I nipoti del sindico

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S E C O N D O

PAOLO TORRISI

I NEPOTI  DEL  SINDICO

Commedia in tre atti di

Eduardo Scarpetta

Adattamento di

PAOLO TORRISI

            Don Ciccio, ha pensato al mantenimento dei due nipoti orfani, Silvia e Felice. Quest’ultimo è il suo orgoglio, dal collegio dove ha vissuto e studiato non sono arrivate che lettere di elogi, mettendone in risalto le virtù. Mentre le lettere che gli arrivavano dall’educandato, dove ha vissuto e studiato Silvia, mettevano in risalto solo l’incorregibile  comportamento della nipote. Visto ciò, decide di lasciare tutti i suoi beni a Felice. Silvia viene a sapere questo ed allora, vestendo i panni del fratello, cercherà di difendere ed avere ciò che le spetterebbe e che le viene negato. A Felice non rimane che vestire i panni della sorella, per poter cercare di cambiare le  intenzioni iniziali dello zio… Alla fine, il Sindaco perdonerà la trovata biricchina dei nipoti…

Personaggi-      Uomini:  9              Donne:  8

n.b. -Commedia registrata S.i.a.e. n°361118/A; codice n°41491

-Prof. Paolo Torrisi

-via Abruzzo,3- 60025 LORETO (AN)

                     torrisipaolo@virgilio.it

                     tel. 071/978063;  cell. 349-7824237

In calce vi è un glossario per facilitare la lettura del testo.

PAOLO TORRISI

“I NEPOTI DEL SINDICO”

Personaggi per ordine d’entrata:

PEPPE                                                                                     l’oste

MARIETTU                                                                           el garzò

GIUVINA                                                                              la contadina

PASQUA’                                                                               el fratello

DON ANSELMO                                                                    el Sindico

ALFUNSI’                                                                              el segretario

MICHE’                                                                                  la guardia municipale

FELICE                                                                                  el nipote del Sindico

SILVIA                                                                                 la nipote del Sindico

DANIELE                                                                               el fidanzato

PROCOPIO                                                                            el custode

CESARINA                                                                            la cameriera

ANGELA                                                                                la Direttrice

GINA                                                                                     educanda

MARIA                                                                                  educanda

ADELE                                                                                   educanda

VIRGINIA                                                                             educanda

                                          

PRIMO  ATTO

                   Sito di campagna. In fondo due muri,con apertura in mezzo. A destra grande palazzina, con finestra praticabile, sulla quale vi sarà scritto “OSTERIA”. Fuori dell'osteria una tavola preparata,con intorno tre o quattro sedie rustiche, su una sedia un paniere pieno di fiori. A sinistra, altra palazzina, con finestra praticabile. Sulla facciata sarà scritto "ALBERGO DELL' ALLEGRIA".

             Scena 1^: Mariettu- Peppe- Pasquà e Giuvina.-

MARI- (dispone le posate di stagno sulla tavola)

PEPP- (entra e avvicinandosi) Su, famo presto! Emo da prepara' 'na tavula principesca! C'ho avuto ‘na fortuna da gné! Pensate, el novo sindico m'ha fatto sape' che stamattina vole veni' a vede la tratturia mia! Je fago truva' un pranzo che c'ha da leccasse le dita! (osserva la tavola) Ennà! Cusa so' ste pusate? (a Mariettu) Quesse so' de stagno!

MARI- Quali duvevo prende'?

PEPP- Quelle d'argento,animale!

MARI- (esce)

PEPP- Me dorme 'n pia! Solo pe' magnal é svelto. Jhè!...nun ce se pole fida' deI munelli de oggi! Che figura avria fattO cul Sindico!

MARI- (entra) Queste vanne bè? (dà a Peppe e aiuta a preparare)

PEPP- Essà, che vanne bè, so' d'argento!(prepara)

MARI- E cul cesto de fiori cu' ce devo ffa'?

PEPP- Lu pij e te metti dietro a cula finestra lì e 'spetti, senza fatte vede. Po', quanno io digo: "Signò, guardate che ve manna el cielo!?"…butti i fiori 'nte la testa del Sindico. Hai capito?

MARI- Va bè, ho capito!

PEPP- Nun te scurda'! Quanno digo: "Signo', guardate che ve manna el cielo!"

MARI- Ho capito!

PEPP- Oh, nun credo che te 'ndormi?

MARI- State tranquillo! (prende il cesto ed esce)

PEPP- Deve 'rmane a bocca operta! M'hanne ditto che sto Sindico nun pole vede le femmine. Le odia! Meno male che l'ho saputo, cuscì se me dumanna cu' ne penso, j risponno che la penso cume a lu'!

GIUVI-(entra gridando) Ahhh!...Ahhhh!... Mamma mia!…M'ha menato!… Me vole 'mazza'!... Me vole 'mazza'! (piangendo e portando le mani al viso)

PEPP- Cus'é stato, Giuvina? Dimme cus'é successo?

GIUVI- Mi fratello m'ha menato!...Me sta a cure dietro! Peppe, pe’ carità, difenneteme, che quellu me ‘mazza!

PEPP- Nun te preoccupa'!...

PASQ- (entra stravolto)

PEPP- Pasqua', me voj dì che è successo? 

PASQ- Gnente, Peppe!...Cose da gnente!...(a Giuvina) 'Ndamo a casa!

GIUVI- Nun ce vojo venì!...Peppe quessu me sbrana!

PASQ- Nun sgaggia', tantu è l’istesso! Me so' meso 'nte la testa da levatte e te levo!

GIUVI-   Uuuuhhh! Peppe, Peppe, Peppe…!

PEPP- Ma posso sape' almeno qual'è stata la causa de sto macello?

PASQ- Gnente, Peppe! Gnente. M'ha levato la cosa che a 'nomo è più cara. Se m'avria 'mazzato saria stato mejo! A me! A me: Pasquale Guerra, omo stimato da tutto el paese! Che pe' esse' troppo onesto, tu ce lu sai, ho patito la fame! Quanno duma' se sparge la voce: j amici mia nun me guarderanne più 'nte la faccia. A me! A Pasquà Guerra! (si lancia con rabbia verso Giuvina) 'Nfame, scellerata, disgraziata!...

GIUVI- (si fa scudo con Peppe) Uuuhhh! Peppe, Peppe !....

PASQ- Me sai dì che senso ha la vita tua, dopo quellu che hai fatto?

GIUVI- Nun è vero 'gné!... Io nun ho fatto 'gné!

PASQ- Sta zitta!       

PEPP- (deciso) No, tu adé la fai parla'! Vojo sape'. Sennò me pare da esse' el buccì! (a Giuvina) Parla!... Famme sape'.

GIUVI- Stanotte, cume al solito, stacevo 'nte l'aia a 'spetta' a lu' che 'rncasava. Quanno so' rintoccate le do', so' 'ndata 'n casa e ho 'custato le porte, nun l'ho chiuse, pensavo che da 'n mumento all'altro saria 'rturnato. Tanto ce lu so che al sabato j piace 'trattenesse 'n pughetto de più sa j amici. 'Ntanto le campane' hanne sonato le tre…l'ojo del lume s'era fenito e sarà perché so' 'rmasa all'oscuro: me so' 'ndurmita. Cu' 'n occhio solo però, perchè el pensiero ce l'evo sempre a lu'!...Defatti sento dei passi 'nte l'aia e me so' ditta: “Pasquà sai venuto finalmente! Nun ce la facevo più a ' 'spettatte”! 'Pena è buccato j ho ditto: “L’olio è fenito, 'piccia 'n fiammifero"! Quello, 'nvece, Peppe, nun era mi fratello…

PEPP- Nun era tu fratello?! E, chi era?

GIUVI- Era 'n birbante che m'ha 'ferrata…

PASQ- T' ha 'ferrata ...

GIUVI- E… m'ha bagiata.

PASQ- E, t'ha bagiata!

GIUVI- Questo é tutto,Peppe mia!      

PEPP- Ma, tu che hai fatto quanno…quanno t'ha <cusata>?

GIUVI- Me so’ mesa a lucca'! 'Ntel mentre è ‘rivato lu' e quanno ha ‘picciato el fiammifero: culù nun c’era più! Pasquà, j ha corso dietro, ma nun l’ha puduto truva'! Po’, quannu è rturnato a casa (si mette a piangere) m’ha dato tante de cule mazzate che nun ce la facevo più manco a strilla'!...

PASQ- Me so' pentito de nun avette 'mazzata!

PEPP- Adé feniscetela e nun j mette' più paura! E, cus'e? In fin de conti nun è successo gné! Pe’ un bagio, vulevi fa’ ‘na carneficina?

PASQ- 'N bagio nun è gné? 'N bagio a mi surella: nun è gné? Cusa dite, cumpa', eresie? Io entro oggi devo truva' a cul porco! Nun l'ho polsuto vede' 'nte la faccia, perché erimi allo scuro, ma credeteme, cumpa', che el paese lu metto sottesopra e se c'ho la fortuna de 'chiappallo, do' so' le cose: o se sposa a mi surella o lu scanno cume 'n peguro'!

PEPP- Pasqua' t'ho ditto da fenittela! C'ho la cistefellera tutta tarlata e i dispiaceri me fanne male!

PASQ- (sempre più arrabbiato) Vié via! 'Ndamo a casa!

GIUVI – Uuuuuhhhh!…Cumpà, cumpà, cumpà!?

PEPP- (insieme a Giuvina) Uuuuuhhhh!…cumpà, cumpà, cumpà! Dimme su te: propio stamattina s'e meso a ffa' la grannula! (a Pasquale) Cumpa', fateme sto piacere: p'adé la lassate sta' qua e po' stasera ve la porto...Magari ve sarete calmato 'n pughetto! Va bé?

PASQ- (dopo breve pausa) E, va bé! Se sta cu' vo': me sta be’! (gira le spalle,accende sigaro)

PEPP- Giuvi, bocca drento!

GIUVI- (si avvia piangendo)

PEPP- (la segue) Basta a piagne. Vedrai che tutto se 'giusta!

GIUVI- (piagnucolando) lo nun ne so gnente…Io stacevo allo scuro…ho ditto:  “‘Piccia ‘n  fiammifero”!...(entra)

PEPP- Eh! E quellu s’è ‘picciato! (sta per entrare pure lui, ma poi si gira e accenna dei passi verso Pasquà) Sentite, cumpà…

PASQ- Lassateme sta’ adé! ‘Ndate 'n po' via! ...

PEPP- (avviandosi) Me sa che è mejo! Se la pipasse sa me... (entra)

PASQ- Mannaggia a lu'l C'ho el palatigu tutto 'mbruscato!…M'ha 'velenato el fedigoI Ma se lu ‘chiappo!...

 

                  Scena2^:- Pasquà- Anselmo- Alfonso e Michè.-

               (Vocio e applausi fuori scena: "Evviva il Sindaco!)

ANSE- (da fuori) Grazie! Va bene, mi ricordero! (entrando) Grazie, troppo buoni! Grazie! (girandosi) Miché, nun li ffa' buccà qui.

MICH- (facendo il saluto) 'Cellenza scì!...Ciové: va bene 'cellenza! (cammina in fondo a passi lunghi)

ANSE- (verso il segretario,che l'ha seguito) So' privo de ffa' 'n passo, che tutti…(mima: dietro in processione) E, cus’è?

ALFO- Illustrissimo, ve deve ffa’ piacere, perché vole dì che il popolo vi ama, e giustamente, perché ve lo meritate sotto tutti i punti. Un uomo come voi, qui, non c'è mai stato!

ANSE- Grazie, segretà!

ALFO- Ma che grazie, è la verità! Vo’ avete un cuore nobile, sentimenti nobili! L’altro Sindaco se faceva odiare, per l’arroganza e la superbia


ANSE- Cussù, pe' cume 'nsapona, duveva ffa' el barbiere, altro che il segretario! (verso Pasquà) Cul'omo lì, però, nun so se c'ete fatto caso, quanno m'ha visto s'è girato dall'altra parte! Nun m'ha calculato pe' gné!

ALFO- (meraviglia) Possibile? Forse non sa che voi siete il Sindaco. 'Spettate un momento.(si avvia)

ANSE- Segretà, lassate perde…nun ce tieno, lassate sta'!

ALFO- Ce tieno io, però!(si avvicina e guarda Pasqà)

PASQ- (guarda anche lui…infine imbronciato e duro) C' ete da dimme calcò?

ALFO- (impaurito) Sì…No…Cioé si! Vi volevo dire che quel signore là è il nuovo Sindaco.

PASQ- El Sindico novo?! (si leva il berretto e si avvicina) Scusate 'cellenza, ma nun c'evo fatto caso, perché stacevo a pensa' a certi fatti mia. A certi fatti che Vo', cume Sindico, duvristi sape'!…Ma nun m'emporta. Ce penso io! Solo io c'ho el curaggio de mette' a posto tutto! Perché cume me brugia a me, nun j brugia a nisciù! Se deve perde' el nome mia, nun me chiamo più Pasquale Guerra, se drent’oggi nun sbrojo sta matassa! Perché… (dà in escandescenze con mimica di rabbia) La risolvo io la questiò! (inchino) Servo vostro, 'cellenza! (esce)

ANSE- V'evo ditto de lassallo sta', che nun ce tenevo, ma ete fatto de testa vostra! Chissà cu' chi ce l'eva? Chissà cusa j sarà successo? Boh! Avrà fatto cagnara sa calchidù!

ALFO- Ma che v'importa? Che v'importa? Sono affari che non ve riguardane! (cambia discorso) Allora, signor Sindaco, volete pranza' qui?

ANSE- Cu' dite? So' venuto quì perché me n’hanne parlato tanto bene! Dicene che hanne un  certo vinello…Magari assagerò calcò! Cuscì, tanto pe’…

ALFO- Avevo fatto prepara' el pranzo!...

ANSE- E, avete fatto· male! Chi te l’eva ordinato? (siede) A casa, la cuoca, ha preparato certi piatti che, mi nipote Ferlice, se deve lecca' le dita! 'Riva oggi da Milano.

ALFO- Ah,perché avete un nipote? Nun ce lu sapevo...

ANSE- Ho un nipote e 'na nipote. Se ve racconto 'na cosa, manco ce credete!

ALFO- Ma vi pare!

ANSE- Ho un nipote e una nipote, che non conosco. Nun l'ho mai visti!

ALFO- (sedendo) Questa è bella! Come mai, scusate!

ANSE- Ecco qua! Mi fratello, bon’ anema, s’innamorò de 'na verduriera.

ALFO- (sconcertato) Verduriera!?

ANSE- Sci! Cume ve devo dì: erbivendola…’fruttarola! Io, naturalmente, da cuI giorno, de lu' nun ne ho volsuto sape' più gnente! Pe’ la famija nostra, che socialmente…(mimica) è stata ‘na vergogna. Cuscì pe’ sette anni nun ce semo più visti, né parlato! Durante sti anni, mi fratello cu' ‘ssa verduriera, erbivendola o fruttarola, ebbe do' fij: un maschietto e 'na femminuccia. Nun se la passava be’ e quanno è ‘rivato cu' l'acqua a la gola, venne da me.…Vuleva ffa' la pace. Siccome m'ero appena alzato e mi trovavo ancora in pigiama, so' 'ndato in camera pe' vestimme, e lu' 'ntel mentre n'ha approfittato pe' opri' el cassetto de la scrivania. Ha preso 40.000 franchi, tutti titoli al portatore e…(mima)

ALFO- Possibile? Vostro fratello?

ANSE- Eh, mi fratello! Cuscì scappò via cu' i titoli e la fruttarola! Cu' pudevo ffa'? Trattandosi de mi fratello: nun l'ho denunciato, ma nun l'ho volsuto più vede'. In seguito seppi che 'rturnò in Ancona, ma    quanno j murì la moje è 'ndato via de novo!

ALFO- Ah, la fruttarola morì!

ANSE- Scì e tre anni fa è morto pure lu'!

ALFO- E, i figli ndo’ so’ morti?

ANSE- I fij…Ma cu’ dite? I fij so' vivi! V'ho ditto che ‘spetto a mi nipote Felice!

ALFO- Già, me so’ lassato prende dalla mortalità!  Sicché ‘spettate el nipote maschio!?

ANSE- Perfettamente! Lu' è 'rmaso a Milano, pe' studiare. E' bravissimo! Pensate che cunosce quattro lingue: 'na volta m'ha scritto in francese, 'n’antra in inglese! M’ha scritto ‘na cartolina pure in Milanese!  Insomma è molto edotto!

ALFO- E, la femmina?

ANSE- La femmina? Seppi che mi fratello l’eva lassata 'nte 'n educandato de qui oltra…me pare S.Severino. A lia nun ce penso pe' gné! Nun la vojo vede! Nun so cum'hanne fatto a sape' che so' el zio e ogni tanto me 'rivane lettere 'ndo' ce sta scritto ch’è una ragazza insopportabile, che nun bedisce e che vole 'nda’ via da lì. lo a ste lettere nun ho mai risposto e se pe' caso j passa pe’ la testa da venimme a truva', j fago taja' i capelli a zero e la fago chiude 'nt’un convento de moniche!

ALFO- Eppure io dico, che se la vedete…

ANSE- Segretà, vi prego, nun me ne parlate! Quella avrà preso tutto da la fruttarola, da la madre! 'Pena mi nipote Felice ’riva: fago testamento. J lasso in eredità tutto quello che c'ho e a lia manco 'n centesimo!

ALFO- Quello che fate vo’:  è fatto bene!

ANSE- Chiamate l'os'te, che me s'è sciuccata la gola!

ALFO- Ehi oste?!...Qualcuno!?...

                  Scena3^:- Peppe-Alfonso-Anselmo-Miché.-

PEPP- (entra) Eccheme! Chi è che me vole?

ALFO- Come chi ? Questo è il Sindaco!

PEPP- El Sindico? 'Cellenza lustratissima, perdunate se nun so' scappato prima, ma stacevo 'n cucina a prepara', appunto pe' la vostra signora lustratissima! Chi se l'aspettava mai sta furtuna? La Tratturia, la lucanna e tutto quello che tieno Iu metto a disposiziò de la sua ‘cellenza illustrata, perché sete ‘n omo generoso e sensibile!...(scandisce) “Signò, guardate el cielo cusa ve manna!?”…

ANSE- Che me manna?

PEPP- Cume che ve manna? (imbarazzo e sguardi verso la finestra) Ve manna…ve manna quello che meritate!…Tutto el paese ve porta sul palmo de le ma’!...Un Sindico cume a vo’ no’ nun ce l’emo mai avuto…e allora cu’ ve posso dì?... “Signò, state a vede cusa ve manna el cielo!”

ANSE- Ma se pole sape’ cusa me manna?

PEPP- (a mezza voce disperato) Je pijasse...De sciguro se sarà 'ndurmito! (al Sindaco) Vedete…no’ semo gente a la bona e famo quello che pudemo…ma sapete…tante de cule volte s’accetta el pensiero! (forte) “Signò, guardate el cielo cusa ve manna!”

MARI- (ha sentito e butta i fiori lontano dal Sindaco)

PEPP- Guarda te ndo’ l’ha buttati…Je pudesse pijà ‘na cagarella! (ad Anselmo indica i fiori) Signò, l’ete visto che v’ha mannato el cielo?

ANSE- Ah, i fiori!...Solo che il cielo l’ha mannati troppo in là!

PEPP- A dì la verità ve duvevane ‘riva’ su la testa, ma po’ ho pensato che ve pudevene da' fastidio e allora…

ANSE- Ma che fastidio…Siete stato troppo buono!

PEPP- (con inchini pacchiani) Dovere lustratissimo, dovere! Donca, ‘cellenza, ve piaceria magna' qua de fora?

ANSE- Ma che mangiare?! Ti ringrazio, ma siamo venuti solo per assaggiare il tuo vino, dicene che è tanto bono!…Ce l’hai un posto dove se pole sta un po’ appartati?

PEPP- C'ho tuttu quello che cumannate, lustratissimo! (indietreggiando con inchini, per lasciare il passo) Favorite ‘cellenza! Buccate eminenza!...

ANSE- Adé so’ diventato Cardinale! (chiama) Miché?

MICH-  (attenti e saluto) Cumannate!

ANSE- Cala giò 'ssa ma’!...Va in Municiopio e se dovesse ‘rivà o fusse già ‘rivato mi nipote, me lu vieni a dì subito!

MICH- Va bene ‘cellenza! (saluto)

ANSE- E, nun m’andà via de testa cume sempre!

MICH- Nossignore!...(attenti e saluto) Cumannate ‘cellenza!

ANSE- T’ho già cumannato, quante vo’ te lu devo dì? Curi, va in Municipio!

MICH- Va bene! (saluto)

ANSE- E cala giò ssa ma’!

MICH- Sissignore! ( va sul fondo e cammina a lunghi passi parlando tra sé)

ANSE- (ai due) Duete sape’ che cul puretto s’è giugato pe’ quattr’anni ‘na quaterna e nun j era scappato mai un numero. Do’ settimane fa nun se l’è giucata e i numeri j so’ scappati tutti e quattro! Perciò è 'ndato via de testa!

ALFO- Ce credo, puretto!

PEPP- Che disgrazia!

ANSE- (osservandolo) Ecchilo! Pare un leo' nte la gabbia! Michè?

MICH- (di corsa e saluto) Cumannate, 'cellenza!

ANSE- Cala sta ma'! J ho raccuntato el fatto de la quaterna!

PEPP- Adé j pija 'n colpo!

MICH- Eh! Uno, ventuno, cinquanta e ottantatre! (ripete più volte)

ANSE- Ete visto? Fa sempre cuscì! Io j dago j ordini e lu: “uno, ventuno, cinquanta e ottantatre!” (gli va vicino) Dunque, hai capito quello che t'ho ditto prima?

MICH- Sissignore!

ANSE- Cala giò sta ma' o te la fago ingulla'! Va in Municipio!

MICH- Subito! (saluto, si gira e  via)

ANSE- (avviandosi) 'Ndamo drento e vedemo se sto vino è bono cume dicene!

PEPP- 'Nte la bocca vostra deventa ancò più bono, 'cellenza!

ANSE- Se è bono: è bono 'nte la  bocca mia, 'nte la tua e in quella de tutti! (entrano) 

MICH- (fa capolino e chiama Peppe) Psss!...Uhé!... (e si ritrae)

PEPP- (si gira e non vede nessuno) Boh!?...(fa per entrare…)

MICH- (riappare e come prima) Uhé!...Digo a vo’!

PEPP- Di te a me? Cu' vulete?

MICH- lo a st'ora, segondo vo’ saria un guardio municipalo? Avante, diteme cusa saria?

PEPP- E cusa ne so?

MICH- lo a st'ora saria 'n principe!

PEPP- Ah!

MICH- Oh, me li so’ giugati pe' quattr’anni, me li so' giucati!

PEPP- Scusateme, ma lì drento c'è el Sindico…

MICH- El sindico? E, cusa saria stato de fronte a me el Sindico? Su, dimme! Cusa saria stato?

PEPP- (tra sé) Tutti da me vienene a piagne’?...Cusa ne so' io?!

MICH- Io saria stato un trave e lu' un pelo de capello!

PEPP- Imbéh, cu' ce pudete ffa'?!  Adé lu' è un trave e vo’ sete un pelo de capello! 

MICH- Il destino infame ha vulsuto cuscì! Ma perché? Perché? Perché?... “Uno, ventuno, cinquanta e ottantatré!” (esce ripetendo più volte)

PEPP- Famme nda' che me spetta el trave…ciué el pelo…ma cu digo? Quessu m'ha fatto 'nda' via de testa pure a me!...El Sindico! (entra)

                     Scena 4^:-  Daniele e Silvia-

DANI- (entra dal fondo,con' valigie.Si guarda intorno e poi…) Silvia, vieni, nun avé paura! Nun c’è nisciù!

SILVI- (entra- vestita da educanda) Danié, sapessi cume me sta a batte' el core! Vojo 'rturna' al cullegio!

DANI- De cusa hai paura? Nun credi a quello che t'ho ditto! Tu nun me voj be’ pe’ gnente!

SILVI- Se nun te vulevo bene: nun avria fatto quello che ho fatto!

DANI- Allora perché fai cuscì? Curaggio! Sennò me perdo d'animo pure io.

SILVI- Nun voi capì lu stato d'animo mia! Credi che pe' me e stata 'na cosa da gné fugge dal cullegio? (ricorda) Le cumpagne mia, durante la ricreazziò, ridevane e scherzavane!..Solo io, giaccia de sudore,  tremavo cume 'na canna foja solo a pensa’ a  quello che duvevo ffa’! So' riuscita a fugge, perché Procopio, el custode, è 'ndato a cumprasse 'n sigaro dal tabaccaio, de fronte al cullegio! Pe' la strada curivo e piagnevo! (con voce commossa) Pe' dodici anni so' stata 'nte cuI collegio…La Direttrice, pe' me, nun era la direttrice, ma la mamma! Le cumpagne erane cume surelle e io l'ho lassate cusci…Nun l'ho manco bagiate! Nun te pare questa 'na prova d'affetto?

DANI- C'hai raggiò, Silvietta mia! Sta scigura però,che io te vojo be' e te saprò ffa’ felice!

SILVI- Bada però, che duemi fa’ tuttu quello che ieri t’ho scritto ‘nte la lettera

DANI- Essà! (prende dalla tasca) Ecchela qua!

SILVI- Cu’ ce sta scritto?...

DANI- (legge) “Domani fuggirò da questo luogo e verrò da te come tu desideri, ma ricordati che prima devi accompagnarmi da mio zio. Tenterò di farmi perdonare. Se lui non vuole ricevermi e riconoscere: allora verrò con te in Ancona, dove spero che manterrai le tue promesse.”

SILVI- Hai capito?

DANI- Ma si, fago tuttu quello che voj tu!

SILVI- Dopo che zì m’ha perdonato: te presenti. Cuscì poi ce spusamo.

DANI- Se invece zito nun ne vole sape’: ce pijamo le valigie e te porto a casa mia, da mi madre! Adé sistemamo le valigie, cuscì te poj ripusa’ un pughetto. 'Ntel mentre cerco de sape’ ndo’ sta de casa zito, el Sindaco! (chiama verso l'Albergo)) Ehi! Albergatore! Cameriere! C’è qualcuno?.

              

               Scena 5^-:  Peppe-Daniele-Alfonso-Silvia-Mariettu.

 

PEPP- (entra) Eccheme! Cumannate!

DANI- (che se l'è trovato alle spalle) Cus'è io ve chiamo davanti e vo' me rispunnete de dietro?

PEPP- Stacevo 'nte l'Osteria. L'Albergo e l’Osteria è tutta ‘na cosa!


DANI- Allora siete l'albergatore?

PEPP- Sissignore!...Desiderate?

DANI- Una stanza...ma per poche ore. Partiamo subito!

PEPP- Poghe o tante: sempre 'na giurnata pagate!

DANI- Non importa, basta che mia sorella riposa un po'!

PEPP- Ah! Quella è vostra( fa il verso)  “sorella… là,là”!

DANI- Sissignore! Sorella…là,là!

PEPP- E va bé! (chiama) Mariettu!

MARI- (entra) Cumannate?

PEPP- 'Cumpagna sti signori 'nte la stanza numero tre!

MARI- Va bé! Venite cu' me! (prende una valigia)

DANI- Fa strada! (a Silvia) lo adé m'informo 'ndo' sta tu zio e po' te vieno a prende'. (la fa entrare)

PEPP- (a parte, ma che Daniele senta) Fratello…sorella…M'hanne preso pe' ‘n ciambotto!?...

DANI- Diteme ‘na cosa: vulete esse’ pagato a soldi o a calci?

PEPP- E perché?

DANI- Perché state a maligna'! Sta a vede che un fratellu e ‘na sorella nun polene viaggia’!? Tenete,queste so' cinque lire.

PEPP- (prende i soldi e dopo) Fratello e surella!...

ALFO- (entra) Oste,il sindaco vi chiama da mezz'ora e voi state qua?!

PEPP- Scusate! Vieno!...(esce)

DANI- (ha guardato con sorpresa) Alfunsì? Cus'è, nun me 'rcunosci?

ALFO- Toh! Daniele! Cume mai da ste parti?

DANI- Pe' certi affari…E cume mai tu te trovi quà?

ALFO- Eh,caro mia,adé ho meso la testa a posto,nun so' più quello de 'na vo’!... Oggi, occupo un posto importante!

DANI- E che posto?

ALFO- Sono il segretario del Sindaco.

MARI- (esce dall'albergo per entrare nell'osteria)

SILVI- (Si affaccia alla finestra dell'albergo)

DANI- Il segretario del Sindaco? E quale sindaco?

ALFO- Oh bella! Il sindaco di questo paese. Il barone Anselmo Peretta.

DANI- Possibile? E tu' sei il suo segretario?

ALFO- Io, si!... perché che c'e?

DANI- No, gnente!...Allora tu lu sai ndo' abita el Sindaco?!

ALFO- Sciguro! Ma perché lu voj sape'?

DANI- Oh, io te digu tutto, ma me devi prumette’ che nun dighi gnente a nisciù!

ALFO- Dimme!

DANI- Alfunsì,io fago l'amore sa la nipote de stu Sindaco!...Stava nell'Educandato de S.Severino…

ALFO- Lu so. Me l'ha ditto che c’eva 'na nipote nte 'n culleg gio de S.Severì!

DANI- Tre mesi fa, so' ndato nte la villa che c'emo, a S.Severì e la finestra de la camera mia dà propio ntel giardino del collegio…La prima volta che l'ho vista, me 'rcordo, passeggiava 'ntel giardino…Cusa te devo dì: me so' 'nnamurato all'istante! Nun passava giorno che nun je scrivevo 'na lettera e je la buttavo drento 'n'ajola e lia, a la sera, la risposta me la faceva truva' ntel marciapiede, fora dal cancello.

ALFO- Insomma 'na cotta de quelle bé!

DANI- Adé sta qui sa me. E' scappata dal cullegio, ma prima de nda’ ,sa me,in Ancona, vole vede el ziso pe’  fasse perduna'!

ALFO- Stai fresco! Dije che mancu ce deve pensa’!

DANI- Perché?

ALFO- Perché su zio nun la vole senti' manco sentì a numinà! Appena do' minuti fa me l'ha ditto:“Se mi nipote s permette de venì da me, je fagu tajà i capelli a zero e la chiudo nte ‘n convento!"

SILVI- (si mostra addolorata)

DANI- Ah! Ha dittu cuscì? Allora me cunsiji de nun andacce?!

ALFO- Appunto! Ha dittu che tutta la roba sua la vole lassa’ al fratellu, quellu che stava a Milano e che deve ‘riva’ qui stamattina…Je lassa tutto a lu e a la nipote manco un centesimo!

DANI- Te pare ‘na cosa fatta be’?

ALFO- Cu' ce voi fa'?... Dimme su te cusa deve esse' la fortuna? 'Riva stu Felice e zito, senza che manco lu cunosce, perché ha dittu che nun l’ha mai visto: lu fa padrò de tutta la robba sua!...Piuttosto, famme bucca’, che se ha bisogno e nun me trova, se pole pure arrabbia'!

DANI- Scusa, chi se pole arrabbia’?

ALFO- Il sindaco.

DANI- Il sindaco sta li drento?

ALFO- Scì!...Se sta a magnà 'na bistecca de sta purtata!...Degià s'è bevuto 'n litro de vì!

DANI- Dimme e se vedesse adé la nipote?

ALFO- Manco ce devi pensa'. Se la vede je fa tajare i capelli e la chiude 'n convento! Se je voi veramente bé, pijala e portala in Ancona. (entrando) Ce vedemo!

DANI- Guarda che bella nova cj ho avuto! Se je lu racconto a Silvia,  manco ce crederà!

SILVI- Ce credo, ce credo! Ho sentito tutto quellu ch’ete ditto!

DANI- Ah, tu stavi lì e hai ‘nteso?... E adé cu’ voj fa'? E’ mejo che 'ndamo in Ancona. Se zito sa che sai qui è peggio! L'hai sentito? Te taja i capelli a zero e te chiude nte 'n convento! Tu spettame lì, che adé vago a cerca’ ‘na carrozza e po' ce ne 'ndamo. Hai capito?

SILVI- Scì! Fagu quello che voi tu!

DANI- Nun ce metterò tanto! (esce)

SILVI- No, no e poi nò! Prima de nda’ in Ancona vojo pruva’ a parla’ sa zì! (ha un’idea)…E se io…(entra)

                Scena6^ :-Felice-Peppe-Mariettu-Pasquà-

FELI- (entra trafelato e stanco) Mamma mia juteme!... Io moro! E miga ce la fago più a cure! Che nuttata che ho passato!...Pensate, so' 'rrivato in Ancona, ieri sera, dopo un viaggio de sette ore…sa ‘na fame e ‘na sete che manco ce vedevo più!...Alla prima trattoria che ho truvato ho magnato e bevuto…A dì la verità: più bevuto che magnato…e 'n po' allegrettu ho dumannato all'oste la strada pe' 'riva' qui in paese e lu: “Da cula parte là!...però,duvete sape' ch'è 'na bella passeggiata!" E s'è fatta 'na risata! La serata era belIa e io c’evo voja de camina', se nun altro pe' schiarimme 'n po' la mente!... Era passata 'n’ora e mezze e 'ncora nun 'rivavo!…La notte se faceva più nera e c'evo pure 'n po' de paura, me sentivo sperduto e me so’ meso a pregà tutti i santi e 'ntel mentre che pregavo, ecchime che me so' truvato nte 'n'ara…vago avante e trovo 'na porta: era operta: bocco!...Vulevu dumanna' 'ndo' me tru­vavo…Tuttu d’en botto me so' sentito afferra' da 'na mano morbida morbida e 'na voce serafica che m'ha ditto: ”Pasquà, final­mente sai 'rrivatu? 'Piccia 'n fiammifero!" Cusa ve devo dì, manco io ce lu so, ma sarà stato el vì o quello che è stato: el fiarmnifero s'è ‘picciato davé! Me la so’ ­mbracciata e bagiata… S'è mesa a sgaggia'!… E' buccatu el fratello: " Chi è? Chi ce sta chi drento? Je vojo strappà el core!" Capirai, ho lassato tutto quello che c’evo pe’ le ma' e me so’ meso a curre!...Dalla fuga ho operto 'na porta, oh e nun era 'n armadio? 'Ppena ho truvato la porta giusta me so meso a cure senza smette mai!... Me so' fer­mato 'pena adér!... Ho la gola che me brugia! Cj ho 'na sete…Se pudessi ave’ almeno un bicchiere d’acqua!?C’è nessuno?

PEPP- (accorrendo) Cumannate?

FELI- Scusate, nun vurria disturba', ma se pole ave' 'n bicchiere d'acqua?

PEPP- Acqua? Ve pare che qui c'emo l'acqua? Se vulete ve posso da' 'n bicchiere de vi!

FELI- Scì, dammene 'n antro po'! lo vulevo 'n bicchiere d'acqua.

PEPP- L’acqua nun ce l’ho, se vulete l’acqua dovete nda’ da cula parte là (indica il fondo) passate la grotta…truvate la strada nova…caminate sempre drittu…a un certo punto girate a manca e de fronte truvate la funtana e lì pudete be’ tutta l’acqua che vulete!

FELI- Grazie tante! (si avvia, ma poi ritorna) Scusate, ma c’è tanta strada, pe’ truva’ sta funtana?

PEPP- Tre chilometri.

FELI- Tre chilometri? Ho capito, purtateme mezzo litro de vì e 'na pagnotta.

PEPP- Ve piace fa la zuppetta, è vé?

FELI- Scì, me piace fa la zuppetta.

PEPP- Mariettu!

MARI- (da dentro) Cu' vulete?

PEPP- Porta mezzo litro e 'na pagnottella!

MARI- Va bene!

PEPP- Metteteve a sede che ve fago assaggia' 'n vino che nun ete mai bevuto!

FELI- Ce lu so che da ste parti el vì è bono!

MARI- (entra) Ecco el vino e la pagnottellata! (posa)

PEPP- Signò, provate sto vì e diteme la verità!

FELI- (versa,ma viene interrogato da Peppe ancor prima di bere)

PEPP- Cum'è, cum'e?

FELI- Cume fago a divvelo se manco l'ho assaggiato? (beve)

PEPP- Cum'è,cum'è?

FELI- Bono! Se sente l'uva 'nte la bocca!

PEPP- E' fatto senza bastò! Genuino.

PASQ- (entrando) Peppe mia,Peppe mia!… me sentu murì da la cuntentezza!

PEPP- Che è successo?

PASQ- Famme mette a sede! Famme mette a sede!

PEPP- Qua ce la sedia…Mettete a sede!

PASQ- (a Felice) Permettete? (siede) Peppe ho truvato a cula carogna de stanotte.

FELI- (che aveva messo in bocca un pezzo di pane,resta col boc­cone in bocca…lazzi dei tre)

PEPP- Dighi davé? e 'ndo' sta?

PASQ- Deve 'rriva' oggi. Se deve ‘ncuntra’ sal ziso…e sai chi ènne el ziso?

PEPP- No!

PASQ- E' el sindico in persona!

FELI- (gli va di traverso il vino)

PASQ- (dopo aver calmato a Felice) Scolta, Peppe, a me me pare che custù nun ce sta sa la testa, sarà mejo che l'assecundamo? Peccato cuscì giovane!

PEPP- Va bé,ho capito!...(tornando al discorso) Il Sindico? E da chi l'hai saputo?

PASQ- Pe' puro caso, Peppe mia!... Quann'o so' 'rturnato a casa: ho truvato sto purtafojo vicino al letto de Giuvina?

FELI- (lazzi)

PASQ- Nun pudeva esse che el sua! Drento c'erane do' lettere del zio. Dice che l'aspetta quà, 'nte sta piazzetta, giorno 25 Aprile…oggi quante ce n’emo?

PEPP- Venticinque!

PASQ- Donca,deve 'riva' oggi. Po' ce stacevane 15 lire e sti bijetti da visita...(legge) Se chiama Felice Sciosciam­mocca.

PEPP- E il Sindaco propio cuscì se chiama. Sai sciguro…Hai dittu be’?

PASQ- Toh!...leggi da petté.

PEPP- (prende il biglietto e lo guarda in tutti i versi e poi) E io miga so legge'! (restituisce)

PASQ- Scusate,signò,cusa ce sta scritto qua?

FELI- (lazzi) Fe…fe-fe…Felice sciò…sciò…Sciosciammocca! (ridà il biglietto)

PASQ- Hai sentito?

PEPP- E adé cusa vuristi fa?

PASQ- Cusa fagu? Vago sotta al palazzo del sindaco e nun me movo da lì! ‘Ppena ‘riva el nipote, una e do’: o se sposa a mi sorella o je dagu ‘na curtellata ntel core!

PEPP- Ci hai raggiò! Cusci 'mparane a rispetta’ le fijole oneste.

PASQ- Guarda la cumbinazziò! Propio el nipote del Sindico!

PEPP- E figurate che el Sindico ha vuluto che Giuvina stacesse seduta vicino a lu! Ha vulsuto pure sape' chi era.

PASQ- Perché il Sindico ndo' sta?

PEPP- Sta drento! E' venuto p'assaggia' el vì mia!

PASQ- Allora entro pure io e senza che se necorge me metto dietro de lu cume 'na sentinella…Ennà!  'Ndo' va? Deve 'rriva' sto nipote!

PEPP- Hai ditto bé!

PASQ- Ndamo, Peppe, entramo!…(entra)

PEPP- Ne vulete anco’ de vino? Me sa che cussù cj ha le furmelle!

FELI- (balbettando) Quanto pago?

PEPP- Undici soldi!

FELI- (paga facendo cadere nel piatto i soldi a mo di musica)

PEPP- Cusa ve vulete fa’ ‘n antro saltarello?

FELI- Pijateveli tutti! Nun me frega se ce ne so' de più.

PEPP- (raccogliendo) Grazie tante! (via)

FELI- Adé cume fago a presentamme a zio? Me vuleva lassa tutta la roba sua, perché ero 'n ragazzo serio… Se vié a sape' quello che m'è successo: lassa tutto a mi sorella! Che po' lia nun se ne fa gnente,perché sta 'n collegio, nun cj ha spese!... Nun me posso presenta' sa cula sentinella che je sta vicino…Sarà mejo che je scrivo 'n bijetto…(prende dalla tasca carta e matita) “Amato zio, colgo l'occasione che un amico si reca costì e vi scrivo questo biglietto, per dirvi che mi trovo a letto con una forte febbre… (si tocca la fronte) Ce l'ho davé la frebbe!...Spero di potervi abbracciare fra otto giorni. Vostro nipote Felice.”

                         

               Scena 7^:-Felice- Mariettu- Silvia- Procopio- Michele.-

MARI- (esce dall' osteria)    

SILV- (compare alla finestra)

FELI- (chiama Marietto) Scusa,giovanotto, me poj dì se el Sindaco sta li dentro?

MARI- Sissignore!

FELI- Allora va e dagli questo biglietto!

MARI- E chi jelu manna?

FELI- Il nipote che sta a Milano…L'ho portato io perché dovevo venire da queste parti per certi affari.

MARI- Va be’! (prende)

FELI- Mi raccomando, io vado via!

MARI- Jelu dago subito!

FELI- Grazie! (esce)

MARI- De sciguro el sindico me darà 'na lira.

SILVI- (che ha sentito tutto: chiama Mariet) Psss! Ehi! Dove vai?

MARI- A purta' stu bijettu al sindico.

SILVI- Bravo! J porti el bijettu senza manco sape’ quello che ce sta scritto? E se ce stanne scritti insulti…minacce e po’ se la pija sa te?

MARI- Ma cu’ dite? (mostra preoccupazione)

SILV- Dà qua!

MARI- Tenete…leggete!

SILV- Famme vede. (legge fra sé) Ennà! adé scì che facevi culaziò, pranzo e cena! (mima bastonate)

MARI- Perché, scusate?

SILV- Come perché? Senti 'n po' cusa ce sta scritto: "Signor sin­daco, voi siete una rapa e avete voluto essere sindaco per rubare, perché siete un ladro!"  Hai capito?

MARI- Altro che  lira…! 

SILV- (strappa il biglietto) Va drento e nun oprì bocca!

MARI- E chi la opre ? (via)

SILV- Cuscì mi fratello 'riva fra otto giorni!... Zio nun cuno­sce né a me,né a lu…Adé ce penso io a preparatte ‘n bel piatto! (rientra)

PROC- (entra piiagnucolando) Catarina, anema santa, juteme! Che guaio!... che guaio!... e tutto pe' cosa? Pe' 'ndamme a cumprà 'n sigaro. Era mejo se nun ce ndacevo! Però quella s'era mesa 'ntesta da scappà e l’avria fattu lu stesso!...Tanto, se nun era oggi, era duma'!... Moje mia…Catarina juteme! Nun l'hai ntesa da lassù a la direttrice quannu m'ha ditto: "'Ndate, curite, duvete sape' ndo’ è 'ndata la ragazza, sedonca guai a voi! Voi,eravate daccordo sa lia! Voi ve sete fatto vincere dal denaro!" A me me se dicene ste cose? A Procopio Ciaramella st’insulti? Oh, mamma mia!...Aneme sante del purgatorio… Catarina, moje mia, juteme! (continua a piagnucolare)

MICH- (entra di corsa con  in mano la lettera. Vede Procop- e gli si avvicina) Cusa c'ete?...Ve sentite pogo bé? Ete bisogno d' ajuto?

PROC - No, gnente, grazie! Stacevo a parla' sa mi moje Catarina!

MICH- A scì?! (la cerca) E 'ndo' sta?

PROC- (meraviglia) Cume 'ndo' sta? Sta lì: 'ntel cielo! E' morta da do' anni! (ripiange) Me vuleva 'n sacco de bé!... Quanno me succedeva calcò de storto: era lia che me daceva curaggio, me cumpativa, me sciuccava le lagrime!...

MICH- Nun pe' sape' i fatti vostri, ma ete avuto calche picculo dispia­cere?

PROC- 'Na ruvina!... 'n cataclisma!... 'n cataplasma, altro che picculo dispiacere!...Duete sape’ che io so’ el custode custode del cullegio che sta a S.Severino e stamattina, 'ntel'ora de la ricreazziò, le ragazze so' scese giò 'ntel giardino pe' passeggia'…Io so' 'ndato a cumpramme 'n sigaro…e 'ntel medesimo tempo nun é scappata 'na fjiola?... Tra l'altre cose è la nipote del sindaco de sto paese! Me capite adé? Cj ho ragiò a disperamme nte 'ssu modo??

MICHE- Iiiiiiiiiihhhhhhh!!!!! (molto lungo) Chissà che me pareva che fusse successo! E quessu cus’è: gnente!

PROC- Ma nun lu capite che culora volene la ragazza da me? Dicene che l'ho jutata io a fugge?

MICH- Iiiiiiiihhhhhh!!!!!!

PROC- Che me volene manna' via dal cullegio!

MICH- Iiiiiiiiiiihhhhhhh!!!!!

PROC- Che posso fini' 'n galera!

MICH- Iiiiiiihhh!!!! Quessu è gnente 'n cunfronto alla disgrazia che ho passata io! Seh!

PROC- (dopo averlo guardato) Cussu' è 'n antro disgraziato cume me!

MICH- (ch'era rimasto a mordersi le mani) A vo’ ve n’è scappata una… a me: quattro!

PROC- Ennà! Quattro? E l’ete passata liscia?

MICH- Liscia? Me staceva a pija' n’infarto! So' 'rmaso otto gior­ni senza pude' parla'!...Ce lu sapete che adé dormo sa 'n occhio chiuso e sa cuI ' altro operto?

PROC- De notte deve esse' 'ncora più brutto!

MICH- M’ha tuccato la nervatura! Nun me dago pace!...

PROC- Ce credo!  Però pure vo',ve ne sete lassate scappa' quattro!?...

MICH- (sempre soprapensiero) Pe' tre anni me l’ero accarezzate!... Ogni mattina me privavo del pa', pe' pudello da' a lora!...Do' settimane fa me so' ‘caulatu e me so ditto: “Basta! Nun ne vojo sape' più!” ‘Riva el sabato… roba da matti, ‘riva el sabato e “ppà”!... tutt' e quattro!

PROC- Tutt'e quattro… cosa?

MICH- Cosa? Uno, ventuno, cinquanta e ottantatre!

PROC- Ma vo’ stacevi a parla' de numeri?

MICH- Sissignore!

PROC- (facendo la mossa) Te daria 'n melancià!...Me credevo che je erane scappate quattro monelle!...Invece: uno, ventuno, cinquanta e ottantatre…sbocchi de sangue!… (piange) Qua la facenna nun è bella…e se denunciane tutto 'n questura io vago a fini' drittu drittu   'n galera e sto ciambotto vestito a festa,se ne viene sa: uno, ventuno, cinquanta e ottantatre!...Catarina, anema santa che sta 'ntel cielo,   juteme tu!... (si avvia per il fondo) Catarina nun me 'bbanduna'!... Aneme sante del purgatorio: jutateme! (esce)

MICH- Lu parla be’, ma io a st’ora ero un signuretto! Ero padrò de sessantamila cocuzze! (dalla rabbia addenta la lettera) Oh, porca.. a mumenti ciancicavu la lettera ch'è 'rrivata al palazzo pel Sindico!

VOCI- (da dentro all'osteria degli evviva per il Sindaco)

MICH- (destato dal vocio entra gridando…) Vivo el sindaco ,vivo! (entra)

           Scena 8^:- Silvia-Felice-Anselmo-Alfonso-Giuvina-Pasquà-

SILV- (entra in scena dall’albergo vestita da uomo) Adé vedemo se me riesce quello che ho pensato! I vestiti de Daniele me stanne bé! Me sa che quello che sta a scappà è zio!... (via)

FELI- (entra) Chissà se cuI fijolo je l'ha data la lettera?... Chissà cume l’ha presa?...Boh?!

VOCI- Evviva il Sindaco! …

FELI- Scappane! (entra in albergo)

ANSE- (seguito da tutti) Grazie a tutti! M’ete fatto trascorre’ un’ora in allegria!

PASQ- (dietro ad Anselmo, lo segue come un’ombra)

ANSE- Un vìnello cuscì bono nun l'evo mai bevuto!

PEPP- Bontà vostrara! (al Segretario a mezza voce) Cu’ dite, je ne vuria manna' 'na botte a casa sua,pensate che l'accetterà?

ALFO- Si potrebbe offendere!...Ti conviene mandarlo a casa mia. Cie penso io a fajelo ave’.

PEPP- D’accordo!

ANSE- ( a Pasquà) Se pole sape' cu' vulete da me, che me state sempre de dietro?

PASQ- Io? Gnente…solo che je vojo tantu bene!

ANSE- Va be’, ma io nun ce so cammina' sa uno che me sta de dietro! (a Giuvina che gli sta a fianco) Donca, hai ditto che te chiami Giuvina?

GIUVI- Gnorsì,'cellenza!

PEPP- E' la surella del cumpare mia.

ANSE- E' 'na fijola tanto educata e graziosa!

GIUVI- Troppo bono, 'cellenza!

ANSE- Va bé! Adé 'ndamo, segretà! Vojo telefuna' a la  stazziò pe' sape' s'è 'rrivato il treno da Milano! (guarda orologio) Ormai duveva esse' 'rivato!

FELI- (alla finestra) E io qua stago…stago qua!

ALFO- Forse se sarà intrattenuto in Ancona!

ANSE- 'N'damo,segretà,'ndamo! (si avvia,ma… )

SILV- (entra) Scusate, vuria sape' chi è il Sindaco!

PEPP- Cume chi è? Cu' fa nun l'ete sentito l'odore?

ANSE- E cusa so’ un piatto de baccalà?

SILV- Voi?

ANSE- Si, io, perché?

SILV- Signor sindaco rispettabile! (stringe la mano) Non vi dice niente questa stretta di mano? Il sangue non vi dice chi sono?

ANSE- Aspetta…Forse tu sai…?

SILV- Tuo nipote Felice. Il tuo caro nipote!

FELI- ( si dispera alla finestra)

ANS- Lasciati abbracciare, nipote mio!...Sarai stanco, è ve'?

PASQ- (dietro ad Anselmo, lo segue come un’ombra)

ANSE- Un vìnello cuscì bono nun l'evo mai bevuto!

PEPP- Bontà vostrara! (al Segretario a mezza voce) Cu’ dite, je ne vuria manna' 'na botte a casa sua,pensate che l'accetterà?

ALFO- Si potrebbe offendere!...Ti conviene mandarlo a casa mia. Cie penso io a fajelo ave’.

PEPP- D’accordo!

ANSE- ( a Pasquà) Se pole sape' cu' vulete da me, che me state sempre de dietro?

PASQ- Io? Gnente…solo che je vojo tantu bene!

ANSE- Va be’, ma io nun ce so cammina' sa uno che me sta de dietro! (a Giuvina che gli sta a fianco) Donca, hai ditto che te chiami Giuvina?

GIUVI- Gnorsì,'cellenza!

PEPP- E' la surella del cumpare mia.

ANSE- E' 'na fijola tanto educata e graziosa!

GIUV- Troppo bono, 'cellenza!

ANSE- Va bé! Adé 'ndamo, segretà! Vojo telefuna' a la  stazziò pe' sape' s'è 'rrivato il treno da Milano! (guarda orologio) Ormai duveva esse' 'rivato!

FELI- (alla finestra) E io qua stago…stago qua!

ALFO- Forse se sarà intrattenuto in Ancona!

ANSE- 'N'damo,segretà,'ndamo! (si avvia,ma… )

SILVI- (entra) Scusate, vuria sape' chi è il Sindaco!

PEPP- Cume chi è? Cu' fa nun l'ete sentito l'odore?

ANSE- E cusa so’ un piatto de baccalà?

SILVI- Voi?

ANSE- Si, io, perché?

SILVI- Signor sindaco rispettabile! (stringe la mano) Non vi dice niente questa stretta di mano? Il sangue non vi dice chi sono?

ANSE- Aspetta…Forse tu sai…?

SILVI- Tuo nipote Felice. Il tuo caro nipote!

FELI- ( si dispera alla finestra)

ANSE- Lasciati abbracciare, nipote mio!...Sarai stanco, è vé?

SILV - Certo! El viaggio da Milano a qui è stato lungo!

ANSE- Sentite: viene da Milano!

PASQ- (vorrebbe saltargli al collo, ma Peppe lo trattiene)

ANSE- Segretà, che ve ne pare? Che fisico!

ALFO- Ha un bell'aspetto!

ANSE- Caro Felice.

FELI- (Distratto) Scì?... (si tappa la bocca)

ANSE- Caro Felice, tu sarai il padrone di tutte le mie sostan­ze, dei miei averi!

FELI- Mamma mia, tieneme!

ANSE- Adé, 'ndamo a casa, che t' ho fatto prepara' un pranzo regale!

PEPP- Evviva el sindico!

TUTTI- Evviva!

MICH- Scusate 'cellenza, ma vieno tosto dal palazzo, indove ho truvato questa lettera medesima e siccome sopra c'era scritto “di premura" io so' venuto de prescia e ve la dago de fuga! (saluto)

ANSE- (legge) Onorevole signore, verso le dieci di questa mattina, vostra nipote Silvia è fuggita dall’educandato ed ancora non abbiamo sue notizie. Cercate con la vostra autorità di poterla rintracciare. La direttrice.” Bene!...Benissimo!...L’ha ditto e l’ha fatto!...Mejo cuscì, almanco nun m’enfastidiscene più! Io ho solo un nipote e se chiama Felice. Silvia nun è de la razza mia e nun la vojo manco sentì a numina’!

PASQ- (dietro ad Anselmo, lo segue come un’ombra)

ANSE- Un vìnello cuscì bono nun l'evo mai bevuto!

PEPP- Bontà vostrara! (al Segretario a mezza voce) Cu’ dite, je ne vuria manna' 'na botte a casa sua,pensate che l'accetterà?

ALFO- Si potrebbe offendere!...Ti conviene mandarlo a casa mia. Cie penso io a fajelo ave’.

PEPP- D’accordo!

ANSE- ( a Pasquà) Se pole sape' cu' vulete da me, che me state sempre de dietro?

PASQ- Io? Gnente…solo che je vojo tantu bene!

ANSE- Va be’, ma io nun ce so cammina' sa uno che me sta de dietro! (a Giuvina che gli sta a fianco) Donca, hai ditto che te chiami Giuvina?

GIUVI- Gnorsì,'cellenza!

PEPP- E' la surella del cumpare mia.

ANSE- E' 'na fijola tanto educata e graziosa!

GIUVI- Troppo bono, 'cellenza!

ANSE- Va bé! Adé 'ndamo, segretà! Vojo telefuna' a la  stazziò pe' sape' s'è 'rrivato il treno da Milano! (guarda orologio) Ormai duveva esse' 'rivato!

FELI- (alla finestra) E io qua stago…stago qua!

ALFO- Forse se sarà intrattenuto in Ancona!

ANSE- 'N'damo,segretà,'ndamo! (si avvia,ma… )

SILVI- (entra) Scusate, vuria sape' chi è il Sindaco!

PEPP- Cume chi è? Cu' fa nun l'ete sentito l'odore?

ANSE- E cusa so’ un piatto de baccalà?

SILVI- Voi?

ANSE- Si, io, perché?

SILVI- Signor sindaco rispettabile! (stringe la mano) Non vi dice niente questa stretta di mano? Il sangue non vi dice chi sono?

ANSE- Aspetta…Forse tu sai…?

SILVI- Tuo nipote Felice. Il tuo caro nipote!

FELI- ( si dispera alla finestra)

ANSE- Lasciati abbracciare, nipote mio!...Sarai stanco, è vé?

SILVI- Certo! El viaggio da Milano a qui è stato lungo!

ANSE- Sentite: viene da Milano!

PASQ- (vorrebbe saltargli al collo, ma Peppe lo trattiene)

ANSE- Segretà, che ve ne pare? Che fisico!

ALFO- Ha un bell'aspetto!

ANSL- Caro Felice.

FELI- (Distratto) Scì?... (si tappa la bocca)

ANSE- Caro Felice, tu sarai il padrone di tutte le mie sostanze, dei miei averi!

FELI- Mamma mia, tieneme!

ANSE- Adé, 'ndamo a casa, che t' ho fatto prepara' un pranzo regale!

PEPP- Evviva el sindico!

TUTT- Evviva!

MICH- Scusate 'cellenza, ma vieno tosto dal palazzo, indove ho truvato questa lettera medesima e siccome sopra c'era scritto “di premura" io so' venuto de prescia e ve la dago de fuga! (saluto)

ANSE- (legge) Onorevole signore, verso le dieci di questa mattina, vostra nipote Silvia è fuggita dall’educandato ed ancora non abbiamo sue notizie. Cercate con la vostra autorità di poterla rintracciare. La direttrice.” Bene!...Benissimo!...L’ha ditto e l’ha fatto!...Mejo cuscì, almanco nun m’enfastidiscene più! Io ho solo un nipote e se chiama Felice. Silvia nun è de la razza mia e nun la vojo manco sentì a numina’!

SILVI- Dite bene, zio, perché fa disonore al nostro cognome!

ANSE- Vieni, nipote mia, vieni! (escono)

TUTT- Viva il sindaco!

FELIC- (esce vestito da donna; nel braccio ha i vestiti di Silvia) 'Nte 'na cambura ho truvato sti pagni…saranne de mi su­rella…Che sorella, che cj ho! Ete visto che scherzo m'ha cum­bina:to? Adé però la sistemo io alla surellina mia! Che pensata che cj ho avuto!

SIPARIO

SECONDO  ATTO

                       La scena vuole essere una sala d’aspetto signorile, con corridoio d’entrata- e quattro porte laterali. Un salottino, un tavolinetto, con sopra bottiglia di liquore, bicchierini…campanello e scatola di cerini. Quadri e quant’altro…

                    Scena 1^:-Anselmo-Silvia-Alfonso-Cesarina

CESA- (spolvera o fa qualche altro servizio) Jezu,quant'è bello el nepote del Sindico! Degià m'ha fatto 'nda' via de testa! Cu' tanti lavori che c' evo da ffa' nun n'ho cumenciato manco uno! Meno male ch'e 'rivato solo stamattina! Oh, ce lu sapete che per servillo a tavola ho rotto do' bicchieri e tre piatti? Sto a servizio dacché so' nata e nun m'era mai successo! Po' dicene che so' le donne che fanne perde' la testa aj omini! C'ènne certi giuvanotti che te fanne perde la testa, le gambe e calche altra co'! (sente dei passi) Eccheli, eccheli qua!

ANSE- (entra, in veste da camera) So' sciguro che adé stai mejo   de prima, e vé?

SILV- (segue lo zio) Me ce vuleva! E' stato 'n' pranzo delizioso!

ALFO- (entrato insieme ai due) Avete un cuoco eccezionale!

ANSE- Mettemucce a sede!...(siede)

SILV- (gli siede accanto) Ho magnato propio de gusto: primo perché c'evo 'na fame che vedevo doppio e po' pe' la gioia d’ave' 'mbracciato un zio tanto bono e affezionato! Quanno t'ho visto,  credeme, c'ho avuto 'na tale emozziò che nun me so' meso a piagne' solo perché me vergugnavo!...

ANSE- Dighi davé?

SILV- Parola d'onore! Cusa vulete, so' stato tanto tempo da solo, a Milano… senza 'n parente, senza un amico affezionato, che pudesse comprende  le mie pene…i miei dolori!...

ANSE- Dulori? Che dulori?

SILV- Che dulori? Zì, te sai scurdato che ho perso mamma?

ANSE- (ad Alfonso, seduto di fronte a Silvia) La fruttarola…la verduriera!

SILV- Po' ho perso pure a babbo! (commossa) Poro babbo mia!...E eccheme quà: solo, orfano, senza aiuto, senza conforto!...Eh, quanti giorni so' stato a  digiuno!...Ho sufferto cu’ tanta pazienza, perchè me dicevo: “Verrà el mumento che el fratello de mi padre se 'rcurderà de cuI disgraziaito de su nipotete! (piange) 

ANSE- (commosso) E, me so' rcurdato...me so' rcurdato!...

CESA- (che s’era fermata ad ascoltare, piangendo) Essà, che se duveva rcurda'! 

ANSE- Tu cu’ c'entri? Statte 'n po’ zitta!

ALFO- Cerca de sta' al posto tua!

ANSE- Come te permetti sta cunfidenza?

CESA- Signò, io 'nte lu stomigo c'ho ‘na cosa che me va d'en sù e d'en giò, me devu sfugà!

ANSE- E, va a sfugatte de fora! (a Silvia) Gambiamo discorso! Nun pensa’ più al passato. Adé le pene tua so’ finite. Farai ‘na vita da signore!...(offre ai due) Su, fumamucce ‘na sigaretta!...(cerca i fiammiferi) Segretà, c’ete i fiammiferi?

ALFO- Non ne ho, mi  dispiace!

ANSE- Quanno mai c'ete calcò! Cesarina: i fiammiferi!

CESA- E perché?

ANSE- Perché? Perché vulemo 'cende'…‘ppiccia'!

CESA- Scusate tanto! Stacevo a pensa' a 'n'antra cosa…(prende dal tavolino i cerini e porge a Silvia) Eccovi servito! (si pone in fondo scena seguendo con moderata mimica i discorsi)

ANSE- Te l’ho chiesti io e non lu'!

SILV- Zì, il fumo fa male, è mejo che non fumamo! (gli ridà la sigaretta)

ANSE-(mettendo la sigaretta nel portasigarette) Scì, è mejo!...(ad Alfonso) Segreta',  pure a vo’ fa male!...

ALFO- (vorrebbe mettere nel taschino, ma la restituisce)

ANSE- Parlamo 'n po' de Milano.

SILV- Te pareva! Adé che j racconto?

ANSE- Dicene ch'è 'na gran bella città!

ALFO- Oh,bellissima! Io ce sono stato due volte.

ANSE- Dimme, Felì: ndo' abitavi?

SILV- lo abitavo…Oh, c'evo ‘na bella casa...Certo quanno babbo era 'ncora 'n vita…La strada era larga, longa, bella…Nun me 'rcordo cume se chiamava cula strada longa-longa!...A pensacce be', nun era manco tanto longa, insomma, cuscì-cuscì!...Era ‘na strada 'ndo' c'erane tanti negozi....Negozi de qua, negozi de là…

ALFO- Al Corso?

SILV- Già, al corso! Certo che lì stacemi tanto be'!

ALFO- Il Duomo lo vedevate?

SILV- Essàl Staceva proprio lì de sotta!

ANSE- Dicene ch’è tanto bello!!

SILV- Scì...nun c'è malaccio!

ALFO- Ma che dite? Non c'è malaccio? Quella è un' opera, sorprendente, un'opera colossale.

SILV- Scì, miga digo de no, ma a me nun me piace!

ALFO- Non vi piace?

ANSE- Nun je piace. Questione de gusti! E, della Galleria cu' me dighi? Cu’ te ne pare?

SILV- La galleria? (ad Alfonso) Scusate, quale galleria sarebbe?

ALFO- Come quale sarebbe? Quella dove c’è il Caffè “Biffi”!

SILV- Ahhh, 'ndo' sta cuI baretto?

ALFO- Baretto? E' un bar a quattro entrate e me lo chiamate baretto?

SILV- Cusa ne so io dei bar? lo ho studiato sempre…Nun c’evo 'n'ora de libertà!

ALFO- Non avete visto neanche la Scala?

SILV- Quelle scì! De scale n’ho viste tante!

ALFO- lo dico: “la Scala", il Teatro Massimo!

SILV- No…eI teatro de don Massimo nun l'ho mai visto!

ALFO- (a parte)  lo vuria sape' cussù cusa c'è stato a ffa' a Milano?!

SILV- Zì, evi ditto che duemi ffa' ‘na passeggiata in giardino?

ANSE- Scì, te vulevo fa vede tutte le piante che ce stanne!...C'ho fatto pure ‘na capanna cinese!... Alfunsì, 'ndate avanti, io vieno dopo…Vojo scrive al Notaio, pe’ fallu venì cu' la carta bollata, cuscì ‘pena ‘riva, scrive che  lasso tutto a mi nipote!

SILV- Zio, avria bisogno de parlatte!...Te duvria dì 'na cosa…

ANSE- Che nun devene senti' altri?

SILV- Perfettamente!

ANSE- Segretà, scusate, 'ndate 'ntel giardino. Mii nipote ve raggiunge subito!

ALFO- Daccordol (esce)

ANSE- (a Cesarina) Tu 'ncora qua stai?

CESA- Cus'è pure io devo 'nda' via?

ANSE - Perché tu fai parte de la famija.?

CESA- No!

ANSE- Sai sottosegretaria o soprasegretaria?

CESA- (guardando Silvia) P'adé me sento tutta sottesopra! (sospira)

ANSE- Va'  'n cucina a feni' da rompe el servizio de piatti, va'!

CESA- Va bé! (guarda e sospirando esce) Ahhhh!....           

FELI- (segue l'uscita e tra sé) Ma cu’ vole da me quessa?

ANSE- Donca, Felì, cu' c'hai da dimme?

SILV- Hai ditto che me voj lassa' tutto quello che possiedi…Credi che cuscì m'hai fatto felice?

ANSE- Cus'altro te pudria da', se te dago tutto?

SILV- E' questo che nun vojo: tutto! Io de tutte le ricchezze tue ne vuria solo la metà!

ANSE- La metà? E io de cuI 'altra cu' me ne fago? A chi la dago?

SILV- La dài a Silvia. A cula pora surella mia!

ANSE- No! Questo, no! Nun ne vojo sentì a parla'. A lia nun je dago manco 'n centesimo.

SILV- Ma perché?

ANSE- Perché la Direttrice m'ha sempre scritto che era disubbidiente, dispettosa e insopportabile! 'Nsomna, a te scì, ma a lia nun la vojo riconosce cume erede! (a parte) So sciuguro che nun sa che la madre era 'na verduriera e che mi fratello nun l’ha manco spusata!

SILV- Sicché nun je vulete lassa’ gnente!?

ANSE- Manco 'n soldo bugato!

SILV- Allora, caro zio, scusami, rinuncio a tutto ciò che me voj lassa'! Finché mi surella stava rinchiusa nell'educandato me staceva pure bé’, nun c'era da cumpiangerla, ma adé ch’è fuggita, e nun sapemo manco pe' quala ragione, voj che io, cume fratello, la lasso 'n mezzo a ‘na strada? No, zì, nun me la sento! Chissà duma', cusa je pudria succede'? Se pudria perde', se pudria ruvina' e la gente, dopo,  dirà: che bravo zio, che bravo fratello! So' stati lora che hanne purtato a la disperazziò cula pora fijola! Piange) Sai cu' te digo: dà le ricchezze tua a chi te pare, io vojo esse' povero! Povero cume a lia!

ANSE- (piangendo) Che cuore nobile! Che sentimenti! Toh,meriti In bagio! M’ha fatto veni 'n nodo alla gola! Pensa: se cun­tenta de la metà, basta che juta la sorella!... Scummetto che se al posto sua ci saria stata la surella: se pijava  tuttu lia!

                   Scena 2^:- Cesarina- Anselmo- Felice-.

CESA- (entra) Signò, de fora ce sta 'na fijola che 'nsiste pe' parlavve.

ANSE- Chi è?

CESA- El nome nome l'ha vulsuto di', ma se la vedete ve fa cumpasciò! Sta sa ‘n fazzulettu nte le ma’ e piagne a pisciarellu!

ANSE- (a parte) Sta a vede…Voj vede?...Ha da esse… (a Cesar) Falla bucca'!

CESA- (esce per rientrare con Felice vestito da educanda) Prego,buccate.(a Felice) Quellu è il Sindaco!

FELI- (si butta ai piedi di Anselmo,piangendo)

ANSE- (a Cesar) Psss!... Esci!

CESA- (esce)

ANSE- Alzati.

FELI- Oh no, zio mia, nun m’alzo se nun m’hai m'avrai perdunata!

ANSE- Mai! N'un te perdonerò mai! (la spinge) Nun meriti el perdono mia! Sa quala faccia te presenti, dopo quello che hai fatto?

FELI- L'ho fatto,....ma senza voja!

ANSE- Ah, senza voja!?

FELICE- Ho mancato, si è vero, ma ora so' pentita amaramente! Nun credevo de fa' del male.

ANSEL - 'Mbé, adé cu' voi da me?

FELICE- Gnente! Solo do' cose desidero da te: esse perdunata e abbracciare a mi fratello!

ANSEL- Nun credo che te vurrà 'mbraccia'!...Ha troppo amor pro­prio e troppo decoro per farlo.

FELICE- T'assicuro che mi fratello m'abbraccerà!

ANSEL- Ma se pole sape' perché sai fuggita dal cullegio? Pe’ quale motivo, pe’ quale ragione? Vojo saperlo!

FELICE- Pe' mille ragiò! Nun Je la facevo più! M'hanne meso sa le spalle al muro. Tutte le eumpagne contro de me...La direttrice nun me pudeva vede.

ANSEL- Cume nun te pudeva vede?

FELICE- Sapessi! Me faceva fa' tutti i lavori pesanti!...Adé vai a scopare...Ora vai a tirare l'acqua!...C'evo le ma' tan­to gentili e me l'hanne fatte deventa' piene de calli, guarda! (gliela porge)

ANSEL- (guarda) Questa nun è ‘na ma’ de ‘na signorina...quessa è la ma' de 'n scaricatore del porto!

FELICE- Truvavane la scusa che me’eru comportata male pe’ lassamme digiuna. Me dacevane solo pane e acqua! Me sai dì cume pudevu fa’ io, pora fijola? Cuscì stamattina, disperata e morta de fame: so’ scappata! Ndo’ pudevu nda’?...Capira ‘n omo m’ha seguita, ma io nun je ho datu retta!...Zì, perdoname...io moro de fame! (piange)

ANSEL- Ssssshhhh!!!!...Feniscetela! (tra sé) La nipote del sindaco, che muore di fame!(a Felice) Tutto ciò mi meravija! Tutti dicene che 'nte cul'educandato,leragazze vienene trat­tate bé!

FELICE- Nun è vero zio!...Nun è vero! Se magna sempre: fagioli, ceci, aringhe e rape!

ANSEL- Cume i carcerati!

FELICE- E i lenzoli ce la gambiane 'na volta al mese!

ANSEL- Mamma mia, pore fijole! Basta, nun vojo senti' più gnente. Comunque hai fatto male a fugge. 'Na brava fiola questo nun lu fa.

FELICE- Perdoname!

ANSEL- Per adé nun te posso di' gnente. Nun so cusa vole fa’ tu fratello. Je ho dato tutto quello che c’evo e quindi cumanna lu.

FELICE- A chi?

ANSEL - A Felice, tuo fratello.

FELICE- Ah!...E alla sorella…ciué a me?

ASEL- A te… a te...gnente!

FELICE- Veramente?  (a parte) Oh che piacere!

ANSEL- Cusa hai ditto: ne hai piacere?

FELICE- Se capisce! Io questo vulevo: che tu lassasse tutto a Felice. Se avristi lassato tuttu a me, io je l'avria ceduto la metà a lu. Cusa ne facevo del denaro? Donna, sola, sen­za nisciù che me l'avria amministrato…Me lu saria fenito ntel giro de poghi mesi. Hai fatto bé a da' tutto a Felice e so’ scigura che nun 'bandunerà la su pora surella! (piange)

ASEL- (a parte) Ma quessi so' do' angeli!

FELICE- Ma dov'è mi fratello,  ndo' sta? Lu vojo vede!

ANSEL- Va nte cula camera lì e vié fora solo quanno te chiamo!

FELICE- (avviandosi) Grazie zio! (fermandosi) Ma moro de fame!

ANSEL- Adé magni!

FELICE- (come prima) Grazie zio!...Ma sto a murì de sete!!

ANSEL- Adé bevi!

FELICE- (esce)

ANSEL- Che brava fijola! Che angeli! El maschio rinuncia alla metà pe' darla alla sorella…lia ‘nvece cede tutto a lu! Pure tu te meriti un bagio!

ANSEL- Per adé nun te posso di' gnente. Nun so cusa vole fa’ tu fratello. Je ho dato tutto quello che c’evo e quindi cumanna lu.

FELICE- A chi?

ANSEL - A Felice, tuo fratello.

FELICE- Ah!...E alla sorella…ciué a me?

ASEL- A te… a te...gnente!

FELICE- Veramente?  (a parte) Oh che piacere!

ANSEL- Cusa hai ditto: ne hai piacere?

FELICE- Se capisce! Io questo vulevo: che tu lassasse tutto a Felice. Se avristi lassato tuttu a me, io je l'avria ceduto la metà a lu. Cusa ne facevo del denaro? Donna, sola, sen­za nisciù che me l'avria amministrato…Me lu saria fenito ntel giro de poghi mesi. Hai fatto bé a da' tutto a Felice e so’ scigura che nun 'bandunerà la su pora surella! (piange)

ASEL- (a parte) Ma quessi so' do' angeli!

FELICE- Ma dov'è mi fratello,  ndo' sta? Lu vojo vede!

ANSEL- Va nte cula camera lì e vié fora solo quanno te chiamo!

FELICE- (avviandosi) Grazie zio! (fermandosi) Ma moro de fame!

ANSEL- Adé magni!

FELICE- (come prima) Grazie zio!...Ma sto a murì de sete!!

ANSEL- Adé bevi!

FELICE- (esce)

ANSEL- Che brava fijola! Che angeli! El maschio rinuncia alla metà pe' darla alla sorella…lia ‘nvece cede tutto a lu! Pure tu te meriti un bagio!

                   Scena 3^:- Silvia- Anselmo- Felice.-

SILVIA- (entra) Zì, cu' fai nun vieni In giardino?

ANSEL- Scì…,ma cj ho da ditte 'na cosa.,che de sciguro te farà tanto piacere.

SILVIA- Che cosa?

ANSEL- (con precauzione) ‘Nduvina chi ce sta in cula stanza?

SILVIA- Chi ce sta?

ANSEL- Ce sta Silvia: tu sorella!

SILVIA- Mi surella? Possibile?

ANSEL- Scì! E' venuta pogo fa! Piagneva…m'ha fatto pena! S'è mesa in ginocchio e m'ha chiesto perdono de quello ch'eva fatto. Adé sta là! Ha ditto ch’è scappata dal cullegio, perché la trattavano male. Je facevane fa’ i lavori più pesanti e je davane a magna': fagioli, ceci, aringhe e rape!

SILVIA- Ah, è scappata pe’ questo? (a parte) E chi sarà custia?

ANSEL- Te vole vede…Adé la chiamo! Sapessi quanto te vole be’!? lo, pe' vede cume la pensava,j ho ditto che degià t'ho lassato tutto. Pensavo che se la pijasse a male,ma manco pe' gnente! Ha ditto: "Bravo! Hai fatto bene a lassa' tutto a Felice!

SILVIA- Sicché t'ha ditto cuscì?!

ANSEL- Scì! Me pare che questa è ‘na bella azione! ‘Spetta che te la chiamo.Tu, però cume fratello, fatte vede duro…la devi rimproverà! Pure io me so' mantenuto sulle mie! Tanto cume fai a sape' se se n'è scappata pe' 'n antro motivo? Se fusse: emo fatto bé a nun sbilanciarci. (va e chiama)

SILVIA- Vojo propio vede chi è custia che me vole fa' stu scherzo.

ASEL- (rientra) Vieni,vié pure avante! (indica) Abbraccia tuo fratello!

FELICE- Fratello, fratello mia! (abbraccia) Ma cus'è nun me dichi gnente? Cu' t’ho fatto de male? Perché nun m’embracci?...

SILVIA- (a parte) Ma questa chi è?

FELICE- Cume te sai fatto bellol Eri picculo-picculo quanno ce semo lassati… C'evi 'ncora el pagliaccetto, te 'rcordi? (allo zio) Quant’era carì sal pagliaccetto! Adé sai 'n omo!...E a me? A me cume me trovi?

SILVIA- Mmmmm!...Pure tu stai bene!

FELICE- Però, sai cuscì serio…freddo…Sai 'ncavulato sa me perché so' fuggita dal collegio? Ce lu so: 'na bra­va fijola nun lu duveva fa'. Anche perché era la nipote del sindaco! Ormai tutti l'avranne saputo e chissà cusa diranne?!...(allo zio) E' vé?

ANSEL- Se capisce!

SILVIA- Però, quanno se saprà che la nipote del sindaco, 'ppena è fuggita è 'ndata a casa dello zio e che questo l'ha perdunata: nisciù pudrà di' gnente!

FELICE- Quessu è da vede!

ANSEL- Uhé, ma tu voi esse' perdunata o nò?

FELICE- Ma sì…tanto da voi, quanto da mi fratello!

ANSEL- (a Silvia) Lei se n'è scappata perché la trattavano male, je facevane fa' tutti i lavori pesanti e perdippiù la lassavane morta de fame. Se questa è la verità: no' te per­dunamo. Cusa dighi, Felì?

SILVIA- Certo!

ANSEL- Pe' tutto quello che te serve: ce penserà tu fratello. Lu vuleva divide sa te l'eredità e io stavo facenno 'nte 'ssu modo, però riflettendo a quello che tu pogo fa, giu­stamente, hai ditto, ho deciso da lassa' tutto a Felice, di modo che adé tu dipendi da lu.

FELICE- Se capisce, il fratello pensa sempre a la surella!

SILVIA- No, zio! Sarà mejo: metà a me e metà a lu!

FELICE- No! Io nun vojo gnente, dà tutto a Felice!

SILVIA- Ma io tutto nun lu vojo: vojo la metà.

FELICE- Ma che metà? O tutto o gnente!

SILVIA- Allora date tutto a lia!

FELICE- Guarda 'n po'? lo tutto nun lu vojo!

SILVIA- Ma perché nun voi accetta' la metà?

FELICE- Perché nun vojo gnente!

SILVIA- E nemmeno io!

ANSEL- E io la roba a chi la lasso?...Venite qua!...Se pudria fa’ nte stu modo…

                  

                Scena 4^: Cesarina- Silvia- Felice- Anselmo- Procopio-.

CESARA- (entra) C'è sta 'n omo che ve vole parla'. M'ha ditto che se chiama Procopio, el purtiere dell'educandato.

SILVIA- (a parte) Cume fago, quessu me cunosce!

ANSEL- Hai ditto, el purtiere dell'educandato?

FELICE- (a parte) Adé cuminciane le bastunate!

ANSEL- Benissimo! Me fa piacere a cunoscello!

FELICE- Zì, scusa, ma io nun me vojo fa vede!

ANSEL- Hai ditto bé!Felì, portate a tu surella de là! Fateve 'na passeggiata 'ntel giardino!

SILVIA- Ndamo surellà!

FELICE- Ndamo fratello!

SILVIA- Adé me dirai chi sai!

FELICE- lo adé te pijo a zampate! (escono)

ANSEL- Cesarina, fallo buccà!

CESARA- Subito!

ANSEL- Je ne vojo dì quattro a modo mio! Cj ha avuto pure el curaggio da venì fino a qua! Dopo che, a cula pora crea­tura l'hanne mesa sa le spalle al muro!

CESARA- (entra, annuncia) Cumudateve, quellu ènne el sindico!

PROCO- Grazie! Signore illustrissimo…

ANSELI- Prego, prego…ccumudateve! Cesarina, dai 'na sedia al signore!

PROCO- Troppo bono, grazie! (siede)

ANSEL- Scusate,ma sa chi ho l’onore di parlare?

PROCO- L'onore é tutto el mia, pe’ carità! (a parte) Che belle ma­niere! (ad Anselmo) lo me chiamo Procopio Ciaramella, e so' el custode dell'educandato che sta a S.Severino.

ANSEL- Possibile? Vo’ sete el custode dell’Educandato? Ma è 'na fortuna a cunoscevve!

PROCO- Ma no, la fortuna è mia!

ANSEL- Cesarina, date 'n bicchiere de marsala al signore!

CESARA- Subito! (prende e serve)

PROCO- 'Ccellenza vo' me murtificate!

ANSEL- Cu' di te: bevete!

PROCO- Che educazziò, che nobiltà! (beve)

ANSEL- Cesarina, va pure! Dunque cosa dovete dirmi?

PROCOP- Ecco qua! Vieno da parte de la direttrice, ch'è tanto dispiaciuta pe' quello ch'è successo. M’ha ditto che v'ha scritto 'na lettera e vuria sape' se ete fatto calcò! Io, da parte mia, so' venuto qua, da vo',pe' ave'  'n bijetto sa do' righe de raccumannazziò pe' la direttrice, sape’: m’ha li­cenziato! (piange) Cusa c'entro io, por'omo? So' 'ndato a cumpra' 'n sigaro e ntel lu stesso mumento vo­stra nipote se n'è scappata. Ma vo', che m'ete dimostra­to d'esse tanto bono: scriveteme sto bijettu, cuscì me salvate!

ANSEL- Tutto qui?

PROCO- Scì!

ANSEL- E la direttrice è dispiaciuta?

PROCOPIO- Pina de dulori!

ANSEL- E vuria sape’ se io ho fatto calcò in merito alla fuga de mia nipote!

PROCO- Sissignore,’cellenza!

ANSEL- Te vojo da tante de cule zampate, da fatte ballà pet mezz'ora, a te e alla direttrice! Hai capito? Alzate! Alzate, t'ho ditto! Cj' hai avuto el coraggio da venì' fin drento casa mia svergugnato che nun sai altro?...Devi dire, a sta direttrice, dei miei stivali, che nun me deve più scuccia' sa lettere e ambasciate, sennòce vagu io da lia e je ‘mparo io cume se fa la direttrice!

PROCO- Ma signò…

ANSEL- Zitto, sa! Se opri bocca te pijo a schiaffi! So tutto, cu te credi? Nun ne prudeva più cula pora fijola!...L’acqua je l’ete fatta ‘riva’ a la gola!...Cusa se credeva, la Direttrice, che mi nipote era la serva sua? E dije che i fagioli, i ceci, le aringhe e le rape se le magnasse essa, ‘nvece de darle all’educande!

PROCO- ma quali fagioli e rape d’Egitto!

ANSEL- T’ho dittu de nun fiatà, sennò te spacco la sedia nte la schina! Je vojo fa’ ‘na pubblicità a sto collegio, che manco le mosche ce ‘ndaranne più!...Se n’è scappata? Se capisce che doveva scappà!...Ha fattu be’ a scappa’!...Cu’ doveva ‘spetta’ a murisse de fame?...E po’, dimme ‘n’antra cosa: i lenzoli dei letti se gambiane ‘na volta al mese? Ndo’ s’è visto e sentito mai!?

PROCO- Ma nonsignore ‘cellenza!

ANSEL- Zitto che t’embuttijo! 'Rtorna al cullegio e dì alla di­rettrice che mia nipote sta qua e che nun se disturbasse più a cercarla, capito?

PROCO- Sissignore!

ANSEL- E quann'è che vai via?

PROCOPIO- Ecco… ve vulevo dì…

ANSEL- (alza una sedia) Nun vojo sentì più gnente!

PROCO- State bono!...Vagu via!...(scappa)

ANSEL- Ah! Me so' sfugato! Me so' liberato! (via)

              Scena 5^:- Alfonso- Cesarina- Daniele- Felice.-

AlFON- (entra) lo nun Ce sto a capì gnente! Quessi so' cane e gatto e nò fratello e surella! Sa la scusa che vulevane passeggia' da soli, so' 'ndati a fa' cagnara sotta el pergulato! Chissà po' perché?

CESARA- (entra seguita da Daniele vestito da donna) Buccate! Cumudateve!

DANIE- (con velo nero sulla faccia, guanti e ventaglio) Grazie!

CESARA- Segretà, sta signora ha ditto ch'è la direttrice dell’educandato. Ha saputo che la nipote del Sindico sta qua e la vole vede! Ditejelo vo' al sindico,che se vede a me pare che vede el diavulo!

ALFON- Ci penso io, va pure!

CESARA- (a Daniele) Quello ènne el segretario, parlate sa lu!

ALFON- Se la signora vuole attendere un momentino…

DANIE- Quala signora?...Alfunsì, so' io! (toglie il velo)

ALFON- Daniele?...Vestito da donna? Questa sì ch'è bella!...Cume mai?

DANIE- Pe pude' vede la fidanzata mia…Ma, Alfunsì, pe' carità!...

ALFON- Te pare?..(ride) Però sai che sei bona? (lazzi)

DANIE- Te 'rcordi stamattina che m'hai ditto? "Portetela in Ancona"!...Ebbene, mentre lia ‘spettava nte l’albergo, io so’ ‘ndato a cercà ‘na carrozza, quanno so' 'rturnato lia nun c'era più! Dalla preoccupazziò, nun riuscivo a ragiunà, po’ me so’ calmato e ho pensato che pudeva esse' quà, dal zio, e allora me so' ditto: "cume fago a entra'?...cume me presento?" Allora ho pensato de fa fenta d’esse' la direttrice…me so' fatto prestà i vestiti da 'na amica e eccheme qua!

ALFON- L’hai pensata propio bella! IMa quanno viene el sindaco, cusa je dirai?

DANIE- Cusa je dirò?...M’enventerò qualcò! Ndo’sta Silvietta adé? Fammela vede, famme sto piacereI

ALFON- Adé sta ntel giardino! Aspetta! (si avvia, ma… ) Ah, eccola qua!

FELICE- Scusate, 'ndo' sta zio?

ALFON- Non so. Forse starà nel suo studio. C'è questa signora, che vi deve pal'laxe.

FELICE- A me? (la guarda e poi) E chi è la mammana?

DANIE- (piano) Alfunsì, questa nun è lia!

ALFON- Nun è lia?

DANIE- No!

ALFON- Come no? La fidanzata tua nun è la nipote del sindaco?

DANIE- Scì, ma nun è quessa!

ALFON- E chi è?

DANIE- 'N’antra.

ALFON- Davé?...E io che stavo pe' dije: qua ci sta il vostro fi­danzato!

FELICE- Si può sapere chi mi vuole parlare?

ALFON- (piano) Se te vede, questa capisce che tu nun sai la direttrice, per­ché la conosce. Voltate de là! Ecco…signorina…questa signora è la sorella della direttrice…è venuta qui per vedervi.

FELICE- (tra sé) E se questa me 'rcunosce?

DANIE- (piano) Cusa m’hai cumbinato? Se questa me cunosce?

ALFON  Speramo de no! (a voce alta) Parlate pure. lo vado dal sindaco a vedere se ha bisogno di me.(a Dan.) Ricordate che se te vede el sindaco,je devi dì che sai la surella della direttrice, nun te sbaj'à!

DANIE- Essà!

ALFON- Con permesso! (esce)

FELICE- (tra sé) Pe’ 'mbruj'à de più la facenna, duveva 'riva' st'impiastro!

DANIE- (tra sé) Vuria sape' chi è custia!

FELICE- (porge una sedia) Accomodatevi,prego!

DANIE- Grazie! (siedono dandosi le spalle)

FELICE- Come sta vostra sorella: la direttrice?

DANIELE- Non c'è male! E voi?

FELICE- Così, così!

DANIE- Voi siete proprio la nipote del sindaco?

FELICE- Sissignore!

DANIE- In mezzo a tante ragazze non riesco a ricordarmi la vostra faccia. Mi pare di non avervi mai vista!

FELICE- Non so cosa dirvi!

DANIE- Credo che neppure voi mi conoscete.

FELICE- No! E voi mi conoscete?

DANIE- N'emmeno!

FELICE- Ah,va bene! (si volta)

DANIE- Meno male! (si volta) Vi trovate bene quì,in casa di vostro zio?

FELICE- Molto! Figuratevi che non è uno zio, ma un padre!

DANIE- Scusate, ma perché siete fuggita dall'educandato?

FELICE- Non ce la facevo più, cara signora! Scusate, ma vostra sorella,la direttrice, non sa trattare con le ragazze.

DANIE- Se non sbaglio, voi non conoscevate vostro zio, è vero?

FELICE- E' vero!...Non l'avevo mai visto.

DANIE- E…come vi chiamate?

FELICE- Io?...Mi chiamo Silvia!

DANIE- Silvia! (tra sé) Porca miseria, ma questo è un inganno! (a Felice) Voi non siete Silvia! Non siete la nipote del Sindaco!

FELICE- (tra sé) La matassa cumewncia a ‘mbrujasse sempre più! Perché non mi dovrei chiamare Silvia?

DANIE- Perché io Silvia la conosco benissimo! E adesso dirò tutto al sindaco.

 

                   Scena 6^:- Silvia-Felice-Daniele-Alfonso-.

SILVIA- (entra) Ch'è succede?

FELICE- (alla sorella) Questa è la surella de la direttrice e vole dì a zio che io nun so' su nipote. Cerca de si­stemalle tu le cose.

DANIE- Silvia…e sa i pagni mia?

SILVIA- Scusate, voi siete la sorella della direttrice?

DANIE- Sissignore!

SILVIA- Ma che sorella?! La direttrice non ha sorelle!

FELICE- La direttrice nun cj ha sureIle?

SILVIA- Va a chiamare il segretario.

FELICE- Subito.(andando) La direttrice nun cj ha surelle!

SILVIA- Adesso sapremo chi siete!

DANIE- (alza il velo) Silvia! Te pudesse venì un bene! So' io: Daniele!

SILVIA- Ohh!...Daniele!

DANIE- Cus' hai cumbinato? Perché sai venuta qua? Perché te sai vestita da omo?

SILVIA- Te racconto tutto dopo…adé nun te posso dì gnente! Tu, piuttosto, cume mai te sai vestito da donna?

DANIE- Pe' pude' veni' qui e pudette vede.

SILVIA- (vede arrivare Felice) Zitto,zitto,zitto!

FELICE- Ecco qua il segretario.

ALFON- Che cosa volete?

SILVIA- Niente!La sorella della direttrice, siccome non aveva mai visto mia sorella, diceva che non era lei!

DANIE- Esattamente!

FELICE- Ma tu hai ditto che la direttrice nun cj ha surelle!

SILVIA- Così credevo!

ALFON- Come faceva a saperlo il signor Felice?

SILVIA- Attendete in questa stanza,che fra poco vi farò parlare con mio zio.

DANIE- E' stato uno sbaglio. Lui si credeva…Addio carina! (via)

FELICE- Addio carogna!

ALFON- (a parte) Oh, se pole sape’ che ‘mbrojo è questo?! (forte) Vado a farle compagnia, permettete?! (via)

FELICE- Cum'è che prima hai ditto che nun era la surella e po' te sai 'rmagnato tutto? Qui gatta ci cova!...

SILVIA- Felicetto, fratellino mio, adé te racconto tutto! Quellu è el fidanzatu mia, che pe’ vedemme s’è dovuto vestì da donna!

FELICE- El fidanzato tua? Bene,bene,bene! Adé te sistemo io. Adé scuprimo tutti j altarini!

SILVIA- No! Pe' carità, nun lu fa'! Pogo fa, 'n giar­dino, quanno m'hai ditto ch'eri mi fratello, a mumenti murivo dalla gioia e tu me voi fa' del male?

FELICE- Gnente! Nun cj' ho cumpasciò de nisciù! T'è piaciuto el pranzo ch'era stato preparato pe' me, mentre io sto a mu­rì de fame? T’è piaciuto presentatte a zio e levamme la metà dell'eredità?

SILVIA- Ma io so' tu surella e la metà 'spetta a me.

FELICE- Sal consenso mia però e non sa l’inganno, cume hai fatto tu! Le cose so’ do’: o dighi a zio de lassa’ tutto a te, ciué a Felice, che po’ saria io o je digo ognicò!

SILVIA- Questo mai! Se cj ho da sta sottomessa a te, sia pure pe’ un centesimo: fa quellu che te pare, che tanto a me nun me frega gnente! Dopo vedemo cume se regulerà zio!

FELICE- E adé lu vedemo cume se regolerà zio!...(chiama)

             Scena 7^:-Pasquà-Felice-Cesarina-Silvia-Giuvina

PASQU- (da fuori) T'ho ditto che vojo parla' sal nipote del Sindico e nun me movo da chì se nun je parlo!

FELICE- Mamma mia! El fratello de cula bardascia! (a parte)

CESARA-(entra) Signurì, scusate, de fora ce stanne 'n omo sa 'na fijola e dicene che volene parla' sa vo': cu’ fago?

SILVIA- Volene parla' sa me?

FELICE- Eh! Sai tu el nipote del sindaco!

SILVIA- Va bene,falli entrare.

CESARA- (dalla porta) Uhé,digo a vo' do': buccate!

FELICE- Ma cu' staceva a guverna' le pegure,prima de fa' la serva?

PASQU- (entra seguito da Giuvina e a voce alta…) Permesso?

SILVIA- Ma cos'è? Perché  gridate in quel modo?

PASQU- Me scusarete, ma ho luccatu, perché sta bardascia ha ditto: “Adé nun pole parla' sa nisciù!”  e siccome se trattava de 'n fatto urgente, ho alzato un po' la voce. Perdunateme!

SILVIA- Va bé! Cosa mi dovete dire?

PASQU- ’Na cosa che me sta molto a cuore.

SILVIA- Cesaraina, 'ndate pure!

CESARA-Sentite cume bedisce a cussù?! (via)

SILVIA- Parlate pure.

PASQU- (guardando Felice) Ma sta fijola ‘rmane qua?

SILVIA- E' mia surella!

PASQUA'- Scusate,è zitella?

SILVIA- E a voi cosa importa? Perché lo volete sapere? 

PASQUA'- Perché nun pole sentì se è zitella!

SILVIA- Sorella ti prego…!

FELICE- lo vulevo senti'…(andando) ma so' zitella! (via ma rimane ad ascoltare facendo capolino )

SILVIA- Dunque!?

PASQU- La state a vede sta fijola? Questa è mi surella!

SILVIA- Brava! E' simpatica e carina!

PASQU- Ve piace?

SILVIA- Sicuro!

PASQU- E a te, Giuvì, cume te pare stu giovinotto?

GIUVINA- Ma che dumanne me fai?...Me fai deventa' roscia!

PASQU- Te piace, t'ho ditto?

GIUVINA- Me piace 'na mucchia!

PASQU- Bene! Questa era la primenta cosa! Signurì,la vedete a sta ragazza? Questa ha da esse' vostra mojie!

FELICE- (capolino) E fai ‘naffare!

SILVIA- (ride) Mia moglie? Questa e bella!

PASQU- Uhé!Cu' fa ve mettete la ride? Ve state a fa 'na risata?

SILVIA- Ma si capisce, me proponete 'na cosa assurda e curiosa!

PASQU- Cume assurda e curiosa?

GIUVINA- Pasquà, ma te voi rende conto che quello nun sa gnente, perché stamie allo scuru?

PASQU- E già,cj hai raggiòIQuesta è la ragazza de stanotte!

FELICE- Senti a chissaltra!...

SILVIA- Quale ragazza?

PASQU- Nun ve 'rcurdate? Quella che staceva 'nte cuI casale?… allo scuru?…

SILVIA- Quale casale? Quale scuro? lo non so niente!

PASQU- Ah, nun sapete gnente?(fa il gesto di prendere arma dalla tasca)

GIUVIN- (lo trattiene) Pasquà!'

PASQU- Zitta, tu! Giuvinò, parIamo 'n po' più splicitamente. Se tu…

SILVIA- Ma insomma!

PASQUA'- Sentiteme be’! Se vo’ sete el nipote del Sindico, io so' Pasquale Guerra, giovane onorato fin sulla ponta dei capelli!...lo fadigo e magno…magno e fadigo!...

FELIGE- Cume i cavalli a naulo!

PASQU- …e so' capace a strappaje el core dal petto a chi disonora la famija mia!

SLVIA- (impaurita) Io nun so de che parlate!... Miga l'ho capite tutte ste parole ch'ete ditto! 

PASQU- Cume, ho parlatu tantu chiaro e nun m’ete capito?

GIUVIN- (a mezza voce) Pasquà, nun jie mette' paura: nun lu vedi ch’è deventatu bianco cume el latte?...Famme parla' a me. (a Silvia) Cus’è nun ve 'rcurdate quanno sete entrato 'n casa mia e allo scuru v'ho sgambiato pe' mi fratello e v'ho ditto: “Uhé, Pasquà, finalmente si’ rivato! ‘Ppiccia 'n fiammifero."

FELICE- All'anema del fiammifero!

GIUVINA- Po' è 'rivato Pasquà, s'è meso a sgaggia' e vo’ sete scappatu. Eravate vo',nun lu pudete negà, perché el nipote del Sindico sete vo’! Tant’è che ve chiamate: Felice Sciosciammocca!...La prova è stu portafojo ch’emo truvato a terra…ce stanne i bijetti da visita, sal nome vostro, e ce stanne pure do' lettere, che v'ha scritto vostro zio.

FELICE- E le quindici lire?

GIUVIN- Se negate, vole di, che vulete famme del male. Mi fratello me vole 'mazza' ,e 'nvece io nun cj ho nisciuna colpa! (piange pure Pasquà, che si asciuga le lacrime con la manica della giacca)

FELICE- Ardatelo! Ha tirato fora el fazzuletto de seta!

PASQU- Adé ete capito?

SILVIA- Scì, ma 'rturnate duma', ntel mentre parlerò sa mi zio!

PASQU- Tuttu sto tempo ce vole pe parla' sa vostro zio? Ce parlate oggi e no' stasera 'rturnamo!

SILVIA- Va bé! Turnate stasera…Cercheremo de mette tutto al posto sua!

PASQU- (stessa tonalità) Metteremo tutto al posto sua!... Nun ce vole gné: o ve spusate a mi surella o ve dago 'na cur­tellata 'ntel gargarozzo. Ce semo capiti? Ce vedemo stase­ra. Stateme bé! Ndamo. (fa per andare, poi ritorna) A pro­posito: ntel purtafojo c’erane 15 lire.

FELICE- Ah, me pareva!

PASQUA- Sa le 15 lire me ce so' cumprato 'n curtellino de sta purtata! (mimica)

FELICE- S'è cumprato 'n giugarello!

PASQU- O ve spusate a mi surella o ve lu 'nfilzo 'nte la gola! Ndamo(via)

GIUVIN- (esce guardando con passione Silvia..)

SILVIA- (a Felice, ch'è entrato) Me voi spiega' che è sta storia?

FELICE- Surella, surellina mia!

SILVIA- Ah, adé so' la surellina tua? Adé te 'comido io: o dighi a zì che me tocca metà dell'eredità o digo tutto!

FELICE- No, pe carità!

SILVIA- Nun cj ho cumpasciò de nisciù!

FELICE- Ma io so’ un omo! Famo tre quarti a me e un quarto a te!

SILVIA- None! Metà per’o’! Zì sta ‘rivanno, cu’ voj fa’?

FELICE- E va be’, famo metà per’o’!

                SCENA 7^:- Detti- Anselmo- Alfonso .-

ANSEL- (con un foglio) Felì,qua 'è la donazziò. Adé vago dal nutaio, cuscì la registra. Guarda, leggi…Ho donato tutto a te!...Pe tu sorella ce pensi tu!

SILVIA- Scusa zio, ma io a Silvia je vulevo da' la metà!

ANSEL- Cus’è 'rcumenciamo 'n' antra vo’?

FELICE- Cus'è 'rcumenciamo 'n' antra vo’?

ANSEL- Tua sorella ha ditto che nun vole gnente!

FELICE- No, zio, cj ho pensato mejo: famo metà per'ò, cuscì sà quello che je tocca!

SILVIA- Scì, zio, cuscì è mejo!

ANSEL- Queste so' cose da pazzi!... Adé me tocca riscrive tutto daCcapo!... Uhé, questa è carta bollata, se nun lu sapete: costa i quadrì!

SILVIA- Abbi pazienza!...Riscrivela de novo!

ANSEL- E va bé! (esce)

FELICE- Sai cuntenta adé?

SILVIA- Tanto, tanto ! (esce per dove è uscito Ansel)

FELICE- Me so’ perso metà dell’eredità! Tutta colpa de cul morammazzato de Pasquà Guerra!J e prudesse…

ALFON- (entra sconvolto) Porca miseria, el nipote del Sindaco è 'na femmina vestita da omo! Daniele m'ha ditto tutto…E questa chi è?...(con precauzione) Scusi, bella figliola… posso sapere chi siete? Non lo dirò a nessuno. Chi siete?

FELICE- So' 'na disgraziata, che ha perso metà de tutta la roba che pudeva ave',a causa de 'n fatto che j è successo stanotte!

ALFON- Possibile? Ma chi siete?

FELICE- Ancora nun ve lo posso dire…nun posso parla'!

CESAR- (entra dal fondo e vi rimane ascoltando…)

ALFON- Con me potete confidarvi, potete parlare…(abbraccia)

FELICE- Lasciateme sta! Nun ve posso di' gnentel Stasera in questa camera saprete tutto! Ci sarete?

ALFON- Certamente! Adesso non voglio forzarvi. Sono ai vostri ordini! Per voi farò qualunque cosa!

FELICE- (abbraccia e bacia) Grazie,grazie, amico mio!

CESAR- (rimane scandalizzata)

ALFON- (meraviglia) M'ha bagiato,m'ha bagiato!

FELICE- (tra sé) Che testa! Distratto cum'ero l’ho pure bagiato!

ALFON- Dunque stasera mi direte tutto?

FEELICE- Sì! Stasera… tutto!

ALFON- Datemi un altro bacio!

FELICE- Sì, tenete!

CESAR- (sempre più scandalizzata)

ALFON- Basta, basta, che me svieno!...io me svieno…me svieno! (cade su una sedia)

FELICE- E hai fatto st’affare!

               

 SIPARIO

TERZO ATTO

             La stessa scena del secondo atto.-

          Scena 1^:-Silvia-Alfonso-Daniele-Cesarina.-

 

SILVIA- (entra e chiama) Daniele! Segretario, venite!

ALFON- Eccomi!

DANIE- ‘Nsomma, se pole sape’ cu’ devu fa’? Sa sti pagni addosso nun  resisto più! Adé vagu a casa: me gambio e po’ rtorno, me presento a zito e je digo che te vojo spusa’! Penso che nun me dirà de nò.

SILVIA- Ma nun è possibile, Daniele mia! Quello che hai pensato, stasera nun se pole fa’, perché zio dal notaio ce va duma'. Ormai s'è fatto tardi! Se per caso s'accorge de sta fin­zione mia, strappa la carta nutarile e io perdo 'na fortuna!

ALFON- Ha ditto bé!

SILVIA- Tuttalpiù famo cuscì, adé te ne vai a casa e rtorni duma', quanno ormai è stato tutto legalizzato. Quanno è tutto a posto te fago avverti' dal segretario. La paura che c'evo era quella che mi fratello  avesse parlato, ma pe' fortuna mia, nun pole': n’ha cum­binata una grossa!

ALFON - Vostro fratello? Un momento,chi è vostro fratello?

SILVIA- Come chi è? Nun l’ete ancora capito? E' quello che sta qui…quello vestito da donna!...Quello che ha ditto a zio ch'era la nipote…’Nsomma, ch’è ha preso el posto mia!

ALFON- Come-come? Pussibile?...Quello è 'n omo?

SILVIA- Scì! Quello e mi fratello.

ALFON- Porca…(mima senso di schifo)! Me so' fatto bagia' da quello!?

DANIE- Te sai fatto bagia'? (ride)

ALFON- E chi se l'immaginava? Pareva propio 'na donna! Sto boia!...Ndo’ starà adé?

SILVIA- E' in terrazza sa zio. Daniele, va via…ce vedemo dumà!

DANIE- Scì, forse è mejo! Ce vedemo duma'. (fa per andare)

SILVIA- Aspetta! Sento rumore…!Chi sarà?

CESARA- (entra con candelabro acceso) (tra sé) Ihhhh, quant'è bello, quant'è bello, quant'è bello!...

SILVIA- Cus'hai da borbottare?

CESARA- Gnente! Ve sto a da' la bonanotte!

SILVIA- Grazie! Buonanotte.

CESARA- (a Daniele) Ennà! Vo’ state 'ncora chi?! Nun e­te truvata la porta pe scappà o sete venuta pe fa' nuttata?!

SILVIA- Stava per andarsene…L'ho trattenuta io…Ho voluto sape­re certe cose…

ALFON- Tornerà domani, perché adesso il Sindaco è occupato!... Oh, ma me stai a senti'?... Stago qua: guardame!

CESARA- Cu' ve guardo a ffa'? Ve sento sa le recchie! Ji occhi me servene pe'... Oh, ecco qua il Sindico! Almanco nun ete 'spettato pe' 'gne'!

ALFON- Semo a posto!...

            Scena 2^:- Detti-Ansèlmo e Felice-

ANSEL- (entra con Felice) Stasera fago preparà el tavulo 'n terrazza e cenamo de fora!...Hai visto che bella luna?

FELICE- Zì, perché la luna quanno scappa è roscia e po' se fa bianca-bianca? Perché?

ANSEL- (tra sé) Cu’ ne so, io? (forte) Perché quanno scappa…scappa tutt'allegra…contenta…po' man mano che s’alza, vede tutte le miserie del mondo, i peccati dej omini: impallidisce e se fa bianca!

FELICE- Ah!...Adé scì che ho capito!...(a parte) Vede i guai mia e se fa bianca!

ANSEL- E tu stai qua? Chi è sta signora?

SILVIA- Questa signora è la sorella della direttrice.Era venuta per parlare con te e vedere mia sorella.

ANSEL- La sorella della direttrice?...Tanto piacere! (bacia mano)

DANIE- Piacere mio!

CESAR- Scusate se metto lengua, ma a me me pare che la signora, quann'è venuta ha ditto ch'era propio la direttrice!

DANIE- Ho detto la sorella!

CESAR- lo ho sentito bé! “Surella” nun l' ete ditto! Donca adé.

ANSEL- Adé vai de là! Cercate da fa’ qualche facenna!

CESAR- Vago, vago! (verso Silvia, andando e senza togliere lo sguardo da lei) Che patimenti!...Che sdilinguamenti de core!… (esce)

SILVIA- (tra sé) Ma cu' vole da me sa matta?

ANSEL- Sicché, volete parlarmi!...Pure io ho da parlarvi ! Per favore, signori, andate di là!

SILVIA- (esce a sx)

ALFON- (esce guardando Felice)

FELICE- (sta per uscire con i due,ma… )

ANSEL- No, tu ‘rmani!...(a Daniele) Accomodatevi, signora! (seggono) Prego, dica pure!

DANIE- (tra sé) E adé che je racconto? (ad Ansel) Ecco qua, signor sindaco…quando ho saputo che vostra nipote era fuggita dall'educandato, che mia sorella dirige, ho voluto sapere perché l'ha fatto…Qual'è stata la ragione che l'ha spinta a fare un passo simile! So che mia sorella voleva tanto bene a sua nipote. (a Felice) Non è vero? Ditelo voi stessa!

FELICE- (tra sé) Quessu è più 'mbrujò de no'! (agli altri) Sì,mi voleva bene…Cosa volete che dica adesso?...Certo che per fuggire ho avuto una ragione, non si fugge così…per niente!

DANIE- Guarda cume ce sa fa' sto ciarlatà?!

ANSEL- Vedete, signora, per dire questo l'hanno dovuta mettere con le spalle al muro, sennò non sarebbe fuggita!

FELICE- Essà!

DANIE- Ma signor Sindaco,voi non dovete credere ciecamente a quello che dice una ragazza! Non posso parlare, altrimenti vi proverei coi fatti che tutto quello che vi ha detto non è vero!...Aprite gli occhi!

ANSEL- Cosa volete dire con “aprite gli occhi!”

FELICE- Scusate, signora, non mi ricordo come vi chiamate…

DANIE- Anna!

FELICE- Signora Anna, io a zio ho detto la verità e, voi, parlando in questo modo fate capire che non siete venuta qua, per parlare con lui e per vedere me, ma per qualche altra ragione!... Aprite le orecchie!

DANIE- Qualche altra ragione?...Per cosa dovevo venire?

FELICE- E io perché dovevo fuggire?

ANSEL- E io perché non debbo capire? (si alzano) Basta! Comun­que sia, ho voluto ritirare dal collegio la ragazza!

DANIE- Voi siete padrone di fare quello che vi pare e piace…

ANSEL- Andrò a parlare con la direttrice appena potrò!

                        Scena 3^-Detti-Angela-Procopio-Educande.-

MICHE'- (da dentro) Se pole?

ANSEL- Chi è? Avanti!

MICHE- (corsa e saluto e biglietto da visita) 'Lustrissimo, de sotta al palazzo s'è fermata ‘na carrozza con parecchia, ciué ‘na mucchia de gente drento. 'Na signora m’ha dato stu bijettu e m’ha dittu che ve vole visità! (in confidenza) State male lustrissimo? Che ve sentite?

ANSEL- Gnente! Nun stagu male!...Nun meisitare, ma vole visità, ciué vole parla’ sa me! (legge il biglietto)

MICHE- Scusate ho pijatu “ Luzane pe taverne!”

ANSEL- “Lucciole per lanterne!”…E parla cume t’ha fattu ma meta, che ce famo più bella figura!...(agli ospiti) Scusatelo!...(legge) “Angela Maria Trippa” La Direttrice dell’Educandato di S.Severino!?...

MiSEL- (prendendo il biglietto e nel mentre che lo apre)

DANIE- Ce mancava solo lial

ANSEL- Capita a proposito! Falla salire e la fai aspettare un momento!

MICHE- Subito! (esce)

DANIE- Signor sindaco, vi chiedo un immenso favore: siccome sono bisticciata, da tanto tempo con mia sorella… vorrei non vederla!

ANSEL- Siete bisticciata con vostra sorella? Non c'è occasione migliore per riappacificarsi!

DANIE- No!Non voglio riappacificarmi! (tra sé) Va a feni che je spacco el ventajo 'nte la testa!

ANSEL- Sto pensando come si può fare?...

DANIE- Me ne vado e ci vediamo un altro giorno! (fa per andare)

ANSEL- Cuscì v'encontra pe' le scale! Ascoltatemi, visto che non volete incontrarla, entrate in questa stanza e andrete via dopo di lei!

DANIE- E' la cosa migliore! (tra sé,avviandosi) E miga ce la fago a 'nda' via! (forte) Non le dite che io sono venuta!

ANSEL- Non preoccupatevi! 

DANIE- (esce)

FELICE- Zì, neppure io me vojo fa vede!

ANSEL- Va bene, vieni sa me, ndamo via che pollene 'riva' e io 'nvece nun me ce vojo fa truva'!...La vojo fa 'spetta' 'n pughetto! (escono)

ANGEL- (entra seguita da Michele e dalle ragazze. E’ furibonda arrabbiata,si sventaglia…) 

PROCO- (ripete tutti i movimenti della direttrice. Ha una cassettina con bottigline, un soffietto a mantice, che adopererà quando la direttr. Va in fumo…Nelle tasche ha biscotti e caramelle)

MICHE- ‘Spettate qua!

ANGEL- Grazie infinite!

PROCO- Grazie infinite!

MICHE- EI sindico m’ha ditto: “falli 'spetta'…

ANGEL- Va bene! Aspetteremo! Non gli daremo tanto fastidio. Vogliamo chiarire dei fatti. E' questione di amor proprio! (passeggia)

PROCO- E' 'na quistione d'amore!

ANGEL- Tu sta zitto!

PROCO- (a Miché) Sta zitto, tu!

ANGEL- Dico a te, Procopio!

PROCO- E te pareva!

MICHE'- Ve pudete pure mette a sede…(cerca di offrire delle sedie. Procopio vuole aiutarlo,ma fa più confusione che altro e alla fine tutti anno una sedia, meno che la diret­trice)

PROCO- (mettendosi a sedere,asciugandosi il sudore,è l'unico seduto) Che fadigata! (tira fuori il fazzolettone) Famme sciucca' che sa cuI ven­tajo me duvesse gela' la noce del collo!...

MICHE - Tutto a posto?

PROCO- Scì, bon'omo, tutto a posto!

ANGELA- 'Embé?!...E io?!... Procopio!

PROCO- (s'accorge, si alza e…) Iiiihhhh!... Chi ha levato la sedia  a la signora direttrice? Sete state vo' é ve: educande pogo educate? Ve lu faria io el…

ANGEL- Procopio, lascia in pace le ragazze e dammi la tua sedia, che non ce la faccio più a stare in piedi!...Lo sai che il dispiacere mi ha legato le gambe?

PROCO- Ecchela…sedete…ecchela!

ANGEL- (sedendo) Dovete essere più sveglio! Se non dormivate la ragazza non sarebbe fuggita!

PROCO- (prendendo posto in scena nella parte opposta) El dispiacere je ha  legato le gambe…Nun je pudeva lega' la lengua?

MICHE'- Cu' fa, le signurine nun se mettene a sede?

ANGEL- Subito! Ragazze: (ordine militare) sedute!

EDUCA- (eseguono,muovendosia scatti come soldatini)

MICHE'- (meravigliato) Che so' scappate da la caserma? Vago via!(anche lui esce muovendosi a scatti)

PROCO- Signò, vo' ve duvete fa sentì! Ha usato de le parole che nun se polene manco ripete. Cume se vo’ foste ‘na serva!

ANGEL- Ma mi ha chiamata proprio: “direttrice dei suoi stivali?

PROCO- Scì! Più tutte cul’altre cose che v’ho ditto! 

ANGEL- Va bene! Vedremo se sono direttrice dei suoi stivaIi! Sento un tremito per tutte le carni!...Mi gira la testa!...Dammi l'odore anodino!

PROCO- (preoccupato) Jezu, je trema la ciccia! Vulete el profume anodino!... Ecchelo!... (porge)

 ANGEL- (odora appena e restituisce)

PROCO- (col soffietto) 'N pogo de vento!

ANGEL- Basta, così! Sono cose che fanno dispiacere, credimi! Proco­pio, vorrei piangere!

PROCO-  Vulete compagnia? Vulete che piagno pure io? (piange) Nun ve le duveva di' cule parole!.. A vo', che c'ete più de vent'anni de servizio!

ANGEL- Quando mai, in vent'anni è successa una cosa simile? Dire, che io facevo mangiare alle ragazze: fagioli, ceci, aringhe e rape!... Noi non sappiamo cosa sono le rape!

PROCO- No! Io ce lu so!

ANGEL- Tu che c'entri? Ragazze: avete voi mai mangiato di questi cibi?

EDUCA- (insieme) Oh, mai, mai, mai!

ANGEL- Quali frutti avete sempre mangiato?

MARIA- Mele…

ADELE- Pere…

GINA- Cerege… scusi! Ciliege!

PROCO- (tra sé) Persighi, prunelle e fichi a 'n soldo! Semo al mercato?

ANGEL- E poi ha avuto il coraggio di dire a suo zio che io le facevo tirare l'acqua!...Le facevo pulire i pavimenti! Come farò, se dovesse arrivare alle orecchie del prefetto?

PROCO- Capirai, sa cuI recchiò? Cj ha do recchie de sta purtata!

ANGELA- Che figura ci faccio? Che figura!...

PROCO- Direttrice, me so' scurdato!...Ha ditto pure la biancheria ai lettini la gambiavami 'na volta al mese e a me ogni anno!

ANGEA- Cosa? Oh,ma questoè troppo! E tu non gli hai risposto?

PROCOPIO- Cusa je rispunnevo? C'è mancato pogo che me snassava 'na sedia 'nte la testa!

ANGEL- Benissimo!

PROCO - No, malissimo!

ANGEL- Vedremo se questo signor Sindaco ha il coraggio di ripetere quello che ha detto!...Ho addosso una rabbia incredibile!...

PROCO- Adé je ritrema la ciccia!

ANGEL- …Se potessi sfogarmi a modo mio!....Mi sento tremare tutta!

PROCO- L’ho dittu!...

ANGEL- Procopio, l’acqua di Melissa!

PROCO- (che non riesce a trovarla, ha dei lazzi…) Eccheve a Melissa!

ÀNGEL- (annusa e restituisce)

PROCO- Ve arieggio!

ANGEL- Grazie,no!

PROCO- 'Ntantinello fa sempre bé! (esegue)

ANGEL- Mica sono abituata a queste emozioni! A me queste calunnie! A me che voglio bene a queste ragazze, come mie figlie!... Quando qualche genitore ritira la figlia dal collegio per me quella è una giornata di pianto! Cosa dico a questi genitori? Ditelo voi stesse.

MARIA- Non me la togliete…

ADELE- Non ve la portate…

GINA - (forte) Lasciatela sta!...

PROCO- A chi la tocca je ‘riva 'n melancià!

ANGELA- E mi debbo sentir dire queste cose!...queste infamie! Per fortuna, che nel cassetto di Silvia, ho trovato questo bi­glietto, così il Sindaco saprà la vera ragione del perché la bianca tortorella è volata via!

PROCO- Altro che torturella, culia era 'na curnacchia! Zitti, zitti,ecchelo!

SCENA 4^: -Detti più Anselmo.-

ANSEL- (entra)

EDUCA- (si alzano)

ANSEL-(alle ragazze) Comode! State comode! 'Ssettateve! Che so' sorde?

ANGEL- (fa un cenno)

EDUCA- (siedono)

ANSEL- Ah!...Je lu duva padrona! Prego, si accomodi!

PROCO- (prende una sedia e si mette tra Angela e il Sindaco)

ANGEL- Procopio, stai sull'attenti!

PROCO- (alzandosi) Eva ditto: " 'cumudateve!"

ANSEL- Rispettabilissima Signora, avevo deciso di venire da lei domani, per avere una spiegazione del modo in cui è stata trattata mia nipote…ma visto che siete venuta voi da me…

ANGEL- …E con la stessa sua intenzione, cioé, per farmi spiegare con quale ardire lei si permette di dire a Procopio, qui presente…

PROCO- 'Ncora pe pogo…

ANGEL- …che io sono la Direttrice dei suoi stivali!

ANSEL- Perché è così! Senza che vi vestite di carattere!...Ardire e non ardire!... Io, tutto quello che ho detto, l’ho detto bene!

ANGEL- (alzandosi) Avete detto male, signor Sindaco!...e vi prego di non urlare con me, perché io non sono avvezza ad essere trattata in questo modo…Ricordatevi che sono una donna e una signora!

PROCO- Signò, signò?!...Nun me la fate rabbì, che sennò je trema tutta la ciccia! Lia nun è 'nguezza a ste pa­role offensive!...

ANGEL- Dammi l'aceto aromatico!

PROCO- Adé l’aceto!...Tutti me li va a cercà!...(mentre cerca) Ete visto che adé me cerca l'aceto rumantico? Ecchelo! Ve fago 'n po' de vento!

ANGEL- Grazie! Basta così!

ANSEL- Se ne viene col come si permette!...Sicuro che mi permetto!

                        .

ANGEL- E' la prima volta che in vita mia mi succede questo!... Quando mai! 

PROCO- Cercate de ragiuna' senza alternarve!...Signor sindico, la direttrice è sensibile e pija fogo subito!

ANSEL- La ragazza è venuta qui, piangendo!...dicendomi in special modo che voi non la potevate più soffrire!…Le facevate tirare l'acqua, scopare…e con la scusa che non si comportava bene, la mettevate a pane e acqua!

ANGEL- Ma davvero? Questo facevo io? (ridendo) Ragazze, avete sentito? Come non ridete?

EDUCA- (ridono finché Angela)

ANGELA- (fa gesto di tacere) Basta!

EDUCA- (smettono insieme)

ANSEL- Je s'è rotta la corda! (ad Angela) Poi, che so, fagioli, ceci, rape!

ANGEL- Basta cosi, signor Sindaco. La prego di scoltarmi.

PROCO- Vulete udurà calcò, prima de 'ncumencià?

ANGEL- Grazie, no! Capisco che voi avete creduto a tutto quello che vostra nipote vi ha raccontato, ma chi vi dice che non ha mentito? lo posso provarvi due cose, la prima, che non è affatto vero, che io tratto le ragazze come dice lei. La seconda, che è fuggita per una ragione molto più importan­te di quella che ha raccontato a voi !

ANSEL- E quale sarebbe questa ragione?

ANGELA- Un momento! Maria, vieni qua!

MARIA- (si alza, e si presenta al sindaco con un inchino e poi va di fronte alla direttrice e come lei faranno tutte le altre)

ANGEL- Dì al signore, come vi trovate con me. Come vi tratto io!

MARIA- Oh, bene, tanto bene! Non abbiamo di che lagnarci. Mi fa meraviglia come Silvietta abbia potuto parlare male della nostra buona direttrice!

ANGEL- (prende dalla borsetta una caramella e gliela dà) Grazie, vai pure!

MARIA- (prende e via)

ANSEL- Alle bestiole je dà da magnà!

ANGEL- Adelina, vieni avanti!

ADELE - (come l'altra)

ANGEL- Dì al signore come sono i vostri lettini!

ADELE- Candidi e morbidi! Biancheria sempre pulita. Silvietta diceva sempre: IlChe buoni letti! Che brava direttrice!"

ANGEL- Grazie! (c.s.)

ADELE- (prende e va)

ANSEL- La scimmietta ha avuto la razziò sua!

ANGELA- Ginetta, vieni pure!

GINA - (come le altre)

ANGEL- Dì al signore se è vero che io a Silvia facevo tirare l'acqua dei bagni e le facevo scopare i pavimenti!...

GINA - Non è vero affatto!

ANGEL- Dì, quante volte al giorno mangiamo!?

GINA - Quattro volte! La mattina, alle sette: latte e caffé e pane. A mezzogiorno: pasta, carne e patate!...Alle sei: riso, carne, uova, frutta! Alle dieci e mezza: insalata,salame,pane e mela!

PROCO- Scì e a mezzanotte: 'n pregiutto de sta purtata!

ANSEL- A mezzanotte te dago 'na provola 'nte la testa se nun te stai zitto!

GINA - Non ci fa desiderare niente la nostra direttrice!

ANGELA- Basta!Grazie!

PROCO- Lassate sta’, a questa me la guverno io! (le dà un biscotto)

GINA - (ritorna a posto)

ANSEL- Va bene! Tutto questo,va bene!...ma perché se n’è fuggita?

ANGELA- Procopio, conduci di là le ragazze!

PROCO- Subito!

ANSEL- Perché le manda via?

ANGELA- Perché non possono ascoltare quello che sto per dirvi!

ANSEL- E allora fatele accomodare in quella camera! (indica)


PROCO- Va bene,' ccellenza! Munelle, alzateve, su! Sull’attente! All'impiedi!

EDUCA- (si alzano)

PROCO- Fianco sinist-sinist!

EDUCA- (eseguono)

PROCO- In avante: mangia! Una e do, una e do…

EDUCA- (escono marciando)

PROCO- (dopo che le ragazze sono uscite) lo posso rmane?

ANGELA- Sicuro, potrei aver bisogno di te!

PROCO- Vulevo dì: possu rmane sa le ragazze!

ANGELA- Stai qua: ho detto!

PROCO- Stago qua: bediscio!

ANSEL- Dunque!?

ANGELA- Nel cassetto di vostra nipote,abbiamo trovato Questo. Leggete!

ANSEL- “Amata Silvia, cieco è l’amor mio per te…” (guarda soprappensiero dalla parte di Procopio) Cieco?

PROCO- Tu e soreta!

ANSEL- “Ti aspetto domani, alle nove, lungo la strada nuova. Non essere più crudele con me. Fuggi da questo esilio! Ti condurrò da tuo zio, come tu desideri, ma se non ti vuole riconoscere, verrai con me in Ancona e sarai mia per sempre! Ti aspetto. Il tuo eterno “D”! (guardando verso Procopio) D?...D?...D?...

PROCO- Di mameta!

ANSEL- E chi può essere questo “D”?

ANGELA- Non ve lo so dire.Adesso capite perché è fuggita e perché

            vi ha detto tante bugie? Sono ancora la direttrice dei vostri   stivali?

PROCO- E io el custode de le vostre ciavatte?

ANSEL- Avete ragione, signora. Vi chiedo scusa!

PROCO- 'N’antra vò pensatece bé prima de dì certe parole!...

ANSEL- Zitto, tu: animale! Perché se tu non te ne andavi a cumpra' el sigaro, quella nun se ne scappava…Signora, voi adesso mi dovete fare un gran favore: dovete andare anche voi, un momento, in quella stanza. Uscirete quando vi chiamerò!

       ANGELA-  Ma…

ANSEL- Fatemi questo favore! Voglio chiamare Silvia e sentire quello che mi dice di questo biglietto!

ANGELA- Va bene! Vieni, Procopio! (esce)

PROCO- Va bene! (ad Anselmo) Perché, cu’ vulete fa’?

ANSEL- Cus'e lu devo dì a te? (spingendolo) Ma va drento, va!... Cuscì m'ha 'ngannato! (suona il campanello) Voj'o vede la faccia che farà quanno leggerà sta lettera!

                   Scena 5^:- Cesarina-Anselmo- Felice.-

CESARA- Ete sonato?

ANSEL- Scì, ho sonato…adé ballamo!...

CESARA- Cum'ete ditto?

ANSEL- Gnente! Va a chiamare a mi nipote, a Silvietta, e le dici de veni' qua!

CESARA- Cu' fa, la vulete qui?

CESARINA- A vostra nipote?

ANSEL- Si,qua!

CESARA- A vostra nipote?

ANSEL- Si, oh, a mi nipote! Perché cu' c’è?

CESARA- Signò, ve devo dì 'na cosa…

ANSEL- De che se tratta?

CESARA- Si tratta,appunto de vostra nipote…

ANSEL- Ch'e successo? Ch'e stato?

CESARA- (confusamente) Stacevu in cucina e a un certu mumentu me so’ ditta: “Cesarì, va de là!…me lu diceva el core…A vo’ el core nun ve parla mai!?...El mia è da ‘n po’ de giorni che nun se zittisce!...?mbé, so venuta de qua…e nun t’ho truvatu a lia ch’era ‘mbracciata a lu e lu bagiava?!...

ANSEL- Lia a lu?...Ma -ma -ma “lu” chi?

CESARA- Altru che mammalucchi, quelli ce sapevane fa’ e cume!...Ogni bagiu: un sospiro!...Ogni suspiro: un bagio!...E io a guardà!…Me diperavu tutta!...Me so’ sentita tradita!

ANSEL- Cesarina, nun te ce mette pure tu! Nun me cunfonne e nun me parla' de cose che nun capiscio! Ho ditto: ma “lu” chi? A chi bagiava, 'nsolmna?

CESARA- Al segretario!

ANSEL- Possibile? Alfonso? E hai visto che abbracciava e bagiava a Silvietta...sulle labbra?

CESARA- E già, la “salvietta” ce l'eva nte le labbra!

ANSEL- Sarà stato lu…ma certo ch'è stato lu!..E bravo,segretà! Hai fatto bé a dimmelo! Va a chiamare mia nipote!

CESARA- Subito! (fa per andare) Ah,ecchela che 'riva!

FELICE- Zio, è 'ndata via la Direttrice?

ANSEL- Si, è 'ndata via!... Cj ho da parlatte! (a Cesarina) Va a chiamare el segretario!

CESARA- (sospirando) Adé chissà che succede! (via)

FELICE- Cu’ cj hai da dimme?

ANSEL- Che m'hai 'ngannato! Non sei fuggita dall'educandato per­ché te trattavano male! Non è vero che te davene da magna ceci e fagioli!  Sai fuggita pe' cuprimme de disonore! Non è vero che t'evane mesa sa le spalle al muro! Sai fuggita pe' buttatte tra le braccia del fidanzato tua.

FELICE- O no, zì, nun è vero!

ASEL- Nun è vero? E allora spiegame che significa sta lettera?

FELICE- (la scorre con gli occhi) Ma io non so che cos'è sta lette­ra?...Non so chi l'ha scritta!

ANSEL- Nun Iu sai, è vé? Te Iu digo io: sta lettera te l'ha scrit­ta el segretario mia.

FELICE- Il segretario? (tra sé) Ma cussù nun me vole lassà ‘n pace!

ANSEL- Scì, el segretario!...che tu, mezz'ora fa, hai abbracciato e bagiato in questa stanza! Poj dì che questo nun è vero?

FELICE- (abbassa la testa)

ANSELMO- Vergogna! Disonore della casa!

FELICE- Oh, zio mia… (si avvicina)

ANSEL- Va'! Nun me tucca'!

                   SCENA 6^:- Silvia-Alfonso-Cesarina- -Daniele.-

SILVIA- (entra seguita da Alfonso e Cesarina) Che succede,che e'è?

ALFON- M'ha chiamato, signor Sindaco?

SILVIA- Surella mia!...

ANSEL- Nun la devi più chiama' surella! Nun merita d'esse' chia­mata cuscì! Cesarina 'ccumpagnala 'n camera da letto!

CESARA- Puretta! Adé me fa cumpasciò! (a Felice) Viene sa me 'nte la cambura da letto?

FELICE- (guarda Cesarina) Vieno sa te…sta punizziò me la merito!

                  ALFONSO E SILVIA RIDONO

ANSEL- Se pole sape’ perché ridene? Segretà, ‘ndate via da casa mia e nun mettetece più piede!

ALFON- Perché?

ANSEL-Perché?...E c'ete el curaggio de dumannammelo?

ALFON- Ma scusate, se non ho fatto niente!

ANSEL- Secondo voi non è niente abbracciare e baciare mia ni­pote?

ALFON- Ah!...Ho capito! (ride)

ANSEL- E ride! Roba da matti! Sete stato vo' a scriveje stu bijet­to e a falla fugge dal cullegio!-

ALFON- (prende e guarda il biglietto) Ah!

SILVIA- (guarda anche lei) Il bijetto de Daniele!...

ANSEL- Chi è sto Daniele?

SILVIA- Qualu Daniele?

MiSEL- Tu hai ditto “Daniele" e io vojo sape' chi è!

SILVIA- Ma io miga ho ditto “Daniele”!

ANSEL- (gridando) Hai ditto "Daniele”, porca miseria!...Me vulete fa passà pe’ ’n ciambottu?

ALFON- Basta, signor Sindaco! Non arrabbiatevi! Questo è un imbroglio cbe domani vi sarà chiarito.

ANSEL- Che dumani!? Vojo saper tutto 'nte sto mumento!...e po' v'ho ditto de ndà via da sta casa!

ALFON- Ma..signor Sindaco…dovete sapere…

SILVIA- (Silvia gli tira la giacca, per farlo stare zitto e non rivelare niente)

ANSEL- Nun vojo sape' gnente! 'Ndate via!

ALFON- lo mi trovo…

ANSEL- Vi ho ditto da 'nda' via!

ALFON- Ecco…

SILVIA- (insiste a tirargli la giacca)

ALFON- (a Silvia) Oh,basta! (al sindaco) Abbiate pazienza..scusate, io nun je la fago più a sta' zitto!...Fin’adé nun ho ditto gnente perché la facenna nun s'era 'mbrujata sino a sto punto…ma adé se tratta de amore proprio!...Se tratta del pa' e sal pa’ nun se scherza: bella fijola!

ANSEL- Bella fijola? Cusa vulete dì?

ALFON- Scì: bella fijola…Duvete sape' che questo nun è 'n omo, ma è vostra nipote Silvia!

ANSEL- C ome?

ALFON- E cul’altra, quella che vo’ ete ditto che io ho abbraccia­to e bagiato è 'nvece: Felice, vostro nipote.

ANSEL- Possibile? E perché sto miscelamento?

SILVIA- A fin di bene,zì! Siccome stamattina ho sentito che vo' nun me vulevate lassa' gnente e addirittura nun me vulevate manco vede, ho pensato de presentamme vestita da omo e ffa' fenta de esse' Felice.

ANSEL- Voj diì che tu sj quella scappata dal cullegio? Sta lettera chi te l'ha scritta?

DANIE- (che già ha fatto capolino) Gliel'ho scritta io, signor Sindaco.

ANSEL- Ennà!...  La surella della Direttrice…sa i baffi?...Ma quanti ‘mbroji ete fatto?...Chi sete vo', allora?

DANIE- Daniele Perini, ai vostri comandi! Amo immensamente vostra nipote e me la voglio sposare.

ANSEL- Daniele Perini? Per caso conoscete il giudice Perini? 

DANIE- Si direbbe che per caso è mio padre.

ANSEL- Vostro padre? Benissimo, siamo amici da tempo!... Ma, scu­sate, perché vi siete vestito da donna?

DANIE- Per entrare in questa casa e vedere Silvia.

ANSEL- Per questo quanno è 'rivata la Direttrice nun ve sete voluto fa' vede!...Adé capiscio!

SILVIA- Zio, mi perdunate?

ANSEL- Va bene!...E' stato uno scherzo riuscito a mera­viglia!..Ma cuI boia de Felì, perché s'è vestito da femmina?

SILVIA- Perché, puretto, nun se pudeva presenta' da omo, a causa de 'n guaio che ha cumbinato sta notte!

ANSEL- A scì! E che ha cumbinato?

SILVIA- 'Nte na casa, allo scuru, ha abbracciato e bagiato 'na bardascia, po' è scappato!...Mentre scappava ha perso el portafojo, ndo' ce stavene le vostre lettere e i bijietti da visita… El fratellu de la ragazza l'ha truvati…

ANSEL- Basta cuscj! Ho capito tutto! Bravo a Felì!...cume cj ha saputo fa’!...Cume ha saputo fingere!...Me faceva l’in­genua!...Vuleva sape' perché quanno la luna esce è roscia è po' deventa bianca?...Te vojo oprì la testa e po' ce la vojo fa 'rmane drento! Vedrete come sarà lu stesso a cunfessa’ tutto!

ALFON- Cosa volete fare?

ANSEL- (a Silvia e Alfonso) Chiamatela e diteje che la vojo…ma nun je fate capì che so’ tutto!

ALFON- (ridendo) Va bene, ho capito!

ANSEL- (a Daniele) Voi invece rimenete qua…calate giò el sipario e continuate a fa’ la donna!

DANIE- D’accordo!

ANSEL- (verso la camera dov’è in attesa la Direttrice) Signora, venga!...Venga e porti pure le ragazze!

            Scena 7^:- Detti-Angela-Educande-Alfonso-Silvia-Felice-Procopio.

ANGE- (entra seguita da Procopio e dalle ragazze) Eccoci!

ANSEL- Signora, vorrei fare uno scherzo e vi prego di assecondarmi. Tra poco arriva mia nipote…siccome Voi non la riconoscerete, perché è un uomo vestito da donna….

ANGELA- Come, un uomo vestito da donna?...

ANSEL- Sissignore! E’ un imbroglio, uno scherzo che mi ha fatto. Io però ho scoperto tutto e allora glielo voglio fare io uno scherzo a lui!...Ritornate di là, tutti, e quando vi chiamerò dovete far finta di riconoscerla e che volete, naturalmente, che ritorni in Collegio.

ANGELA- Ho capito. Farò come volete.

ANSEL- Voi, signorine, avete capito?

EDUCA- (sorridendo) Sissignore!

ANSEL- (a Daniele) Voi uscite dopo e nel vedere la Direttrice dovete dire: “Sorella!...Sorella mia!”

DANIE- Va bene!

ANGELA- E chi è questa signora?

ANSEL- Manco questa è ‘na donna!

ANGELA- Cosa?

ANSEL- Diciamo che è un mio amico!

ANGELA- (ride) Manco se fossimo a carnevale!...Non capisco più niente!

ANSEL- Scì, che io c j ho capito calcò!...Zi tti!...Stannno ve­nendo… Presto andate de là!... Ognuno al posto sua!

                    TUTTI ESCONO DA DOVE SONO ENTRATI- PURE DANIELE

ALFON- (entra) Signor sindaco, eccola! Non voleva venire.

SILVIA- (entra portando per mano Felì) Caro zio,ecco qua, mia sorella! Aveva paura di venire da voi!

CESARA- (entra ed esce dal fondo)

ANSEL- Paura! E perché questa paura? Se prima ho parlato in quel modo è perché ti voglio bene! Vieni qua, Silvia!...Sil­vietta mia! Tu non hai nessuna colpa. II segretario non doveva fare mai quello che ha fatto…

ALFON- Ma signor sindaco…

ANSEL- Zitto! Vi siete approfittato della debolezza di questa povera ragazza! Perché quando ti ha abbracciata non l'hai detto a me?

FELICE- Me vergugnavo a dittelo!

ANSEL- Essà, se vergugnava!...Va bé! Forse manco te meritavi le parole che t'ho ditto e pe' rimediare ho deciso de gam­bià de novo el testamento…Vojo lassa' tutto a te Sil­vietta mia!

SILVIA- Bravo!

FELICE- (a parte) Ma che bravo!...

ANSEL- Però vojo pure che tu bagi la ma' alla Direttrice. Je  domandi perdono de quello ch' hai cumbinato e che 'rtorni 'n cullegio.

FELICE- (tra sé) Allora sci che magni!

ANSEL- Eccola qua! (va e chiama) Signora Direttrice?

                 Scena ultima:- Tutti.

ANGEL- (entrando) Eccomi qua, signor Sindaco!

ANSEL- Le presento mia nipote Silvia, erede universale di tutte le mie ricchezze. S'è pentita de quello cHe ha fatto e vuole ritornare con voi.

ANGELA- Oh,bravissima! (le va vicino) Lo sai che ti voglio più bene di prima? Il pentimento è una gran bella cosa! (alle ragazze) Ragazze, state allegre, la vostra cara com­pagna ritorna tra voi!

MARIA- Brava! Brava, Salvietta! Ci hai dato una grande gioia!

ADELE- Senza di te era un mortorio!

GINA - lo ho pianto, pianto, pianto…

PROCO- Brava! Feniscetela, piantala!

GINA - Pianto tanto-tanto!

FELICE- Do' so' le cose: o so' pazze lora o so' 'mbriago io!

ANSEL- (che ha fatto un segnale verso dove è Daniele)

DANIE- (entrando) Sorella, sorella mia! (abbraccio)

ANGELA- (abbraccia) Sorella!

FELICE- Sci e io so' el surello! (alla Direttrice) Scusate, ma questa è vostra sorella?

ANGELA- Sicuro!

FELICE- (a parte) Ho capito ‘gnicò!

PROCO- Basta! La carrozza sta de sotta: vulemo 'nda'?

ANSEL- Certo! Forza, Silvia, devi nda' sa lora!

ANGELA- Stasera ridormirai in collegio! Vieni, Silvia, vieni!

FELICE- Eccomi, vengo!... Addio, caro zio!

ANSEL- Addio nipote mia!...Chissà se ce rvedemo?

FELICE- Boh! Chi lu sa? (si avvia abbracc- le educande)

ANGELA- (ad Anselmo) Questo viene davvero, come facciamo? lo ho tante ragazze…

ANSEL- Je pudesse pijà 'n bé!...ma è tremendo, 'n diampano! (a Felì) Pezzo d'un boja, vié qua! Ndo' vurristi nda'?

FELICE- 'N collegio, a durmi' sa le cumpagne mia!

ANSEL:- (lo prende per un orecchio e portandolo al centro) Te fago nda' a durmi' all'ospedale! Bugiardo! M'hanne ditto tutto! ‘Mbrujò!

FELICE- E alla fine vulevate 'mbruja' a me?

TUTTI- (ridono)

CESARA- (entra seguita da Pasquà e Giuvì) Se pole? E' permesso? Se pole?

ANSEL- Cesarina, cosa c’è?

GESARA- C’Henne sti do', che ve volene parla' pe forza!... Io je l'ho ditto che vo' eri indisposto!

PASQU- Scusate! Servo vostro, 'ccellenza!

SILVIA- (piano allo zio) Quella è la ragazza che Felice stanotte, ha bagiato!

ANSEL- Ma questa è la ragazza che stava alla tratturia!...

GIUVI- Serva vostra!

PASQU- Signò, io so' venuto…

ANSEL - So tutto! Sta tranquillo. mio nipote sposerà tu surella!

PASQU- Obbligato, 'ccellenza!

FELICE- Diteme 'na cosa, zì: la donazione l'ete gambiata veramente?

ANSEL- No! Sta tutto come prima: metà per'ò!

FELICE- Adé va bé! No'… cume fratello e surella duvemo fa’sempre a metà de tutto! Metà a me e metà a te!

SILVIA-Qualunque cosa?

FELICE- Qualunque cosa

SILVIA- Anche se se tratta de 'n “applauso”?

ANSEL- E nò! Pe' l'applauso duemi ffa' un po' per'o'!

S I P A R I O

                    

Loreto,settembre-1984.                                                    Paolo  Torrisi

n.b. -Commedia registrata S.i.a.e. n°361118/A; codice n°41491

-Prof. Paolo Torrisi

-via Abruzzo,3- 60025 LORETO (AN)

                     torrisipaolo@virgilio.it

                     tel. 071/978063;  cell. 349-7824237

In calce vi è un glossario per facilitare la lettura del testo.

VOCABOLARIETTO

Accada-'N-: Bisogno- Non c'è bisogno che..

Accenno- Segnale...d'intesa.

Adè- Adesso.

Almanco- Almeno.

Amor del conto- Fare la conta...per vedere a chi tocca...iniziare...

Annaulo- Affitto- (casa annaulo – casa in affitto)

 Anco'- Ancora.

Avriane- Avrebbero.

Babano- Fesso- Sciocco...

Bacata- Malata- Marcia- Guasta.

Badavi- Guardare con attenzione, badare...

Bagnoli- Inutili “impacchi” d'acqua.

Balza- “Carico di briscola” (valore più alto di “Briscola” - Asse-)

Bardascio- Ragazzo. Giovanotto.

Becicche- Mucose negli occhi

'Bedisci- Ubbidisci.

Biastimato- Bestemmiato.

Brignoccula- Protuberanza, causata da colpo, battuta, pugno...

Brusciolo- Foruncolo.-

Bruscolini- Semi di zucca.

Bucattò- Schiaffo.

Buccare- Bocca- Buccato- Entrare- Entra- Entrato...                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                         

Bucculotto- Maccherone. (tipo di pasta)

Bugiò- Bugiardone...grande bugiardo.-

Burbuja'- Borbottare-

Ca’- Cane… Poro ca’- Povero cane…

Caciara- Confusione- Parlare a voce alta fra tutti.

Cagnara- Litigio- Bisticcio.

Cago'- Tipo che si dà delle arie.

Calchidu'- Qualcheduno.

Calco'- Qualcosa-

Calzo'- Calzoni – Pantaloni.

Cambura- Camera.

Canna-foja- Canna de granturco, mais.

Capezzo- Non capire dove è il “principio” o la “fine” = “niente”.-

Capisciò- Saputone.

Capistorno/i- Capogiro/i.

Careggia'- Portare..da un posto ad un altro... Trasportare...

Cegato- Cieco- (in questo caso “chiudere gli occhi: “segno di gioco)

Cenigia- Cenere-

Ceregio- Ciliegio.

Chiuppa'- Battere- ...Chiuppamo- Battiamo.

Ciaccare- Schiaccare-

Ciaccato- Schiacciato – Acciaccato...

Ciaccio- Balbuziente.

Ciambotto- Stupidotto- Sempliciotto-

Ciancico- Mastico- (ridurre in poltiglia, pezzettini...)

Ciauscolo- Salame...morbido. (tipico delle Marche)

Cianchetta- Sgambetto.

Cioccio- Pietra

Cionche- Offese- Malate- rattrappite...

Ciuffulotto- Schiaffo.

Clacchesso- Clacson... (ti suono il Clacson )

Co’- Cosa.

Coccio- Creta.

Colco- Coricato.

Concule- Cozze- Muscoli. Detto marchigiano: “Arridaje a chi vole le concule!”

Crescia- Pizza di pane (senza pomodoro e formaggio: solo farina)

Creso- Creduto- Credere.

Crocchia- Tupé...Capelli arrotolati su, dietro o lateralmente ala testa.

Cruciera- Crociera di croci- (Non “Crociera - nave”) Cruciera”: gruppo di dodici corone da Rosario, lavorate, assemblate, dalle donne lauretane dette “Coronare”.

Cu'- Con.

Cuj- Quei.

Cule- Quelle.

Culia- Quella.

Culù- Quello.

Curatelle- Viscere- Interiora in genere...

Curdo'- Esclamazione volgare... sta per “Curdone”=Coglione.

Dago- Do... (dare)

Daperlu'- Da solo.

Dapervo'- Da soli. (solo voi)

Dapresso- Da solo.

Dimo- Diciamo.

Do'- Due.

Emo- Abbiamo.

Ennà!- Orca!...Guarda un po'?!...

Essà!- E già!...Certo!...

 Esse'- Essere.

Evo- Avevo... (avere)

Fago- Faccio... (fare)

Fantiole- Tremori di corpo. (tremori dovuti ad Epilessia)

Fiotto- Lamento- Brontolio-

Fracco- un Sacco...di bastonate. Tante...

Frinfinellu-Piccolo segno di “briscola” (gioco di carte)

Fuga- Premura -Fretta. (da “Fuggire: Sono andato via di “fuga” = di “corsa”)

Fugaro'- Falò.

Furestego- Forestiero.

Galastro'- Cappone. Gallinaccio.

Galito- Rauco- Con poca voce-

Giaccene-'N: Ghiacciano...diventare fredde.

'Gnà- Bisogna. 

Gnagnera- Lamento- pianto...

'Gne'- Niente. 

'Gnico'-Ogni cosa. Gricilli- Budella- Intestini.

Gnogna- Stupida.

Grasciari- Sporchi...posti sporchi...posti per porci.

'Guali- Uguali.

Gùatti- Gatti. (riferito al pesce “gatto”) Pronunciare gutturalmente “gù...”

Guzzo- Fine- Appuntito-

'Nguezzu- Pratico. ('ngezzu de sti posti = pratico di questi posti)

Imbescigamo- Vescichiamo- (da Vescica, gonfiore, “bolla sulla pelle con liquido..., provocato da “botte” ricevute)

Imbioccare- Addormentare…

 Incaprinita- Interstardita...come una “capra”.

Jezu- Gesù. (esclamazione)

Lappa- Noiosa, pesante... (cosa o, meglio ancora, persona che non si sopporta: noiosa, pesante...)

Lattarina- Bianchetto (larva di pesce)

Lenza- Furbo. (...che tipo furbo = che “lenza”!)                                                                                                              

Lia- Lei e non  nome di persona: “Lia”.

Limo'- Limone-

Line- Lì.

Lora- Loro..

Lu'- Lui.

Lu- Lo.

Luccare- Lucca'- Gridare.

Luccato- Gridato.

Lupi'- Lupini.

Lupo marano- Licantropo (comportamento da lupo)

Luzeno- Fulmine.

Ma'- Mani.

Madò- Mattone.

Mammana- Ostetrica- Levatrice.-

Mammò- Mammone.

Marifresca- Donna di poco affidamento- Si usa come dispregiativo.

Matine- Mattina- (E 'na matine!: esclamazione)

Matre- Madre.

Matrò- Nervoso.

'Mbilla'- Alzare su la cresta. Non ti muovere tanto.

Melancia'- Melanzana- (ti do un “melancia'”: uno schiaffo che ti faccio diventare la faccia viola come una: “Melanzana”)

Melangula- Cetriolo.

Mijanno- Mille anni...che non ti vedo!

Mogia- Malta...fango...poltiglia...

Mojole- Pinze. (caratteristico attrezzo a forma di “pinze” con punte arrotondate, adatto alla lavorazione del fil di ferro usato dalle “coronare”, per le corone da Rosario.)

Mosca-sciò- Via le mosche:  “Nulla da dire sul mio conto”.

'Mappava le zille- Freddo per tutto il corpo... nfredolito...

'Mpastrucchia'- Pasticciare.

'Mpiccia- Occupata da qualcosa... Confusa sul da fare...

'Mpunta'- Balbettare.

'Mpustate- Piazzate...messe...impostate...

Mucchia- Tanto-

Mugelle- Cefali (pesce)

Munelli- Bambini- Ragazzi.

Musciò- Musone: fiume-

Musciuli'- Moscefrino.

'Nciccia'- Piace... Nun m'enciccia= Non mi piace.

Nndrizza'- Raddrizzare. ('ndrizza' la schina=aggiustare in senso negativo: rompere)

'Ngriccia'- Arricciare.

'Nguezzu- Pratico. ('ngezzu de sti posti = pratico di questi posti)

'Necorto /a/ e...- Accorto.

'Nfrucchia'- Inventare.

'Nfuligina'- Arrabbiare.

Ni' o Ninì- Usato come: Oh, bello, te la vuoi capire?... Oh “Ninì”, chi ti credi di essere?

Nisciù- Nessuno.

No'- Noi.

Noja- Solletico.

None- No.

Noneto- Nonno tuo...tuo nonno.

'Ntasata- Tappata- Ostruita.

'Ntrica'- Intricare- imbrogkiare- rendere difficile-

'Nvuricchiata- Intrecciata....Imbrogliata-

'Nzocca- Stordisce.

O'- Avanti....Oltra-

Oltra- Avanti...oltre. (vieni “oltra” . A volte si trova solo una “O” abbreviata da un apostrofo “ 'O”: vieni o'... )

Onne- Onde.

Onnico'- Ognicosa.

Pa’- Pane

Pescolle- Pozzanghere.

Pia – Piedi.

Pina- Piena.

Pipitula- Foruncolo...che viene sulla lingua...che fa stare “zitti”.

Pista…Ari-pista- Ritornare sull’argomento…Continuare a “pestare”…

Pitale- Orinale- Vaso da notte.-

Pole- Polene- Può- Possono.

Per' 'o- Per “uno”... “Un po' per uno”.

Poro-  Povero.

'Porta- Comporta- 'Portare-Comportare.

Prescia- Premura – Fretta.

Purtinnari- Portorecanatesi.

Pustà- Può essere.

Rabbito- Arrabbiato.

'Raccojemme- Raccogliere /...rmi.

Raganella- Rana- Ranocchia.

Ragano- Rospo-

Rancichita- Rancida.

'Rcapezza- Orizzontarsi su una cosa... Non ritrovarsi... Non capire...

'Rinale- Vaso da notte – Orinale.

'Rmaso- Rimasto (rimanere).

Roito- Urlo-

Rumiga'- Ripensare mugugnando... Borbottare...

Quane- Qui.

Quessu /a – Questo / a.

Sa / Sa me / Sa lù-  Con… Con me… Con lui…

Sai- Sei (dal verbo essere) Es. Sai solo-sei solo… (dipende dal significato che acquista nel contesto della frase)

Salva'- Nascondere- Conservare...non in vista...

Saria...Sariane- Sarebbe..Sarebbero.

Sbarillò- A gambe all'aria- (andare oltre il “Sette e mezzo” del gioco a carte)

Sbocca- del “Musciò) Dove sbocca il fiume Musone.

Sbragiulasse...sbragiulare- Arrostirsi (in questo caso:abbronzarsi) ... Arrostire

Scapecciamme- Spettinarmi.

Scappa'- Uscire di casa... (secondo il senso della frase)

Scarpire, scarpisseli- Strappare...strapparseli (si usa perloppiù per i “capelli”)

Scassa'-  Scassare-Cancellare.

Sciagatta'- /...are- Muoversi inutilmente

Sciapata- Sciapo- Stupidata- Stupido- Sciocco...

Scine- Sì-

Sciuccata- Seccata.

Scuffia- Copricapo di lana...può essere usato per la montagna o a letto nelle nottate fredde.

Scunfinfera- da: convincere... Nun me scunfinfera =Non mi convince

Scunucchiamme- Romper-mi-; Ridur-mi a pezzi.- (come una sedia che si rompe sotto un peso)

Sdingula-dandula- Altalena.

Sdogo- Slogo- slogare.

Sdrimbulo'- Convulsioni (ballo di S.Vito)

Sete- Siete. (secondo la frase.  “Sete” es. “Ho sete”o verbo essere: sete bugiardi...)

Sfragno- Spremo- Spremere...

Sgaggiare- Sgaggia'- Gridare.

Sgardaffo'- Uomo brutto, malvestito, malsano...(dispregiativo)

Sgarfagnini- Ladri-

Sgnagnerà- sgnagnerare- Poco piacevole... non gli interessa tanto...di poco gradimento

Sgraffigna-Gratta.

Sj- Sei. (sj stato tu...)

Smateria'- Parlare male...volgare...da matto... (Fuoruscita dal cervello di materiale non consono...)

Sogna-  Grasso animale... (Sogna rancichita = Grasso rancichido)

Spegne- Spegne da: Spegnere.

Spegnemme- Spinger-mi – da:  Spingere  e non “Spegnere”.

Spenta- Spinta- da: Spingere e non Spenta da: Spegnere.

Spi’- Spine. Me tieni su i “spi?”- Mi tieni sulle spine.

Spinarelli- Bollicine che vengono sulla pelle dovute alla “Varicella”.

Squajo- Cioccolata calda.

'Ssa- Questa. (Abbreviazione di: “Quessa” = “Questa” donna)

'Ssu- Questo.

Stago- Sto... (stare)

Storni- Ritorni... Stornare- Ritornare.

Strabaltata- Sottosopra...il cervello- Non capire più niente.

Stracco-Stanco.

Struccava- Spezzava- Struccare può assumere altri significati es. Togliere il trucco.-

Sumenti- Semi (in romano: “Bruscolini”)

Svaga'- Svuotare... .

'Svanza- Avanza...da Avanzare.

Tajuli'- Tagliatellina- (tipo di pasta:Tagliatelle)

Tigna- Testardaggine.

Tizzo'- Tizzone -Pezzo di legno infuocato (da camino...) -

Totulo- Ciò che rimane di un “mais” dopo ch'è stato sgranato.

Trusmarì- Rosmarino.

Vago- Vado... (andare)

Valtri- Voialtri.

Vento- Vinto.

Vo'- Voi.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      

Velle- ...in “velle”- Da nessuna parte...In nessun posto...Per niente...

Vuria- Vorrei      

Zanzule- Ciabatte.

Zero garbunella- Zero completo, tagliato... Nulla nel modo più assoluto-

Zompene- Saltano- Zompare- Saltare.