I linguaggi familiari

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I LINGUAGGI FAMILIARI

 


di Jean Tardieu

Titolo originale   Ce que parler veut dire ou Le patois des familles

Traduzione di Gian Renzo Morteo

da Teatro Giulio Einaudi Editore Torino - 1976

Persone

Il Professor F..., senza età

Il Signor B...  Primo esempio

                                          La Signora B...    (ilRito del Ritorno a Casa)

                                             Il Signor X...    Secondo esempio

                                          La Signora X...    (il Dovere coniugale)

                              Gli allievi (nel pubblico)    Terzo esempio (il Dizionario)

                                             Il Signor Z...    Quarto esempio

                                          La Signora Z...    (il Gergo familiare)

L'Amico

La Cameriera

Il giovane spettatore obbediente, ruolo muto

Il Fonografo, ruolo meccanico

Il Rappresentante dell'ordine, ruolo amministrativo

Tra tutti i personaggi che compaiono in questo sketch, uno so­lo deve,  obbligatoriamente, venir interpretato dallo stesso at­tore: quello del Professore.

Gli altri, giacché devono unicamente illustrare, con brevi sce­ne, la lezione del Professore, possono essere interpretati da un ristretto numero di attori che si alternano nelle diverse parti.


Il sipario è chiuso. Il Professore appare a proscenio e saluta.

professore Signore, signorine, signori, la mia lunga esperien­za della Linguistica, unita alle mie osservazioni cliniche e sociologiche sui costumi contemporanei, mi ha - o mi hanno -permesso di compilare un catalogo pressoché completo di tutte le deformazioni che subisce il linguaggio all'interno dei grup­pi sociali - ed in particolare delle famiglie. Tale catalogo - au­tentico Erbario della Flora verbale - include un numero troppo grande di «spécimens» per consentirmi di fornire, in una sola seduta, un'idea, sia pure approssimativa, della sua ampiezza e varietà. Ciononostante permettetemi di presentarvi questa se­ra qualche esempio scelto tra le curiosità del linguaggio corren­te - con la «messa in scena» da cui è abitualmente accompa­gnato. Ecco innanzitutto, desunto dall'importantissimo grup­po dei Linguaggi familiari, un sottogruppo molto interessante che ho denominato «Dialetto della Luna di Miele», a sua vol­ta suddiviso in sottospecie, come ad esempio i «Pigolii prelimi­nari», le «Fusa dei fidanzati», eccetera. Assisterete ora ad una scena - esattamente (scartabella nei suoi appunti) si tratta del caso n. L 47 803 - che si ripete tutte le sere, allorché il Signor B..., ventott'anni, ritorna a casa e ritrova la Signora B..., ven­ticinque anni. L'ho intitolata il Rito del Ritorno a Casa.

(Il si­pario si apre dietro al Professore. Questi si sposta su un lato della scena, in modo da lasciar vedere l'azione e poterla com­mentare per il pubblico).

La scena che vedete rappresenta l'in­terno di un piccolo appartamento, simbolizzato da questa ta­vola e da quelle due sedie. La Signora B..., giovane donna, gra­ziosa e semplice, è in piedi di fronte al pubblico. Suonano. Lei va ad aprire. Il Signore entra. Ha terminato la sua giornata di lavoro. Ecco un bell'esempio di rito coniugale. Il Signor B..., con la mimica espressiva, si sforza di imitare una bestia feroce, probabilmente un leone, o forse un giovane puma: ha le zam­pe protese in avanti, gli artigli minacciosi, scuote la criniera e il suo ghigno fa pensare ad un animale feroce.

(Il Signor B... ruggisce due o tre volte).

To'! eccolo che ruggisce. Tuttavia non è affatto un ruggito di caccia - si badi bene - né di collera. Lo si capisce perfettamente dall'atteggiamento della Signora B... Ella recita, è chiaro, la parte della femmina del felino, sor­presa dal ritorno del maschio. Il rito, che non dura complessi­vamente che pochi secondi, si conclude spesso con la breve se­guente scena. Il Signor B... ruggisce ancora una volta, ma in tono interrogativo...

(Il Signor B... ruggisce come si è appena detto).

... Il che vuol dire: «Vuoi venire a passeggio con me? » Se la Signora B... risponde in tono stanco, cromatico e discen­dente...

(la Signora B... ruggisce lamentosamente)

...ciò signi­fica: «No! sono stanca, restiamo a casa». Se al contrario ri­sponde con slancio

(la Signora B... fa udire un ruggito gioiosa)

...ciò significa: «Sì, d'accordo. Usciamo!» Se infine ella rug­gisce con allegrezza due o tre volte saltellando...

(la Signora B... esegue)

...ciò significa: «Andiamo al cinema!»

(Il sipario si richiude. Breve pausa. Il Professore s'ingarbuglia nei suoi appunti).

 Adesso presenterò, tratto dalla stessa serie, un esem­pio di dialogo segreto, il cui significato è tale... che ritengo mio dovere avvertire i padri e le madri di famiglia: se ci sono in sala ragazzi di... meno di vent'anni, è meglio che escano, per pochi minuti, solo per il tempo che dura la scena.

(S'interrom­pe e scruta il pubblico. Dal centro della platea si alza allora un altissimo giovanotto dai baffi appena spuntati e dagli abiti trop­po corti. Egli esce dalle file degli spettatori. Il viso in fiamme, l'aria incredibilmente imbarazzata).

 Grazie, giovanotto! Lei è molto ragionevole... Bene! È fatta. Dicevo, dunque, signore e signori, si tratta di un dialogo familiare rituale, come il prece­dente, ma attinente, questo secondo, come dire, vediamo, a... quello che... talora viene chiamato «dovere coniugale», capi­te a che cosa mi riferisco? È assolutamente confidenziale. Non insisterò oltre. È un dato curiosissimo. È stato raccolto da una mia collaboratrice, che ha incontrato notevoli difficoltà ad otte­nerlo. Si tratta in realtà di un linguaggio in cifra, un segreto gelosamente custodito dai due soggetti in questione: il Signor X..., trentaquattro anni, e la Signora X..., ventisette anni. La scena si svolge in casa dei coniugi...

(Il sipario si apre. Tutto si svolgerà come vien detto dal Professore)

... Il Signore e la Si­gnora X... sono seduti nella loro stanza da pranzo. Hanno appena finito di cenare. La Signora ricama, il Signore sorseggia un bicchierino...

signor x...   (con aria complice) Che ne diresti, Ariette, mia cara, se andassimo a rivedere la Costituzione!... I noccioli, lo sai, so­no coperti di canguri.

La Signora tace pudicamente.                                                

professore  All'invito la Signora risponde, a seconda dei casi, sia con un rifiuto:

signora x... No, mio caro! Ci sono nubi di lupinella sulle colline di Suresnes e Pusignolo non ha ottenuto l'abilitazione!

professore  ... sia con un assenso:

signora x... (con tenerezza) O amico mio, sai bene che il grido delle anitre selvatiche rallegra il cuore del Samurai.

profes sore Talvolta lei aggiunge persino:

signora x... (cominciando una frase con un sorriso invitante) Se il giardiniere dell'imperatore si accorge che le siepi del par­co...

professore (interrompendo spaventato) No, no! Basta, signo­rina, basta! Dopo ciò che ho spiegato tutto ciò che dice rischia di assumere sottintesi... imbarazzanti! Tronchiamo qui, per favo­re!

(Il sipario si chiude. Il Professore, rivolgendosi verso il fon­do della sala)

Adesso il nostro giovanotto può rientrare!

A questo invito risponde, dal proprio posto, questa o quella persona preposta al rispetto dell'ordine, ad esempio una ma­schera.

rappresentante dell'ordine Signor Professore, non credo che... torni.

professore Bravo, amico mio, per quel condizionale dubitati­vo!... Ma, dica, perché il buon giovane non dovrebbe tornare?

rappresentante dell'ordine Ebbene... l'ho visto dapprima passeggiare in su e in giù davanti alla porta. Poi una signora... che passava gli ha chiesto la strada. Allora... se ne sono andati assieme.

professore Bravo giovane! Non ha saputo resistere alla tenta­zione di fare una buona azione!

(Un breve silenzio. Consulta di nuovo i suoi appunti).

Signore e signori, prima di procedere ol­tre, vorrei farvi ascoltare un disco in cui sono registrate alcune di quelle interiezioni, di quei piccoli brevi fonemi che, costellando le nostre conversazioni, non sono vere e proprie parole e per così dire non hanno senso se non pronunciati in certi modi. Come infatti sapete gli artifici della voce, come le intonazioni, i suoni gutturali, i rumori di mantice, i fischi, i tossicchiamenti, gli schiocchi di lingua, eccetera, non hanno ancora l'onore di es­sere registrati nel linguaggio scritto!...

(Viene portato un gram­mofono. Il Professore posa un disco sul piatto. Ma gli inter­venti del Disco registrati nei «solchi» separati e individuati in precedenza, dopo un inizio normale, «sorprenderanno» il Pro­fessore, come se la macchina parlante fosse diventata improvvisamente autonoma e dotata di iniziativa propria. Il Disco ta-lora immaginerà una risposta, talaltra ripeterà ironicamente quanto ha appena detto il Professore, come un eco malizioso o un pappagallo troppo ben ammaestrato, il tutto così rapida­mente che, se anche le battute del Disco e del Professore si so­vrapporranno, l'effetto comico non sarà meno riuscito).

Ascol­tate per cominciare gli «ah sì!» d'incredulità...

(il Disco ripe­te più volte: Ah sì... ah sì... ah sì...)

...Poi gli «ohibò» di una persona stanca, infastidita da qualcuno che l'annoia, che, ad esempio, le fa fare un lavoro spiacevole, troppo banale, troppo monotono, di cui la persona in questione vorrebbe liberarsi. Ascoltate bene questo «ohibò!»

 

Il Disco comincia a ripetere più volte: Ohibò!... Ohibò! Il Pro­fessore, testa inclinata, indice alzato, ascolta il disco con sod­disfazione. Improvvisamente quest'ultimo aggiunge qualcosa di sua iniziativa.

disco          Ohibò!... Ohibò!... Quanto scoccia con i suoi esempi!... Quanto scoccia con i suoi esempi!... Quanto scoccia con i suoi esempi!... Ohibò!...

professore (stupito e come si rivolgesse al Fonografo)   Ma... ma... ma... Io non ho mai detto questo!

disco          (imperturbabile)    Ma... ma... ma... Io non ho mai detto questo! Ma... ma... ma... Io non ho mai detto questo!... Ma... ma... ma... Io non ho mai detto questo!...

professore  Non ci capisco più niente! C'è da diventar matti! È uno scandalo!... Questa macchina è invasata dal diavolo!...

(Rivolgendosi al Disco) Bella prodezza!... Fare questo a me!... Dovrebbe vergognarsi!... (Minaccioso) Non so che cosa mi trat­tenga...

disco          (mescolando proprie battute a quelle del Professore e ripetendole con «varianti» imprevedibili)

Tu non ci capisci più niente! Non importa! Puoi sempre parlare!... C'è da diventar matti!... Fa' pure!... È uno scandalo!... Questa macchina è in­vasata dal diavolo!... Fare questo a me!... Dovrebbe vergognar­si!... Non so che cosa mi trattenga...

(A questo punto, come se ci fosse un guasto all'impianto elettrico, il Disco rallenta e ripete su un tono sempre più cavernoso ed un ritmo sempre più lento e lamentoso)

... Non so che cosa mi trattenga!... Non so che cosa mi trattenga!... Non so che cosa mi trattenga!... (Poi si ferma del tutto).

professore (asciugandosi il sudore) Ohibò!...

(Non appena ha detto la parola, getta uno sguardo inquieto e sospettoso al Fono­grafo - ma quest'ultimo non dice parola. Allora il Professore ag­giunge) ... Uff!... (Medesima azione)

... Signore e signori, voglio scusarmi con voi per questo incidente tecnico... (Verso le quin­te) Per piacere... Sbarazzatemi da questo insopportabile imper­tinente!...

Viene portato via l'apparecchio. Il Professore segue con gli oc­chi il trasporto e si accinge, rassicurato, a proseguire la sua con­ferenza, quando si ode, tre le quinte, il Disco ripetere ad una velocità superiore al normale e quindi in tono acutissimo e ad un ritmo indiavolato.

disco          (tra le quinte, come fosse furibondo per essere stato porta­to via a forza) Sbarazzatemi da questo insopportabile imper­tinente! ... Sbarazzatemi da questo insopportabile impertinente! Sbarazzatemi...

(La voce del Disco s'allontana ed interrompe).

professore (alzando le spalle e continuando) Per dimenticare... Signore e signori... questo spiacevole incidente, vi invito a par­tecipare ad un piccolo giuoco scolastico che, col vostro per­messo, può fornirmi utili indicazioni sull'uso di talune parole... Chi tra voi ha letto il mio Dizionario delle parole selvagge della lingua francese? (Estrae un libro di tasca).

due o tre compari (collocati tra gli spettatori) Io!... Io, signo­re!... Io!

Si può prevedere per questa scena tre compari di cui uno adul­to e due studenti - un ragazzo ed una ragazza di quindici o sedi­ci anni. Si potrebbe eventualmente anche stampare e distribui­re all'ingresso ad ogni spettatore la lista dei vocaboli - con le relative definizioni - sui quali il Professore interrogherà gli al­lievi. Ne potrebbe risultare un gioco assai vivace realizzato con la partecipazione del pubblico.

professore Bene, bene, bene!... Dunque... vediamo! Voi sa­pete, immagino, che questo dizionario ha registrato, per la pri­ma volta, quelle paroline, in apparenza insignificanti, eppure tanto diffuse - diminutivi familiari, fonemi imitativi, ecc. - che costellano il nostro discorso e rivelano, d'un tratto, non saprei neppur io quali riflessi terrificanti del balbettamento primordiale della società, l'eco delle danze rituali dei selvaggi in piena foresta vergine: galoppi di clo-clo, guizzi di zig-zag, urla di bau-bau e miao-miao, bomba di bombolo, bum-bum di tam-tam, pi­pi di bebé, berlic e berloc, clic, ciac, bing, crac, tralalà, pampam, oplà, pum!

(Essendosi accalorato eccessivamente durante l'enu­merazione, il Professore si asciuga la fronte).

Vediamo, lei, si­gnore, vuole dirmi la definizione di tutù?

allievo        (rispondendo in modo molto scolastico) Primo: prono­me personale di seconda persona reiterato ed accusatorio. Secon­do: gonnellino di ballerina... Terzo: automobile.

professore Benissimo... E adesso lei, signorina. Vuol dirmi che cosa significa broccolo?

giovane allieva Primo, sostantivo: legume rotondo, raccolto attorno ad un cuore tenero; secondo, cavallo-lo o ronzino-no; terzo: persona sciocca, goffa, impacciata.

professore  Esempio:

giovane allieva Non fare il broccolo, conduci Lolotta al ciuf-ciuf.

professore (sollecitando una risposta dai presenti) Traduzio­ne?...

allievo        Non essere sciocco, accompagna Carlotta al treno.

professore Benissimo!... Ed ora il significato della parola Du-dulo!

allievo        Diminutivo di Teòdulo. Per estensione, diminutivo di Alfredo, Gastone, Ambrogio, Pietro, Eusebio, Emilio e An­tonio.

professore  Bomba?

allievo        Signora con tendenza alla pinguedine. La bomba è la moglie del bombolo.

professore Crrr... crrr... crrr...

allievo        Fonema stridulo usato per incitare il proprio favorito a combattere contro l'avversario. Esempio: «Crrr... crrr!...» facevano i Romani durante il combattimento degli Orazi e Curiazi.

professore Brr!... brr!...

allievo        Primo: accoglienza glaciale. «Il ministro mi ha rice­vuto, brrr!...» Secondo: spavento. «Brrr!... Un fantasma!...»1.

professore (fregandosi le mani)    Molto bene. Eccellenti rispo­ste... Vi ringrazio. (Rimette il dizionario in tasca). Concludia­mo, se siete d'accordo, con un esempio significativo, tratto, co­me i precedenti, dalle mie osservazioni sui «linguaggi familia­ri». Qui vedremo una famiglia più che rispettabile, dai costu­mi persino austeri, adottare a proprio uso - stavo per dire: a proprio uso interno - un linguaggio strano, una sorta di gergo privato, un «sabir» composto quasi esclusivamente di voca­boli desunti dal linguaggio infantile. Tali vocaboli, è risaputo, sono di due tipi. Ci sono vocaboli inventati dai bambini stessi, vale a dire parole comuni semplificate o deformate. Esempio: «am-am» per mangiare. «Baubau» per cane. «Il baubau am-am bombo»:  «Il cane ha mangiato il dolce». E poi ci sono quelle parole commoventi e ridicole inventate dagli adulti -commettendo indubbiamente un errore! - col pretesto di «met­tersi al livello dei bambini». Queste parole consistono per lo più nella ripetizione goffa e demenziale della medesima sillaba. Esempi classici: il già menzionato «bau-bau» per cane, «clo-clo» per cavallo o «pappa» per cibo. La famiglia-tipo che presen­teremo con una breve scenetta usa il vocabolario in questione esclusivamente quando i suoi membri si trovano per cosi dire «a porte chiuse». Infatti queste ottime persone ritornano istan­taneamente all'uso della lingua normale non appena sono in presenza di una persona estranea al loro gruppo. Il fenomeno è definito «Dialetto difensivo domestico» o più semplicemen­te: «blablà del bebè». Ecco il Signor Z... che torna a casa ac­compagnato da un amico. Come potete constatare egli adesso parla in modo assolutamente normale.

Si apre il sipario: appare una stanza qualsiasi. Il Signor Z... apre la porta e si fa da un lato per lasciar passare il proprio amico, quindi entra anche lui scuotendo il mazzo di chiavi con sod­disfazione.

signor z...   (ha un aspetto severo e altezzoso. Un occhialetto a pin­za gli traballa sul naso) Eccoci arrivati! (Sospiro soddisfatto) Mio caro, spero che vorrai accettare qualcosa prima di andar­tene!

amico          (guardando l'orologio) No davvero. Ti sono infinitamen­te grato, ma debbo rientrare. Sono felice d'aver potuto chiac­chierare con te sino qui... Così tu pensi che in questo affare un mio intervento non ti sarebbe di nessun aiuto?

signor z...   No, no, mio caro, buon amico! No... Bada che ti so­no molto riconoscente della tua offerta. Ah! ah! tu sei un ami­co, un vero amico - e anch'io d'altronde! Bisognerebbe dire del­la nostra vecchia amicizia ciò che scriveva quel grande saggista parlando del... (Esita).

amico          Perfettamente d'accordo! Bene! Arrivederci e omaggi al­la signora.

signor z...     Arrivederci, arrivederci, mio caro vecchio amico! 

L'amico esce. E subito entra la Signora Z...

professore (sottovoce) Ecco la Signora Z... Notate il cambia­mento!

signor z...   (sempre molto dignitoso) Cucù! La gnora fa la cara a papà?

signora z... (in tono naturale) Cara papà! Con chi blablava pa­pà?

signor z...   Con un tato.

signora z... Il tato via?

s ignor z...  Sì, via via.

signora z... Peché via? Peché no qui? Perché non fa am-am con noi?

signor z...   Peché via, a tasa, col tutù.

profes sore (traducendo sottovoce) Perché aveva fretta di rien­trare a casa in taxi.

signora z... Ben lavolato, il papà della gnora?

professore (c. s.)    Il mio caro sposo ha lavorato bene?

signor z...   (sognante, con un sospiro) Eh, sì! Ben lavolato! Tan­to lavolato! Tempe lavolato, per la pappa della gnora e del bebè.

signora z... (sospettosa) Siiii?! Velo velo velo? Lavolato o non lavolato?

signor z...   (indignato) Oh! non lavolato!? Fatto cici e cicià e pim pum pam con i babau del tralalà!

professore (c. s.) Oh! non ho lavorato!? Non ho smesso un momento di discutere con i principali delegati del Comitato!

signora z... (scuotendo l'indice in segno di dolce rimprovero) Ah! papà fatto ancola cara-cara alla Tata Tac Tac! La gnora lascia fare cara-cara, ma non pacìc e paciàc!

professore (c. s. ) Scommetto che il mio sposo ha di nuovo fat­to la corte alla sua segretaria. «Tata Tac Tac» alla lettera: la si­gnorina della macchina da scrivere. Il resto... hmmm... si capi­sce fin troppo bene.

Durante la battuta del Professore, la Cameriera entra all'im­provviso reggendo una pila di piatti.

signor z...   (ricomincia di colpo a parlare in linguaggio normale. Con aria severa e offesa) Ma, via! Che cosa dici? È uno scher­zo di cattivo gusto. Sai perfettamente che non concedo nessuna familiarità ai dipendenti!

signora z... (c. s.)    Bene, bene! amico mio! Come non detto!

Sipario.

professore (sempre davanti al sipario) Così, signore e signori, termina la nostra passeggiata attraverso le curiosità sociali del linguaggio contemporaneo. Passeggiata tutt'altro che rassicu­rante! Abbiamo constatato che dovunque il vago tende a sosti­tuirsi alla parola esatta, il gesto a colmare i vuoti del vocabola­rio e i vaniloqui infantili ad invadere il linguaggio degli adul­ti!... (Cambiando improvvisamente tono) E adesso, a nanna! (Scompare dietro il sipario).


1   A questo punto seguono nell'originale francese quattordici battute omesse nella traduzione italiana in quanto praticamente intraducibili. Si tratta di un intreccio di giucchi di parole tra i vocaboli: kiki (gola), rikiki (striminzito), rococò e coco (barocco, noce di cocco, testa calva, liquirizia, cocaina, uovo, pappagallo e persona) [N.d.T.].