA - Oh! Sì. Un silenzio spaventoso.

PROFESSORE - Naturalmente. (il Professore riprende a scrivere sul taccuino. Poi, con movimenti lenti ma sempre da aquila, si sposta a destra e si rivolge al pubblico) Tuttavia non dimentichiamo che il silenzio è un fenomeno che accompagna normalmente lo stato di sonno… (poi si rivolge ad Elena) ma i segni del risveglio del mattino sono particolarmente interessanti. Ne avete notato qualcuno, signora?

ELENA - Ma certo! Biagio prende nota di tutto. (Indica la quinta e chiama Biagio)

BIAGIO - (apparendo solo con la testa) Il signore detta ancora, ma si è messo a sedere. Ha le gambe incrociate. (entra e fissa il tappeto) Guarda sempre il tappeto.

ELENA - Bisognerà che dia una occhiata a quel tappeto. (Il Professore si inginocchia verso il tappeto e prende appunti) Avvicinatevi, Biagio. Leggete quello che avete segnato. (Il professore si alza e, battendo il taccuino sulla mano, va verso Biagio che a sua volta tira fuori il suo taccuino e lo batte)

BIAGIO - (si siede e legge) Giovedì: il signore, svegliandosi ha chiesto se era veramente giovedì. Io gli ho detto sì, signore, è giovedì. (guarda Elena che a sua volta guarda il Professore) Mi risponde: allora domani è venerdì. Poi il signore ha aggiunto: Biagio, perdo la memoria. (Elena e il Professore si alzano in contemporanea e si risiedono) Venerdì: il signore si stira con un profondo sospiro. (Guarda Elena che guarda il Professore) Poi accende la pipa. Mi permetto di dirgli che fuma troppo. (Il Professore si alza e va verso Biagio che lo guarda in modo sospettoso) Lui alza le spalle. (anche Biagio alza le spalle, Elena alza le spalle, il Professore alza le spalle) Sabato: si spunta la barba e impreca contro le forbici. Chiedo al Signore (come se lo chiedesse al Professore) perché non se la taglia. Egli fa un risolino (si rivolge al pubblico e fa un risolino) e la Signora?

ELENA - Che cosa, Biagio?

BIAGIO - No signora: è il signore che, con un risolino, (si torna a rivolgere al pubblico) ha detto: e la signora?

ELENA - Sì, Biagio e allora? (Biagio scuote la testa e rinuncia a spiegare)

BIAGIO - Niente altro. (chiude il suo taccuino)

ELENA - Grazie Biagio. Andate pure. (Biagio si alza ed esce) Questi sintomi vi sembrano interessanti?

PROFESSORE - Non sono forse interessanti (passionale e sfogliano il taccuino) l’amnesia precoce, il complesso della barba? Cosa volete di più, signora?

ELENA - Dunque non mi sono sbagliata, è… un po’… toccato?

PROFESSORE - Toccato non è una parola che noi usiamo, signora, direi che noi ci troviamo dinanzi ad un caso di nevrosi ad evoluzione lenta. (si siede a destra del tavolo)

ELENA - Ah, ne ero sicura, ma mi dicevo, “Ma no Elena, forse ti sbagli”…

PROFESSORE - No signora. Potrei sbagliarmi io, (ride) ma non voi. Voi avete di vostro marito (allunga le mani sulla caraffa come se stesse leggendo nella sfera di vetro) una conoscenza incosciente, subcosciente, precosciente e conoscente. (Elena afferra la caraffa e si versa da bere) Se permettete, signora, (allunga la mano con un bicchiere e Elena gli versa dell’acqua) ora devo farvi alcune domande.

ELENA - Ma certo, Professore. (Bevono contemporaneamente)

PROFESSORE - Bene. Da quanto tempo siete sposati?

ELENA - Aspettate. Da… (conta) Oh, chi lo avrebbe mai detto! (beve e rimane in silenzio)

PROFESSORE - Non mi avete risposto, signora.

ELENA - Oh, scusate. Da 19 anni.

PROFESSORE - È stato un matrimonio d’amore? (si alza in piedi)

ELENA - Oh si!

PROFESSORE - Vi conoscevate da molto tempo?

ELENA - No. Cioè sì, lo vedevo passare nella strada. Aveva dei piccoli cappelli così buffi. (si alza dalla sedia e siede sulla poltrona) Era affascinante, povero Francesco.

PROFESSORE - Vorrei, ora, chiedervi qualche precisazione più circostanziata su vostro marito. (si siede a cavallo della sedia di sinistra appoggiandosi alla spalliera) Dovete aspettarvi perciò delle domande che di solito non ci si attende. (appoggia il taccuino sul tavolo)

ELENA - Oh, io da martedì mi aspetto di tutto!

PROFESSORE - Bene. Vostro marito ha ancora i genitori?

ELENA - Soltanto la madre.

PROFESSORE - Che età aveva alla morte del padre?

ELENA - Non mi ricordo. Quasi un bambino.

PROFESSORE - Quasi un bambino. (sottolineando con voce alterata. Si alza dalla sedia) E come avvenne questa morte?

ELENA - Accidentalmente.

PROFESSORE - Siete ben sicura che egli (si sposta dietro la poltrona, con tono secco e deciso, puntando il dito) non abbia ucciso suo padre?

ELENA - (scatta in piedi spaventata) Mio marito, ha ucciso suo padre? Ma come potete pensare una cosa simile?

PROFESSORE - (accelerando il tono e incalzandola) Sto pensando al complesso di Edipo.

ELENA - Il complesso di…?

PROFESSORE - Sì, signora, quel complesso che, spingendo il figlio verso la madre, (fa il segno di spinta con le mani e la spinge dietro al tavolo) lo incita a uccidere il padre. (fa il gesto di pugnalare con la matita)

ELENA - (incalzata dal professore cade sulla sedia di destra) Misericordia! Ma è spaventoso. (e si versa da bere)

PROFESSORE - (ritorno a un tono grave) Si, piuttosto. (pausa) E come è avvenuto?

ELENA - Il padre cadde nella tromba di un montacarichi. (mentre dice questo si sposta verso il proscenio e guarda in basso come se fosse la tromba del montacarichi. Il Professore, nel frattempo, è sceso dal palco e si trova sotto Elena. Elena con il bicchiere in mano, mentre dice la battuta fa cadere il bicchiere che il Professore afferra)

PROFESSORE - (dal basso) E dov’era il piccolo?

ELENA - Questo non lo so.

PROFESSORE - Non lo sapete?! (verso il pubblico, con tono di rimprovero) Ma che negligenza!

ELENA - Professore! Non penserete…?

PROFESSORE - (sempre dal basso) Signora! Voi avete sposato un “tizio” del quale non sapete neppure se ha o no ucciso suo padre!

ELENA - È vero. Ma è terribile!

PROFESSORE - (torna con tono accomodante) O almeno è una leggerezza. (Verso il pubblico) Tutto è nell’infanzia. (Verso Elena) Ha dei fratelli, delle sorelle?

ELENA - Una sorella.

PROFESSORE - Ancora viva?

ELENA - (si rilassa e si siede) Oh, si, si. Ha telefonato anche questa mattina.

PROFESSORE - Ah, e… telefona spesso?

ELENA - Si, piuttosto spesso. E sua sorella no?

PROFESSORE - Signora, io ho quattro sorelle, non mi telefonano mai. (sale sul palco) Come vedeva la signorina Malvezzi il matrimonio del fratello?

ELENA - Non so… di buon occhio, suppongo, ma, Professore, a cosa pensate ora?

PROFESSORE - Al complesso di Oreste, signora. Quello che spinge i fratelli verso le sorelle.

ELENA - Cosa?! (si alza di scatto e fa quasi cadere il Professore) Francesco e Cristina? Ma che orrore!

PROFESSORE - Dominatevi, signora, e cercate piuttosto di ricordarvi quale fu l’atteggiamento di Cristina il giorno del vostro matrimonio.

ELENA - È così lontano…

PROFESSORE - Bisogna a tutti i costi che la rivediate nel ricordo. (la fa sedere, spostando la poltrona verso il centro della scena) Rilassatevi e la vedrete benissimo. (le fa oscillare un pendolino davanti agli occhi) Non pensate a niente. Voi non esistete più nel presente.

ELENA - (inquieta) Ma poi mi sveglierete, vero?

PROFESSORE - Voi non siete addormentata. Rilassata semplicemente. Riandate al giorno del vostro matrimonio. Ecco! Ci siete?

ELENA - Sì. Com’è bello!

PROFESSORE - Concentratevi sulla sorella.

ELENA - Oh scusate, ma tutti questi abiti, tutti questi colori, ma dove si è cacciata?

PROFESSORE - Provate a chiamarla, vi aiuterà.

ELENA - Cristina, Cristina! (Lancia improvvisamente un urlo e si rialza) Non c’era!

PROFESSORE - Non c’era? (afferra il taccuino che è sul tavolo e comincia a scrivere)

ELENA - No.

PROFESSORE - La sorella non era andata al matrimonio del fratello?

ELENA - No, ora me lo ricordo benissimo. Per questo non la trovavo! (va verso il centro del proscenio)

PROFESSORE - E a voi sembrava tutto normale, vero? (le parla da dietro, spostandosi a destra e sinistra, mentre Elena fa i gesti contrari) Dov’era il piccolo Francesco il giorno dell’incidente? Dov’era sua sorella il giorno del matrimonio? Tanti enigmi inquietanti ai quali voi non avete mai pensato!

ELENA - (costernata) Ebbene sì, lo confesso!

PROFESSORE - (con tono di crescente rimprovero) Cosa faceva il giovane Francesco? Torturava le bestie? Aveva paura della luna? Potete misurare ora alla luce della psicanalisi quale leggerezza avete commesso!

ELENA - Ah sì misuro, misuro! (si siede affranta sulla poltrona) Cosa devo fare, Professore?

PROFESSORE - Cominciate subito. Interrogate vostro marito senza destare sospetti.

ELENA - (guardandolo sottecchi) Non potreste interrogarlo voi?

PROFESSORE - Fino a quando non avrò fatto il punto sui suoi complessi non posso far niente. Però, per guadagnare tempo, (si siede sul tavolo) mentre voi sarete con lui, potrei interrogare la cameriera.

ELENA - Certo, la chiamo subito. (Si alza. Su questa battuta entra Biagio. Antonia è dietro di lui. La signora Malvezzi suona il campanello poi si volta e vede Biagio)

BIAGIO - Il signore sta firmando la corrispondenza. (balla sul posto)

ELENA - Mio dio è vero, sono già le quattro. Venite con me Professore. (Il professore va verso la porta ma non esce)

ELENA - (a Biagio) È uscita la sua segretaria?

BIAGIO - Sta per uscire, signora.

ELENA - (al professore) Non vorreste interrogarla? È una persona di tutta fiducia.

PROFESSORE - Buonissima idea.

ELENA - Biagio fermate la signorina Pelusi e mandatela dal Professore. Fatela passare dal giardino

BIAGIO - Bene signora. (esce dalla porta di destra sempre ballando. Nel frattempo entra Antonia a passo di Charleston)

ELENA - Antonia, resterete con il signore per rispondere alle domande che vi farà. Voi avete visto nascere il signore, non è vero? (Antonia guarda il professore stupita e interrompe improvvisamente il ballo)

ANTONIA - (in dialetto) No signora, anzi non l’ho mai visto prima e poi ha una più brutta faccia.

ELENA - Antonia, le ho detto mille volte di parlare in italiano davanti agli estranei.

ANTONIA - (con un sorriso sfottente) Bene signora, vuole che glielo ripeta in italiano?

ELENA - (seccata) No, questa volta non importa! Dicevo, voi avete visto nascere il signor Francesco.

ANTONIA - (appoggiando la mano sulla spalla del professore che la guarda con rimprovero) Ah, il signor Francesco! Quanti anni sono già passati! Ma non l’ho visto nascere, è nato di notte.

ELENA - Cominciamo bene! (sente arrivare il marito) Eccolo! (Spinge Antonia fuori. Rapida uscita del professore ed Antonia sulla porta di sinistra. Entra Francesco dalla destra e non entra completamente. I due, per le prime battute, si parlano da una parte all’altra del palcoscenico)

FRANCESCO - (pulendosi gli occhiali) Buongiorno, mia cara Elena! Mi dispiace dirlo, ma credo che Biagio stia rimbecillendo. Figurati che da qualche giorno l’ho sempre tra i piedi, dalla mattina alla sera. Non c’è verso di liberarsene.

ELENA - È un uomo che ama la compagnia

FRANCESCO - Forse. Però ama soprattutto la mia. Credimi è veramente strano. (Accende la pipa. Elena lo guarda sospirando) Perché sospiri? Ti da fastidio il fumo?

ELENA - OH no! Fuma, fuma, povero Francesco. (va verso si lui e si appoggia sulla sua spalla)

FRANCESCO - (sta per baciarla, ma la guarda e si interrompe) Ma che cosa hai?

ELENA - Io? Niente …

FRANCESCO - Hai pianto?

ELENA - Ma che strana idea! È… che da qualche giorno ho gli occhi che mi bruciano.

FRANCESCO - (Francesco le allunga il fazzoletto e lei si soffia il naso) Ma i miei ci vedono bene ed ho notato che da due o tre giorni c’è qualcosa che non va!

ELENA - (dice la battuta con voce nasale e soffocata dal fazzoletto) Ma cosa dici Francesco?

FRANCESCO - Credi non abbia sentito con quale tono mi hai detto “fuma, fuma, povero Francesco!” E poi, me ne sono accorto, ogni volta che accendo la pipa tu emetti un sospiro angosciato!

ELENA - Sono io che sospiro? (pausa, poi seccata) Oh, no, questo poi no, senti! Sono io che sospiro! (mentre dice questo indietreggia e Francesco la segue fino al centro del palcoscenico)

FRANCESCO - Insomma, Elena, ti sto osservando da tre giorni: a tavola non tocchi cibo, sei distratta, nervosa, mi guardi in modo strano! Nemmeno fossi un mostro o… un assassino.

ELENA - (Elena volge il capo per non guardarlo) Francesco, ti supplico, non usare questa parola! (Lacrime le salgono agli occhi)

FRANCESCO - Ah, ecco, vedi?

ELENA - Ma certo, mi dici certe cose sinistre!

FRANCESCO - Elena, qualcosa ti preoccupa, e tu soffri. Non cercare di nasconderlo.

ELENA - Ma, non lo so… (lo prende per le mani e dice le battute seguenti cercando di imitare il professore come se leggesse nella sfera di cristallo) Forse sono davvero triste, ma sai in una maniera cosciente, incosciente, subcosciente e persino conoscente.

FRANCESCO - (dopo un balzo di sorpresa si siede sulla poltrona) Insomma, quando io sono entrato piangevi, (con tono di gelosia) forse pensavi a qualcuno?

ELENA - Ebbene, sì. Pensavo… a tuo padre.

FRANCESCO - A mio padre? (sorpreso) E perché pensavi a mio padre?

ELENA - Perché… è l’infanzia che spiega tutto.

FRANCESCO - (dopo un nuovo sussulto di sorpresa) L’infanzia…?

ELENA - (va verso di lui, prende la sedia dalla tavola e si siede accanto come aveva visto fare dal professore) Sì, Francesco, che cosa so io della tua infanzia? Niente. Tormentavi le bestie? Avevi paura della luna? Tu non mi hai mai detto nulla. Io non so niente di tuo padre!

FRANCESCO - (si alza e va verso il centro) Mio padre era un uomo ammirevole!

ELENA - (Elena si alza e lo segue e lo abbraccia stando alle spalle) Lo amavi?

FRANCESCO - (con slancio) Se amavo mio padre? Lo adoravo.

ELENA - Davvero? (Egli la guarda sbalordito) Ah, come sono contenta, Francesco! Ma allora quell’incidente orribile deve averti colpito atrocemente!

FRANCESCO - Sì, avevo 13 anni. Mi colpì terribilmente.

ELENA - Ma, dimmi Francesco, chi chiamò il montacarichi?

FRANCESCO - Non mi ricordo.

ELENA - Tu non giocavi mai con quel montacarichi?

FRANCESCO - Mai. Mi era stato severamente proibito.

ELENA - (felice, lo gira verso di sé, con le spalle al pubblico) Ah, sì?! Che bello! Che buona idea!

FRANCESCO - Sì, appunto, mi fu proibito subito dopo l’incidente di mio padre.

ELENA - (improvvisamente preoccupata) Allora prima potevi?

FRANCESCO - Eccome! Era il mio gioco preferito.

ELENA - Ma andiamo!

FRANCESCO - Cosa ti prende?

ELENA - Non avrebbero mai dovuto permettertelo. Mio Dio, ma come si fa? E il giorno dell’incidente tu dov’eri?

FRANCESCO - Alla fabbrica.

ELENA - Ma eri lontano dal montacarichi?

FRANCESCO - Tranquillizzati, non ho visto niente. Il montacarichi era nello spogliatoio. I ragazzi non potevano metterci piede.

ELENA - Ma come? Se hai detto che giocare con il montacarichi era il tuo gioco preferito.

FRANCESCO - Sì, ma soltanto la domenica.

ELENA - E … tuo padre non è morto di domenica?

FRANCESCO - No, avvenne di giovedì …

ELENA - (felice) Ah. Francesco! In un giorno di lavoro! Come sono contenta! (costringe Francesco a fare una piroetta)

FRANCESCO - (dopo averla guardata stupito) …e quel giorno per caso non ero a scuola. (si siede sul tavolino dondolando le gambe, come fanno i bambini)

ELENA - (subito preoccupata) Ah!

FRANCESCO - Ora che mi ci fai pensare, rivedo tutto molto bene. È buffo. La mamma era uscita e ci aveva lasciato soli in casa.

ELENA - (Preoccupatissima gli va vicino) Soli chi?

FRANCESCO - Mia sorella Cristina ed io. Quel giorno era a casa anche lei.

ELENA - …e vostra madre ha lasciato voi due soli? (quasi urlando) Ma è pazzesco!

FRANCESCO - Perché?

ELENA - Perché non si lasciano soli un fratello e una sorella… è molto imprudente, pensa quello che è successo a Oreste!

FRANCESCO - (stupito) Oreste chi? Il sagrestano. Ma non ha una sorella…

ELENA - No il famoso Oreste! (Francesco la guarda stupito)

FRANCESCO - …poi c’era Antonia.

ELENA - Ah, bene! Se c’era Antonia.

FRANCESCO - (le mette un braccio sulla spalla e dice la battuta senza guardare Elena, rivolto al pubblico) Mi ricordo bene che fuori faceva molto freddo e Antonia ci aveva proibito di mettere il naso fuori.

ELENA - Dunque, impossibile andare a giocare con il montacarichi.

FRANCESCO - Impossibile. Non c’era da scherzare con Antonia.

ELENA - (piena di gioia. Lo bacia) Ah! Oh! Quella brava Antonia! (rivolta al pubblico considerando tra sé e sé) Le darò un aumento!

FRANCESCO - Sembra che il ricordo di quella giornata ti metta di buon umore. Non capisco… (va a prendere il rompicapo dal fondo e si siede al tavolo) Vuoi altri dettagli?

ELENA - No, non dirmi una parola di più sul montacarichi. (si sposta a destra) E Cristina?

FRANCESCO - Si…?

ELENA - Quanti anni aveva a quell’epoca?

FRANCESCO - Aveva 16 anni.

ELENA - 16 anni! Doveva essere graziosa, Cristina, a 16 anni! (si porta dietro a Francesco che continua il suo gioco)

FRANCESCO - Così dicevano tutti.

ELENA - (da dietro alle spalle) E non era anche il tuo parere?

FRANCESCO - Oh, sai, i fratelli non notano mai niente. La trovavo molto ridicola!

ELENA - (pure divertendosi) Ridicola?… Era ridicola? Povera Cristina?!

FRANCESCO - (smettendo di ridere) Però l’adoravo! Mi sarei fatto uccidere per lei.

ELENA - (gelata di colpo. Si appoggia al tavolo con le mani e con tono risentito) Ah! Ma, a proposito di Cristina, mi sono sempre domandata perché non fosse presente al nostro matrimonio.

FRANCESCO - Non era al nostro matrimonio? (Francesco ha in mano un pezzo del rompicapo, fa tentativi di piazzarlo ma non ci riesce)

ELENA - No!

FRANCESCO - Ma va! Strano, io credevo che fosse testimone.

ELENA - Francesco, non far finta di credere che ci fosse. Sai benissimo che non c’era.

FRANCESCO - Ti assicuro che non me ne ricordo! È passato tanto tempo… Ma se lo dici tu, ti credo. Non prendertela!

ELENA - (con tono molto arrabbiato contraddicendo il senso delle parole) Non me la prendo; ma mi piacerebbe sapere dove era Cristina quel giorno. (spostandosi alle spalle di Francesco) Non era per caso perché il nostro matrimonio non le faceva piacere?

FRANCESCO - (girandosi per guardarla prima a destra poi a sinistra) Ma se era così felice!

ELENA - Ah, si? (accusatoria) E allora perché non è venuta?

FRANCESCO - Non lo so. Ma, infine, dopo venti anni non ha più molta importanza!

ELENA - (spostandosi verso il telefono) Francesco!

FRANCESCO - Si?…

ELENA - Vuoi farmi un favore? (prende in mano il telefono e gli porge la cornetta con il braccio teso) Telefonale.

FRANCESCO - A Cristina?

ELENA - Sì.

FRANCESCO - Per dirle che cosa?

ELENA - (ritira il braccio con la cornetta) Per chiederle dove si trovava il giorno del nostro matrimonio.

FRANCESCO - Ma è ridicolo! Un giorno o l’altro, glielo chiederemo.

ELENA - No, Francesco, no! (torna a porgere la cornetta con il braccio teso) Telefona.

FRANCESCO - Senti, Elena, io sono pronto a fare di tutto per scacciare i cattivi pensieri che hai in testa, ma francamente lo trovo stupido. Dopo tutto, che cosa può importarti oggi! La mia famiglia non ti aveva mai dato tante preoccupazioni in venti anni.

ELENA - Diciannove! Telefona. (gli dà in mano il telefono e gli mostra la rubrica del telefono aperta)

FRANCESCO - (fa il numero con il pezzo del rompicapo che teneva in mano. Tiene la cornetta bloccata con la spalla) Ti rendi conto dell’aria da cretino che avrò per Cristina, rivolgendole una domanda del genere, e per telefono? (gli cade la cornetta ed Elena l’afferra e gliela torna a porgere con autorità) Sì buon giorno, vorrei parlare con la signora Cristina. Sono suo fratello… Non c’è?… No, no, non è urgente. Richiamerò.

ELENA - (fermandolo) Come non è urgente? Cosa ti ha detto?

FRANCESCO - (al telefono) Un momento, prego… (a Elena) Possono darmi un numero dove raggiungerla, ma francamente… (fa il gesto di ripassarle il telefono e la cornetta)

ELENA - (gli rimette tutto nelle mani) Prendi quel numero.

FRANCESCO - (seccandosi) Ma via, Elena, questo sta diventando un capriccio! (al telefono) Scusatemi, ci ho ripensato, volete darmi quel numero, per piacere?… 5436. Grazie. (riattacca. Passa il telefono ad Elena)

ELENA - Tu non sai che cosa voglia dire (con tono professorale) un’ossessione, vero?

FRANCESCO - Io so che cosa è ridicolo. E noi ci stiamo (fa il gesto con le mani) annegando, mia cara.

ELENA - Fa’ quel numero, Francesco, (gli avvicina la cornetta all’orecchio, tenendola in mano e lo obbliga a fare il numero) così dopo non ci penseremo più.

FRANCESCO - Ah! Ma che barba! (fa il numero) E poi chissà se se lo ricorderà. (Elena continua a tenere in mano il telefono) 5436?… Vorrei parlare con la Signora Breviglieri, per piacere… Come? È sotto il casco? Che casco?… Ah! (a sua moglie) È sotto il casco!

ELENA - Che casco?

FRANCESCO - Ma quello del parrucchiere. (mette in testa ad Elena la cornetta come se fosse un casco) Urgente? No penso proprio di no…

ELENA - Francesco!

FRANCESCO - (gesticolando ampiamente si passa il filo del telefono attorno al collo, per cui la frase successiva risulta strozzata) Invece, si, è urgente! Aspetto. (a sua moglie, scaldandosi) Voleva che lo dicessi a lui (fa il gesto con la mano tesa) perché poi lui glielo dicesse a lei. (altro gesto, impigliandosi sempre di più nel filo, finché Elena lascia l’apparecchio che pende addosso a Francesco) Te lo immagini: dite alla signora Breviglieri che suo fratello le chiede dove si trovava il giorno del suo matrimonio, venti anni fa!

ELENA - Diciannove! Calmati, mio caro.

FRANCESCO - (al telefono) Pronto, Cristina? Sono Francesco… Si, si, Francesco, tuo fratello. Eri sotto il casco?… Oh, come mi dispiace!… No, no, non è successo niente di grave… Ma no te lo assicuro… Ho una strana voce? Sì, è che ho avuto un po’ di contrattempi… Cosa voglio? Ecco, senti, volevo chiederti… (fuori del microfono) Ah, no, senti, è troppo stupido!

ELENA - Francesco!

FRANCESCO - (al telefono) Ecco volevo chiederti… insomma… (si schiarisce la voce) Come mai tu non eri al matrimonio?… (si asciuga la fronte con un senso di sollievo) Come a quale? Al mio matrimonio! Al mio… Come con chi? Ma con Elena, diamine! (a sua moglie) Lo vedi?

ELENA - Non se l’aspettava, eh? La abbiamo disorientata vero? (Elena comincia a spostarsi nervosamente alle spalle di Francesco. Va intorno al tavolo, tocca le spalliere delle sedie)

FRANCESCO - Questo senz’altro… (al telefono) Ma no, Cristina lo sai bene che io non faccio mai degli scherzi per telefono. (a sua moglie) È furibonda! (al telefono) No, ecco ascolta, sono con Elena e siccome così stavamo parlando del passato, così del più e del meno… rievocando i nostri ricordi, ci siamo detti: perché Cristina non è venuta al nostro matrimonio? Sai ci ha fatto molto dispiacere… Ah… c’eri.

ELENA - (Elena che si muoveva nervosamente si blocca improvvisamente) Dov’era?

FRANCESCO - Ma è incredibile!

ELENA - Dov’era?

FRANCESCO - Ah, ma certo che c’eri!

ELENA - Dove? Dov’era?

FRANCESCO - (urlando alla moglie) Al nostro matrimonio! (dolcemente alla sorella) Certo, certo che c’eri… Ma certo ora mi ricordo benissimo! Si, sì avevi un abito color tango, me lo ricordo, era bellissimo,

ELENA - Se c’era com’è che non si è fatta vedere?

FRANCESCO - (alla moglie) Ma se aveva un abito color tango! (al telefono) Certo eri la testimone! (alla moglie) Cosa ti dicevo!

ELENA - Ma naturalmente che c’era.

FRANCESCO - (al telefono) No, no, Cristina… basta così, grazie, ricordo tutto benissimo ora. Non so come abbia potuto per un momento…

ELENA - Improvvisamente non la vidi più.

FRANCESCO - È che improvvisamente non ti ho vista più.

ELENA - Forse era troppo vicina a noi, sai come succede con le cose troppo vicine.

FRANCESCO - Sì, forse eri troppo vicina a noi, sai come succede con le cose troppo vicine… Come dici? Ma certo che sto bene, sto benissimo… No… non ti permetto di dirmi questo… Ma quale malattia! È stata solo una amnesia, torna sotto il casco… E va bene cosa sarà mai… (attacca) Bene, adesso era inviperita perché noi non ce la ricordavamo! Sei soddisfatta adesso?

ELENA - (liberando Francesco dal filo che lo avvolge) Sì, Francesco, ora sono rassicurata. (posa il telefono sul tavolino)

FRANCESCO - (si siede al tavolo per riprendere il suo gioco) Spero che non avrai altre domande da farmi, per oggi vorrei prendere fiato!

ELENA - (dietro a Francesco) Sì, Francesco, vai a fare una passeggiata, (lo abbraccia alle spalle) l’aria ti calmerà.

FRANCESCO - Non ne ho voglia.

ELENA - Ti faccio accompagnare da Biagio.

FRANCESCO - (si alza di scatto ed esce quasi correndo da destra) Per l’amor del cielo no, da Biagio no, vado da solo. (Elena riempie un bicchiere e beve. Entrano il Professore ed Antonia da sinistra)

ELENA - Ah, Professore! Non ha ucciso suo padre e sua sorella era la testimone! Antonia, per favore lasciaci soli. (Antonia fa un gesto verso il pubblico per indicare che la padrona è un po’ suonata. Elena se ne accorge e con un gesto le ordina di uscire) Antonia per favore lasciaci soli!! (Antonia, anziché obbedire, si mette a riordinare i pezzi sul tavolo con calma studiata perché vorrebbe sentire. Elena rifà il gesto di uscire ed Antonia rassegnata esce a passo di danza)

PROFESSORE - Bene, bene, comprendo, il vostro sollievo. Ma resta da fare ancora tutto. Quali sono i complessi di vostro marito? (gesto di ignoranza della signora)

ELENA - Io non lo so. Ma comunque sia quei due non li ha. Ed erano due tra i più terribili!

PROFESSORE - Non vorrei spaventarvi, signora, (si rivolge a pubblico) ne esistono, ahimè, altri ancora più terribili, credetemi. È urgente trovare il complesso di vostro marito.

ELENA - Il fatto è che diventa sempre più nervoso. Cosa bisogna fare, Professore?

PROFESSORE - (sedendosi sulla poltrona) Ci sono tanti sistemi: l’interpretazione dei sogni.…

ELENA - Non sogna mai.

PROFESSORE - Il metodo del “sogno ad occhi aperti”…

ELENA - Farlo sognare da sveglio!

PROFESSORE - Difficile, già… Resta però un sistema che ho avuto l’onore di mettere a punto io stesso e che ha dato dei risultati sorprendenti: il sistema della decongestione per contagio.

ELENA - Mio Dio! È anche contagioso? (Elena si siede, il professore si alza e va dietro alla sedia di Elena. Nelle prossime battute parlerà a destra e sinistra costringendo Elena a voltarsi in continuazione)

PROFESSORE - Mi spiegherò meglio. Vostro marito ha accumulato desideri inappagati, ma vive in un ambiente di pregiudizi e convenzioni. Ebbene, se le persone che lo circondano si mettono improvvisamente a manifestare liberamente ed appagare, senza ritegno, i loro desideri segreti davanti a lui, forse vostro marito, per un contagio irresistibile, verrà portato a decongestionarsi da tutto ciò che tiene represso dentro di sé.

ELENA - Ah, capisco…

PROFESSORE - Per fare questo, si ricorre alla simulazione. (guarda Elena con complicità)

ELENA - Ah, volete dire che gli altri, davanti a lui, fanno solo finta di… decongestionarsi.

PROFESSORE - Proprio così. Questo naturalmente richiede persone fidate. Intanto possiamo contare sul vostro cameriere. Se poi potessimo anche assicurarci l’aiuto della segretaria…

ELENA - Della signorina Pelusi?

PROFESSORE - Sì. Ha risposto molto gentilmente alle mie domande e mi è sembrata intelligente. E poi ci siete voi, signora.

ELENA - Voi credete che anch’io…?

PROFESSORE - Si! Primo esperimento, (fa segno con le dita) la decongestione del suo cameriere, della sua segretaria e di sua moglie. Lo stato di eccitazione di vostro marito si presta all’esperimento in modo eccellente. Approfittiamone.

ELENA - Approfittiamone pure. Cosa devo domandare loro?

PROFESSORE - Voi fate solo appello alla loro devozione, io mi incaricherò del resto. (si muove sul palcoscenico con gesti da aquila)

ELENA (aprendo la porta di sinistra) Prego, signorina, accomodatevi. (le indica la poltrona. La Pelusi, ha un bloc notes in mano dove ogni tanto prende appunti. Si muove a scatti gettando di tanto in tanto rapidi sguardi ai presenti)

PELUSI - Buongiorno, signora. (si siede)

ELENA - Il Professore vi ha già messo al corrente, non è vero?

PELUSI - (con aria contrita) Sì, signora, ho sentito… (Biagio appare con la testa dalle tende. Pelusi si alza)

BIAGIO - Il Signore passeggia in giardino e strappa nervosamente dei fiori dalle aiuole.

ELENA - Bene… Bisogna far presto. (lo prende per la mano. Biagio entra ballando. Elena, stupita, si allontana da lui passandogli sotto il braccio e con l’altra mano prende la mano della Pelusi in modo da avere da una parte Biagio e dall’altra la Pelusi) Il Professore ha bisogno di voi per tentare un esperimento. (li lascia. Pelusi si torna a sedere) La salute di mio marito può dipendere dal risultato di questo esperimento.

PELUSI - (preoccupata) Posso permettermi di chiedervi, Professore, (Il Professore fa un cenno di assenso in modo grave) se è pericoloso?

PROFESSORE - Per niente, signorina. Quando il signor Malvezzi rientrerà in questa stanza dovrà trovarvi qui.

PELUSI - Il fatto è che il signor Malvezzi crede che io sia già uscita. (si alza)

ELENA - Inventerete una scusa… gli direte che vi ho pregato di cercarmi una notizia su un libro.

PROFESSORE - Ecco, giustissimo. (a Biagio) A questo punto, entrerete voi.

BIAGIO - E il signore sarà già qui?

ELENA - Ma si, il professore ve lo ha già detto, state attento!

BIAGIO - Sto attento, signora. Solo che se io entro un’altra volta, penso che il signore non me la lascerà passare liscia. Lo sento.

PROFESSORE - (che è passato a destra) Ad ogni modo non vi lascerà passare liscia quello che vi vedrà fare dopo.

BIAGIO - Ah, si? (lo guarda stupito) E che cosa farò dopo?

PROFESSORE - Prenderete bruscamente la signorina Pelusi tra le braccia e la bacerete. (mentre dice questo va verso la Pelusi e l’abbraccia)

PELUSI - Bacerà me? (si svincola dall’abbraccio scivolando verso il basso e corre verso il fondo del palcoscenico dietro la tenda)

BIAGIO - (segue la Pelusi che gli è passata davanti e indicandola con il dito chiede) E dove la devo baciare? (la Pelusi gli dà uno schiaffo sulla mano)

PROFESSORE - Dove volete, non importa.

BIAGIO - (muovendo un’obiezione) Chiedo scusa, signora. (si mette di fianco ad Elena rivolto verso il pubblico)

PELUSI - Sono molto spiacente, ma non accetto. (si mette di fianco a Biagio, rivolta verso il pubblico come se fossero tutti schierati per una parata)

ELENA - Signorina!

PELUSI - (con aria sdegnata e scandendo le parole) Nessun uomo mi ha mai preso tra le sue braccia.

ELENA - Bene, questa è una buona occasione.

PELUSI - Non cerco le occasioni, signora. Declino l’incarico. Non prendetevela, Biagio, ma io declino.

BIAGIO - No, no, non si preoccupi, signorina, declino anch’io.

PROFESSORE - (passeggia davanti ai tre come un generale che passi in rivista la truppa) Pensavo, signorina, perfino di potervi chiedere qualcosa di più.

PELUSI - (facendo un passo indietro spaventata) Qualcosa di più? Con Biagio?

PROFESSORE - No, non con Biagio. (si gratta la testa come uno che sta cercando una soluzione) Col signor Malvezzi. Dopo questo gesto, il signor Malvezzi, secondo le mie previsioni, rimprovererà Biagio e lo farà uscire dalla stanza. (mentre dice queste parole si siede sulla poltrona e guarda a terra come se vedesse il campo di battaglia) Voi resterete sola con lui. Prenderete un atteggiamento languido e vi abbandonerete sulla sua spalla.

PELUSI - (con aria sognante) Su quale spalla, Professore?

PROFESSORE - Su una o sull’altra per me è lo stesso. Purché sia fatto con molta passione.

ELENA - Scusatemi, non si potrebbe trovare un’altra cosa decongestionante?

PROFESSORE - Signora, questi sono movimenti ormai classici. Non usciamo dal classico. E poi abbiamo fretta. Dunque, signorina?

PELUSI - Sentite, io accetto di abbandonarmi sulla spalla del signor Malvezzi, ma non il bacio di Biagio.

ELENA - (secca) Signorina, o tutte e due, o niente.

BIAGIO - Vi chiedo scusa, signora…

ELENA - Insomma, cosa volete voi?

BIAGIO - Non so se la signora si rende conto del sacrificio che pretende da me.

PELUSI - (seccata) Come sarebbe a dire, un sacrificio?

BIAGIO - Oh sì, signorina.

ELENA - Il vostro egoismo è scoraggiante. È la salute di mio marito che è in gioco, Biagio.

PROFESSORE - Tanto più che vi dimenticate una cosa importante, e cioè che noi vi chiediamo soltanto una simulazione.

ELENA - (sentendo del rumore) Arriva!

PELUSI - Ebbene, accetto! (sottolinea le parole mettendosi la mano destra sul cuore) Accetto… Ma… (alzando la mano come per fermare qualcosa) quando Biagio tenterà di baciarmi io lo schiaffeggerò!

PROFESSORE - Come volete.

BIAGIO - (con impeto) Come schiaffeggiare? Schiaffeggiare chi?

ELENA - Non certo il signor Francesco, è evidente!

BIAGIO - Ma, signora, io declino! (Rumori dal fondo)

ELENA - Andiamo! Su non c’è tempo per le chiacchiere. (Elena spinge Biagio e il Professore fuori dalla porta di sinistra. La signorina Pelusi va a prendere un libro dalla biblioteca, si siede e si mette a sfogliarlo. Entra il signor Malvezzi con dei fiori in mano)

FRANCESCO - Come? Siete ancora qui, signorina?

PELUSI - Si, sono ancora qui… La signora mi ha chiesto di cercarle una notizia. E allora io la sto cercando.

FRANCESCO - Date a me, posso farlo io. Non voglio che facciate tardi. Non disturbatevi.

PELUSI - Oh no, mi fa piacere, non preoccupatevi.

FRANCESCO - (le toglie il libro di mano e le dà i fiori che la Pelusi annusa con aria sognante come se fossero stati per lei) Non mi disturba affatto. (la signorina Pelusi è molto impacciata e si siede. Entra Biagio dalla porta di sinistra. È molto impacciato anche lui, va verso la Pelusi per baciarla, ma si accorge che Francesco lo sta fissando, allora con piroetta esce velocemente dalla porta di destra mentre il signor Malvezzi lo guarda furioso)

FRANCESCO - (guardando stupito il libro che ha preso la signorina Pelusi) È in questo libro che dovete cercare la notizia…?

PELUSI - Si.

FRANCESCO - Ma è la storia della guerra dei cent’anni!

PELUSI - Già, appunto.

FRANCESCO - E che diavolo vuol sapere mia moglie della guerra dei cento anni?

PELUSI - Come? Ah!… Le date. Quando è cominciata e quando è finita…

FRANCESCO - Le date? (appoggia il libro e diventa pensieroso) Ditemi, signorina, avete parlato con mia moglie?

PELUSI - Oh! Solo un poco.

FRANCESCO - Non vi sembra… depressa in questi giorni?

PELUSI - Mio Dio… non saprei.

FRANCESCO - Non trovate che ha delle idee un poco… strane?

PELUSI - Ecco questo sì, può essere. Un po’ strane, sì…

FRANCESCO - È vero allora!

PELUSI - Ma è una cosa che succede alle donne. (tende le mani e Francesco gli mette seccamente il libro)

FRANCESCO - Grazie, signorina, è tutto quello che volevo sapere. (Mette il libro sul tavolo. Va verso lo scaffale dove sono posti bicchieri e bottiglie. Biagio entra. La signorina Pelusi l’attende seduta. Biagio indica a gesti il signor Malvezzi. Esita. La signorina Pelusi gli dice tra i denti)

PELUSI - Ma cosa aspettate? (stringe gli occhi come per un sacrificio e stringe le labbra atteggiate a bacio. Il signor Malvezzi porta il bicchiere alle labbra voltandosi verso i due. Il cameriere allora, come in un tuffo nell’acqua gelata, prende la signorina Pelusi tra le braccia e la bacia. Il Signor Malvezzi per poco non affoga)

FRANCESCO - Biagio!

PELUSI - Ah! Non si preoccupi, me l’aspettavo! È disgustoso! (si pulisce le labbra con il dorso della mano)

BIAGIO - Il signore voglia scusarmi, ma non potevo rifiutarmi. È stato più forte di me.

FRANCESCO - (infuriato) Non è con me che devi scusarti, ma con la signorina Pelusi. Ma cosa combini? Sei diventato matto?

BIAGIO - Vi faccio le mie scuse, signorina, ma voi sapete che dovevo.

PELUSI - E io avrei dovuto schiaffeggiarvi! (piangendo) Ma non me ne avete dato il tempo.

BIAGIO - Si, avreste dovuto, ma ve ne siete dimenticata!

PELUSI - Lo faccio adesso. (con tono piagnucoloso, alza la mano per dare uno schiaffo a Biagio)

BIAGIO - (afferrandole il polso) Ah no, mi dispiace, ogni cosa a suo tempo, (gliela abbassa lentamente) adesso non vale più.

FRANCESCO - Ma cosa stai dicendo? Basta! (gli dà uno schiaffo) Adesso esci. Poi faremo i conti!

BIAGIO - Oh sì, signore, vedrà allora che non potevo declinare.

FRANCESCO - Signorina, sono veramente desolato di questo incidente.

BIAGIO - (uscendo) Anch’io!

FRANCESCO - Ma quell’uomo ultimamente è un poco squilibrato. È incredibile, proprio a voi questo affronto, voi che siete la correttezza in persona, (mentre dice questo le gira le spalle e va verso destra, la Pelusi lo segue e fa il gesto di abbracciarlo, in quel momento Francesco si volta verso di lei, e la Pelusi fa una circonferenza nell’aria con il braccio e assume un’aria mortificata) voi che non vi permettereste mai un minimo gesto scorretto.

PELUSI - (a disagio) Sì, per favore non parliamone più.

FRANCESCO - Vi assicuro che da oggi farò in modo che neanche si avvicini a voi.

PELUSI - Credo proprio che non lo farà più.

FRANCESCO - Ma non si sa mai. (Lunghissimo silenzio imbarazzato. La Pelusi, impacciata, prende il libro dal tavolo e inizia a sfogliarlo) Vi interessano ancora le date?

PELUSI - Sì.

FRANCESCO - Sarà una cosa lunga allora, perché non vi portate il libro a casa? (si volta e va verso i bicchieri)

PELUSI - No, sarà una cosa molto veloce. (si avvicina con l’intenzione di baciarlo, ma nello stesso momento Francesco si volta con il bicchiere in mano e se la trova di fronte)

FRANCESCO - Volete un bicchierino? (Francesco, con il bicchiere in mano, lo porge alla Pelusi che lo allontana avvicinandosi a lui con il viso quasi per baciarlo)

PELUSI - Oh, no mi farebbe male.

FRANCESCO - (spingendo nuovamente il bicchiere) Ma no, non può farvi male dopo una emozione come questa!

PELUSI - No, proprio no, grazie!

FRANCESCO - Suvvia, bevete un goccio. (lo spinge nuovamente)

PELUSI - Ebbene, accetto, in fondo può essere utile. (Francesco si allontana e si asciuga il sudore della fronte con un fazzoletto. La Pelusi beve il bicchierino tutto d’un colpo. Ruggisce e con decisione si getta verso Francesco che è di spalle. Francesco quando si volta si scontra con la Pelusi)

FRANCESCO - State bene signorina? (Le prende il libro dalle mani e glielo sventola sul viso) Volete prendere un po’ d’aria?

PELUSI - Sì, forse è meglio, non so. (La Pelusi va verso la finestra. Francesco si siede sulla poltrona con il libro in mano e lo sfoglia. La Pelusi beve un altro bicchierino, fa un altro ruggito e si lancia verso Francesco. Gli prende la testa gliela gira e lo bacia, mentre Francesco alza le gambe. La Pelusi corre per uscire da sinistra. Vede Elena e si precipita verso destra. Entra Elena. Francesco è rimasto pietrificato a gambe alzate)

ELENA - Allora, tesoro, come va? (Gli abbassa un gamba e si siede mentre con le mani abbassa l’altra)

FRANCESCO - Elena, credimi, io non sono superstizioso, tu mi conosci, ma comincio a credere che degli spiriti malefici si siano installati in questa casa.

ELENA - Perché, cos’è successo?

FRANCESCO - Di tutto, è successo di tutto. Dunque, prima entra Biagio e… sai cosa ha fatto Biagio?

ELENA - Ti ha forse mancato di rispetto?

FRANCESCO - No, non a me, alla signorina Pelusi!

ELENA - E che cosa ha fatto?

FRANCESCO - Proprio qui davanti a me ha baciato la signorina Pelusi.

ELENA - (con voce ed atteggiamenti da infermiera premurosa) Ah, sì e poi?

FRANCESCO - Ma come poi, (Francesco si alza e anche Elena è costretta ad alzarsi) non ti basta questo? (Parte girando per la stanza, indicando verso le quinte) Forse non hai capito: Biagio, il nostro cameriere, il marito di Antonia! Ha preso tra le braccia la signorina Pelusi, la conosci, vero? Quella che da anni è la mia segretaria, quella con la quale tu parli spesso, (fa sedere Elena sulla poltrona) l’ha presa fra le braccia e l’ha baciata. Ci sei? Hai capito?

ELENA - (dolcissima) Avevo capito benissimo. Eh, avrà avuto le sue ragioni, ma come sei nervoso!

FRANCESCO - Ah! Perché tu lo trovi normale?

ELENA - Niente è normale, mio caro, ma se lo ha fatto doveva averne, indubbiamente, una gran voglia. Tu dicevi che non stava molto bene? Adesso che si è liberato del suo problema starà benissimo.

FRANCESCO - Allora tu apprezzerai molto anche il gesto della signorina Pelusi. (dà il libro ad Elena va a bere un po’ d’acqua sul fondo poi tornando verso di lei)

ELENA - (sempre più dolce) Ma dimmi caro, cosa può aver fatto di male la signorina Pelusi, una persona così a modo?

FRANCESCO - Ebbene, dopo questo gesto di Biagio, forse presa dallo sconforto, non so… fatto sta che mi si è avvicinata mentre ero sulla poltrona e mi ha baciato.

ELENA - (scattando in piedi con il libro in mano, seccata) Come ti ha baciato? (pausa, posa il libro e ritornando forzatamente alla voce pacata) Non doveva!

FRANCESCO - Sì certo, come Biagio, anche lui non doveva. (gira intorno al tavolo con gesti di sconforto, battendo le mani) Ma capisci lo choc, poi sai cosa ha fatto ancora la signorina Pelusi?

ELENA - (interrompendolo) Un momento. (prende un pezzo degli scacchi, fa una boccaccia alla regina e la butta dalla finestra)

FRANCESCO - (la guarda con aria sbalordita) Ma cosa fai?

ELENA - Oh niente, era la Regina. L’ho buttata dalla finestra. Era molto tempo che ne avevo voglia. Dicevi, la signorina Pelusi?

FRANCESCO - (con la voce sempre più flebile) Ebbene, la signorina Pelusi, che era venuta per cercarti quelle notizie sulla guerra… (guarda fuori dalla finestra in basso per cercare di vedere dove sia finita la regina) Lo sai no? Sulla guerra dei cent’anni… Ma dove ero rimasto dunque? Ah sì, al momento del bacio.

ELENA - Me lo hai già detto! (prende un altro pezzo degli scacchi e lo butta dalla finestra) Sì, era il re. Senza regina non serviva.

FRANCESCO - (disfatto) Oh! Certo mi rendo conto, ma tutto questo ormai non ti interessa… è un bel gioco, ecco… ecco, anch’io. (prende una pedina e la lancia)

ELENA - Ma cosa fai, Francesco?

FRANCESCO - (galoppando verso il proscenio) Era un cavallo. E sai, i cavalli saltano. (salta sulla sedia)

ELENA - (contenta) Ma no! Anche quello bianco, guarda come salta! (getta un cavallo dalla finestra)

FRANCESCO - Non è meraviglioso come ci intendiamo subito anche sui pezzi da buttare?

ELENA - Ma è splendido! Ecco, Francesco, prendi! Questo è un alfiere. Non ti va di buttarlo?

FRANCESCO - Come no! Ma dopo di te.

ELENA - Ah, no. Dopo di te, Francesco.

FRANCESCO - (scende dalla sedia e torna verso di lei) Non vorrai litigare per questo? Sai cosa facciamo, lo buttiamo insieme, oplà.

ELENA - La torre! Hop!

FRANCESCO - E adesso i pedoni! Hop! All’aria!

ELENA - Oh guarda, un altro alfiere!

FRANCESCO - E un’altra torre! Hop!

ELENA (insieme) Via, via, tutti via (Elena esce da sinistra)

FRANCESCO - (rimasto solo continua a dire) Via, via, tutti via. (Poi corre a prendere l’annuario telefonico e lo consulta, scorrendo la pagina con il dito) K, K, K, Konglow: 5-18. (compone il numero, ma temendo d’essere udito dalla moglie, prende il telefono e si sposta verso il centro. Entra Biagio. Il signore, seccatissimo, muove qualche passo come se cercasse un posto dove posare l’apparecchio, sotto l’occhio del cameriere vivamente interessato alla cosa. Francesco inciampa nei fili del telefono, seccandosi ancora di più)

BIAGIO - Volete che vi aiuti, signore?

FRANCESCO - (aspro) Aiutarmi a far che?

BIAGIO - A telefonare.

FRANCESCO - Ma non vedete che non sto telefonando. Passeggio! (passeggia con il telefono sotto il braccio)

BIAGIO - Ah! Passeggiate.

FRANCESCO - Mandatemi Antonia.

BIAGIO - Bene, signore. (esce. Francesco, si sbroglia dai fili, si avvicina alla ribalta e ricompone il numero)

FRANCESCO - (al telefono) Casa del professor Konglow?… Il Professore è assente? Non sapete a che ora rientrerà?… Bene, richiamerò. Sono il Signor Malvezzi… Grazie. (È entrata nel frattempo Antonia. Aspettando la fine della telefonata, si avvicina alla mensola, prende il vasetto di porcellana e comincia spolverarlo)

FRANCESCO - (si volta in quel momento preciso e grida) Quello no! (si getta su Antonia come per toglierle il vasetto di mano. Nella foga fa cadere varie cose, e cade a terra anche lui mentre Antonia lo guarda stupita. Francesco, confuso) Scusatemi. Credevo che voleste buttarlo fuori dalla finestra.

ANTONIA - Buttarlo fuori dalla finestra! E perché?

FRANCESCO - Mah! Ultimamente sembra che usi così…

ANTONIA - Ma cosa dite, signor Francesco!

FRANCESCO - Dicevo così per dire. (cambia discorso) Lo sapete, Antonia, che state proprio bene? (le fa fare un giro su se stessa)

ANTONIA - (si siede alla sedia del tavolo a sinistra) Siete molto gentile, signore, ma gli anni sono quel che sono. Però mi sento ancora in gamba.

FRANCESCO - Allora, sentitemi, Antonia… (Antonia pulisce la brocca che è sul tavolo. Francesco prende una sedia e si mette accanto ad Antonia) La signora in questi giorni non sta bene. Non parlo della sua salute… Ma piuttosto… come posso dirvi…

ANTONIA Ma io ho capito signore. È… malata qui… (si tocca la fronte)

FRANCESCO - Ah! L’avete notato anche voi?

ANTONIA - Sì, l’ho notato anch’io. Oh! Ma molto leggermente.

FRANCESCO - Ah. Sì, sì molto leggermente.

ANTONIA - Non dovete spaventarvi, signor Francesco, (va verso il proscenio, come se guardasse fuori dalla finestra) forse è l’influenza della luna.

FRANCESCO - (anche lui è andato a guardare in alto) La luna voi dite?

ANTONIA - Sì, sì senz’altro, anche Biagio in questi giorni… (tornano a sedersi)

FRANCESCO - Già!… E anche la signorina Pelusi non mi sembra attraversi un periodo proprio normale.

ANTONIA - (si alza e torna a guardare verso l’alto) Allora è proprio colpa della luna.

FRANCESCO - In ogni modo, in questi casi è sempre meglio consultare uno specialista, uno psichiatra. (si siedono entrambi)

ANTONIA - Fate bene signore, non si sa mai dove si va a finire con la luna.

FRANCESCO - Non m’intendo molto di queste cose. So solo che bisogna fare il possibile per non contrariare la persona malata.

ANTONIA - Si è vero, mi ricordo che anche una mia zia…

FRANCESCO - (la interrompe) In attesa che consulti uno psichiatria bisognerà assecondare sempre la signora. (si alza e va verso il proscenio) E soprattutto, mai dimostrarsi stupiti di certe sue proposte, di certi suoi gesti… Ad esempio: se le venisse voglia di spaccare quel vasetto, voi… dategliene un altro. Se dovesse farvi domande tipo: “Antonia, voi, al mattino, mettete un po’ di pepe nel caffellatte?” Rispondetele: “Ma certo, signora, come tutti…” Avete capito?

ANTONIA - Il signore può contare su di me. E per Biagio?

FRANCESCO - Farò visitare anche lui.

ANTONIA - Ma debbo avvertire anche lui di non contraddire la signora?

FRANCESCO - Non importa. Ho l’impressione che per Biagio sia già tutto molto naturale… (Entra Biagio)

BIAGIO - (mostrando due pedine di scacchi) Una regina ed un cavallo. Me li ha riportati il custode, non capisco come potessero trovarsi in mezzo alla strada. (Antonia esce, dopo aver gettato su Biagio uno sguardo pieno di compassione)

FRANCESCO - Beh, che c’è di strano, i cavalli saltano! (Francesco salta sulla sedia) Saranno saltati dalla finestra insieme. Hop! (scende dalla sedia. Biagio ha per il padrone lo stesso sguardo che Antonia ha avuto per lui) Va bene, va bene. Metteteli là. (Biagio obbedisce, poi si avvia per uscire) Biagio, come vi sentite?

BIAGIO - Ah signore! Molto meglio, ora! (Biagio fa un giro al galoppo intorno al tavolo ed esce da destra. Francesco torna al telefono e compone un numero)

FRANCESCO - (al telefono, voce bassa) Pronto? Sono il signor Malvezzi. Ho già telefonato pochi minuti fa. Il Professore Davide Konglow non è ancora rientrato?… È urgente! Volete chiamarmi appena rientrerà? Il mio numero è 21-22… Sì, grazie. Buongiorno. (Riattacca. È pensieroso e preoccupato. Biagio mette fuori la testa da destra, Francesco seccato si alza ed esce. Biagio entra da destra. Dalla porta di sinistra entrano Elena e il Professore)

BIAGIO - Signora, se permette… (Elena annuisce e Biagio si avvicina ad Elena quasi come una confidenza) Poco fa ho sorpreso il signore in uno strano atteggiamento.

ELENA - Cosa faceva?

BIAGIO - (fa il gesto di passeggiare con il telefono, facendo un giro) Passeggiava con il telefono.

ELENA - Come? Con il telefono?

BIAGIO - Teneva abbracciato il telefono e passeggiava per la stanza. (rifà il giro)

ELENA - Senza parlare?

BIAGIO - No, no. Mi ha detto solo: (imita Francesco) “Io non telefono, passeggio!”

ELENA - (guarda preoccupata il professore) Grazie, Biagio. (Biagio esce. Con ansia) Ebbene, Professore, cosa pensate di tutto ciò?

PROFESSORE - (Prende una sedia e la porta sul proscenio e si siede) Mio Dio, signora, che il mio metodo, una volta di più, registra un successo: il signor Malvezzi è in piena decongestione! È chiarissimo!

ELENA - Voi lo trovate chiarissimo?

PROFESSORE - Ma, signora! (si alza prende il libro dalla poltrona) Mi segua: il signor Malvezzi prende il telefono. Lo accarezza, (accarezza il libro) passeggia con lui, (fa il gesto di tirarselo dietro come se fosse un cane) se lo stringe al petto… (lo stringe al petto) Sembra quasi supplicarlo. (guarda il pubblico) Cosa significa? Significa che aspetta una chiamata da un persona inconsciamente desiderata e che gli crea la congestione. È d’una chiarezza lampante.

ELENA - Se questa persona fossi io… non avrebbe bisogno di telefonarmi.

PROFESSORE - (rivolto verso Elena) Credo, infatti, che il telefono sia un simbolo che non si riferisce a voi. (gli mette in mano il libro)

ELENA - Avete l’aria di chi pensa che questa persona sia un’altra donna. È così?

PROFESSORE - (torna a sedersi alla sedia del proscenio rivolto a destra) A meno che il signor Francesco non riveli (tiene le mani giunte, poi le sfrega come se le lavasse e alla fine apre le mani con le palme verso il pubblico) una evoluzione nelle sue… diciamo… abitudini.

ELENA - Perché? Ci potrebbe essere anche la possibilità che mio marito…

PROFESSORE - (si volta completamente verso Elena dando le spalle al pubblico e accavallando le gambe) È bene considerare tutto, cara signora.

ELENA - Ma Professore! (si avvicina al Professore) È vero che non abbiamo avuto figli, ma questo non vuol dire che… insomma.

PROFESSORE - (sempre seduto si volta a sinistra) A volte la vera natura (si gira) viene tenuta repressa. (accavalla le gambe)

ELENA - (si avvicina sempre di più al Professore e con foga) Ma cosa mi dite! E come possiamo saperlo?

PROFESSORE - Provando e verificando. (si alza lentamente e si mette a cavallo della sedia senza sedersi) Suo marito avrà un amico a cui è molto affezionato, diciamo… (si siede) l’amico del cuore.

ELENA - (prende anche lei una sedia e si siede vicino al professore) Certo, Camillo, viene tutti i giorni… ma non posso pensare che…

PROFESSORE - (si alza e si siede voltato verso Elena) Bene, faremo la prova.

ELENA - Scusatemi, ma non capisco come.

PROFESSORE - Se sono veramente amici (prende le mani di Elena attirandola verso di sé) come mi ha detto, non sarà difficile per lui gettare lì qualche allusione, fare qualche proposta e vedremo come reagisce suo marito.

ELENA - Professore, non so più cosa pensare. Mio marito… no, non è possibile. (Entra Camillo, saluta Elena distrattamente, fa per andare verso la porta di Francesco, poi nota qualcosa di strano, rallenta si volta e guarda) Ah, ecco Camillo per la solita partita a scacchi.

CAMILLO - Scusami, pensavo tu fossi sola, torno dopo per non disturbarti. (fa per uscire)

ELENA - (si alza velocemente per fermare Camillo, nella foga dei movimenti fa quasi cadere il Professore) Oh no, non disturbi Camillo, anzi entra, dobbiamo parlarti. (Gli porta una sedia a sinistra. Lo fa sedere, poi il Professore ed Elena si siedono accanto a lui, il Professore alla sua sinistra, Elena alla sua destra)

CAMILLO - Ma che aria preoccupata che hai. Non sarà successo qualcosa? Anche il signore qui mi sembra molto serio.

ELENA - Questo signore è il professor Konglow, un… medico… è venuto per Francesco.

CAMILLO - Per Francesco? (fa cenno di alzarsi poi si risiede) Non sarà qualcosa di grave?

ELENA - Speriamo di no, ma vedi è che Francesco, ultimamente… ecco… mi è molto difficile dirlo… dopo tanti anni di matrimonio… insomma… dubito, o per meglio dire, dubitiamo che abbia preso (prende la mano a Camillo) delle brutte… abitudini.

CAMILLO - Oddio, si è messo a bere? (appoggia la sua mano su quella di Elena)

ELENA - (togliendo la mano) Bere? No, magari! Cioè… è che…come dire… dubito, cioè io e il professore dubitiamo… oh per favore, glielo spieghi lei professore, io non ne ho il coraggio.

PROFESSORE - La signora intende dire una tendenza a… (si tocca l’orecchio)

CAMILLO - Ah! È diventato sordo. (si tocca anche lui l’orecchio) Eh beh, capita con l’età. (continua a toccarsi l’orecchio)

ELENA - (si alza indignata) Ma no, no non è quello e ti prego non fare quel gesto!

PROFESSORE - (si alza e va dietro alla sedia di Camillo che si volta a guardarlo) Ecco, signor Camillo, con il suo aiuto vorremmo pervenire alla conclusione se il suo amico, il signor Francesco, sia o meno affetto da pederastia.

CAMILLO - Mi pareva di averlo visto zoppicare. (si alza prende la sedia per la spalliera e la fa muovere come se zoppicasse) È il piede destro, vero? Ma non mi sembra così grave, saranno i calli. (guarda i piedi della sedia leggermente alzati)

PROFESSORE - (con tono di rimprovero) Signor Camillo, parliamo di una sindrome che riguarda la sfera sessuale, una modifica ormonale potrebbe aver suscitato nel signor Francesco una tendenza che lo spingerebbe più verso gli uomini che verso le donne.

CAMILLO - (ride incredulo e un po’ imbarazzato e mentre dice la battuta attraversa la scena. Il Professore lo segue avvicinandolo) Francesco un… non ci posso credere!

PROFESSORE - Come le ho detto, si tratta solo di una possibilità da vagliare, ma per questo ci serve il suo aiuto.

CAMILLO - Il mio aiuto? E cosa posso fare io? Non vorrete che gli faccia delle avances? (mette il braccio sulla spalla del Professore)

PROFESSORE - (comincia a camminare con Camillo accanto) Invece è proprio quello che pensavo. Facendo finta di niente, buttando lì una parolina, dandogli una toccatina per incoraggiarlo, (lo tocca) se la reazione verso di lei sarà di dolcezza, avremo una conferma, se invece la reazione sarà brusca, meglio ancora se la prenderà a schiaffi, allora potremo escludere questa ipotesi ed avremo ristretto il campo.

CAMILLO - Oh, ma che bella alternativa! Significa che posso prendermi o un bacio da un uomo o uno schiaffo.

PROFESSORE - Se vogliamo salvare il signor Francesco dalla nevrosi, non c’è altra strada. Mi risulta che con lei (insinua) ci sia molta confidenza.

CAMILLO - (deciso) Sì, ma non quella che pensa lei! (rumori)

ELENA - Sta rientrando Francesco. Conto su di te Camillo!

PROFESSORE - E osservi le reazioni. (escono sia Elena che il Professore)

CAMILLO - (rimasto solo. Si rivolge al pubblico) Sì, le reazioni, ma guarda un po’ che cosa doveva capitarmi! E adesso cosa faccio, cosa gli dico? (prende in mano il Re e la Regina degli scacchi e li fa muovere come se fossero marionette che parlano tra di loro) Sei tu, tesorino? Figurati, è capace di pigliarmi a schiaffi. Certo che così il dilemma sarebbe risolto, ma poi non vorrà più vedermi, dubiterebbe lui di me… (si ferma a pensare dietro la sedia del tavolo con le mani appoggiate sullo schienale voltando la schiena alla porta di destra. Da questa porta, senza che Camillo se ne accorga, entra Francesco che, vedendolo, gli appoggia le mani sui fianchi. Camillo, spaventato, fa un balzo e corre via con le mani incrociate dietro il sedere)

FRANCESCO - Beh, che c’è Camillo, come sei nervoso.

CAMILLO - Ma ti sembra questo il modo di entrare, Francesco! Ti sembra corretto mettermi le mani addosso?

FRANCESCO - Beh, che c’è, l’ho fatto tante volte.

CAMILLO - Sì, ma prima era prima e adesso è adesso.

FRANCESCO - Non vedo che cosa sia cambiato.

CAMILLO - Lo so io, lo so io!

FRANCESCO - Mi sembri nervoso, Camillo, ed io che volevo parlarti di un problema molto serio che mi riguarda.

CAMILLO - Un problema serio? Ma no! Dimmi, sai che puoi avere la massima confidenza con me.

FRANCESCO - Certo, per questo volevo parlartene. Vedi, è che da un po’ di tempo succedono cose strane, è come se qualcosa in questa casa fosse cambiato, io stesso mi sento diverso.

CAMILLO - Ah, ti senti diverso?

FRANCESCO - Sì. E devo confessarti, ma non dirlo a nessuno mi raccomando, che questo problema riguarda soprattutto Elena.

CAMILLO - Ah!

FRANCESCO - Sì, sento che c’è qualcosa che non va, ed ho pensato a te perché ho bisogno di un amico su cui appoggiarmi.

CAMILLO - (facendo un balzo indietro, avvicinandosi alla poltrona) Sei molto gentile a pensare a me, ma io non so se me la sento proprio…

FRANCESCO - Ma, Camillo io invece contavo proprio su di te, capisci si tratta di cose intime (si avvicina) di cui dobbiamo parlarne da uomo a uomo.

CAMILLO - (imbarazzatissimo perché non sa come ritirarsi, stretto fra Francesco e la poltrona) Ecco Francesco, vedi io non sono preparato… Non so se posso…

FRANCESCO - Ma se mi hai sempre detto di rivolgermi a te per qualunque bisogno!

CAMILLO - Perché non immaginavo questo tipo di bisogno.

FRANCESCO - Insomma, Camillo, non ti capisco, proprio ti comporti in un modo strano.

CAMILLO - Ah! Io mi comporto in un modo strano? Sei tu che stai cambiando! (comincia a camminare intorno al tavolo)

FRANCESCO - (seguendolo) Ma cosa dici, mi conosci da quando eravamo al liceo, siamo stati sempre una coppia affiatatissima, ovunque volevi andare, io ti seguivo, tu davanti ed io dietro. (gli appoggia una mano sulla spalla. Camillo scatta in avanti e fa una piroetta per trovarsi dietro a Francesco)

CAMILLO - Ecco per l’appunto, adesso vorrei che andassi davanti tu!

FRANCESCO - Camillo, ti comprendo sempre meno, mi sembra che anche tu stia diventando diverso!

CAMILLO - Ah, no Francesco, quello no, io non sono diverso! Ma insomma, cerca di capirmi, io ti sono affezionato, ti assicuro che non cambierà niente del mio affetto verso di te, ma ti assicuro che non posso passare certi limiti. (segna per terra come per fare un limite)

FRANCESCO - (stupito) Ma quali limiti? (fa per passarlo, ma Camillo lo rimanda indietro) Che cosa stai dicendo, ti ho forse chiesto qualcosa di immorale, non mi hai nemmeno lasciato parlare.

CAMILLO - Ecco, ecco Francesco, meglio così, non parlare, non chiedermi niente.

FRANCESCO - Camillo, per favore stai calmo, mi sembri agitato, va tutto bene, non ne capisco il motivo, ma se proprio ci tieni, non ti chiederò niente, non voglio rovinare la nostra amicizia, però almeno un piccolo favore me lo potresti fare, se tu potessi…

CAMILLO - Basta così, non andare oltre! Ecco, tutto quello che posso fare, ma non chiedermelo più e bada che è solo un esperimento scientifico. (lo afferra per le spalle e lo bacia. Francesco, si divincola e comincia a sputacchiare pulendosi la bocca con una manica, mentre Camillo lo guarda imbarazzato)

FRANCESCO - (inviperito) Ma sei diventato matto? Che cosa ti prende?

CAMILLO - Allora non ti è piaciuto?

FRANCESCO - Piaciuto? Camillo mi meraviglio di te. Non immaginavo che tu avessi certe tendenze!

CAMILLO - Allora è vero? Non sei passato dall’altra parte?

FRANCESCO - Ma quale altra parte! Non azzardarti mai più a fare una cosa simile!

CAMILLO - Ah! Come sono contento, lascia che ti abbracci. (va verso Francesco con l’intenzione di abbracciarlo, mentre Francesco scappa per la scena)

FRANCESCO - Camillo, Camillo, fermati, non avvicinarti!

CAMILLO - Ah, meno male, meno male, sapessi che paura che mi hai messo. (esce saltellando dalla porta di sinistra, mentre Francesco lo guarda stupefatto)

FRANCESCO - (ancora sbalordito) Decisamente in questa casa ci deve essere uno spirito maligno. Speriamo che cambi la luna! (esce perplesso dalla porta di destra)

SIPARIO

ATTO SECONDO

Rientrano Elena e il Professore da sinistra.

PROFESSORE - Bene, bene, il campo si restringe sempre di più, oramai siamo vicini alla soluzione. Possiamo quindi scartare i complessi di Edipo e di Oreste… vostro marito non è omosessuale, quindi non rimane che cercare la donna.

ELENA - Una donna! Dunque, secondo voi, avrebbe un’amante?

PROFESSORE - Un’amante? Ho parlato di un’amante, io? Neppure per sogno! Se vostro marito avesse un’amante, noi saremmo salvi.

ELENA - Salvi per modo di dire, Professore! Mio marito in diciannove anni non mi ha mai tradita!

PROFESSORE - E lo trovate normale?

ELENA - Ah! Non è normale? (Gesto del professore, con sguardo persuasivo)

PROFESSORE - Il telefono, ve lo ripeto, è un simbolo. Quella donna, vostro marito, la chiama con tutte le sue forze, la desidera, ma non sa chi sia.

ELENA - Meglio così! Non vorrete, spero, andare a dire a mio marito che ha bisogno di un’altra donna!

PROFESSORE - Certo che no, signora. (Elena fa un sospiro di sollievo) Glielo direte voi.

ELENA - Io?

PROFESSORE - Ma certo! Se volete che vostro marito si liberi dalla sua ossessione bisogna andare sino allo scopo della sua decongestione.

ELENA - Spiegatevi meglio Professore, cosa intendete con “sino allo scopo”? (con chiara allusione) Cioè sino…

PROFESSORE - Proprio così.

ELENA - Vi rendete conto; Professore, che mi chiedete di aiutare mio marito a tradirmi?

PROFESSORE - Ma neppure per sogno. Non si tratterà di un tradimento. Egli farà solo ciò che noi chiamiamo un “trasferimento”.

ELENA - Un trasferimento?

PROFESSORE - Sì. Il signor Malvezzi trasferirà su un essere nuovo un po’ del grande amore che ha per voi.

ELENA - Ah beh… se si tratta di un trasferimento è differente… Bene, Professore, ci penserò.

PROFESSORE - Ah, no signora, non bisogna perdere tempo. Vostro marito in questo momento si trova nelle condizioni ideali. Cercate fra le vostre amiche!

ELENA - Fra le mie amiche? Ma se a mio marito non è mai importato niente delle mie amiche!

PROFESSORE - E proprio questo avrebbe dovuto mettervi in guardia, signora.

ELENA - Ma io ne ho parecchie!

PROFESSORE - Procedete per eliminazione. Cercate i tre o quattro soggetti che, secondo voi, avrebbero maggiore possibilità di… facilitare la sua decongestione.

ELENA - Mah! Direi… Luciana Di Pietro, rigida come un ombrello… Olga Tatanieff, sì magrolina, ma tutto pepe… anche troppo… Cecilia Amadori, molto generosa. Olga, Luciana, Cecilia… È tutto credo.

PROFESSORE - Ecco tre soggetti interessantissimi, per fare da infermiere a vostro marito.

ELENA - Olga Tatanieff e Cecilia Amadori sono proprio due donne, bisogna riconoscerlo, molto adatte a… fare le infermiere.

PROFESSORE - Bene. Oggi portate casualmente la conversazione sulle vostre tre amiche, se lui improvvisamente si metterà a parlare di una con molto calore abbiamo individuato la donna.

ELENA - Professore! Vi assicuro che è molto spiacevole! Ma ci proverò. (Il Professore esce dalla porta di sinistra. Rimasta sola, parte la musica. Elena parla al telefono per convocare le amiche, ma non si sentono le parole. Antonia entra con due scacchi in mano ed un vassoio di panini)

ANTONIA - Sono una torre e un re. Un passante li ha trovati in mezzo alla strada. Mi domando come possono essere andati a finire in strada.

ELENA - (che nel frattempo ha terminato la telefonata. Prende dal vassoio la torre ed il re e li rimette sopra) Saranno caduti dalla finestra.

ANTONIA - (ricordandosi le raccomandazioni del signor Malvezzi. Porge il vassoio) Ah! Sì, è giusto, sa com’è, le due pedine avranno pensato: guardiamo un po’ cosa c’è là fuori (la musica si alza ed Antonia rivolta al pubblico getta le pedine dalla finestra senza guardare. Elena la guarda stupita) e forse si saranno sporte un po’ troppo. (Guarda fuori dalla finestra e poi esce da sinistra. Suona il telefono, la musica smette. Francesco entra a precipizio da destra. Alza il ricevitore senza neppure notare la moglie)

FRANCESCO - (al telefono) Pronto, pronto! (furibondo) Hanno sbagliato! (Posa il ricevitore con un sospiro. Elena lo guarda con compassione. Egli alfine la nota. Torna calmo) Ah! Sei qui, Elena:?

ELENA - (con tono seccato) Come vedi! E ti dispiacerebbe dirmi da chi aspettavi la telefonata?

FRANCESCO - Ebbene sì, lo confesso. (si dirige verso i panini che ha adocchiato sul tavolo di fondo)

ELENA - Francesco! (Elena lo blocca. Ha gesti di disperazione, agita le braccia e si muove avanti ed indietro) Non è più possibile andare avanti così. Liberati e non parliamone più. Hai un momento di tempo?

FRANCESCO - (sforzandosi di essere gentile) Certo. Vuoi che parliamo ancora della mia infanzia? (e cerca nuovamente di andare verso i panini)

ELENA - (lo blocca nuovamente) No, non importa più, vorrei invece che parlassimo… di… Cecilia Amadori.

FRANCESCO - Cecilia Amadori? (Elena si siede in poltrona. Francesco si avvicina) Perché, le è successo qualcosa?

ELENA - No o meglio, non lo so ancora, dipende.

FRANCESCO - E che cosa mi vuoi dire di lei?

ELENA - Niente di particolare… è una mia buona amica, la trovi interessante?

FRANCESCO - (fa un segno di indifferenza poi si riprende mostrandosi interesse. Si siede al tavolo e comincia ad imburrare un panino) Come no! Cecilia Amadori. È molto, molto interessante.

ELENA - Ah! La trovi interessante? (si alza e si siede di fronte a Francesco) E cosa puoi dirmi di lei?

FRANCESCO - Posso dire che Cecilia è una donna sulla quale ci sarebbe molto da dire…

ELENA - Trovi molte qualità in lei?

FRANCESCO - Qualità? Ma è una donna piena di qualità! (cerca le parole) Se fosse un panino sarebbe imburrata di qualità!… (addenta il panino che ha in mano)

ELENA - Non la trovi un po’ sciocca?

FRANCESCO - (masticando con gusto) Sciocca? Ma cosa dici No. O sì?… Ma cosa importa… è forse solo l’intelligenza che conta? (si lecca le dita unte di burro)

ELENA - Ah! No senz’altro e poi l’intelligenza di Cecilia è una cosa trascurabile per quello che vuoi farne tu! (si alza e va alle spalle di Francesco)

FRANCESCO - (meravigliato non capisce) Per quello che devo farne io?

ELENA - Insomma, tu giudichi Cecilia Amadori adattissima a favorire una decongestione… (lo pizzica con forza) …voglio dire, a sollecitare il desiderio di un uomo?

FRANCESCO - Ma Elena cosa dici? È sposata… ma… non volevi parlarmi di altre tue amiche?

ELENA - (gli va alle spalle e comincia a massaggiarlo) Sì, di Luciana Di Pietro e Olga Tatanieff, ma…

FRANCESCO - (entusiasta) Magnifica idea! Ecco altre due donne eccezionali!

ELENA - Oh, questo poi! (lo massaggia con una forza eccessiva)

FRANCESCO - Perché, non le trovi eccezionali?

ELENA - (si allontana verso il proscenio) Si, si, ma siccome Luciana non è poi così bella, pensavo…

FRANCESCO - E cosa importa se non è bella? Non mi disturba affatto. Cos’è questo vizio di guardare solo al fisico. Quello che conta in una donna è anche lo spirito, il sentimento! E poi, detto tra noi, Luciana di difetti non ne ha così tanti!

ELENA - (ritorna verso Francesco) Ah, no? E i denti? Non ha forse i denti storti?

FRANCESCO - Ah, si? E anche se fosse? (si pulisce i denti, con il mignolo) Io trovo che i denti storti siano affascinanti! Danno un accenno particolare al sorriso! E poi, cosa sono i denti! È una donna che ha un’anima. Altroché! C’è poco da discutere. Luciana è una donna che si impone in blocco, anima e corpo… e denti.

ELENA - (inquisitrice avvicina il viso a quello di Francesco) E Olga? Cosa trovi tu in Olga.

FRANCESCO - In Olga Tatanieff? (al massimo del suo sforzo) Mah!… Cosa trovo in Olga Tatanieff?… È una creatura imprevedibile… La trovo… la trovo… molto straniera. E tu no?

ELENA - (con voce strozzata e altissima) Ma certo! È straniera. Corrono molti pettegolezzi sul suo comportamento, sai cosa dicono? (si alza e va verso la poltrona)

FRANCESCO - (nobilmente) Non lo voglio sapere!

ELENA - E invece tu lo devi sapere lo stesso. (Torna verso di lui scandisce con voce chiara) Dicono che abbia degli amanti.

FRANCESCO - (indignato. Si alza in piedi) Ah, che cose ignobili! (con tono svelto) Che non lo vengano a dire a me!

ELENA - (con voce piangente) Non ci capisco più niente, non è possibile che tu ti interessi a tutte tre! Ce ne sarà bene una (gli prende la testa fra le mani) che tu preferisci!

FRANCESCO - Ma perché, diavolo, vuoi ad ogni costo che ne preferisca una.

ELENA - Lo so io!

FRANCESCO - (a parte) Mio Dio! Dove andremo a finire! (si siede, sulla sedia di destra)

ELENA - (Gli va alle spalle e con voce concitata) Devi rilassarti un po’.

FRANCESCO - (facendo un salto) Rilassarmi?

ELENA - Si, fammi questo favore! Siedi sulla poltrona! (lo accompagna alla poltrona, dove Francesco si siede rigidamente)

FRANCESCO - Mi spoglio?

ELENA - No, no, non ne vale la pena. Rilassati. (Francesco si rilassa) Non pensare a niente. Tu non esisti più nel presente. (Gli fa oscillare davanti il porta the) E ora passeggia. (Francesco si alza) Ma dove vai? Devi immaginare! (egli si siede di nuovo) Immagina di passeggiare con le mie amiche.

FRANCESCO - Tutte insieme?

ELENA - Ma no, cominciamo da Cecilia Amadori.

FRANCESCO - Ah, andiamo in ordine alfabetico! Bene! Andiamo in macchina?

ELENA - Meglio andare in barca, no?

FRANCESCO - In barca?

ELENA - Sì, ci sei?

FRANCESCO - Si, si. Ecco è salita sulla barca.

ELENA - Siamo d’estate. Fa caldo. L’aria è profumata. Adesso dimmi, cosa state facendo? (si siede vicino a Francesco)

FRANCESCO - Io? Remo. (Francesco fa il gesto di remare ed anche Elena fa il gesto di remare. Antonia entra dal fondo da sinistra con alcune pedine di scacchi in mano. Antonia guarda Francesco ed Elena che remano. Francesco a sua volta la guarda allargando le braccia. Antonia allarga anch’essa le braccia e dopo aver guardato il pubblico ripete il gesto. Elena scorge Antonia e le indica severamente la porta. Antonia deposita i pezzi ed esce da destra)

ELENA - E Cecilia?

FRANCESCO - Rema anche lei.

ELENA - Lasciate andare i remi. Cosa succede?

FRANCESCO - Che la barca si ferma. (entrambi dondolano) Si beccheggia.

ELENA - E poi?

FRANCESCO - E poi… mi viene un po’ di mal di mare.

ELENA - Oh, aiutami un po’! Non ci sono io in barca a divertirmi! (si alza e si siede al tavolo)

FRANCESCO - Ma non ho nessuna fantasia, io.

ELENA - Allora, dimmi, ci stai bene con Cecilia?

FRANCESCO - Oh, per questo benissimo, mia cara.

ELENA - Non dirmi “mia cara”. Non mi sembra il momento. Luciana, adesso. (si alza da tavolo)

FRANCESCO - (fra sé) Addio Cecilia. (rivolto a Elena) Ecco qua! Ho fatto salire Luciana!

ELENA - E allora?

FRANCESCO - Rema anche lei. Molto bene.

ELENA - Preferisci Cecilia?

FRANCESCO - Neppure per sogno! Anche Luciana è piacevole.

ELENA - Ma sei insaziabile! Olga, adesso! (si siede rigida accanto a Francesco)

FRANCESCO - Un momento, un momento. Sono un po’ affaticato! Era tanto che non remavo! E poi tutta questa gente che sale e scende dalla barca!

ELENA - Allora scendete tutti dalla barca. Camminate lungo la spiaggia. (si alzano entrambi e vanno verso destra)

FRANCESCO - Buona idea. Ero stanco di remare.

ELENA - Dunque? Con Olga non va così bene, come con le altre due?

FRANCESCO - Oh, no anche Olga è molto simpatica.

ELENA - Insomma, Francesco, non è possibile! Ce ne sarà pure una con la quale tu hai più piacere di… remare!

FRANCESCO - Ma non lo so, mi trovo bene con tutte e tre!

ELENA - Con tre! Questo non l’avevo previsto!

FRANCESCO - Mi dispiace vederti arrabbiata, ma se vuoi che vada in barca con delle altre amiche…

ELENA - Ah, no. Tre mi pare che bastino!

FRANCESCO - E va bene, va bene, non arrabbiarti. (un’occhiata implorante al telefono) Se suona il telefono, mi chiami per favore?

ELENA - Ti chiamerò subito, va bene…

FRANCESCO - (stringendo i pugni) Dove diavolo si sarà cacciato quel Professore! (esce da destra. Elena va immediatamente ad aprire al Professore)

ELENA - Ah, Professore! Le donne sono tre! Vorrei sapere che cosa trova in quelle tre… galline.

PROFESSORE - Bene! In poco più di due ore sono riuscito a individuare la causa di una nevrosi ossessiva che durava da molti anni. Dovete ammettere che è un bel successo, ora possiamo procedere velocemente con la decongestione. Informate le vostre amiche del loro compito.

ELENA - Ma sono sposate tutte e tre! I mariti cosa diranno?

PROFESSORE - Ma signora! Lo sanno tutti che mariti debbono vivere nell’incosciente. E nell’incosciente più assoluto. (il Professore esce dalla porta di sinistra. Elena chiama Antonia. Antonia entra)

ELENA - Sentite. Antonia, aspetto tre amiche per il tè.

ANTONIA - Bene, signora!

ELENA - Mi raccomando, fatelo forte.

ANTONIA - (uscendo) Bene signora, ci metterò il pepe, come al solito.

ELENA - (distratta) Naturalmente. (ma dopo un attimo, ha coscienza di quello che ha udito, guarda stupita la cameriera ed esce da sinistra quasi spaventata camminando all’indietro, mentre Antonia la guarda sorridendo. Suona il campanello. Antonia va ad aprire e dopo un po’ rientra accompagnata da Luciana)

ANTONIA - Se si vuole accomodare, vado ad avvisare la signora che lei è già arrivata (Esce da sinistra. Luciana si siede sulla poltrona, prende un lavoro a maglia ed inizia. Entra Elena da sinistra, quasi di corsa)

ELENA - Scusami se ti ho fatto aspettare.

LUCIANA - Non ti preoccupare stavo lavorando… Permetti? Finisco il ferro. (Luciana continua a lavorare mentre Elena freme)

ELENA - Ti prego.

LUCIANA - Nove, dieci… Gli orfanelli consumano tanta di quella lana!

ELENA - Certo che ti dai molto da fare per gli altri…

LUCIANA - Certo, ma perché me lo dici?

ELENA - È che mi chiedevo… se qualcuno avesse bisogno di aiuto… una tua amica… (va a prendere una sedia e le si siede davanti prendendole le mani, come se la implorasse) …ad esempio io, mi chiedevo se potessi contare su di te.

LUCIANA - Ma certo Elena! (le prende la testa fra le mani) Ma dimmi, cosa succede?

ELENA - È meglio che te lo dica subito Luciana: (si alza) Francesco è malato.

LUCIANA - Oh, mio Dio! (alza gli occhi al cielo. Poi cambiando tono, come una che torna con i piedi per terra) Ma se mio marito l’ha incontrato questa mattina e stava benissimo!

ELENA - Sono anni che ha l’aria di stare benissimo… (si siede affranta) …e invece…

LUCIANA - Mio Dio! (guarda verso il basso) Comunque, Elena, puoi contare su di me!

ELENA - Vedremo.

LUCIANA - Ah no, non c’è niente da vedere! Se sarà necessario, mi installerò qui. (ripiglia il lavoro a maglia) Ma, piuttosto, dimmi, cos’ha? Problemi di cuore?

ELENA - Luciana, ascoltami! (si alza in piedi) È una cosa molto difficile da spiegare, soprattutto a te che hai avuto un’educazione morale così rigida. (parla tutto di un fiato)

LUCIANA - (quasi risentita) Non vedo cosa c’entri la mia educazione! Sono invece meglio preparata e disposta di un’altra!

ELENA - Tanto meglio! (si siede) Come sai, Luciana, non esistono solo le malattie del corpo, ma anche quelle dello spirito.

LUCIANA - A me lo dici? (guarda verso il cielo)

ELENA - Ecco! Però ciò che ti hanno insegnato a considerare come peccati, non sono altro che delle malattie dello spirito, che oggi si possono guarire.

LUCIANA - E Francesco avrebbe una di quelle malattie?

ELENA - Si, Luciana. Francesco è affetto da una nevrosi… ossessiva.

LUCIANA - Una nevrosi? Purtroppo non posso aiutarti.

ELENA - Non dirlo! Aspetta… (si alza in piedi e comincia a camminare, Luciana la segue) Francesco può guarire, ma a condizione che venga fatto… un trasferimento.

LUCIANA - In montagna?

ELENA - (si ferma di colpo spazientita) Ma perché in montagna? (Luciana fa un gesto come per dire che di solito è così) Ti prego, lasciami parlare e fa attenzione: un trasferimento non è un viaggio in montagna o al mare. Significa che Francesco ha bisogno di trasferire, temporaneamente, il grande amore che ha per me su di un essere nuovo.

LUCIANA - Vorrebbe forse adottare una bambina?

ELENA - Ma no, ma che bambina! Su un’altra donna. (si sposta verso il proscenio)

LUCIANA - Una donna? Un’altra donna che non sia tu?! Non so che dire, mi sembra… è molto romantico! (si siede sulla poltrona, interruzione) Però è anche pericoloso, non hai paura che questo possa… (fa un gesto significativo con la mano)

ELENA - (interrompendola) No, no, sta’ tranquilla. Se avessi potuto temerlo… (la guarda) non è questo il caso.

LUCIANA - Ah molto bene, sono contenta per te.

ELENA - Veramente mi aspetto molto di più da te.

LUCIANA - Non dirmi che tu volevi forse domandarmi di…?

ELENA - Di… di…

LUCIANA - Di trovarti… una donna? (si alza in piedi) È così? (riprende la maglia senza lavorare, poi nota il gesto di disappunto di Elena e cambia versione) Ho capito. L’hai trovata e ti secca parlarle. (indica Elena con i ferri) Vuoi che lo faccia io (indica se stessa con i ferri) per te? Non c’è problema.

ELENA - (innervosendosi) Ma no!… (le prende i ferri di mano. Luciana rimane con il gomitolo in mano) Se te ne parlo è perché quella donna che Francesco ha scelto, cioè che un malato ha designato, perché bisogna proprio essere malati, quella donna… (la indica con i ferri) sei tu!

LUCIANA - (stupita) Io? (lascia il gomitolo, mentre Elena continua a tenerne in mano un capo) Allora se sono io, tutto è a posto. Se c’è una donna di cui puoi fidarti quella sono io. (la abbraccia confidenzialmente, tenendole le mani sul viso) Ah! Sono proprio contenta di poter fare qualcosa per voi due!

ELENA - Un momento, un momento… (si stacca dall’abbraccio) Forse tu non vedi molto chiaramente come deve effettuarsi un trasferimento?

LUCIANA (si volta e cammina verso sinistra) Ma ho capito benissimo, ci vedremo spesso. Usciremo tutti insieme, io, te, Francesco e Uberto. Ho un’idea, potremmo riprendere a giocare a tennis. (raccoglie distrattamente il gomitolo di lana. Durante questa scena, Elena si trova a destra con un capo del filo di lana in mano, mentre Luciana si trova a sinistra con il gomitolo in mano)

ELENA - (prolungando ciascuna parola) Non è precisamente questo, Luciana. Io non credo che Francesco, durante il trasferimento, abbia molta voglia di vedere tuo marito. Per di più vorrà darti… trasferirti… tutto.

LUCIANA - (sbalordita, guardando il pubblico) Ma… quando tu dici tutto… non vuoi mica dire… tutto? (guarda in basso con aria imbarazzata, poi guarda sottecchi Luciana che annuisce)

LUCIANA - Ah!… Ma… Non avevi detto che era malato nello spirito…

ELENA - Sai com’è, alcune malattie dello spirito richiedono esercizi del corpo.

LUCIANA - E… sei proprio sicura che è con me che Francesco deve fare questo… diciamo… trasporto?

ELENA - Trasferimento, Luciana, trasferimento!

LUCIANA - (raggomitola il filo e si trova di fronte ad Elena) Mi stupisce molto.

ELENA - (fronteggiandola) Anche me.

LUCIANA - Ma ti rendi conto, Elena, a quale caso di coscienza mi metti davanti? Io ero pronta a curare Francesco, come un’infermiera.

ELENA - Ma è così, tu dovrai essere come un’infermiera. (infila i ferri nel gomitolo, come se facesse una puntura) Noi non ci aspettiamo altro da te.

LUCIANA - Niente altro?! (entrambe fanno un mezzo giro e si ritrovano affrontate dal tavolo) Mi sembra che vi aspettiate ben altro!

ELENA - Certo. Se fosse necessario!

LUCIANA - Insomma, ascolta, Elena, io conosco molto bene le infermiere e ti assicuro che… certe cose non le fanno… E quello che tu mi chiedi di fare, Elena, è, bisogna che te lo dica, una cosa molto male considerata dalla religione. (si avvicina a proscenio a sinistra) E Uberto? Come lo dico a mio marito?

ELENA - È semplice, non gli dici niente! I mariti devono restare nell’incosciente. Lo fai solo per la salute di Francesco!

LUCIANA - Oh, questo, Elena, l’ho ben presente. Ma mi metti davanti ad un caso!… A certe responsabilità! Sono costretta a rifletterci.

ELENA - Rifletti, ma rifletti in fretta, (si avvicina alla porta di Francesco a destra e guarda nella stanza) perché Francesco è in questo momento nelle condizioni ideali… per trasferire…

LUCIANA - (ansiosa) Non dirmi che vuoi una risposta su due piedi?

ELENA - (tornando al centro alla sinistra del tavolo) Ma perché? Quando ti chiedono di fare una trasfusione di sangue, ci pensi una settimana?

LUCIANA - Ma dovrei parlarne almeno al confessore…

ELENA - Al confessore? Ma al proprio confessore non si parla mai di queste cose prima. Dopo, sempre!

LUCIANA - Sai Elena, trovo molto commovente che Francesco abbia pensato a me e devo confessare che fare l’infermiera dell’anima mi tenta. (guarda nel cestino da lavoro)

ELENA - Ah, certo che è un’altra cosa che fare le calzette per i poveri! (Elena si è avvicinata e guarda anche lei nel cestino da lavoro) Adesso vado a chiamare Francesco. (si dirige verso porta)

LUCIANA - (spaventata) Ma io non ti ho detto ancora sì!

ELENA - Mi basta che tu non mi dica: no. Biagio, Biagio! (appare Biagio dalla tenda di sinistra mentre Elena guarda a destra. Inizia musica Charleston) Ah, Biagio! Dite al signore che la signora Luciana è qui e che mi farebbe molto piacere se venisse a tenerle compagnia.

BIAGIO - Bene, signora. (esce e attraversa la scena a passo di Charleston. A bassa voce) Devo tenerli d’occhio?

ELENA - No, al contrario! Lasciateli soli. (Biagio esce. Finisce la musica Charleston)

LUCIANA - (che nel frattempo si è seduta al tavolo, tormentandosi le mani) Dimmi Elena… (Elena che stava uscendo si ferma e si siede) non si sa mai… se mio marito venisse a sapere qualcosa, il professore che ha in cura Francesco, non potrebbe…

ELENA - Che cosa?

LUCIANA - (fa il gesto di scrivere un certificato) Rilasciarmi un certificato che si è trattato di una cura.

ELENA - Glielo domanderò. (Elena Esce)

LUCIANA - (rimane sola al tavolo in atteggiamento quasi di preghiera) Che situazione! Dio mio che situazione! (Luciana si alza, prende la borsetta con decisione, come se dovesse prendere un messale o la Bibbia, e invece all’improvviso estrae un rossetto. Si volta verso lo specchio e comincia a rifarsi il trucco delle labbra. Entra Francesco)

FRANCESCO - (visibilmente imbarazzato, cerca di mostrarsi affabile) Mia cara Luciana! Finalmente! Sono proprio contento di vederti. (Luciana, imbarazzata di essere stata scoperta mentre si metteva il rossetto, lo mette rapidamente nella borsa)

LUCIANA - Buon giorno, Francesco.

FRANCESCO - Buon giorno Luciana, ti trovo irresistibile (la prende per la mano e le fa fare una piroetta senza guardarla)

LUCIANA - Oh, grazie Francesco! (prende la borsetta e la tiene davanti a sé, con aria imbarazzata, come se fosse uno scudo)

FRANCESCO - (guarda il pubblico e non Luciana) Sai che proprio oggi parlavamo di te con Elena!

LUCIANA - Si, si, lo so Francesco.

FRANCESCO - (inquieto) E non vorrei sembrarti indiscreto, ma ti ha chiesto qualcosa… qualcosa, diciamo, di stravagante?

LUCIANA - Sì, a dire la verità non è una cosa che si chiede tutti i giorni. È un servizio che possono rendere solo amiche intime… molto intime.

FRANCESCO - (si allontana verso destra) Ah, capisco, è un servizio da donna a donna?

LUCIANA - (approfitta dell’allontanamento di Francesco per prendere il lavoro a maglia rimasto ai piedi della sedia, poi si avvicina alla porta di sinistra per andarsene) Beh… non proprio da donna a donna.

FRANCESCO - (fa un veloce giro attorno al tavolo per fermarla) Senti, Luciana, (la prende per le spalle) io non voglio farti altre domande che vedo ti imbarazzano, ma se ti ha chiesto un servizio, ti scongiuro (le prende il viso fra le mani. Luciana ha uno sguardo misto di sorpresa e di piacere) fallo. Non bisogna rifiutare niente ad Elena in questo momento. Io mi trovo davanti ad un caso…

LUCIANA - Oh, per questo anch’io mi trovo davanti ad un caso.

FRANCESCO - (le gira dietro e la prende nuovamente per le spalle) A meno che non ti costi troppo.

LUCIANA - (quasi abbandonandosi su Francesco) Beh, in fondo credo che mi costerà meno di quello che pensavo.

FRANCESCO - Allora ti prego, (Francesco la fa girare verso di sé) accetta!

LUCIANA - Ma insomma… non ho detto sì… (Francesco si allontana sconsolato. Luciana, preoccupata che Francesco si allontani, aggiunge vivacemente) …ma non ho nemmeno detto no.

FRANCESCO - (Felice tornando verso di lei) Accetti? Oh, grazie! (iniziano a girare attorno al tavolo) Spero che questo servizio non sconvolga troppo le tue abitudini.

LUCIANA - Oh Dio, cosa vuoi, un po’ sì. Ma vorrei che Uberto fosse tenuto al di fuori di questa faccenda.

FRANCESCO - Tuo marito, certo… Anche se sono sicuro che tuo marito sarebbe fiero di te! Sarebbe fiero di te!

LUCIANA - Forse, ma preferisco che non ne sappia niente.

FRANCESCO - Proprio da oggi mi rifarò. (si trovano al centro della scena davanti al proscenio. Luciana che stava camminando voltandogli le spalle, si ferma di colpo e si volta)

LUCIANA - Ti rifarai?… Da oggi? (ricominciano a girare, ma questa volta Luciana indietreggia) Non ti sembra un po’ troppo presto?

FRANCESCO - Non è mai troppo presto… e ti assicuro che da oggi ci vedremo tutti i giorni!

LUCIANA - (che è arrivata all’altezza della poltrona si lascia cadere sulla poltrona stupita) Tutti… i giorni?

FRANCESCO - Sì, sì, tutti i giorni.

LUCIANA - Oh, ma guarda un po’! (appoggia nervosamente la borsetta e la borsa del lavoro a maglia) Non è che dica di sì, ma non dico nemmeno di no. Se così deve essere, ebbene sia… (cambia tono) Ma… dove ci vedremo… per il servizio?

FRANCESCO - Ma non so, a volte qui, (Francesco indica la sedia del tavolo) a volte a casa tua. (Francesco tocca la poltrona)

LUCIANA - (scattando in piedi) Ah, no, Francesco, a casa mia no! (si porta dall’altro lato del tavolo a sinistra)

FRANCESCO - (si siede sulla poltrona) Va bene, va bene, non inquietarti! Ci sono dei posticini incantevoli, in città. E in campagna, poi? Ah, io adoro certi angolini di campagna, là sul prato, in mezzo ai fiori.

LUCIANA - Si, sì… la campagna è molto bella. Per quanto…

FRANCESCO - Per quanto? (si alza con le braccia leggermente aperte)

LUCIANA - Oh, è stupido dirlo… (prende la sedia) è che ho paura delle mucche. (alza leggermente la sedia come per difendersi, poi lascia la sedia e abbraccia Francesco) Ma con te non avrò più paura, Francesco.

FRANCESCO - Brava. Con me e con Elena ti sentirai a tuo agio.

LUCIANA - (rimanendo abbracciata fa una faccia stupita) Perché… porteremo anche Elena?

FRANCESCO - Non vorrai lasciarla a casa da sola!

LUCIANA - Oh, no, certo… (comincia a staccarsi) Ma… credevo che almeno all’inizio, fosse meglio…

FRANCESCO - (guardandola di fronte) Perché, la presenza di Elena ti imbarazza, forse?

LUCIANA - Veramente… io… insomma, Francesco, capiscimi, bisognerà che io mi abitui a tutte queste cose nuove!

FRANCESCO - Vedrai, vedrai, farai molto presto!

LUCIANA - Effettivamente pensavo di metterci di più ad abituarmi all’idea, ma devo dire che tu mi sai ispirare tanta fiducia. (lo abbraccia prima di chiederglielo) Posso abbracciarti?

FRANCESCO - Come no! (Biagio appare dalla tenda a sinistra e tossicchia per richiamare l’attenzione. Inizia musica Charleston)

FRANCESCO - Che c’è?!

BIAGIO - (attraversando la scena a passo di Charleston. Muovendo le braccia e facendo finta di non vedere quello che succede) Vi prego di scusarmi. La signora vorrebbe parlare con la signora Luciana.

FRANCESCO - Ah, bene. Bisogna andarci subito. (Francesco fa girare Luciana su se stessa, poi raccoglie le borse e gliele porge mentre Luciana continua a piroettare) Fai attenzione. È un po’ picchiato in questi giorni, il povero Biagio. (Biagio e Luciana escono. Si ferma la musica Charleston. Quasi subito entra Cecilia Amadori dalla porta di destra)

FRANCESCO - (che è ancora a sinistra da dove è uscita Luciana, le va incontro) Cecilia! Che piacere vederti! (con tono contrario alle parole che dice)

CECILIA - (con un braccio alzato e tono melodrammatico) No! Francesco, te lo dico subito. (scandendo) Io non posso.

FRANCESCO - Cos’è che non puoi?

CECILIA - (tornando a un modo normale di parlare) Farti il servizio che Elena mi ha chiesto… (altro gesto melodrammatico con mano sulla fronte)

FRANCESCO - Ah, perché l’ha chiesto anche a te?

CECILIA - (con tono indagatorio) Perché anche a me? L’ha già chiesto ad un’altra?

FRANCESCO - A Luciana. Però se lo domanda anche a te, vuol dire che avrà le sue ragioni.

CECILIA - (si siede sulla sedia a destra,) Oh, e sono ragioni facili a capire! (tono da pettegola) Non vorrei essere cattiva, ma è evidente che la povera Luciana (fa il gesto di no con l’indice) non possiede le qualità (si accarezza i fianchi) che occorrono per rendere servizi del genere.

FRANCESCO - Ah, no? Allora non esitare, Cecilia! Accetta!

CECILIA - (riprende il tono melodrammatico) Non posso, Francesco, (si alza e si avvia verso la porta) e un giorno ti dirò perché.

FRANCESCO - (la rincorre fermandola e facendola tornare sul proscenio) No, no. Aspetta! Elena attraversa in questo momento un periodo di grande agitazione…

CECILIA - (con tono più naturale) Oh, capisco, ma…

FRANCESCO - Bisogna evitarle qualsiasi contrarietà. Ad esempio, accettando di rendere il servizio che ti ha chiesto, per quanto strano ti possa sembrare…

CECILIA - Oh, non è che mi sembri strano, Francesco… anzi è abbastanza normale… ma…

FRANCESCO - (Francesco si mette in ginocchio davanti a lei) Ti prego accetta e ti giuro che io non lo dimenticherò mai.

CECILIA - (in piedi sfrega le unghie sul petto, guardandole poi compiaciuta, con tono voluttuoso, accarezzandogli i capelli) In effetti i miei servizi si ricordano ma…

FRANCESCO - Insisto, Cecilia. Pensa che piacere mi farai!

CECILIA - (si inginocchia anche lei) Oh, questo lo so benissimo. (Ripiglia il tono melodrammatico) Ma non posso!

FRANCESCO - Bene. Allora non parliamone più. (si alza con foga facendola cadere)

CECILIA - (restando per terra con tono melodrammatico) Non prendertela così, Francesco. Lo sai che io sono sempre stata generosa. Da bambina, regalavo tutti i miei giocattoli ed ora da donna ho sempre visto nell’amore un’occasione per donare…

FRANCESCO - Un momento, non capisco, cosa intendi dire? (le porge le mani per farla alzare)

CECILIA - (alzandosi) Intendo dire che se oggi ti dico di no è perché io ho troppa ammirazione per Elena e per te.

FRANCESCO - Ti ringrazio, ma avrei preferito che tu accettassi…

CECILIA - (drammatica) Ah, no! Ti prego non insistere! Voi siete una grande coppia! Mai uno screzio. Ah, no! Un mio servizio potrebbe essere fatale e distruggere tutto e io non voglio rovinare tutto questo. È troppo bello! (lo abbraccia)

FRANCESCO - Ascolta, Cecilia…

CECILIA - (mentre dice queste battute lo allontana e lo avvicina senza mai lasciargli le mani) No, basta non aggiungere altro! Non sai quello che mi costa! Ah, Francesco! Dimmi che rinuncerai a me! Che non penserai più a me né a quella stupida di Luciana. Resta puro. Troveranno per te un altro trattamento!

FRANCESCO - (abbracciandola amichevolmente per calmarla) Su, su, calmati, te ne prego, e dimmi di quale trattamento stai parlando?

CECILIA - (tremando e rifugiandosi fra le braccia come un uccellino) Ah, vedi! Lo sapevo! Tremo tutta. E non cesserò di tremare. Elena sarebbe sempre tra noi…

FRANCESCO - (assalito da un dubbio, parla con voce tremolante) Sai che mi stai mettendo in testa delle strane idee?…

CECILIA - (liberandosi) No! Non devi! Allontana queste idee, ti prego.

FRANCESCO - Ma insomma, questo servizio?! (le va incontro)

CECILIA - (fa un passo avanti, allargando le braccia come per offrirsi) No! Non toccarmi!

FRANCESCO - Ma Cecilia, ti supplico.

CECILIA - No, e no! Elena e voi siete sacri per me! (fugge uscendo da sinistra. Francesco rimane perplesso, si siede sulla sedia del tavolo a sinistra. Entra Olga da destra, Francesco non la vede. Ella si arresta sulla soglia, poi con una corsettina si avvicina a Francesco e gli copre gli occhi)

OLGA - Eccomi qui.

FRANCESCO - (le tocca le mani e la riconosce) Ah! Sei tu Olga, buon giorno, scusami ma sono un po’ preoccupato.

OLGA - Non esserlo più, ora sono qua io!

FRANCESCO - Non dirmi che anche tu hai parlato con Elena!

OLGA - Certo.

FRANCESCO - E… anche a te ha chiesto di farmi un servizio?

OLGA - (Olga leva le mani dagli occhi, lo abbraccia da dietro, sbaciucchiandolo) Certo: accordato!

FRANCESCO - Ci siamo! È un’idea fissa e dimmi, Olga, insomma… non si tratta di un servizio… un servizio diciamo un po’ speciale…

OLGA - (sedendosi sulle ginocchia di Francesco) Oh, per me l’unica cosa speciale è che sia la moglie a chiederlo.

FRANCESCO - (si alza tenendo sempre in braccio Olga) Comincio a capire… Ascolta, Olga, io sono molto spaventato… ho paura che…

OLGA - (scendendo) Paura? Ma che paura? (saltandogli a cavallo da dietro) Eccomi qui a tua disposizione.

FRANCESCO - (preoccupato e stupito) Sei molto gentile… ma non capisco… cosa vuol dire, “eccomi qui a… tua disposizione”?

OLGA - (scompiglia i capelli) Mio caro tormentato. Vuol dire che tu puoi…

FRANCESCO - (ancora più sconvolto) Che io posso cosa, esattamente?

OLGA - (allargando le braccia) Tutto!

FRANCESCO - (allargando le braccia) Ho capito. Non c’è dubbio siamo in piena pazzia.

OLGA - (cominciando a slacciargli la cravatta) E che cosa importa se è una pazzia?

FRANCESCO - Ma allora… le altre?

OLGA - Oh, non pensiamo più alle altre, pensa solo a me. Mio caro agitato, calmati.

FRANCESCO - (facendo un grande sforzo per rimanere padrone di se stesso e gentile) Mia cara Olga, noi ci troviamo, non dobbiamo nascondercelo… in una situazione molto delicata.

OLGA - (comincia a togliergli la giacca) Resta qui accanto a me e ti farò vedere quanto sono delicata io.

FRANCESCO - Ma Olga, devo spiegarti…

OLGA - Dopo, mio caro, mi spiegherai tutto dopo. A me piace chiacchierare a lungo… dopo. A te no?

FRANCESCO - Si, si, molto… Ma prima di tutto devi sapere che…

OLGA - Lo so, lo so… (comincia togliergli la camicia) Tu non lo hai mai fatto e sei un poco imbarazzato.

FRANCESCO - Un po’? Molto, molto imbarazzato! In questo momento comincio a rendermi conto che la condotta di mia moglie è… come posso dire?

OLGA - (salta per terra) È magnifica!

FRANCESCO - Magnifica non è proprio la parola che cercavo. (entra Antonia, inizio musica Charleston) Antonia, dite alla signora che desidero vederla immediatamente. (Antonia esce attraversando la scena a passo di musica, facendo come Biagio. Stop musica) Olga scusami, ma come vedi questo servizio…

OLGA - (con forza) Accordato, ti ho detto che è accordato, Francesco! Ma non insistere su questa parola servizio… (avvicinandosi e prendendo le mani fra le sue) Questo non è un servizio, questo è amore perché tu Francesco mi piaci… (comincia a sfilargli la cinghia dei pantaloni)

FRANCESCO - Olga, senti sono molto lusingato… Ma io credo che adesso tu stia esagerando… (contemporaneamente Olga gli sfila la cinghia)

OLGA - Io ti amavo in silenzio (gli mette la cinghia attorno al collo e Francesco porta indietro la testa) e non immaginavo neppure. Ma poi Elena mi ha parlato e tutto è stato chiaro. (lo tira con la cinghia verso di sé)

FRANCESCO - (cercando di sottrarsi) Ah, invece per me è sempre più scuro.

OLGA - Ho capito Francesco, ho capito tutto, anch’io ero congestionata come te. (gli salta in braccio)

FRANCESCO - (si siede mentre Olga gli rimane abbarbicata) Congestionata? Ma cosa dici! (Olga si mette in ginocchio sulla gamba destra, rivolta verso il pubblico)

OLGA - Ma si, ti dico: terribilmente congestionata. La mia vita è stata un martirio, Francesco, un lungo martirio. Quattro mariti Francesco, per colpa tua!

FRANCESCO - Per colpa mia?

OLGA - Sì, Francesco, non ero fedele a nessuno per colpa tua. Io ti cercavo negli altri uomini, Francesco. Oh, come ti cercavo continuamente! Ti ho cercato moltissimo!

FRANCESCO - Ti assicuro, Olga, che io non c’entro.

OLGA - Ma io non ti faccio dei rimproveri, anche tu non sapevi nulla di me…

FRANCESCO - Oh, questo senz’altro!

OLGA - Ora, invece, grazie ad Elena, noi due lo sappiamo. (con tono complice) E allora che male c’è?

FRANCESCO - (si alza e mette Olga sul tavolo) Veramente Olga io vorrei tentare di spiegarti…

OLGA - Più tardi, più tardi, non è urgente.

FRANCESCO - Eh no invece! C’è una cosa urgente da fare. (si avvicina al telefono)

OLGA - (alzandosi la gonna) Sì e lo so anch’io!

FRANCESCO - (Guardandola spaventato e strisciando lungo la parete, girando intorno al tavolo) Io non intendevo questo!

OLGA - Io invece sì Francesco, decongestionati, sono anni che aspettiamo.

FRANCESCO - Appunto, se sono anni un giorno più o un giorno meno non cambia molto. (Olga gli salta nuovamente addosso. Francesco si divincola poi si libera violentemente) Insomma, lasciami! Bisogna che veda immediatamente Elena!

OLGA - (staccandosi) E va bene, se proprio si deve! Io ti aspetto di là, non tardare. (esce da sinistra)

FRANCESCO - (in canottiera, reggendosi i pantaloni con le mani) Elena! Elena! (entra Luciana da destra)

LUCIANA - (con un sospiro) Ah, Francesco!

FRANCESCO - Senti, Elena… Luciana! Santo cielo, perché sei tornata?

LUCIANA - Volevo dirti che mi sto abituando in fretta a questa idea e non ho più paura delle mucche! (comincia a togliergli i pantaloni) Sono pronta per andare in campagna. (gli toglie le scarpe)

FRANCESCO - (fuggendo) È meglio che ne riparliamo, ma ora debbo vedere assolutamente Elena!

LUCIANA - D’accordo! Ti aspetto di là non tardare! (esce da sinistra)

FRANCESCO - Anche lei! (si siede sfinito sulla poltrona, con le scarpe a terra e i pantaloni in mano) Elena! Elena! (Entra Elena da destra. Francesco si alza, in una mano ha le scarpe nell’altra i pantaloni) Ah, Elena! (ritorna ad un tono volutamente controllato) Non prendertela a male, ma vorrei chiederti una spiegazione. Dimmi, cosa hai chiesto alle tue amiche?

ELENA - (si siede sulla poltrona) Ho chiesto loro di esaudire un desiderio che risiedeva nel tuo inconscio da molti anni. (parlando velocemente) Sai che cosa vuol dire l’inconscio, vero?

FRANCESCO - (guardandola preoccupato. Con movimenti agitati si rimette le scarpe e i pantaloni, senza la cinghia) Si, sì, non agitarti. Soprattutto non agitarti… devo dirti che comunque trovo un po’ strano l’invito che hai rivolto alle tue amiche, di solito le mogli non lo fanno.

ELENA - Lo so, Francesco! (gli porge la cinghia) Ma voglio che tu arrivi sino allo scopo.

FRANCESCO - (sopra pensiero cerca di annodarsi la cintura come se fosse una cravatta) Tu vuoi che io arrivi sino allo scopo?

ELENA - Sì.

FRANCESCO - Vuoi dire che io… e le tue amiche… dovremmo…?

ELENA - Proprio così!

FRANCESCO - (si accorge dell’errore e si infila la cintura nei passanti) Non avremmo potuto continuare come prima?

ELENA - No! Tu non puoi più restare in uno stato simile.

FRANCESCO - Ma se ci sto benissimo! (strapazza i capi della cintura e li lascia come sono)

ELENA - Francesco, non insistere!

FRANCESCO - Ascolta, Elena, (tono romantico, si inginocchia accanto ad Elena) voglio farti una proposta: perché non partiamo domani per Venezia? Che ne diresti di un bel viaggetto?

ELENA - (abbracciati) Tutti insieme? Con le mie amiche?

FRANCESCO - (si alza con disappunto) Ma no! Ma che amiche! Tu ed io. Da soli!

ELENA - Ah! Ma guarda se questo è il momento di parlare di viaggi!

FRANCESCO - (si infila la camicia, prima a rovescio) Io, invece, penso che ti farebbe molto bene. Tu hai, da un po’ di tempo in qua, qualche… qualche stranezza. (si accorge della camicia a rovescio e se la rinfila) Oh, insignificante, certo… almeno fino ad ora… Ed io mi sono prestato volentieri. Ho telefonato a Cristina per sapere se era al nostro matrimonio. Ho buttato gli scacchi fuori della finestra… Sono stato in barca con le tue amiche…

ELENA - (interrompendolo) Lo so, Francesco, tu pensi che io sia un po’… toccata, non è così?

FRANCESCO - (infilandosi la giacca quasi sopra pensiero) Ecco, brava proprio così. (Elena si alza di scatto va verso sinistra in fondo al palcoscenico atteggiandosi a pianto. Francesco, riprendendosi e andandole vicino) Ma no! Non ho detto questo. Credo che tu attraversi un periodo brutto, mi pare… si potrebbe anche chiedere il parere di uno specialista, io mi ricordo che tu hai parlato spesso (con aria di importanza) del Professore Davide Konglow. Si è trasferito da poco nella nostra città, lo sai?

ELENA - Ma io lo conosco bene il professore Davide Konglow! Quelle che tu chiami le mie stranezze mi sono state tutte suggerite da lui.

FRANCESCO - (prima meravigliato poi infuriato, raccoglie la cravatta per terra e con la cravatta fra le mani tipo laccio sembra voler strozzare il professore) Dal Professore Davide Konglow?

ELENA - Si. Ma non per me, Francesco per te. Lui ha individuato il pericolo che correvi.

FRANCESCO - (annodandosi la cravatta con gesti bruschi, quasi si strozza per cui la voce esce strozzata) Perché, ero in pericolo, io?

ELENA - Certo Francesco, tu non stai bene.

FRANCESCO - (sempre con voce strozzata) E che cosa ho?

ELENA - (con un accento molto convinto che finirà per impressionare Francesco) Francesco, da qualche tempo sei cambiato. Perdi la memoria, soffri di insonnia. Guardati, Francesco! (lo porta davanti allo specchio) Dimmi, riconosci in te il giovanotto che portava i cappelli sbarazzini? L’occhio è spento, (guarda l’occhio, poi il naso, i denti e il collo) il collo è flaccido, (lo prende per i pantaloni cercando di raddrizzarlo) la tua andatura è stanca.

FRANCESCO - (guardandosi allo specchio e ravviandosi i capelli) Oh Dio, sarò un po’ cambiato, sai si invecchia, (cerca di darsi un portamento) ma non ti sembra di esagerare? (Elena si siede)

ELENA - (osservandolo con aria critica) Non esagero Francesco, la verità è che tu sfiorisci a vista d’occhio. La tua libido è… molto fiacca. (Francesco si tira su i pantaloni) Tu non te ne sei accorto perché sei molto distratto. (Pausa) Sei affetto da una nevrosi ossessiva, Francesco!

FRANCESCO - (rivolto al pubblico in atteggiamento rigido, senza guardare Elena) Nientemeno! E pensi che le tue amiche potrebbero, diciamo, guarirmi? Non ti sembra una cura un po’ pesante?

ELENA - (si alza e va alle sue spalle) Certo, che se tu potessi accontentati di una sola…

FRANCESCO - Tre o una è lo stesso. In diciannove anni io non ho mai cercato avventure.

ELENA - (voltandolo verso di sé) È magnifico! (lo lascia girandogli le spalle, va verso sinistra) Cioè… non è naturale.

FRANCESCO - (non riesce più a contenere la rabbia ed inizia a calciare tutto quello che incontra rovesciando le sedie) Anche questo te lo ha detto Davide Konglow?

ELENA - Si, ma ora bisogna che ti persuada di una cosa Francesco, questa non è una avventura è un trasferimento…

FRANCESCO - Un trasferimento? (solleva il tavolino o la sedia e fa per scagliarla sul pubblico)

ELENA - (cercando di calmarlo) Già. Per delle mentalità non preparate, lo ammetto, si avvicina molto ad un adulterio. Ma non bisogna lasciarsi impressionare da questa rassomiglianza.

FRANCESCO - Un trasferimento (ripiglia nuovamente il tavolino o la sedia in mano per scagliarlo, ma poi lo posa) dici… mah… ci penserò. (Esce dalla porta di destra. Entra il professore dalla porta di sinistra)

PROFESSORE - (guarda l’ambiente in disordine e andando verso il pubblico) Signora, voi avete condotto questo affare in modo magistrale!

ELENA - (si siede sconfortata su una delle sedie rovesciate a sinistra) E se perdessi in una sola volta marito e amiche?

PROFESSORE - (si siede sul tavolo, poi si stende facendo cadere la cenere dal sigaro con atteggiamento soddisfatto) Cominciate di nuovo a dubitare delle mie teorie?

ELENA - No, no. Non è una sensazione di dubbio è una sensazione di angoscia.

PROFESSORE - (si rivolta scivolando sul tavolo in modo da trovarsi a pancia sotto, con le gambe piegate in alto e guardando Elena) Uhm… Bisogna che vi riveda. Non sarei sorpreso che anche da parte vostra iniziasse uno stato di congestionamento. (poi si volta sdraiato completamente) Per il momento, riposo, abbandono… (assume un atteggiamento di riposo come se fosse sull’erba. Si alza, scende dal tavolo e, allontanandosi, si dirige verso la porta di sinistra, pronunciando con tono sempre più convinto) Passeggiate… già, passeggiate… passeggiate…

ELENA - (Elena è triste. Inizia a riordinare l’ambiente, dalla sedia in fondo a destra, e nel frattempo parla agli oggetti come se fossero persone) Perché non entrate, signore? (entra Francesco che rimane fermo in fondo a destra. Elena non può vederlo perché di schiena) Dunque? Siete voi l’uomo dal piccolo cappello sbarazzino? Amerò sempre i vostri cappelli. Amerò tutto di voi… E se un giorno voi sarete stanco di tanto amore… (Piange. Si accorge di Francesco e si volta di soprassalto)

FRANCESCO - Elena!

ELENA - (asciugandosi velocemente gli occhi) Sei tu? Non ti avevo visto.

FRANCESCO - Elena, a chi rivolgevi quelle parole?

ELENA - Oh, non farci caso, sono una sciocca sentimentale.

FRANCESCO - Erano le tue parole di diciannove anni fa, vero?

ELENA - Ma che cosa vai dicendo? Stavo solo parlando fra me e me.

FRANCESCO - Elena! Elena! (improvvisamente la prende fra le braccia)

ELENA - Ma Francesco! Cosa fai? Questo non è previsto nella cura! (Dal fondo si sentono improvvisamente le voci delle amiche. Francesco ed Elena si nascondono sotto il tappeto del tavolo. Musica. Entra Olga, seguita da Luciana e Cecilia, attraversando la stanza)

OLGA - Basta, smettetela! Se c’è qualcuna che deve guarire Francesco, quella sono io, nessuno ha più esperienza di me in questo tipo di cura. (mentre dice questo afferra una sedia e la rivolge verso di loro come per minacciarle)

CECILIA - (strappandole la sedia dalle mani dopo una breve lotta) Oh sentila questa, ed io avrei rinunciato per te! (gesto melodrammatico) Se c’è un sacrificio da fare lo faccio io. (mettendosi la sedia contro)

LUCIANA - (interviene, prende la sedia e la mette tipo inginocchiatoio) Ma cosa ne sapete voi delle malattie dello spirito! (con le mani e gli occhi al cielo) Io so come curarle.

OLGA - (le prende la borsa con il lavoro a maglia) Oh, tu! E come lo cureresti, (le rovescia il lavoro sulla testa) con la calzetta? (escono. Da sotto il tavolo Francesco ed Elena scostano il tappeto)

FRANCESCO - Le hai sentite? E tu veramente vorresti farmi curare da loro?

ELENA - Oh Francesco, non capisco più niente, vorrei che tutto tornasse come prima.

FRANCESCO - Oh, questo è molto semplice, basterà usare il telefono.

ELENA - No, il telefono no!

FRANCESCO - Stai tranquilla e lascia fare a me. Adesso chiamo l’agenzia e prenoto un albergo a Venezia. (Alla parola Venezia, Biagio e la Pelusi cadono abbracciati dalle tende sulla scena)

FRANCESCO - (alzandosi) Signorina Pelusi! Biagio! (La signorina Pelusi si alza tutta rossa e scarmigliata ed in disordine, seguita da Biagio pure lui in disordine)

PELUSI - Oh signor Francesco mi scusi, ma ero un po’… congestionata… allora Biagio mi ha detto che conosceva dei metodi per far passare la congestione…

BIAGIO - Dei metodi che se vanno bene per i signori… senz’altro fanno bene anche a noi.

FRANCESCO - Biagio, mi meraviglio di te! Chiedi subito scusa alla signorina Pelusi.

PELUSI - Oh, non si preoccupi signor Francesco… è stato (si pulisce la bocca come nel primo atto) …meraviglioso (si abbandona in braccio a Biagio)

BIAGIO - Finalmente ho fatto anch’io un trasferimento!

ANTONIA - (entrando con un battipanni in mano) Te lo do io il trasloco! (Antonia insegue Biagio con un battipanni in mano, tutti gli attori escono e si inseguono l’un l’altro, mentre inizia la musica del Charleston e l’inseguimento si trasforma in una specie di girotondo)

PROFESSORE - (entrando) Questo significa che i miei metodi, prima o poi, qualche risultato lo danno, ma a proposito: (tira fuori il taccuino) a chi devo inviare la parcella?

SIPARIO