I manezzi pe’ maià ‘na figgia

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I manezzi pe maia ‘na figgia

“I manezzi pe’ maià ‘na figgia”

(I maneggi per maritare una figlia)

Commedia in tre atti liberamente tratta dalla omonima di Nicolò Bacigalupo

Maneggi per maritare una figlia

La commedia è ambientata a Genova negli anni del tardo ottocento, in casa del signor Stefano detto Steva, mercante di spezie, uomo dalle qualità mediocri, ma onesto lavoratore, individuo tranquillo e pieno di senso pratico. Al carattere mite e permissivo si oppone quello forte e deciso della moglie, la signora Giggia, la cui unica preoccupazione nella vita è di trovare un ricco marito alla figlia Metilde, mettendola in mostra e attribuendole anche doti che non ha.

Primo Atto

E’ il giorno in cui la famiglia deve partire per la villeggiatura. E’ ora di pranzo e il signor Steva torna a casa dove si aspetta di trovare la moglie e la tavola apparecchiata; viene però accolto dalla bisbetica ed energica cameriera, che gli comunica non solo che le signore sono ancora fuori a fare spese, ma anche che in casa non c’è niente da mangiare. Finalmente tornano la signora Giggia e la figlia Metilde stanche e cariche di pacchi. Il signor Steva tenta di esprimere alla moglie il proprio disappunto per la poca cura che in famiglia hanno di lui e per gli abiti sciatti che è costretto a portare e qui si svolge uno dei dialoghi più vivaci e coloriti che esistano nella letteratura teatrale genovese. Alle timide rimostranze di Steva, Giggia risponde attaccando e tenta, con sofisticata abilità, di scusarsi delle inefficienze dell’organizzazione familiare, gettando la colpa sul marito. Questo, scoraggiato e affamato, decide di andare a pranzo in trattoria. Intanto a casa arrivano visite; prima Carlotta, graziosa cugina di Metilde, poi due amici: il signor Pippo, allegro sfaccendato, e il signor Riccardo, ricco e brillante giovanotto che, essendo figlio di un senatore, ha attirato le mire della signora Giggia e della figlia Metilde. Il primo atto si conclude con gli affannosi preparativi della partenza per la casa di campagna.

Secondo Atto

Siamo in “villa”: è domenica pomeriggio e sulla terrazza è in corso una festa da ballo. Tra gli invitati, oltre al signor Pippo e al signor Riccardo, c’è anche il nipote del signor Stefano, Cesarino, che è sinceramente innamorato di Metilde. Purtroppo non è molto ricco e quindi è stato scartato sia dalla madre che dalla figlia. Questa ha interpretato alcuni complimenti, che il signor Riccardo le ha fatto, come corteggiamento e tratta male Cesarino, lo offende e respinge la sua proposta di matrimonio. Quando Steva viene a sapere tutto ciò ne è costernato, perché egli approva questo matrimonio, cui aveva anche acconsentito suo fratello Michele, padre di Cesarino. Però nel momento in cui Giggia gli prospetta la possibilità di far sposare alla figlia un giovanotto “bello, ricco e mezzo nobile”, Steva, anche se dispiaciuto di deludere il nipote, comincia a prendere in considerazione questa possibile soluzione. Durante il corso della festa l’equivoco continua, anche a cagione della signora Marchesa, mandata dal padre di Riccardo a prendere informazioni sulla famiglia della signorina che suo figlio vuole sposare.

Terzo Atto

Steva, parlando con la signora Marchesa, ha scoperto l’equivoco e cioè che Riccardo a Metilde non ha mai pensato. Tenta di spiegarlo a sua moglie, che invece si ostina nelle proprie illusioni e finisce per dire a Cesarino che Metilde sta per sposare un giovanotto molto ricco. Cesarino, offeso e amareggiato, va a cercare sua sorella per tornare a casa con lei. Nel frattempo anche Metilde ha scoperto l’amara verità. Giggia allora pretende una spiegazione dalla signora Marchesa e quando questa conferma che Riccardo non è innamorato di sua figlia, ma di sua nipote Carlotta, va su tutte le furie e, comportandosi come una “lavandaia”, incolpa la signora Marchesa di averli illusi. Metilde è in lacrime e tutti sono costernati. Giggia non si perde di coraggio e decide immediatamente di tornare al vecchio progetto: quello di far sposare la figlia al povero Cesarino. Questi, che è sempre innamorato di Metilde, è pronto a perdonare e così la commedia offre il lieto fine di due matrimoni: quello di Riccardo con Carlotta e quello di Cesarino con Metilde.

ATTO PRIMO

SCENA PRIMA

( COMBA E STEVA)

(All’alzata del sipario si sentono due scampanellate)

COMBA    (uscendo dalla sinistra ) E vengo, e vengo..... E se ho detto che vengo,     vengo NOIOSI!... Chi c’è ?

STEVA      Amici.

COMBA    Chi é?

STEVA      Sono io.

COMBA    Chi io?

STEVA      Eh io....(entrando e portandosi al centro della sala).  Pare impossibile....tutte le volte che vengo a casa è sempre la stessa storia....

COMBA    Ma lei mi ha detto....

STEVA      Ma cos’è che vi ho detto? Vi ho detto di domandare sempre chi è... di non aprire con troppa facilità perché non si sa mai chi è... ma quando sentite la mia voce, sono il padrone di casa... e dunque... la voce del padrone...( guardando l’orologio) è tardi e ho fame, è pronto?

COMBA    Cosa?

STEVA      Ho detto che è tardi e ho fame... se è pronto.

COMBA    Ma cosa?

STEVA      Per uno che ha fame cosa deve essere pronto... il tranvai?

COMBA    Ma le signore non sono ancora ritornate.

STEVA      Figuriamoci!  Non sono ancora ritornate?... E poi mi dicono di fare presto, che non le faccia aspettare, perché hanno da andare in villa... ma dimmi un po’, a che ora sono uscite?

COMBA    Non erano ancora le nove...

STEVA      (Guardando l’orologio) Accidenti! Quasi cinque ore fuori... Va bene, voi andate in cucina e buttate la pasta...buttate la pasta

COMBA    Ma le signore?

STEVA      Vi ho detto di buttare la pasta. Non vi ho detto che ora è?...

COMBA    Cosa vuole che sappia, prima mi dicono di mettere in ordine la casa, fare i letti, dare la biancheria a lavare, preparare la colazione, poi subito a comprare. Torno,...taffete, la signora mi manda dalla sarta, accendo il fuoco per mettere su la pentola, la signorina mi chiama perché vada a pettinarla, non ho ancora finito... che devo mettere la roba nelle ceste per andare in villa... Io questa vita non la posso più fare, se lei vuole che me ne vada, io me ne vado, che non mi pare nemmeno vero.

STEVA      E va bene, buttate la pasta e poi ve ne andate.

COMBA    Senta, mi sta traboccando l’acqua sul fuoco... e poi dirà che la minestra sa di bruciato.(va in cucina)

STEVA      E va bene andate... andate a buttare la pasta. (sedendosi nella poltrona di sinistra e aprendo il giornale)Mi fa una rabbia... poi date retta alle donne!... Questa mattina la Giggia, mia moglie, mi ha svegliato che non erano nemmeno le cinque, e mi ha detto: Steva, Steva, mi raccomando vieni a casa presto, perché abbiamo da andare in villa. Villa!!!... bisogna vedere che roba....Ragni, mosche, zanzare....Cosa c’è di zanzare! ...io non so, dicono che è l’acqua...è l’acqua che fa venire le zanzare…l’anno passato siamo rimasti venticinque giorni senza acqua. La andavano a prendere in un paesino a quindici chilometri da noi. L’acqua non c’era...ma le zanzare cerano… erano li le zanzare.. sì....erano lì che aspettavano l’acqua....Io mi affanno, corro, sudo e ho saltato la colazione.....torno a casa e le signore non sono ancora tornate e io sono qui che….

SCENA SECONDA

(COMBA E STEVA)

COMBA    (entrando si avvicina a Steva)Signor padrone..!

STEVA      Ebben?...

COMBA    L’ha portato?

STEVA      Se l’ho portato?

COMBA    Eh sì....?

STEVA      Che cosa?

COMBA    Il pesce...

STEVA      Il pesce?!!...E che pesce?

COMBA    Quello che doveva portare...la signora mi ha detto che il pesce lo portava lei

STEVA      IO dovevo portare un pesce?  E io mi devo sognare di portare un pesce?

COMBA    Ma la signora non glielo ha detto?

STEVA      A me non ha detto un accidenti.

COMBA    E adesso ve la dico bella io non ho comprato niente?  In casa non c’è niente!

STEVA      In casa non c’è niente!!! E andate un po’ a farvi benedire voi tutte donne di questo mondo!... (campanello) Sentite ?, saranno loro...dovevo sognarmi di portare un pesce...(uscendo verso la camera)

SCENA TERZA

(GIGGIA, METILDE E COMBA)

GIGGIA    L’è tardi, eh?

COMBA    E’ già venuto il padrone.

GIGGIA    Ah sì?  Eh, io non ho potuto fare più presto...Animo su, Metilde, vatti a preparare!

METILDE Oh, mammetta cara......(posando dei pacchetti sul tavolino e sedendosi sulla poltrona alla destra del tavolino)lasciami un poco sedere, perché sono proprio stanca.

GIGGIA    Per dire la verità, sono stanca anch’io... (consegnandole un pacchetto a Comba poi si siede ) Figuratevi Comba, che siamo andate dalla zia, e non c’era...

METILDE A me non è parso nemmeno vero!

GIGGIA    Poi siamo andate dalla sarta...

METILDE Ah! Giusto la sarta... io vorrei un po’ sapere?…

SCENA QUARTA

(STEVA, GIGGIA, METILDE E COMBA)

STEVA      (entrando e passando dietro le poltroncine) Io vorrei un pò sapere’ ..sino a che punto arriva la vostra discrezione.....

METILDE Oh ciao papalino....

STEVA      Eh sì, ciao papalino....ho fame, altro che ciao papalino....

GIGGIA    E… come mai Stefano…e come mai sei già in casa?

STEVA      Mi domanda come mai sono già in casa. Eh sì, Giggia, sono già in casa....Non sapevo dove andare e ho detto: andiamo un po’ a casa!

MEDILDE Io non so litigano sempre questi due (esce e verso la camera)

GIGGIA    Ma scusami, Steva caro...

STEVA      Ho sì, scusami....ma lo sai che ora è, tu che mi dici scusami? Questa mattina mi hai svegliato alle cinque, sai Giggia, per dirmi di venire a casa presto, perché dobbiamo andare in villa... e non basta…

GIGGIA     ( indicando la Comba)

STEVA        (Steva alla Comba) in cucina , in cucina…

COMBA      (comba si avvia lentamente in cucina)

STEVA       e non basta mi hai accompagnato fino all porta: “Steva mi raccomando vieni presto”, e non basta ancora, mi hai mandato dietro per le scale per ripetermelo quello straccio di una serva.

COMBA    ( si ferma di scatto) Oh oh come sarebbe a dire: straccio di una serva?(avicinandosi a Steva)

STEVA      Ah, avete sentito?

COMBA    E mi pare... ero lì.

STEVA      Ma non vi avevo detto d’andarvene in cucina... E mi manda dietro quello... quello… straccio di una serva... se cambio, dico serva di uno straccio...che è peggio... Per dirmi che non mi dimentichi... Cammino, sudo, lavoro sodo, ho saltato la colazione, vengo a casa pieno di fame, e le signore sono uscite e se ne stanno fuori quasi cinque ore, e poi quando ritornano a casa si sdraiano in poltrona ad aspettare la manna dal cielo... (a Comba) E voi, cos’è che fate lì impalata come un allocco?  Si mangia o non si mangia oggi?

COMBA    E va bene... andrò a mettere tavola...

STEVA      Ah, ancora da apparecchiare ?!... Ah, che se non ci fossi abituato mi fareste battere la testa contro il muro... e andate a preparare tavola!

COMBA    E va bene, io vado...Ah giusto, signora, non l’ha mica portato, eh?

GIGGIA    Cosa?

STEVA      Ah sì, giusto, questa sì che è bella...

GIGGIA    Ma cosa non ha portato?

COMBA    Il pesce!!... non ha detto che il pesce lo portava il padrone?

GIGGIA    E come mai, Steva,...non l’hai portato?

STEVA      Il pesce? Io dovevo portare il pesce?

GIGGIA    E sì...

STEVA      Io? E tu, Giggia, le hai portate le banane?

GIGGIA    Io? Io dovevo portare a casa le banane?

STEVA      E io dovevo portare il pesce? Perché, perché..

GIGGIA    Ma perché io del pesce te l’ho detto questa mattina!

STEVA      E io delle banane te l’ho detto stanotte... Non mi hai detto niente, Giggia...

GIGGIA     Non te lo ho detto?

STEVA       Non mi hai detto niente, niente

GIGGIA    Ebbene, mi sarò dimenticata...già nella confusione....

STEVA      E tutto per fare le cose con la testa nel sacco! E poi chi ci  va di mezzo  sono io... Andatevi a fare benedire tutte...

GIGGIA    Steva!

STEVA      Oh sì, Steva...

GIGGIA    E voi Comba, muovetevi, andate a mettere tavola...cosi ci fate lì incantata

COMBA    E va bene io la tavola l’apparecchio, ma poi sulla tavola cosa ci metto?

GIGGIA    E pensiamo ... non c’é niente... nella dispensa ci sono due uova lo sapete anche voi... con un po’ di salsa...

COMBA    Due uova ci sono bene, in cucina…

GIGGIA    E va bene, mica ne mangiamo ventiquattro...

COMBA     Ma e già un po’ che ci sono….(esce verso la cucina)

STEVA      E sì, saranno stagionate...vero?....col loro bel pulcino... purché tu non mi dica che mi sono mangiato due polli...Giggia, ho fame, due uova con la salsa sarebbe come dare un cioccolatino a un cavallo...

GIGGIA    Hai finito!!.. E tu lo sai cosa è che voglio?...Che davanti alle persone di servizio di queste scene tu non me ne faccia. Quando hai qualche cosa da dirmi dimmela quando siamo soli, a quattr’occhi, e allora grida, arrabbiati, urla, che a me non importa niente; ma dimmi un po’!!! Ma cosa ti credi, che in casa non ci sia niente da fare? Sai le cose che ci sono da fare, tu non lo immagini nemmeno!... Tutto il peso della casa è sulle mie spalle, devo fare tutto io, con quello straccio di una serva che non è buona a fare niente, e tu, tu vuoi tutto a puntino, e poverino che fa, poverino che lavora. E già, lui la mattina esce, va a fare un giro per negozi e per grossisti, e fa tre o quattro chiacchiere e gli pare d’aver girato il sole con le dita... E non sa che in casa c’è dei mucchi di cose da fare, si devono pulire le stanze, stirare i camiciotti, fare tutte le mattine la riga sui pantaloni, perché sé non ha la riga nei pantaloni chissà cosa succede e guardare anche di far bastare i soldi... e chi fa tutto è la moglie, e guai se chiede un altro aiuto, un’altra persona di servizio: voglia di far niente, ambizione di fare i ricchi, voglia di buttare via il denaro! Me l’hai detto o non me l’hai detto?

STEVA      Si, si va bene l’ho detto; ma cucire, stirare, fare da mangiare... dice che mi fa la riga sui pantaloni, ma se non me la faccio con la matita...Giggia, l’ultima volta che mi avete fatto la riga sui pantaloni, e me lo ricordo benissimo, è stato il giorno che Metilde ha fatto la comunione....è una vergogna, sono qui che sembro il figlio di nessuno, sembro uno di quelli che vanno a cercare la minestra dai frati e dormono nei vagoni della ferrovia.....Sono qui che quando vado per la strada e mi specchio in una vetrina dico: ma chi è quel disgraziato, e poi sono io...Giggia, vedi come sono questi polsini, perdono il filo dategli due punti.... guarda questi lacci sono tutti nodi...ogni mattina mezz’ora per allacciarmi una scarpa; tanti nodi che si potrebbe dire il rosario... (si mette le mani in tasca)e poi, giusto, tutte le tasche rotte... metto un soldo e bum va in terra...

GIGGIA    Per forza, ci metti di tutto... Fazzoletti, matite, chiavi...

STEVA      Ci metto quello che ci va messo... e mica devo uscire di casa con un cabaret... e non sono mica storie... L’altro giorno mi mette la mano sulla spalla un uomo e mi dice “guardi bell’uomo...

GIGGIA    Cosa ti ha detto bell’uomo a TE?

STEVA      E sì... bell’uomo, era uno che mi era dietro e non mi vedeva...mi dice: “guardi bell’uomo che a pezzetto a pezzetto sta perdendo la camicia”. Giggia, era il fazzoletto che mi usciva dal fondo dai pantaloni...e una vergogna tutti i giorni me ne succede una.

E l’altro giorno vado a visitare un cliente... A metà scala la portinaia mi chiama “pssss...pssss... indietro, che in questo caseggiato e vietata l’elemosina ”... Te l’ho mai raccontata quella dei raggi?...(si siede nella poltrona di sinistra) Era una mattina che in porto non c’era niente da fare, mi hanno detto che ci sono dei raggi ultraviolacci... che fanno tanto bene,... mi sono seduto e mi sono tolto il capello, e mentre ero lì che mi prendevo due o tre raggi, si ferma uno, mi guarda, io penso: si vede che mi conosce, e gli ho sorriso...

Giggia! Mi ha messo due soldi nel capello e se n’è andato...

E poi...ti dico questa poi non ti dico altro: vedi questa giacca:

GIGGIA     E una giacca marrone…

STEVA       L’ascia perdere il colore e una giacca che ogni tanto ha del marrone….

da questa parte ci sono tre asole, una, due e tre…. guarda da quest’altra ….neanche un bottone...prima  erano tre, poi due era rimasto per ultimo quello di mezzo l’ho fatto durare più che ho potuto... è una vergogna, ma cosa ci devo mettere una corda per chiudermi la giacca?  Io capisco che in casa ci sono molte cose da fare, ma perché non ti fai dare una mano da tua figlia, che è sempre lì sul sofà a leggere dei romanzi, o alla finestra...Io tutte le volte che vengo a casa alzo gli occhi e lei è lì, come un vaso sul davanzale; quella non è una signorina, è diventata un vaso...

GIGGIA    Cosa vorresti che facesse tua figlia, la serva?...

STEVA      Ma io vedo che se si vuole c’è tempo per tutto... le signorine che sono ben educate fan prima quello che c’è da fare in casa, lavano, stirano, strofinano per terra se occorre, dopo trovano il tempo per stare nel salotto a leggere, a fare un po’ di conversazione, quella è la vera educazione, quello è il vero modo di educare una ragazza, per farne una buona madre di famiglia. E invece quello di andare a passeggiare per mettersi in mostra, per dire: guardate siam qui...Qui c’è la figlia e qui c’è la madre, qui c’è la figlia, vediamo chi se la piglia...

GIGGIA    E va ben, vuol dire che non usciremo più, quando avremo da comprare qualcosa...

STEVA      Ma si capisce che per comprare si deve uscire, ma una cosa è per il bisogno e un’altra cosa è star fuori quattro o cinque ore!  La questione è che voi altre per un rocchetto di filo ve ne state fuori quattro o cinque ore, per un rocchetto di filo e allora uno che deve comprare un vestito bisogna che stia fuori due o tre mesi? Avete l’ambizione di vedere e di farvi vedere, ecco come è... è una vergogna!

GIGGIA    Va là che sei furbo! Eh, se fosse per te la povera Metilde si sposerebbe il giorno del giudizio... Anzi sì, vado spesso a girare, e con questo? A me pare che dovresti ringraziarmi. Cosa ti credi, di fare il bene delle signorine a tenerle in casa sotto chiave? Ma chi vuoi che sposi tua figlia se nessuno la vede?

STEVA      E va bene, affitteremo un negozio e la metteremo in vetrina, così tutti quelli che passano la vedono...

GIGGIA    Ohimemì! Già che per te è lo stesso che si sposi o che non si sposi... così non avrai nemmeno da tirar fuori la dote! Ohimemi! Chi ti dà ragione...già voi altri uomini, ricordatelo bene non capite niente... niente!  niente!  

STEVA      Niente, noi uomini non capiamo niente... ed è per questo che prendiamo moglie...

GIGGIA    Bravo, vai a lavorare, ma della casa non ti impicciare... la donna è la regina della casa e questo è il mio regno...e nel mio regno impero io…

STEVA      Oh...la regina della casa... il regno...

SCENA QUINTA

(COMBA, STEVA E GIGGIA)

COMBA    (entrando dalla cucina)Signora....

STEVA      Signora? Giù, giù, la regina....(fanno ambedue l’inchino)

GIGGIA    Cosa c’è?

COMBA    Le posate dove sono...? io non le trovo!

GIGGIA    Oh povera me! E dove le ho messe?

STEVA      Alè ! non ci sono le posate! Il regno è rimasto senza posate... la regina della casa... la regina di coppe...

GIGGIA    Se non mi sbaglio sono nella cesta...

COMBA    In quale, che le vado a prendere...?

GIGGIA    E sì, a prendere, sono in fondo a tutto...

STEVA      E allora Giggia come facciamo? Andiamo a mangiare in fondo alla cesta?

GIGGIA    E va ben, ci aggiusteremo, ci arrangeremo...

STEVA      Io lo credo... mi arrangio garantito... io me ne vado in trattoria...

GIGGIA    Dov’è che vai Steva?

STEVA      Dove vado, hai ancora il coraggio di domandarmi dove vado, ma tu lo sai Giggia che è da stamattina alle cinque che sono in piedi, con un tozzo di pane e basta... Ho fame... deliro dalla fame... e mi dici ancora dove vado? Vado a fare due passi, vado a prendere un po’ d’aria per farmi venire appetito, mi capisci?(esce dalla parte centrale)

GIGGIA    (alzandosi e inseguendo Steva mentre esce)Steva! Steva! Vieni qui... e a voi cosa vi è saltato in mente di mettere le posate in fondo alla cesta...?

COMBA    Io?... signora, ce le ha messe lei...

GIGGIA    Io? Ce le ho messe io? Ma fatemi il piacere, siete voi che fate le cose con la testa nel sacco, e andate là che lo so che siete innamorata: vi ho visto passeggiare con la guardia di finanza...

COMBA    Quello è mio cugino...

GIGGIA    E già, che stamattina era vestito da pompiere...

COMBA    Ah, quello è mio fratello...

GIGGIA    Andate, andate a  mettere tavola che è meglio...

SCENA SESTA

(METILDE, COMBA E GIGGIA)

METILDE Comba!(chiamando dalla camera)

COMBA    Vengo...

METILDE Comba!...

COMBA    Vengo!

GIGGIA    E andate, non sentite che vi chiama?

COMBA    Ma dove devo andare? Di qua o di là?

SCENA SETTIMA

(METILDE, COMBA E GIGGIA)

METILDE (uscendo)Comba, ma state diventando sorda? Mamma, già che la signorina non si degna... fammi il piacere, vieni  un po’ tu di là...

COMBA    La signorina non si degna? Ma io in due non mi posso dividere, o faccio la serva, o faccio la cameriera...

GIGGIA    Be’ basta, non fate tante ciarle e andate a prendere le posate.

METILDE Le posate? Dove sono?

GIGGIA    E sono nella cesta... in quella grande...

METILDE Nella cesta grande, dove c’é tutta la mia biancheria? Comba, per amor di Dio, non toccate quella roba....

COMBA    E bisogna ben che tocchi, se sono in fondo a tutto...

METILDE In fondo a tutto? E poi che bisogno c’è delle posate, tanto io appetito non ne ho...

GIGGIA    Per dire la verità appetito non ne ho nemmeno io, quelle paste che abbiamo mangiato me le sento tutte qui...

METILDE E lo credo mammina, dodici ne abbiamo mangiate!

COMBA    Dodici paste, e non sono nemmeno scoppiate! Dunque, cosa faccio? Le prendo o non le prendo?

METILDE Ma no, non prendete niente... mangeremo lassù in campagna...

GIGGIA    Ma sì, mangeremo in villa...

COMBA    Se non vogliono mangiare loro, mangio io... cucchiai di legno in cucina ce n’è... (andando in cucina)

GIGGIA    Ma vedi un po’ come sei in disordine, può venire qualcuno... (suona il campanello)

METILDE E chi sarà?

GIGGIA    Ma... Comba... suonano... (a Metilde)e tu vai un po’ di là…..chi ci sarà?... Comba... Colomba?...

METILDE (esce verso la camera)

SCENA OTTAVA

(GIGGIA, COMBA E CARLOTTA)

COMBA    Signora?

GIGGIA    Siete sorda, hanno suonato...

COMBA    Che cosa?

GIGGIA    Eh... le chitarre... alla porta hanno suonato, no? Colomba, un momento… non ci siamo per nessuno... siamo uscite, non ci siamo per nessuno...(va verso la cucina)

COMBA    Va bene, non ci siamo per nessuno... (va ad aprire la porta) Oh, serva sua, signorina...

CARLOTTA     

(parlando dalla porta)Dunque siamo intesi eh, Cesarino... passi poi a prendermi... (entrando) Addio Comba... ci sono?

COMBA    E no, non ci sono , non ci sono per nessuno... Uscite...

CARLOTTA

                   Uscite? A quest’ora?

COMBA    E sì, guardi un po’ che combinazione... Erano tanto affaccendate per andare in villa che hanno mangiato di premura e poi son subito andate...

CARLOTTA

                   Oh, povera me...

SCENA  NONA

(METILDE,CARLOTTA E COMBA)

METILDE Chi c’è? Oh, Carlotta, sei tu?(entrando)

CARLOTTA

                   Oh! Come mai? La Comba mi aveva detto che eravate già andate...

METILDE Ma Comba!

COMBA    E sì, Comba... a me l’aveva detto sua mamma di dire così...

METILDE Avrete inteso male.

COMBA    Oh no, che ho inteso benissimo...

METILDE Ben basta, andate in cucina, vi ripeto che avete capito male.

COMBA    Oh, non ho capito male, già sono sempre gli stracci che vanno per aria, ma la prossima volta mi saprò regolare...(andando in cucina)

METILDE Figurati un po’ se la mamma... Cara la mia Carlotta...(si seggono sulle poltroncine)

CARLOTTA     

                   Dunque ho sentito che andate un po’ in campagna, senza dire niente...

METILDE Cosa vuoi, veramente io e la mamma non ci pensavamo nemmeno, tanto più che in campagna proprio bella gente non ce n’è ancora... e io non mi ci posso vedere... Ma sai come è il papà: e andiamo , e andiamo, insomma ha insistito tanto che... abbiamo dovuto... E, Carlotta, si intende che verrai per due o tre giorni lassù con noi... La domenica poi vengono tanti di quei giovanotti... vedrai che ci divertiremo...

SCENA DECIMA

(GIGGIA,CARLOTTA E METILDE)

GIGGIA    Oh, e chi c’è, la Carlotta?(entrando)

CARLOTTA

                   E già, buon giorno zia...

GIGGIA    Come mai non mi hai avvisato che c’era la Carlotta?... Ma siediti cara.

CARLOTTA

                   Ho sentito che vanno in villa...

METILDE Mamma, ero qui anzi che dicevo alla Carlotta di venire un po’ lassù con noialtri...

GIGGIA    Sì cara, vieni, vieni che ci farai tanto piacere... (campanello)  Oh, suonano, chi ci sarà?... Comba... Colomba...

CARLOTTA

                   Mi rincresce che sia qui a disturbare... ma ho detto a Cesarino che passi a prendermi qui...

GIGGIA    Colomba?...

SCENA UNDICESIMA

(COMBA,GIGGIA,CARLOTTA E METILDE)

COMBA    Signora...

GIGGIA    Hanno suonato... andate ad aprire!

COMBA    Ancora... che mattinata...

GIGGIA    Ah... Colomba... prima di aprire, guardate un po’ dal buco della serratura e venite a dirmi chi è...

CARLOTTA

                   Sono proprio mortificata di darvi tanto imbarazzo... se posso aiutarvi a fare qualcosa...?

GIGGIA    Grazie, cara, grazie... Ce ne sarebbero tante cose da fare, ma...

COMBA    Signora...

GIGGIA    Ebbene?

COMBA    Ci sono due signori...

GIGGIA    Ah si?...E avete visto chi sono?

COMBA    No, non ho potuto vedere bene perché erano troppo vicini alla porta, si vedono solo da qui a qui....

GIGGIA    Ben, andate ad aprire, e fateli accomodare nel salotto Luigi Quindici...

COMBA    Nel salotto...?

GIGGIA    Luigi Quindici...

COMBA    Sì... quello che... non ce n’è altro!

GIGGIA    Non ce n’è altro, ma è un Luigi Quindici!

COMBA    E va ben ... vado...

GIGGIA    Metilde, ti avevo detto di aggiustarti un poco... di metterti un grembiule, qualcosa...

METLDE  E, mamma, più di così...

SCENA DODICESIMA

(COMBA,GIGGIA,CARLOTTA,METILDE,PIPPO E RICCARDO)

COMBA    Signora...

GIGGIA    Chi sono?...

COMBA    C’è il signor Pippo e il signor Riccardo, e li ho fatti accomodare, come mi ha detto, nel salotto di... San Luigi...

GIGGIA    Luigi Quindici! Si va bene... Carlotta, fammi il piacere, vai di là... sul mio letto troverai un pizzo, un merletto...

CARLOTTA

                   Si... e lo porto di qua?...

GIGGIA    No, no, resta di là che poi vengo anch’io... così mi darai un consiglio... vai... vai...

CARLOTTA     

                   Vado... vado... Ma cos’è che c’è...

GIGGIA    Colomba, qui, il vostro grembiule... ”c’è il signor Riccardo”

COMBA    Il mio grembiule... ma...

GIGGIA    E non ve lo mangio mica... e adesso... di là, e portatemi il bastone da lavare per terra... con uno straccio, qualcosa, via...

COMBA    Il bastone da lavare in terra?... Uno straccio?... E qui divento scema?...

GIGGIA    Qui, qui Metilde...

METILDE Ma mamma!...

GIGGIA    Lascia fare...

COMBA    Ecco il bastone, lo straccio da lavare in terra....

GIGGIA    Va bene, e adesso voi, via... via... pappamolla...

COMBA    Ma cosa combinano non lo so? (andando in cucina)

GIGGIA    Tu mettiti a lavare,... lo so che non l’hai mai fatto... ma hai visto tante volte come si fa’... io vado di là... hai capito?...

METILDE Ah, sì mamma... ma...

GIGGIA    Lava, lava, scemetta...

MATILDE E va bene... ma se lasciassero fare a me,... anche senza lavare in terra...

COMBA    Oh signorina , ma che cosa fa?

METILDE Niente... aspetto gente...

COMBA    Aspetta gente e lava per terra, e senza acqua? Qui, qui, che piuttosto ci penso io...

METILDE Eh no, andate via che rovinate tutto...

COMBA    Io rovino tutto? Ma io sono l’unica in questa casa che lo sa fare...

METILDE Su, via che non capite... non potete capire... insomma andatevene in cucina, via...

COMBA    E va bene... non si arrabbi... io vado in cucina, ma qui qualcheduno va in manicomio!...

METILDE Sono qui, sono qui...

GIGGIA    (da dietro le quinte)Ma no, li prego, non facciano complimenti...

PIPPO        Ma signora Giggia...

RICCARDO

                   La prego...

GIGGIA    Allora, così alla buona, prego... (entrano) Oh!... (vedendo Metilde che lava per terra)

PIPPO        Brava, brava quella ragazza!...

GIGGIA    Ma Metilde, ma cosa fai? Sei sempre lì a lavare?... Ma cosa vuoi che dicano questi signori? Accomodatevi là... sono proprio mortificata...

RICCARDO

                   Ma no, signora, mi dispiace di aver sorpreso una bella signorina... diremo in... négligé. Ma sono ben contento di aver potuto così conoscere la sua buona educazione...

GIGGIA    Oh, hai sentito quello che ha detto il signor Riccardo? Ringrazia Metilde, come si dice? Grazie signore!...

METILDE Grazie, signore...

PIPPO        E tutto questo fa onore alla mamma...

GIGGIA    Troppo buoni... Metilde, te l’ho già detto tante volte prima di tutto certe cose bisogna farle al mattino, e poi, lavori così materiali si lasciano fare alle donne di servizio. Altrimenti, se facciamo tutto noi!...

METILDE Eh lo so mammina, hai ragione, ma si sa nelle famiglie ci sono tante cose da fare... , e se non facciamo tutto noi... le donne di servizio sono una vera disperazione...

PIPPO        Eh... lo dica a me, che ne ho tre... ai giardini pubblici...

METILDE Be’... se mi permettono...

PIPPO        Se il bastone lo vuole dare a me?...

GIGGIA     Questo signor Pippo che burlone...

                   Sì, sì, vai cara, vai di là a cambiarti, mettiti un po’ in ordine...

                   Ma accomodatevi, prego... (sedendosi nella poltroncina di destra, Riccardo in quella di sinistra e Pippo nel divanetto )sono proprio mortificata di avervi ricevuto così male, ma se loro sanno cosa vuol dire famiglia, mi devono compatire... poi questo pomeriggi stiamo per andare in villa e c’è sempre da ricordarsi qualcosa, sempre tutto qui addosso a me...

RICCARDO

                   Cosa dice mai, signora...

PIPPO        Io anzi dirò che questa è la famiglia esemplare, c’è poi quella signorina Metilde che non ha paragoni...

GIGGIA    Troppo buono... oh Dio,…non faccio per dire perché è la mia figliola, ma veramente bisogna che lo dica a onore della Metilde, è una bambina che credetemi dove mette le mani...

PIPPO        Sentito? Dove mette le mani...

RICCARDO

                   Sento, sento...

GIGGIA    Dico…lorohanno visto, adesso era lì che lavava in terra?...

PIPPO        E senz’acqua, a secco; trovane un’altra!...

GIGGIA    Ebben, lei sa fare di tutto! Lei spazza, cuce, toglie la polvere, tiene i conti di casa, e poi ha anche tempo di suonare il piano, di pitturare e vedessero come dipinge bene ,di studiare le lingue... bisogna sentire come parla già bene il francese... di fare insomma mille e mille cose... e poi chi la sente:.. ah, io non so fare niente, io non sono buona a niente...

PIPPO        Tutta modestia... te l’ho detto?... Ragazze come queste ce n’è poche...

GIGGIA    Oh! Sento che sta venendo qui... non le dicano niente, perché è timida, timida...

SCENA TREDICESIMA

(METILDE, PIPPO, RICCARDO E GIGGIA)

METILDE (mentre va verso il centro tutti si alzano)  Comodi, vi prego... e scusate tanto se mi hanno trovata in quello stato...

PIPPO        Ma signorina si immagini!...

RICCARDO

                   Anzi, abbiamo avuto modo di vedere che mentre nei salotti lei ha tanto spirito da tenere viva una conversazione, non le manca però quello che più importa in una signorina ben educata e cioè le virtù per diventare un giorno, che le auguro vicino, una buona mamma di famiglia...

PIPPO        Si fa coraggio, l’amico...

GIGGIA    Metilde, hai sentito cos’ha detto il signore... e non si dice nulla?...Si dice

METILDE Grazie, grazie...

GIGGIA    Prego... oh.... scusino, è stato come si dice...un... lapislingua!... E allora se loro mi permettono dato che dobbiamo andare in villa vado un momento di là a controllare se tutto è apposto, lascio qui la mia bambina per fare gli onori di casa . Metilde, già che tu sei qua...(rivolgendosi a Mettilde sottovoce) mi raccomando io vado di la per vedere cosa combina la Carlotta ….(verso Pippo e Riccardo) e allora  se mi permettono vado un momento di là perché se non ci fossi io di là...

RICCARDO

                   Si accomodi... Ma si immagini signora Giggia...

PIPPO        Prego, vada pure signora Giggia...se lei permette, le faccio da cavaliere...(porgendole il braccio)

GIGGIA    Questo signor Pippo, sempre un perfetto cavaliere...

PIPPO        Bontà sua, signora Giggia... Ah...(tornando al centro sala e vedendo che Metilde e Riccardo parlavano molto vicini) …(tossisce)

METILDE Prego, accomodatevi...

RICCARDO  Grazie!...

METILDE Mah!...

RICCARDO  E già... Eh sì...

PIPPO        E sì...

METILDE E... dicevate?

RICCARDO  Io?... Niente, signorina.

METILDE No... dicevo... che cosa diceva qui con la mamma...

RICCARDO

Ah!... Dicevo che se avessi idea di accasarmi, vorrei fare la mia scelta     fra signorine come lei... di casa...

METILDE Ah, ecco, se avesse idea, perché vuol dire che per ora...

RICCARDO

                   Per ora, se non cambio...

PIPPO        Che scemo...

METILDE Già, voialtri giovanotti dite tutti cosi e poi...

PIPPO        Brava, signorina... glielo dica...

RICCARDO      

                   Non capisco...

METILDE Sì, insomma, per i giovanotti, in generale, non c’è cosa peggiore che sposarsi, e poi... appena vedono una signorina... eh...

PIPPO        Ecco, ci perdi le bave... brava, signorina... dice bene... lei non gli deve credere, eh, a questo qui, è un mascalzone che la dà a intendere a tutte e poi... signorina... lei deve stare a sentire me... me solo...

METILDE Oh, per l’amor di Dio, che lei è peggio degli altri...

RICCARDO

                   Ti conosce bene, eh?...

METILDE Piuttosto, verranno in villa a trovarci?

PIPPO        Ma se siamo qui apposta, per sapere cosa si fa, cosa si combina... io ho già organizzato un reggimento di giovanotti pieni di buona volontà, ma mancherebbe la cosa più indispensabile...

METILDE Le signorine... a quello ci penso io... e qui il signor Riccardo ci onorerà?

RICCARDO

                   Con molto piacere... sarò ben fortunato!

PIPPO        Ma invita lui?

METILDE Sì, perché?

PIPPO        Se viene lui lassù, addio, se le becca tutte.

METILDE Ma davvero? E così terribile?

PIPPO        Terribilissimo; glielo do per un tipaccio...

METILDE I miei complimenti...

RICCARDO

                   Ma no... è un mattacchione che ha sempre voglia di scherzare... io a Genova di signorine potrei dire che non conosco che lei.

SCENA QUATTORDICESIMA

(CARLOTTA, PIPPO, RICCARDO E METILDE)

CARLOTTA     

E  allora grazie, zia.

PIPPO        Chi c’é?

RICCARDO

                   Ma!?(sorpreso)

CARLOTTA  Ho visto Cesare dalla finestra, gli vado incontro...

PIPPO        Oh! Signorina Carlotta, sempre bella... qui, qui, che capita proprio a tempo...

METILDE Carlotta... Ti presento il signor Riccardo Del Bello... mia cugina Carlotta...

CARLOTTA

                   Ma Metilde, io avevo già il bene...

RICCARDO

                   Ed io avevo già il piacere...

METILDE Non mi ha detto che a Genova non conosce che una signorina?...

RICCARDO

                   Allora... diremo: due... ecco.

CARLOTTA

                   Permesso?... Signor Pippo...

PIPPO        Signorina...

METILDE Ciao... Carlotta... Verrai allora a trovarci in campagna, vero? Ciao! Un bacio...

PIPPO        Oh, se ci fossi io là in mezzo...

SCENA QUINDICESIMA

(GIGGIA,PIPPO,RICCARDO E METILDE)

GIGGIA    Mi scusino tanto se ho dovuto... Metilde c’è il papà...

PIPPO        Il papà... E’ meglio che noialtri ce ne andiamo...

RICCARDO

                   Signora, allora noi togliamo l’incomodo...

GIGGIA    Ma cosa dite mai... anzi li aspettiamo in villa... vero, signor Pippo?

PIPPO        E come si fa a dire di no alla signora Giggia?...

METILDE E anche il signor Riccardo, s’intende.

RICCARDO

                   Grazie, non mancherò...

PIPPO        E allora buon viaggio e arrivederci lassù...

GIGGIA    Colomba?...

RICCARDO

                   Nuovamente...

PIPPO        E tanti saluti al signor Steva...

GIGGIA    Grazie... Colomba, accompagnate i signori...(dietro le quinte) Di nuovo! Ma potevate rimanere ancora un po’...(rientrando) Non vedevo l’ora che se ne andassero...

METILDE Che giovanotto distinto!

GIGGIA    Ti piace?...

METILDE E me lo domandi!

GIGGIA    Piace anche a me... via ,via, che c’è papà...

SCENA SEDICESIMA

(RICCARDO,PIPPO,STEVA E GIGGIA)

PIPPO        Oh servo vostro, signor Steva, siamo un po’ venuti...

RICCARDO

                   Abbiamo abusato...

STEVA      Hanno fatto bene.

RICCARDO

                   Arrivederci!

STEVA      Arrivederci... Arrivederci ma di rado... (entrando)  Ma io non so, c’è sempre la casa piena di giovanotti, che dà l’impressione di essere in un caffè, mica in una abitazione... anche per i vicini di casa... uno entra... due giovanotti... non è bello, quando viene la Giggia glielo dico...

GIGGIA    Bravo! Potevi stare ancora un po’... a momenti ci sarà qui l’omnibus...

STEVA      ...uno entra, trova due giovanotti... uno lungo...

GIGGIA    ....ci sarà ancora tutto da fare, bisogna assicurare le porte, le finestre, guardare che non manchi niente...

STEVA      ...uno entra, trova due giovanotti... uno lungo...

GIGGIA    ...e il signore invece se ne va alla trattoria, mentre quelli di casa non hanno avuto nemmeno il tempo di mangiare...

STEVA      ...uno entra, trova due giovanotti... uno lungo...

GIGGIA    ...tutto per fare presto, e poi se manca qualcosa, sono io che faccio, sono io che sbrigo...

STEVA      ...uno entra, trova due giovanotti... uno lungo... non mi piace, anche per i vicini, non mi piace...

SCENA DICIASSETTESIMA

(COMBA,GIGGIA E STEVA)

COMBA    Signora c’è l’omnibus...(entrando dal centro)

GIGGIA    Ecco te l’ho detto che c’è l’omnibus, e tu sei sempre lì che...

STEVA      ...uno entra, trova due giovanotti... uno lungo...

GIGGIA    ...presto Metilde che c’è l’omnibus, e a me mi tocca fare sempre tutto, ricevere le visite, fare la serva, la padrona, stare in cucina, e tu nel salotto, e lui che dovrebbe fare tutto sta lì, tu invece, prendi questa cesta, portala a quello dell’omnibus, e gli dici che la metta sulla tettoia, e anche questa... c’è della roba fragile... tienila sulle tue ginocchia... questa sulla tettoia...

ULTIMA SCENA

(METILDE, COMBA, STEVA E GIGGIA)

METILDE Oh, bravo papalino, anche questa... sono le mie scarpe...

STEVA      Ah giusto, anche te... non è bello... due giovanotti... uno lungo...

METILDE Ah... hai visto quello alto, che bello?

COMBA    Ah!... signor padrone... bene... bene, qui... qui...(consegnando un pacco)

GIGGIA    Pronti, possiamo andare?... ah! Steva, le chiavi, te le metto in tasca...

STEVA      No, che è rotta... ah, il mio cappello... e no, questo è il tuo...

GIGGIA    Le porte, le finestre, tutto chiuso, possiamo andare... andiamo su, coso mollo. Preso tutto?...

STEVA      Sì, preso tutto!

COMBA    Signor padrone...

STEVA      Cosa c’è?...

COMBA    Si è dimenticato...l’uccello!...

STEVA      E ci mancava l’uccello... cosa ne facciamo?

FINE DEL PRIMO ATTO

ATTO SECONDO

SCENA PRIMA

(GIGGIA E COMBA)

GIGGIA    (entrando da sinistra)Comba... Colomba... ma dove è andata a finire?... Colomba?....

COMBA    (entrando dal centro e alle spalle di Giggia)Sono qui... va bene così signora?

GIGGIA    Ma vedi un po’... ma che vi siete, rotta la testa?

COMBA    Eh... io non sono tanto pratica, è la cresta!...

GIGGIA    Qui che ci penso io... (aggiustandola) Tutto pronto per le limonate?...Vassoi, bicchieri e tutto il resto?

COMBA    Sì, signora...

GIGGIA    E allora, marciare... svelta...di là

COMBA    (uscendo si ferma e torna in dietro)Ah, signora, lo zucchero... lo zucchero per le limonate...

GIGGIA    Va bene... per quello vengo poi di là io...

COMBA    Va bene... (uscendo si ferma e torna indietro)Ah signora, i limoni...

GIGGIA    Eh ma santo cielo!!!…ma allora cosa avete di pronto per le limonate?...

COMBA    Eh,l’acqua...

GIGGIA    Ho capito, andate, andate che vengo io...ah un momento, io sarò pronta, mà qualora venissero degli invitati e io non fossi ancora pronta , li fate accomodare subito nel salone…

COMBA    Dove!!!

GIGGIA    Nel salone…

COMBA    Nella sala…

GIGGIA    Nella sal…salone, e mi venite immantinenti ad avvisare, capito!! Immantinenti

COMBA    Immantinenti (esce)

SCENA SECONDA

(GIGGIA,COMBA E METILDE)

METILDE Mamma... mamma... (da dentro la camera)

GIGGIA    Ebbene cosa vuoi?...

METILDE Sei sola?

GIGGIA    Ma sì..., sono sola...

METILDE (entrando) Vedi un po’ se ti pare che così vada bene?...

GIGGIA    Ancora quel vestito lì ? E’ fuori tempo!...

METILDE Ebbene, l’altra sera ero vestita così... e...

GIGGIA    Ebbene?...

METILDE Il signor Riccardo m’ha detto: signorina come sta bene...

GIGGIA    Te l’avrà detto per complimento?

METILDE E altro... me lo sono fatto dire due volte... mi ha detto: signorina, si vesta sempre così che sta proprio bene...

GIGGIA    Eh... ha del gusto quel signor Riccardo... e...

METILDE E poi da quello che mi ha detto...

GIGGIA    (si siede)Eh... ma cosa t’ha detto... dimmi, dimmi...?

METILDE (si inginocchia vicino)Eh, detto... detto proprio detto, non mi ha detto niente...

GIGGIA    Eh, ma allora!...

METILDE Ma ci vuole poco a capirlo... e poi un’altra sera... al signor Pippo, così discorrendo, gli è scappato di bocca che vuole prendere moglie...

GIGGIA    Ah sì, il signor Pippo vuol prendere moglie?... Bene, bene,... perché se non si combina col signor Riccardo, ci attacchiamo al signor Pippo...

METILDE Ma no! E’ il signor Riccardo che vuol prendere moglie... e ha anche detto che aveva scritto a suo papà a Roma per domandargli il consenso...

GIGGIA    Ma davvero?...ma dimmi un po’ te l’ha detto chi fosse questa signorina

METILDE No, no…

GIGGIA    Eh ma allora…

METILDE lui non l’ha detto... ma io l’ho capito, perché l’altra sera, intanto che ballava con me, era un po’ nervoso e allora gli ho domandato cosa avesse...

GIGGIA    E lui cosa t’ha risposto?

METILDE Oh, m’ha risposto che era un po’ preoccupato... perché aspettava una risposta da suo papà, e che questa risposta non veniva mai; e mammina in tanto che mi diceva tutte quelle cose, è diventato pallido, e poi sai, mi guardava con due occhi... con due occhi...

GIGGIA    Ma mi dici sul serio, ti guardava con due occhi?... E allora?
METILDE Mamma, io dico che è...
GIGGIA    E’ cotto, è chiaro che è cotto...
METILDE Mammina, ne saresti contenta?
GIGGIA    E me lo domandi!... Ma dimmi un po…e come la mettiamo con Cesarino?
METILDE                  (si alza infastidita)...Ma mamma, vuoi mettere...

GIGGIA    E, momento, momento bambina, sai... non vorrei che poi tu restassi con le mani vuote...

METILDE Oh, no... mi pare già d’essere la signora Del Bello...

SCENA TERZA

(CARLOTTA, CESARE, GIGGIA E METILDE)

CARLOTTA

                   Zia, c’è qui Cesarino?..

GIGGIA    Oh, ciao Cesarino, come va ?...

CESARE   Molto bene zia, servo vostro... ciao Metilde, come stai... Oh che eleganza... e dammi un po’ la mano!... E così cara zia, le devo fare tanti complimenti da parte del papà...

GIGGIA    Grazie, come sta?...

CESARE   Non c’è male... grazie.

GIGGIA    Allora già che siete in compagnia qui di vostra sorella, vado di là perché se arriva qualcheduno... Andiamo Metilde vai a finire di metterti in ordine cosi sei pronta... con permesso Cesarino...(esce)

CESARE   Servo vostro zia...

CARLOTTA

                   E come mai, Cesarino, hai fatto così tardi? E questa sera ritorni a Genova, vero?

CESARE   Naturalmente...

CARLOTTA

                   Ah, a proposito, prima che mi dimentichi, devo darti un biglietto da dare a papà... perché mi deve dare...

CESARE   Sì, sì ... poi me lo darai.

CARLOTTA

                   No, no che poi me ne dimentico, vado a prepararlo subito (esce).

METILDE E bravo, signor Cesare,(si siedono ) sarò su a colazione, sarò su a colazione, e poi...

CESARE   Sì, ma vedi è stato che il papà...

METILDE Sì, sì...

CESARE   Credimi Metilde, non è proprio dipeso da me... ma sai com’è il papà...

METILDE Oh, sì, quando ti fa comodo, c’è sempre la scusa del papà...

CESARE   No Metilde, quello che ho detto lo ripeto... E poi, perché dovrei mancare alle mie promesse quando non vedo l’ora e il momento di poterle mantenere?... Anzi, senti, volevo farti una improvvisata, ma tant’è non riesco a tacere... Metilde, ho già parlato a papà, gli ho detto com’è la cosa... lui è contento e mi ha promesso che parlerà allo zio...

METILDE Cosa hai fatto? Hai parlato a tuo padre?

CEASRE   E sì, avant’ieri...

METILDE E cosa gli hai detto?

CESARE   Che ci vogliamo bene, e che le nostre intenzioni... sono...

METILDE (si alza arrabbiata) Oh, povera me... io non so, già tu fai sempre le cose a modo tuo, e poi chi ci va di mezzo sono io...(gira intorno al tavolo)

CESARE   (si alza)Ma come!...

METILDE Ma sì... per due o tre cose che ti ho detto l’anno scorso qui in campagna, cose dette magari così per scherzare...

CESARE   Come, per scherzare?...

METILDE Sì, per scherzo... già, ma chi fa di testa paga di tasca, perché io non t’ho detto niente, e non t’ho detto niente...niente…(esce)

SCENA QUARTA

(CARLOTTA, METILDE E CESARE)

CARLOTTA

                   Ma cosa c’è?...

METILDE ( rientra al centro)Cosa c’è? Lo so io cosa c’è... lui va e parla col papà, ma chi glielo ha detto di parlare al papà?... e già quando s’ha da fare con gli scemi va sempre a finire così...

CARLOTTA

                   Oh ma Cesare, cosa è successo?...

CESARE   Ma mi domando se dormo ancora: le ho detto che l’ho fatta domandare in sposa a suo padre e lei... l’hai sentita, m’ha ancora dato dello scemo...

CARLOTTA

                   Ma è la prima volta che ti parla così?

CESARE   Sì è la prima volta...

CARLOTTA

                  Allora, forse, capisco io qualche cosa...

CESARE   E cioè? Parla Carlotta, ti prego o qui io divento scemo sul serio.

SCENA QUINTA

(STEVA, GIGGIA, CESARE E CARLOTTA)

STEVA      Ma lasciami un po’ tranquillo...

CESARE   Carlotta, parla !...

CARLOTTA

                   Zitto che c’è lo zio...

GIGGIA    (entrando dietro Steva)A momenti ci sarà gente e tu sei lì che perdi i pantaloni!...

STEVA      Stavo facendo un pisolino, sono qui per riposare... oh Cesarino, ciao...

CESARE   Ciao zio...

GIGGIA    Animo Carlotta... fammi il piacere, vai un po’ di là che c’è gente... e siamo tutti qui...

CARLOTTA

                   Vado subito zia...(esce)

CESARE   Cosa ha lo zio, mi sembra un po’...?

GIGGIA    Macché mi sembra, mi sembra è nervoso... dorme tutto il pomeriggio e poi si sveglia nervoso...

STEVA      Vedi Giggia, quando dormo è l’unico momento che posso stare un po’ tranquillo... perché non ti vedo... anzi alla sera quando vado a dormire, prego sempre: Signore, fatemi sognare chi volete ma non fatemi sognare mia moglie... scusa Cesarino...

GIGGIA    Senti Steva, adesso vestiti, non vestirti, dormi, non dormire, fai tutto quello che vuoi, io non dirò più niente...(giurando) vorrei morire se parlo...(si siede nella sedia di sinistra)

STEVA      Accontentatela, accontentatela!... scusa sai Cesarino, se ti faccio assistere a queste scene familiari...

CESARE   Ma vi pare zio...

STEVA      E poi tutto serve, tutto serve... a proposito di scene familiari... Cesarino... ieri ho visto tuo papà..., mio fratello Michele... (sedendosi insieme a Cesarino)sai benissimo che tuo papà rimane mio fratello Michele...

CESARE   Eh... ebbene?

STEVA      ebbene che... m’ha detto...

GIGGIA    Cesarino mi fate un piacere?... Andate un po’ di là...

CESARE   Certo zia, vado subito...

STEVA      Sì, sì adesso va; dunque ieri ho visto tuo papà, mio fratello Michele, e m’ha detto...

GIGGIA    No, no tu bisogna che vai di là a metterti in ordine... e voi Cesarino, fatemi il piacere di andare di là...

STEVA      Ma dimmi un po’ Giggia, hai bisogno di Cesarino proprio adesso che ne ho bisogno io?...

GIGGIA    Ma perché, capisci, qualcheduno di là bisogna ben che ci sia... Cesarino, fatemi il piacere...

CESARE   Adesso vado...

STEVA      Questa è bella, io ti devo dire una cosa e...

CESARE   E allora...

STEVA      (alzandosi)E allora... Ti manderò una cartolina...

GIGGIA    E tu vai un po’ a vestirti...

STEVA      Vado... vado... mi viene una rabbia... ma finirà... finirà, come finirà non lo so, ma finirà... Allora Cesarino facciamo una cosa... io vado a... e poi ci vediamo... così ti dico che ieri ho visto tuo papà, mio fratello Michele...

GIGGIA    (azandosi)Vai subito di là ...

STEVA      E vado... cinque minuti ritorno qui... così ti dico... dico di ieri che ho visto... (va in camera inseguito dalla moglie)

GIGGIA    Sì, d’accordo, d’accordo... e voi andate Cesarino... (Quando nessuno è in stanza si avvicina alla porta della camera)... Steva... dimmi un poco, cosa avevi da dire a Cesarino?

STEVA      Va là, poi te lo dirò... Giggia, i miei pantaloni?

GIGGIA    E ho da saperlo io dove hai messo i pantaloni?... Guarda Steva, guarda Stefano che io non vorrei che tra voialtri vecchi combiniate qualche cosa, e che poi io sarò l’ultima a saperlo... eh?

STEVA      Anzi, vedi Giggia, io te ne volevo parlare fino da stamattina, ma eri tanto presa dietro a questa benedetta festa da ballo che... Alè alè lo sapevo...!

GIGGIA    Cosa c’è?

STEVA      M’è saltato via un bottone...

GIGGIA    Si capisce, sei tanto gentile mentre ti vesti...

STEVA      Giggia,... il mio gilet?

GIGGIA    Il gilet ?  L’ho visto sul letto...

STEVA      Non c’è...

GIGGIA    Allora cercalo... quando mi spoglio, io lo so dove metto la roba...

STEVA      Che sia finito sotto il letto?

GIGGIA    Eh sì, il gilet sotto il letto? Ma finiscila...

STEVA      Non si sa mai... adesso ci guardo... Ah... accidenti!

GIGGIA    Cosa c’é?...

STEVA      Ho dato una testata nel letto... Ah!... eukera... l’ho trovato... eukera...

GIGGIA    Ma sei già ignorante: eukera! EUREKA!... scemo... e dov’era?

(Scena a soggetto della puzza del gilet)

GIGGI       Ma dove era!!!…

STEVA      Era... nel comodino da notte... (annusa e fa una smorfia di disgusto)

GIGGIA    Nel comodino?... E... chi ce l’ha messo?

STEVA      Io ce l’ho levato... siamo in villa…..

GIGGIA    Mettiti un po’ di profumo….

STEVA      Fammi un po’ il nodo...

GIGGA      Il nodo?... ti sei messo a parlare difficile...

STEVA      Che difficile, nodo?  Tu come lo chiami: mostacciolo...? se é un nodo...

GIGGIA    Ma che nodo... in genovese... veramente in genovese si é sempre detto: la gassa... fammi la gassa...

STEVA      E va ben, fammi la gassa... che io non sono pratico...

GIGGIA    Alè... adesso, dico, la camicia va bene, ci voleva troppo a cambiarla, ma il colletto, potevi ben cambiarlo... cosa ci voleva a cambiarsi il colletto?

STEVA      Un altro colletto... vai a vedere in tutti i cassetti del comò... Li ho controllati tutti da cima a fondo... non c’è altro che un polsino e una calzetta... Ah no, in fondo cera anche un cavatappi... rotto...

GIGGIA    Ma sì, va bene... (scena del nodo) e poi si parla...

STEVA      Ehi piano, tu mi vuoi strangolare...

GIGGIA    E’ scivolata la cravatta (rifà il nodo)

STEVA      Eh... vorresti rimanere vedova, eh?

GIGGIA    Magari...

STEVA      E io, no...?

GIGGIA    Ecco fatto. E non toccarla... (seduta)dunque, me lo dici cosa ti ha detto tuo fratello Michele?

STEVA      Sì... Mio fratello Michele mi ha detto che a Cesarino...

GIGGIA    A Cesarino...? Lo so, lo so, lo so...(Steva fa per uscire) dove è che vai?...

STEVA      Vado a vestirmi...

GIGGIA    Prima dimmi cosa ti ha detto tuo fratello...

STEVA      Dici che lo sai... lo sai... e allora...

GIGGIA    Sì, lo so, ma voglio sentirlo da te...

STEVA      Ma, mi fai venire una rabbia... (scena abbottonatura gilet) Dunque ieri ho visto mio fratello Michele e mi ha detto... Alè... ci siamo ....

GIGGIA    Dove siamo...?

STEVA      All solito…manca un bottone...

GIGGIA    Eh poveretto ti manca un po’ di cervello... altro che bottone... eccolo qua il bottone...

STEVA      Me l’ha attaccato qui il bottone... e l’asola è qui. Giggia, l’asola è qui e il bottone è là... va a finire che un giorno o l’altro, va a finire che il bottone me lo attaccherà qui... e cosa me ne faccio di questo bottone... o dunque devo fare così...

GIGGIA    Vieni qui che non sei nemmeno buono a vestirti... vedi un po’ se ti manca un bottone...

STEVA      Niente da fare... il bottone va attaccato di fronte all’asola: asola e bottone, asola e bottone...non l’asola qua e il bottone là ...

GIGGIA    (si alza e abbottona il gilet) Asola e bottone... a te ti manca un po’ di cervello...

STEVA      Ah! ho capito... e tutta questione d’imprincipio...

GIGGIA    Be’, dimmi cosa t’ha detto tuo fratello...

STEVA      Ieri ho visto mio fratello Michele...

GIGGIA    E ti ha detto?...

STEVA      M’ha detto che a Cesarino piace la Metilde... e che si vogliono bene... e..

GIGGIA    Ho capito, e tu cosa hai risposto?

STEVA      Dunque ieri ho visto mio fratello Michele...

GIGGIA    NO, no, no…

STEVA      Ma dimmi un po’ Giggia, cosa avresti risposto tu?...

GIGGIA    Quello che avrei risposto io, lo so io, voglio sentire tu cosa hai avuto il muso di rispondere...

STEVA      Il muso... io avuto la faccia di... io gli ho detto che anzi...

GIGGIA    Anzi... anzi cosa?

STEVA      Anzi... io gli ho detto, anzi... ma poi Giggia... sentiamo, cosa avresti in contrario? Cesarino è un bravo ragazzo, attivo, pieno di buona volontà, ha un buon impiego, e poi si vogliono bene... 

GIGGIA    Ecco dove ti sbagli, la Metilde a Cesarino non ha mai pensato... e poi, sì è vero, Cesarino è un bravo giovane, ma non basta mica... non basta mica...

STEVA      A me pare che sia tutto... quando si vogliono bene...

GIGGIA    (si siedono)Davvero? E quando avrai sposato tua figlia a questa cima di galantuomo che non avrà niente in casa e sarai obbligato tu a pensarci...

STEVA      E va ben ma a poco a poco…

GIGGIA    A poco a poco…. tu a queste cose non ci pensi, tu, tu vai sempre con la testa nel pallone... brutto scemo... mentre io so che c’è chi la sposerebbe, io so, e di certo, che c’è un giovanotto bravo, educato, ricco e mezzo nobile...

STEVA      Mezzo nobile... e l’altro mezzo? Non si sa cos’è ?

GIGGIA    Mentre io so che la Metilde ne è già innamorata. E adesso se io per caso, per combinazione, non ti domandavo cosa avevi da dire a Cesarino, ecco che la cosa era fatta... e un partito che faceva la fortuna di nostra figlia ci scappava per sempre...

STEVA      Sarà, ma dimmi un po’ Giggia, perché a me non mi dici mai niente... tu manovri, tu fabbrichi le tue cose di nascosto e io che sono il padre...

GIGGIA    No, no, no...

STEVA      Io che sono il padre...

GIGGIA    No, no, no...

STEVA      Giggia!... questo non me l’avevi mai detto! Io non sono il padre?

GIGGIA    Ma cosa é che dici? sei diventato scemo?

STEVA      Eh, dico che sono il padre... e tu... no, no, no...

GIGGIA    Ma no e che non capisci niente parlavo da sola...

STEVA      E, sono gli scemi che parlano da soli! Dunque, io non devo sapere niente perché...

GIGGIA    Non ti avevo ancora detto niente, perché ero sicura che avresti fatto qualche pasticcio, come al tuo solito... e perché poi volevo farti vedere a te..., tu che dici che con l’educazione che do a mia figlia allontano i buoni partiti..., ti faccio vedere che io ne trovo e meglio dei tuoi..

STEVA      ( si alzano)Sarà, ma dimmi un po’ Giggia, tanto per sapermi regolare, chi è questa cima, questo riccone, questo bel giovanotto... questo mezzo nobile e mezzo ignobile?

GIGGIA    Eh... aspetta un po’... (va a spiare se arriva qualcuno)... è il signor Riccardo...

STEVA      Euh!... aspetta un po’,... (va a spiare se arriva qualcuno)... Tu sei scema, te lo garantisco, te lo giuro, ti porto dei testimoni che sei scema...

GIGGIA    E se ti dicessi allora che l’ha confidato a un suo amico, e se ti dicessi che l’ha scritto a suo papà, ha già scritto al padre per domandare il consenso?...

STEVA      Sarà... senti Giggia, può darsi che il giovanotto... ma il papà... lo sa cosa fa... perché quello è un signore sul serio, è SENATORE... e tu vuoi che permetta che suo figlio sposi la figlia di un sensale di droghe?

GIGGIA    E sì, perché, se mai sposerebbe la figlia di d’uomo qualunque?

STEVA      Dimmi un po’, questo papà cosa ha risposto?

GIGGIA    Finora pare che non abbia risposto... ma...

STEVA      Lo vedi Giggia, non c’è niente da fare...

GIGGIA    Vieni qui... vuoi che dica di sì, cosi su due piedi? Il padre è a Roma!... Non ci conosce, avrà scritto a qualcuno per prendere informazioni sulla famiglia... e poi, vorrà anche sapere quanto daremo di dote...

STEVA      Quello lì, sarebbe meglio se non lo sapesse...

GIGGIA    E perché ?...

STEVA      E cosa vuoi che le dia?... Quando le ho dato due o tremila lire...

GIGGIA    Due o tremila lire, con tutti i denari che guadagni?

STEVA      E sì, guadagno... e con tutti quelli che spendi, andiamo pari,... oh sarà un destino, ma io guadagno sempre precisi quelli che tu spendi...

GIGGIA    Ad ogni modo... come si dice: è figlia ereditiera...

STEVA      Ereditiera di che cosa? Di pentole e casseruole?...

GIGGIA    Si dice... sono cose che fanno tutti...

SCENA SESTA

(METILDE, STEVA E GIGGIA)

METILDE (entrando)Mammina, vieni un po’ di là, è già  pieno di gente...

STEVA      Oh! L’ereditiera ?!...

METILDE Come papà ?!...

GIGGIA    Ma niente, vai, vai... e caro mio, ricordati che a Cesarino non ci devi neanche pensare, guarda... io ho un sesto senso, lo sento, lo sento, noi siamo una famiglia destinata a salire... noi andiamo su... su, su...

STEVA      E sì... andiamo su... poi scoppiamo e veniamo giù...

GIGGIA    Dunque Steva, io vado di là, ma ricordati bene di quello che ti ho detto riguardo a Cesarino, non ci pensare nemmeno, perché anche se tu dirai di sì, io dirò sempre di no... e no...(esce)

STEVA      Pensiamoci, Giggia, pensiamoci... oh…questa sì che è proprio bella... vorrei sapere come me l’aggiusto con mio fratello Michele, gli avevo già dato mezza parola, e Cesarino poveretto... certo che se fosse vero?... Se questo signor Riccardo avesse delle buone intenzioni... sarebbe una vera fortuna per la famiglia... senatore, mio suocero senatore...

SCENA SETTIMA

(CESARE E STEVA)

CESARE   (entrando)Zio, eccomi qua...

STEVA      ...e già... eccoti qua... e bravo... e bravo Cesarino che se ne è venuto un po’ in campagna, eh?

CESARE   Eh... la domenica...

STEVA      E già... la domenica... e bravo e bravo Cesarino che se ne è venuto un po’ in campagna... e bravo Cesarino che se ne è venuto un po’ in campagna...

CESARE   Dunque, zio, ieri ha visto papà?

STEVA      E sì, ieri ho visto tuo papà... mio fratello Michele... a proposito?  Come sta? Sta bene...

CESARE   Eh... se l’ha visto ieri... e dunque...

STEVA      E dunque... bravo Cesarino che è venuto in campagna...

CESARE   Eh!...

STEVA      Ci sediamo?! Mah!... che belli... che bei pantaloni... bella tinta...(si siedono alla sinistra)

CESARE   Sì, sì... ma è dall’anno scorso che ce li ho...

STEVA      Ah sì ? E bravo Cesarino... è venuto un po’ in campagna... con i pantaloni dell’anno passato... eh... ben, ciao...

CESARE   Ma zio! Non aveva da dirmi qualche cosa?...

STEVA      E già... ho ben da dirti qualche cosa... ”ma mi venga un colpo”

CESARE   Ma perché, c’è qualcosa che non va ?...

STEVA      No ma... ma mi capisci, quando uno deve dire una cosa... è inutile girarci intorno... tanto la deve dire...

CESARE   E si capisce.

STEVA      Perché così almeno quando uno ha detto quello che deve dire... dopo...

CESARE   Eh, dopo... non c’è più niente da dire...

STEVA      Ecco... non c’è più niente da dire... ciao... (si alza)

CESARE   Ma zio! Se non mi ha ancora detto niente...

STEVA      Ah!... e poi dicono che uno è capo famiglia... uno straccio, non un capo famiglia...

CESARE   Non capisco zio?...

STEVA      E figurati io!... Cesarino, si fanno delle figure... cosa devo dire: (mettendogli una mano sulla spalla) Cesarino, fatti coraggio...

CESARE   Ma perché? Cosa è successo?

STEVA      Niente, niente... mah!... quando uno si è fatto coraggio... dopo anche se succede... può dire bé io mi sono fatto coraggio… Ecco... delle volte, mi capisci… in una famiglia... c’è il padre, la madre e la figlia, in questo caso il padre sono io… capita uno, magari come se fossi te, e perché no, è un bravo ragazzo perché no... mi capisci... e dopo magari, nella stessa famiglia, (guardando Cesarino) e qui io non centro più , e da capo di casa diventa uno straccio... in quella famiglia lì, ne capita un altro... e lì... sai come è... mezzo nobile... forse meglio... hai capito?

CESARE   Meno di prima!...

STEVA      Non hai capito!.. Oh... Cesarino, permetti? Sono ancora qui senza giacca... magari capita qualcuno e dice: oh pover’uomo è senza giacca... mentre invece di là giacche ne ho... magari senza bottoni... ma le giacche le ho... allora facciamo così,  io vado di là a... poi ritorno, così intanto tu ci pensi bene, così quando io ritorno ti dico francamente le cose come stanno... Va bene?...

CESARE   Sì, sì... mah...

SCENA OTTAVA

(PIPPO E CESARE)

PIPPO        (entra  e si asciuga il sudore)Oh, Cesarino... come mai? (si siede) Di là fervono le danze e tu qui tutto solo?... Cosa fai, l’Amleto?...

CESARE   Ma no, son qui che aspetto mio zio...

PIPPO        Io sono scappato un po’ di qua, come difesa e come riposo...

CESARE   Ah si?...

PIPPO        Ho fatto un ballo con la figlia della Marchesa, e son mezzo morto... poverina, lei non ne ha colpa, ma ha una gamba più corta dell’altra e ballando con lei mi sembra di essere sull’altalena...

CESARE   E con la Metilde non hai ballato?

PIPPO        Oh sì! La Metilde oramai s’è attaccata al signor Riccardo...

CESARE   Al signor Riccardo?... Ma perché forse che...

PIPPO        Eh, è già un po’ che quei due...lì

CESARE   Ma no... non è possibile!

PIPPO        Non è possibile? Vai a dare una occhiata... Bisogna vedere come fa la gattina... (uscendo)Oh eccoli qui... (nascondendosi dietro dei vasi) Di qua, così non ci vedono...

SCENA NONA

(RICCARDO, METILDE, PIPPO E CESARE)

METILDE E adesso, me lo deve proprio dire...

RICCARDO

                   Ma che cosa signorina?...

METILDE (sedendosi)Perché l’altra sera era cosi nervoso?...

RICCARDO

                   E quando mai sono stato nervoso?...

METILDE L’altra sera... sì... quando aspettava non so una lettera....

RICCARDO

                   Ah già!... Oh ben gentile a ricordarsene...

METILDE Ed è poi arrivata quella lettera?...

RICCARDO

                   No, non ho più ricevuto nulla...signorina

METILDE Cosa pagherei perché arrivasse...

RICCARDO

                   E perché signorina?...

METILDE Per non vederla più di cattivo umore...

RICCARDO

                   Oh, grazie...

METILDE Deve trattarsi di cosa di molta importanza... no?

RICCARDO

                   Eh, forse sì...

METILDE E credo anche di sapere perché quella lettera le interessa tanto...

RICCARDO

                   Ah, ben, questo poi no....

METILDE E se indovino?...

RICCARDO

                   Be’! allora sentiamo...

METILDE ...Ma non si arrabbia?...

RICCARDO

                   No... non mi arrabbio...

METILDE Ben allora quella lettera dovrebbe trattare...

RICCARDO

                   Di che ?... Su coraggio!

METILDE D’un matrimonio!... Ho indovinato?...

RICCARDO

                   Eh...

PIPPO        (Uscendo di sorpresa)... Cucù... cucù... (ride scherzosamente)...

METILDE Ahimemì!

RICCARDO

                   Che c’è?...

PIPPO        Oh niente... siamo noi che si rideva un po’...

CESARE   Già, noi che si rideva un po’...

METILDE E perché di grazia?...

CESARE   Perché, certe scemate fanno proprio ridere.

RICCARDO

                   Mah, non capisco, scusate... (risentito)

METILDE Ma non è il caso, signor Riccardo...

SCENA DECIMA

(GIGGIA, CESARE, PIPPO, METILDE E RICCARDO)

GIGGIA    (entrando)Ma come, di là ci sono delle belle signorine e qui dei giovanotti che non fanno niente? Animo, vadano a ballare...

CESARE   Grazie, zia, ma io non ballo...

PIPPO        Ma se non balla lui, ballo io...

GIGGIA    Bravo, signor Pippetto, allora mi faccia una cortesia, c’è di là la figlia della Marchesa...

PIPPO        Oh, povero me... un altro giro sull’altalena...

GIGGIA    E cioè?...

PIPPO        Ha venticinque anni per gamba, anzi una ne ha ventisette...

GIGGIA    Non le dico mica di sposarla...

PIPPO        E ci mancherebbe... alla signora Giggia non si può dire di no; mi raccomanderò a quelli dell’orchestra che finiscano presto... (esce)

GIGGIA    (guardando con ammirazione)E voi altri non ballate...?

METILDE Oh sì, eravamo stanchi, ma adesso possiamo andare...

CESARE   Mi permette un giro con la signorina?...

METILDE Dica di no!...

RICCARDO

                   Eh!...Vuol dire che l’altro ballo sarà ancora per me...

METILDE Ma un giro solo, eh... perché io con te non voglio più ballare...

CESARE   Ti faccio ballare fino a domani mattina... (prendendo per mano Metilde e uscendo)

GIGGIA    Signor Riccardo... abbia pazienza, sono cugini...

SCENA UNDICESIMA

(STEVA,RICCARDO, LA MARCHESA E GIGGIA)

STEVA      Sì, sì, anzi si accomodi, signora Marchesa, che così ne parliamo un po’ con la Giggia.

RICCARDO

                   Signora Marchesa...

MARCHESA

                   Signorino Riccardo, ben trovato... qui eh?... Eh... capisco, capisco... bene, bene... ho visto di là certe persone, ho ricevuto una lettera da papà..

RICCARDO

                   Ah sì?... anzi era già un po’ che aspettavo e stavo anche un poco in pena...

MARCHESA

                   Riceverà, riceverà... allegro... allegro...

RICCARDO

                   Grazie! Se permette vado a fare un giro di valzer... (Riccardo esce)

STEVA      Ascolta Giggia, c’era qui la signora Marchesa che anzi lei mi dava una buona notizia...

GIGGIA    Davvero?...

MARCHESA

                   Eh sì, sì...ma fino adesso non c’è niente, fino adesso la cosa è ancora, come si suole dire, in stato... d’embrione... ecco!

GIGGIA    Ma di cosa si tratta?

STEVA      Ma... Pare che si tratti di un matrimonio...

MARCHESA

                   Ma sono stata una sciocca a lasciarmi scappare la prima parola... sono cose delicate...

GIGGIA    Eh sì... ma con noi altri non è il caso...non può avere problemi di sicuro..

STEVA      E lei mi diceva anche che questo matrimonio ci riguarderebbe da vicino...

MARCHESA

                   Ho detto questo?...

STEVA      Sì, con me l’ha detto...

MARCHESA

                   Ebbene, forse, ma non dirò più niente, no... no... di più non posso dire.

GIGGIA    Cosa teme?... Non andremmo certo a raccontarlo in giro... noi...

MARCHESA    (sede dosi insieme alla Giggia)

                   Insomma, sono stata incaricata dal padre del giovanotto di fornire delle informazioni, di sapergli dire..., ma adesso basta... adesso proprio basta...

STEVA      Mi pare che già che ha incominciato... ancora una parolina non guasterebbe...

MARCHESA

                   Vi prego, vi prego... mi permettano, ho già detto troppo...

STEVA      Ancora una parolina... mi pare che...

GIGGIA    No, no, ha ragione, Steva; la Marchesa ha ragione...

MARCHESA

                   (porgendo la tabacchiera) Signor Stefano...

STEVA      No, no, non ci sono abituato e...

GIGGIA    Stefano, si accetta... ti scarica un po’ il cervello... su, su... (scena starnuto)

MARCHESA

                   Anzi, se mai loro sentissero... perché già l’amore non si può nascondere, se mai vedeste qualcosa... cosi... si sa bene... il giovanotto pare cotto... la ragazza pare sia già a mezza cottura, mi capiscano... e può darsi che diano un po’ nell’occhio, si sa bene, è roba di gioventù... sono come fiammiferi vicino al fuoco... (continua la scena starnuto)

GIGGIA    Sì, sì... ma quando si sa di che si tratta... quando si sa che è questione di giorni... signora Marchesa, prende qualcosa?... (colpo di starnuto sulla spalla della Marchesa)

MARCHESA

                   La ringrazio, ma fuori pasto...

GIGGIA    Girati di là,... girati di là... Signora Marchesa, in casa nostra non deve fare complimenti... vado di là, mando qui la Colomba con un bel bicchiere di limonata...

STEVA      Ma, eh Giggia... ma la Marchesa non è donna da limonata?... Venga di là con me signora Marchesa, che prendiamo un ditino di rosolio...

MARCHESA

                   Eh allora magari dirò di sì!...

GIGGIA    Mi raccomando!... La cosa è chiara...

STEVA      E’ chiara... Ma di chi intendeva parlare?...

GIGGIA    Ma che scemo... Ci siamo, finalmente, ci siamo...Signore vi lodo e vi ringrazio la cosa e combinata…

SCENA DODICESIMA

(METILDE E GIGGIA)

METILDE Ouff mammina, che caldo... che caldo...

GIGGIA    Ma Metilde, e il signor Riccardo?

METILDE E’ di là con la Carlotta, che fa un ballo...

GIGGIA    Perché lo hai lasciato di là con la Carlotta?... Lo sai che non si deve... che deficiente...!

METILDE Ma mamma!... sei sempre lì con la paura. Piuttosto, sai che gli ho domandato della lettera…

GIGGIA    Te ne sei fatta accorgere…

METILDE  No…ho indovinato, si tratta di matrimonio.

GIGGIA    E lo sai che io so di più... la signora Marchesa è qui per chiedere informazioni della famiglia...

METILDE E chi te l’ha detto?

GIGGIA    La signora Federica Maria Anna Nasali Rocca Marchesa Di Cornigliano...

METILDE Oh, ma davvero?...Ho che gioia…

SCENA TREDICESIMA

(PIPPO, GIGGIA E METILDE)

PIPPO        (entrando)Oh eccola qui. Signorina, di là vorrebbero un po’ sentirla.

METILDE Sentirmi?...

PIPPO        Sì, cantare. Tutti dicono che canta così bene e...

METILDE Io canto?...Ma se non ho mai cantato...chi glielo ha detto?

PIPPO        Il signor Riccardo... dice che glielo ha detto sua mamma...

METILDE Io canto....!

GIGGIA    E sì…cosa c’è caschi dalle nuvole? tu canti, e se mai!...Forse oggi non ti senti, non sei disposta, ma che tu non canti non lo puoi dire...

SCENA QUATTORDICESIMA

(CARLOTTA, RICCARDO, PIPPO,METILDE E GIGGIA)

CARLOTTA

                   Metilde? Cosa sento, canti?

PIPPO        Son qui che la prego, ma non c’è santo...

METILDE Ma io non so...

CARLOTTA

                   Io non l’ho mai sentita cantare.

GIGGIA    Non l’ha mai sentita ma lei  sì che canta, è che oggi non si sente, non ha mai cantato in pubblico, ecco, e poi il maestro non vuole, perché sforza le corde vocali, ci si potrebbe guastare... l’impostazione...

RICCARDO

                   Appena un accenno, se mai...

CARLOTTA

                   Metilde, tanto per...

SCENA QUINDICESIMA

(STEVA, GIGGIA, PIPPO, METILDE, CARLOTTA E RICCARDO)

STEVA      (entra ridendo)Ah...quanto ridere... questa è bella...

GIGGIA    Ebben, cosa c’è tanto da ridere...?

STEVA      Di là... il signor Zamponi, quello di Modena, mi dice: ma davvero? Complimenti, complimenti... ho sentito che la sua signorina canta... non è vero non è vero…

GIGGIA    Taci, taci…

STEVA      Mi dice che lei canta….

GIGGIA    Perché tu non sai mai niente, sì, canta... Il bello è che paga il maestro tutti i mesi, e non sa che sua figlia canta... paghi il maestro?...dì di sì...

STEVA      Si.. si.. lo pago a rate e allora non mi accorgo

GIGGIA    Piuttosto che oggi... proprio non è il caso...non ci sono le condizioni ecco… mi facciano il piacere, vadano a ballare...andate a ballare

METILDE Sì, sì preferisco andare a ballare...

PIPPO        ( uscendo )Allora si riaprono le danze... signorina questo ballo è per me... (Metilde accetta mal volentieri)

STEVA      Non mi piacciono queste cose... se uno canta... canta... altrimenti....

GIGGIA    Lascia perdere. Piuttosto, Steva, lì c’è il signor Riccardo... chiamalo, fai quattro chiacchiere con lui... insomma digli qualche cosa, e poi invitalo a colazione... per domani.

STEVA      A mangiare con noi?

GIGGIA    Sì, l’inviti a mangiare con noi.

STEVA      Giggia, lo sai che non mi va di avere gente a tavola, bisogna stare lì a fare conversazione anche se non vuoi, e poi mi resta il mangiare sullo stomaco... e poi andiamo a fare delle brutte figure... abbiamo sei bicchieri, di sette qualità... Sta a sentire, Giggia, gli regalo qualcosa e che vada a mangiare da una altra parte...

GIGGIA    Lo chiami, fai quattro chicchere e lo inviti per domani... chiaro!?

STEVA      Facciamo dopodomani... così ci pensa un po’...

GIGGIA    No domani... ho detto domani...

STEVA      E va bene, domani, mi fai venire una rabbia... Ah, Giggia, tanto per sapermi regolare, canti mica pure tu?...

GIGGIA    E finiscila scemo. E poi, sì, canto anche io...!

STEVA      Ah sì?... Domani mi compro una chitarra...

GIGGIA    Anzi, sapessi di farti un dispetto, canterei dalla mattina alla sera... vorrei essere un usignolo, per assordarti...

STEVA      E io vorrei essere un fucile...

GIGGIA    Ahimemi... signor Riccardo, scusi, ma mio marito vorrebbe proprio dirle due parole... Carlotta e cosa fai qui? Vieni un attimo con me... Scusate...

CARLOTTA

                   Subito, zia...

RICCARDO

                   Dica, dica pure signor Stefano...

STEVA      No, no... dica lei... e bravo, bravo il signor Riccardo... che se n’è venuto un po’ in campagna con i pantaloni dell’anno passato... opss... vede quando io l’ho visto la prima volta, ho detto: quello lì sì, quello lì è proprio un giovanotto come il fò...

RICCARDO

                   Oh... signor Stefano... troppo buono...

STEVA      Ah... se n’è accorto anche lei?

RICCARDO

                   Intendo, troppo gentile...

STEVA      Ah, ma vede, io sono genovese... e il genovese non ha peli sulla lingua... il genovese... parla poco... e ride di rado... il genovese... è un uomo che quando deve dire una cosa... magari ne dice un altra... Ma...e bravo signor Riccardo... ma mi dica un po’, tanto per fare quattro chiacchiere... suo papà... il suo genitore... quello che ha sposato sua mamma... come si dice...?

RICCARDO

                   Mio padre....

STEVA      Ecco... anche noi diciamo mio padre... E di quel padre lì abbiamo notizie?

RICCARDO

                   No, manco...

STEVA      Manco io? Sì, nemmeno io... però è sempre là... sempre là... è là a coso... a...

RICCARDO

                   A Roma!...

STEVA      A Roma... Roma, bella cittadina... suo papà si capisce è laggiù perché ci ha i suoi affari... perché lui lavora in... è impiegato... papà è nelle cose... nei...

RICCARDO

                   Mio papà è al Ministero... alla Camera...

STEVA      La camera... la mia è quella là... e suo papà ce l’avrà anche lui, non dormirà sul pianerottolo... che burlone, ma che burlone... Vede quando io l’ho visto quel suo papà... cresciuto così bene... ma sa che suo papà è già alto... alto...

RICCARDO

Ecco, alto alto non si può nemmeno dire...

STEVA      Alto no, veramente io l’ho visto seduto... Ma ho pensato: se si alza... e poi quando l’ho visto alzato, l’ho visto alticcio...

RICCARDO

                   Alticcio, ma no... Mio babbo è astemio...

STEVA      Eh ?!...

RICCARDO

                   E’ astemio....

STEVA      Oh bella, io credevo che fosse genovese... Dica un po’, domani lei è libero?...

RICCARDO

                   Io sì, libero...

STEVA      E’ sicuro?

RICCARDO

                   Sicurissimo...

STEVA      E dopodomani, sarebbe stato libero?

RICCARDO      

                   No, dopodomani avrei un impegno...

STEVA      Ecco, io lo sapevo, ma la Giggia... Oh, dunque per domani dovrebbe farmi un piacere...

RICCARDO      

                   Uno?!... ma anche mille se posso...

STEVA      No, era per domani, per domani... e basta... per domani... siamo anche d’accordo con la Giggia... che venisse in casa nostra per fare penitenza... penitenza per modo di dire... per fare un pranzetto, ma alla buona, alla sanfason, come dicono gli spagnoli... Ma fatto bene... proprio una cosa alla casereccia...

RICCARDO

                   Oh, mi spiace che si disturbino...

STEVA      Eh, lo so... Ma la Giggia...

RICCARDO      

                   Ma accetto senz’altro...

STEVA      Accetta!!…eh, pazienza, ma se ci vuole ancora pensare...

RICCARDO

                   No, no, sarebbe scortesia da parte mia...

STEVA      Ecco...e allora tanti ringraziamenti... da parte di tutta la famiglia... e... esequie ... ossequio ... ossequi ... che burlone ... ringraziamenti ...

RICCARDO

                   No, sono io che ...

CARLOTTA (entra dalla cucina)

STEVA      E lo so ... noi invitiamo, e lei ...

RICCARDO

                   Permette ?...(prendendo Carlotta per mano)

STEVA      Sì, sì ... quella è la Carlotta, è mia nessa ... sì, sarebbe la figlia di mio fratello Michele, ... mia ...figlia e di là…lei è mia nessa

RICCARDO

                            ... Nipote.

STEVA      Ecco sì ... voi dite nipote, noi invece in italiano diciamo nessa che è lo stesso ... Di nuovo ... e domani quando viene da noi per ... mangiare ... non si disturbi ... non è il caso.

RICCARDO

                   Non capisco ...

STEVA      Non si disturbi ... Sì, è vero, di solito quando uno è invitato ... magari arriva col ... (fa il segno di un pacchetto)...  ma non è il caso ... di nuovo...

(via)

FINE DEL SECONDO ATTO

ATTO TERZO

SCENA PRIMA

(GIGGIA E STEVA)

GIGGIA    Che la finisci !...(entrando dal centro)

STEVA      Ti dico che l’ho sentito io, chiaro e netto, c’era il signor Pippo, che parlava e diceva: che il signor Riccardo a nostra figlia non ha mai pensato e che noi altri immaginiamo tutto quello che non è ... Ho preso uno spavento perché ero lì che giocavo a carte, e invece di dire: passo ho detto: gioco, e ho perduto due centesimi ...

GIGGIA    Dici che hai sentito e giocavi a carte ? Non hai capito niente, non hai capito niente, non hai capito niente ...(si siede nella poltroncina di sinistra)

STEVA      Così fosse ... ti dico che non mi sono sbagliato ... Senti Giggia, è come una polenta tutta grumi ... finirà, io non so, ma in fin dei conti la signora Marchesa non si è troppo spiegata, e il signor Riccardo tanto meno ... ma in fondo non so proprio su cosa tu ti basi ...

GIGGIA    Come sarebbe adire, che la signora Marchesa non si è spiegata ?... ha detto che si trattava d’un matrimonio nella nostra famiglia ... sfido io a spiegarsi meglio ...

STEVA      Eh no, Giggia, non ha detto nella nostra famiglia, non l’ha detto ...

GIGGIA    E come, non l’ha detto ?... Era lì ... lì ... lì ...

STEVA      Era lì, lì, ma non l’ha detto ...te lo dico io cosa a detto… ha detto : che si trattava di un matrimonio che ci riguarderebbe da vicino.

GIGGIA    E’ lo stesso .... è lo stesso, e più vicino di nostra figlia chi c’è ?...

STEVA      Eh, vicino c’è anche lo stagnino che è vicino, Giggia ... Una cosa è vicino e una cosa è nella famiglia...

GIGGIA    Ebben, vicino o nella è la stessa cosa.

STEVA      Non è lo stesso vicino o nella ...Ecco vedi ...qui c’è una mela ...

(mostrandole un vaso)

                   se è qui, è vicino ... se invece è qua ... è dentro ... nella ... Così è vicino ... e così è nella ....c’è una bella differenza!!!

GIGGIA    Ma è la stessa cosa ...

STEVA      Ma che tu non possa capire, Giggia, vicino è vicino, e dentro è nella ... Facciamo così: se uno ti dice, io sto di casa vicino alle carceri, e l’altro ti dice, io ci sto dentro ... è la stessa cosa ?

GIGGIA    Ma smettila ! Parliamo un po’ più seriamente, e poi vuoi che il signor Riccardo venga a domandare tua figlia senza prima sentire il parere del babbo ? Cosa diresti se facesse così ?... Aspetta che la Marchesa scriva a suo papà, che il papà risponda al figlio e poi vedrai ... se hai ragione tu o io ...

STEVA      Senti Giggia, io ti dico una cosa sola, sento nell’aria un odore di sberle ...

GIGGIA    Ma finiscila, lascia che ci pensi io, che so quello che faccio ... Qui piuttosto bisogna agire!!! Bisogna chiamare Cesarino, dirgli la cosa com’è stanno e che non venga più per casa ...

STEVA      Ehi, ma stai scherzando, è mio nipote, è figlio di mio fratello Michele ...

GIGGIA    E tua figlia chi è ?... L’hai forse trovata in mezzo a una strada ?...

SCENA SECONDA

(COMBA, GIGGIA E STEVA)

COMBA    (entrando) Signora ...

GIGGI       Cosa c’è ?

COMBA    C’è di là il signor Cesare e il signor Pippo.

GIGGIA    Benissimo, è qui lo chiamiamo e mettiamo subito tutto a posto ... andate a chiamare la Metilde e ditegli che venga quà...

COMBA    E’ di là con la signorina Carlotta, che è tutta la mattina che piange, che pare una fontanella ...

GIGGIA    La mia Metilde piange ?

COMBA    E no, è la signorina Carlotta.

GIGGIA    E va be’, se piange diventerà più bella ... Andate dalla Metilde e le dite che vada a tenere compagnia al signor Pippo, e poi mi mandate di qua Cesarino .…ditegli che  c’è lo zio che gli deve parlare ...immantinenti

COMBA    Va ben ...

STEVA      No ... no ... Colomba, dite a Cesarino che non occorre più che venga qui, che domattina, quando vede il postino, gli domandi: c’è niente per me, perché io gli scrivo ...

GIGGIA    (alzandosi) No, Steva no, non rompere, bravo, andate, Comba ... Vergognati, ma dimmi un po’ ? sei il capo di casa, sì o no ?

STEVA      No, no, no.

GIGGIA    Non capisco: un uomo che a sentirlo parlare sembrerebbe non so cosa, invece poi nemmeno è capace di abbottonarsi i pantaloni ...

STEVA      Gli mancheranno i bottoni ...

GIGGIA    Vergognati ! Vedi Steva, se io fossi al posto tuo avrei vergogna di mia moglie ...

STEVA      Sì, quello sì, mi succede ...

GIGGIA    Ma finiscila, Steva.

STEVA      Che mi venga un accidente ... ma finirà, finirà, come finirà non lo so, ma finirà ...

SCENA TERZA

(CESARE, GIGGIA E STEVA)

CESARE   Permesso ?

GIGGIA    Oh, è qui ... Avanti ... avanti Cesarino ...

CESARE   La Comba m’ha detto ...

GIGGIA    Sì, Cesarino, accomodatevi che c’è qui vostro zio che vorrebbe parlarvi ... Steva, c’è qui Cesarino ... parla ...(parlando sottovoce) e guarda quando parli a non far credere che sia io ...

STEVA      Io gli scrivo ...

GIGGIA    Fallo sedere.

CESARE   (si siede alla destra)

STEVA      Gli scrivo.

GIGGIA    Fallo sedere ...

STEVA      (si siede alla sinistra)Siediti, Cesarino ... E’ già seduto ...

GIGGIA    (si siede a sinistra si Steva)Adesso siediti anche tu e parla ! ...

STEVA      Io non so proprio ...

GIGGIA    Non ti preoccupare ripeti quello che ti dirò io: Dunque, come dicevamo ..

STEVA      Dunque, Cesarino, come dicevamo ...

GIGGIA    Mi ... pare, se non mi sbaglio ...

STEVA      Mi pare se non mi sbaglio ...

GIGGIA    Che tuo papà mi abbia detto ...

STEVA      Che tuo papà mi abbia detto ...

GIGGIA    (Spazientita) Che stupido !...

STEVA      Che stupido ...

GIGGIA    Ma no !... Insomma, Cesarino, che voi avresti qualche idea sulla nostra Metilde ...

STEVA      Ecco, sì, che tu avresti qualche idea sulla Metilde ...

CESARE   Zio, se non le rincresce, lasci parlare la zia. Vedo che lei ne esce meglio..

STEVA      (spostandosi in dietro con la sedia )Oh…attenzione né… perché quello lì non è tuo marito ...nè

GIGGIA    Bisogna ben che parli io ... se tu non sei capace ... non è capace….Io non capisco!.. In questa casa chi fa tutto è lui ... in questa casa non si muove foglia senza che lo sappia lui...

STEVA      Foglia !... Ma se a quella foglia c’è attaccata tanta rametta così, allora ci vuole un altro permesso ...(indica la moglie)

GIGGIA    Dunque, ecco qui Cesarino ...la cosa e cosi…tanto io, vero, quanto mio marito, siamo tanto contenti che voi, per cercarvi una compagna, abbiate pensato a vostra cugina ... Ma d’altra parte, tanto io, quanto mio marito, ci dispiace tanto ... ma ... dobbiamo dirvi ... di no. Non è mica che voi non siete un bravo giovane, figurarsi ... anzi ... anzi ... E che voi non formereste la felicità della nostra Metilde ... Anzi ... anzi ... Ma cosa volete ... prima di tutto è figlia sola ... (a Steva) No...?

STEVA      Ah sì, sola ... quando poi si sposa non sarà più sola ...

GIGGIA    Sola per dire unica, non è figlia unica ?

STEVA      Ah, sì ... per ora ... poi vedremo ...

GIGGIA    Ha cinquecentomila lire di dote ...

STEVA      Che cos’ha ?

GIGGIA    CINQUECENTOMILA LIRE di dote...

STEVA      Chi glieli dà ?

GIGGIA    Tu ...gliele dai

STEVA      E a me chi me li dà ?

GIGGIA    Poi, un giorno o l’altro, le resterà tutto quel poco che abbiamo ...

STEVA      Se non brucia.

GIGGIA    E per dirvi proprio la verità, tanto io quanto mio marito, abbiamo pensato di collocarla diversamente.

CESARE   (alzandosi) Sì, sì, capisco benissimo. Io non sono uomo degno... la famiglia aspira a..

GIGGIA E STEVA (insieme) Ma no, no, no

CESARE   Ma sì ... sì ...

GIGGIA    E parla ... dì qualcosa anche tu ...

STEVA      Ma capisci, Cesarino, tanto io quanto ... mio marito ... siamo costretti ... ma non te ne avere a male, non è il caso ... vuol dire che semmai per un’altra volta ...

CESARE   Ma poi del resto perché avermela a male, anzi, auguri ... vuol dire che presto sentiremo chi è questo fortunato ... perché già mi immagino che non mi avrebbe detto tutto questo se non ci fosse già un altro aspirante ...

STEVA      No ... no ...

GIGGIA    E come no !? e come no !? ... C’è ... c’è ... c’è ...

STEVA      C’è ... non lo sapevo !

GIGGIA    Finiscila !... C’è, c’è ed anzi è per questo che vi preghiamo, sino a tanto che il matrimonio non sia fatto ... e proprio questione di giorni vero, ...    vi preghiamo insomma di rallentare le vostre visite, perché sapete bene, tutti ciarlano e se queste ciarle arrivassero alle orecchie dello sposo ...potrebbe succedere qualche cosa…

CESARE   Sta bene ... Ho capito ... Anzi dirò, che se son qui è unicamente per prendere mia sorella e portarla a Genova ...

GIGGIA    Eh sì, è forse bene, perché è da ieri che piange ... Che cos’ha ?

CESARE   Eh, poverina, è un po’ nel mio caso ... a me si nega quella che avrebbe dovuto farmi felice, e a lei si levano tutte le sue speranze. Bisogna compatirla.

GIGGIA    Ahhh...perché lei si credeva…forse che la Carlotta credeva (cercando di nascondere una risatina)...

STEVA      Giggia, si vede che ridi; si vede dalla bocca che ridi...

GIGGIA    E lasciami ridere non posso farne a meno...avevo sempre creduto la Carlotta un carattere romantico, sentimentale, sì ...ma scema a questo punto no...

CESARE   Zia la prego!..

GIGGIA    Ma andiamo...ma se non ha nemmeno un centesimo di dote...(ridendo)...

CESARE   E se mai è cosa da ridere, vero? Ah ma...non ci penso...e mia sorella...spero che dimenticherà e possa presto anche lei trovare un buon partito anche se non ha le CINQUECENTO MILA LIRE di dote da sbattere in faccia agli scemi...Comodi, conosco la strada...

GIGGIA     (si alza arrabbiata)

STEVA      Ah, ah, ah, Come glielo ha detto bene...come l’ha detto bene...(serio quando la moglie gli batte sulla spalla)

GIGGIA    E tu non sei stato capace di dire niente?

STEVA      Se parlo, io gli do ragione...

GIGGIA    Gli dai ragione bravo…(rivolgendosi verso la porta) brutto maleducato, insolente, morto di fame. (al marito)Non voglio che stia un minuto di più in casa mia...CINQUECENTO MILA LIRE da dare sulla faccia agli scemi!!!.. come se mia figlia non le avesse...

STEVA      E non le ha... mettitelo bene in testa!... Non le ha... perché tu a forza di dirlo, poi ti convinci... e un bel giorno mi verrai a dire: e quelle cinquecento mila lire?

SCENA QUARTA

(METILDE, GIGGIA E STEVA)

METILDE (Entra piangendo)...ih, ih, ih, mammina, mammina....

GIGGIA    Ohimemì!... cosa c’è, Metilde?...

METILDE Ah, mamma non l’avrei mai più pensato...il signor Pippo m’ha detto che...

STEVA      Alè... ci siamo, ci siamo...

GIGGIA    Finiscila, ma cosa ti ha detto?

METILDE Che il signor Riccardo a me, non ha mai pensato...(Piange)

STEVA      Giggia...ci siamo ci siamo...

GIGGIA    Ma cosa vuoi che sappia il signor Pippo...il signor Pippo è un ciarlone, cosa vuoi che sappia lui...Chi sa tutto è la signora Marchesa...

SCENA QUINTA

(STEVA, MARCHESA, GIGGIA E METILDE)

STEVA      Eccola, la signora Marchesa...

GIGGIA    Signora Marchesa, lei capita proprio a tempo...

MARCHESA

                   Ma perché? Casa c’è signora Giggia?...

GIGGIA    Non è più tempo di misteri...bisogna parlare chiaro, qui c’è mia figlia che piange e si dispera, qui c’è mio marito che sbotta, salta e grida...e ci fa diventare matte….

STEVA      Oh...ho già fatto due salti mortali ma...

GIGGIA    Avanti signora marchesa lei deve dire come stanno le cose, li  tranquillizzi, li levi dalle spine...

MRCHESA

Ma signora Giggia, mi spieghi, perché io non capisco cosa ho da fare né cosa ho da dire!...

GIGGIA    Mi dica un po’, questo benedetto matrimonio si fa o non si fa?...

MARCHESA

                   Ah, ho capito...Eh!...si fa...per baco si fa...

GIGGIA    Ah, vedete...

STEVA      Va bene, un momento, si fa un matrimonio...e si sa chi sono i matrimoniandi, matrimoniali....in somma chi si sposa?...

MARCHESA

                   Oh bella, e non lo sanno?...

GIGGIA    Ma sì che lo sappiamo!...

STEVA      E no che non lo sappiamo!... 

METILDE Non lo sappiamo...signora Marchesa, questo matrimonio è con la Carlotta?...(si siede nella poltrona di sinistra e piange)

MARCHESA

                   E sì, con la signorina Carlotta, la figlia del signor Michele...

METILDE Hi hi, hi (piange)

STEVA      Alè Giggia...(prende il vaso e ripete la scena di vicino e nella)...

GIGGIA    Che la finisci....! E’ la figlia del signor Michele…

MARCHESA

                   Ma perché loro cosa credevano?

GIGGIA    Cosa credevamo?...E lei mi domanda cosa noi credevamo...dopo che lei ci ha fatto credere quello che non era...

MARCHESA

                   Io?...

GIGGIA    Ma per cosa ci è venuta a dire che si trattava di un matrimonio nella nostra famiglia?

MACHESA

                   Io?...

STEVA      Da vicino...

GIGGIA    Nella...

STEVA      Da vicino...

GIGGIA    Ma cosa poteva interessare a noi che fosse più quella che questa, quando non era nostra figlia?

MARCHESA

                   Ma signora Giggia, io le chiedo scusa, ma...

GIGGIA    Ah sì, adesso domanda scusa, dopo che ci ha compromesso con tutte le sue ciarle da nobile, senza fondamento...

MARCHESA

                   Io?...

GIGGIA    Doveva parlare chiaro, non illuderci, non farci sperare...

MARCHESA

                   Io?...

GIGGIA    Sa cosa le devo dire: o lei è una scema o una intrigante o una poco di buono...

MARCHESA

                   Signora Giggia, la prego di moderare i termini, se no le insegno io come si trattano le persone per bene, le insegno io l’educazione...

STEVA      Ah no, signora Marchesa, questo non lo deve dire...e sì ...lei viene qui e insegna l’educazione...si sente di insegnare l’educazione? E vediamo un po’ se lei ci riesce che io sono più di venti anni che ci provo...insomma lei deve rispettare, perché qui c’è tutta una famiglia...

MARCHESA

                   Ma cosa mi dice , anche lei...io rispetto chi mi rispetta...E gli dirò che con tutte le loro...limonate, mi hanno allimonata...abbastanza...e se ho da dire qualche cosa dirò allora che lei, caro signore, è un marito di legno...e lei cara signora è vestita da signora ma...è una lavandaia, lei è una stracciona...E buona sera!..

STEVA      No, no, sua sorella è lavandaia e la stracciona è Comba!...

GIGGIA    Oh!!!...Oh....ma tu senti che insultano tua moglie, e tu non dici niente, niente?

STEVA      Se parlo...dico che ha ragione e..

METILDE Ci mancava anche questa. Già è inutile, gli uomini sono tutti bugiardi, ti illudono, ti corteggiano e poi...sono tutti cattivi...

GIGGIA    Tutti, tutti...(si siede nella poltrona di destra)

STEVA      Gli uomini? E le donne?...le donne son tutte senza senno, senza cervello, basta che imbroglino, e maneggino, e poi quando hanno fatto il pasticcio, allora si siedono e cominciano a piangere...lo sapete che vi dico, io me ne lavo le mani...e quell’altra nobile cinque bicchieri di rosolio, mi è costata...mica uno...

METILDE Va bene, ma chi ci va di mezzo sono io...

GIGGIA    Ma come viene qui e ci fa intendere una cosa per un’altra e poi ci insulta anche……

SCENA SESTA

(CARLOTTA, GIGGIA, METILDE,PIPPO E CESARE)

CARLOTTA

                   Zia, prima di andarcene...

GIGGIA    Ah, sei qui eh?...a ridere, a godere del tuo trionfo...(alzandosi)vattene te, e questi signori, perché di questi affronti in casa mia non ne voglio e non ne ricevo...(uscendo)

CARLOTTA

                   Ma...Metilde, che cos’ha?...

METILDE (si alza) E me lo domandi ancora, dopo tutto quello che m’ha fatto? E poi piange e si dispera...Falsa come Giuda...ecco

PIPPO        Cosa sento?...

CARLOTTA Ma Cesare, signor Pippo cosa e successo???….

CESARE   Lo so io quello che è successo...E il bello è che hanno ragione loro...Andiamo, andiamo Carlotta, ti spiego poi a casa....

SCENA SETTIMA

(RICCARDO, CESARE, PIPPO E CARLOTTA)

RICCARDO  (entrando)

                   Signor Cesare, signorina, di partenza?

CESARE   Sì, di partenza...e una partenza che non ammette né saluti, né arrivederci...

PIPPO        Ahimemì!...

RICCARDO

                   Cioè? Non capisco!...

CESARE   Oh, lei ha capito anche troppo...la prego di lasciarci passare...

RICCARDO

                   Ah no...senza che prima mi si dia il tempo di capire, e se mai poi di scolparmi...

CESARE   Le dirò, allora, che lei nei riguardi di mia sorella ha agito da mascalzone...

RICCARDO

                   Credo, allora di cominciare a capire...Adesso vorrei soltanto sapere chi è che si è divertito a fare certe ciarle, a creare malintesi...simili...Tu forse?...(prendendo Pippo per il bavero)

PIPPO        Io?...

CESARE   Non faccia scenate inutili e lasci stare chi non c’entra...

RICCARDO

                   Eh no! Voglio invece venire bene in chiaro di questa faccenda...voglio che tu dica...(scuote Pippo)...

PIPPO        Ma lasciami respirare...mi scuote, mi scuote, non sono mica un albero di ciliegie...cosa tiri, cosa tiri...

RICCARDO

                   E allora parla!...

PIPPO        Se devo proprio parlare, dirò allora che la signorina Metilde m’ha confessato che tu la corteggiavi, e m’ha anche detto che tu hai scritto a tuo papà per domandargli il consenso...

RICCARDO

                   Io la corteggiavo?....

CESARE   Soddisfatto?...

PIPPO        Ma, un momento...bisogna però che dica anche, che ieri, quando gli ho accennato la cosa, lui l’ha negata recisamente non solo, ma voleva delle spiegazioni dalla signora Giggia...

RICCARDO

                   Hanno sentito che cosa ho risposto appena ho saputo di questo intrigo. Ed ora, qua c’è qualcosa di più, ecco una lettera di mio padre, arrivata appunto stamani, leggano, e poi, se mai, mi condannino!...

PIPPO        Senti Riccardo, qui se c’è uno che ne ha colpa, è la signora Giggia, che si è messa in testa di farti sposare sua figlia. Ieri sera non faceva che parlarne con tutti, mezze parole, allusioni e cosa vuoi anch’io l’ho un po’ creduta. Sono tempi che i mariti passano un po’ alti, e le mamme, come la signora Giggia, gli sparano anche se sono fuori tiro...

RICCARDO

                   Ma intanto la brutta figura l’ho fatta io....

CESARE   Cosa sento? Suo papà acconsente che lei sposi mia sorella?...Ma io sono confuso, mortificato...perché non l’ha detto subito...(afferrando Pippo)...E tu perché quando hai visto...oh, ma adesso vado di là, e voglio che mi sentano...

CARLOTTA

                   No, Cesare...

RICCARDO

                   Se mai spetta a me domandare delle spiegazioni...

PIPPO        E la signora Giggia, è lei che....

RICCARDO

                   No...fermati!...pretendo che in faccia a tutti mi si faccia giustizia....

CARLOTTA

                   Ma no signor Riccardo, è una donna affranta...

PIPPO        E’ una signora....

CESARE   Tanto meglio...le levo il vizio....

SCENA OTTAVA

(GIGGIA, STEVA, RICCARDO, PIPPO,CESARE E CARLOTTA)

GIGGIA    (entrando in maniera penitente)Oh, signor Riccardo...qui?...Non mi dica niente

RICCARDO

                   Si, signora, sono appunto qui per sapere...(entra e rimane nascosto nel fondo Steva)

GIGGIA    Ah! Stia zitto per carità...sono qui che non ho nemmeno il coraggio di parlare...dopo tutto quello che ho sentito...Ha ragione...Ha mille ragioni...tanto più che io glielo avevo detto, mi sono sfiatata: guarda quello che fai, guarda che ce ne pentiamo...ma  quello è un benedetto uomo che quando si mette in testa una cosa è inutile...galantuomo eh!...onesto come lui non ce n’è altro...ma cosa vuole, si spaventa di niente...e annega in un bicchiere d’acqua...

RICCARDO

                   Ma signora!!!....

GIGGIA    Io non so come si era messo in testa che qui il signor Riccardo facesse la corte alla mia Metilde, io gli dico e lui non sente, io grido e lui grida ancora più forte, e combina tanto da mandare via il povero Cesarino...Scontenta e fa piangere mia figlia Metilde...che...innamorata sa,...innamorata di suo cugino...non vuole sentire parlare di altri ragazzi sa...(Metilde piange)

STEVA      (Entrando al centro della scena) Lingua di ciabatta!...

GIGGIA    (Rivolgendosi a Steva sotto voce) Taci, taci... lascia fare a me...

PIPPO e RICCARDO

                             Il signor Steva!!...

CESARE e CARLOTTA

                            Lo zio!!!..

GIGGIA    Ah! sei qui?...Bravo...capiti a tempo...vieni a vedere...vieni a vedere cos’hai fatto? Con tutti i tuoi maneggi...

STEVA      Senti Giggia...(interrotto da Giggia)

GIGGIA    Qui c’è il signor Riccardo, che con ragione ti domanda soddisfazione di tutte le ciarle che si sono fatte su di lui...

STEVA      Senti Giggia...(interrotto da Giggia)

GIGGIA    Qui c’è poi la Carlotta, una ragazza che è una perla io te l’ho sempre detto, e a momenti perde un buon partito per i tuoi discorsi...

STEVA      Senti Giggia...(interrotto da Giggia)

GIGGIA    Qui c’è Cesare, povero Cesare, un giovanotto che è un’altra perla...che io ti ho sempre detto, dagliela tua figlia a tuo nipote, guardalo, poveretto, da ieri com’è andato giù...(entra Metilde)...e la Metilde poveretta, tua figlia, non vedi come piange per suo cugino (piano a Metilde)...e piangi, piangi...

SCENA NONA

(METILDE, CARLOTTA, GIGGIA, STEVA, RICCARDO, PIPPO E CESARE)

STEVA      Io mi tocco per vedere se sono io...o mio fratello Michele...(si siede)

CARLOTTA

                   Cesare!...(esortandolo a perdonare Metilde)...Metilde, mentre io sono tanto contenta, non vorrei vederti piangere...

GIGGIA    E piangi scemetta...

CARLOTTA

                   Cesare!...

CESARE   E’ un po’ troppo tardi....

PIPPO        Io sto a vedere come finirà...

RICCARDO

                   Andiamo, signor Cesare...

GIGGIA    Ma ha ragione...Cesarino ha ragione...E tutto per quell’uomo lì...tutto per te...

METILDE Tutto per te!...

GIGGIA    E tu Metilde, vieni di là con me...e no di qua, scemetta...

STEVA      Oh, ma che faccia che ha la Giggia...che faccia!...Giggia io non ti conoscevo ancora...hai una faccia tosta che se dai una facciata per terra il marmo sanguina, una faccia che non sente nemmeno la carta vetro...

METILDE Cesare....

CARLOTTA

                   Cesare...va là che non vedi l’ora....

RICCARDO

                   Andiamo...su coraggio...

PIPPO        E buttati, salame....

CESARE   Metilde, se potessi credere che sei veramente pentita....

PIPPO        E prendila in prova...

CESARE   E finiscila, tu...Non dovrei...Ma ti voglio troppo bene...(bacia Medilde)

GIGGIA    Ti ha sempre voluto tanto di quel bene siete un gran bravo giovanotto, l’ho sempre detto io ...Cesarino, ti consegno una perla...

PIPPO        Oh sì, se assomiglia alla mamma...dunque: evviva gli sposi, la commedia è finita...

RICCARDO

                   Ci vuole la morale...

 SCENA ULTIMA

(STEVA, METILDE, RICCARDO, PIPPO, CESARE, GIGGIA E CARLOTTA)

STEVA      Un momento, la morale la faccio io, statemi un po’ a sentire...voi altri... (prendendo per mano Metilde e Cesare)...voi altri due quando avrete dei bambini...

GIGGIA    Ma...non si dice...dei bambini eh…

STEVA      Quando avrete delle bambine...

METILDE Ma papà...

GIGGIA    Né bambini né bambine...?

STEVA      Ma cosa volete avere, dei paracarri...?

GIGGIA e METILDE

                            Dei figli! Oh, oh...

STEVA      E allora, e allora statemi a sentire: quando avrete dei paracarri ups...quando avrete dei figli, guardate bene quello che fate e abbiate per massima sacrosanta... che un buon marito o una buona moglie non si trova con intrighi e maneggi, ma col sapere dirigere il cuore dei figlioli con la ragione e con l’esperienza, ecco.

PIPPO        Bravo il signor Stefano, ha proprio ragione.

FINE