I narcisi

Stampa questo copione

Carlo Terron - I Narcisi

I NARCISI
ovvero
DENTE PER DENTE

di CARLO TERRON

A Corrado Pani ed Antonio Venturi, esecutori intrepidi.

PERSONAGGI

Ugo, detto uccello di fuoco

Fausto, detto il sole

Spiacente, ma è davvero accaduto. Magari non proprio così nei tempi, nel tono e nei particolari, però la sostanza è quella.

Vogliono che, dal mattino, si giudichi la giornata? E sia. Noi, dalla cucina giudichiamo l'abitazione. Così estesa, chiara, lustra, nuova, una sinfonia di metalli cromati, di vernici variopinte, di superfici vetrificate, non sembra mica tanto una cucina adoperata, bensì, molto più, l'ultimo modello di cucina razionale esposto alla fiera campionaria di Milano, nel padiglione dei miracoli della tecnica applicata. Una cucina, per così dire, olimpionica, e c'è la sua ragione. Eroi proiettati nel domani, in altre parole. Nella migliore delle ipotesi, ciò vuol dire che si tratta di una famiglia provvisoria, messa su recentemente da gente che ne ha tanti e, nella fretta di spenderli, li spende come capita, oggi un quadro di Morandi, domani un tostapane a raggi infrarossi; ciò che importa è averli, ma non è questo il tema.

Parola di galantuomo, si prende impegno di trattenere la gente sempre fra le sue quattro mura, a consolazione dello spettatore che avrà, almeno, il conforto di indovinare soltanto e non anche d'essere costretto a prender conoscenza con la vista di quelli che devono essere gli orrori della funzionalità, trionfanti nelle altre stanze dell'alloggio. Vi rendete conto che, in certi casi, l'occhio è un organo dalle impressioni troppo violente.

Un bell'atletico trentenne, bronzeo e bruno, con addosso, unico indumento, i pantaloni d'un pigiama rosso cardinale, meno che non li avesse, sta facendo colazione seduto al tavolo. Ogni tanto, si alza a prender qualche cibaria ed approfitta del breve cammino per indulgere al culto privato della personalità, eseguendo delle figure di ginnastica svedese, del resto igienica e corroborante al mattino ed insistendo nella frequente contrazione dei muscoli dell'addome. Eh gli crescono almeno tre o quattro chili. Non sull'addome, qua e là. Gli fa compagnia una radio nascosta chissà dove, complice della sofferenza di Edith Piaf nel trasmettere "Milord". Ma proprio "Milord"; che il regista, come al solito, non disturbi Beethoven; cerchiamo di rimanere in famiglia, per piacere. Fra un boccone e l'altro egli sfoglia le pagine di un quaderno aperto, appoggiato contro la caraffa di succo di arancia e ride come un matto, fin che, dài e dài a bocca piena, gli va di traverso ed è un disastro quel che gli succede davanti considerata l'esplosione di due polmoni di quella fatta. È un giovanotto di molto appetito che ha anche lo stomaco in proporzione e quindi si continua così per un bel po', contro le regole del buon teatro che vuole azione pronta, risoluta e ininterrotta (Renato Simoni: opera omnia). A farci guadagnar tempo, squilla fortunatamente il campanello dell'uscio.

UGO - (è lui) Avanti, la porta è aperta. Tutti possono vedere.

Ha detto, erigendosi nella maestà del proprio torace. Irrompe in cucina il sole. Si fa per dire; fuori piove che Dio la manda. Trattandosi di un semplice ed è il caso di dire illuminante soprannome di cui, a giusto titolo, è orgoglioso intestatario l'elettrico e famoso centrattacco di una celebre squadra di calcio della quale si tace il nome. Come gli sia stato attribuito, appartiene ai miracoli dell'intuizione epica che riesce ad esplodere su un campo sportivo, in una giornata critica, quando, da un goal, può dipendere l'onore o il disonore di città e una parola anonima riesce ad interpretare lo stato d'animo di centomila persone, esclusi gli ingressi gratis. (Tener presenti gli stati d'animo. Avranno una funzione determinante in questa cronaca).

Quella domenica - era l'ultimo momento e tutto sembrava ormai perduto - l'atleta, ricciuto e biondo, or ora apparso, scattò dal fondo del campo, dove la sua squadra, ridotta a nove uomini, aveva subito l'onta di due porte violate dopo l'umiliazione di un assedio ravvicinato, durato tutto il secondo tempo. Quasi il pallone si fosse inchiodato alla punta del suo stivale in un supremo atto di protesta, superò come un razzo la difesa nemica e, con una pedata, entrata nella storia del calcio senza uscire dal cuore della nazione, riuscì, letteralmente, a sfondare la rete avversaria, non prima d'aver, altrettanto letteralmente, sfondata la testa al portiere che ne era di sentinella, due mesi d'ospedale e poi guarì per modo di dire, andatasene metà dell'intelligenza e non è da dire che ne possedesse da buttar via. "Fausto, sei il sole!" gridò il vate di turno dalle tribune, senza pensare alle proprie coronarie e giù, secco, sistemato per l'eternità da un infarto.

Basta, fosse il goal della vittoria, fosse il funerale del tifoso, il soprannome gli è rimasto. Oggi, però, è un sole a dir poco rannuvolato. Imparzialità obbliga di riferire che anche l'altro Narciso è possessore di un soprannome, altrettanto lusinghiero, benché meno pubblico e più misterioso, originato da voci private comprensibilmente non controllabili. Lo chiamano uccello di fuoco. Come non detto. Eh sì, la fama è di grandi amatori.

FAUSTO - Cos'è, s'è persa l'abitudine di tener chiusa la porta di casa?

UGO - (che, al vederlo, ha fatto scivolare il quaderno che leggeva sotto il tovagliolo) L'ho aperta io, per il lattaio, così fa più presto.

FAUSTO - Non esiste la donna di servizio per il lattaio?

UGO - Esisteva, va...

FAUSTO - Ah, esisteva?

UGO - Dileguata.

FAUSTO - Dileguata. Si risponde dileguata?

UGO - (come a darne la prova) Cosa sto facendo, secondo te? Dì su, in tre secondi, vediamo se ce la fai. Cosa sto facendo? È normale quello che sto facendo?

FAUSTO - Che cazzo so io cosa stai facendo. Non è mai normale quello che fai.

UGO - Sto facendo, forse, un'escursione sul Cervino, sto raccogliendo piume di colibrì lungo il rio delle Amazzoni, sto andando a caccia di farfalle sotto l'Arco di Tito, sto risolvendo il teorema di Pitagora passeggiando per l'agorà di Atene, sto seguendo i funerali di mio nonno podestà a Cuneo?

FAUSTO - Benissimo! Se ne vengono a sapere di belle. Tuo nonno era podestà a Cuneo?

UGO - Sicuro. E io fui giovane fascista a Vigevano quando tu non eri che figlio della lupa a Benevento. (Intanto, non parendo, si danno informazioni utili sul passato).

FAUSTO - Va bene. Hai risposto alla storia e alla geografia, ma, intanto, non hai risposto alla mia domanda.

UGO - Scusa, sei tu che non hai risposto alla mia.

FAUSTO - Ah sono io che non ho risposto alla tua. Stiamo voltando il bambino nella culla?

UGO - Voltiamolo pure, così fa un po' di moto.

FAUSTO - Ti sei messo a provocare, come al solito?

UGO - Mi sono messo a provocare, come al solito.

FAUSTO - Ma io no.

UGO - Purtroppo, tu non hai molta fantasia.

FAUSTO - Io della fantasia me ne sbatto le scatole.

UGO - Non sono le scatole che te ne sbatti. Comunque, vedi che siamo d'accordo.

FAUSTO - T'ho domandato se c'è, o non c'è, la donna di servizio per aprire al lattaio.

UGO - E io t'ho domandato cosa sto facendo.

FAUSTO - E io t'ho risposto non lo so.

UGO - La mia domanda era una risposta alla tua.

FAUSTO - Si risponde con una domanda?

UGO - E si domanda con una risposta?

FAUSTO - Cos'era la tua domanda?

UGO - Cosa sto facendo?

FAUSTO - Ricomincia l'interrogatorio?

UGO - Sei tu che fai un interrogatorio, oh bella!

FAUSTO - Di bene in meglio. Sono io che faccio un interrogatorio. Così il pubblico pensa che sia della questura e mi toglie la simpatia che è tutto il mio capitale.

UGO - (verso la platea) Non è della questura.

FAUSTO - Oh! Ti chiedo un'informazione, ti metti a far sfoggio di cognizioni universitarie, unicamente per stabilire che sei istruito e io no; ti sposti, come niente fosse, da Atene a Cuneo per seguire il funerale di tuo nonno podestà, una cosa che mi avevi sempre tenuta nascosta... e sono io che faccio un interrogatorio. (Esplosivo) Come se si potesse seguire un funerale, anche soltanto di un podestà, a torso nudo e coi soli pantaloni del pigiama addosso. Nessun rispetto per i morti.

UGO - Dipende da luogo a luogo. Però, divergenze politiche a parte, applausi. Non avevi mai fatto un discorso così lungo rispettando la punteggiatura.

FAUSTO - (conciliante) Vogliamo finirlo, allora, già che ci siamo?

UGO - Preferisco finire la colazione.

FAUSTO - Chi è reticente è reo. A proposito. Il mistero si infittisce. Cosa c'è sotto per far colazione in cucina, solo e vestito, anzi svestito in modo indecente?

UGO - E siamo già alla domanda numero due. Continua così che sei sulla buona strada. Vedrai, a forza di domande, prima di sera, arrivi a darmi una risposta.

FAUSTO - Non sono io che devo dare una risposta, ma tu.

UGO - (con pazienza) Indovinello: una volta conobbi uno che fu costretto a far colazione in cucina, solo, vestito in modo indecente, ed era inverno...

FAUSTO - Era inverno quando lo hai conosciuto o quando fece colazione?

UGO - Mah!...

FAUSTO - Cosa c'entra l'inverno? Oggi è il venerdì santo.

UGO - Solo per rendere più arduo l'indovinello.

FAUSTO - E perché fu costretto a far colazione solo e vestito in modo indecente e, forse, d'inverno?

UGO - Chi?

FAUSTO - Quel tale che hai conosciuto, probabilmente d'estate.

UGO - Bah, diceva, la donna di servizio non c'è più.

FAUSTO - E dov'era andata?

UGO - Via.

FAUSTO - Dove?

UGO - Non si sa.

FAUSTO - Perché?

UGO - Mi dimenticai di domandarglielo.

FAUSTO - Torniamo a noi.

UGO - Ci siamo.

FAUSTO - Guarda guarda, la donna di servizio non c'è e tu non sai perché. M'hai fissato bene in faccia? Cosa ho scritto, sale e tabacchi, sulla fronte?

UGO - Nella nostra giovane repubblica, non ci sono solo spacci di sale e tabacchi.

FAUSTO - Ho domandato perché non sai perché la donna di servizio non c'è. (Che senso dell'assonanza ritmica!).

UGO - Non lo so semplicemente perché, riportando a casa i piedi, ieri sera, non l'ho più trovata.

FAUSTO - E il resto dov'era?

UGO - Il resto cosa?

FAUSTO - Il resto del corpo. Hai detto riportando a casa i piedi. E il resto dov'era rimasto?

UGO - Dietro.

FAUSTO - Perché non sopra?

UGO - Perché, sulla porta, sono inciampato e sono caduto lungo e disteso sulla schiena.

FAUSTO - E un dramma giallo.

UGO - (esplodendo lui, adesso) Ma che ostia ti interessa tanto la mia donna di servizio?

FAUSTO - Indago. Debbo smascherare fino in fondo la tua falsità. Se non lo vuoi dire tu, lo dirà tua moglie: chiamala.

UGO - Stesso caso.

FAUSTO - Quale caso?

UGO - La colazione in cucina, mezzo nudo e tutto il resto. Nell'aprire la scatola del caffè mi sono anche tagliato un dito. Toh, succhialo, se non mi credi.

FAUSTO - Succhiatelo da te.

UGO - Metteresti in moto il meccanismo dei riflessi condizionati e ti aiuterebbe a ragionare.

FAUSTO - No. Domenica devo giocare. Tutto questo pensare, fra settimana, mi indebolisce. Io sono atleta, non pensatore.

UGO - Devono essere le tante pallonate che hai preso in testa.

FAUSTO - (fischia come fosse lui l'arbitro) Attenzione. Pericolo. Siamo in area di rigore. Per tua norma e regola, le pallonate io non le ricevo, le do. Son già tre i portieri che ho mandato all'ospedale.

UGO - (a suo rischio e pericolo) Avevo sentito dire che eri stato venduto sottocosto dalla Juventus perché erano più i goal che gli altri ti sparavano in bocca di quelli che tu mandavi in porta.

Non fa in tempo a dir ta che si trova lungo e disteso svenuto, a terra, da un tremendo cazzotto, diretto al mento. Evidentemente, i riflessi condizionati hanno preso un'altra direzione.

FAUSTO - (con la recitazione epica alla Brecht. In parole povere: monologo all'antica) Finisce sempre così. Lui mi offende come marcatore e io sono costretto a prenderlo a cazzotti come un facchino e poi mi vengono i rimorsi e sono dannosissimi ai polpacci. Amicizia, amicizia, quanti misteri nascondi nel tuo seno!

Socchiude un uscio che, probabilmente, introduce in un corridoio.

Pupa, dài, vieni a soccorrere tuo marito che s'è fatto sbattere a terra un'altra volta... Pupa!... Nessuno. Serva assente, moglie assente. Ho ragione di sospettare. Approfittiamo finché è svenuto per esplorare l'appartamento e vedere se quella puttana si nasconde qui. (Tornando sui suoi passi per precisare) Mia moglie, non la sua.

Si inoltra nel corridoio e si sentono sbattere molte porte, una dopo l'altra.

UGO - (alzando un momentino la testa, pure lui alla Brecht) Anche la mia. Caro, lui è semplice e naturale; non sa che ho scoperto i paradisi proibiti del masochismo e lo tiro a cimento apposta. (Toccandosi la guancia con espressione beata) Che male!... Non esiste maggior voluttà al mondo che esser picchiati da un centrattacco di nazionale A. Se, ogni tanto, non mi potessi togliere questo gusto, la mia esistenza sarebbe un arido deserto, senza nemmeno un fiorellino sopra.

Lo sente di ritorno e si ributta giù come un sasso, battendo malamente l'occipite.

Ahi, boia mondo! (Ma che masochista è?)

FAUSTO - Non c'è anima viva. Né la serva, né sua moglie e neanche la mia. Forse, non è lui il complice. Ho vergogna di me stesso per averlo sospettato. È il mio più caro amico e lo tratto peggio di una pezza da piedi. Mi verrebbe voglia, per punirmi, di bruciarmi questa mano a fuoco vivo, come quel tale di una volta che abitava a Roma, chi era?... Se fosse in sé, lui lo saprebbe subito. In queste cose, è fortissimo. Dopo, voglio domandarglielo... Dovrei imparare a dominarmi. Ma come si fa? Uno, cresciuto sui campi sportivi, nei rapporti umani si frega sempre sullo scatto. (Chino sul caduto) Su, Ugo, dài, apri le lanterne. Mi dispiace, ma il pugno è sempre più veloce del sentimento.

UGO - Sei una carogna lurida.

FAUSTO - (cercando di tirarlo su, più affettuosamente che può) Scusami.

UGO - E non accarezzarmi. Cambia tono. Preferisco i tuoi insulti alle tue tenerezze.

FAUSTO - Se vuoi, per dimostrarti il mio pentimento, son disposto a succhiarti il dito.

UGO - Tu succhi, ma non mordi. (Si alza in piedi come niente fosse stato).

FAUSTO - Ti ho fatto male?

UGO - (che disprezzo!) Non sei neanche capace di far male. Sei un bruto morale e basta... (Costernato) Cosa fai, cosa fai, adesso? Ti morsichi anche le mani? Così, dopo, non sarai nemmeno più buono di dare un pugno decente. Credi di farmi paura? Pensi di darmi ad intendere che ti trattieni per buon cuore? Vuoi far credere di essere anche un pugile? Sai cosa ti dico? T'è sempre mancata la crudeltà, sia negli stadi, sia in famiglia.

FAUSTO - (mansueto) Perché mi provochi? Sai che se, una volta o l'altra, mi scappa la pedata, quella è micidiale.

UGO - Aspetta che scappi a me e poi ti accorgi, quale delle due, è più micidiale. Se quella di un aristocratico campione di atletica leggera, laureato, o quella di uno sporco calciatore plebeo, da girone C, raccolto fra i bagnini di una spiaggia dopolavoristica.

Così impariamo un sacco di altre cose. Fra le altre, che Ugo è campione di penthatlon e ha fatto l'università. Si profila un atleta intellettuale. Alla larga. Nel frattempo, l'altro, per scaricarsi, si mette a dar calci tremendi contro il muro e anche pugni. Si tratta, naturalmente, di equivalenti psico-sessuali. Ma lui non lo sa, Freud non appartiene al suo giro di conoscenze.

UGO - (fra sé, ma in modo da essere udito in platea) Porca d'una miseria, tutta voluttà rubata a me!

FAUSTO - Ohi, ohi!

UGO - (invidioso) Fatti anche male, ora! Deteriorati i piedi che sono il tuo unico capitale e finirai alla Baggina. E smettila di dar calci a fondo perduto!

FAUSTO - Colpa tua. Per non rovinarti le ossa, mi costringi, ogni volta, a rovinarti i muri. Ora, mi sarò anche ferito il ditone della catapulta. Domenica, in campo, farò la figura di una schiappa ed è pure Pasqua. Gambe assicurate per trecento milioni!

UGO - Cos'è vorresti che fossi io a succhiarti il ditone, adesso?

FAUSTO - Avrei paura che me lo staccassi con un morso.

UGO - Sempre detto che mi capisci al contrario.

FAUSTO - E, ciononostante, ho qualche altra domanda da farti.

UGO - Ti son scoppiate le curiosità tutte in una volta?

FAUSTO - Mia moglie mi ha abbandonato.

UGO - (come niente fosse) Questa non è una domanda.

FAUSTO - Ma ne comporta tante.

UGO - In tal caso, per essere in regola col discorso, avresti dovuto dire: lo sai che mia moglie mi ha abbandonato?

FAUSTO - Ah, tu lo sapevi?

UGO - No che non lo sapevo.

FAUSTO - E allora perché mi hai chiesto se so se tu lo sai?

UGO - Perché, formulata così, era una domanda e si poteva andare avanti con le altre.

FAUSTO - Sotto, allora.

Si rimette a sedere, mentre l'altro si rimette a tavola e mangia.

Sono qui in attesa che tu me le faccia.

UGO - Io?

FAUSTO - Prima tu, poi te le faccio io.

UGO - Figurarsi, perché una stronza di donna abbandona suo marito, ora andiamo ad iscriverci a "Lascia o raddoppia?" per rispondere alle domande come si diventa becchi.

FAUSTO - Hai detto becchi. Al plurale.

UGO - Ho le mie ragioni.

FAUSTO - Debbo dedurre che la mia prima impressione era giusta.

UGO - Quale impressione?

FAUSTO - Che ho le corna.

UGO - Le corna non esistono. Sono un'invenzione borghese.

FAUSTO - E noi cosa siamo, militari?

UGO - Anche i militari sono un'invenzione borghese.

FAUSTO - Però, loro esistono.

UGO - E vero. Ma sono un errore temporaneo.

FAUSTO - E le corna, niente?

UGO - Le corna non esistono. L'uomo è, per natura, poligamo.

FAUSTO - (dall'alto della sua incultura) Cos'è l'uomo?

UGO - Poligamo. Va a donne, insomma.

FAUSTO - Poligamo... e la donna no?

UGO - Basta che lo sia l'uomo. Lei ne approfitta.

FAUSTO - E allora, se le corna non esistono, come chiami svegliarti di notte, sentirti un toro in calore, allungare le braccia al buio verso tua moglie per farle il regalo di sentirsi adoperata e trovarti in mano un biglietto che fa: "Ho resistito abbastanza, ora basta. Se Dio vuole, ho scoperto la mia vera vocazione, seguo il richiamo della natura e me ne vado. Mi dispiace solo di non averlo fatto prima"?.

UGO - Può avere vari nomi.

FAUSTO - Ah sì? E per esempio?

UGO - Insoddisfazione.

FAUSTO - Con me? Sarebbe come dire aver freddo di luglio.

UGO - Qualche volta, solo per spirito di contraddizione, si ha perfino caldo di dicembre, pensa un po'.

FAUSTO - Ma se, nove volte su dieci, le migliaia di donne che ho stantuffato mi svenivano sotto, dopo aver gridato basta.

UGO - Basta? Insulse!

FAUSTO - Non lo dico io. È stato stampato sulla Gazzetta dello Sport. Te ne fai un'idea?

UGO - Appunto.

FAUSTO - Appunto cosa?

UGO - Emozione troppo violenta. Non sanno apprezzare il bello.

FAUSTO - Nemmeno a farlo apposta, lei era la decima.

UGO - Non diceva basta?

FAUSTO - Non ebbe, mai, nemmeno la delicatezza di svenire.

UGO - Evidentemente, era una donna sensibile e coraggiosa.

FAUSTO - Vorrai dire dispettosa.

UGO - No, no, coraggiosa.

FAUSTO - Non mi spiego.

UGO - Stanchezza.

FAUSTO - Era capace di sollevare mezzo quintale con la mano sinistra. La sera prima, aveva trasportato, da sola, un comò dalla camera al salotto.

UGO - Perché un comò in salotto?

FAUSTO - Così. Per tenersi in esercizio. E, il giorno avanti, aveva fatto fare il viaggio contrario a un buffet Chippendale. Gli ultimi giorni, era tutto un andare e venire del mobilio. Si vedeva che era nervosa.

UGO - Stanchezza di te.

FAUSTO - Mica aveva sollevato me.

UGO - Delusione.

FAUSTO - Sono uno degli uomini più celebri, invidiati e desiderati, apparsi nel mondo, nel dopoguerra. Domenica, ho festeggiato il mio duecentocinquantesimo goal e quest'altro anno mi venderanno a 400 milioni non trattabili. Sono conosciuto in Russia. Non lo dico io, è l'opinione pubblica. Un'inchiesta Doxa mi ha dato due a tre contro Juri Gagarin. L'ha scritto L'Unità. Cosa voleva di meglio?

UGO - Che ti devo dire? Le sarà piaciuto di più un altro meno caro.

FAUSTO - Occhi negli occhi. Sinceramente, chi c'è, in Italia, che può piacere più di me? Testimonio la nazione. Piaccio tanto che nessuno mi può vedere.

UGO - Sarà stato uno straniero.

FAUSTO - Non conosce le lingue. No. Più si discute e meno il mistero si chiarisce.

UGO - Adesso che ci penso, ci sarei stato io.

FAUSTO - Più di me, tu? Vuoi mettere? Quando mai, a te, una donna ha detto basta?

UGO - Non più tardi del 16 aprile 1959. Durante un temporale.

FAUSTO - Avrà detto basta al temporale.

UGO - Non guastiamoci per delle sfumature. Tutto il mondo sa che uno vale l'altro.

FAUSTO - C'è sfumatura e sfumatura.

UGO - Accordiamoci su un pareggio. Le tue donne non sono state le mie soltanto perché apparteniamo a due specialità sportive diverse. Fuori di noi due, non esiste scelta ragionevole, ecco la verità. Qui, si deve cascare.

FAUSTO - Per questo son corso qua a indagare. È stato il primo sospetto che ho avuto.

UGO - La ragione?

FAUSTO - Prima, tu sei un porco. Seconda, siamo amici. Terza, le donne sono tutte vacche.

UGO - Ora che mi viene in mente io avrei dovuto fare altrettanto.

FAUSTO - Perché?

UGO - Anch'io.

FAUSTO - Anche tu cosa? Parli a revolverate. Lo sai che i telegrammi non li ho mai capiti.

UGO - (prende un biglietto che stava coi grissini in un vassoio e legge) Non ce la faccio più, la mia strada è un'altra. L'ho compreso un lunedì a Como. Auff...! Meglio tardi che mai.

FAUSTO - Quando?

UGO - Non hai sentito? Lunedì. Dice che l'ha compreso di lunedì.

FAUSTO - Quando t'ha lasciato?... "Auff!". Dice: auff. Vedi che non sono sfumature?

UGO - Ieri sera, anche lei. Con la sola differenza che il biglietto non era sul guanciale, ma attaccato alla pera della luce elettrica.

FAUSTO - E cosa aspettavi, ferragosto, a dirmelo?

UGO - Volevo graduare gli effetti.

FAUSTO - Ora sì, mi rendo conto perché fai colazione solo, in cucina.

UGO - Te l'avevo previsto che, prima o dopo, ci saresti arrivato.

FAUSTO - Non capisco.

UGO - Naturalmente! Sai cosa penso?

FAUSTO - No.

UGO - Figurarsi se l'avresti saputo! Penso che sono loro che non ci hanno capiti. Privarsi di due draghi come noi!

FAUSTO - (cosa dice? La censura... ora saranno dispiaceri) Lo sapeva che ti chiamano uccello di fuoco?

UGO - Lo sapeva. Rise tanto, quando glielo raccontai... E te che ti devono difendere dodici carabinieri dalle turpi voglie delle fanatiche che ti aggrediscono, alla fine di ogni partita e ti chiamano il sole, lo sapeva?

FAUSTO - Sapeva anche che la maharani del Giangipur ha tentato di rapirmi su un elefante bianco. L'ha letto su Grazia. Conosceva tutto della mia vita.

UGO - Buttàti via. Ma cosa apprezzano le donne, al giorno d'oggi?

FAUSTO - E dire che, eccettuati i giorni di allenamento e le partite, mi aveva tutto a disposizione, verticale e orizzontale. Le sono stato perfino fedele. Noi non siamo maschi che si lasciano.

UGO - Noi lasciamo. Non vorrei essere nei loro panni. Sì che ci rimpiangeranno!...

FAUSTO - Vada a farsi sbattere da chi vuole, ma con che faccia mi presento in campo, domenica, che è la giornata dello scudetto? Figurati i giornali. Son cose che ti feriscono alle gambe.

UGO - E io, come mi preparo ai quarti di finale delle prossime Olimpiadi?

FAUSTO - Ti accoglieranno a fischi.

UGO - Ti getteranno uova marce.

FAUSTO - Col rischio di scivolare.

UGO - Tu finisci in serie C, dove sei cominciato.

FAUSTO - E tu cominci alla piscina Cozzi dove sei finito. È il disonore.

UGO - è lo scandalo.

FAUSTO - Non poteva aspettare almeno la fine del campionato?

UGO - Siamo professionalmente squalificati.

FAUSTO - Ti rendi conto, ora, che le corna esistono?

UGO - Se non vivessimo in questa sporca società borghese, potremmo andare per la strada a testa alta.

FAUSTO - Sei rosso?

UGO - Simpatizzante.

FAUSTO - E hai avuto il nonno podestà?

UGO - E il padre federale. Càpita, appunto, in questi casi.

FAUSTO - Anche a fingere di essere rossi, cosa si rimedia? Bisognerebbe che lo fossero gli altri.

UGO - La verità è lenta a farsi strada. Soprattutto, quando sarebbe comoda.

FAUSTO - Saranno corna provvisorie, ma le abbiamo.

UGO - Con la vecchiaia, però, saremo riabilitati.

FAUSTO - Va bene, va bene, ma, per il momento, aver, se non altro, la soddisfazione di sapere con chi prendersela e farli fuori per salvar la faccia.

UGO - (un'improvvisa ispirazione) Momento. Essere stati abbandonati, non vuol ancora dire essere cornuti.

FAUSTO - Adesso raccontami che le mogli piantano i mariti per valorizzarli presso l'opinione pubblica.

UGO - Nessuno ha mai saputo cosa si possa tirar fuori dall'animo di una donna. È peggio della tuba di un prestigiatore.

FAUSTO - Per piacere, lasciamo in pace l'anima. È un arnese che serve solo più da morti. Coll'anima, da vivi, anche le più sporche vergogne si possono far diventare virtù di serie A.

UGO - Hai ragione.

FAUSTO - E allora? Stiamo a perdere tempo?

UGO - Ma, scusa, che c'entra l'anima?

FAUSTO - L'hai chiamata fra i piedi tu.

UGO - Io ho detto animo, non anima.

FAUSTO - Perché, ce ne sono due?

UGO - Naturalmente. Una femminile e una maschile. Miste e attorcigliate.

FAUSTO - Che differenza fa?

UGO - Enorme. La seconda è, senza paragone, più seria e più onorata. Dipende da quella che prevale.

FAUSTO - E le hanno, tutte e due, anche le donne?

UGO - Qualche volta sì. Generalmente è questione di dosi.

FAUSTO - Anche quelle troie delle nostre mogli?

UGO - Speriamo.

FAUSTO - E come si fa a sapere se questi schifosi biglietti sono stati scritti coll'anima o coll'animo?

UGO - Per deduzione.

Li tirano fuori e si mettono a ponderarli.

Tu cosa pensi?

FAUSTO - Coll'anima: a.

UGO - Io propendo per l'animo: o.

FAUSTO - Troppo difficile. Mancava solo che ti mettessi a propendere...

UGO - Che colpa ne ho io se ho studiato? "...La mia strada è un'altra... Meglio tardi che mai..."

FAUSTO - "...Se Dio vuole, ho scoperto la mia vera vocazione... Mi dispiace solo di non averlo fatto prima..."

UGO - Siamo giusti, in queste parole non è necessariamente incluso l'adulterio.

FAUSTO - Ma non è nemmeno necessariamente escluso.

UGO - Mi sa più no che sì.

FAUSTO - A me, mi sa più sì che no.

UGO - Che potevano trovare meglio di noi in un altro?

FAUSTO - Siamo ben qui a domandarcelo.

UGO - Che ti devo dire? Io, le corna, non me le sento.

FAUSTO - E io, invece, piuttosto sì.

UGO - Come siamo diversi di temperamento!

FAUSTO - Non è questione di temperamento. È questione di essere uomini o di non esserlo.

UGO - Dì, su pure che non sono nemmeno un uomo, adesso; così mi trovo a posto del tutto.

FAUSTO - C'è chi lo è di più e chi lo è di meno.

UGO - E, secondo te, più uomini si è e più cornuti ci si sente.

FAUSTO - Sembrerebbe di sì. E, del resto, è anche naturale. Per essere traditi da una donna, la minima qualità indispensabile è essere un uomo.

UGO - Non sempre.

FAUSTO - Rimaniamo nel reparto della gente normale, sennò diventa sempre più difficile.

UGO - (togliendogli di mano il biglietto e facendo il confronto col proprio) "...La mia strada è un'altra... Ho scoperto la mia vera vocazione... ". Strada, vocazione... Ti dicono niente queste parole?

FAUSTO - Mi hanno già detto abbastanza. A sentirle poi così, mescolate insieme, mi pare di essere stato piantato due volte. Il plurale rende tutto moltiplicato.

UGO - Strada, vocazione... A fil di logica, nulla vieta di credere che si siano fatte magari monache. Perché no, povere donne!

FAUSTO - Ma se la mia bestemmiava come un carbonaio.

UGO - Figurati la mia: andava a messa solo quando aveva un abito nuovo da far vedere. Non ha fatto la comunione a Natale solo perché la modista non le aveva consegnato il cappello nuovo.

FAUSTO - E allora, ci mettiamo a fare i mattoni con la pastafrolla?

UGO - Non vuol dire. La fede è come la setticemia. Ti salta addosso da un momento all'altro, senza preavviso, quando meno te l'aspetti. Io l'ho avuta. Lo so.

FAUSTO - La fede o la setticemia?

UGO - La setticemia.

FAUSTO - La setticemia, non la si cura con le penicilline?

UGO - Naturalmente.

FAUSTO - E allora, che bisogno c'è di farsi monache?

UGO - E difatti... Mi son forse fatto monaca, io?

FAUSTO - Monache tutte e due? Lo stesso giorno?

UGO - è un'ipotesi. Son decisioni misteriose nelle quali l'influenza reciproca è tutto. Metti che si siano rifugiate in un convento. Magari pure solo in un ospedale. Una via di mezzo, potrebbe essere infermiere: opere di bene, insomma.

FAUSTO - La Lilla aveva orrore perfino delle iniezioni endovenose.

UGO - E la Pupa sveniva all'odore della tintura d'iodio. Vedi? Si torna inevitabilmente alla vocazione religiosa.

FAUSTO - Ipotesi per ipotesi, con questo metro, puoi anche consolarti pensando che siano andate sotto le armi.

UGO - E la civetteria femminile non vuoi tenerne conto? Vuoi mettere la goffaggine di una divisa da geniere con l'azzurra eleganza del saio delle cappellone di San Vincenzo, così adatto a far risaltare i fianchi? E non puoi negare che Pupa e Lilla avessero i più bei fianchi di Milano. Sono stati fatti più pensieri osceni su quei fianchi che non siano cadute bombe durante la guerra.

FAUSTO - Sempre questo parlar doppio! Mi sembra d'aver avuto due mogli! Metti, viceversa, al posto del genio, una divisa da bersagliere e tutta la tua costruzione crolla.

UGO - Mi guardo bene dal negare la cangiante suggestione delle piume dei bersaglieri, ma l'idea che si siano fatte monache mi piace sempre di più. A me, mi porta in casa un problema spirituale e, a te, ti toglie il complesso del becco. Sai cosa faccio?

FAUSTO - Che cazzo continui a domandarmi che cosa fai, se non lo so?

UGO - Io provo a telefonare a tutti i conventi della zona.

FAUSTO - (strappandogii dalle mani la guida telefonica) E così sono steso a terra del tutto. La mia squadra è sovvenzionata dai democristiani per ragioni elettorali e io vado a mettermi in bocca dei conventi andandogli a telefonare: sa, mia moglie se n'è andata a letto con un altro. E poi, magari, si scopre che era anche di un partito contrario. Vendicativi come sono i democristiani.

UGO - Capisco i compromessi imposti dalla democrazia, ma se ti rifiuti di far le indagini necessarie, non pretendere poi di voler conoscere come stanno le cose. Io, comunque, persisto nella mia ipotesi. È la meno disonorante. Sentirsi preferito Nostro Signore, in fondo salva la dignità e direi che, perfino, mi lusinga.

FAUSTO - Al massimo, posso venirti incontro al cinquanta per cento: una monaca e l'altra puttana. Ma va a capir quale.

UGO - Una parola!

FAUSTO - Ormai siamo come i mariti delle sorelle siamesi.

UGO - Quale? Erano entrambe due donne così oneste!

FAUSTO - E' ben per questo che non credo che si siano fatte monache.

UGO - Perché, le monache non possono avere le virtù delle donne oneste?

FAUSTO - Al contrario. Sono le donne oneste che non possono avere le virtù delle monache.

L'Ugo si è rimesso a meditare sui biglietti.

UGO - Quale delle due? Dalle loro parole, non si deduce. Sembrano scritte dalla stessa mano. (Si dà una sberla sulla fronte che vuol dire eureka) Tu! Possiamo interrogare direttamente una delle interessate.

Sfila da sotto il tovagliolo, il quaderno che ha nascosto prima e si mette a leggere qua e là. Si fa un passo indietro e, dal presente, si contempla il passato.

"Capri, 12 agosto 1960. È il giorno dopo il mio matrimonio, e l'aver provato il bisogno di cominciare oggi questo diario, dice già qualche cosa. Tutto qui? Povero caro. Era evidente che si sentiva il primo della classe e non s'è risparmiato per impressionarmi. Poi è caduto spossato al mio fianco e s'è messo a russare. La sua fisionomia, nel sonno, era l'equivalente del pensiero: sono stato il primo toro nell'arena. Che abbia letto Garcia Lorca? Non s'è nemmeno accorto del mio piccolo neo dietro l'ascella. Ed io che ci contavo tanto. Dopo, mi sono alzata e mi son messa, nuda, sul balcone. Com'è bello il mio corpo, illuminato dalla luna, alle cinque del mattino!"

"Positano, 16 agosto. Mi abituerò".

"Positano 23 agosto. Speriamo che migliori, in seguito".

"Ischia 2 settembre. Non mi sono abituata e non è migliorato. Il mio corpo non si scioglie. È come se fossi

rimasta ancora vergine. Che ne capisce lui della mia anima?"

FAUSTO - L'anima, ecco, visto? L'anima. Dice anima, coll'a. Tutte uguali, anche quella lì.

UGO - "Ischia, 8 settembre. Quando appare sulla spiaggia le donne fanno gli occhi prensili. A giudicare dai loro sguardi, deve essere veramente qualcosa fuori dal comune. Appena è presente, crea il vuoto intorno a sé. Gli altri uomini cessano d'esistere. Ma perché a me non fa nessun effetto? Che ironia. Notata la sua vanità di conservarsi il ciuffo di riccioli sulla fronte. Si ama, si ammira, ha un paio di slip di falso leopardo. Si prende sul serio. Osservarlo mentre è steso sulla sabbia. Un Narciso da periferia. Mai sospettato che un uomo potesse sudar tanto. Ma forse ho torto. Fa molto caldo e c'è scirocco".

"Ischia, 11 settembre. Sta lì stravaccato davanti a me, a gambe larghe e dorme. Se Dio vuole, il viaggio di nozze è finito. Alla partenza ha inciampato in una valigia e ha fatto la scala dell'albergo a ruzzoloni. Una grossa delusione per le bagnanti nella hall, in attesa dell'autografo, e un grosso disappunto per lui. A vederlo scivolare, la graziosa camerierina che ci seguiva s'è messa a ridere come una matta e non sapeva più come scusarsi. Le ho dato cinquemila lire di mancia. Eccessiva per non essere tendenziosa. Mi ha tutta l'aria di essere stata una mancia contro di lui".

FAUSTO - Guarda combinazione, una volta, in albergo, a Napoli sono scivolato dalla scala anch'io come in questo libro.

UGO - Non c'è pericolo che tu faccia mai attenzione alle date. Forse non è superfluo che ti rilegga la prima.

FAUSTO - Quanto fa?

UGO - Dodici agosto 1960.

FAUSTO - Non ci giurerei, ma potrebbe essere, perfino, la data del mio matrimonio.

UGO - E questo potrebbe essere perfino il Diario di tua moglie.

FAUSTO - Mia moglie teneva un diario? Oh bella.

UGO - Penso che non si tratti di un libro da messa.

FAUSTO - E che se ne faceva?

UGO - Ci scriveva su la storia d'Italia.

FAUSTO - Com'è capitato nelle tue mani?

UGO - Non nelle mie, in quelle di mia moglie. Trovato stamattina in un cassetto del suo comò. Confidenze fra donne.

FAUSTO - M'era venuto il sospetto che fossero delle intellettuali!...

UGO - "Milano, 25 settembre. È scoppiata la tragedia del ginocchio. Conseguenza della caduta dalla scala di Napoli".

FAUSTO - E vero, è vero. Se ne è ricordata.

UGO - "...C'è tutto il mondo sportivo in lutto. Arrivano telegrammi a ceste. Si teme che non possa giocare nella squadra che dovrà incontrare l'Ungheria. Un deputato del M.S.I. ha fatto un'interpellanza in Parlamento. Stamattina ne ha parlato il Corriere della Sera. M'ha chiamata e m'ha letto tutto l'articolo senza rispetto per la grammatica. Aveva le lacrime agli occhi. A sentir quel che ne scrivono, neanche si trattasse di un ginocchio scolpito da Michelangelo. Invece, si tratta del suo. Si sentiva molto importante. La casa è bella ma il 'sole' non la illumina".

FAUSTO - Che pretendeva, che facessi anche le veci della luce elettrica?

UGO - "Milano, 30 settembre. Che bellezza. La marconiterapia, gli allenamenti e la preoccupazione di non deludere il Paese, lo hanno esonerato dai doveri coniugali. Me ne ha chiesto scusa e non sospetta nemmeno la soddisfazione che mi ha dato. La sua espressione ebete, quando dorme, rasenta la genialità".

"Milano, 3 ottobre. Finalmente svelato il mistero delle sue interminabili soste, chiuso in bagno: Legge Pecos Bill. Ma sì!...".

FAUSTO - Diario per diario, ora che ci penso, non sarà male ascoltare anche l'altra campana.

Si precipita sull'impermeabile che s'è levato entrando, immerge una mano in una tasca e la estrae armata di un quaderno simile.

"Milano, 2 gennaio 1961..."

UGO - Tenevi un diario anche tu ? Ma a che ti serviva?

FAUSTO - Ho forse la faccia di uno che tiene un diario, io?

UGO - No, direi proprio di no.

FAUSTO - In compenso lo teneva tua moglie.

UGO - Anche lei?

FAUSTO - C'è, forse, qualcosa che non facessero tutte e due?

UGO - E lo ha dato da conservare a te?

FAUSTO - A me? A lei. Scoperto da mezz'ora. Ancora da sfogliare. Stava in salotto, sotto un cuscino del sofà. Apro dove capita. "Milano, 2 gennaio 1961. Mamma mia, che momenti spaventosi. Sono ancora in piena crisi. Perché mi tornano quei pensieri arditi e terribili? Deve dipendere da eccesso di fantasia. Fin da bambina, ho sempre dovuto stare in guardia dalla piena del temperamento. Mi confesso, o non mi confesso? E troverò, poi, un sacerdote in grado di capirmi?".

UGO - Quando si dice l'intuito! Sfogliato a caso e già si inciampa nel segno della vocazione mistica.

FAUSTO - Dove ero rimasto?

UGO - Ci hai il dito dentro.

FAUSTO - "Milano, il giorno dopo. Oggi il medico l'ha dato fuori pericolo. Che tristezza. In certi casi, la medicina è ben crudele. È stato un vero choc e non riesco più nemmeno a sentirmi colpevole delle fantasticherie vagheggiate al suo capezzale quando era tra la vita e la morte. Ma poi, perché? Sono sicura che sarei stata miglior vedova che moglie. Ho proprio sbagliato tutto, nella vita".

UGO - Che curiose riflessioni.

FAUSTO - Mica tanto. Ascoltava la sua anima anche lei. Sta a vedere che la sua vocazione era quella della vedova.

UGO - Chi può dirlo?

FAUSTO - "Milano, 6 gennaio. Son bastati quattro giorni e tutto è tornato peggio di prima. S'è rimesso a circolare, per la casa, nudo. Porta a spasso il suo corpo come fosse un ostensorio. Probabilmente, troverebbe naturalissimo che, passandogli davanti, ci si genuflettesse e ci si facesse il segno della croce. Certo, spera che la matta ninfomane del balcone di fronte sia sempre là a spiarlo, col binoccolo da mare del suo ex-marito. Se gli uomini sapessero come le donne li giudicano in certi momenti, si suiciderebbero. Ma, purtroppo, non lo sanno. Per questo sono in tanti. Gli è tornata la mania di occuparsi della cucina. E lo facesse indossando, almeno, un grembiule. Scommessa che oggi, a tavola, ci saranno gli zucchini ripieni. Sono la sua specialità".

UGO - Non faccio per dire, ma, come li so fare io, non li sa fare nessuno.

FAUSTO - Sempre "6 gennaio, poscritto. Quella schiena nuda, da bue, china sulle padelle, chiama le coltellate, come l'arrosto chiama il rosmarino. Lo picchierei a sangue".

UGO - Perché non l'ha detto? Santo Dio, bastava spiegarsi. Ecco, come si creano le incomprensioni coniugali. Che moglie ho perduto! Poteva essere un matrimonio ideale.

FAUSTO - Sì, va bene. Ma tracce di vocazione religiosa io non ne trovo.

UGO - (girandosi) Di' un po', ti pare davvero che abbia una schiena da bue?

FAUSTO - Qualcosa sì. Sai è il troppo esercizio alle parallele.

UGO - Dici?

FAUSTO - Dico. Dovresti fare meno parallele e più corsa.

UGO - Così, dopo, mi si ingrossano le gambe. Ma sarà meglio che ognuno legga personalmente ciò che lo riguarda. Saltiamo il passato, faremo più presto.

Si scambiano i quaderni e il tono si fa più giusto. Per quanta imparzialità cercassero di metterci, prima, in quel che leggevano, c'era una certa qual insolente allegria; ora c'è un certo qual ritegno malinconico. Sfumature, ma di qualche importanza.

"Milano, 29 aprile. Costernazione nazionale. Il mio ha peggiorato il proprio record di salto con l'asta e quello di Lilla s'è visto annullati due goal per gioco di mano. Pranzato insieme noi quattro. Quando perdono, provano il bisogno di stare insieme. A tavola, nessuno ha parlato. Atmosfera da viale del tramonto. Assaporato il gusto viola del funerale. E Lilla anche, penso. Quando hanno aperto bocca, è stato per dire delle oscenità, contro l'arbitro, ma non si sono trovati d'accordo sul termine e così, cinque minuti dopo, si son presi a pugni come facchini. Non è una novità. Piccola soddisfazione: il mio le prende sempre. Lilla non ha fatto una piega. Sdraiata in poltrona, le sue belle gambe accavallate, è stata ad osservarli con dolcezza omicida. Che donna di classe! Poi si è alzata, m'ha lanciato un'occhiata e siamo andate al cinema, noi due sole. Non c'è stato bisogno di parlare. Ci si capisce sulla pelle. Nel salutarci, una sola frase: Nemmeno incinte son riusciti a metterci quei cialtroni".

FAUSTO - "Milano, il 5 maggio. Non so cosa pagherei per poter cancellare, dalla settimana, il lunedì. Dal martedì al sabato ha l'allenamento: la domenica è sacra alla partita; sono i suoi esercizi spirituali e, per fortuna, deve reprimersi, come dice lui, facendo credere chissà che quaresima. Ma, il lunedì, sente il dovere di fare il marito. Vedo avvicinarsi l'ora di coricarmi come il condannato la sedia elettrica".

UGO - Senti che roba!

FAUSTO - Incompetente! "...Ormai la cosa s'è ridotta che io mi metto a contare le gocce del lampadario di cristallo sul soffitto. Mai una volta che il loro numero corrisponda. Un lunedì sono 95, un altro 96 e, ieri, 102..."

UGO - Altro che dir basta! Irriconoscente!

FAUSTO - "... sono le occasioni in cui mi accorgo delle variazioni del suo peso. Purtroppo, ultimamente, è aumentato di qualche chilo ed è un fastidio in più. Mi devo confidare con Pupa. Mi sa che son cose che lei capisce al volo". È una calunnia del Milan. Non è vero che sono aumentato.

UGO - "Milano, 20 maggio. Ricordarsi di inventar qualcosa ogni lunedì sera per mandar a letto Lilla più tardi che sia possibile".

FAUSTO - "Milano, 11 giugno. Che donna straordinaria, Pupa. Mi ha già salvato tre lunedì".

UGO - "Milano, 27 giugno. Perché non oso affrontare l'argomento? Son proprio rimasta una provinciale".

FAUSTO - "Milano, 30 giugno. Dalla sarta con Pupa. Dovevamo provare dei costumi da bagno per il mare. Benché un po' più forte e meno flessuoso del mio, Pupa ha un corpo splendido. C'è, in esso, che so? come la violenza trattenuta di un'attesa. Si è accorta del mio neo. Quello che il bisonte non è riuscito a scoprire in un anno, lei lo ha scoperto in due minuti". Tutta stà letteratura per un neo !... M'ha mai parlato, lei, della mia famosa cicatrice dell'appendicite?

UGO - Era una donna dispettosa. Io l'ho sempre pensato. Lo sapevi che ti chiamava bisonte?

FAUSTO - Cos'è, un uccello?

UGO - No, un ruminante.

FAUSTO - E un ruminante cos'è?

UGO - Una bestia a quattro gambe con un corno in testa.

FAUSTO - Lo credevo un nomignolo affettuoso nell'intimità.

UGO - "Milano, 3 luglio. In casa di Lilla. Parlato dalle due alle otto. Un pomeriggio spirituale. Il tempo è volato. Che dolce cosa specchiarsi in una bella anima simile alla propria!...".

FAUSTO - (come se inseguisse uno scarafaggio) L'anima, l'anima. Erano fissate coll'anima.

UGO - "... E che sollievo vuotare il sacco e rendersi conto di non essersi sbagliata. Ha ragione Checov: per confessarsi non c'è niente di meglio che parlar d'altro... Ma quale delle due troverà il coraggio per prima? Che senso ha fermarsi sulla soglia dell'ignoto?".

FAUSTO - Società di mutuo soccorso. Sta a vedere che si facevano da complici a vicenda.

UGO - "Como, 9 luglio. Lunedì. È stato meraviglioso".

FAUSTO - "Como, 9 luglio. Lunedì. È stato meraviglioso".

UGO - Ti pare il momento di farmi anche l'eco?

FAUSTO - Che eco dell'ostia! Prova un po' su a rileggere.

UGO - "Como, 9 luglio. Lunedì. È stato meraviglioso".

FAUSTO - "Como, 9 luglio. Lunedì. È stato meraviglioso".

UGO - Il famoso lunedì di Como.

FAUSTO - E' una storia piena di lunedì.

Si strappano, reciprocamente e a precipizio, i quaderni di mano.

UGO - Una differenza c'è. La tua ci mette una ventina di puntini e la mia quattro punti esclamativi.

FAUSTO - Cinque.

UGO - Esagerata. Lo stesso giorno e nello stesso luogo. Capisci la spudoratezza?

FAUSTO - (l'urlo del cervo sgozzato) Ma a Como ci sono andate loro due sole! Lo so di sicuro.

UGO - Li avranno, o lo avranno, trovato sul posto.

FAUSTO - Mi sa che non quadra.

UGO - Son cose che, in un modo o nell'altro, quadrano sempre.

Lettura nuovamente incrociata e repentina, saltando le pagine.

"Milano, 25 luglio. Mi sento come un libro sconosciuto che comincia solo ora ad esser decifrato. Sembra un sogno ed è la mia vera vocazione".

FAUSTO - "Milano, 29 luglio. Sentirmi colpevole? Non mi passa neanche per la testa. Siamo in tante che non se ne ha idea. Ho trovato la mia strada e guai a chi me la taglia. Altro che Pozzo della solitudine!". Evidentemente non si trattava né della vocazione mistica né della strada del convento.

UGO - Nonostante tutto, e da un punto di vista strettamente letterario, bisogna, però, riconoscere che scrivono bene. Senti un po' qui. "Milano, 4 novembre. Pioggia e cenere sul cuore. Fingere, fingere, fingere... La banale realtà rosicchia, una briciola ogni giorno, i nostri sogni e le loro glorie. La scoperta meravigliosa diventerà turpe e meschino compromesso. Siamo vili. Ha ragione Pupa. Stiamo scoprendo Proust".

FAUSTO - "Milano, 25 dicembre. Urge trovare una via d'uscita, altrimenti sarà, presto, la fine. Fuga, oppure omicidio?".

UGO - Senti che pensierini, il giorno di Natale. "Milano, 6 gennaio. È l'Epifania. Sotto le finestre suonano le cornamuse. Incenso e mirra per gli altri e, per me, tristezza e pianto. Pupa ha consultato l'enciclopedia. Esclusa l'esistenza di veleni che non lasciano traccia e il sangue, per il momento, ci fa orrore".

FAUSTO - Per il momento! Combinazione che siamo ancora vivi.

UGO - Una candela a Santa Rita per grazia ricevuta.

FAUSTO - "Milano, 28 febbraio. S'è decisa. Sia lodato lo scandalo!"

UGO - "Lambrate, 1 marzo. Vorrei che la prima tappa della nostra fuga fossero le isole Haway. Ma costa troppo". Sarei curioso di sapere cosa è andata a fare ieri a Lambrate, pensando alle Haway.

FAUSTO - Sembra che sia l'unica cosa che ti impressiona. Sarà andata a salutare sua nonna. Le era molto affezionata.

UGO - Allora tutto è chiaro.

FAUSTO - Cosa c'entra anche sua nonna, adesso? Una santa vecchia.

UGO - Dicevo così per far andare avanti il discorso. E intanto, guadagnando tempo, si matura uno stato d'animo.

FAUSTO - Tuo?

UGO - Mio, suo, tuo, nostro, loro... Gli stati d'animo sono cose delicate. Si sa come cominciano e non si sa come finiscono. Bisogna lasciarli lievitare.

FAUSTO - (che segue un altro corse di idee) Sono stato fatto cornuto da tua moglie! Ma ti rendi conto?

UGO - A me lo racconti, che sono stato fatto cornuto dalla tua.

FAUSTO - C'è chi lo sente di più e chi lo sente di meno.

UGO - Guarda, Fausto, in fatto di sensibilità, è meglio che, con me, tu non ti ci metta nemmeno.

FAUSTO - Sembra che non ti faccia neanche dispiacere.

UGO - Dipende che uno si tiene tutto dentro e uno butta tutto fuori. Io sono un introverso e tu sei un estroverso, ecco l'arcano.

FAUSTO - Cosa sono io?

UGO - Un estroverso.

FAUSTO - E adesso che lo so, mi passa?

UGO - Non ti passa, ma ti aiuta a capire il tuo meccanismo interno ed è come se ti passasse.

FAUSTO - Avevamo in casa la vergogna, altroché, la corruzione, il vizio e tu, cieco, non te ne sei nemmeno accorto.

UGO - Perché dovevo accorgermene io e non tu?

FAUSTO - Perché tu sei laureato.

UGO - Che può fare, in questi casi, una laurea in scienze economiche? Abbi pazienza.

FAUSTO - I laureati si intendono di queste cose meglio degli altri.

UGO - Forse i laureati in lettere.

FAUSTO - Anche i laureati in legge.

UGO - E perché no quelli in medicina, in filosofia, in scienze naturali?

FAUSTO - I laureati in scienze naturali dovrebbero essere gli unici a non intendersene (sferrando dei pugni qua e là e anche qualche calcio). Ancora ancora essere stato tradito per un uomo, pazienza. E la regola del mondo. Càpita alla maggior parte dei mariti. Ci si incontra, ci si confida, ci si consola, ci si sfoga e ci si scambia la moglie. Più si è e meno si patisce. Tu fai becco me e io faccio becco te. Funziona la democrazia. Ma così !... Così, è il colmo dell'umiliazione. Ci si sente ridotti delle merde.

UGO - Le corna, non è questione di averle o di non averle, ma di saperle portare.

FAUSTO - Prova a portar queste qui, tu. Io non ci riesco.

UGO - Però, guarda che, tutto considerato, la situazione non è priva di vantaggi. Meno pubblicità, meno scandalo.

FAUSTO - Sarai anche un introverso, ma non hai proprio un briciolo di dignità. Sei privo di amor proprio maschile.

UGO - Tutto sta dalla parte dove si prende.

FAUSTO - Ma cosa? Uno si trova paralizzato. Non può nemmeno ristabilire l'equilibrio, togliendosi, se non altro, la soddisfazione di restituire il colpo. Non servono neanche più i proverbi che son sempre un aiuto. Hai un bel dire: occhio per occhio, dente per dente. Dove lo cacci, il dente? Quando anche ti chiudi in camera per un mese di fila e passi il rullo compressore su cento donne, cosa ti trovi in mano? è come aver sbagliato treno. Sei sceso a combattere su un campo da gioco diverso da quello dove sei stato vinto.

UGO - Energia sprecata. Chi è stato sconfitto sul ring non può pretendere, poi, di rifarsi, continuando a giocare a tennis.

(Ma dove mira, precisamente?).

FAUSTO - E allora, che posso fare? Se non mi vendico, se non dò soddisfazione al mio amor proprio, sento che non sarò più capace di tirar un calcio al pallone. Non c'è come le ferite morali che si ripercuotono sullo scatto.

UGO - (ah, vigliacco) Ogni competizione ha la sua possibilità di rivincita. Basta accettare la specialità dell'avversario (Ecco cosa voleva dire).

FAUSTO - (impressionato) Fammi capire.

Il tempo perché capisca. Sarà piuttosto lungo, considerata la sua sana costituzione psichica. Frattanto, l'altro ha ripreso in mano il diario della propria signora e lo va sfogliando in cerca di qualcosa che faccia al caso suo.

UGO - Come diceva?... "3 luglio... Che senso ha fermarsi sulla soglia dell'ignoto?... Quale delle due troverà il coraggio per prima?..."

Altra pausa. Eh, bisogna andar coi piedi di piombo per trovare la battuta giusta.

Tu, hai mai provato?

FAUSTO - Ho sempre pensato che c'era tempo.

UGO - Va bene che la vendetta è un cibo che va assaporato freddo, ma mi sa che il tempo stringe.

Ancora una tregua. Abbiate pazienza, occorre che gli stati d'animo si assestino.

FAUSTO - (fracassando una sedia) Guarda a cosa ti riducono le donne! E poi si dà la colpa ai cattivi compagni.

Adesso Ugo prende l'impermeabile dell'amico e si dirige verso l'uscio del corridoio. Poi raccoglierà anche le macerie della sedia. Per lui è già tutto risolto.

UGO - Non posso soffrire il disordine. Te lo appendo in anticamera. Che te ne fai, nello squallore di casa tua, solo, che non sai nemmeno cuocerti due uova al burro? La malinconia ti indebolirebbe e niente altro.

FAUSTO - Che c'entra la malinconia con le uova al burro?

UGO - Lascia che c'entri. Cosa ti costa?

Esce, rientra, stacca dal muro un grembiule rosa a fiorellini blu e se lo infila con la massima naturalezza.

Aveva ragione, un grembiule ci vuole. Ah, finalmente potrò godermi questa bella cucina che non è mai stata mia.

Si mette a sparecchiare, a far ordine e a riapparecchiare. Faccende di casa. Qualcuno bisogna pure che ci pensi, no! E lui è svelto e bravo.

FAUSTO - Ti do una mano?

UGO - Patti chiari. In cucina comando io. Vediamo cosa si potrebbe preparare per il pranzo? Hai qualche gusto particolare?

FAUSTO - (cupo) Non ho appetito.

UGO - Su su, devi cercare di fartelo venire se vuoi superare la crisi. (Ha esplorato il frigorifero) Siamo signori. C'è, perfino, una bottiglia di spumante. Che ne diresti di una pastasciutta col tonno, una bistecca al sangue e un brindisi?

FAUSTO - Per me, fa lo stesso. Ma, il brindisi, no.

UGO - E dài che, qualche volta, da un male nasce un bene. Tutta questione di organizzarsi. Sai che ti dico? Finora, noi abbiamo pensato troppo poco alla nostra anima... Per oggi, ti devi accontentare, ma, domani, ti cucino gli zucchini ripieni. Sentirai che bontà.

FAUSTO - (torvo e violento) Gli zucchini non mi piacciono.

UGO - (che ha già cominciato a trafficare con le pentole) Non sei buongustaio. Si dice sempre così la prima volta.

FAUSTO - Non me ne importa niente, ma non mi piacciono.

UGO - (sicuro di sé) Ti dovrai abituare. è solo questione di farci la bocca. I cibi fuori dell'ordinario finiscono sempre con l'essere preferiti a quelli usuali. Guarda i cinesi. Vanno matti per le cavallette fritte. Dà tempo al tempo e vedrai che gusto.

FAUSTO - (col gesto sconveniente che si ottiene battendo la palma della mano destra sulla piega interna del gomito sinistro e piegando l'avambraccio corrispondente. Capito?) Toh!

UGO - Lo fai per dispetto?

FAUSTO - Lo faccio perché mi gira così. Va bene?

UGO - (serafico) E io ti dico che saranno zucchini ripieni tutti i lunedì.

FAUSTO - Ti fai delle illusioni.

UGO - Ah, ma tu vai cercando rogne. Bisogna dirlo subito.

FAUSTO - Gira al largo, Ugo. Ho già la muscolatura a mille volts. Se mi scarico sono guai.

UGO - E prova, prova, se ne sei capace!

FAUSTO - Credi che debba farne domanda su carta bollata? Son qui, che se non mi sfogo, crepo.

UGO - Coniglio! Sfogati! Dài! E sennò crepa. Sbruffone.

Naturalmente l'altro si deve sfogare. E son pacche da carpentiere.

Basta! Basta!...

FAUSTO - (feroce e snello) Benissimo, cominci a dire basta! Dovevi pensarci prima.

UGO - Basta... Dài, dài... Basta! Dài!

FAUSTO - Ah, quanto mi voglio vendicare!

Si vendicarono.

Sei mesi più tardi, erano, di nuovo, tutti e quattro sulla piazza. Fausto aveva già cominciato ad apprezzare gli zucchini ripieni e non ci avrebbe saputo più rinunciare. Pupa e Lilla si stabilirono nell'appartamento che era stato di Lilla, mentre Ugo e Fausto rimasero in quello che era stato di Pupa, e divennero i migliori amici del mondo. Una festa. Chi non crede non conosce il caso, non conosce gli uomini, non conosce i tempi, non conosce gli adattamenti della vita e non conosce Milano. Ma non ha molta importanza; l'avvenire dirà chi era nel giusto. D'altra parte, prudenza nel giudicare: di fronte al pauroso problema della superpopolazione, è stato, a tutt'oggi, forse, trovato un rimedio migliore per la limitazione delle nascite? E allora, scandalizzarsi contro dei pionieri? Ma quando mai?

Copyright © 2002 by C.A.M.A. - Milano, Sipario Edizioni Tel. 39-02-29005557

Nota

Questa commedia fu rappresentata la prima volta a Milano al Teatro Sant'Erasmo l'11-1-63. le parti erano distribuite: Ugo: Antonio Venturi; Fausto: Corrado Pani; regia di Edmo Fenoglio.