I paracadutisti

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I PARACADUTISTI

Titolo originale: Les Parachutistes

Commedia in un atto unico

Di JEAN CAU

Traduzione di Elio Ceretti

PERSONAGGI

Bamboccione

Magnasega

Hermann Lopez

Ponzio Pilato

Napoleone

Milietto Said

Hocine

Ahmed

Mora

L'azione si svolge in Algeria

Commedia formattata da

Piano primo

Un motivo di cha-cha-cha che esplode a tutto ritmo. Poi, si alza il sipario. Uno stanzone di un fortino degli avam­posti, un bordj, con i muri imbiancati a calce. Sui muri, degli attaccapanni (oppure dei grossi chiodi) con appesi cinturoni, berretti, bustine ecc. Una bicicletta (senza ruo­te) montata su di una sorta di supporto in modo che i pedali girino a vuoto. Una tavola rozza. Molte sedie. Del­le casse di munizioni e di cibi in scatola. Sul muro, un ri­tratto del generale De Gaulle, dove, al posto del kepi, è stata dipinta in maniera grossolana una chéchia- (la berretta con fiocco degli zuavi). Sedie, bicicletta, casse, tavola e altri oggetti, tra cui una scatola di metallo, sono stati sospinti contro ì muri in modo da non ingombrare lo stanzone, dove, al ritmo del cha-cha-cha che abbiamo sentito quando il sipario era ancora abbassato, stanno bal­lando - tra loro - una diecina di paracadutisti. Indossa­ no l'uniforme mimetizzata. Tre di loro sono a torso nu­do, per il calore del bordj. In fondo allo stanzone, acco­vacciati contro il muro, due Arabi, avviluppati nelle loro djellabas. Non s'indovina subito che sono due Arabi tan­to se ne stanno l'uno sull'altro, addirittura schiacciati ai piedi del muro. Li si direbbe, piuttosto, un mucchio di panni sporchi. I ballerini danzano in maniera volutamen­te audace: più precisamente fanno gli stupidi. Una prima coppia si fa avanti verso la ribalta, continuando a ballare.

Bamboccione                - (un colosso biondo di novanta chili. Con una voce volutamente melensa) Cosi, signorina, lei sta coi suoi?

Milietto                         - (magro e bruno. Mimando l'ingenua) Si...

Bamboccione                - E sono buoni i suoi?

Milietto                         - Oh, certo: molto, molto buoni con me. Non stan li a far prediche. Sono comprensivi. Soprattutto la mamma... (Un risolino) È molto moderna, la mamma. Papà è più severo.

Bamboccione                - E lei, signorina, che cosa fa?

Milietto                         - La troietta.

Bamboccione                - E si tira avanti bene?

Milietto                         - Non c'è da lamentarsi. Ma io batto molto la provincia. E lei di che cosa si occupa?

Bamboccione                - Io, agente sono...

Milietto                         - (un risolino stupido) Hii, hii, un agente?

Bamboccione                - Agente della squadra del buon costume. Il buon costume sorveglio. È il mio ramo.

Milietto                         - E dove lo sorveglia?

Bamboccione                - In Algeria lo sorveglio. (Su queste ulti­me due battute un'altra coppia s'è fatta avanti verso la ribalta e piano piano viene a prendere il posto di Bamboc­cione e di Milietto, i quali, continuando a ballare, si uni­ranno al gruppo degli altri ballerini sul fondo. Il motivo di cha-cha-cha viene improvvisamente amplificato costringendo i due ballerini a urlare le loro battute)

 Ponzio                          - Ci fa un caldo da crepare in questo dancing!

Pilato                             - È la prima volta che ci viene?

Ponzio                           - Si!

Pilato                             - C'è una buona orchestra!

Ponzio                           - Cristo!

Pilato                             - Amen! E lei come si chiama?

Ponzio                           - Come mi chiamo? Mi chiamo Ponzio! E lei?

Pilato                             - Io, mi chiamo Pilato. II mio nome per intero è Sophia Pilato! E lei, di nome si chiama Pierre, vero?

Ponzio                           - Si! Ci fa un caldo da crepare in questo dan­cing!  Se andassimo fuori a respirare un po' d'aria?

Pilato                             - Non si può! C'è puzza di fellaghà.

Ponzio                           - Che cos'è questa fellaghà?

Pilato                             - Non la, il fellaghà!

Ponzio                           - E cos'è?

Pilato                             - Lo schiacci col piede e t'appesta tutta la suola!

Ponzio                           - Un tantino volgaruccia per una signorina.

Pilato                             - È tutta colpa di 'sti rognosi! Se non facessero un fellaghà ogni mattina, non lo pesteresti camminando!

Ponzio                           - E lei cosa fa di mestiere?

Pilato                             - Sono a servizio. Faccio le pulizie. Ho da rac­cogliere i fellaghà!

Ponzio                           - Con una paletta?

Pilato                             - E che crede? con le mani?

Ponzio                           - Oh, mi scusi! (Stessi movimenti di prima. Si fa avanti un'altra coppia. Il cha-cha-cha ritorna a far da sottofondo. I due para ballano con fare languido)

Hermann                       - (è tedesco. L'attore che interpreterà la parte dovrà pronunciare le battute con un fortissimo accento tedesco) Voi mi piacete molto, signorina. Voi essere molto, molto carina. Voi kleine parigina? piccolo made­moiselle di Paris?

Lopez                            - (è spagnolo. L'attore dovrà avere un forte accento spagnolo) No, soy de Zaragoza, Espaha. Sono una ra­gazza per bene. No soy puta, yo. Se vuole venire a letto con me ci dobbiamo prima sposare.

Hermann                       - Ach! Impossibile! Impossibile! Amo il ge­nerale De Gaulle, signorina!

Lopez                            - Ma allora che ci fa in Algeria?

Hermann                       - L'Algeria è la Francia, signorina! E io amo la Francia!

Lopez                            - Capisco! Si, si! Capisco tutto. Sono una ragaz­za per bene, educata come si deve. In collegio. (Stessi movimenti. Stessa tonalità di cha-cha-cha)

Magnasega1                   - Ma senti cara, ti sembra ragionevole an­dare a ballare e lasciare a casa i bambini?

Napoleone2                   - E che crepino quelli, se non son contenti! che ti credi che ho voglia di sacrificare gli anni più belli per quegli smorfiosi? Nell'originale Magnasega parla con accento marsigliese. Nell'originale Napoleone parla con accento corso.

Magnasega                    - Senti carina non è mica per caso che non ci vorresti bene ai bambini? Non è per caso che non sa­rebbero miei?

Napoleone                     - Ahò, froscio, certo che non son tuoi!

Magnasega                    - Allora non li hai fatti con me? Eh tesorino, dici la verità?

Napoleone                     - Uffa, si, è la verità!

Magnasega                    - E perché?

Napoleone                     - Perché 'sta brutta abitudine te la sei piglia­ta qua. Fai confusione. Vedi uno di 'sti rognosi e non ti riesce di distinguere.

Magnasega                    - È per i vestiti. Mi sbaglio. Ma fa niente, ai figli ci voglio bene lo stesso. Dato che mi chiamano papà... Di', tesorino, e se invece di rimanere qui a sudare ce ne tornassimo a casa?

Napoleone                     - E la guerra? Chi la farà la guerra? Tutti uguali voi uomini! S'ha da far la guerra, sonato!

Magnasega                    - Senti, tesoro, perché c'è da far la guerra?

Napoleone                     - Perché cosi è la vita.

Magnasega                    - Oh vacca! Non ci avevo pensato! E hai ragione! Cosi è la vita! Mica stupido il mio tesoro! (Lo prende per il mento. Napoleone gli dà una pacca)

Napoleone                     - Sta' buono!

Magnasega                    - Cattivona! (Stessi movimenti, Bamboccione viene avanti verso la ribalta e batte le mani. I para, cin­gendo per la vita ciascuno la propria "ragazza", s'avvi­cinano disponendosi a semicerchio. Il cha-cha-cha si smor­za. Gridolinì, cicaleccio, risa soffocate come a un ballo)

Bamboccione                - (assumendo l’aria di un melenso presenta­tore di cabaret e muovendosi come se reggesse in mano un microfono) Signore e signori, buona sera! La di­rezione del cabaret "Folies Rognes" ha il piacere e l'onore dì darvi il benvenuto... (Rullio dì tamburi, colpo di piatti) E ora, nel quadro del nostro show «Ca c'est Paris» vi pre­senteremo la prima parte del nostro spettacolo... (Tam­buro, piatti) E prima di tutto applaudirete l'affascinante, la mirabile, la conturbante, la meravigliosa, la virginale... la porca, la libidona, la tutta matta... la leggiadra... vi ho nominato Miss Fatimah! Ecco a voi Miss Fatimah! (Con un ampio gesto designa Hermann che si fa avanti contor­cendosi tutto e civettando. Colpo di piatti. I para applau­dono. Bamboccione si profonde in un inchino. Hermann si fruga nelle tasche dei calzoni e tira fuori una specie di parrucca che si mette in testa)

Hermann                       - (con voce in falsetto) Grazie! Grazie! E ora io interpretare voi grossa danza ventre di mio paese! Grossa danza ventre...

Napoleone                     - (balzando su di una cassa e con una stridula voce di donna) Mi oppongo! È inaudito! Signori depu­tati, chiedo la parola! In questa abominevole guerra, la cosa peggiore non sono le pallottole che i nostri ragazzi si beccano nel cosiddetto...

I para                             - Oh!...

Bamboccione                - (agitando un campanello oppure percuoten­do un bicchiere con un cucchiaio) Onorevoli colleghi, vi prego, lasciate parlare l'oratore!

Napoleone                     - Grazie, signor Chaban-Delmas!

Bamboccione                - Piacere mio, bambola!

Napoleone                     - Dicevo, dunque,.. Questo non è il peggio, onorevoli colleghi. Questa guerra d'Algeria - il mio par­tito non ha mai cessato di ribadirlo - è una vergogna per la Francia!

Magnasega                    - Viva i Para!

Bamboccione                - (a Magnasega) La prego, onorevole Da-ladier! altrimenti mi vedo costretto a chiedere l'intervento degli usceri!

Magnasega                    - Gli usceri sono con noi!

Milietto                         - (con una stridulissima voce di donna) Viva i Para! I Para al governo!

Ponzio, Pilato, Lopez, Napoleone     - (con un tono molto da deputati) Viva la Repubblica! (Intonano la Marsiglie­se) Àllons enfants de la patri-i-e, le jour de gioire est arr...

Bamboccione                - (agitando il campanello) Onorevoli, ono­revoli, vi prego un po' di dignità!... Non dimentichiamoci che il mondo intero...

Magnasega                    - Ma che vada a farsi fottere, il mondo in­tero!!

Bamboccione                - Si, lo so, lo so... ma tuttavia...

Magnasega                    - Hai voglia di farti castrare, stronzo?

Bamboccione                - Suvvia, suvvia... un po' di calma...

Lopez                            - (sempre con accento spagnolo) Senor Presidente, non tollererò che si dica che il parlamento francese mandi il mondo intero a farsi fottere, Es imposible, se-fior Presidente! Tengo invece a dichiarare che la Francia ama tutto il mondo y que el parlamento non delibera sot­to la minaccia!

Magnasega                    - Vuol dire che ti stringe, eh?

Ponzio, Pilato e Napoleone    - Allons enfants de la pa­tri-i-e, le jour de gloi...

Napoleone                     - Miei cari colleghi, coccoloni miei belli...

I para                             - (soddisfatti) Ah!...

Napoleone                     - Tengo a dichiarare che se non mi lasciate proseguire nella mia interpellanza, restituisco le mie de­corazioni all'Eliseo... (e con un gesto brusco si graffia il petto)

I para                             - Oh!

Bamboccione                - Prosegua, signora.

Napoleone                     - Grazie, bambolona... È dunque, dicevo, una vera vergogna per la Francia!

I para                             - Ben detto!

Napoleone                     - La Francia sta sprecando in Algeria...

Ponzio                           - (rosicchiandosi le unghie) Il capitale im­menso,..

Napoleone                     - ... l'immenso capitale di simpatia che si era conquistata presso il mondo intero con la sua ge­nerosità...

Ponzio                           - (rosicchiandosi le unghie) ... e la sua cultura...

Napoleone                     - ... e la sua cultura. Noi stiamo facendo lag­giù una guerra ingiusta e rovinosa.

I para                             - Bravo!

Napoleone                     - Direi anzi una guerra...

Pilato                             - Stron-zaa! Una guerra stronza...

Napoleone                     - ... si, una guerra le cui conseguenze...

Pilato                             - ... mica son braciole...

Napoleone                     - ... le cui conseguenze mica son brac... sono incalcolabili. (Fa il gesto di bere un bicchier d'acqua) Perché, onorevoli colleghi, e lo proclamo qui, in questa assemblea e di fronte al mondo, i nostri cari ragazzi, e perfino ì nostri coraggiosi ragazzini del contingente, si la­sciano andare laggiù a ignobili bisogna, quali ad esem­pio la corvée della...

Pilato                             - Questo si! è vero, onorevole collega. Mio fi­glio m'ha scritto cosi:- (sciorina tutto senza punteggia­tura) Papà non ti puoi immaginare quello che ci fanno fare soprattutto non dirlo a mammà papà ci obbligano ad andare a messa tutte le mattine e a mettere le dita nell'acqua benedetta non dirlo alla mammina che se ne di­spererebbe spero che tu stia bene e che gli affari vadano bene tuo figlio che t'abbraccia forte bacioni ecco il mio nuovo recapito soldato Mosè Aronne Levi matricola nume­ro 17818.

Tutti                              - Abbasso gli ebrei!

Bamboccione                - (agitando il campanello) Suvvia, onore­voli, niente razzismo! Non dimentichiamo che Gesù Cri­sto, Einstein e tantissimi tipi molto intelligenti sono israe­liti e che l'ebreume internazionale non può digerire un solo grugno d'arabo! Niente razzismo!

Napoleone                     - ... si lasciano andare, dicevo, a ignobili bi­sogna. Inoltre, i nostri soldati muoiono in terra lontana. Ma c'è di peggio. C'è che la loro purezza morale è minac­ciata dallo spettacolo di danze lascive di cui van ghiotti i macachi di quei paesi e che le loro femmine eseguono con avvisata perversità. Queste danze, dette del ventre, compiono nell'animo dei nostri cari ragazzi delle spaven­tose devastazioni. Propongo quindi che venga votata una mozione che miri alla proibizione della danza del ventre in Algeria! (Applausi. Napoleone scende dalla cassa e stringe delle mani. Esplode una musica araba e Hermann si mette a ancheggiare in modo grottesco)

Hermann                       - (canta turandosi il naso)

Al chiar di luna fellagha mio Pierrot prestami la tua donna per guardarla un po'.

Sai mia moglie è morta, son rimasto solo aprimi la tua porta per l'amor di Dio.

Al chiar di luna fellagha mio diletto

con le mie donne io me ne sto a letto.

Vai dalla vicina credo che sia in casa sa far di cucina la puoi violentare.

Bamboccione                - (sempre con un microfono immaginario tra le mani e sempre con voce da presentatore) Signore e signori, cosi si conclude il nostro show! E ora   - (colpo di piatti) riprendono le danze! (Si sente, in sordina, Il bel Danubio blu". Hermann, sempre con la parrucca in testa, sale sulla bicicletta e si mette a pedalare a vuoto. Lopez armeggia con un transistor e se lo incolla all'orecchio. Ponzio prende una scatola di polvere e, dopo essersi allar­gata la cintura, s'asperge il basso ventre di D.D.T. Mitietto cerca di ascoltare il transistor insieme a Lopez. Napoleone apre una scatola di birra e beve. Rimangono "immobili" in questi atteggiamenti mentre la musica del "Bel Danubio blu" si va amplificando. Bamboccione e Magnasega si di­rigono verso il mucchio di panni sporchi che è in un an­golo dello stanzone. Bruscamente la musica s'interrompe. Bamboccione s'inchina davanti al mucchio dì panni spor­chi) Balla, signorina?

Magnasega                    - (stessi gesti di Bamboccione) Signorina, permette questo ballo? (Bamboccione allunga un violentis­simo calcio al mucchio di panni sporchi. Questo si muove come se stesse per crollare e ci s'accorge che in realtà si tratta di due Arabi accovacciati e avvolti nei loro mantelli)

Bamboccione                - In piedi! (Gii Arabi si alzano. Sono ter­rorizzati: ma devono apparirlo in maniera caricaturale. Si stringono nelle spalle, hanno un aspetto doloroso, la bocca aperta e le mani come offerte in un gesto "arabo" di perpetuo diniego)

Magnasega                    - Ma io ti domandare a te se te volere bal­lare valzer con me e tu dovere rispondere me; "Zi, tezoro mio". Capito?

Ahmed                          - Io no ezzere femmina...

Magnasega                    - Non discutere!

Hocine                          - Io no sapere ballare... (Bamboccione gli mol­la un ceffone. Hocine si rannicchia nelle spalle, come se si aspettasse una gragnuola di botte)

Magnasega                    - (a Ahmed) Te ballare valzer con me?

Ahmed                          - Si, tezoro mio... (Magnasega e Bamboccione cingono per la vita Ahmed e Hocine, impacciati nei loro mantelli, e ballano il valzer. Tutti i para escono, tranne Hermann che continua a pedalare sulla bicicletta. Le luci si vanno smorzando e cosi il valzer. Notte. S'odono dei tonfi sordi; strani rumori intercalati a grida soffocate. Quando ritornano le luci Bamboccione e Magnasega sono in piedi in mezzo al palcoscenico: irrigiditi, le braccia ab­bandonate lungo il corpo, le gambe divaricate. Guardano Ahmed e Hocine che lentamente scivolano al suolo cer­cando di aggrapparsi alle spalle, al tronco, alla vita, alle cosce dei paracadutisti immobili come statue. Ahmed e Hocine crollano al suolo: Magnasega li sospinge in un an­golo a calci. I due arabi strisciano e si rotolano come se fossero davvero sospìnti a calci)

Bamboccione                - (cupo)  Ehi, Magnasega, dobbiamo fare il rapporto.

Magnasega                    - (dandosi da fare) Già... Su, coraggio... (Ma­gnasega prende tre casse e le mette una sopra l'altra in modo da formare un'impalcatura traballante)

Bamboccione                - (scattando sull'attenti davanti alle casse) Non vogliono parlare, signor tenente!

Magnasega                    - Abbiamo provato tutto, signor tenente!

Bamboccione                - (più forte) Non vogliono parlare, signor capitano!

Magnasega                    - (stesso tono di Bamboccione) Abbiamo pro­vato tutto, signor capitano!

Bamboccione                - (ancora più forte) Non vogliono parlare, signor maggiore!

Magnasega                    - (c. s.) Abbiamo provato tutto, signor mag­giore!

Bamboccione                - (sempre più forte) Non vogliono parlare, signor colonnello!

Magnasega                    - (c. s.) Abbiamo provato tutto, signor co­lonnello!

Bamboccione                - (sempre più forte) Non vogliono parlare, signor generale!

 Magnasega                   - (c. s.) Abbiamo provato tutto, signor ge­nerale!

Bamboccione                - Non vogliono parlare, signori Ministri, signori Presidenti... o Francia, mi senti?

Magnasega                    - Non vogliono!

Bamboccione                - Non vogliono parlare, Gesù, Santa Ver­gine, Iddìo!

Magnasega                    - (gettandosi in ginocchio davanti alle casse. Come impazzito) Dio del cielo e della terra, tu sai come far parlare uno di quei grugni, tu? Conosci il loro dia­letto. Dio del cielo?

Bamboccione                - (in ginocchio) Aiutaci! (Con rabbia) E che! sei fellaghà pure tu? E che! saresti mica dalla parte di 'ste rogne? (Allarga le braccia in croce) Pisci sangue di rogna, mica? Ci crepi per 'ste carogne, Bambin Gesù?

Magnasega                    - (rialzandosi. Calmissimo) Ehi, Bamboc­cione...

Bamboccione                - (sempre in ginocchio, ma improvvisamente calmissimo) Che c'è?

Magnasega                    - Ci credi in Dio, tu? (Fa un gesto per in­dicare le casse)

Bamboccione                - (si rialza) Che ne so. (Pausa) E tu?

Magnasega                    - Se tu ci credi, ci credo anch'io.

Bamboccione                - C'è Milietto che ci crede. Ci ha una me­daglietta.

Magnasega                    - (gridando) Milietto! Milietto! (Milietto en­tra con in mano un'armonica)

Bamboccione                - Ehi, Milietto, ci credi in Dio?

Milietto                         - Certo.

Bamboccione                - (pensoso) Già...

Milietto                         - Che, ti scoccia?

Bamboccione                - A me? Macché...

Magnasega                    - E come fai per crederci?

Milietto                         - (saccente) Un'abitudine. M'arrangio.

Bamboccione                - (indicando gli arabi) Ce n'hanno uno, loro?

Milietto                         - (c. s.) Per forza.

Bamboccione                - È Allah, no?

Milietto                         - E già.

Bamboccione                - E chi è 'sto... coso?

Milietto                         - (sentenzioso) Un pappone.

Magnasega                    - Sei sicuro Milietto?

Milietto                         - Ci metto la testa.

Bamboccione                - E il tenente Pennacchio, pure lui ci crede, no?

Milietto                         - Sicuro.

Bamboccione                - E ne discutete, ogni tanto?

Milietto                         - No. (Duro ma con dolcezza) Mi state facen­do l'interrogatorio?

Bamboccione                - Si parla, no?... (Affabile e curioso) E, di' un po', come fai per crederci?

Milietto                         - È una di quelle cose, cocco bello, che co­minci quando sei un cosino alto cosi, e poi dopo va avan­ti da sola.

Bamboccione                - (sempre affabile) E alla mia età, c'è mica...? (Mitietto guarda l'armonica con la quale, poi, s'ac­carezza le labbra)

Magnasega                    - E a che ti serve?

Milietto                         - (mostrando l'armonica) Questa?

Magnasega                    - No, il tuo Gesù,

Bamboccione                - Ti metti in ginocchio, mica?

Milietto                         - Ti ruga? Si!

Bamboccione                - Balle! Ti ci vorrei vedere... (Milietto alza le spalle e comincia a suonare l'armonica in sordina)

Magnasega                    - (contemplando Milietto) Dai, Milietto, lo sai che sei simpatico.

Bamboccione                - Si, in fondo sei un po' stronzo... ma sim­patico... nel tuo genere... (Milietto, continuando a suonare l'armonica, si dirige verso gli arabi)

Milietto                         - (tastandoli col piede) Saran vivi?

Bamboccione                - (immobile, con le braccia conserte) Dac­ci un po' fuoco. Se tiran giù un sacramento, son vivi.

Magnasega                    - Questi non crepan mai, signor parroco... (Dà uno spintone all'impalcatura di casse che crolla. Bam­boccione e Milietto si voltano. Magnasega si siede su di una cassa) È scoraggiante...

 

 

Piano secondo

(Ahmed, Hocine e Said. Sono in marcia, sulle montagne. Portano con loro dei fagotti e delle armi. È notte. La montagna - // maquis - può essere evocato in qualsiasi modo. Per esempio: un cespuglio e un leggero pendio, in­torno ai quali i tre arabi marciano, strisciano, avanzano fa­ticosamente soffermandosi a tratti a riprender fiato)

Ahmed                          - (è il più giovane) Ci arresteranno...

Hocine                          - No che non ci arresteranno.

Ahmed                          - (sottovoce) Sento le mie grida.

Hocine                          - Io non sento niente.

Said                               - (brusco) Tacete!

Ahmed                          - Said, fratello, ti dico che sento le mie grida. (Tutto il testo in corsivo non è "udito" dagli altri due) Ti dico che sono qua, in gola, pronte a saltar fuori, pronte all'assalto. Sono come topi, qua, in gola... Si confondono, si arrampicano una sull'altra, si graffiano... Ho le gambe che tremano; mi suda la pancia, Said. Ho paura... (Pau­sa) Sono una rogna d'arabo, dalle spalle magre e i piedi piatti... e ho paura. (Con voce più sorda) Ditemelo, fra­telli... quello che vi dico, ora, in questa notte buia della mia terra dove camminiamo uno dietro l'altro, quello che dico in quest'Algeria che arde di collera e di paura, voi non lo sentite, vero? Voi siete sordi, ditemelo. Ditemelo che non sentite che ho paura.

Said                               - Siamo sordi, Ahmed. Io cammino davanti a te.

Hocine                          - Non ti sentiamo, Ahmed. lo cammino dietro di te.

Ahmed                          - Dovete dirmi che siete sordi e che non sentite la mia paura. Said, se ti volti verso di me, il tuo sguardo non deve cercare il mio. Hocine, se mi volto verso di te, il tuo sguardo mi deve perdonare. (Pausa) Ma bisogna anche che parli, sennò     (breve risata) la paura... mi marcirà in pancia, nella mia pancia di rogna fetente mi scoppieranno le budella! Bisogna che la paura mi diventi parole, nella pancia... qua... invece di agitarsi come tanti vermi... e poi, bisogna... si... bisogna che s'arrampichi su, sino alla gola stretta, attraverso... (Cambiando tono) Ahmed, ma che ci vieni a fare alla Scuola Francese se manco sei capace di parlare... attraverso l'esofago, Signor Maestro... attraverso questo tubo stretto, la paura, sino in gola, qua, mi si con­denserà in bocca e allora picchia, picchia, picchia... con­tro la barriera dei miei denti bianchi! (Pausa) Ho i den­ti... bianchi. Non ho che questo di bianco! Tutto il resto è rogna. I capelli, il naso, i peli, le ginocchia, le orecchie, i polpacci e l'ombelico sono rogna! Sono figlio di due ro­gne d'arabi! Niente da fare e da sbattere, sono una rogna d'arabo! (Pausa) E se anche un giorno ci fosse un nostro re, posso essere Re delle Rogne! Imperatore dei Fetenti! Papa dei Grugni!... Ah... e tu, il Gran Generale dei Para­cadutisti che mi perseguiti, ti sei battuto, tu... Ma non puoi, tu! Non sei uno schifoso arabo, tu! Sarai un gene­rale ancora più. grande, più forte, più grosso, più cattivo, più rosso, più blu ma... ma non sarai mai Re delle Rogne! Hocine, Said!

Hocine e Said               - (sottovoce) Si... Che c'è?

Ahmed                          - Sono come voi. Vi assomiglio. Vorrei...

Said                               - Non dobbiamo parlare... La montagna è piena di orecchie. Noi ci battiamo con le nostre sei orecchie con­tro centomila... Sssst!...

Ahmed                          - (a voce molto alta) Ma io parlo! E siccome è la fifa che parla sotto sotto, nessuno mi sente! La fifa se ne fila via come l'acqua di una sorgente sporca scivola e scorre sul muschio... La fifa mi esce di bocca per andarsi a ficcare subito nelle orecchie... Fa... cosi! (E fa il gesto come di cogliere un qualcosa sulle labbra per introdurlo subito nelle orecchie) Ho i denti bianchi! Hii, hxii!... (Ride di un riso secco e nervosamente artificiale) Hi, hi, hi!... E poi ho anche il fegato... bianco! Ma a parte questo, sono una rogna d'arabo. (Pausa) Se ammazzo un para, gli man­gio il fegato...

Said                               - (si ferma. Gli altri due fanno lo stesso. Si mette in ascolto) Si stanno avvicinando.

Ahmed                          - Dove saranno?

Said                               - Loro sono ciechi e ci cercano. Noi siamo ciechi e fuggiamo. La notte ci tiene per mano e ci guida... Notte d'Algeria, guidaci, sii con noi... (Pausa) Ma ci sono delle notti che ci tradiscono e passano dall'altra parte... Vedrai, Ahmed, ci sono delle notti francesi, delle notti para...

Ahmed                          - Ci avranno circondato?

Said                               - Credo di si.

Hocine                          - Riusciremo a cavarcela?

Said                               - Forse... Prima che faccia giorno, se la notte non cambia parte. Intanto riposiamoci.

Ahmed                          - Bisogna continuare, Said.

Said                               - No. Siamo ciechi... Aspettiamo. Riposiamoci. Met­tiamo in ordine le armi e carichiamole.

Ahmed                          - (ai due) Ma io voglio combattere. Non ho paura.

Said                               - Senti ragazzino, lo so che non hai paura.

Ahmed                          - Mi credi sul serio?

Said                               - Si. (Pausa) Nessuno ha paura. Nessun algerino ha paura. Nessun algerino, ora, ha mai avuto paura. La paura è dall'altra parte...

Ahmed                          - Mi batterò... Voglio battermi.

Hocine                          - (sorridendo) E vuoi morire, anche?

Ahmed                          - Sono pronto a morire... (A Hocine) E tu?

Hocine                          - (stupito) Io? No!

Said                               - (corsivo: gli altri due non odono la battuta) Tu menti, Ahmed. Tu sei già morto di paura e io, Said, lo so e non te lo dico. Sei morto di paura per l'Algeria e quando i para ti ammazzeranno, finiranno il cadavere di ragazzo. Ti arresteranno, lo so! Io la so, la guerra! So da dove viene e dove va la morte. Conosco le sue case e i suoi appuntamenti. È un'amica. Tu sei nato per essere arrestato, torturato e ucciso! È scritto nei tuoi occhi neri dalle lunghe ciglia che battono. T'ho guardato una volta, una sola volta, e ho pensato: "Il piccolo Ahmed è della razza di quelli che sono fottuti!..." Ma ci devono essere migliaia e migliaia di individui fottuti in partenza, come te, perché degli altri individui, come me, siano vincitori un giorno. Questo non lo capiresti, piccolo Ahmed fifone, se te lo spiegassi. Perciò preferisco tacere... (Pausa) È co­si. Sta scritto. Una mano immensa ha scritto sulla terra d'Algeria che tu creperai e io me la caverò. Di noi tre, tu sei nato per essere il morto di questa guerra. Nemmeno Hocine morirà, ma lui non lo sa. Lo saprà se gli altri ci arresteranno. Io lo so da sempre. In questa guerra, ragazzo, tu farai la parte del cadavere e vedo i tuoi oc­chi aperti coprirsi di mosche e le tue labbra viola incol­larsi ai denti... Questa guerra, ragazzo, ha fatto dei figli all'Algeria ma tu ci sei arrivato nato-morto, morto-vivo... (Con orgoglio) Io, sono di quelli che vivono e che vivran­no... È proprio cosi. E è per questo che hai paura. Ci sono delle voci... non so dove, in fondo non so nemmeno se sono delle voci, delle nubi, dei rumori di pietre che fra­nano o degli odori d'ossario che te lo dicono...

Ahmed                          - Cos'è che dici, Said?

Said                               - (cambiando tono. Tranquillo) Non dico niente... Non vedi: mi lustro le armi. Bisogna che luccichino come la luna e che le assomiglino. (Si mette a lucidare) Biso­gna che siano bianche e fredde. Che abbiano voglia di diventar rosse e calde di sangue. E che siano bellissime.

Hocine                          - Di', Said?

Said                               - Si... Vuoi bere? (Gli porge una borraccia)

Hocine                          - Ho mal di pancia.

Said                               - Che cos'ha la tua pancia?

Hocine                          - Ho voglia di fare l'amore.

Said                               - Con chi?

Hocine                          - Non lo so. Con nessuno.

Said                               - Conosci delle donne?

Hocine                          - Le conosco tutte, ma ho la voglia qui... (Si mette una mano sul petto) Sono mesi che dura... (Pausa) Se una donna venisse a sdraiarsi vicino a me... (ride) cre­do che la pesterei... (Sorride in modo strano) Un giorno, ci passeranno tutte. Per terra, sotto gli ulivi, sotto gli aran­ci, sulla sabbia, nei boschi, tutte ci passeranno... Quel giorno, si parlerà di Hocine. Non mi riconosceranno. (Ri­flette) Vedi, Said, c'è una cosa che mi scoccia in questa guerra... È quando strappano le vigne, tagliano gli alberi...

Said                               - (sorridendo anche lui) - E i pali telegrafici?

Hocine                          - Dei pali me ne frego. Gli alberi... gli ulivi, gli aranci, le quercie... Una notte, da solo, mi son segato tutt'un orto... Quando ho finito, stavo male... Da crepare.

Said                               - La stanchezza.

Hocine                          - No... macché... Quel che m'ha preso quel gior­no... Avevo una donna e non l'ho toccata. La voglia l'a­vevo ma non con lei... Con nessuno... (Mentre parlano, i para ti circondano. Ma non vedono i tre arabi; allo stesso modo che nemmeno gli arabi vedono i para che stri­sciano, avanzano, scivolano, stanno per accerchiarli)

Bamboccione                - (a Milietto) Ho voglia di mollarne una, ma ho paura che i fellaghà mi sentano.

Milietto                         - O che ci scoprano dall'odore...

Bamboccione                - Quando scorreggio io, Milietto, trema tutta l'Algeria. E ricordati che ho scorreggiato in Indoci­na, io. Prima di ritirarmi, l'ultima scorreggia e bum!  l'ho spaccata in due. (Strisciando si porta all'altezza di Ma-gnasega)

Magnasega                    - Cosa c'è? Sei tu, cretino?

Bamboccione                - (con voce strozzata) No, io ezzere cuo-scous Ferhat Abbas!  Io fare queck-queck per Algiria!  (Cambiando tono) Oé, dottore, ce li facciamo con le cipol­line i fratellini? Senti un po' il menu. Antipasto: rogna alla maionese. Specialità: frittura di rogna. Dolce: su­prema di fetente. Magnasega - Dai, suprema è pesce, mica è dolce.

Bamboccione                - Fa' niente. Gelati: torrone alla panna. Caffè. Liquori. Eccetera...

Lopez                            - Avete mica visto Hermann?

Magnasega                    - Desolato... non è ancora dei nostri stasera.

Lopez                            - Guarda un po'... 'sto stronzo d'un kartoffel, sempre da solo se la squaglia...

Magnasega                    - Quando è tra le braccia di un fellaghà non vuole essere disturbato. È pudico... Siediti, Lopez, versati un po' di tè, togliti il soprabito, metti un disco... op... E arriverà il tuo Hermann... Ecco, cosi! (Si pianta di fronte a Lopez, pugnale alla mano. Poi, imitando l'accento tede­sco di Hermann) Ach, sveglia Lopez! Io ci ho... zac! (Fa il gesto di colpire) Due, dieci, cento! Mille! Non c'è più un rognoso vivo da Berlino a Tamanrasset! (Proprio in quel momento, Hermann, sbucato fuori improvvisamente, balza su Lopez alle spalle; gli schiaccia la gola con un braccio, brandendo un pugnale come per sgozzarlo)

Bamboccione                - (scuotendo Hermann) Piantala, pezzo di stronzo!

Hermann                       - (a naso a naso con Lopez) To! Carmencita! Ho raschiato di sgozzarti, tesorone mio! Gliela suonerai ancora la chitarra al tuo Hermann? Ehmmm!... (Abbrac­ciandolo) Gnam, gnam, gnam!

Milietto                         - Ahò, kartoffel... ti calmi? (Ponzio e Pilato s'avvicinano al gruppo formato da Magnasega, Bamboc­cione, Hermann, Milietto e Lopez)

Ponzio                           - Dove sono gli altri?

Pilato                             - Di là (gesto) e di là... senz'altro. (Posa a terra le armi e s'accoccola. Ponzio lo imita. Poi, con un tono molto naturale) Mi piacerebbe far fuori un fellaghà.

Ponzio                           - Sei un arrivista.

Pilato                             - Mi piacerebbe farne fuori uno.

Ponzio                           - Non son mica sordo. Ti piacerebbe far fuori un fellaghà.

Pilato                             - Ma non mi chiedi perchéì

Ponzio                           - Ah, ma allora è una storiella! Perché?

Pilato                             - No che non è una storiella. Vorrei vedere un fellaghà morto.

Ponzio                           - Avrai l'occasione, va'. Siamo un reggimento fortunato, noi... Ci combinano continuamente degli ap­puntamenti con quei signori... E perché vorresti vedere un fellaghà morto?

Pilato                             - Per vedere...

Ponzio                           - E’ esattamente lo stesso di un fellaghà vivo, solo che è morto. Con la vita in meno, ma è uguale.

Pilato                             - (fa segno di no con la testa) L'hai già visti dei morti?

Ponzio                           - (lentamente. Con uno sguardo duro e orgoglio­so) Ma sai con chi stai parlando?

Pilato                             - (saccente) E non l'hai notato che lo stesso tipo, da morto, mica Io riconosci? Mettiamo che te ne becchi una, stanotte...

Ponzio                           - Noo.

Pilato                             - Va be'... Me ne becco una io, e ci resto secco, cosi! (Sbatte il palmo della mano contro il suolo) Allora, Ponzio, ti dico io che ci avrai una sorpresa... Non mi rico­noscerai. Ti dirai: "Cristo, è Pilato! È Pilato!" ma non ci crederai. (Ponzio alzo, le spalle. Pilato si corica, con la bu­stina sul viso. Ponzio lo guarda. Pausa)

Ponzio                           - (come se si rivolgesse a invisibili testimoni) È morto? (Una pausa tra ogni battuta di questo dialogo immaginario) Si... (Pausa) Chi è? (Pausa) Chi lo sa, non è dei nostri. È uno della II Compagnia. (Pausa) Forse lo conosco. (Ponzio solleva la bustina e scopre il volto di Pilato) Lo conosci? (Pausa) Si... si chiama Pilato. (Pausa) Non ha più budella. (Pausa) E un amico... Mi diceva che non l'avrei più riconosciuto... Aveva ragione... (Pausa) Ha le budella di fuori. (Pausa) Non lo riconosco più perché è morto. Te la sei squagliata, Pilato. Il mio amico morto è più lontano di un fellaghà vivo... Anche se m'arrabbio, non mi risponderà, anche se mi piglio una di quelle ar­rabbiature... (Scuote Pilato)

Pilato                             - (risollevandosi) Eh? Che c'è?

Ponzio                           - Te la dormivi?

Pilato                             - Si...

Ponzio                           - Hai paura?

Pilato                             - Si, ma me ne frego. (Pausa, poi ritornando all'idea di prima) Mi piacerebbe ammazzare un fellaghà.

Ponzio                           - Che? ti ripiglia? Sarai mica un po' maniaco?

Pilato                             - Il fellaghà, s'agita sempre, si muove, è dap­pertutto. Ho voglia di vederne uno che non si muove, che non si agita...

Ponzio                           - Te ne vai al campo e impacchetti un pri­gioniero.

Pilato                             - Si muove. Ha gli occhi... Voglio vedere un ro­gnoso secco per sempre. Si muovono, tremano, tiran cal­ci dappertutto, 'sti rognosi... Se ne faccio fuori uno, tutto finisce di tremare. Se ne faccio fuori uno, dormirò un giorno e una notte... Tutto sarà fermo. Tutto sarà... calmo.

Ponzio                           - (alzando le spalle) Poi dopo ti sveglierai. E dopo sarai costretto a farne fuori un altro, degli altri... Il rognoso fetente, primo, è come i peli della barba: ri­cresce sempre. Passi la macchinetta sull'Algeria e ti dici: "Non ce n'è più!" Pulisci la macchinetta, ti lavi le mani, ti giri e... è cresciuto di nuovo! Più radi, più cresce. Secundo, se ne fai fuori uno, avrai bisogno di farne fuori sempre di più per dormire. Come le pillole per l'insonnia: c'è (pronuncia la parola con applicazione) l'assuefazione!

Pilato                             - È la droga.

Ponzio                           - La guerra!

Pilato                             - E allora?

Ponzio                           - Il solo sistema è di farli fuori senza pensarci. Impara un po' da Hermann. Fa fuori un rognoso: uno a zero. Un rognoso fa fuori lui: uno a uno. (I paracaduti­sti, con lenti movimenti - a volte raggruppandosi, a volte separandosi - continuano per tutto il tempo l'accerchia­mento dei tre arabi. Sgattaiolando tra i vari gruppi, un'om­bra grigia viene quasi ad abbattersi ai piedi degli Arabi)

Mora                             - Siete circondati! Scappate...

Saio                               - Tu, chi sei?

Mora                             - Sono una donna, mi chiamo Mora.

Said                               - Che vieni a fare? Chi ti manda?

Mora                             - Ho visto passare gli uomini di colore e sono ve­nuta a dirvelo.

Hocine                          - (strappandole lo scialle di dosso) È una don­na, Said.

Ahmed                          - (non s'è mosso. Parla con il capo tra le mani) Anche la morte è una donna.

Mora                             - Sono della tribù dei Zeians.

Ahmed                          - Anche la morte è di quella tribù.

Mora                             - Per venire da voi sono passata per i sentieri di montagna, ho attraversato il bosco.

Ahmed                          - Anche la morte attraversa il bosco. Sei una puttana! La morte è una puttana! Hocine adesso t'allarga le gambe, ti piglia sotto e, poi, crepiamo tutti. Dai, Ho­cine! (Si alza. Cambiando tono) Non crederle, Said. Ci tradisce... Ce l'hanno mandata loro... Se la son tirata su, se la son scaldata, ingrassata e ce l'hanno mandata... Co­me hai fatto a passare? Da dove vieni fuori? Sei la loro donna!

Hocine                          - (ridendo) È caduta dal cielo.

Mora                             - (a Ahmed) Sono la puttana preferita dei para­cadutisti. Mi pagano e io ci vado a letto. E per fare anco­ra più soldi, tradisco i miei fratelli e sto a guardarli crepare... (S'avvicina ad Ahmed) Con tutti questi soldi, guarda... (raccoglie una manciata di terra e la tira in faccia a Ahmed) con quest'oro (si sputa sulla mano che poi strofina sul volto di Ahmed) mi comprerò...

Hocine                          - (scosso da un riso enorme, e silenzioso) Cosa ti comprerai, schifosa!

Mora                             - (ansimando) Un casino! Ci metterò dentro tut­te le ragazze d'Algeria... E sui loro seni e sulla loro pan­cia tutti i para verranno a asciugarsi le mani piene di sangue e di cervella... Toh, prendi... (Prende le mani di Ahmed e se le mette intorno al collo) stringi!... su!

Hocine                          - (a Ahmed) Dai, stringi, ragazzo! (E, nel vuo­to, fa il gesto di strangolare come se volesse insegnare ad Ahmed come si fa) Cosi!... Stringi, con un colpo e crac...

Mora                             - Su! Stringi!... Stringi o mi metto a gridare! Stringi o li chiamo!

Said                               - (calmo) Dai, Ahmed!

Ahmed                          - (rigido. Con le mani intorno al colto di Mora) Grida! Non stringerò. (Mora prende le mani di Ahmed che meccanicamente si lascia fare. Gli incolla le braccia lungo il corpo. Una pausa. Poi lo schiaffeggia)

Hocine                          - (ridendo e agitando le braccia) Ahi, ahi, ahi... giù, giù, giù... Pfìù, pfiù, pfiù...

Ahmed                          - (a Mora) Perdonami...

Said                               - (s'avvicina a Mora e le allunga un paio di ceffoni. A Ahmed) Ecco fatto! Ti ha perdonato.

Hocine                          - La signorina Mora è davvero una brava ragaz­za, molto ben educata. (A Mora) Vieni a dare un bacetto a papà Hocine.

Said                               - Adesso basta, Hocine!

Hocine                          - Basta se voglio, signor Generale!

Said                               - No, se voglio io!

Hocine                          - (fa un balzo indietro sfoderando un pugnale) E se non voglio, io? Ci batteremo con questo (mostra il pugnale come offrendoglielo) per non far rumore? (A Mo­ra) Non vuoi dare un bacetto a papà Hocine, il grande dell'F.L.N.? No? (A Said) E tu, non ti vuoi battere? (Pau­sa. Rinfodera il pugnale. Poi, piano) Ne ho a basta, Said. (Pausa) Lo sai che sono qui? (Designa i para, tutt'intorno) Lo sai cosa succederà? Tu, Ahmed, ci resterai! Tu, Said, te la smammerai! E te, donna, ti sbatteranno e ne chie­derai ancora! E io, ragazzi, m'arruolo nell'Esercito fran­cese! (Pausa. Torvo) Eh? Questo non è possibile? E per­ché non dovrebbe essere possibile? Scommettiamo!  Eh? Tu crepi, tu te la fili, tu ci stai e io tradisco! Questo... Questo è ordine! (Gli altri tre lo guardano, immobili) Questo... sarebbe normale! (Con voce improvvisamente grave e lenta) Tu crepi perché hai lo stringìculo! Tu te te la squagli perché sei un capo! Tu ci vai insieme perché sei una femmina (Pausa) E io, Hocine, tradisco...

Said                               - Perché?

Hocine                          - Per ventottomila franchi al mese! (Pausa) Sono un buon soldato... e allora... allora perché dovrei lavorare gratis? Che ne dici, Said? Non dici niente... Nien­te? (Pausa) Ma se me ne frego della tua Algeria, cosi adesso, subito?... Se tradisco... (riso secco) fratello... con­tinuerai a non dire niente?... C'è delle volte che c'avrei proprio voglia di andare dai Francesi solo per immagi­nare, dopo, la faccia che farai...

Mora                             - (a Ahmed) Volevi un traditore... (designando col gesto Hocine) eccone uno!

Hocine                          - (levando il dito in aria in segno di dubbio) Ah... signorina, non è mica detto... Attenti! Forse sono un vero eroe... Lascia o raddoppia! Ale, dai, scommettete su di me, tutti e tre. Traditore o eroe? Voi puntate sul Bian­co o sul Nero. E io mi metto a girare (si mette a girare su se stesso) come al lotto... (Gira dapprima rapidamente, poi lentamente, come una ruota che rallenta il movimen­to, quindi si ferma) e voi state a guardare: traditore o eroe? Cos'è uscito, il Bianco o il Nero?

Ahmed                          - Il Bianco, Hocine.

Hocine                          - (incredulo. A Said) Sul serio?

Said                               - Si.

Hocine                          - (a Mora) E tu, femmina, è vero?

Mora                             - Si...

Hocine                          - D'accordo... Sono un... un eroe! (Mora s'al­lontana dai tre uomini, s'insinua lentamente tra i para­cadutisti, poi, dominando i due gruppi...)

Mora                             - Femmina! E è bastato che apparissi perché mi deste il nome della morte e della vita... Sono qui! Sono qui, femmina, con i miei capelli, i miei seni, il mio sesso vergine... e tutta l'Algeria si ritrova e si divide. Facciamo i conti! Mettiamo in fila, tutt'insieme, i calcoli della vita e della morte, mettiamo in fila, tutt'insieme, le addizioni, le sottrazioni e le divisioni della guerra con quelle cifre che tremano sotto i nostri che piangono. Soldati, venite qui! Soldato della certezza, posa il capo sulle mie gambe; soldato del coraggio, posa il capo sulle mie gambe; ma tu, soldato della paura, posa il tuo volto di marmo sul mio ventre! Coloro che vogliono e coloro che uccidono, miei uomini! E poi coloro che hanno paura, miei miseri figli! Io sono la grande femmina, vergine e algerina... Di che cosa mi riempirò il ventre? Di eroi, di uomini o di vigliacchi? Arabi rognosi, fratelli delle montagne, delle casbah, delle città e dei villaggi, delle dune e delle spiag­ge, se tutti vi allungate sul mio corpo, che nome darò a mio figlio? (Pausa) E se poi sono sterile? E se il mio ven­tre è arido? Sabbia senz'erba, terra senza pioggia... E se nulla, mai, vi si deve muovere e vivere? E se è scritto che non lancerò mai le grida delle doglie, di trionfo e di liberazione? (Riso breve) Dovresti consultare un medico, carina... (Pausa) Ho nove milioni di mariti. Nove milioni di eroi, di uomini e di vigliacchi che ogni notte strisciano, urlano, tremano, muoiono e combattono per riempirmi il ventre di figli. Per ora, guardate, toccate, sono piatta! Il mio ventre è vuoto, i miei seni asciutti... Venite qui tutti, tutti! Vi chiamo! Dall'alto delle più alte montagne, la mia carne in calore vi grida il mio amore! Tutti, arabi, ro­gnosi, schifosi, terroni, tutti, fetenti, rifiuti, ribelli, ucci­sori, incendiari, assassini, martiri, tutti, terroristi, solda­ti, cadaveri, morti, spettri, fate presto, prendetemi! Su, avanti! Prendetemi! Sui sassi, tra i rovi, in fondo alle grotte, nel greto dei torrenti... Su! Facciamo la guerra, presto, e l'amore!... Fate presto, prima che gli altri mi prendano e mi violentino... (con voce lenta e bassa) ... pri­ma che mi diano forse piacere... (Voce più bassa) Tra­disce il ventre... e ho paura... Loro sono belli... Ho una paura terribile... Una paura terribile delle loro mani, dei loro corpi, delle loro bocche avide, del loro odore dì ma­schi che sanno la foia della guerra... Io sono una donna... Ho un ventre, una carne e m'hanno detto che spuntano albe in cui si piangono le vergogne e i piaceri della not­te... Ho paura... (Roca) Aiuto! Presto           - (ansimando, con vo­ce strozzata) arabi, rognosi, terroni, schifosi, tutti, fetenti, rifiuti, ribelli, assassini, tutti, fratelli vivi, fratelli morti... (La voce si spegne. Mora rimane immobile, come di pie­tra. I paracadutisti sono ora in mezzo agli arabi. Silenzio. Poi, bruscamente, Bamboccione compie un balzo gigan­tesco, lanciando un urlo terribile, di inumana ferocia)

Bamboccione                - Uà... uaaaaaaaa! Uaaaaaaaa!...

Piano terzo

 (Hocine, con le mani legate dietro la schiena. La stessa corda blocca le mani di Ahmed, legate sulla pancia. I due uomini camminano lentamente, molto lentamente, con lunghe fermate, inquadrati dai paracadutisti che avanza­no con lo stesso passo. Said s'aggira intorno al gruppo ora strisciando, ora in piedi, ora immobile, ora fugge via per poi riavvicinarsi, ecc. Mora, sul fondo, sempre immo­bile come di pietra, osserva)

Hocine                          - (con un sorriso) Come va, signor Ahmed?

Ahmed                          - Cosi... Non andare troppo svelto. Continui a dar strappi alla corda.

Hocine                          - Ho fretta. (Dà uno strattone e Ahmed vacilla in avanti) Ho un appuntamento.

Ahmed                          - Che cosa ci faranno?

Hocine                          - (con fare posato) Ci daranno la medaglia. Ci laveranno, ci pettineranno, ci spazzoleranno, ci aggiu­steranno, ci dipingeranno, ci taglieranno le unghie, ci pu­liranno i denti, ci profumeranno, ci arricceranno le dita dei piedi, ci truccheranno, ci insegneranno a cantare e a ballare e, dopo, ci presenteranno al generale Massu. (Con una voce da contadino, ma bonario) Allora, razza di schifosi, non vi vergognate a giocare alla guerra? Manica di coglioni! Non avete aerei, non avete carri armati, nien­te navi, né telefoni da campo e nemmeno mitragliatrici pesanti e vi mettete a fare la guerra? E se io, generale Massu, facessi chiamare qui i vostri genitori e gli dices­si un po' quel che fate al doposcuola? Per cominciare, co­me si chiamano i vostri genitori? Ehi tu, laggiù, cosa fa tuo padre? (Cambiando tono) Sono orfanello, signor Generali! (Cambiando tono) Poverino... povero piccolo... schi­foso! Beh, beh! (Lancia un sospirone) E se ti facessi fu­cilare, perché ti servisse di lezione? (Pausa)

Ahmed                          - Ci fucileranno?

Hocine                          - Dipende... Se vogliono fare economia di pal­lottole, ci faran crepare sotto la tortura. O tutt'e due: la Francia è ricca... (Con un tono molto naturale) A me­no che io tradisca, è naturale, a meno che confessi...

Ahmed                          - Tradirai, Hocine?

Hocine                          - Ventottomila franchi al mese! Senza contare le indennità di combattimento... Se poi sei una persona seria puoi anche arrivare a fartene trentacinque o qua­rantamila. Più i saccheggi, le perquisizioni, i resti dei bottini. E... e, dimenticavo: vitto e vestiario. È una siste­mazione. E... e, dimenticavo: tra due o tre anni posso passare sergente!

Ahmed                          - Ma la guerra sarà finita.

Hocine                          - E io m'arrangerò a farla continuare. Ne par­lerò con i ministri.

Ahmed                          - E io? Io...

Hocine                          - Se tradisco ti salvo la pelle. Lo chiederò come prima indennità.

Ahmed                          - Said non l'han fregato. Ce l'ha fatta.

Hocine                          - (cupo) Bravo! (Pausa)

Ahmed                          - Hocine? (Dà uno strattone atta corda)

Hocine                          - Eh... non tirare!

Ahmed                          - Senti... Non ci ammazzeranno. (Tira la corda) Vedi questa, questa vuol dire che non ci ammazzeranno. Lo avrebbero già fatto... Abbattuti due ribelli che tenta­vano la fuga. Vedi questa (un colpo alta corda).,, è la vi­ta questa!

Hocine                          - Hai ragione: devono averci qualche idea.

Napoleone                     - (s'avvicina a Ahmed e, con il calcio del mi­tra, gli affibbia un colpo ai reni) Come va la salute? Vuole che le faccia chiamare un taxi? (A Hermann) Ehi, kartoffel, ce li facciamo fuori?

Hermann                       - Nnnnn, nnnnn... C'è l'interrogatorio, Na­poleone!... Se li facciamo fuori, il colonnello non sarà affatto contento! Brutti birbanti, avete ucciso due prigio­nieri! Ma non sta bene! Ma è molto brutto! 04 Hocine) Senti un po' Ben Bella, l'amico li... ho una notizia per te... l'abbiamo fatto fuori! (Gli allunga un colpo con il calcio del mitra)

Said                               - (ti segue, invisibile ma "visto" dagli spettatori. Con voce sorda, a scatti) Ahmed, Hocine... Sono qua. Non ce l'hanno fatta. Non mi hanno fatto fuori. Non ce la faranno mai! Mai! Ahmed, dammi la tua paura; Hocine, dammi le tue domande... Ma non parlate! Non dite il mio nome! Non pronunciate il nome di Said... O se no, parlate! Ma dite che non ce la faranno mai a prendermi, dite che vive, che striscia, che si nasconde, che si batte in Algeria un uomo imprendibile... Che i vostri insulti, le vostre grida, le vostre sfide facciano di me un soldato immenso, rosso del loro sangue, carico dei loro morti... Sarò montagna, esercito, tempesta, uragano e che tremi la terra sotto i loro stivali quando udranno il mio nome... Date loro la paura di Said...

Napoleone                     - Ehi! Taxi! Cristo, è occupato! La prossi­ma volta prendo la macchina.

Milietto                         - Ma non serve a niente, commendatore, tan­to è impossibile parcheggiare sui Champs Elysées,

Napoleone                     - E già, Ingegnere, il problema del traffico a Parigi diventa ogni giorno più insolubile...

Milietto                         - (dando, con il calcio del mitra, una mazzata in testa a Ahmed) Un vero rompicapo!

Said                               - (voce bassa, sorda, sussurrata) Said è qua, pa­racadutisti... Sono qua... Sentite: il rumore dei miei passi s'accorda, in un'eco di terrore, al rumore dei vostri passi; guardate: la stessa notte ci avvolge... Il mio respiro incal­zante si confonde coi vostri... Gran sole verde, sole di muffa, sono la tua ombra... (Pausa) Paracadutisti, vi amo! Larghe e pesanti foglie d'autunno della morte cadute dal cielo sull'Algeria, vi amo! Giovane foresta, se n'è andata la primavera delle tue vittorie e Testate... la lunga estate torrida del terrore ha ingiallito e disseccato le tue foglie cadute sulla terra del mio paese. Foglie d'autunno, para­cadutisti, il mio respiro vi spezzerà in vortici, il mio ane­lito vi scaccerà... Foglie d'autunno della morte, marci­rete in Algeria, io camminerò sul tappeto dei vostri ca­daveri. (Pausa) Ma io vi amo. Non mi prenderete. Non ce la farete. Il mio nome è Said: sono l'anguilla della guer­ra... Non mi prenderete mai perché, da sempre, vi amo e vi assomiglio... Lo sapete com'è difficile detestare i vo­stri occhi, la vostra pelle, le vostre risa, il profumo dei vostri saponi, l'odore rosso dei vostri stivali... E com'è difficile odiare le vostre donne e non provare più la vo­glia schifosa dei loro corpi ricchi e bianchi. (Pausa) Io, Said, ho frugato nel mio testone di rognoso, ci ho rovi­stato e ho spostato tutto da cima in fondo, da solo ho riflettuto, e il mio sguardo aperto si tuffava nella notte... e ho trovato: vi amo, paracadutisti! E ho trovato: vi uc­cido! (Pausa) Un giorno, mi butterò sul più bello di voi e gli dirò che è una donna. Lui avrà paura, una paura sconosciuta gli accecherà gli occhi, gli aprirà la bocca e la pancia quando saprà il mio nome e il mio odio... Mi ricorderò di Omar, quello che ne ha ammazzati più di tutti, e di quella mattina che aveva crocifisso un pa-ra-ca-du-tista contro un albero, con la pancia schiacciata contro l'albero... e gli diceva... "Sei una donna!" Guar­davo Omar, sentivo il suo anelito confondersi col rantolo del paracadutista- e ho avuto, anch'io, una vertigine d'a­more. È in quel momento li che ho cominciato a rovi­stare nella mia mente e ho scoperto la verità. (Pausa. Con­tinua sempre a camminare a fianco dei paracadutisti) Pa­racadutisti, il mio amore vi accompagna, il mio amore abietto vi segue passo passo, il mio amore mortale vi spia... Lo so; avete meno paura dei nostri larghi col­telli che dei nostri sessi enormi... (Lentamente escono Ahmed, Hocine e i paracadutisti. Mora avanza verso Said)

Mora                             - Said?

Said                               - Sei qui? Sei ancora qui, tu?

Mora                             - Ti amo proprio, Said? Uno parlerà; l'altro tra­dirà... Sei proprio tu, oggi, quello che debbo amare per domani? I miei figli avranno i tuoi occhi e la tua voce, le tue mani e la tua crudeltà? Algerino, sei tu quello da cui devo andare?

Said                               - Hocine non tradirà.

Mora                             - Si, tradirà.

Said                               - Ahmed non parlerà.

Mora                             - Si, parlerà. Appena una parola, prima, una pa­rolina scappata e che assomiglierà a un grido... e poi centinaia, migliaia, milioni di parole che cadono, rotola­no, franano a valanga. Se lui parla, le dighe cedono; se parla, tutti parlano... Basta uno solo... Se parla, uno, due, tre, quattro, cento, mille, nove milioni di Algerini si met­teranno a parlare. E tutta l'Algeria non sarà più che un immenso cicaleccio... Un caos di confessioni... Said!... Un immenso lamento di confessioni di delitti, di assas­sina, di sangue... Nove milioni di Algerini confessano... ascolta... Oh, ascolta!... i loro delitti di infelicità e di san­gue, di miseria e di paura! Si tureranno le orecchie! Ta­cete, arabi! Non confessate, rognosi! Le nostre navi, i nostri camion, i nostri aerei, i nostri uffici, le nostre can­tine, i nostri campi, le nostre prigioni sono piene delle vostre litanie estorte! Tacete! state zitti! Basta! La Fran­cia trabocca! I nostri giudici sono impazziti! Le nostre guardie ansimano, con la lingua fuori... Pietà! Lasciate che riprendano fiato, si riposino dalla loro caccia! Par­la, Ahmed! Confessa! Non smettere di confessare! Sii inesauribile! Confessa! Che le tue confessioni riempino delle notti, dei mesi, dei secoli! Confessa sino alla fine dei tempi che hai fatto questa guerra e che volevi vin­cerla con un coltello arrugginito e con due mani di uomo! Diserta, Hocine! Tradisci, tradisci! Non la finirai più di spiegare il tuo tradimento ai nostri mendicanti, ai nostri ciechi, ai nostri sordi, al tuo paese coperto di mille piaghe! Confessiamo! Perché nove milioni di uomini ca­paci di uccidere, in catene e con la lingua facile, non potrebbero vincere una guerra? (Lunga pausa. S'avanza verso Said. Disperata) 0 altrimenti, amami, Said.

Said                               - O altrimenti... Vuoi che ti ami, Mora? (Sorride) Altrimenti sei una donna... (Pausa) Dov'è il tempo dell'amore? Lo sai che non abbiamo più casa, per amarci? Tutte le soglie sono state violate, tutte le porte sono state sventrate, tutti i tetti sono sfondati! Le coppie addormen­tate nel sonno delle tenere spossatezze si sono svegliate urlando... Gli uomini non conoscono più le loro donne, le donne sono cieche e cercano i loro uomini nella notte della guerra... Dove sei?

Mora                             - Sei qua. Prova ad amarmi, Said. Prendimi le mani (gli tende le mani) nelle tue... Se la mia testa viene a pesare sulla tua spalla, la morte passerà senza vederci... Non parleremo... Staremo sullo scoglio, anche se il mare sale, e quest'isola circondata sarà tutta l'Algeria... Pren­dimi le mani... Amami... Ordinami di tacere soffocando­mi nelle tue braccia e aprendomi la bocca sotto le tue labbra! Said, ci saremo io e te... La guerra sarà finita e non sarà mai cominciata...

Said                               - Taci! Vattene! Ahmed aveva ragione, assomigli alla morte e hai la sua voce. Vattene! Mettiti del rossetto sulle labbra, fila dal parrucchiere, rasati le sopracciglia, gonfiati le labbra, impara a camminare sui tacchi alti, depilati le ascelle... e infilati nei toro letti! Io non ti guar­do!  Non ti sento!  (Pausa) Se taci, tornerò un giorno, forse...

Mora                             - (fa un passo verso di lui) Dimmi che ti devo aspettare e che è un ordine.

Said                               - No, Mora. Non aspettarmi. Non so più qual è la mia strada...

Mora                             - Io la conosco. Seguimi! Vieni! (Cammina verso di lui, mentre lui indietreggia) Non abbandonarmi... (Said indietreggia) Non dirò niente, non farò rumore... Dimen­ticherò che ti amo.

Said                               - (astioso) Taci... sei pazza.

Mora                             - (con dolcezza) Ti perdonerò, Said... Sono una donna e ti perdonerò tutto.

Said                               - Sei una... schifosa.

Mora                             - Si... (Pausa) Hai ragione... Credevo... Sono una donna... Ero pazza.

Piano quarto

 (Stanzone del bordj. Ahmed e Hocine)

Ahmed                          - (si alza) Stai male?

Hocine                          - Cosi. E tu?

Ahmed                          - È passata.

Hocine                          - (mettendo la mano sulla spalla di Ahmed) Ci hanno... torturato. Lo faranno ancora. (Lunga pausa) Be'. Siamo dei rognosi fetenti! (Pausa. Si siede su di una cassa e fa finta di scrivere) "Cari genitori, sto benone. Ci si diverte un mondo. Ho torturato due rognosi fetenti..." (A Ahmed) Ehi, Magnasega, sono morti?

Ahmed                          - No.

Hocine                          - Hanno parlato?

Ahmed                          - No.

Hocine                          - (si alza) Dici che parleranno?

Ahmed                          - No.

Hocine                          - Il ragazzino, quello più giovane, dici che par­lerà dopo tre o quattro volte?

Ahmed                          - Secondo me, dobbiamo farcela con quello grosso.

Hocine                          - (con aria meditativa. Pausa) Ah... dici? E per­ché, Magnasega?

Ahmed                          - Perché delle volte quelli grossi mollano più facilmente.

Hocine                          - Ah... ma non credi che il giovane abbia paura di crepare?

Ahmed                          - Forse se ne frega, Bamboccione. Forse è più esaltato. Tutti i giovani che abbiamo beccato erano più montati dei vecchi.

Hocine                          - Agli inizi... e già. Allora, per te, dovremo... lavorarci... il vecchio?

Ahmed                          - Sf.

Hocine                          - E io ti dico che dobbiamo lavorarci il giovane.

Ahmed                          - Verrà anche il suo momento.

Hocine                          - (fruga nella sua "djeltabah". Tira fuori un fo­glio immaginario e legge) "Tesoro mio, spero che por­terai un regalo alla tua fidanzatina dall'Algeria. Dicono che la vita non è cara e che ad Algeri si trovano delle cosette carine. Attento a non prender freddo e non fidar­ti di quella sporca razza..." (A Ahmed) È la mia ragazza che mi scrive.

Ahmed                          - È carina?

Hocine                          - Per forza! È... francese!

Ahmed                          - Com'è la Francia?

Hocine                          - Non sei francese tu?

Ahmed                          - Si, ma non del tutto. A metà. Questa metà qui. (Mostra il lato sinistro) È, cosi, la Francia? (Prende una lattina di birra vuota mostrandola a Hocine)

Hocine                          - No.

Ahmed                          - (cercando qualche oggetto nella stanza. Dà un calcio a un paio di stivali) È cosi?

Hocine                          - Hemmm... nnno!

Ahmed                          - (mettendosi a quattro zampe) Cosi?

Hocine                          - No.

Ahmed                          - (gonfia le guance, divarica le gambe e sì mette a camminare a passettini, ansimando, con la pancia in fuori) Cosi?

Hocine                          - (esaminando Ahmed) No... È troppo complicato per spiegartelo. (Se ne ritorna nell'angolo e s'accoc­cola. Ahmed passeggia distrattamente per lo stanzone; si ferma davanti a un attaccapanni e, lentamente, si mette in testa una bustina da paracadutista. Va verso Hocine)

Ahmed                          - (con voce calma) Allora, o stronzo, confessi si o no?

Hocine                          - (standosene sempre accovacciato) Ti dire che no sapere niente, signor capitano! Io povero filiali, io tre capre soltanto!

Ahmed                          - Parla o crepi!

Hocine                          - Perché crepare me per niente? (Ahmed arraf­fa un giubbotto da para abbandonato su una cassa e se l'infila. Poi, ritorna verso Hocine)

Ahmed                          - Stammi a sentire, razza di schifoso, o parli o... (Con tono collerico) Grida: "Viva la Francia!"

Hocine                          - (sempre più agitato)  Viva Francia! Perché tu credere me terrorista? Oh! No vero, no vero niente! Io ti giura! Francia, Algeria per io essere stessa cosa. Io cantare te "Marsegliesa". (Canta) "Allons z'enfants di la patri-i-é, li jour di gioir' s'iii t'arrivi!..." Eh? Beh, potere vedere, no?

Ahmed                          - (s'infila dei pantaloni di para, strappandosi di dosso la "djeltabah". S'allaccia intorno alla vita un cin­turone) Parli?

Hocine                          - Io, niente, solo tre capre...

Ahmed                          - Va be', te lo sei andato a cercare! (S'avvicina a Hocine e gli fa il solletico sotto te ascelle)

Hocine                          - (contorcendosi) Oh! Soffrire, terribile!

Ahmed                          - Parla! (Tira leggermente l'orecchio all'amico, ma appena appena, poi gli pizzica il naso e gli dà degli schiavetti in testa e sulle gambe)

Hocine                          - (con voce chioccia) Tu mi torturare... Huugh! Huugh! Basta, basta! Ferma! Io parlare! Io ti dire tutto!

Ahmed                          - Ah, ah! Prima saluta l'Esercito francese! At­tenti! (Hocine si alza e saluta) Seduto! (Hocine s'accoc­cola) In piedi! Saluto! Seduto! In piedi! Saluto! (Come sopra) Seduto! Alt! (Hocine, come un automa mal sincro­nizzato, si alza e s'accoccola ancora una o due volte. Poi, resta accoccolato) Parla. Ti ascolto!

Hocine                          - Ascolto! Io parla! Si, io fillaghà...

Ahmed                          - Ah, ah! E cosi tu, schifoso, ti credevi che noi non vinceremo la guerra?

Hocine                          - Io credeva, ma ora no credeva più che io vincere guerra. Guerra essere tu che la vince. Niente io. Guerra tua. (Fa' il gesto come di sbarazzarsi di qualcosa) Io, più niente coraggio! Effe, elle, enne: bidone... quello essere palazzo, sigaro, grana e tutto... (Mima il gesto di fumare il sigaro, con la pancia all'aria e infilando i pol­lici in bretelle immaginarie) Io povero niente fillaghà... Tutte bugie, tutte bugie! Propaganda radio, niente vero!

Ahmed                          - (gonfiandosi il petto, tutto tronfio, e andando in solluchero) Ah, ah! Molto bene, molto bene! Tu capi­re! Tu, amico! (Gli tende teatralmente la mano che l'al­tro stringe febbrilmente)

Hocine                          - Tutto capire! Tutto! Tutto!

Ahmed                          - E adesso parla, stronzo!

Hocine                          - (volubile) Beh, il resto di Katiba trovarsi in Sidi H'Oulem. Capo si nascondere in villaccio e si chia­ma Larbi ben Rouia. Deposito armi essere nascosto dietro hangar dove essere trattore di don Gonzales, el colono. Essere anche armi in...

Ahmed                          - Basta! Hocine... (Pausa) Perché mi dici que­sto?

Hocine                          - (si alza, sorridente. Con voce normale) Ma perché mi stai interrogando!...

Ahmed                          - E perché è vero?

Hocine                          - Io non mento mai quando m'interrogano... (Ahmed si toglie di dosso, capo per capo, V'uniforme" di para, mentre Hocine continua, tranquillamente, la "con­fessione") Ci sono anche delle armi nelle grotte sotto il paese... I superstiti dell'accerchiamento della Katiba si stanno disperdendo. Quelli della brigata cercano di rag­giungere l'accampamento per travestirsi da contadini. I manifestini, le istruzioni, le false carte d'identità sono nascosti da Omar, il droghiere, nei barili d'olio a doppio fondo. Ecco... signor colonnello... ho detto tutto. Non so più niente. (Pausa) Mi prendi con te, adesso? (Pausa) So­no un buon soldato... (Pausa) e conosco molto bene i fel-laghà...

Ahmed                          - (che si è completamente sbarazzato dalVunifor-me") Tu lo sapevi che io ignoravo tutto questo, eh? L'hai fatto apposta a dirmelo?...

Hocine                          - (mettendosi in testa, come distrattamente, una bustina da para) Eh, si!

Ahmed                          - Perché?

Hocine                          - (brusco. Strappandosi di testa la bustina) Per­ché cosi siamo in due, adesso! Perché cosi non sono più solo a tenermi il malloppo! Me lo tiravo dietro da solo... E adesso tu tieni l'altro capo! (Pausa) Ti pesa, eh?   - (Ri­de) Se ti pesa troppo lo lasci andare, lo molli... e io farò lo stesso. (S'accoccola) Siamo in due, adesso... Ti scoc­cia? Due... eroi che non parleranno. (Interrogativo) O che parleranno? (Con un fare naturate e bonario) Staremo a vedere, no? Chi vivrà, vedrà... (Con un tono sempre più naturate come parlando di qualcosa di ovvio) Comunque, quello che parla... se uno di noi due parla, è chiaro che... salva l'altro. To', metti un po' che io adesso mi vado a fare una bella chiacchierata con loro... allora, c'è mica più bisogno che tu ti stai li a ostinarti e a negare... Ci aggiungi uno o due particolari stupidi e te la cavi. E, at­tento!, te la cavi e puoi sempre dire che non sei tu che ha parlato. (Pausa. Guarda Ahmed) E lo stesso anch'io, se tu molli... (Guarda Ahmed, immobile, che sostiene lo sguardo. Dà un colpo con la mano per terra accanto a sé) Dai su!, vienti a sedere... (Lentamente Ahmed gli si accoccola accanto. Pausa. Hocine volge il capo verso Ah­med) Dovresti dirmi... grazie. (Ahmed non si muove)

Piano quinto

(Lo stesso stanzone del bordj. Ponzio, Pilato, Napoleo­ne, Hermann, Lopez e Milietto)

Ponzio                           - (è disteso sulla tavola, a pancia in giù, a torso nudo. Pilato, in piedi, è chino su di lui) E che è?

Pilato                             - O è un foruncolo o è un tumore.

Hermann                       - (intento in lavori di cucito) Oppure è scolo.

Ponzio                           - E con chi me lo sarei pigliato Io scolo, idiota?

Hermann                       - (si alza e, portandosi appresso il "lavoro", guar­da la schiena di Ponzio) Non è bello. Glielo farai scop­piare, Pilato.

Pilato                             - (sempre chino) Per me è un tumore.

Ponzio                           - Che cosa sarebbe un tumore?

Pilato                             - Sarebbe un foruncolo malcagato. Te Io faccio scoppiare?

Ponzio                           - Dai, su! Lo schiacci con le dita?

Pilato                             - E no che non va. Te lo buco con uno spillo!, e dopo averlo scottato! In eccezionali condizioni di igiene!

Ponzio                           - Posso gridare?

Milietto                         - Non lasciarlo, Ponzio, quello è un boia!

Pilato                             - Non sentirai niente. Buco dov'è bianco, dove c'è la pelle morta. Poi ti schiaccerò i bordi con un po' di cotone.

Ponzio                           - E allora mi metterò a gridare.

Pilato                             - E grida!  Ma sta' fermo. (Pilato continua a ope­rare Ponzio. Si udranno le sue riflessioni: "Dunque, scot­to lo spillo..." "Attento, che ti buco..." "Avevi un litro di schifezza nei reni..." "Deve essere un tumore di razza ro­gnosa..." e le domande di Ponzio: "Finito?..." "E non pu­lisci?...", i suoi gemiti, ecc., durante tutta l'operazione)

Hermann                       - Attaccare un bottone, c'è niente di più ter­ribile. (Si mette a cantare) Ti cucirò un bel botton sulla punta dei tuoi sen e la rosa di Saaron sui rossi tuoi labbron. L'anno scorso ho attaccato venti bottoni in un giorno. Un centone l'uno. Profitto: due sacchi.

Lopez                            - (nell'atto di tagliarsi le unghie dei piedi) Ma chi te l'ha insegnato?

Hermann                       - La mia cara mammina. Hermann, se torni ancora da scuola con i bottoni strappati, sarai punito! Te li attaccherai tu. È cosi, mia cara Lopez, che ho passato la giovinezza a attaccar bottoni. È triste. (Canticchia)

Milietto                         - (a Lopez) Se ti tagli gli angoli, poi ti verrà un'unghia incarnata... Hai i piedi che fan schifo!...

Lopez                            - Non è che fan schifo. Sono soltanto sporchi.

Napoleone                     - (che legge un giornale) Ehi! Pssst! (Col dorso della mano dà un colpo al giornate) State un po' a sentire questa. (Si schiarisce la voce. Legge) "La verità obbliga a dire..." L'avete sentito, è la ve-ri-tà! che obbliga a dire... bene... vado avanti... «la verità obbliga a dire che, nonostante le formali garanzie fornite in alto loco, so­prusi e sevizie d'ogni sorta continuano ad aver luogo in Algeria..."

Hermann                       - (continuando a cucire) Non è possibile!

Napoleone                     - Tu abbozza, nazista! "Secondo il rapporto inviato dal Comitato ai membri del Parlamento, la pratica della tortura s'è attualmente generalizzata nell'intento sia di ottenere informazioni dai ribelli catturati, sia di obbli­gare i non combattenti a denunciare gli eventuali legami che possono allacciare con i ribelli..."

Lopez                            - Questo non posso crederlo. È una calunnia!

Pilato                             - (con il cotone in mano) Però, parla bene, il ragazzo.

Napoleone                     - "E giova sottolineare..."

Milietto                         - No, non giova.

Napoleone                     - "...sottolineare, dichiara il rapporto, che tali pratiche producono il solo effetto di disonorare l'E­sercito francese..."

Milietto                         - Sei disonorato, Hermann.

Hermann                       - (scoppiando in "laceranti" singhiozzi) Hiiii! Huuuuuuu!

Napoleone                     - Tstststs! Tststs! State a sentire, buon Dio! "...l'Esercito francese e di attentare alla causa che alcuni credono di difendere.» Porco diavolo, ben scritto questo!

Ponzio                           - Ahi!

Pilato                             - (massaggiandogli la schiena) È fatta... (A Na­poleone) Ce n'è che sono istruiti. Mica è la Lopa, con tutte le sue medaglie, che ce la farebbe a parlare cosi. (A Lopez) No, la Lopa?

Lopez                            - Sono troppo indignato per rispondere.

Napoleone                     - (legge ingarbugliandosi) "Ta... tata... ma­neggi... frattura tra le comunità... riconciliazione compro­messa... ecc. Sempre secondo il rapporto che cita nomi, fatti e cifre, le sevizie più gravi sarebbero l'operato di uni­tà di paracadutisti, alcune delle quali contano su di un forte potenziale dì elementi stranieri..."

Pilato                             - (indignato) Eh va al diavolo! E io, allora? Io, Julien Pilato, Pilato Julien non torturato forse, io? Non sono nato a Bougival, io? Non è Francia, Bougival? Ma io ci scrivo, io, a quelli li! Elementi stranieri! Elementi stranieri! Ma li senti, Ponzio? Tutto a favore degli stra­nieri, che vengono a papparsi il nostro cous-cous! Ho tor­turato centinaia di milioni di rognosi, io, e adesso tutte le congratulazioni agli "elementi stranieri"! E va' al dia­volo! Non è giusto, no! Non è giusto!

Napoleone                     - (enorme sospiro) Cosi è! ... Hermann e Lopez sarebbero i cous-cous! (Hermann e Lopez sorrido­no, gongolando beati) Insomma!... (Nuovo sospiro) "In conclusione, i firmatari del rapporto hanno votato una mo­zione nella quale dichiarano pum pum pum pum... affer­mano ta ta ta ta... sottolineano bla bla bla bla... protesta­no be be be be... manifestano infine... tu tu tu tu... Il solo modo... negoziati... ecc., ecc., ecc., ecc., ecc., ecc." Ecco qua!  E bisogna vedere le firme!  Ce n'è come minimo cen­to! Come minimo! È scritto tutto piccolo piccolo, tante che ce n'è!  Professori!  Accademici!  Principi del foro!  Membri dell'Accademia di Medicina! Sfaticati del Colle­gio di Francia! Scrittori! Giornalisti! C'è pure un preton-zolo! (Pausa) Abbiamo come dire tutta la Francia contro!

Hermann                       - Anche il pretonzolo?

Napoleone                     - (mostrandosi affranto) E tre pastori!

Hermann                       - Che schifo!

Ponzio                           - (infilandosi la camicia) Io, da adesso, mi fac­cio naturalizzare rognoso... (Porgendo il suo giubbotto a Pilato) Che, mi comprare tappeto? Tu ti rivendere poi a doppio...

Pilato                             - (solenne) La prego di scusarmi ma devo sotto­porre la questione al caporale Bamboccione che, in questo momento, è appunto occupato a rosolarsi un paio di ro-gnette... (Esce)

Napoleone                     - (sempre leggendo il giornale) "I lavori del Congresso socialista!... A proposito dell'Algeria l'onorevole Guy Mollet ha dichiarato tra l'altro: 'Continuo sempre a non credere all'integrazione. È passata l'ora. Quanto alla falsa indipendenza, non parliamone nemmeno.' Dopo aver affermato di non essere sistematicamente propenso alla formula tripartita, l'onorevole Guy Mollet ha cosi prose­guito: 'È evidente che ormai s'impone la cessazione delle ostilità, un negoziato con coloro che combattono e il rinnovo di leali offerte; affermo che questo ha in animo il generale De Gaulle    - e occorre anche che la cessazio­ne delle ostilità non significhi una resa. Certo, ha detto inoltre l'onorevole Guy Mollet, il generale De Gaulle sa dove intende arrivare, a una soluzione umana e libera­le; ma sa che esiste ad Algeri l'Esercito e l'U.N.R. Deve sapere che dall'altra parte ci siamo noi, una forza sul cui appoggio egli possa contare. E quel che più rimprovero alla sinistra francese, è di fare in modo che, De Gaulle, possa contare su di lei al momento in cui ne avrà biso­gno". (Pilato applaude senza convinzione. Napoleone sfo­glia distrattamente il giornale e legge a casaccio titoli o frammenti di notizie) "Algeri: tre Europei e quattro Mu­sulmani rapiti dai fuorilegge nella regione di Algeri e di Costantina..." (Lancia un fischio) "Settantadue ribelli mes­si fuori combattimento nell'Atlas sahariano, in prossimi­tà di Taoumedia, a settanta kilometri da Ain-Sefra..." (Fischio) "Ventun paesi afro-asiatici attirano l'attenzione del Consiglio di Sicurezza sulla gravità della situazione in Algeria."            - (Fischio) "Buon orientamento del mercato. Sta­bilità persistente per le banche d'affari... Tendenza al rial­zo delle azioni compartimentali... Il nichel si ferma a 11.000... Saint-Gobain più 1.200... Forte incremento per le Kuhlman... Ripresa della lana e della gomma sintetica..." (Fischio) "La Corte d'Assise del dipartimento della Yonne ha condannato ieri venerdì a quindici anni di lavori for­zati una giovane donna, Jacqueline Taschet, che aveva sof­focato con un cuscino il figlio di sette mesi..." "'Volevo soltanto farlo star zitto,' ha dichiarato all'udienza..." (Fi­schio. Entrano Bamboccione, Magnasega e Pilato. Bam-boccione s'è agghindato con una specie di gonna e un corsetto da donna troppo stretti. In testa ha un ridicolo cappellino di piume. I pantaloni rimboccati lasciano in mostra i polpacci pelosi. Magnasega porta in testa un gibus e è tutto insaccato in una giacca di smoking sudi­cia e stretta. Pilato ha un occhialino e non fa che agitarsi in una sorta di toga da avvocato troppo corta)

Magnasega                    - (tonante) Silenzio! Nella mia qualità di membro della Commissione di Tutela... Oh! pardon... (Fa le presentazioni) La signorina Paulette, giornalista e scrit­trice... il dottor Zob, avvocato e principe del foro... (De­signando con un ampio gesto i paracadutisti) L'Esercito francese!

Bamboccione                - (con voce chioccia) Molto lieta.

Pilato                             - Hèm! Hèm!

Magnasega                    - Signori soldati e ufficiali dell'Esercito fran­cese, chiederò loro di lasciarci soli con i prigionieri mu­sulmani desiderando interrogarli in piena libertà...

Hermann                       - Ma volentieri, signor Presidente! (Fa il sa­luto e tutti i para - cioè Milietto, Ponzio, Pilato, Lopez, Hermann e Napoleone - eseguono meccanicamente un dietro-front fianco-sinist e poi un dietro-front fianco-dest per ritrovarsi di nuovo a faccia a faccia con Bamboccione, Pilato e Magnasega)

Magnasega                    - (con tono pomposo) Bene. E ora, cari ami­ci, ora che essere tra noi: ci dire se essere stati tortu­rati, eh?

Ponzio                           - (a Bamboccione) Signorina giornalista...

Magnasega                    - (stesso tono) La signorina Paulette, redat­trice del giornale "L'Unione della Sinistra" mi accom­pagna...

Bamboccione                - (con voce chioccia, dimenandosi) Sono anche membro della Lega dei Diritti dell'Uomo, segretaria del Comitato contro la Tortura, presidentessa della Cassa di Soccorso e Previdenza per le vittime del colonialismo, firmataria del Manifesto dei 421 e animatrice dell'Orga­nizzazione a favore dell'Unione libera!...

Ponzio                           - Oh! molto bene! questo essere molto bene! Ecco, io ti dire che... guarda, mi avere tagliato uno colione: cosa volere che io fare con un colione...

Pilato                             - (agitando le braccia) Ma insomma! È fin trop­po evidente. Qui si tagliano i testicoli ai mìei clienti! Io chiedo a tutte le donne d'Algeria di costituirsi parte ci­vile! Ah, ah, ah! E c'è ancora, signori miei, chi pretende di integrarvi con la mano destra mentre vi evirano con la mano sinistra! No, ciò non è ammissibile, giacché la Francia non ha bisogno che i suoi figli...

Magnasega                    - Signor avvocato...

Pilato                             - (stesso tono) Come? Mi si vorrebbe far tacere? Si sappia che io parlo qui a nome delle spose e delle fi­danzate...

 Ponzio                          - Ma signor l'avvocato, le mogli li violentare!

Pilato                             - Ah, ah, ah. Ebbene, c'è ancora una giustizia in terra di Francia e...

Magnasega                    - Caro avvocato, mi lasci interrogare i pri­gionieri...

Pilato                             - Ah, ah, ah.

Magnasega                    - (a Hermann) E vero che lei era commis­sario politico dell'A.L.N.?

Hermann                       - (accento arabo e tedesco insieme) Questo non riguardare tu! Noi fare importazione di colioni in Alceria lipera! Colioni di Russia, di Cina, colioni sozia-listi!

Magnasega                    - Molto bene, molto bene... (A Napoleone) E tu, caro il mio bel rognosino, essere stato torturato, tu?

Napoleone                     - Yes!

Magnasega                    - Tu parlare inglese?

Napoleone                     - Io essere rognoso inglese! Io avere stu­diato Oxford con borsa studio di government G.P.R.A...

Bamboccione                - Ma com'è carino! Che amore!

Napoleone                     - Tutti i fellaghà fare loro studi Oxford in Inghilterra e bere tè!

Pilato                             - Ah, ah, ah. E è questa gente che i nostri guer­rafondai trattano da analfabeti! (A Lopez) Quando è stato torturato l'ultima volta, signore?

Lopez                            - Io, sempre torturato! Ilittricità! Ahi, ahi, ahi! Nel buco del... qui, tu vedere qui? Bzzz! Bzzz! Bzzz!

Milietto                         - Ascoltare me, signore della Tutela: Algiria essere indipendente, e essere libera, e ricca Algiria! Noi avere cous-cous, pistacchio, cammìllo, e dattero che essere pieno di zucchero! E essere il migliore pistacchio di mon­do... la Francia sfruttare! Capitalismo per tutto! Il mo­nopoli tutto raffare, noi zero! Te lo dire io! Qui tutto, qui tutto! Io essere omosessuale perché le donna algiri-na no dare piccoli schiavi a Francia!

Bamboccione                - (levando gli occhi al cielo) Dio mio! Mi vergogno d'essere francese! Mi vergogno per il mio paese! Siamo peggio dei nazisti!

Milietto                         - È questo vero, signorina, tu peggio che SS!

Bamboccione                - (con gli occhi accesi e viziosi. Con un to­no di voce canagliesco, da periferia) Di'... di'... picchia­mi! Sai che me lo merito... Sono una SS... (Dimenandosi) Dammene un mucchio... Oh, di'... Mi farai male? Lo sai che sono una sgualdrina, una SS... Devi darmele forte, di', da farmi... sanguinare... Sono la regina delle SS... Oh... se me le dai, io ti... di'?...

Milietto                         - Potere portare con me amico?

Bamboccione                - (con un tono di voce sempre più canaglie­sco e volgare) Oh, si... in due... mi farete ancora più male... Me lo merito... Ma deve essere brutale, eh, l'a­mico!...

Milietto                         - (con una voce improvvisamente da bullo) Tu non ci pensare, bambola... Ci avrai la tua razione!...

Hermann                       - (a Magnasega) Signore Presidente... tu sa-bere che lo caporale Bambokkione afere ancora torturato due patrioti adesso adesso! Con suo gombagno Magna­sega!

Magnasega                    - Che vergogna per il mio paese! Ah! piango di disperazione!

Bamboccione                - Siamo peggio dei carnefici nazisti!

Pilato                             - Si! E che questo si sappia! Che il mondo in­tero lo sappia! E che la lebbra infame delle guerre colo­niali appaia ai loro occhi inorriditi! E che il castigo... Hèm, hèm!... sia esemplare!

Bamboccione                - Io voglio essere cas-trato... (riprenden­dosi) no... cas-tigato!

Magnasega                    - (mettendosi, a sua volta, a fare la "matta") Anch'io... anch'io... Voglio che sia- (e punta il dito verso Napoleone) luì! Mi castigherai caro?

Napoleone                     - Si... ti farò tutto!

Pilato                             - E io? (Si mette a correre, febbrile, da uno all’'altro) Me le darai? Me le farai le cose? Mi farai diven­tare matto, matto di dolore? (A Bamboccione) Mi tortu­rerai, di'? (Accorgendosi dell'errore. Voce normale) Oh, pardon!... (Con voce da "matta". A Ponzio, a Napoleone, a Hermann... sempre correndo e supplicando) Mi torture­rai, eh? Di'?... me ne farai vedere, eh? Non mi perdonerai mai... no... di'? (Finiscono tutti e tre col gettarsi in gi­nocchio, mettendosi a strisciare uno dietro l'altro ai pie­di degli "arabi". Questi indietreggiano sino a scomparire dietro le quinte. Anche Bamboccione scompare: ma riap­pare improvvisamente dal lato opposto, sbarazzato degli indumenti femminili e in normale tenuta da paracadutista)

Bamboccione                - (urlando) Aaaavantiiii marsc! (Entrano Ponzio, Napoleone, Hermann, Milietto e Lopez) Aat-ttenti! (/ cinque s'irrigidiscono impeccabilmente sull'attenti. Bam­boccione ha un gesto disinvolto, come se si gettasse una cicca dietro le spalle e ordina) Riposo! (A Magnasega e Pilato che si sono rialzati precipitosamente) E la nostra simpatica giornalista non c'è?

Magnasega                    - Hèm...

Bamboccione                - Sarà stata rapita dai ribelli! È, una gra­ve disgrazia... Beh... tanto peggio cosi, nevvero? (Pausa) Signori (gesto per indicare i paracadutisti) l'Esercito fran­cese è a vostra disposizione...

Magnasega                    - (con voce forte e dura) Dunque, signor Generale, il dottor Zob ed io, siamo stati indotti a rile­vare...

Bamboccione                - (inspira a lungo gonfiandosi il torace, poi con voce gutturale) A rilevare cosa?

Magnasega                    - (improvvisamente umile e con una voce qua­si supplichevole) Ecco vede, signor Generale, siamo sta­ti indotti, il dottor Zob e io, a rilevare...

Bamboccione                - (con voce ancora più grave) A rilevare cosa! (La voce tuona sul "cosa")

Pilato                             - (con una voce balbettante e debolissima) Ve­de, signor Generale, siamo stati indotti, il signor Presi­dente    - (designa col gesto Magnasega) e io, a rilevare nel corso della nostra inchiesta che alcuni prigionieri musul­mani sarebbero stati vittime di... come dire?... ecco... di... non trovo il termine esatto...

Bamboccione                - Torture?

Magnasega                    - Ecco, signor Generale, perfettamente!

Bamboccione                - Signori... (pausa) ...un confronto tra le pretese vittime e i pretesi carnefici mi sembra che s'im­ponga! (Designando i para) Interrogateli... Soldato Lopez! (Lopez esce dalla fila)

Magnasega                    - (molto dolce) Allora, ragazzo mio?

Lopez                            - Yo mai torturato por que yo soy contra este...

Magnasega                    - Molto bene! Mi permette di interrogare in sua presenza la sua... "vittima"?

Lopez                            - Vi prego...

Bamboccione                - (chiamando) Signor Mohammed Ben Couscous, prego! (Lopez effettua un dietro-front fianco-sinist, poi un altro dietro-front fìanco-dest e assume un atteggiamento da arabo)

Magnasega                    - (a Lopez) Signor Ben Couscous, lei è stato torturato dal soldato Lopez?

Lopez                            - Cosa raccontare, tu? Te matto qui, te! Essere mio fratello, soldato Lopez!

Bamboccione                - Soldato Milietto!

Magnasega                    - Allora, figlio mio?

Milietto                         - Beh, per me è molto semplice, signori e si­gnore: agli arabi, è molto semplice, io gli voglio bene!

Bamboccione                - Signor Larbi ben Omar! (Milietto effet­tua un dietro-front e poi un altro per diventare "arabo", mentre Lopez compie gli stessi movimenti per ridiventare paracadutista)

Pilato                             - Signor Larbi ben Omar, il soldato Milietto l'ha colpita... o picchiata...

Milietto                         - Soldato Milietto... ma essere mio padre e mia madre! Ci sputare, io, su Etri Elli Enni... (Sputa)

Magnasega                    - Ah, ah!

Bamboccione                - Soldato Hermann!

Magnasega                    - È vero, soldato Hermann, che lei ha fatto subire il supplizio dell'elettricità a...

Hermann                       - (stupito) Io?! Ma presidente! È una calun­nia assurda! Sporgo querela... vuole essere il mio avvo­cato, dottor Zob?

Bamboccione                - Signor Lulù Ben Fatmah, prego! (Her­mann effettua ì soliti movimenti insieme a Milietto)

Magnasega                    - Signor Ben Fatmah, vuole dirci, si o no, se il soldato Hermann le ha immesso elettricità nei ge­nitali?

Hermann                       - Quali genitali? Cosa dire, tu? Soldato Her­mann mi portare caffè a letto! Lui ezzere mio padre, mia madre, mio fratello e mia sorella!

Magnasega                    - (mellifluo) Hèm... il sopralluogo... vero, dottore, ci sembra concludente... Non possiamo certo in­terrogare tutto l'Esercito francese e tutti i ribelli... Salve, ragazzi!... (Pilato e Magnasega baciano sulle guance Pon­zio, Milietto, Napoleone, Hermann e Lopez, in una gran confusione)

 Bamboccione               - (urlando improvvisamente) Ramazza! (Afferra Magnasega che sta baciando Lopez e lo scara­venta tra le quinte)

Hermann                       - (urlando) Ramazza! ramazza! (Scaraventa Pilato tra le quinte)

Bamboccione                - (si dà due formidàbili pacche sulle mani, come un "videur" che, soddisfatto, ha appena sbattuto fuori qualcuno che dava fastidio; e attacca con voce stentorea) All'armi, siam paracadutisti!

Tutti                              - (intonano in coro il canto) All'armi siam paracadutisti Para, para, para. All'armi siam paracadutisti! Giù le braghe! Giù le braghe! All'armi siam paracadutisti! Giù le braghe! Giù le braghe!

Piano sesto

(Stessa scena. Milietto, con la testa tra i pugni, ascol­ta un transistor posato sul tavolo)

Voce dello speaker       - "Le Alpi si sono concluse come avevano cominciato. Per i corridori del Tour, è stata, an­cora una volta, un'occasione mancata. Oramai, non ci so­no più Alpi né Pirenei. I corridori hanno scalato il colle del Gran San Bernardo nella nebbia, sotto la pioggia, nel fango, ma sempre in gruppo. Si sono arrampicati per 40 chilometri a un'andatura da passeggio. Due uomini, Graf e Gerard Saint            - e un gruppetto di 25 corridori         - han­no atteso la ascensione dell'ultimo colle, quello della For-claz situato a 30 chilometri dall'arrivo, per scuotersi. A questo punto Federico Bahamontes e Charly Gaul, ope­rando un allungo irresistibile, riuscivano a guadagnare 2 minuti di vantaggio sul gruppetto nella salita, ma perde­vano però 1 minuto e 2 secondi nella discesa. Nell'ordine d'arrivo figura primo Graf, che compie i 251 chilometri del percorso in 8 ore 30 minuti e 31 secondi, davanti a Gerard Saint e Charly Gaul. In classifica generale Baha­montes conserva la maglia gialla, davanti a Anglade, Ma­ne, Anquetil e Baldini. Domani venerdì, tappa a crono­metro Chalon-sur-Saòne - Dijon, chilometri 69 e 170. Il primo corridore prenderà il via alle..."        - (La porta viene spalancata con uno spintone proprio nell'attimo in cui Mi­lietto spegne il transistor. Entra Said, spinto da Bamboc­cione e da Napoleone)

Milietto                         - Anquetil è sempre quinto. È fregato, ormai...

Napoleone                     - E Rivière?

Milietto                         - Sempre settimo o ottavo, è cotto. (Indicando Said) E 'sto qua chi è?

Bamboccione                - Il fior fiore. Come dire Ferhat Abbas in persona. Vero, Maometto?

Milietto                         - Lo interroghiamo?

Napoleone                     - Bisogna andare a cercare il tenente Pen­nacchio.

Milietto                         - Non c'è. È uscito con la jeep. Torna stasera.

Bamboccione                - Beh, allora il tenente Pennacchio sono io. (Va a cercare in uno schedario, e legge una scheda. Fi­schio ammirativo) Congratulazioni! Ti chiami Said, tu... Sono quattro anni che ci scocci, eh... Sei responsabile del­la zona-sud di questa regione... nove imboscate... due pre­sunti passaggi di frontiera... (A Milietto e Napoleone) La­sciatemi solo col signore. (Milietto e Napoleone escono. A Said) Come va? (Pausa) Non mi conosci? Mi chiamo Bam­boccione. Sono famoso da queste parti... (Pausa) Hai sen­tito parlare dì me?

Said                               - (calmo) Ti conosco.

Bamboccione                - Parli maledettamente bene il francese.

Said                               - Maledettamente bene.

Bamboccione                - Sei stato a scuola?

Said                               - Si.

Bamboccione                - Ed è a scuola che t'hanno insegnato a fare il bastardo.

Said                               - Si, a scuola.

Bamboccione                - Sei un tipo mica male... (Pausa) E me, come mi trovi?

Said                               - Sei un tipo mica male.

Bamboccione                - Grazie tante... Il buffo, vedi, è che voial­tri a volte siete abbastanza simpatici... (Pausa) Comico, no?

Saio                               - Abbastanza.

Bamboccione                - Beh, spogliati...

Said                               - Nudo?

Bamboccione                - Tienti la maglietta e gli slip, se ce li hai... (Said si spoglia per bene)

Said                               - Fatto...

Bamboccione                - (esaminandolo) Sei mica grasso. Dovre­sti andare da un dottore. Sei mica un po' tisico?

Said                               - Non lo so.

Bamboccione                - Sputi sangue?

Said                               - Non lo so.

Bamboccione                - Fa' vedere... (S'avvicina a Said e gli ap­piccica l'orecchio alla schiena) Respira! (Said respira. Bamboccione gli dà dei colpetti sulla schiena con le falan­gi) Respira! (Said respira) Di 33, 33...

Said                               - Trentatrè, trentatrè...

Bamboccione                - (risollevandosi) Sento il fischio. (Preoc­cupato) Non va mica molto bene. Dovresti andare da uno specialista. Posso farti un biglietto per i professori Her­mann e Lopez. Come va l'appetito?

Said                               - Mangio molto poco.

Bamboccione                - Sudi? Hai la febbre?

Said                               - Si.

Bamboccione                - Vedi, io mi occupo di medicina genera­le. I tipi come te io li prendo agli inizi della malattia. Se però il caso mi sembra troppo grave, mi rimetto ai professori Hermann e Lopez, assistiti a volte dal dottor Magnasega. Loro, operano. Il tuo caso mi sembra male­dettamente... critico. Dunque, secondo te, cosi, te lo sa­resti preso a scuola? Da ragazzino avresti respirato dei microbi.

Said                               - Da ragazzino.

Bamboccione                - Bisogna che ti esamini più da vicino. (Riflette) In ginocchio! (Said s'inginocchia. Bamboccione gli si siede molto vicino, di fronte e con le gambe incro­ciate) Prima devo proprio esaminarti molto da vicino per essere sicuro del tuo caso e vedere se sarà necessario metterti tra le mani dei professori Hermann e Lopez         - (puntando in aria il dito con fare sentenzioso) ... assistiti a volte dal dottor Magnasega. Mi capisci, eh?

Said                               - Si.

Bamboccione                - Perché, vedi... (Pausa) Io mi occupo sol­tanto della medicina generale. Insomma, curo con le me­dicine abituali. Non sono per l'intervento a tutti i costi. (Pausa) Guarda che... non è che la chirurgia mi di­sgusti, no, no... ma non è la mia specialità. Preferisco... curare... il paziente piuttosto di... si, piuttosto di operarlo. A parte questo, non hai niente da temere: la nostra cli­nica è quanto c'è di più serio; del resto ha una buona reputazione nella zona. Ne avevi sentito parlare, no?

Said                               - Si, ne avevo sentito parlare.

Bamboccione                - Da amici che sono stati qui in cura?

Said                               - Si.

Bamboccione                - (con dolcezza) Chiamami "dottore", d'ac­cordo?

Said                               - Si, dottore.

Bamboccione                - Indietro! (Said, in ginocchio, indietreg­gia) Basta! Avanti! (Said, sempre in ginocchio, avanza. Bamboccione riflette) Già... Sei mica molto svelto! Pensa un po' cosa sarebbe se dovessi farlo su dei pezzi di bot­tiglia! E per venti metri! Non sei capace di fare manco il decimo di quello che è normalissimo per uno in buona salute! (Pausa) Di' un po', soffri?

Said                               - No... dottore.

Bamboccione                - Sei tisico, sputi sangue, sei magro co­me un chiodo... Se non soffri vuol dire che sei quasi an­dato. Fuori la lingua! (Said tira fuori la lingua e Bam­boccione la esamina) Ahi, ahi, ahi! Lo prevedevo! Oh, oh! È grave! Sei... contagioso! Un vero pericolo per chi ti si avvicina! Se la vede il professore, il celebre professore Hermann, è un pneumatorace fisso! Ah, a proposito, le urine? Chiare? Ti sto chiedendo se pisci chiaro!

Said                               - Si... dottore.

Bamboccione                - In un caso come il tuo, il professor Ma­gnasega sostiene che ti si debba operare per farti pisciare rosso, molto rosso, almeno per quindici giorni. Il profes­sore ritiene che questo pulisce i polmoni... Ha scritto un libro sulla tubercolosi venerea. (Si alza e si mette a cam­minare intorno a Said sempre in ginocchio, tenendo le inani dietro la schiena. Con tono cattedratico) Il profes­sor Hermann, invece, sarebbe piuttosto per i raggi. Il paziente, dopo essere stato operato, viene esposto ai raggi benefici del sole. Conserva per ore e giorni un'immobilità assoluta. I microbi evaporano e ricadono in seguito sotto forma di polvere niente affatto contagiosa. In realtà sono morti, i microbi. Ho visto dei pazienti sottoposti alla cura dei raggi e devo ammettere che i risultati si sono rivelati considerevoli. (Smette di camminare) Lei ne ha già sen­tito parlare?

Said                               - Si, Dottore.

Bamboccione                - Bene, bene! (Riprende a camminare) Quanto al professor Lopez, è esclusivamente per le cure termali. La difficoltà in questo caso viene evidentemente dal fatto che le sorgenti radioattive sono molto distanti, ma si è ovviato all'inconveniente costruendo una specie dì vasca da bagno in materia plastica. L'acqua è radioattivizzata artificialmente... Dato che ogni forma di tuber­colosi è in parte di origine nervosa, un trattamento elet­trico... l'elettrochoc... s'impone sin dagli inizi. Abbiamo avuto occasione recentemente di sottoporre a questo trat­tamento due pazienti, due amici suoi, mi pare... Ah, per­bacco! Dimenticavo! Lei permette? (Si dirige verso il tavo­lo e compie dei gesti come per telefonare) Il professor Milietto... Si... qui parla il dottor Bamboccione... Pronto... Professore? Si... è per quei due pazienti... Ah! Benissimo! Magnifico!... Eccellente!... E non ci sono da temere com­plicazioni?... Congratulazioni!... Arrivederla, Professore! Si, a presto! La sua signora sta bene?... Ah, ah! Anche i ra­gazzi?... Cosa vuole, son ragazzi!... Di nuovo arrivederla, Professore! ("Riattacca". A Said) Praticamente guariti... (Si piazza davanti a Said)

Said                               - Il che vuol dire che han parlato?

Bamboccione                - Eh? Chi parla di « parlare »? E poi chia­mami dottore! Non dimenticarti mai di chiamarmi dot­tore!

Said                               - (sorridendo) Vuoi che parli, dottore?

Bamboccione                - (gettandogli dei pantaloni, un giubbotto e un cinturone da paracadutista) In piedi! Vestiti!

Said                               - Con questi, dottore?

Bamboccione                - Con questi!  Omaggio della clinica!  (Said si veste. Le luci si abbassano sino a "tagliar fuori" pro­gressivamente Bamboccione. Said resta solo, le braccia penzoloni, nell'uniforme di paracadutista, in una specie di semioscurità. Entra Mora, piano, con un secchio e una scopa. È vestita come una prostituta: tacchi atti, gonna rossa, seni aguzzi; truccata in modo molto violento: bian­co-latte e delle labbra troppo rosse)

Mora                             - (scopando lentamente) Cosi, Said, sei qui?

Said                               - (irrigidito) Sei tu, Mora?

Mora                             - (con voce monotona) Si, Said, sono io... (Pau­sa) Si, è proprio cosi... hai indovinato... Sono una putta­na... Pare che, per essere un'araba, sono una puttana fan­tastica. (Pausa) Le arabe... insomma... le rognose hanno la fama di esser fredde. Pare che io sia molto calda. Una eccezione... Sono molto contenti di me. Sono... un affare. Pare. Lo dicono tutti. (Continua a scopare. S'avvicina a Said) Scusa, spostati... Mi occupo anche delle pulizie. Pa­re che per essere un'araba sono molto pulita. I rognosi han la fama d'esser sporchi... Un'eccezione! Mi vogliono molto bene. Faccio anche un po' di cucina... L'altro gior­no il soldato Pilato ha preso una lepre e l'ho preparata io. Si leccavano le dita. L'ho fatta al forno, ripiena di olive nere. Pare che non avevano mai mangiato niente di me­glio. Il caporale Bamboccione m'ha dato un bacio su tut-t'e due le guance. M'ha detto: "Pupa, sei un vero cordon bleu. Sei la perla del focolare." Ha chiesto che quelli che volevano sposarmi alzassero la mano. L'hanno alzata tut­ti, gridando. Avevano bevuto perché s'erano portati del vino da non so dove, nei bidoni delle jeeps. Dopo sono andata a letto prima con Hermann e poi con Ponzio e Napoleone. (Continua sempre a scopare lentamente e a parlare con una voce monocorde.) Pare anche che ho un buon carattere. È Lopez che m'ha dato le scarpe che por­to... Un regalo. Me le ha comprate a Algeri. M'aveva pre­so le misure col talco. Ho messo il piede su un cartone e lui ci ha messo su il talco. Quando ho tolto il piede c'era il segno nero sul cartone. Con una matita Lopez ha di­segnato il piede. Con me, sono molto carini. Dicono che in fondo sono una donna. L'altro giorno, anzi l'altra not­te, ero seduta fuori, li davanti, da sola. Il soldato Pila­to mi si è venuto a sedere vicino. Non ha detto niente, poi m'ha detto: "È vero, Mora, che tuo padre è stato ammazzato?" Ho risposto: "Mio padre, i miei fratelli, mia sorella, i miei cugini e mia madre." Lui ha detto: "U scocciante..." M'ha detto: "E non hai voglia di squagliar­tela?" Gli ho risposto: "No, io rimango..." Lui ha detto: "Da un lato, si, hai ragione..." È andato a dormire. M'ha detto: "Beh, io vado a dormire. Buona notte." Un altro giorno, il soldato Napoleone ha ricevuto una lettera dalla sua ragazza. M'ha chiesto: "Sai leggere, tu? Allora vieni­mi a leggere questa lettera. Con una voce di donna mi farà l'impressione d'esser li." Ho Ietto la lettera che co­minciava con "Tesorone mio, tesorone mio, tesorone mio..." Mi ha fatto leggere e rileggere parecchie frasi. Quando ho finito di leggere la lettera m'ha chiesto di an­dare a letto con lui         - (Pausa)... Tutti mi vogliono molto be­ne. Mi danno anche dei soldi che metto via. Il tenente Pennacchio m'ha chiesto se non volevo fare un corso di infermiera in un centro. Ho detto che preferivo restare con loro. "Ma noi non resteremo sempre in questo posto e può darsi che non potremo portarti con noi..."   - Non fa niente, signor tenente... (Pausa) Sono tutti molto carini. (Posa la scopa. Tira fuori dal secchio uno strofinaccio, si accoccola e si mette a strofinare il pavimento)

Said                               - Sono contento per te.

Mora                             - Pare che le donne arabe sono fredde perché da piccole le taglian qualcosa. A me non devono avermelo ta­gliato, eh?

Said                               - (con tono molto naturale) Dev'essere per que­sto... (Pausa. Said guarda attentamente Mora che strofina il pavimento)

Mora                             - (tono di conversazione banale) Ahmed e Hocine non hanno parlato. E si che si sono molto occupati di loro...

Said                               - (c. s.) Sono stati torturati?

Mora                             - Si, già tre volte.

Said                               - Li hai visti?

Mora                             - Non li vedo. Li sento. Hocine bestemmia in arabo. Ahmed grida.

Said                               - Tu che ne pensi?

Mora                             - Che ne penso? Sono stati fatti prigionieri. E anche tu. Siete dei ribelli, dei fuorilegge, dei fellaghà, dei disgraziati, degli assassini.

Said                               - Una volta non parlavi cosi.

Mora                             - Non c'è più una volta, Said. Una volta tu non saresti mai stato catturato, una volta tu avresti vinto la guerra... (Pausa. Lentamente.) Una volta, non ero stata violentata. Ero vergine.

Said                               - Noi vinceremo la guerra.

Mora                             - Io no. Le dorme vincono le guerre con il loro ventre... Il mio ventre è morto... Lo vuoi vedere? Vuoi provare? Ti avverto subito che con te non sarò... fanta­stica. Ma se hai voglia di provare... se vuoi controllare...

Said                               - E se ti chiedessi di aiutarmi a scappare...

Mora                             - Non ti aiuterei.

Said                               - Mi denunceresti?

Mora                             - Si.

Said                               - Perché?

Mora                             - (si alza e guarda Said) Perché sono diventata uno schifo. (Con voce secca, dura, fredda) Perché voglio che i rognosi perdano la loro guerra e che gli altri la vincano. Allora, domani, tutte puttane, tutte uno schifo! Come me! No, Said, non lo vedrò il trionfo dei fellaghà! Non le vedrò le donne cantare la vittoria brandendo ban­diere verdi e bianche. Non vedrò ragazzine in camicette verdi e gonne bianche. Non vedrò mai mai donne alge­rine felici... (Pausa) Se dovesse succedere, mi ucciderei. (Pausa) Ahmed e Hocine non hanno parlato, ma tu in­vece parlerai.

Said                               - No.

Mora                             - (alzando le spalle) Perché mentire? Perché men­tire a me? Perché? Dato che io lo so che parlerai. (Un rì­so breve) Ti sei sbagliato nei calcoli, Said, sarai tu il traditore... Non ci puoi niente, è toccato a te.

Said                               - Indovini tutto? Sai tutto, tu?

Mora                             - Si... Pare che, per essere un'araba, sono intel­ligente.

Said                               - Allora sentiamo: perché parlerò?

Mora                             - Lo sai il perché.

Said                               - Può darsi, ma dillo lo stesso. Perché...

Mora                             - Per orgoglio. Perché sei un uomo. Perché gli altri due, adesso, sono pronti a crepare piuttosto di fare il tuo nome di eroe, il mio nome di vergine e dieci e cento altri nomi di eroi, traditori domani, e di vergini, put­tane domani!  Perché sei fottuto, Said ; perché non sai essere prigioniero, non sai essere torturato, non sai es­sere vinto. Sei della razza dei vincitori, tu. E sei geloso di Ahmed, che aveva paura, e di Hocine, che sognava ventottomila franchi al mese. Te l'eri calcolato bene il colpo: Ahmed sarebbe stato ucciso, Hocine avrebbe par­lato e tu, Said, avresti vinto la guerra. E invece no! Tut­to cambiato!... (Pausa) Parlerai prima ancora che ti toc­chino, prima che ti sfiorino... (Pausa) Mio povero Said, mio innamorato! Ti ricordi... Eri tanto grande, tanto or­goglioso e tanto forte. E io volevo che mi prendessi le mani per varcare con te la soglia di casa. Io sapevo...

Said                               - (interrompendola) Tu non sapevi niente. Lo sai che non ho paura.

Mora                             - Si. Oh... non è questione di paura. (Riprende il secchio e la scopa) Addio, Said. (Lui non risponde. Lei esce. Le luci ritornano su Bamboccione: dapprima im­mobile, poi avanza lentamente verso Said)

Bamboccione                - (voce lenta) Hai picchiato alla porta? M'hai chiamato?

Said                               - Si, t'ho chiamato.

Bamboccione                - Non ti senti bene. (Pausa) Ti sei deci­so a spiegarmi il tuo caso?

Said                               - (dopo una pausa) Si, sta' a sentire... (Buio sulla scena. Quando si riaccendono le luci, dopo una pausa ab­bastanza lunga, Bamboccione, seduto al tavolo, si alza posando una matita e piegando un foglio di carta; Said, che è seduto di fronte a lui, non si muove. Bamboccione passa dietro a Said e gli posa amichevolmente una mano sulla spalla. La porta si spalanca improvvisamente. Ah­med e Hocine vengono proiettati violentemente nella stan­za. Vacillano, barcollano)

Bamboccione                - (calmo) Che razza di modi! (Guarda Ahmed e Hocine che stramazzano ai piedi del muro, schiacciati l'uno sull'altro. Ahmed e Hocine sollevano la testa per guardare Said e Bamboccione. Questi tiene sem­pre la mano sulla spalla di Said. Poi, si mette in tasca il foglio di carta ed esce. I tre arabi restano soli. Pausa ab­bastanza lunga. Hocine si alza barcollando e s'avvicina a Said che gli volta la schiena)

Hocine                          - (si ficca lentamente la mano tra le vesti strac­ciate e lentamente la ritira fuori. La mano che porge a Said è tutta impiastricciata di sangue) Ehi, fratello, non mi dai la mano?

Piano settimo

(Lo stanzone del bordj. I tre arabi. Magnasega sta manipolando la radiolina. Musica. Frammenti di annun­ci e di slogans pubblicitari, ecc. Magnasega spegne la ra­diolina. S'accende un cigarillo)

Magnasega                    - Una bella barba, eh? (Pausa) Su, che ho un'idea, ragazzi! (Continuando a parlare, dispone quattro sgabelli intorno al tavolo) Mi chiedo che cosa faranno delle vostre carcasse... Potrebbe essere, come che direbbe il tenente Pennacchio, che diversi destini vi attendono... (Finita la sistemazione, si siede) Qui ragazzi! (Con un gesto affabile mostra gli sgabelli. I tre arabi non si muo­vono) Su ragazzi, qui ho detto! È da idioti farmi insi­stere. (/ tre si alzano e s'avvicinano alla tavola. A Said) Tu, ti siedi li, di faccia. (A Hocine e a Ahmed) Tu qui e tu là. Perfetto. Prendete qualcosa? Succo di frutta? (Si alza e torna con quattro bottigliette e quattro bicchieri. Stura le bottigliette, riempie i bicchieri. Alzando il suo bicchiere) Alla salute! (I tre prendono i bicchieri e Ma­gnasega brinda con ciascuno) Bene! (Si frega le mani, rovista in una delle tasche e tira fuori un mazzo di carte) Per stanchi che siate, cercherò di insegnarvi la belote. Può sempre servire. Chi sa giocare alla belote? Tu?

Ahmed                          - No.

Magnasega                    - (a Said) Tu?

Said                               - No.

Magnasega                    - (a Hocine) E tu neanche. Naturale.

Hocine                          - (stanco) Se me l'insegni...

Magnasega                    - Tu, almeno, hai un po' di buona volontà. Stappatevi le orecchie e cercate di essere un po' meno stronzi del solito. (Dispiega il mazzo di carte) Ecco, ci sono trentadue carte. Ora vi spiego un po' le regole all'ingrosso, poi faremo tre o quattro mani a vuoto per ve­dere se vi è entrato niente nel testone. Dunque... Trenta­due carte. Quella che vale di più, è il fante... Guardate bene... (Mostra loro un fante) Ce n'è quattro nel mazzo. Ci sono anche quattro re, quattro donne, quattro assi, quattro dieci... ecc.. fino al sette. Dunque. Il fante vale venti. Venti punti. Capito? Attenti, non è il re che vale di più, ma è il fante. È curioso, ma è cosi. Alla belote, è il fante che vince. Devono averla inventata durante una rivoluzione. Dunque. Dopo il fante c'è il nove. Vale quat­tordici. È cosi. Poi, c'è l'asso... l'asso, è questo... che vale undici. Poi il dieci che vale dieci, il re quattro, la donna tre. Quando hai l'atout naturalmente. Quando non hai l'atout è l'asso che vince.

Hocine                          - (con un'aria innocente) Cosa essere l'atout?

Magnasega                    - Cristo! È, vero! Non sapete cos'è l'atout! Diavolo se è complicato! E poi ci sono le dichiarazioni! (Riflette) State a sentire... v'insegno sul gioco. La teoria è zero. Dunque, io do le carte. (A Hocine) Tu taglia. Fai cosi. (Taglia) Si chiama "tagliare". In caso che io mano­vrassi il gioco, hai capito? Do le carte. (Dà le carte) Pren­dete le vostre carte. Guardatele. Dunque... Mettetevele da­vanti. (Guarda il gioco di Ahmed) Tu, te lo meni. (Guarda il gioco di Hocine) Tu... si, forse... a fiori... Ah!, m'ero scordato, questa carta rovesciata è l'atout. E tu? (Si al­za leggermente chinandosi in avanti per guardare il gio­co di Said che gli è seduto di fronte) Dio santo! Ci hai il fante, il nove, il re e il sette! Guarda! (Gli mostra le carte. In quel momento, bruscamente, Said gli si getta contro spingendo via il suo sgabello, rovescia la tavola e gli strappa il pugnale che Magnasega porta alla cintura. Nel movimento Magnasega respinge Said per le spalle. Questi rotola a terra col pugnale in mano, mentre tavola bicchieri e bottiglie finiscono a terra. Magnasega, impu­gnando uno sgabello fa due balzi indietro allungando un calcio violento a una cassetta d'ordinanza di metallo che si apre. Spiando Said che si sta rialzando, riesce a im­possessarsi di un pugnate. Allora getta via lo sgabello. Said, rialzatosi, è a tre metri da luì. Ahmed e Hocine li osservano in piedi senza compiere un movimento)

Said                               - (con voce roca) Ahmed!  Hocine!  (Non si muovono)

Magnasega                    - (molto a suo agio, sorridente, bonario, pugna­le alla mano) Dai su, bastardo... Dai, butta giù quel l'arma, alza le mani o sei fregato... (Said fa cenno di no col capo) Ti dico che sei fregato, bastardo... Truppa scel­ta... Io essere truppa scelta, corpo a corpo e tutto, ba­stardo... (Pausa) Peccato, sai, c'avevi un sacco di atouts... il fante, il nove... ma sei troppo stronzo... eh? Non sai giocare e non vuoi imparare, eh? Vieni, su... Ti faccio san­guinare come un pollastro... Su, vieni, vieni... (Gli fa se­gno con il pugnale) Vieni che ti sbudello, bastardo... Ti faccio zac!  belote!  e zac!  ancora belote!  (Said viene avanti. Magnasega, teso e attento, non si muove. Said si fa avanti e si getta su di luì. Breve scontro. Magnasega schiva, blocca, e sferra un colpo solo. Said s'abbatte ran­tolando; rotola ai piedi di Hocine che si sposta legger­mente. Magnasega, molto ritassato) Ecco fatto, un buon lavoro! (Entra Hermann portandosi "a cavalluccio" Bam-boccione)

Bamboccione                - (sempre "a cavalluccio") Mamma mia! È morto?

Hermann                       - (mentre Bamboccione scende) Was ist das?

Magnasega                    - Niente.

Bamboccione                - Niente che?

Magnasega                    - Nient'altro che questo stronzo che mi s'è buttato addosso per bucarmi le budella. E io non ho vo­luto. Tutto li.

Bamboccione                - (s'accoccola vicino a Said, gli rivolta la testa e gli chiude gli occhi) Questa non me la sarei proprio aspettata da te, birbantello! (Si rialza. Magnase­ga s'abbassa a sua volta per recuperare il pugnale ancora nella mano contratta di Said)

Magnasega                    - Non c'è mai da fidarsi! (Pausa. Tutti e cinque guardano il cadavere. Magnasega si volge verso Hocine e Ahmed e li guarda attentamente) E voialtri per­ché non vi siete mossi? Lo sapete che mi avete salvato la pelle? (A Bamboccione) Lo sai, caporale, che adesso ci tocca decorarli questi due agnellini per servizi resi al­l'Esercito francese?

Bamboccione                - (si fa avanti verso Ahmed e Hocine, sì sputa nella mano destra e la spiaccica sul petto di Ahmed.  Stessa cosa per Hocine) Ecco! È fatto! Medaglia al valor militare!

Magnasega                    - (con la mano destra pulisce il pugnale in­sanguinato, s'avvicina ai due arabi. Si pulisce la mano sulla djellabah di Ahmed. Stessa cosa per Hocine) È. la Legion d'onore! (Bamboccione e Magnasega scattano sull'attenti davanti ai due arabi e fanno il saluto)

Bamboccione                - (s'avvicina al cadavere di Said e l'afferra per i piedi. A Magnasega) Dammi un po' una mano... (Magnasega afferra il cadavere per le spalle)

Magnasega                    - Non pesa.

Bamboccione                - (soppesando. Cioè agitando il cadavere co­me per valutarne il peso) Sui sessanta, sessantacinque chili... (Escono. Ahmed e Hocine vanno verso la macchia di sangue che è rimasta sul posto dove giaceva Said)

Hocine                          - Abbiamo la legion d'onore...

Ahmed                          - Adesso, accuseranno noi di aver parlato.

Hocine                          - Fa niente, Ahmed... (Mostrando la macchia di sangue) Abbiamo un eroe di più. (Pausa. Entra Mora con il secchio in mano. Guarda i due uomini)

Mora                             - Non mi riconoscete?

Hocine                          - Si...

Ahmed                          - Si...

Mora                             - (a Ahmed) Sei contento, Ahmed? (Pausa) Lo vedi, non t'eri sbagliato... Lavoro con loro, vivo con loro, sono... guardami bene. Dimmi quello che sono, piccolo Ahmed. (Sorride) Tu sei diventato un uomo, adesso. Avan­ti su...

Hocine                          - (a Ahmed) Dille che è una cagna: le farà piacere...

Ahmed                          - (piano) No... non dir niente, Hocine.

Mora                             - (s'accoccola, prende lo strofinaccio) Devo puli­re. (Strofina per terra) Said ha sporcato tutto.

Ahmed                          - Said è morto.

Mora                             - Lo so. Il caporale Bamboccione voleva farvi scavare la fossa. Magnasega ha detto: "No... la scaverò io. Cosi farò un po' di moto. Sto ingrassando..."   - (Conti­nua a strofinare. Si rialza tenendo lo straccio in mano. Mostra lo straccio a Ahmed e a Hocine) Ecco tutto quel­lo che resta di Said... (Getta lo straccio nel secchio. Guar­da il secchio) È là, il mio innamorato... (Pausa) ÈL vero che l'avete ammazzato voi?

Ahmed                          - No, è stato il soldato...

Hocine                          - (interrompendo Ahmed) No, Mora, siamo sta­ti noi.

Mora                             - Voi siete vivi. Voi vivrete... Said è morto. (Pau­sa) È solo questo che conta... (Pausa) Anch'io morirò. Avete fortuna, voi... La guerra... Siete uomini, voi, avete diritto alle lotte, alle torture, alla fossa dove vi buttano. La guerra... Io non ero che una donna. Non mi hanno picchiata, non porto segni sui seni, sul ventre, non ho in­ghiottito la lingua sotto la tortura...

Ahmed                          - Ti hanno torturata. Tu sei una donna.

Mora                             - Sei molto caro, Ahmed mio... (Sorride) Pro­prio cosi... dirò... sono andata a letto con loro per dei mesi, ero la loro donna... decoratemi, fratelli, fatemi mar­ciare in testa alle vostre sfilate.

Ahmed                          - Se vuoi, marcerò accanto a te.

Mora                             - (a Hocine) Anche tu?

Hocine                          - No!

Mora                             - (a Ahmed) Ha ragione. Non vuole confondere le sue sofferenze con i miei... piaceri.

Hocine                          - (con voce sorda e bassa) Noi non abbiamo gridato nello stesso modo, Mora.

Mora                             - Va be', credo che è tutto a posto. (Dà una ra­pida occhiata tutt'intorno) Credo che è tutto pulito. (Fa per uscire)

Ahmed                          - Mora! Senti!... (Va verso dì lei. Hocine lo trattiene bruscamente)

Hocine                          - (allunga una pedata al secchio che rotola verso Mora) Ti dimenticavi questo...

Mora                             - (raccoglie il secchio) Me ne vado. (Sorrìde) Credo che m'aspettino per assistere ai funerali di Said.

Hocine                          - E che stai li a aspettare? Vattene via!

Mora                             - (guarda a lungo Ahmed e Hocine) Voglio guar­darvi ancora... Voglio ricordarmi di voi. Un giorno, avrò bisogno dei vostri volti e mi ricorderò di tutto, di questo momento che ve ne state li e vi guardo... (Chiude gli oc­chi) Grazie, Ahmed... (Pausa) Grazie... Hocine. (Non si muove) Si... si... me ne vado...

FINE