I FRATELLI
Terenzio
DIDASCALIA
Incomincia I fratelli di Terenzio, rappresentata ai giochi funebri
celebrati in onore di Lucio Emilio Paolo da Quinto Fabio Massimo e Publio
Cornelio Africano. Rappresentazione diretta da Lucio Atilio Prenestino e
Lucio Ambivio Turpione. Musicata da Flacco, liberto di Claudio, con flauti
sarrani per tutta la commedia. Originale greco di Menandro. Sesta in
ordine di composizione, sotto il consolato di Marco Cornelio Cetego e
Lucio Anicio Gallo.
RIASSUNTO DI CAIO SULPICIO APOLLINARE
Demea, siccome aveva due figlioli,
Eschino lascia al fratello Micione
perché lo adotti, mentre Ctesifone
se lo tiene per sé; ma questi,
benché la tutela paterna sia severa,
preso dai vezzi di una suonatrice,
è salvato da Eschino, il fratello,
che i pettegolezzi nati dagli amori di quello
riversa su di sé, giungendo al punto
di rapire al ruffiano la ragazza.
Il medesimo Eschino, peraltro,
aveva violentato una ragazza
povera ma di Atene cittadina,
cui aveva promesso di sposarla.
Demea s'infuria e se la prende a male;
quando, però, la verità vien fuori,
Eschino prende in moglie la ragazza
e Ctesifone ha la sua suonatrice.
PERSONAGGI
(PROLOGO)
MICIONE VECCHIO
DEMEA VECCHIO
SANNIONE RUFFIANO
ESCHINO GIOVANE
BACCHIDE PROSTITUTA
PARMENONE SCHIAVO
SIRO SCHIAVO
CTESIFONE GIOVANE
SOSTRATA MATRONA
CANTARA VECCHIA
GETA SCHIAVO
EGIONE VECCHIO
DROMONE SCHIAVETTO
STEFANIONE SCHIAVETTO
PANFILA RAGAZZA
(CANTORE)
PROLOGO
Il poeta ha capito che quel che scrive viene scrutato da gente prevenuta e che i suoi nemici mettono in cattiva luce la commedia che sta per rappresentare; perciò sarà egli stesso ad accusarsi e voi giudicherete se quel che ha fatto debba essere lodato o biasimato. Difilo ha composto i $ÓõíáðïèõÞóêïíôåò$: Plauto ne ha cavato i Commorientes. Nella commedia greca, nella prima scena, c'è un giovane che strappa via una prostituta a un ruffiano: Plauto questo brano lo ha tralasciato integralmente, e proprio questo brano il nostro poeta ha utilizzato negli Adelphoe, riproducendolo alla lettera. Stiamo appunto per rappresentare questa novità: valutate se si tratta di un furto o della ripresa di quel che era stato deliberatamente tralasciato. Se poi le malelingue affermano che ci sono dei nobili che collaborano abitualmente col poeta e compongono insieme con lui, quella che essi ritengono un'accusa formidabile, egli la ritiene la più grande delle lodi, visto che gode del favore di coloro che godono del favore di voi tutti e del popolo e che della loro opera ciascuno si è avvalso in guerra, in pace, in affari al momento opportuno senza umiliazioni. Non vi attendete adesso che vi esponga l'argomento della commedia; a introdurlo in parte ci penseranno i vecchi che compariranno in scena per primi, e in parte ve lo faranno capire con le loro azioni. Fate in modo che il vostro giudizio sereno accresca nel poeta il desiderio di scrivere.
ATTO PRIMO
MICIONE
MICIONE (esce di casa gridando verso l'interno)
Storace! Eschino stanotte non è ancora rientrato da cena, come pure nessuno degli schiavetti che gli erano andati incontro. È proprio vero quel che dicono: sei andato da qualche parte? Hai fatto tardi? Allora è meglio che ti capiti quel che ti augura o che pensa in cuor suo tua moglie quando ce l'ha con te, piuttosto che quello che temono i genitori che ti vogliono bene. Tua moglie, se fai tardi, pensa che sei innamorato, o che qualcuna è innamorata di te, o che stai sbevazzando e ti fai i fatti tuoi e pensi a spassartela da solo, mentre lei sta male. Ma a me, siccome è mio figlio che non torna, che razza di pensieri vengono, e che paure! Che abbia preso freddo, o che sia caduto da qualche parte, o che si sia spaccato qualcosa. Guarda se si deve far posto nel proprio cuore o andarsi a cercare qualcuno da amare più di se stessi! Che poi non è figlio mio, ma di mio fratello, il quale fin da ragazzo aveva un'indole del tutto diversa dalla mia: io ho condotto una tranquilla e agiata vita cittadina e non ho mai preso moglie, cosa che la gente reputa una fortuna. Lui tutto al contrario: vita in campagna, economia attenta e rigorosa, matrimonio, due figli. Io ho adottato il maggiore, l'ho allevato fin da bambino, l'ho considerato e amato come se fosse mio, è tutta la mia gioia e consolazione. Faccio di tutto perché mi contraccambi: gli concedo, lascio correre, non ritengo necessario che faccia tutto come voglio io e poi, quelle ragazzate che gli altri fanno di nascosto dal padre ho abituato mio figlio a non nascondermele. Perché chi avrà l'abitudine di mentire a suo padre, o avrà il coraggio di ingannarlo, tanto più lo avrà con gli altri. Sono convinto che sia meglio frenare i figli col rispetto e con l'indulgenza piuttosto che con la paura. Su questo mio fratello non è d'accordo con me, non gli va. E spesso viene da me e grida: «Che fai, Micione? Perché mi rovini quel ragazzo? Perché fa l'amore? Perché si ubriaca? Perché favorisci tutto questo spesandolo? Perché sei così generoso nel vestirlo? Sei davvero una pappamolla!» Lui come padre è troppo severo, al di là del giusto e del lecito, e, a mio avviso, si sbaglia di grosso se crede che l'autorità basata sulla forza sia più salda e sicura di quella ottenuta con l'affetto. Io la penso così (e mi regolo di conseguenza): chi fa il proprio dovere per timore di un castigo, finché pensa che la cosa si verrà a sapere, sta attento; ma se spera di farla franca, torna a seguire la propria indole. Quello che ti sei conquistato trattandolo bene, agisce spontaneamente, cerca di contraccambiarti: che tu ci sia o no, si comporterà allo stesso modo. Questo è il compito di un padre, abituare suo figlio ad agire onestamente da solo, anziché per paura degli altri: è questa la differenza che c'è tra il padre e il padrone. Chi non ci riesce ammetta di non saper comandare ai figli. (scorge Demea che si avvicina) Ma questo qui che arriva non è proprio l'uomo di cui parlavo? Si, sì è proprio lui, lo vedo con l'aria piuttosto scura: credo che, come al solito, mi pianterà delle grane. (ad alta voce) Mi rallegro di vederti in buona salute, Demea.
DEMEA MICIONE
DEMEA
Capiti al momento giusto: stavo proprio cercando te.
MICIONE
Perché così scuro in volto?
DEMEA
A me, che ho Eschino per figlio, vieni ancora a chiedere perché sono scuro in volto?
MICIONE (a parte)
Non l'avevo detto? (a voce alta) Che ha combinato?
DEMEA
Cosa può aver combinato? Lui che non si vergogna di nulla, che non ha paura di nessuno, che ritiene di non dover rispettare alcuna legge. Lasciamo perdere quel che ha combinato in passato: adesso ha veramente superato il limite!
MICIONE
Che diamine è accaduto?
DEMEA
Ha fatto irruzione in casa altrui dopo aver buttato giù una porta; ha pestato a sangue il padrone e i suoi schiavi; ha rapito la donna di cui era innamorato: gridano tutti che è roba dell'altro mondo. In quanti, caro Micione, me l'hanno detto, lungo la strada! È sulla bocca di tutti. Ma insomma, se è un esempio che bisogna dargli, non lo vede suo fratello? Si occupa degli interessi di famiglia, vive semplicemente e sobriamente in campagna e non ha mai combinato niente di simile. Questo, Micione, mentre lo dico a lui, lo dico anche a te: sei tu che lasci che si rovini.
MICIONE
Non c'è persona più ingiusta dell'inesperto, che ritiene che sia ben fatto solo quel che fa lui.
DEMEA
A che proposito dici questo?
MICIONE
Perché tu, Demea, sbagli nel giudicare queste cose. Andare a donne e ubriacarsi, quando si è giovani, non è un delitto, credimi, proprio non lo è; e neppure buttar giù una porta. Se tu ed io non l'abbiamo fatto, è solo perché non ne avevamo la possibilità. Adesso non verrai mica a dirmi che quel che hai fatto perché eri povero torna a tuo vanto? Sarebbe ingiusto; perché, se ne avessimo avuto i mezzi, lo avremmo fatto anche noi. E se tu fossi un essere umano, lasceresti che lo facesse anche il figlio che hai con te, adesso che l'età glielo consente, invece di dover attendere di averti sotterrato, per farlo poi ugualmente quando non è più l'ora.
DEMEA
Perdìo! Essere umano, vuoi farmi diventare pazzo! Fare questo quando si è giovani non è un delitto?
MICIONE
Ooh, sentimi; così non mi seccherai più oltre sull'argomento: tu mi hai affidato tuo figlio in adozione; lui ne assumo io la responsabilità maggiore. Gozzoviglia, si ubriaca, olezza di profumi: lo fa con denari miei; è innamorato: gli darò soldi finché gli serviranno; se non ne avrà, forse lo chiuderanno fuori. Ha buttato giù una porta: sarà rimessa a posto ha lacerato un abito: sarà ricucito grazie al cielo ho di che provvedere e finora non mi dispiace farlo. Insomma o la fai finita, oppure prendi chi vuoi come giudice: ti dimostrerò che in questa faccenda chi sbaglia di più sei tu.
DEMEA
Ahimè! Impara a fare il padre da quelli che sanno esserlo davvero!
MICIONE
Tu gli sei padre perché lo hai messo al mondo, io perché gli insegno a stare al mondo.
DEMEA
Perché, sei forse in grado d'insegnare qualcosa, tu?
MICIONE
Senti, se continui, me ne vado.
DEMEA
Ah, è così che mi tratti?
MICIONE
Secondo te, invece, dovrei stare a sentire un sacco di volte la stessa canzone?
DEMEA
Sono io che devo occuparmene.
MICIONE
Ma io pure. Comunque, Demea, dividiamoci equamente i pensieri: tu pensi a uno e io all'altro; voler pensare a entrambi da parte tua è come chiedermi indietro quello che mi hai affidato.
DEMEA
Senti, Micione!
MICIONE
Io la vedo così.
DEMEA
Che devo dirti a questo punto? Se a te va bene così, sperperi, rovini, si rovini; la cosa non mi riguarda. Ma se d'ora in avanti dirò una sola parola...
MICIONE
Di nuovo in collera, Demea?
DEMEA
Non mi credi? Ti chiedo forse indietro quello che ti ho affidato? È dura; non sono un estraneo; se mi oppongo... va be', basta! Tu desideri che io pensi a uno solo: d'accordo, e grazie al cielo lui è come voglio che sia. Il tuo se ne accorgerà in seguito... non voglio andar giù troppo pesante sul suo conto. (si allontana). Non è tutto sbagliato quel che dice: la faccenda mi secca alquanto; ma non ho voluto far vedere che mi dava fastidio. Lui è fatto così: se voglio calmarlo, devo essere pronto a contrastarlo e a distoglierlo dai suoi timori; tuttavia essere comprensivo gli riesce difficile; ma se gli dò corda e alimento la sua collera, finirò coll'impazzire insieme con lui. Echino però in questa faccenda qualche
torto me lo ha fatto. Non c'è puttanella qui con cui lui non abbia fatto l'amore o a cui non abbia fatto regali. Da ultimo, poco tempo fa,gli erano venute a noia tutte credo, m'ha detto che voleva sposarsi. Io m'illudevo che gli ardori della gioventù fossero sbolliti; ero contento.Ed eccoci invece daccapo. Comunque sia, però, voglio sapere da lui e parlargli, se è in piazza. (si allontana)
MICIONE
Non è tutto sbagliato quel che dice: la faccenda mi secca alquanto; ma non ho voluto far vedere che mi dava fastidio. Lui è fatto così: se voglio calmarlo, devo essere pronto a contrastarlo e a distoglierlo dai suoi timori; tuttavia essere comprensivo gli riesce difficile; ma se gli do corda e alimento la sua collera, finirò coll'impazzire insieme con lui. Eschino però in questa faccenda qualche torto me lo ha fatto. Non c'è puttanella qui con cui lui non abbia fatto l'amore o a cui non abbia fatto regali. Da ultimo, poco tempo fa (gli erano venute a noia tutte, credo), m'ha detto che voleva sposarsi. Io mi illudevo che gli ardori della gioventù fossero sbolliti; ero contento. Ed eccoci invece daccapo! Comunque sia, però, voglio sapere da lui e parlargli, se è in piazza. (si allontana)
ATTO SECONDO
SANNIONE ESCHINO PARMENONE (BACCHIDE)
SANNIONE (gridando)
Vi prego, gente, aiutate un povero innocente, soccorrete un misero.
ESCHINO (a Bacchide)
Tranquilla: adesso fermati lì. Che guardi? Non c'è alcun rischio: finché
ci sarò io, questo qui non ti sfiorerà neppure.
SANNIONE
Io questa qui contro il volere di tutti....
ESCHINO (a Bacchide)
Anche se è un delinquente, oggi non si metterà a rischio di prenderle
un'altra volta.
SANNIONE
Sentimi bene, Eschino, così poi non potrai dire che non conoscevi le mie
abitudini: io sono un ruffiano.
ESCHINO
Lo so.
SANNIONE
Ma quale non ce n'è mai stato uno più leale. Del fatto che tu poi ti
scuserai dicendo che non volevi recarmi offesa non m'importa nulla. Fidati
di me: farò valere i miei diritti fino in fondo, e tu non potrai ripagare
a parole i danni arrecati nella sostanza. La conosco io la vostra canzone:
«Non volevo farlo: sosterrò sotto giuramento che non meritavi di essere
offeso così»; intanto però sono stato offeso come non meritavo.
ESCHINO (a Parmenone)
Coraggio, va' avanti! Apri la porta.
SANNIONE
Allora non te ne importa niente?
ESCHINO (a Bacchide)
Va' dentro, ora.
SANNIONE (afferrando Bacchide)
Non lo permetterò davvero!
ESCHINO (a Parmenone)
Avvicinati là, Parmenone (ti sei allontanato troppo da lui), fermati qui
accanto a lui: ecco, così. Ora sta' bene attento a non staccare i tuoi
occhi dai miei; se ti faccio segno, non aspettare: mollagli subito un
pugno in faccia.
SANNIONE
Vorrei proprio vedere anche questa!
ESCHINO
Guarda allora.
PARMENONE (assestandogli un pugno)
Lascia andare la ragazza!
SANNIONE
Che indegnità!
ESCHINO
Se non stai attento, arriva il bis.
SANNIONE (nuovamente colpito da Parmenone)
Ahi, miseriaccia! (lascia andare Bacchide)
ESCHINO (a Parmenone)
Veramente non ti avevo fatto segno; ma in questo senso esagera pure. Ora
va'. (Parmenone entra in casa con Bacchide)
SANNIONE
Ma che cavolo fai? Chi credi di essere, Eschino, il re?
ESCHINO
Se lo fossi, saresti sistemato come meriti.
SANNIONE
Ma cosa abbiamo da spartire noi due?
ESCHINO
Niente.
SANNIONE
E allora? Lo sai chi sono io?
ESCHINO
No, e non voglio saperlo.
SANNIONE
Ho mai toccato niente di tuo?
ESCHINO
Se ci avessi provato, avresti passato i tuoi guai.
SANNIONE
Perché a te dovrebbe essere permesso di prenderti una donna mia, che ho
comprato con moneta sonante? Rispondimi!
ESCHINO
Sarebbe meglio non fare questo bordello proprio qui sotto casa; se
continui a scocciare, ti faccio portare dentro e coprire di legnate fino a
quando tiri le cuoia.
SANNIONE
Legnate a un uomo libero?
ESCHINO
Proprio così.
SANNIONE
Brutto sporcaccione! Ma non dicono che in questo paese la libertà è uguale
per tutti?
ESCHINO
Se hai finito di fare il matto, ruffiano, adesso ascoltami, per favore!
SANNIONE
Sono stato io a fare il matto, o non tu piuttosto?
ESCHINO
Piantala, e vieni al dunque.
SANNIONE
Quale «dunque»? Dove devo venire?
ESCHINO
Vuoi che ti dica una buona volta cosa c'entri tu?
SANNIONE
Non aspetto altro, purché sia secondo giustizia.
ESCHINO (ironico)
Ma guarda, il ruffiano non vuole che io parli contro giustizia.
SANNIONE
D'accordo, sono un ruffiano, la classica rovina della gioventù, sono uno
spergiuro, una carogna; però a te non ho mai torto un capello.
ESCHINO
Accidenti, non ci mancherebbe che questa!
SANNIONE
Per favore, ricomincia daccapo, Eschino.
ESCHINO
L'hai comprata per venti mine (magari te ne venisse un malanno!) e tanto
ti sarà dato.
SANNIONE
E se io non volessi vendertela? Mi ci costringerai?
ESCHINO
Neanche per sogno...
SANNIONE
Era questo che temevo.
ESCHINO
... perché son convinto che una donna libera non si può vendere, perché
io, in un pubblico processo, dichiaro che lei è libera. Ora vedi tu cosa
preferisci, se prendere i soldi o pensare al processo. Pensaci su, finché
torno, ruffiano. (si allontana)
SANNIONE
Per Giove ottimo massimo! Non mi sorprende che la gente impazzisca per
un'offesa. Mi ha trascinato fuori casa, mi ha bastonato; mi ha portato via
la ragazza contro la mia volontà (e in cambio di simili misfatti pretende
che gliela venda al prezzo di acquisto); mi sono anche buscato, poveretto
me, un migliaio di schiaffoni. (con amara ironia) Ma già, visto che se l'è
guadagnato, sia pure: reclami i suoi diritti. Su, ormai lo desidero
anch'io, purché mi renda i miei soldi. Ma io dò i numeri: appena dirò che
gliela vendo a questo prezzo, porterà subito chi testimonia che gliel'ho
già venduta; quanto ai soldi... fantasie: «Presto; torna domani». Potrei
accettare anche questo, purché me li renda, anche se è un'ingiustizia. Ma
pensa a come stanno realmente le cose: quando ti metti a fare questo
mestiere, devi essere pronto a subire le offese dei giovanotti e... acqua
in bocca! Ma non prenderò un soldo... è inutile che stia a fare tanti
conti.
SIRO SANNIONE
SIRO (esce di casa rivolgendosi a bassa voce a Eschino che sta dentro)
Zitto, adesso ci vado io incontro a lui: farò in modo che desideri
prendersi i soldi e riconosca addirittura di essere stato trattato bene.
(ad alta voce, a Sannione) Che affare è questo, Sannione? Sento che hai
avuto non so che disputa col mio padrone.
SANNIONE
Non ho mai visto un combattimento più impari di quello che c'è stato oggi
fra noi: io a prender botte, lui a bastonare, fino allo sfinimento di
entrambi.
SIRO
La colpa è tua.
SANNIONE
Cosa dovevo fare?
SIRO
Dovevi accontentare il giovanotto.
SANNIONE
Potevo fare di più che offrirgli anche l'altra guancia?
SIRO
Dai, sai bene cosa intendo: a volte non curarsi dei soldi, quando è il
momento, è il più grande dei guadagni. Pff! Da quel gran cretino che sei
hai avuto paura che se ora gli avessi ceduto un pochino del tuo e avessi
accontentato il giovanotto, lui poi non ti avrebbe ripagato con gli
interessi?
SANNIONE
Io speranze non ne compro.
SIRO
Non diventerai mai ricco: vattene, Sannione, non sai proprio come si
prende la gente all'amo.
SANNIONE
Meglio così, credo; ma non sono stato mai tanto furbo da non scegliere di
arraffare subito tutto quello che potevo.
SIRO
Su, su, so bene come sei fatto: come se per te venti mine contassero
qualcosa se vuoi fargli un piacere, a questo qui; tra l'altro dicono che
sei in partenza per Cipro...
SANNIONE
Ehm, ehm.
SIRO
... che hai comprato qui molta merce da portare laggiù e che hai già
noleggiato la nave: è per questo, lo so, che sei in dubbio. Però quando
tornerai di laggiù, come mi auguro, concluderai questo affare.
SANNIONE (a parte)
Non devo allontanarmi di un passo! Accidenti, sono rovinato: era questo
che speravano quando si sono messi in questo affare!
SIRO (a parte)
Ha paura: gli ho messo la pulce nell'orecchio.
SANNIONE (a parte)
Che mascalzonata! Mi ha colto proprio nel punto debole. Ho comprato
parecchie donne e anche altra merce che da qui porto a Cipro. Se non vado
al mercato laggiù, ci rimetto un sacco. Adesso se trascuro questa faccenda
qui... quando tornerò di laggiù i giochi saranno fatti; la cosa si sarà
raffreddata: «Adesso te ne arrivi? Perché non te ne sei interessato?
Dov'eri?» ... È meglio rimetterci che rimanere adesso un sacco di tempo
qui, oppure fargli causa dopo.
SIRO
Allora, hai fatto i conti di quel che pensi di guadagnarci?
SANNIONE
È un comportamento degno di lui, questo? Era questo che doveva
architettare Eschino, cercare di strapparmela con la forza?
SIRO (a parte)
Ci sta cascando. (ad alta voce) Posso farti solo quest'ultima proposta.
Vedi se ti va: invece di correre il rischio di avere tutto o di rimetterci
tutto, fagli metà prezzo, Sannione: dieci mine da qualche parte riuscirà a
rastrellarle!
SANNIONE
Povero me! Dovrò temere anche per il mio capitale, adesso, disgraziato che
sono; ma non si vergogna di nulla? Mi ha spaccato tutti i denti e inoltre
mi ha ridotto la testa a una patata a suon di sberle. E per di più mi
vuole ancora truffare? Non vado da nessuna parte.
SIRO
Come vuoi; ti serve qualcosa, prima che me ne vada?
SANNIONE
Come no, accidenti, Siro, ti prego di questo: comunque siano andate le
cose, piuttosto che dover star dietro a un processo, restituitemi almeno
quel che l'ho pagata, Siro. So che tu prima d'ora non hai avuto prove
della mia amicizia; vedrai: sono uno che si ricorda ed è riconoscente.
SIRO
Provvedo subito. Ma vedo Ctesifone: è contento per la sua amante.
SANNIONE
Allora che ne dici di quel che ti ho chiesto?
SIRO
Aspetta un momento.
CTESIFONE SANNIONE SIRO
CTESIFONE
Quando ne hai bisogno, ricevere del bene fa piacere, da chiunque ti venga.
Ma alla fin fine ti fa più piacere se a beneficarti è la persona giusta. O
fratello, fratello, come potrò celebrare le tue lodi, adesso? Sono sicuro:
mai potrò rivolgerti un elogio che non sia inferiore ai tuoi meriti. E
così io ritengo di avere una sola cosa straordinaria rispetto agli altri:
un fratello, di cui nessuno può eguagliare il primato...
SIRO
Salute, Ctesifone.
CTESIFONE
Salute, Siro. Dov'è Eschino?
SIRO
Eccolo, ti aspetta in casa.
CTESIFONE
Ehm.
SIRO
Che c'è?
CTESIFONE
Vuoi sapere che c'è? Ora, grazie a lui, vivo, Siro. È un tesoro; ha
addirittura rimandato tutte le sue faccende per far piacere a me; s'è
accollato le maledizioni, la cattiva reputazione, le mie difficoltà e i
miei errori. Non poteva fare di più. Ma perché la porta fa rumore?
SIRO
Aspetta, aspetta: è lui che sta uscendo.
ESCHINO CTESIFONE SIRO SANNIONE
ESCHINO
Dov'è quella carogna?
SANNIONE (a parte)
È me che cerca. Cosa vuole ancora? Sono morto: non vedo un soldo.
ESCHINO
Ehilà, arrivi al momento giusto: cercavo proprio te; (vedendo il fratello)
come va, Ctesifone? È tutto a posto: piantala con le malinconie.
CTESIFONE
La pianto sì, accidenti, visto che ho un fratello come te, caro Eschino. O
fratello caro! Ma ho paura di farti pubblicamente altre lodi di persona;
non vorrei che pensassi che lo faccio per adularti e non perché ti sono
riconoscente.
ESCHINO
Suvvia, sciocco, come se tra di noi non ci conoscessimo, Ctesifone! Mi
spiace soltanto di averlo saputo tanto tardi e che la cosa fosse quasi
arrivata al punto che, anche volendo, non ti si poteva più aiutare.
CTESIFONE
Avevo vergogna.
ESCHINO
Questa è scempiaggine, non vergogna! Per una cosa tanto piccola, poco
manca che te ne vai dal tuo paese! C'è da vergognarsi a dirlo. Che il
cielo ce ne scampi!
CTESIFONE
Ho sbagliato.
ESCHINO (a Siro)
Allora, cosa dice il nostro Sannione?
SIRO
Ormai si è calmato.
ESCHINO
Andrò in piazza a saldare il conto; tu va' dentro da lei, Ctesifone.
SANNIONE (a Siro)
Stagli addosso, Siro.
SIRO (a Eschino)
Andiamo; perché questo qui ha fretta di andarsene a Cipro.
SANNIONE
Non così presto come vorresti: me ne resto ancora qui tranquillissimo.
SIRO
I soldi ti saranno restituiti; non aver paura.
SANNIONE
Purché mi restituisca tutto.
SIRO
Ti renderà tutto; sta' solo zitto e seguimi.
SANNIONE
Ti seguo. (si allontanano)
CTESIFONE (richiamando lo schiavo)
Ehi, ehi, Siro!
SIRO
Allora, che c'è?
CTESIFONE
Te ne scongiuro, accidenti, saldate al più presto il conto a questo
sporcaccione, per evitare che, se è troppo in collera, faccia sapere in
qualche modo la cosa a mio padre; che, in tal caso, io sarei morto per
sempre.
SIRO
Non succederà, sta' tranquillo; tu, nel frattempo, spassatela là dentro
con lei e da' ordine che sistemino i letti e preparino il resto. Io,
concluso l'affare, me ne andrò a casa con le provviste.
CTESIFONE
Sì, te ne prego. Visto che è andato tutto bene, oggi spassiamocela!
ATTO TERZO
SOSTRATA CANTARA
SOSTRATA
Dimmi, cara balia, te ne prego, che succederà ora?
CANTARA
Vuoi sapere che succederà? Mi auguro che vada tutto bene per la miseria!
Le doglie, cara mia, cominciano appena ora: e tu hai già paura, come se
non avessi mai assistito a un parto o non avessi partorito anche tu!
SOSTRATA
Povera me! Non ho nessuno (siamo sole; Geta non è qui), nemmeno qualcuno
per chiamare la levatrice, o per far venire Eschino.
CANTARA
Almeno lui fra poco sarà qui, accidenti; non lascia passare giorno senza
venirti a trovare.
SOSTRATA
È l'unico conforto alle mie disgrazie.
CANTARA
Dati gli inizi, una volta che aveva subito violenza, la cosa non poteva
risolversi meglio, padrona, specialmente per quanto riguarda lui, una
persona di stirpe e indole così nobile, generata da una famiglia così
ragguardevole.
SOSTRATA
Hai ragione, accidenti: prego il cielo che ce lo conservi.
GETA SOSTRATA CANTARA
GETA
Adesso siamo al punto in cui, se anche tutti offrissero i loro consigli
per cercare di rimediare a questo guaio, non sarebbero di alcun aiuto né a
me, né alla padrona, né alla figlia della padrona. O me infelice! D'un
tratto si accavallano tante avversità, che non si riesce a venirne fuori:
violenza, povertà, ingiustizia, abbandono, disonore. È questa la nostra
generazione? Che mascalzonate, che razza di carognate, che delinquente!
SOSTRATA
Povera me, quale sarà il motivo per cui vedo Geta avvicinarsi così pieno
di paura e di fretta?
GETA
Non lo hanno trattenuto o piegato né la promessa, né il giuramento, né la
pietà, né il fatto che era imminente il parto della poveretta a cui aveva
fatto indegna violenza.
SOSTRATA
Non capisco bene quel che dice.
CANTARA
Avviciniamoci, Sostrata, te ne prego.
GETA
O me infelice! Riesco appena a trattenermi, tanto sono fuori di me. Il mio
più grande desiderio adesso sarebbe quello di incontrare tutta la sua
famiglia, così da vomitare fuori contro di loro tutta questa rabbia a
botta calda. Sarebbe punizione sufficiente se solo potessi vendicarmi di
loro. Prima di tutto toglierei la vita al vecchio che ha generato quel
mascalzone; poi Siro, l'istigatore, aah, come lo farei a brani. Prima lo
solleverei a mezz'aria e gli farei battere la testa per terra, così da
fargli schizzare fuori il cervello per la strada; a lui poi, al
giovanotto, gli caverei gli occhi e poi lo farei precipitare; gli altri li
assalirei, li spingerei, li afferrerei, li pesterei, li stenderei a terra.
Ma quando mi decido a informare la padrona di questo guaio?
SOSTRATA
Chiamiamolo: Geta!
GETA
Uffa! Chiunque tu sia, lasciami in pace!
SOSTRATA
Sono io, Sostrata.
GETA
Ma dov'è? (vedendola) È proprio te che cerco.
SOSTRATA
Io ti sto aspettando: sei capitato sulla mia strada proprio al momento
giusto.
GETA
Padrona...
SOSTRATA
Che c'è? Che paura hai?
GETA (sfinito dalla corsa)
Ahimè!
CANTARA
Perché così trafelato, Geta? Riprendi fiato!
GETA
Siamo del tutto...
SOSTRATA
«Del tutto» cosa?
GETA
...rovinati; è finita.
SOSTRATA
Spiegami di cosa si tratta, te ne prego.
GETA
Ormai...
SOSTRATA
«Ormai» cosa, Geta?
GETA
...Eschino...
SOSTRATA
E allora?
GETA
...per noi è un estraneo.
SOSTRATA
Aiuto, sono morta! Perché?
GETA
Si è innamorato di un'altra.
SOSTRATA
O me infelice!
GETA
E non lo tiene certo nascosto; lui stesso alla luce del sole l'ha portata
via al ruffiano.
SOSTRATA
Ma ne sei sicuro?
GETA
Sicurissimo; l'ho visto io, con questi occhi, Sostrata.
SOSTRATA
O me infelice! Cosa credere ormai, o a chi credere? Il nostro Eschino, la
nostra vita, l'uomo in cui erano riposte tutte le nostre speranze e le
nostre fortune? Lui che giurava che non sarebbe vissuto un sol giorno
senza di lei? Che affermava che avrebbe posto il bimbo in braccio a suo
padre per ottenere così da lui di poterla sposare?
GETA
Smetti di piangere, padrona, e pensa piuttosto a quel che bisogna fare:
dobbiamo rassegnarci, o raccontarlo a tutti?
CANTARA
Ehi, ehi, tu, sei forse impazzito? Ti sembra questa una faccenda da
raccontare in giro?
GETA
A me, comunque, non va. In primo luogo la situazione stessa rivela che
Eschino ci è ostile. Se ora rendiamo noto il fatto, dirà che non è vero,
lo so bene; metterai a repentaglio la tua reputazione e la vita di tua
figlia. Anche se confessasse, non è conveniente dargliela in sposa, visto
che ama un'altra. Perciò in ogni caso bisogna tacere.
SOSTRATA
Assolutamente no! Non lo farò.
GETA
E che farai?
SOSTRATA
Lo racconterò in giro.
CANTARA
Senti, cara Sostrata, pensa a quello che fai.
SOSTRATA
Non è possibile che la cosa si metta peggio di come sta adesso. In primo
luogo non ha dote; inoltre quella che sarebbe stata la sua seconda dote
non l'ha più: non si può darla in sposa spacciandola per vergine. Se lui
negherà, resta un solo appiglio: ho con me come prova l'anello che aveva
inviato. Alla fine poi, siccome sono consapevole di non avere colpe e che
non sono intervenute questioni di soldi, o altre faccende non degne di lei
o di me, gli intenterò un processo, caro Geta.
GETA
Come sarebbe? Su, spiegati meglio.
SOSTRATA
Tu va' più in fretta che puoi da Egione, il suo parente, e spiegagli la
faccenda, per filo e per segno; era il più caro amico del mio Simulo e ha
sempre avuto per noi il massimo rispetto.
GETA
Già, nessun altro baderà a noi, accidenti.
SOSTRATA
Tu affrettati, Cantara, corri, fa' venire la levatrice, in modo da non
perdere tempo quando verrà il momento.
DEMEA SIRO DROMONE
DEMEA
Sono davvero perduto! Ho sentito dire che mio figlio Ctesifone ha
partecipato al rapimento con Eschino. Manca soltanto che, se ci riesce, mi
porti alla perdizione anche lui, che non è uomo dappoco. Dove posso
cercarlo? L'avrà trascinato in qualche postribolo, penso: quello
sporcaccione lo ha convinto, lo so bene. Ma ecco che vedo arrivare Siro:
saprò da lui dov'è. Però, accidenti, anche lui fa parte del branco: se
capirà che lo cerco, non me lo dirà mai, quel boia. Non darò a vedere che
voglio saperlo.
SIRO (rivolto a Dromone)
Abbiamo raccontato al vecchio per filo e per segno come è andata tutta la
faccenda: non ho mai visto una persona più contenta.
DEMEA (a parte)
Perdìo, che razza di imbecille!
SIRO
Ha esaltato le qualità del figlio; mi ha ringraziato per averlo
consigliato.
DEMEA
Scoppio!
SIRO
Ha pagato la somma pronta cassa; ci ha aggiunto mezza mina per le spese;
questa naturalmente l'abbiamo distribuita come volevo io.
DEMEA
Ecco, se vuoi qualcosa di ben fatto, affidala a questo qui.
SIRO (scorgendo il vecchio)
Oh, Demea, non ti avevo visto. Che si fa?
DEMEA
Che vuoi che si faccia? Il vostro sistema di vita non mi riesce davvero di
approvarlo.
SIRO
Se vogliamo essere sinceri, è privo di senso, accidenti, e scriteriato.
(rivolgendosi all'altro schiavo) Pulisci tutto il pesce, Dromone; questo
enorme grongo lascialo giocare per un po' nell'acqua: le spine le
toglieremo quando arrivo io; prima non voglio.
DEMEA
Che mascalzonate!
SIRO
A me, per la verità, non stanno bene e spesso protesto. (rivolto a un
altro schiavo ancora) Questi in salamoia, Stefanione, falli macerare per
bene!
DEMEA
In nome del cielo, ma per lui rovinare mio figlio è un impegno, o pensa
che gli possa procurare gloria? Poveretto me! Mi sembra già di vedere il
giorno in cui, povero in canna, se ne andrà via da qui per andare da
qualche parte sotto le armi.
SIRO
O Demea, questo significa esser saggio: non vedere soltanto quello che hai
sotto il naso, ma presagire anche il futuro.
DEMEA
Ma, senti, questa suonatrice ormai è a casa vostra?
SIRO
Eccola là dentro.
DEMEA
Ehi, ma intende tenersela in casa?
SIRO
Credo di sì, pazzo com'è.
DEMEA
Combinare una cosa simile!
SIRO
La bontà del padre è stupida e la sua indulgenza colpevole.
DEMEA
Mi vergogno e mi rincresce davvero per mio fratello.
SIRO
Tra voi due, Demea, (e non lo dico perché sei qui) ci passa molto, anzi
moltissimo. Tu, grande quanto sei, sei tutto saggezza, lui tutto fantasie.
Ma tu, a tuo figlio, gli lasceresti fare cose simili?
DEMEA
Gli lascerei? O non avrei piuttosto annusato con buoni sei mesi di
anticipo che aveva in mente qualcosa?
SIRO
Vuoi raccontare a me come lo sorvegli?
DEMEA
Speriamo che resti così com'è ora.
SIRO
Le cose vanno come uno vuole che vadano.
DEMEA
Che mi dici di lui? Oggi l'hai visto?
SIRO
Tuo figlio, dici? (a parte) Questo qui adesso lo mando in campagna. (ad
alta voce) Credo che già da un pezzo stia facendo qualcosa in campagna.
DEMEA
Sei sicuro che sia lì?
SIRO
Certo, ce l'ho accompagnato io.
DEMEA
Molto bene: temevo che qui ci avesse piantato le tende.
SIRO
Ed era parecchio in collera.
DEMEA
E perché?
SIRO
In piazza ha avuto una lite col fratello, a proposito di questa
suonatrice.
DEMEA
Dici sul serio?
SIRO
O bella, non gli ha risparmiato nulla. È capitato per caso tutt'a un
tratto mentre si contava il denaro: ha cominciato a gridare «Eschino,
proprio tu fai queste mascalzonate! Non è degno della nostra famiglia che
tu compia certe cose!»
DEMEA
Ah, piango di gioia!
SIRO
«Non è il denaro che getti via, ma la tua vita».
DEMEA
Che il cielo lo conservi! Buon sangue non mente, mi auguro.
SIRO
Come no!
DEMEA
Quello è ricco di buoni principi, Siro.
SIRO
A chi lo dici! L'esempio ce l'aveva in casa.
DEMEA
Io mi do da fare: non trascuro nulla; lo abituo; insomma gli impongo di
guardare dentro la vita di tutti come in uno specchio e di prendere
esempio dagli altri: «Fa' questo...
SIRO
Giustissimo.
DEMEA
... evita quello...
SIRO
Ben trovato.
DEMEA
... questo ti fa onore...
SIRO
Proprio così.
DEMEA
... quello ti procura biasimo».
SIRO
Benissimo.
DEMEA
Inoltre poi...
SIRO
Accidenti, ora non ho tempo per starti a sentire. Mi sono procurato dei
pesci proprio come dico io; devo stare attento che non mi si guastino. Per
me, caro Demea, questo sarebbe un delitto grande come per voi non fare
quel che hai appena finito di dirmi; e, per quanto posso, istruisco i miei
compagni di schiavitù allo stesso modo: «Questo è salato, questo è troppo
cotto, questo è lavato male; quello va bene: la prossima volta ricordalo».
Sono pronto a consigliarli per quanto è possibile in base alla mia
esperienza: insomma, Demea, gli impongo di guardare dentro i piatti come
in uno specchio e gli consiglio quel che è utile fare. Capisco che quel
che facciamo sono sciocchezze, ma che vuoi farci? Ognuno ha le sue
inclinazioni. Ti serve altro?
DEMEA
Che diventiate più furbi.
SIRO
Ora te ne vai in campagna?
DEMEA
Immediatamente.
SIRO
Hai ragione, cosa staresti a fare qui, dove, per quanto bene tu gli
insegni, nessuno ti dà retta? (si allontana)
DEMEA
Io vado via da qui perché quello per cui ero venuto se n'è andato in
campagna: io mi curo solo di lui, lui è affar mio: dal momento che mio
fratello vuole così, a quell'altro ci pensi lui. Ma chi vedo laggiù? Non è
Egione, il mio compaesano? Se non mi sbaglio è proprio lui, accidenti! Ma
tu guarda, è mio amico da quando eravamo piccoli (buondìo, che carenza
abbiamo di cittadini del suo stampo), un uomo coraggioso e leale, come
quelli di un tempo! Da lui non puoi certo aspettarti che nascano guai per
lo stato. Ma come sono contento!
Guarda, quando vedo che esistono ancora persone del genere, la vita torna
a piacermi. Gli andrò incontro per salutarlo e fare due chiacchiere.
EGIONE DEMEA GETA (PANFILA)
EGIONE
Per gli dèi, che mascalzonata, Geta! Cosa mi racconti!
GETA
È andata così.
EGIONE
Un'azione così ignobile da una famiglia come quella! Eschino, Eschino, un
gesto simile non è certo degno di tuo padre.
DEMEA (a parte)
Deve aver saputo della suonatrice: lui, che è un estraneo, se ne dispiace,
il padre invece non se ne fa nulla. Ahimè! Magari fosse qui adesso e
sentisse!
EGIONE
Se non faranno quello che va fatto, non la passeranno liscia.
GETA
Tutte le nostre speranze sono riposte in te, Egione: abbiamo solo te, tu
sei il nostro padre e il nostro patrono; il vecchio morendo ci affidò a
te: se ci vieni a mancare tu, siamo perduti.
EGIONE
Non lo dire neanche: non vi abbandonerò, né credo in coscienza che ci
riuscirei.
DEMEA (a parte)
Gli vado incontro. (ad alta voce) Ti porgo i miei saluti più cari, Egione.
EGIONE
Oh, cercavo proprio te: salute, Demea.
DEMEA
Perché mi cercavi?
EGIONE
Il tuo figlio maggiore, Eschino, che hai affidato in adozione a tuo
fratello, non si è davvero comportato da galantuomo.
DEMEA
Che faccenda è questa?
GETA
Conoscevi Simulo, il nostro amico e coetaneo?
DEMEA
Come no?
EGIONE
Eschino ha fatto violenza a sua figlia, che era vergine.
DEMEA
Eh!
EGIONE
Aspetta: non hai ancora sentito il peggio, Demea.
DEMEA
Ah, perché, c'è di più?
EGIONE
Proprio di più; perché questo in qualche modo si poteva giustificarlo: lo
avevano indotto la notte, la passione, il vino, l'età: è umano. Come si
rende conto di quel che ha commesso, va spontaneamente dalla madre della
ragazza e piange, prega, scongiura, promette, giura che la porterà a casa
sua. Viene perdonato, non si dice nulla, gli si dà fiducia. La ragazza in
seguito alla violenza è rimasta incinta (ora è al nono mese); e quel
gentiluomo, a dio piacendo, si è trovato come compagna una suonatrice, e
quella l'ha lasciata.
DEMEA
Sei sicuro di quello che dici?
EGIONE
Possono testimoniarlo la madre della ragazza, la ragazza, la gravidanza
stessa e poi il nostro Geta che, per quanto sia uno schiavo, non è un
cattivo soggetto e non sta con le mani in mano: è lui che, da solo,
mantiene e nutre tutta la famiglia: fallo condurre qui, fallo legare e
interrogalo sulla vicenda.
GETA
Anzi, torturami pure, Demea, se le cose non stanno così, accidenti.
Insomma non potrà negare: mettimi a confronto con lui.
DEMEA (a parte)
Che vergogna! Non so cosa fare né cosa rispondergli.
PANFILA (da dentro)
Povera me! Sono straziata dai dolori! Soccorrimi Giunone Lucina, salvami,
te ne scongiuro!
EGIONE
Ehilà, sta forse partorendo?
GETA
Sì, Egione.
EGIONE
Be', adesso, Demea, lei implora la vostra lealtà: ottenere spontaneamente
da voi quel che dovreste fare comunque. Prima di tutto prego gli dèi che
le cose vadano come è degno di voi. Ma se avete intenzioni diverse, Demea,
io difenderò lei e quel morto con la massima decisione. Era mio parente:
siamo stati allevati insieme da piccoli, siamo sempre stati insieme, sotto
le armi e in tempo di pace; abbiamo patito insieme una dura povertà.
Perciò farò ogni sforzo, le proverò tutte, magari ci lascerò l'anima, ma
non le abbandonerò. Che mi rispondi?
DEMEA
Andrò a trovare mio fratello, Egione; quel che lui mi consiglierà di fare,
io farò.
EGIONE
Sì, Demea, ma tu vedi di riflettere su questo: quanto più avete libertà
d'azione, quanto più siete potenti, ricchi, felici, nobili, tanto più è
necessario che voi riconosciate con giustizia quel che è giusto, se volete
aver fama di galantuomini.
DEMEA
Torna: quel che è giusto fare, sarà fatto, tutto.
EGIONE
È un comportamento degno di te. Geta, fammi entrare da Sostrata. (entrano
in casa)
DEMEA
Non si può dire che non l'avessi previsto! E magari finisse tutto qui! Ma
l'eccessiva libertà procura sempre qualche grosso guaio. Andrò a cercare
mio fratello e mi sfogherò con lui.
EGIONE
EGIONE (uscendo di casa)
Sta' tranquilla, Sostrata, e vedi di rassicurarla per quanto ti riesce.
Andrò incontro a Micione, se è in piazza, e gli racconterò la storia per
filo e per segno: se intende comportarsi come si deve, bene; se invece la
pensa diversamente, me lo dica, così saprò al più presto cosa fare.
ATTO QUARTO
CTESIFONE SIRO
CTESIFONE
Vuoi dirmi che mio padre se n'è andato in campagna?
SIRO
Da un bel pezzo.
CTESIFONE
Dimmi, te ne prego.
SIRO
È alla fattoria: ora penso che sia impegnato in qualche grosso lavoro.
CTESIFONE
Magari! Purché non gli faccia male, vorrei che si stancasse talmente da
non potersi alzare dal letto per i prossimi tre giorni.
SIRO
Speriamo, se possibile, che vada anche meglio.
CTESIFONE
Bene; perché questo giorno desidero maledettamente trascorrerlo in
continua allegria, come ho cominciato. Se la detesto, quella campagna, è
solo perché è tanto vicina: se fosse più distante, la notte lo coglierebbe
prima che potesse far ritorno qui. Adesso invece, appena vedrà che non ci
sono, correrà subito qui, lo so bene: mi chiederà dove sono stato: «Oggi
non ti ho visto in tutto il giorno». Cosa gli racconterò?
SIRO
Non hai nessuna idea in testa?
CTESIFONE
Manco l'ombra.
SIRO
Sei proprio un buono a nulla. Non avete un cliente, un amico, un ospite?
CTESIFONE
Sì, e allora?
SIRO
Non puoi aver fatto un piacere a questa gente?
CTESIFONE
Ma se non l'ho fatto? No, non regge.
SIRO
Regge, invece.
CTESIFONE
Di giorno, ma se passo qui la notte, che scusa troverò, Siro?
SIRO
Aah, come vorrei che ci fosse l'abitudine di fare un piacere agli amici
anche di notte! Ma tu sta' tranquillo: so benissimo com'è fatto quello.
Quando va su tutte le furie, lo faccio tornare mansueto come un agnello.
CTESIFONE
In che modo?
SIRO
È tutto contento di sentire le tue lodi: io ti faccio diventare un dio ai
suoi occhi; espongo le tue qualità.
CTESIFONE
Le mie?
SIRO
Le tue, sì: gli vengono le lacrime agli occhi per la gioia, come a un
bambino. Ma eccotelo qua.
CTESIFONE
Che diamine c'è?
SIRO
Si parla del lupo e il lupo appare.
CTESIFONE
È mio padre?
SIRO
In persona.
CTESIFONE
Che facciamo, Siro?
SIRO
Tu pensa a scappar dentro; me la vedrò io.
CTESIFONE
Se ti chiederà qualcosa, non mi hai visto da nessuna parte; hai capito?
SIRO
Vuoi farla finita?
DEMEA CTESIFONE SIRO
DEMEA (giungendo dalla strada)
Sarò sfortunato io! Prima non riesco a trovare mio fratello in nessun
posto; inoltre, mentre lo cercavo, ho incontrato un operaio che veniva
dalla fattoria: mi assicura che mio figlio non è in campagna. Non so che
fare.
CTESIFONE (a bassa voce)
Siro!
SIRO
Che c'è?
CTESIFONE
È me che cerca?
SIRO
Sì.
CTESIFONE
Sono rovinato.
SIRO
Ma stattene tranquillo.
DEMEA (fra sé)
Che disgrazia è mai questa, maledizione? Non riesco a capire; a meno di
pensare che io sia venuto al mondo solo per sopportare disgrazie. Sono il
primo a presentire i nostri guai, il primo a venirne pienamente a
conoscenza, e il primo a darne notizia; se succede qualcosa, sono l'unico
a soffrirne.
SIRO (a parte)
Mi fa proprio ridere: dice di essere il primo a sapere e invece è l'unico
a ignorare tutto.
DEMEA
Ora torno a vedere caso mai mio fratello fosse tornato.
CTESIFONE (a bassa voce, dall'interno)
Siro, te ne scongiuro, fa' in modo che non entri qui all'improvviso.
SIRO
Ma vuoi star zitto? Ci penserò io.
CTESIFONE
Non permetterò che ti occupi tu anche di questo, accidenti; ora mi
chiuderò in qualche ripostiglio con quella là: è la cosa più sicura.
(entra definitivamente in casa)
SIRO
Fa' pure; io, comunque, lo caccerò via di qui.
DEMEA
Ma ecco quel disgraziato di Siro.
SIRO (fingendo di parlare da solo ad alta voce)
Se continua così, non c'è nessuno che possa resistere, accidenti! Vorrei
davvero sapere quanti sono i miei padroni: che vita di schifo!
DEMEA (a parte)
Cosa starnazza? Cosa vuole? (ad alta voce) Senti un po', galantuomo, è in
casa mio fratello?
SIRO
Di quale «galantuomo» vai parlando, miseria? Sono rovinato.
DEMEA
Che ti è successo?
SIRO
E me lo domandi? Poco manca che Ctesifone faccia fuori a pugni questo
povero disgraziato e la suonatrice.
DEMEA
Eh? Ma cosa mi racconti?
SIRO
Guarda qua come mi ha spaccato il labbro.
DEMEA
E perché?
SIRO
Diceva che questa qui è stata comprata dietro mia istigazione.
DEMEA
Ma non mi avevi detto di averlo spedito poc'anzi in campagna?
SIRO
Proprio così; ma poi è tornato fuori di sé: non ha avuto la minima pietà.
Non si è fatto scrupolo di bastonare un vecchio! E pensare che quand'era
piccolo così me lo portavo in braccio!
DEMEA
Bravo, Ctesifone, hai preso da tuo padre: va' pure, ormai sei un uomo.
SIRO
«Bravo»? Se avrà un po' di sale in zucca, sta' pur certo che in futuro
terrà le mani a posto!
DEMEA
Ben fatto!
SIRO
Eccezionale! Visto che ha avuto la meglio su una povera donna e un povero
schiavo che non aveva il coraggio di rispondere alle percosse: bravissimo davvero!
DEMEA
Non poteva far meglio. Anche lui, come me, ha capito che dietro tutta la
faccenda ci sei tu. Ma, mio fratello è in casa?
SIRO
No.
DEMEA
Mi chiedo dove posso trovarlo.
SIRO
Io lo so, ma oggi da me non lo saprai mai!
DEMEA
Ehi, ma cosa stai dicendo?
SIRO
Proprio così!
DEMEA
Vuoi finire con la testa rotta.
SIRO
Ma non lo so come si chiami quel tizio, il posto però so dov'è.
DEMEA
Dimmi il posto, allora.
SIRO
Conosci il portico giù verso il mercato delle carni?
DEMEA
Perché non dovrei conoscerlo?
SIRO
Continua diritto su dalla piazza; quanto arriverai là, svoltando c'è una
discesa: buttati giù di lì. Poi da quella parte c'è un tempietto: lì
vicino c'è un vicolo.
DEMEA
Quale?
SIRO
Quello dove c'è anche una grossa pianta di fico selvatico.
DEMEA
Lo conosco.
SIRO
Continua di là.
DEMEA
Ma è un vicolo senza uscita.
SIRO
Hai ragione, accidenti! Aah, lo sai che anch'io sono un essere umano? Mi
sono sbagliato: torna di nuovo al portico; per questa strada sarai
certamente molto più vicino e hai meno possibilità di sbagliare. Conosci
la casa di Cratino, quel riccone?
DEMEA
Sì.
SIRO
Quando l'avrai oltrepassata, va' dritto a sinistra dalla piazza, quando
arriverai al tempio di Diana, prendi a destra; prima di giungere alla
porta, proprio vicino al fossato, c'è un piccolo mulino e, di fronte, la
bottega di un falegname: è lì.
DEMEA
E che cavolo ci fa?
SIRO
Gli ha ordinato dei letti - per stare all'aria aperta - con i piedi di
rovere.
DEMEA
Dove voi possiate ubriacarvi: benissimo! Ma cos'aspetto ad andare da lui?
(si allontana in fretta)
SIRO (a parte)
Va', va': oggi ti sistemerò come ti meriti, vecchio catafalco. Ma Eschino
è schifosamente in ritardo, il pranzo va male, Ctesifone poi è tutto preso
dall'amore. Io penserò a me stesso: adesso me ne andrò a spilluzzicare
tutti i bocconcini migliori e trascorrerò la giornata a sorseggiarmi con
calma le mie coppe di vino. (entra in casa).
MICIONE EGIONE
MICIONE (discorrendo per strada con Egione)
In questa faccenda non riesco a capire perché mi si lodi tanto, Egione:
faccio il mio dovere e cerco di porre rimedio perché la colpa, in origine,
è nostra. A meno che tu non creda che io appartenga a quella categoria di
uomini che si ritengono offesi se gli chiedi di riparare a un'offesa che
ti hanno arrecato e, anzi, sono loro ad accusarti. Mi stai ringraziando
perché non mi sono comportato così?
EGIONE
Niente affatto: non ho mai pensato che tu fossi diverso da come sei. Ma ti
prego di venire con me dalla madre della ragazza, Micione, e di ripetere
tu stesso a quella donna quel che hai detto a me: il sospetto è nato per
la faccenda di suo fratello e della suonatrice.
MICIONE
Se ritieni che sia giusto o che si debba farlo, andiamo.
EGIONE
Bravo! Darai sollievo a lei, che si macera nel dolore e nella povertà, e
farai il tuo dovere. Ma, se la pensi diversamente, le riferirò io stesso
quel che mi hai detto.
MICIONE
No, no, verrò anch'io.
EGIONE
Fai bene. Tutti quelli che hanno dei guai, sono, non saprei come dire, più
sospettosi; prendono tutto in mala parte; data la loro debolezza, si
sentono sempre bloccati. Perciò sarà più facile calmarla, se sarai tu
stesso a scusarti pubblicamente davanti a lei.
MICIONE
È vero quello che dici, hai ragione.
EGIONE
Allora seguimi dentro, per di qua.
MICIONE
Volentieri. (entrano in casa)
ESCHINO
Mi strazio e mi tormento: tanti guai mi sono piovuti addosso tutt'a un
tratto, che non so proprio cosa fare né cosa decidere! Ho le membra
infiacchite dalla paura; la mente instupidita dal timore; in cuor mio non
riesco a concretare nessun piano. Aah! Come uscirò fuori da questo casino?
Mi sono caduti addosso grossi sospetti, e non a torto: Sostrata pensa che
questa suonatrice io l'abbia comprata per me; me lo ha confidato la
vecchia. Siccome è capitato che avessero mandato lei per la levatrice,
come la vedo, subito mi avvicino, le chiedo come sta Panfila, se il parto
è ormai prossimo e se è per questo che va a chiamare la levatrice. Quella
blatera: «Vattene lontano, Eschino, ci hai prese in giro a sufficienza e a
sufficienza hai tradito la nostra fiducia». «Ma, ti prego, che cavolo stai
dicendo!», chiedo. «Stammi bene, goditi quella che ti piace». Ho capito
subito che loro avevano quel sospetto, ma comunque mi son ripreso per non
lasciarmi sfuggire qualcosa su mio fratello con quella pettegola e rendere
la faccenda di dominio pubblico. Ma adesso che farò? Dirò che è la donna
di mio fratello? Che si sappia in giro è l'ultima cosa di cui c'è bisogno.
Ma lasciamo perdere: può darsi che la cosa non trapeli: quello che temo è
che loro ci credano. Ci sono tante coincidenze: sono io che l'ho rapita,
io che ho versato il denaro, è stata portata a casa mia. E poi confesso
che io una colpa ce l'ho: quella di non aver spiegato a mio padre come
erano andate le cose. Dovevo scongiurarlo che me la lasciasse sposare.
Invece ho atteso finora: orsù, Eschino, sveglia! Adesso la prima cosa da
fare è andare dalle donne a scusarsi. Mi accosterò alla porta. Sono
perduto! Mi vengono sempre i brividi quando comincio a bussare qui. Ehi,
di casa, sono Eschino: qualcuno venga subito ad aprire la porta! Non
compare nessuno: aspetterò qui.
MICIONE ESCHINO
MICIONE (uscendo dalla casa di Sostrata)
Fate come vi ho detto, Sostrata; io andrò a cercare Eschino perché sappia
come sono andate le cose. Ma chi ha battuto all'uscio?
ESCHINO
Accidenti, è mio padre: sono perduto!
MICIONE
Eschino...
ESCHINO (a parte)
Che ci fa qui?
MICIONE
... sei tu che hai bussato? (a parte) Sta zitto. Perché non divertirsi un
po' alle sue spalle? Gli starebbe bene, visto che questa cosa non ha mai
voluto confidarmela. (ad alta voce) Non mi rispondi?
ESCHINO (rispondendo alla prima domanda di Micione)
Non certo a questa porta, per quanto ne so.
MICIONE
Davvero? Mi domandavo, infatti, che affari potevi trattare qui. (a parte)
È arrossito: siamo a posto.
ESCHINO
Ma tu, padre, di grazia, qui cosa ci fai?
MICIONE
Io niente. Un amico mi ha portato qui adesso dalla piazza... come
consulente.
ESCHINO
Perché?
MICIONE
Te lo dirò: qui abitano certe povere donne; non le conosci, credo, anzi ne
sono sicuro, perché non è da molto che si sono trasferite qui.
ESCHINO
E allora?
MICIONE
C'è una ragazza che vive con la mamma.
ESCHINO
Va' avanti.
MICIONE
La ragazza è orfana di padre; questo mio amico è un suo parente prossimo:
le leggi gli impongono di sposarla.
ESCHINO (a parte)
Sono perduto!
MICIONE
Che c'è?
ESCHINO
Niente; tutto bene, continua.
MICIONE
È venuto per portarla via con sé, perché vive a Mileto.
ESCHINO
Intendi per portare con sé la ragazza?
MICIONE
Per l'appunto.
ESCHINO
Fino a Mileto, dici?
MICIONE
Sì.
ESCHINO (a parte)
Sto male. (ad alta voce) E loro? Cosa dicono?
MICIONE
Cosa pensi che dicano? Nulla. La madre ha raccontato che la ragazza ha
avuto un bambino da un altro, uno sconosciuto, ma non ne dice il nome.
Sostiene che la priorità spetta a lui, che non bisogna sposarla con
questo.
ESCHINO
Ma, senti, questa proposta non ti sembra giusta alla fin fine?
MICIONE
No.
ESCHINO
Come sarebbe? Dovrebbe forse portarsela via, padre?
MICIONE
E perché no?
ESCHINO
Siete stati crudeli, senza pietà e, se posso esprimermi liberamente,
padre, senza generosità.
MICIONE
Perché?
ESCHINO
E me lo chiedi? Cosa pensate che proverà quel poveretto che è stato per
primo con la ragazza, quello sfortunato che forse l'ama ancora
perdutamente, quando, lì presente e in presenza di lei, se la vedrà
sottrarre e portare via sotto i suoi stessi occhi? È una mascalzonata,
padre!
MICIONE
A che titolo dici questo? Chi gliel'ha promessa in sposa? Chi gliel'ha
concessa? Quando e con chi si è sposata? Chi ha dato il consenso? Perché
si è preso una donna non sua?
ESCHINO
Una ragazza della sua età doveva forse starsene in casa ad aspettare che
venisse di laggiù un parente? Questo, padre mio, mi sembrava giusto
dirtelo per difendere quella causa.
MICIONE
Mi fai ridere! Avrei dovuto parlare contro la persona la cui causa ero
venuto a perorare? Ma, senti, Eschino, a noi che importa? Che cosa abbiamo
a che fare con loro? Andiamocene. (vedendolo esitante) Che c'è? Perché
piangi?
ESCHINO
Ti prego, padre, ascoltami.
MICIONE
Ho sentito tutto e so tutto, Eschino; ti voglio bene, perciò quello che
fai mi sta a cuore.
ESCHINO
Io vorrei che tu mi volessi bene finché vivi, padre mio, ma perché lo
merito, che tu mi amassi tanto quanto io sono profondamente addolorato di
essere responsabile di questa colpa, di cui mi vergogno davanti a te.
MICIONE
Ti credo, per la miseria, perché conosco la tua indole generosa; ma ho
paura che tu sia un gran pasticcione. Ma, insomma, dove pensi di vivere?
Hai fatto violenza a una vergine che non ti era lecito toccare. Era già
una grossa colpa, ma almeno umanamente comprensibile: l'hanno commessa
spesso anche altri, onesti come te. Ma dopo che era successo, dimmi, ti
sei guardato un po' intorno? Ti sei chiesto che cosa poteva succederti o
come sarebbe andata? Se ti vergognavi a parlarmene di persona, come potevo
venirlo a sapere? E mentre eri incerto sul da farsi, sono trascorsi nove
mesi. Per quanto stava in te hai tradito te stesso, quella poveretta e tuo
figlio. Ma, senti un po', aspettavi che la soluzione piovesse dal cielo,
mentre tu dormivi? Che te la portassero a casa tua, in camera da letto,
mentre stavi con le mani in mano? Non vorrei che tu fossi così pigro anche
nel resto. Sta' tranquillo, la sposerai.
ESCHINO
Ma...
MICIONE
Sta' tranquillo, ti dico.
ESCHINO
... babbo, ti scongiuro, mi stai prendendo in giro, adesso?
MICIONE
Io prenderti in giro? E perché?
ESCHINO
Non so: tanto più maledettamente desidero che sia vero, tanto più provo
paura.
MICIONE
Va', a casa, e prega gli dèi che ci portino tua moglie: va!
ESCHINO
Come? Già mia moglie?
MICIONE
Sì.
ESCHINO
Di già?
MICIONE
Di già, per quanto le è possibile.
ESCHINO
Che il cielo mi stramaledica, babbo, se ora non ti amo più dei miei occhi.
MICIONE
Senti, e lei?
ESCHINO
Anche lei.
MICIONE
Benissimo.
ESCHINO
Ma, dimmi, dov'è quello di Mileto?
MICIONE
È morto, se n'è andato, s'è imbarcato. Ma cos'aspetti?
ESCHINO
Va', babbo, pregali tu gli dèi; sono sicuro che daranno più volentieri
ascolto a te, che sei molto migliore di me.
MICIONE
Io entro per far preparare il necessario: tu fa' come ti ho detto, se hai
sale in zucca. (entra in casa)
ESCHINO
Che faccenda è questa? Essere padre o essere figlio significa questo? Se
fosse un fratello o un amico, come avrebbe potuto assecondarmi di più? Un
uomo simile non va forse amato e coccolato? Mah! Generoso com'è mi fa
nascere la paura di compiere, magari senza saperlo, qualcosa che gli
dispiace: siccome lo so, ci starò attento. Ma cos'aspetto a entrare, per
non essere proprio io a ritardare il mio matrimonio?
DEMEA
Sono sfinito a forza di camminare: che Giove ti strafulmini, Siro, te e la
tua spiegazione! Sono andato vagando praticamente per tutta la città: alla
porta, al fossato, dove non mi sono spinto? Non c'era traccia di bottega
da falegname, né qualcuno che mi dicesse di aver visto mio fratello. Ma
adesso ho deciso di cingere d'assedio casa sua finché non torna.
MICIONE DEMEA
MICIONE (tra sé)
Andrò a dire alle donne che da parte nostra non perderemo tempo.
DEMEA (scorgendolo da lontano)
Ma eccolo, è lui! (ad alta voce) È un pezzo che ti cerco, Micione.
MICIONE
E perché?
DEMEA (ironico)
Vengo a raccontarti altre belle prodezze di quel bravo ragazzo!
MICIONE
Eccoci alle solite!
DEMEA
Fresche fresche, roba da pena di morte.
MICIONE
Ehilà!
DEMEA
Aah, tu non sai che razza di uomo è.
MICIONE
Invece sì.
DEMEA
Bravo sciocco, ti illudi che io mi riferisca alla suonatrice: stavolta ha
messo nei guai una vergine di nascita libera.
MICIONE
Lo so.
DEMEA
Ah, lo sai e lo accetti?
MICIONE
Perché no?
DEMEA
Ma, senti un po', non gridi? Non dai i numeri?
MICIONE
No, preferirei davvero...
DEMEA
Hanno avuto un figlio.
MICIONE
Auguri!
DEMEA
La ragazza non possiede nulla.
MICIONE
L'ho sentito.
DEMEA
Deve sposarla senza dote.
MICIONE
È chiaro.
DEMEA
Che si può fare ora?
MICIONE
Esattamente quel che la cosa richiede: la ragazza verrà a vivere qui.
DEMEA
Perdìo, è questa la soluzione?
MICIONE
Che posso fare di più?
DEMEA
Cosa puoi fare? Se veramente non ti dispiace, almeno fa' finta.
MICIONE
Anzi, ormai gli ho promesso la ragazza; la cosa è sistemata; faremo il
matrimonio; ho fugato ogni paura: questo è comportarsi da uomini.
DEMEA
Ma, insomma, questo fatto a te sta bene, Micione?
MICIONE
Non mi starebbe bene, se potessi modificarlo; ma siccome non posso, mi ci
rassegno. La vita degli uomini è come una partita a dadi: quando,
gettandoli, hai assoluta necessità di fare un certo punteggio, e non lo
fai, devi destreggiarti col punteggio che è saltato fuori.
DEMEA
Guardatelo, quello che si destreggia! Grazie alla tua abilità le venti
mine per la suonatrice sono andate in fumo: e di quella bisogna
sbarazzarsi al più presto vendendola a qualcuno, al limite
regalandogliela.
MICIONE
Manco per sogno! Non ci penso neppure a venderla.
DEMEA
Cosa farai, allora?
MICIONE
La terrò in casa.
DEMEA
Santo cielo! Una puttana e una madre di famiglia insieme sotto lo stesso
tetto?
MICIONE
Perché no?
DEMEA
Ma pensi di essere a posto con la testa?
MICIONE
Io credo proprio di sì.
DEMEA
Che il cielo mi protegga! A giudicare da quanto sei stupido, devo pensare
che lo fai per avere chi ti accompagna quando canti!
MICIONE
Perché no?
DEMEA
E la sposina imparerà le medesime canzoni?
MICIONE
Naturale.
DEMEA
E tu, ballando in mezzo a loro, guiderai la danza?
MICIONE
Ben detto.
DEMEA
Ben detto?
MICIONE (ironico)
Anche tu sarai della ghenga, se occorre?
DEMEA
Accidenti a me! Non ti vergogni?
MICIONE
Adesso però piantala con le tue sfuriate, Demea, e mostrati allegro e
felice, come è giusto per tuo figlio che si sposa. Io vado loro incontro,
poi torno qui. (si allontana)
DEMEA
Perdìo. Ma è così che si vive? È così che ci si comporta? Questa è pazzia!
Ci prenderemo una moglie senza dote; dentro abbiamo già una suonatrice;
una casa che costa un occhio; un giovane debosciato; un vecchio pazzo. Una
famiglia così nemmeno la dea Salute in persona potrebbe salvarla, se mai
ne avesse voglia.
ATTO QUINTO
SIRO DEMEA
SIRO
Ti sei proprio trattato coi guanti, caro Siruccio, per la miseria, e hai
assolto con larghezza ai tuoi doveri: puoi andartene. Ma, visto che ho la
pancia piena come un uovo, ho voglia di fare due passi qui fuori.
DEMEA (commenta ironico, senza farsi vedere)
Ma guardàtelo, ve ne prego: ecco un modello di comportamento!
SIRO (scorgendolo)
Ma ecco che arriva il nostro vecchio. (ad alta voce) Che succede? Perché
sei scuro in volto?
DEMEA
Che delinquente!
SIRO
Ehi, basta ora! Sei qui a sproloquiare, signor Sotutto?
DEMEA
Se tu fossi schiavo mio...
SIRO
Saresti ricco, caro Demea, e consolideresti il tuo patrimonio.
DEMEA
...ti riserverei un trattamento esemplare per tutti.
SIRO
Perché? Cos'ho fatto?
DEMEA
E me lo chiedi? Nel pieno del casino, di fronte a un fatto gravissimo al
quale si è posto a stento rimedio, voi brindate, delinquente, come per
festeggiare una prodezza.
SIRO (a parte)
Era meglio se non uscivo qui fuori.
DROMONE SIRO DEMEA
DROMONE (sulla porta di casa)
Ehi, Siro, Ctesifone ti prega di tornare dentro.
SIRO (a voce bassa)
Sparisci! (Dromone rientra)
DEMEA
Di che Ctesifone parla questo qui?
SIRO
Niente.
DEMEA
Ehi, boia, Ctesifone è mica dentro?
SIRO
No.
DEMEA
E allora perché questo qui fa il suo nome?
SIRO
Si tratta di un altro, un piccolo parassita da strapazzo: non lo conosci?
DEMEA (dirigendosi verso l'interno della casa)
Ora vedremo.
SIRO
Che fai? Dove vuoi andare? (lo trattiene)
DEMEA
Lasciami.
SIRO
Non andare, ti dico.
DEMEA
Vuoi tenere giù le mani, schiena da frustate? O preferisci che ti spappoli
il cranio qui, subito.
SIRO (lasciandolo andare)
È andato. (Demea entra in casa) Brutto compagno di bagordi, miseria,
specialmente per Ctesifone! Che posso fare ora? L'unica è che me ne vada
in un angoletto tranquillo a smaltirmi la sbornia, finché il casino si
placa: farò così. (si allontana verso un vicolo)
MICIONE DEMEA
MICIONE
Ho fatto preparare, come ti avevo detto, Sostrata: quando vuoi... (si
sente un gran colpo alla porta) Ma chi cavolo è che batte con questa
furia?
DEMEA
Povero me! Che fare? Come comportarmi? Cosa gridare o lamentare? «O cielo,
o terra, o mari di Nettuno»!
MICIONE
Eccotelo qua! Ha saputo tutto, perciò grida, adesso: è chiaro; si prepara
una discussione: bisogna provvedere di corsa.
DEMEA (vedendo uscire Micione)
Eccolo, sta arrivando il pubblico corruttore dei nostri figli.
MICIONE
Placa la tua collera una buona volta, e torna in te.
DEMEA
L'ho placata e son tornato, e ti invio ogni maledizione possibile:
esaminiamo la realtà. Non abbiamo concordato (e l'idea è stata tua) che tu
non ti saresti occupato di mio figlio, né io del tuo? Rispondimi.
MICIONE
Certo, non dico di no.
DEMEA
Allora perché adesso sta ubriacandosi da te? Perché accogli mio figlio in
casa tua? Perché gli paghi l'amante, Micione? Ti sembra giusto che io
abbia meno diritti di te? Che abbiamo da spartire noi due? Visto che io
non mi occupo del tuo, non occuparti del mio.
MICIONE
Non è giusto quel che dici.
DEMEA
Ah no?
MICIONE
Un vecchio proverbio dice: «Tra amici si divide tutto».
DEMEA
Spiritosa questa! Peccato che questo adagio ti nasca in mente solo ora!
MICIONE
Stammi un po' a sentire, Demea, se non ti dispiace. In primo luogo, se
quel che ti tormenta è lo sperperare dei tuoi figli, ti prego di
riflettere un momento: tu una volta li tiravi su tutti e due secondo le
tue possibilità, perché pensavi che i tuoi mezzi bastassero per entrambi,
e, naturalmente, eri convinto che io mi sarei sposato. Tienti pure quella
tua vecchia convinzione: metti da parte, fa' economia, risparmia, vedi di
lasciargli il massimo che puoi: tienti pure questo motivo di vanto. Ma
consenti che usino i miei denari che gli sono piovuti dal cielo
inaspettati. Dal tuo patrimonio non mancherà un soldo: tutto quello che ti
verrà da me consideralo guadagnato. Se ci penserai su bene, Demea, la
smetterai di scocciare me, te e loro.
DEMEA
Lasciamo stare il patrimonio: ma il modo di vivere di entrambi...
MICIONE
Aspetta: lo so, ci stavo arrivando. Negli uomini, Demea, si possono
cogliere molti segnali che consentono facili previsioni, per cui, quando
due fanno spesso la medesima cosa, si è in grado di dire: «Questo il tale
può farlo senza danno, il talaltro no», non perché sia diversa la cosa che
hanno fatto, ma perché è diverso chi l'ha fatta. E io questi segnali li
colgo in loro; perciò ho fiducia che saranno come vogliamo noi. Vedo che
hanno sale in zucca, sono intelligenti, sono rispettosi, quando è il
momento si vogliono bene: si capisce che sono generosi d'animo e di
indole; in qualunque momento potrai ridurli al buon senso. Potrai forse
temere che al denaro non siano molto attaccati. Caro Demea, noi che
abbiamo un'altra età siamo certamente più saggi in tutto; la vecchiaia
porta con sé il solo grosso difetto che badiamo tutti al denaro più del
necessario: ma questo ci penserà l'età a svilupparglielo.
DEMEA
Io temo soltanto che questi tuoi bei ragionamenti e questa tua liberalità
ci mandino del tutto in malora, Micione.
MICIONE
Sta' zitto: non succederà. Piantala con questa lagna; affidati a me oggi:
rasserena il tuo volto.
DEMEA
D'accordo, le circostanze lo richiedono: dovrò farlo. Ma domani, appena
farà giorno, me ne andrò in campagna con mio figlio...
MICIONE
Nel cuore della notte, se ti conosco; però oggi mostrati allegro.
DEMEA
...e insieme con me porterò via di qui anche questa benedetta suonatrice.
MICIONE
Avrai da combattere: certo in questo modo tuo figlio puoi trattenerlo lì.
Bada soltanto di tener d'occhio lei.
DEMEA
A questo baderò io: farò in modo che a forza di cucinare e macinare si
ricopra di cenere, di fumo e di farina; inoltre a mezzogiorno in punto la
spedirò a raccogliere le stoppie: la farò abbrustolire e diventare nera
come il carbone.
MICIONE
Bene: mi sembra che adesso tu ragioni. Se fossi in te poi, tuo figlio, lo
costringerei a dormire con lei, anche se non vuole.
DEMEA
Che fai, sfotti? Beato te che sei fatto così. Io ho la sensazione...
MICIONE
Aah, intendi continuare?
DEMEA
Basta, basta, la smetto.
MICIONE
Vieni dentro, dunque, e trascorriamo come si deve questo giorno di festa!
DEMEA
A conti fatti, nessuno nella vita è stato tanto bravo che la realtà, la
vecchiaia, l'esperienza non gli abbiano insegnato qualcosa di nuovo; al
punto che quel che credevi di sapere non lo sai e quello che mettevi al
primo posto, alla prova dei fatti, lo scarti. Così è successo a me: la
vita spiacevole che ho vissuto finora, a traguardo ormai vicino,
l'abbandono. E questo perché? In realtà ho scoperto che per l'uomo non c'è
niente di meglio della condiscendenza e della comprensione. Che sia vero
può facilmente capirlo chiunque, guardando me e mio fratello. Lui ha
trascorso tutta la sua vita nel dolce far niente, nelle feste, sereno,
comprensivo, senza offendere nessuno, sorridente con tutti; si è goduto la
vita e i soldi: tutti ne parlano bene, tutti lo adorano. Io, il selvatico,
il duro, il cupo, il parsimonioso, il tetro, l'ostinato, mi sono sposato:
quanti stenti ho conosciuto allora! Ho avuto due figli, altre
preoccupazioni. Eh, via, mentre mi dannavo per fare il massimo per loro,
ho consumato la mia vita e i miei anni a risparmiare: adesso, alla fine
dei miei giorni, il frutto che ricavo da loro in cambio delle mie fatiche
è l'odio; quell'altro senza faticare si gode i vantaggi che spettano a un
padre. Lui, lo adorano, a me mi schifano: a lui confidano ogni loro piano,
gli vogliono bene, stanno entrambi a casa sua, io sono stato abbandonato;
lui, si augurano che viva, naturalmente; quanto a me, invece, aspettano
che muoia. Io li avevo tirati su con una fatica enorme, lui se li è
guadagnati con poca spesa: io mi prendo tutte le disgrazie, lui si gode
tutte le gioie. Su, su, visto che mi sfida, proviamo a vedere invece cosa
riesco a combinare con una lusinga o con un gesto benevolo. Anch'io
desidero essere amato e stimato dai miei cari: se questo si ottiene con la
generosità e con la compiacenza, non resterò indietro. Mi mancherà il
denaro? Vecchio come sono non me ne importa nulla.
SIRO DEMEA
SIRO
Ehi, Demea, tuo fratello ti prega di non allontanarti troppo.
DEMEA
Chi è? O Siro carissimo, salute; che si fa di bello? Come va?
SIRO
Bene.
DEMEA
Sono proprio contento. (a bassa voce) È la prima volta che contro la mia
indole ho aggiunto queste tre formule «carissimo, che si fa di bello? Come
va»? (ad alta voce) Ti riveli uno schiavo non indegno della libertà e
sarei contento di esserti utile.
SIRO (stupefatto)
Te ne ringrazio.
DEMEA
Devi credermi, Siro, è vero, e ne avrai le prove concrete quanto prima.
GETA DEMEA (SIRO)
GETA (rivolto verso l'interno)
Padrona, vado da questi qua per sapere quando vengono a prendere la
ragazza. Ma ecco Demea. (andandogli incontro) Salute!
DEMEA
Chi mi chiama?
GETA
Sono Geta.
DEMEA
Geta, oggi in cuor mio ti ho valutato uomo di grandi qualità. Per me uno
che si occupa del suo padrone come ho capito che fai tu, Geta, è
certamente uno schiavo di tutto riguardo. Perciò, all'occasione, sarei
contento di esserti utile. (a bassa voce) Mi propongo di essere cordiale e
sto andando bene.
GETA
Sei buono a pensarla così.
DEMEA (a bassa voce)
Adagio adagio per prima cosa mi conquisto la bassa forza.
ESCHINO DEMEA SIRO GETA
ESCHINO (tra sé)
Fanno di tutto per rendere solenne questo matrimonio e intanto mi fanno
morire: perdono l'intera giornata in preparativi.
DEMEA
Come va, Eschino?
ESCHINO
Oh, eri qui, babbo mio?
DEMEA
Sono davvero babbo tuo, accidenti, per cuore e per natura, e ti amo più
dei miei occhi. Ma perché non fai venire tua moglie in casa?
ESCHINO
Io vorrei; ma la flautista e quelli che cantano l'imeneo sono in ritardo.
DEMEA
Ehi, vuoi dar retta a questo vecchio?
ESCHINO
In che senso?
DEMEA
Lascia perdere questa roba: imeneo, cortei, fiaccole, flautiste, e fa
demolire al più presto questo muretto in giardino: falla passare per di
qua, forma una sola casa e porta qui da noi anche la madre e tutta la
famiglia.
ESCHINO
Splendida idea, babbo amabilissimo.
DEMEA (a bassa voce)
Evviva! Mi chiama già amabile. La casa di mio fratello diventerà un porto
di mare, ci porterà un sacco di gente, spenderà un'infinità di soldi, ma a
me che importa? Io sono amabile e mi conquisto simpatie. E adesso ordina
pure a quel Sibarita di scucire le venti mine. (ad alta voce) Siro,
cos'aspetti a metterti in azione?
SIRO
Che devo fare?
DEMEA
Demolisci il muro. (a Geta) E tu va' dalle donne e portale qui.
GETA
Che il cielo ti protegga, Demea; vedo che desideri di vero cuore il bene
della nostra famiglia. (Siro e Geta si allontanano)
DEMEA
Penso che se lo meritino. Tu che ne pensi?
ESCHINO
Sono d'accordo.
DEMEA
È molto meglio che far passare dalla strada la puerpera ancora sofferente.
ESCHINO
Niente di più opportuno, babbo caro.
DEMEA
Io sono abituato così. Ma ecco Micione che sta uscendo.
MICIONE DEMEA ESCHINO
MICIONE (verso l'interno con aria incredula)
È un ordine di mio fratello? Ma dov'è? (scorgendo il fratello) È un tuo
ordine, Demea?
DEMEA
È un mio ordine che in questa e in tutte le altre cose noi rendiamo questa
famiglia il più unita possibile, la rispettiamo, la aiutiamo e la uniamo
alla nostra.
ESCHINO
Facciamo così babbo, te ne prego.
MICIONE
Non sono affatto contrario.
DEMEA
Anzi, è giusto che lo facciamo, accidenti! Prima di tutto c'è la madre
della sposa...
MICIONE
Sì. E allora?
DEMEA
...è una donna onesta e riservata...
MICIONE
Così dicono.
DEMEA
...piuttosto in là con gli anni...
MICIONE
Lo so.
DEMEA
...data la sua età, figli non può più averne e non c'è nessuno che si
occupi di lei: è sola...
MICIONE (a parte)
Dove vuole andare a parare?
DEMEA
...sarebbe giusto che tu (indicando Micione) la sposassi e che tu
(indicando Eschino) ti occupassi di questo matrimonio.
MICIONE
Sposarmi, io?
DEMEA
Tu.
MICIONE
Io?
DEMEA
Sì, proprio tu.
MICIONE
Sei diventato scemo!
DEMEA (rivolto ad Eschino)
Se sei un uomo, devi imporglielo.
ESCHINO
Padre!
MICIONE
E tu gli dai retta, pezzo d'asino?
DEMEA
Non ne esci: non si può fare diversamente.
MICIONE
Stai dando i numeri!
ESCHINO
Lasciati convincere, padre mio.
MICIONE
Ma sei impazzito: lèvati di torno!
DEMEA
Su, fa' questo piacere a tuo figlio.
MICIONE
Ma ti manca una rotella? A sessantacinque anni dovrei fare lo sposino e
prendere in moglie una vecchia decrepita? È a questo che volete spingermi?
ESCHINO
Fallo: io gliel'ho promesso.
MICIONE
Gliel'hai promesso? Senti, ragazzo, fa' il generoso con le cose tue!
DEMEA
Suvvia, cosa faresti se ti chiedesse un sacrifico maggiore?
MICIONE
Come se questo non fosse il massimo.
DEMEA
Fagli questo piacere.
ESCHINO
Non farla cadere dall'alto.
DEMEA
Prometti che lo farai.
MICIONE
Ma volete piantarla?
ESCHINO
Non prima di averti convinto.
MICIONE
Ma questa è violenza!
DEMEA
Su, Micione, di buon grado!
MICIONE
Anche se mi sembra una fesseria, una stupidaggine, un'assurdità, una cosa
che fa a pugni con il mio genere di vita, visto che insistete tanto, va bene.
ESCHINO
Saggia decisione. Ho ragione di volerti bene.
DEMEA
Tuttavia... (a bassa voce) E adesso che si è fatto quel che volevo, cosa
posso escogitare?
MICIONE
Cosa c'è ancora?
DEMEA
Egione... è un loro parente stretto, che ora è anche nostro congiunto, è
un pover'uomo: sarebbe giusto che facessimo qualcosa per lui.
MICIONE
E cioè?
DEMEA
C'è quel campicello in periferia che affitti a gente di fuori: diamolo in
usufrutto a lui.
MICIONE
E quello sarebbe un campicello?
DEMEA
Anche se è grande, dobbiamo farlo: per lei è come un padre, è buono, è
della famiglia; si fa bene a darglielo. Ma in fin dei conti non sto
facendo mia una tua massima, Micione? Una volta mi hai detto molto
saggiamente: «Il difetto che abbiamo tutti quando siamo vecchi è di essere
troppo attaccati ai denari». Conviene che noi non ci macchiamo di questa
colpa. Il tuo discorso è vero e deve essere messo in pratica.
MICIONE
Me ne rallegro. Cosa posso dire? Se a Eschino fa piacere, diamoglielo.
ESCHINO
Babbo carissimo!
DEMEA
Adesso mi sei davvero fratello, carnale e spirituale. (a bassa voce) Lo
sto facendo morire con le sue stesse armi.
SIRO DEMEA MICIONE ESCHINO
SIRO
Ho eseguito quanto mi avevi ordinato, Demea.
DEMEA
Sei un brav'uomo. (a Micione) Perciò, accidenti, se posso dire quello che
penso, ritengo giusto che oggi Siro diventi un uomo libero.
MICIONE
Libero lui? E per qual motivo?
DEMEA
Per molti motivi.
SIRO
Demea carissimo, sei davvero un brav'uomo, accidenti! Io questi due
ragazzi ve li ho allevati entrambi con cura fin da bambini; li ho
istruiti, ammaestrati, educati sempre meglio che ho potuto.
DEMEA (con inflessione ironica)
Si vede. E inoltre gli hai insegnato anche a organizzare i pranzi con
cura, a tirarsi in casa le puttane e a banchettare in pieno giorno: non
sono mansioni di persona dappoco!
SIRO
Che burlone!
DEMEA
Oggi come ultima cosa si è adoperato per l'acquisto della suonatrice, se
n'è occupato lui: è giusto ricompensarlo. Altri saranno indotti a fare
anche meglio. E poi Eschino desidera che si faccia così.
MICIONE (stupefatto, rivolgendosi a Eschino)
Desideri così?
ESCHINO
Sì.
MICIONE
Se è questo che desiderate: ehi, Siro, avvicìnati; (ponendogli la mano sul
capo) sei libero.
SIRO
È un atto generoso. Ringrazio tutti, ma soprattutto e in particolare te,
Demea.
DEMEA
Sono proprio contento.
ESCHINO
Io pure.
SIRO
Lo credo. Magari, per completare questa gioia, potessi vedere libera anche
Frigia, mia moglie!
DEMEA
Donna veramente di specchiati costumi.
SIRO
E poi oggi, è stata lei ad allattare per la prima volta, tuo nipote, il
figlio di Eschino, qui.
DEMEA
Accidenti, se davvero è stata lei ad allattarlo per prima, non c'è dubbio
che deve essere libera.
MICIONE
Per il fatto che lo ha allattato?
DEMEA
Per l'appunto. Del resto ti indennizzerò io per quello che vale.
SIRO
O Demea, il cielo possa esaudire sempre tutti i tuoi desideri!
MICIONE
Ti è andata bene oggi, Siro!
DEMEA
Se poi, Micione, vorrai fare la tua parte fino in fondo e gli metterai in
mano una sommetta (indica un numero con le dita) per le prime necessità,
te la renderà presto.
MICIONE
Sì, però meno di così.
DEMEA
È un galantuomo.
SIRO
Te la renderò, accidenti; ora però dammela.
ESCHINO
Su, babbo!
MICIONE
Ci penserò più tardi!
DEMEA (con un gesto rassicurante per Siro)
Lo farà.
SIRO
Quanto sei buono!
ESCHINO
Che padre simpatico!
MICIONE (a Demea)
Ma cos'è successo? Che cosa ti ha fatto cambiare d'un tratto le tue
abitudini? «Che capriccio è mai questo? Cos'è quest'improvvisa
generosità»?
DEMEA
Ti dirò: per dimostrarti che questi qua ti considerano generoso e
simpatico non perché hanno una sana concezione della vita e meno che mai
per giustizia e onestà, ma solo perché tu li lusinghi e li gratifichi,
Micione. Ora però se questo è il motivo per cui odiate il mio modo di
vivere, Eschino, siccome, giuste o ingiuste che siano, non amo le
posizioni radicali, la faccio finita: spendete, spandete, fate quel che vi
pare. Se però c'è qualcosa che, siccome siete giovani, vedete meno bene,
desiderate troppo, non ponderate abbastanza, se vi fa piacere che io
intervenga, vi corregga o, quando è opportuno, vi assecondi, eccomi qua a
vostra disposizione.
ESCHINO
Ci rimettiamo a te, padre, tu sai meglio di noi quel che bisogna fare. Ma
di mio fratello, che ne sarà?
DEMEA
D'accordo, se la tenga pure: ma che sia l'ultima.
MICIONE
Questo è giusto.
CANTORE (agli spettatori)
E voi applaudite.