I’ pesce

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“I’ pesce”

Sinossi “I’ PESCE”

“Brutto carattere quello di Alfredo che, irremovibile “occupante” di una terrazza sui tetti fiorentini, fa dannare parenti e vicinato.

E quando l’ospitalità dura più del previsto - ormai si sa - l’ospite diventa come il pesce…dopo tre giorni puzza!

Chissà che alla fine invece questo “pesce”  non si riveli di grande utilità per tutti…….”

Genere : commedia brillante in lingua fiorentina

Atti: 3

 Personaggi 11 (5U e 6D)

Autore: Antonella Zucchini


“I’ Pesce”

commedia brillantissima

in tre atti

di

Antonella Zucchini

©Antonella Zucchini – Tutti i diritti riservati

Personaggi

Alfredo, i’ Pesce

Vasco, suo figlio

Lilia, la nuora

Benito, il nipote

Claretta, la nipote

Renato, il fidanzato

Dalia Pratesi, la vicina

Margherita Pratesi, sua sorella

Tito, il portiere

Leda, la vedova

Gemma, sua figlia


Primo Atto

Maggio,  metà degli anni ’50, a Firenze.

Mentre parte in sottofondo la musica di “Mille lire al mese”, la scena si apre su una terrazza con vista sui tetti fiorentini. In fondo ci sarà la balaustra. A destra ci sarà una porticina verniciata di verde dalla quale si accede per salire in terrazza. A sinistra si affacciano due finestre degli appartamenti vicini. Una, con le tendine intagliate e ricamate sarà la finestra delle sorelle Pratesi, attempate ricamatrici. L’altra, con tendine più semplici è quella di Leda, la vedova. Sotto a questa finestra corre un breve filo per tendere pochi panni.

Sulla parete di sinistra si arrampica un glicine. A destra della scena ci sarà una panchina in ferro battuto. Da sinistra parte un filo, che corre fino alla parete di destra, dove saranno appesi asciugamani e lenzuola. Vicino alla balaustra ci saranno vasi con fiori, un secchio di zinco, un vecchio annaffiatoio di latta.

Lilia e sua figlia Claretta stanno togliendo le lenzuola asciutte e man mano che le ripiegano scopriranno al pubblico la panchina dove sono sedute a ricamare le sorelle Pratesi, Dalia e Margherita. Accanto a loro, su una sedia anch’essa di ferro battuto, siede Tito il portiere dello stabile, riconoscibile dalla divisa e dal cappello.

Lilia è vestita semplicemente mentre la figlia Claretta è piuttosto elegante. Nei movimenti tradisce una certa fretta, come di chi non vuol tardare ad un appuntamento. Aiuta la madre tenendo la borsetta a tracolla.

La musica sfuma lentamente.

Lilia: (alla figlia, mentre toglie le lenzuola dal filo) Fa’ per bene…fa’ per bene. Unn’avere furia, Claretta! Guardate, la unn’ha appoggiato nemmeno la borsa. O che si deve vedere fa’ le cose con la borsa in mano?

Claretta: (stizzita) Mamma, te l’ho detto, Renato m’aspetta in Piazza Madonna….(dando un’occhiata all’orologino da polso) …ecco, so’ belle in ritardo!

Lilia: (ripiegando insieme a lei il lenzuolo) Tiralo per bene, così…almeno dopo gli si dà una spianatina co’ i ferro un po’ caldo e belle e fatto.

(Mentre ripiegano il lenzuolo,  Claretta distratta, lo lascia cadere in terra)

Claretta: (apprestandosi a raccoglierlo) Uh!

Lilia: O allora? Che lo vuoi rinsudiciare? Mettici testa, bambina, quando tu fai le cose perché sennò tu mi fai incocciare!

Claretta: (stizzita) Senti mamma, se stamani le ti girano io un c’ho colpa, eh? Te tu se’ nervosa e io c’ho furia, senti come si va d’accordo…..

(Le sorelle Pratesi continuano a cucire ma ascoltano la conversazione,  ammiccano e si tirano gomitate l’una con l’altra)

Tito: (alzandosi dalla sedia) O icchè l’hanno, icchè l’hanno queste benedette donne, stamani? (a Claretta) Via Claretta, se t’hai così furia l’aiuto io la tu’ mamma, vai….

Lilia: Sie, Tito! Ci mancherebbe! La m’aiuta ma lei, quella caprona! (lanciandole una federa da piegare) Quando tu gli chiedi un piacere l’è come se tu gli chiedessi la luna….ma icchè la crede?

(Tito si appresta ugualmente a piegare il lenzuolo con Lilia)

Tito: Su, la dia qua…..

Dalia: (alzando gli occhi dal ricamo e intervenendo, acida) Un po’ l’è vero, eh? Queste figliole d’oggigiorno le sono abituate male. Le un pensano altro che a sortire, andare a ballare, andare a’ ritrovi, a spasso co’ giovanotti….ma le un sanno mica fa’ nulla! Se tu gli chiedi di fare un orlo a un pantalone? Le un lo sanno mica fare, le un lo sanno.

Margherita: (prima annuendo, poi guardando impaurita la sorella e quindi scotendo la testa) Le un lo sanno fare….

Claretta: (ribattendo) Io invece lo so fare e so anche tagliarmi un vestito, se un vu lo sapessi. Non pe’ nulla ho fatto i’ corso di taglio e cucito alla scuola. (rivolta a Dalia) E comunque a voi icchè ve ne importa?

Lilia: (iniziando a piegare con Tito l’ultimo lenzuolo) Vieni,  “taglio e cucito”, guarda se tu ti cuci questa bocca, piuttosto. E poi, ora che ci ripenso…t’hai detto che t’hai furia? Che Renato t’aspetta? Un tu lo sai chi gli arriva ora? Un tu ti vorresti fa’ trovare?….Ah, un lo so io!

(Le sorelle Pratesi ammiccano fra di loro per sapere chi deve arrivare)

Claretta: Ohi ohi, mamma! Lo sai quanto tempo ho pe’ vedello, via! E poi, guarda….(ironicamente)….moio dalla voglia!

Lilia: (finendo di ripiegare l’ultimo lenzuolo) Grazie, Tito. Lei la unn’è un portiere, l’è un angelo. (guardando di traverso la figlia) Mica quella cimbardosa là….

Tito: Eh, icchè la vole sia, sora Lilia! Quando si pole fare un piacere….stamani ho belle pulito le scale, ho dato una lustratina all’andito e mi so’ detto “saliamo in terrazza a vedere se si fa du’ chiacchiere con quelle donne”…tanto pe’ ingannare i’ tempo.

(Tito prende dalle mani di Claretta la federa e la aggiunge alla pila dei panni piegati)

Dalia: (piano, alla sorella) Un dice mica, “so’ salito a annaffiare i fiori…”, gli è salito a chiacchierare…e i’ condominio paga, ‘inteso?

Margherita: (piano) Zitta, Dalia…un t’abbia a sentire….

Dalia:  (piano) M’importa icchè! L’è la verità. Un portiere, lo dice anche i’ nome, dovrebbe stare alla porta…mica sempre su’ i’ tetto come gli sta lui! Ma siccome sa che noi donne si vien quassù a ricamare, a tendere i panni e compagnia bella, allora qui’ bracone ci vien dietro….

Tito: (sentendo quel bisbiglio e voltandosi verso di loro) Che dicevano a me?

Dalia: (con un sorrisino falso) No, no…parlavo qui con la mi’ sorella d’icchè si fa oggi da mangiare…(assestando poi una poderosa gomitata a Margherita)

Margherita: (sentendo male) Ohi!

Lilia: (mettendo la pila dei panni in braccio alla figlia e guardando l’orologio da polso) O mamma, come l’è tardi…tra poco son qui! Vasco gli ha detto che sarebbero arrivati prima di mezzogiorno…

Tito: La scusi eh, sora Lilia…no pe’ bracare i fatti degli altri….

Dalia: (piano) Sì, sì…l’è proprio pe’ bracare, invece!

Margherita: O allora Dalia! O che continui?

Dalia: Zitta, zitta. Voglio sentire anch’io chi deve arrivare…

Tito: Dicevo…no pe’ fammi i fatti sua ma…o come mai l’è tutta agitata stamani? Chi deve arrivare? L’esattore delle tasse?

Lilia: (scotendo la testa) Peggio, peggio…

Dalia: Mica l’ufficiale giudiziario…

Lilia: Peggio. M’arriva un ospite…(asciugandosi la fronte con la mano) ..a pensacci mi viene i sudorini, guarda….

Margherita: (impaurita) Poerini! O chi sarà?

Dalia: (interessata) Un ospite? Ma la venga, la venga a sedere e la ci dica….(indicandole la panchina su cui è seduta e poi alla sorella, con malagrazia)  Margherita, rizzati te e facciamola mettere a sedere, questa poera donna!

(Margherita esegue remissivamente)

Dalia: (restando seduta e sempre più interessata) Allora….la ci dica, la ci dica….chi deve arrivare?

Lilia: (arrendendosi al bisogno di confidarsi con qualcuno) Gli arriva i’ mi’ socero.

Tito: I’ su’ socero? Sta’ a vedere, credevo gli arrivasse i’ diavolo!

Dalia: I’ su’ socero? Quello che l’è stato finora a contadino, che veniva qui solo pe’ Pasqua e pe’ Natale, qui’ comunista e mangiapreti sfegatato? Dice c’ha un carattere di per ridere…..Io, sa…poi un lo so…un lo conosco mica….

Lilia: (stizzita)Accidenti, un parrebbe! Le chiacchiere l’è vero che le c’hanno l’ali. Dalla campagna le son volate fin qui.

Claretta: Comunque mamma, alla sora Dalia gli hanno riportato le cose vere. I’ nonno Alfredo l’è proprio così. Figuratevi, gli è talmente comunista che me e i’ mi’ fratello un c’ha mai voluto chiamare pe’ nome….ci chiama “pallino”…”cosina”….

Dalia: (dando una gomitata alla sorella, in piedi accanto a lei) Elo credo, si chiamano Claretta e Benito…un gli chiama no, pe’ nome!

Lilia: Quando la morì la mi’ poera socera lassù in campagna….

Dalia: …..Tre anni fa, i’ 20 di febbraio….

Lilia: (voltandosi a guardarla, stupita) Preciso….o come la fa a sapere tutte queste cose, lei?

Dalia: C’ho memoria. Qui’ giorno vu partisti tutti all’impazzata e lei la leticò co’ i’ su’ marito perché nella furia gli aveva fatto smagliare una calza….

Lilia: (girandosi verso Tito e Claretta) Maremma, questa l’è peggio d’un agente….bisogna stare attenti!

Claretta: Positivo l’era dietro alle persiane a bracare.

Dalia: E c’ho di molta memoria, gliel’ho detto.

Tito: (incitandola a proseguire) Insomma….quando morì la su’ socera?

Lilia: ….lui gli ha continuato a stare da solo…anche perché, con qui’ carattere che si ritrova, un poteva che fa’ quella fine. Gli ha continuato a stare in quella casa isolata in mezzo a’ campi, gli ha continuato a fare l’orto, a potare gli ulivi e le viti…..insomma tutte quelle mansioni che i’ fattore di qui’ podere gli aveva affidato…..

Claretta: (interrompendola) …e fin qui, contenti tutti. Lui a casa sua, noi a casa nostra, si stava proprio bene….

Lilia: Sì, perché quello gli è un Diociliberi, eh! Un si sopporta mica. Prima cosa co’ i’ mi’ Vasco, bensì sia i’ su’ figliolo, un s’è mai preso per via della politica….

Dalia: (maligna)…Eh, via…si sa tutti che i’ su’ Vasco….a’ tempi di quando c’era “Lui”, cara lei…unn’è stato tanto garbato…

Lilia: (alzandosi, offesa) Ora un cominciamo con le calunnie perché sennò m’alzo e vo via.

Tito: No, sa…s’è sempre sentito dire che i’ sor Vasco faceva parte….

Lilia: Codeste le son tutte chiacchiere, un c’è nulla di vero. Di vero c’è solo che i’ mi’ marito unn’è comunista, questo sì. Icchè l’è, un reato? Pe’ come la si pensa noi l’è un pregio, invece!

Margherita:  (alla sorella, debolmente) Anche te, Dalia…o che c’era bisogno….

Dalia: (dandole una gomitata) Chetati! (poi costringendo Lilia a rimettersi a sedere) L’ha ragione, l’ha ragione. O che si sta dietro a icchè la dice la gente? Ne dican tante….la finisca di sfogassi, piuttosto….

Claretta: (guardando l’orologio)  Mamma, Renato gli è  in piazza Madonna a aspettarmi da mezz’ora. Se un mi vede arrivare alla fine va via.

Dalia: E se va via un c’è più! L’ha ragione la tu’ mamma. Ora gli arriva i’ tu’ nonno e te tu vuoi andare da Renato….Renato unne scappa!

Claretta: Oh, ma icchè la vole lei da me? Che me lo vole dire lei quello che devo fare e quello che un devo fare? Un sopporto che mi comandino i mi’ genitori, mi voglio fa’ comandare da lei! La meglio l’è codesta!

Dalia: (alla sorella) Uh, come sono i giovani d’oggigiorno! Un tu gli puoi di’ nulla.

Tito: Comunque, con tutto questo interrompere, qui un si va innanzi….

Lilia: Sì, peniamo poco perché ho una furia che la mi mangia viva. Qualche mese fa i’ mi socero cominciò a non sentissi per la quale e, proprio i’ fattore in persona, mandò a chiamare Vasco e gli consigliò di portarlo a Firenze pe’ un po’ di tempo. Come vu volevi fare? Che si poteva non dare retta a i’ fattore?….Io unn’ero d’accordo, intendiamoci. Gli è un borbottino, un musone, un gli va mai bene nulla….e poi gli è tirato! Uh, un butterebbe via mai nulla, gli asserberebbe anche i’ filo di’ bellico! Però…o come tu volevi fare…..un tu lo puoi mica ammazzare! L’è sempre i’ babbo di’ mi’ marito….dico bene?

Dalia: Di certo!

Margherita: Diamine!…Ma lui che ci viene volentieri a stare a Firenze?

Lilia: Sie, pe’ l’amor di Dio! Un so quanti viaggi gli ha fatto lassù i’ mi Vasco  pe’ vedere di convincilo. Un c’era Cristi, un voleva venire e un voleva venire! Diceva (imitandone la voce burbera) “Io un ci sto chiuso dentro a que’ muri, a Firenze”….a icchè un ci siamo trovati, ve lo dico io!….Poi, dai, picchia e mena, dopo un altro capogiro che gli ebbe nell’orto, s’è un po’ convinto ma…l’è stata dura. E ancora più dura sarà tenello qui!

Margherita: Sicchè via, ora la c’ha un ospite….

Dalia: (maligna) Eh, ma lo sa’ come dicano? L’ospite l’è come i’ pesce, dopo tre giorni puzza! Se poi gli ha anche un certo caratterino…puzza anche prima.

Lilia: (giungendo le mani, disperata) Ma che lo so, io. M’aveva a capitare proprio a me un socero buzzurro, contadino e per di più…comunista!

Tito: (ironico) Eh, le son disgrazie!

Claretta: (accostandosi alla balaustra della terrazza) Mamma, sento delle voci pe’ la strada….che saranno loro?

(Dalia e Lilia si  alzano precipitosamente e si avvicinano alla balaustra, seguite dal portiere e da Margherita)

Claretta: (guardando in basso) Sì, eccoli laggiù….c’è anche Benito con loro…gli porta la valigia. Guarda che faccia scura c’ha i’ nonno!

Lilia: (scansandola) Fammi vedere, fammi vedere. Poerini, guarda che ghigna…o come si farà a sopportallo?

Dalia:  La lo faccia salire in terrazza. La unn’ha detto che veniva malvolentieri a Firenze? Se vede gente come noi, pronti a fagli una bella accoglienza, magari ci ripensa….

Claretta: Ci ripensa, eccome. A vedere voi, ripiglia la valigia e torna a casa di corsa!

Dalia: Oh, ma te tu se’ proprio una ribatti bullette, eh nini!

Lilia: (vociando al marito di sotto) Vascoooo! Vascooo! Indo’ guarda? Siamo quassù, in terrazza…che salite?

Claretta: (chiamando) Babbo, venite su!….Guardateli, Benito e i’ babbo avanti con la valigia e i’ nonno Alfredo dietro dietro, pare un cane bastonato….

Lilia: C’è da sentissi riavere…..(alla figlia) …icchè gli hanno detto, allora? Che salgano?

Claretta: (guardando di sotto) Mah, per ora son fermi a i’ portone….i’ nonno fa cenno di no….e par che voglia tornare indietro….

(Tutti si affacciano per vedere meglio)

Margherita: (sommessamente) Però…l’è ancora un bell’omo i’ sor Alfredo. Ancora diritto come un fuso e guarda che be’ portamento che c’ha….

Dalia: Ecco questa, la parte co’ i’ cinematografo! Va’ più in là piuttosto che un vedo nulla….

Tito: Ecco, sono entrati….tra poco son qui.

Lilia: (tutta agitata, ravviandosi i capelli) Poerini, mi dà una soggezione a me quell’omo…(alla figlia) Te che se’ in ordine? Ravviati un po’ i capelli….

Claretta: (guardando sconsolata l’orologio da polso) Vai, ormai Renato gli è più lì….

(Gemma si affaccia ad una delle finestre di sinistra, quella con le tendine più semplici. E’ vestita semplicemente, con il viso acqua e sapone ma molto carina)

Gemma: Accidenti…o icchè c’è una riunione di condominio in terrazza? (chiamando la madre che è all’interno) Mamma, mamma…affacciati….

Leda: (vociando dall’interno) Perché, icchè c’è?

Gemma: O che lo so? Son tutti in terrazza….

Leda: (dall’interno) Ora, quando ho finito di dire l’orazioni….

Dalia: (alla sorella) Ecco, ci mancava la Leda, la Maria Goretti di’ condominio! Con quella corona sempre in mano la mi fa venire un uggia!

Tito: (difendendola) Ma la la lasci un po’ stare, poera vedova anche lei! La fa una vita poera donna, sempre chiusa in casa e sempre preoccupata pe’ la su’ figliola….D’altronde se l’ha trovato conforto nelle preghiere….

Margherita: (tirando la sorella per la manica) Via Dalia, pe’ piacere….

Dalia: E se a me la mi fa uggia a sentilla sempre biascicare preghiere, un lo posso dire? L’ha la finestra vicino alla nostra e da mattina a sera un tu senti che provenire devozioni e litanie. Dio mio, anche i preti qualche volta si riposano….ma lei la un si riposa mai!

(Leda si affaccia alla finestra, accanto alla figlia. Ha un aspetto semplice e dimesso, veste di nero e tra le mani tiene un rosario)

Leda: (vedendo quell’assemblamento di persone) Che è successo qualcosa di male? Poerin di Dio, ditemelo eh?…Un mi fate stare in apprensione….io so’ solo una poera vedova….

Gemma: (vergognandosi un po’) Mamma!

Lilia: No, no. La stia tranquilla. Siamo qui a aspettare l’arrivo di….un ospite….

Leda: D’un ospite? Importante?

Dalia: Sie, l’è i’ su’ socero!

Leda:  (sollevata) Ah, credevo fosse successo una disgrazia! Allora torno in camera mia a dire l’ultime dieci avemmarie. (alla figlia) Gemma, ci stai attenta te a i’ tegamino della minestra?

(la figlia annuisce)

Lilia: (rivolta verso la finestra) La mi faccia i’ piacere, la dica dieci avemmarie anche per me perché con quell’omo pe’ la casa mi ci vole qualche benedizione, di sicuro.  Quell’omo l’è un castigo di Dio!

Leda: (scandalizzata) Uh, icchè l’ha detto….gli dico anche dieci paternostri!

Lilia: Ecco, brava! La butti dentro roba, poi si starà a vedere….(si rimette a parlare sommessamente con le vicine)

Leda: (alla figlia) Che eretica! Un ti confondere, sai nini, con questo ghettume…. (carezzandole i capelli) …te, t’hai a stare con la tu’ mammina…

Gemma: (sottraendosi a quelle carezze) Sì, però mamma un mi trattare come se fossi sempre una bambina…ora fammi stare un po’ alla finestra sennò alla fine fo la muffa anch’io come i muri di casa nostra….

Leda: Sì, poerina t’hai ragione. Vo a dire un Salve Regina anche per te….

(scompare dalla finestra)

(Entra Benito dalla porticina verde. E’ un ragazzo con l’aria da studioso, porta degli occhialini tondi, una camicia e un gilè di lana. Entra con la valigia del nonno,  tutto sudato.)

Lilia: Oh, finalmente! Vu ce n’avete messo di tempo a arrivare….

Benito: (asciugandosi il sudore con un fazzoletto) L’è stata un’impresa, sapete? Un voleva mica venire…c’aveva ripensato….

(Vedendo alla finestra Gemma, si illumina tutto, abbozza un lieve gesto di saluto con la mano, che la ragazza timidamente ricambia e rimane lì inebetito a guardarla rimanendo a metà con il discorso)

Lilia: (incitandolo) Ma poi però s’è convinto…indo’ gli è? Pe’ le scale?

Benito: (tutto intento a guardare Gemma) Eh??

Claretta: (stizzita) Sie, bona Ugo! (al fratello) O pan perso, tu la guardi dopo quella! Indo’ gli è i’ nonno? (guardando l’orologio) Guardate che ora m’hanno fatto fare! (piagnucolando) Tu senti Renato quante me ne dice perché gli ho fatto i’ bidone…..

Benito: O Claretta, sta’ calmina! So’ tutto scombussolato perché c’è voluto di’ bello e di’ bono pe’ convincere i’ nonno. Lui un si vole rinchiudere in quattro muri a Firenze…lui gli intendeva restare lassù, fra le viti e gli ulivi…

Lilia: (mordendosi il pugno dalla rabbia) Uh, che pazienza mi ci vorrà!…Zitti, zitti..eccoli….Oddio, io un so nemmeno icchè digli…..(rivolta agli altri come in cerca d’aiuto) Icchè gli dico?

Tito: Via via, le parole giuste le gli vengano di sicuro…

(Dalla porticina verde entrano Vasco, in abito grigio scuro e camicia bianca, senza cravatta. Ha i capelli leggermente striati d’argento alle tempie e un bel paio di baffi. Dietro di lui entra Alfredo, un uomo anziano dal volto fiero. Ha anche lui il vestito “buono” ma vi si trova a disagio. La faccia burbera, le sopracciglia aggrottate non fanno presagire nulla di buono. Vasco si rivolge al padre dandogli del “voi”.)

Vasco: Venite babbo…..la Lilia e la Claretta l’erano salite quassù in terrazza….

Lilia: (andandogli incontro per abbracciarlo, con un’enfasi esagerata) Oh, Alfredo!…Chi non more si rivede!

Tito: Ecco, se c’era una cosa da non dire, l’era proprio codesta….

Vasco: (stizzito, alla moglie) Ecco lei, la parte subito male!

(Alfredo si lascia abbracciare rimanendo rigido, senza muovere un muscolo)

Lilia: Claretta, vieni a salutare i’ nonno. Che ha visto che bella ragazza la s’è fatta?

Claretta: (abbracciandolo) Nonno, un si vedeva l’ora….

Alfredo: Me lo immagino….me lo immagino…”pallina”…

Claretta: Nonno? Mi chiamo Claretta, te ne ricordi? Claretta. E lui,  (accennando al fratello)si chiama Benito.

Alfredo: (schiarendosi la voce) Appunto….(guardandosi in giro) E tutta questa gente? Che erano a  aspettare tutti me?

Lilia: (cercando di sorridere, esageratamente gentile) Diamine, Alfredo!Lei l’è nostro ospite pe’ un po’ di tempo e i’ vicinato voleva fare la su’ conoscenza…a Firenze gli usa così…..

Alfredo: Che è proprio una cosa necessaria?

Claretta: (piano alla madre) Che romaiolo che gli è!

Lilia: (altrettanto piano) Zitta perché sento di già che mi si gonfia la vena qui (accenna al collo)….

Vasco: Che discorsi vu fate babbo! Unn’è una cosa necessaria ma l’è bona creanza….venite, vi presento (accennando al portiere)….questo l’è Tito, i’ portiere dello stabile. Ci tiene tutti in riga eh, ma se v’avete bisogno di un piacere, si fa in quattro pe’ farvelo…..

Alfredo: (mugugnando) Unn’ho bisogno di piaceri, io….

Tito: (rimanendo male e cancellando il sorriso dalle labbra) C’ho piacere…. che la unn’abbia bisogno di piaceri…ma pe’ piacere….(guardando gli altri, in evidente difficoltà)…Ecco mi so’ belle incartato anch’io…

Benito: (accennando con occhi adoranti alla ragazza alla finestra) Quella lassù l’è la Gemma. L’è figlia unica di madre vedova, poverina…lei la fa la stiratora….

Gemma:  (dalla finestra) Bongiorno….

(Alfredo le risponde appena con un cenno del capo)

Vasco: (accennando alle ricamatrici) E queste le son le sorelle Pratesi: la signorina Dalia e la signorina Margherita. Vengano da tutta Firenze a cercarle perché come le ricamano di bianco loro, un ce n’è.

Margherita: (abbassando gli occhi) Eh, troppo bono, sor Vasco….

Dalia: (dando spavaldamente la mano ad Alfredo) Io so’ la Dalia Pratesi, so’ la maggiore, anche se un si vede…perché modestamente gli anni li porto meglio di lei (accennando la sorella), lo dican tutti…

(Alfredo fa per ribattere ma Dalia è un fiume inarrestabile)

Dalia: M’hanno detto che la sta sopra a Candeli…ma indo’ di preciso?…Perché noi ci s’aveva dei parenti lassù…i’ Bigozzi, sa’?

(Alfredo fa finta di nulla e inizia a vagare con lo sguardo in lungo e in largo per la terrazza, come se studiasse qualcosa)

Dalia: (per niente scoraggiata) No, eh? La un li conosce, eh? Gente astuta, sa’! Uh, delle volpi, glielo dico io…furbi da i’ primo all’ultimo…..

Margherita: (tirandola per la manica) Via Dalia, lascia perdere…

Dalia: (seguendo passo passo Alfredo mentre lui, con le braccia dietro la schiena, sembra misurare lo spazio della terrazza) Certo eh, a essere rimasto vedovo, la si sarà trovato arreso, eh? Un omo, si sa, da solo un ci s’ha mica stare. Unn’avrebbe a sapere indo’ l’è la tazza e indo’ l’è i’ cucchiaio, eh? (e siccome Alfredo continua a tacere) Certo, lei l’è un tipo di poche parole…ma l’è meglio sa, chi parla troppo alla fine fa anche uggia….

Alfredo: (guardando il figlio) Ma questa che è così di suo o vu gli date qualcosa?

Margherita: Via Dalia, torniamo in casa…

Dalia: Icchè c’entra, facevo pe’ fare conversazione….(poi, imperterrita) Che ha intenzione di starci di molto qui a Firenze?

Tito: I’ braca fa sei…..

Dalia: (fulminea) …e sette con lei!

Alfredo: (a Dalia, in malo modo) Allora? Che ha finito di farmi i’ quinto grado? Ma io che mi interesso degli affari sua? No. E allora la cerchi di fare altrettanto con me! (poi, a Margherita che gli tira timorosamente la manica della giacca) E lei icchè la vole? Icchè la mi tocca continuamente i’ braccio?

Margherita: (timidamente) I’ terzo…grado, si dice….no i’ quinto….

Alfredo: Insomma, i’ terzo o i’ quinto, io unne vo’ sapere. Fatevi tutti gli affaracci vostri! (a Benito)  “Cosino”, dammi la valigia. (e siccome il ragazzo è incantato a guardare Gemma alla finestra, alzando la voce) “Cosino”! Allora? Dammi la valigia, t’ho detto.

Benito:  (riscuotendosi) Eh? Ah….Benito, nonno..mi chiamo Benito…..

Alfredo: Appunto…dammi la valigia.

Claretta: (rivolta ai vicini) Ve l’avevo detto io che a conoscere voi ripigliava i’ bagaglio e tornava di corsa a casa!

Dalia: (punta sul vivo)Ma senti che ragionamenti, io un fo l’interrogatorio a nessuno. Io sto solo intrattenendo dei civili rapporti co’ i’ vicinato. (a Alfredo) Ma lei, a quanto pare, l’è troppo grezzo pe’ capirlo, caro mio!

Alfredo: La senta signora….

Dalia: Signorina prego….la cerchi di stare attento a’ titoli, pe’ piacere….

Alfredo: (al figlio) Ora se la continua, la ciondolo dalla terrazza, questa qui.

Vasco: Via, babbo….

Benito: Via, nonno…

Claretta: Per me, se la ciondola fa proprio bene. L’è poco antepatica, tanto!

Dalia: (scandalizzata) Uh, icchè gli ha detto qui’ maleducato? Margherita! Ritiriamoci nelle nostre stanze. Andiamo, andiamo….

(Trascina via la sorella che si affretta a riprendere il lavoro rimasto sulla panchina. Poi ci ripensa, torna sui suoi passi e si piazza davanti a Lilia)

Dalia: L’aveva proprio ragione a dire che i’ su’ socero gli era un manfano, un contadino, un buzzurro!

Lilia: (ad Alfredo) No…no, io un l’ho mai dette queste cose…

Dalia: Bell’ospite davvero! Ma la si ricordi icchè gli ho detto prima…dell’ospite e di’ pesce! Andiamo Margherita!

(Esce inviperita, tirandosi dietro la sorella)

Alfredo: (guardandola uscire) Ma quella, se la morde una vipera la un more mica lei….la more la vipera!

(da dentro la finestra di Gemma si sente la voce di Leda)

Leda: (dall’interno) Gemma! Chi vocia? Chi letica?….Un ti mescolare con qui’ ghettume. Chiudi la finestra, si mangia!

Gemma:  (obbedendo di malavoglia) Sì, mamma! (ai presenti) Arrivederci….

(Gemma alza timidamente una mano per salutare Benito, che fa altrettanto, poi scompare dietro la finestra)

Tito: (tossicchiando imbarazzato) Via, allora torno giù anch’io. L’è un pezzetto che manco…vo a dare una controllatina…

(Esce alquanto imbarazzato)

(Alfredo prende la valigia, la mette sulla panchina e ci si siede sopra. Incrocia le braccia e rimane così. Gli altri si guardano interdetti)

Vasco: (rompendo per primo il silenzio) Venite babbo, si scende anche noi. Ci si dà una sciacquatina alle mani e a i’ viso perché in viaggio ci siamo un po’ impolverati…e poi si mangia…

(Alfredo rimane immobile, seduto sulla valigia. Gli altri si guardano perplessi.)

Lilia: Andiamo, Alfredo. Dopo la va un po’ a riposarsi su i’ letto….

Claretta: (andandogli vicino) Nonno? (passandogli una mano davanti agli occhi) Nonno? (ai genitori)  Vai, icchè gli è preso un coccolone, ora?

Benito: Nonno, andiamo si va in casa nostra…

Alfredo: (con tono perentorio) Io rimango qui.

Vasco: Eh?

Lilia: Icchè gli ha detto?

Alfredo: (in tono che non ammette repliche) Ho detto che rimango qui.

Vasco: Babbo via, un mi fate stizzire. Andiamo, si scende giù e si mette qualcosa sotto a’ denti così dopo si ragiona meglio….

Alfredo:  M’avete voluto strascicare a Firenze? Ecco, ora se proprio so’ obbligato a starci, almeno fatemi scegliere i’ posto. Io sto qui.

Claretta: (alla madre) Ma icchè dice?

Lilia: (partendo in quarta) O la senta Alfredo, eh….

Vasco: (cercando di arginarla) Bona Lilia, sta bona…..

Lilia: (mettendosi le mani sui fianchi) Eh, no! Ora mi voglio sternare un pochino perché la mi’ pazienza la c’ha un limite. O la senta Alfredo, solo pe’ rimettigli la camera s’è ingrullito tre giorni. So’ stata china in terra a lustrare l’impiantito tanto che m’è venuto tutta una storta all’anca che un ci dormo la notte….gli s’è fatto ribattere perinfino la materassa….gli s’è preparato una camerina che l’è un amore, co’ i’ su’ be’ cassettone con quattro belle cassette pe’ mettici tutta la su’ roba…e lei… icchè la ci dice? Che la vole stare in terrazza?….Lei l’è più buffo ma d’un lume a mano, sa!

Alfredo: (alzando la voce) Io non ci volevo venire! Vu m’avete costretto voi insieme a qui’ bischero di’ fattore….

Vasco: Ma sentite che discorsi, babbo! S’è fatto pe’ i’ vostro bene…

Alfredo: I’ mi’ bene l’era quello di rimanere nell’orto, nei campi, tra le mi’ cose. Io un mi ci posso vedere in queste vie strette e puzzolenti e neanche voglio sta’ chiuso fra quatto muri. Più volentieri mi butto a diacere su questa panchina e dormo qui, guarda!

Vasco: La meglio l’è codesta!

Lilia: Un’altra di novo! Ma lei che è venuto a Firenze pe’ fassi ridere dietro?

Alfredo: Vu l’avete visto quanto me ne importa a me di’ giudizio della gente…(accennando alla porticina verde da cui sono usciti i vicini) ….vu l’avete visto dianzi.

Vasco: (cercando di prenderlo con le buone) Via babbo, un fate i’ bambino. Scendete giù con noi….

Alfredo: T’ho detto che voglio sta’ qui!…(alzandosi) Voglio sentire i’ cardo di’ sole sulla mi’ pelle, voglio sentire i’ vento, una boccata d’aria….(serissimo) E guardate che un fo i’ chiasso. (si rimette a sedere sulla valigia)

(dalla porticina verde si affaccia Renato,  il fidanzato di Claretta. E’  un giovanotto dall’aria strafottente, dalla poca voglia di lavorare. Ogni tanto estrae dalla tasca dei pantaloni un pettinino e si aggiusta il  ciuffo alla Bob Taylor)

Claretta: (illuminandosi tutta e facendosi incontro a lui) Renato!

Renato: (entrando)  Ah, vu siete tutti qui? Sona sona i’ campanello, un rispondeva nessuno poi, una delle sorelle Pratesi la m’ha vociato “Sono in terrazza! La salga, la salga, la si diverte!”…sicchè ho fatto gli scalini a quattro pe’ volta e so’ venuto su…..(a Claretta) Bello scherzetto tu m’hai fatto, te! So’ stato un’ora e mezzo come un bischero  in piazza Madonna a aspettare….poi ho preso la Lambretta e mi so’ scapicollato qui! (tirando fuori il pettinino dalla tasca e ravviandosi con cura  i capelli) Bada oh, mi s’è scompigliato tutt’i’ ciuffo….

Claretta: Scusa Renato, un so’ potuta venire perché s’è aspettato che gli arrivasse i’ nonno da Candeli….

Renato: (avvicinandosi a Alfredo) I’ nonno? Ah, questo gli è l’ospite…quello che ieri tu dicevi “ Gli arriva un crostino di nul…”(prontamente arriva la mano di Claretta a tappargli la bocca)

Lilia: (intervenendo) No no, lasciaglielo dire a Renato, gli è un crostino! (al giovane) Lo sa? Un vole entrare in casa, vole sta’ qui, mangiare qui, dormire qui….(prendendolo in giro) vole respirare l’aria, lui…vole sentire cantare gli uccellini…ci..ci…ci…

Renato: Gli ha perso i’ capo, via!

Alfredo: (provando subito antipatia per il giovane)  Senti te, con questo ciuffo a Amedeo Nazzari, un ti pigliare tante confidenze perché tu voli da questa terrazza anche te….

Renato: Accidenti! Feroce, i’ nonno!

Claretta: Un lo stuzzicare….gli è stato un eroe di guerra! Lui a ribaltarti davvero, ci mette un minuto.

Vasco: (cercando di sorridere) No via, gli scherza, un vu lo vedete……Maremma, babbo vi riesce bene a fa’ gli scherzi…ci s’era quasi creduto!

Alfredo: No, no. Fo su’ i’ serio. Io sto qui.

Vasco: (sorridendo) Vu fate i’ chiasso…

Alfredo: (vociando) Noooo! Ho detto che sto qui. Che l’avete capito ora?

Renato: (piano, a Claretta) Eh, gli è sonato di nulla!

Vasco: (perdendo la pazienza) E allora fate come vu volete, tanto vu siete sempre stato un cervellone e un c’è mai stato verso di farvi ragionare. Volete sta’ qui? E allora state qui. Noi si scende. Claretta? Benito? Andiamo.

Claretta: (prendendo i panni ripiegati e uscendo con Renato) Oh, s’è incaponito, eh?

(Escono, seguiti da Benito)

Alfredo: (a Lilia che è rimasta, mani sui fianchi, a guardarlo) Icchè t’hai da guardarmi in tralice?

Lilia: Io un la guardo né in tralice né in altri modi…io un la guardo proprio e vo giù a mangiammi una bella pastasciutta. Lei la faccia come la vole (poi, più piano), vecchio bischero! (al marito) Andiamo,  Vasco perché questa vena di’ collo se prima la mi s’era ingrossata, ora la sta pe’ stiantare! (prendendo il marito per un braccio) Lascialo, lascialo bollire ni’ su’ brodo…tu vedrai quando gli ha fame, gli scende…un gli parrà i’ vero.

(Escono borbottando accidenti vari)

(Si sentono le note di “Una canzone da due soldi” di Nilla Pizzi.

 Alfredo, rimasto solo e sempre seduto sulla valigia, si guarda intorno, poi alza la testa al cielo, respira profondamente l’aria primaverile, quindi dall’interno della sua giacca estrae una mela. La strofina un po’ alla stoffa, poi senza scomporsi, le dà il primo morso.

La musica si alza.

Cala la tela

 

Secondo Atto

Mentre parte la musica della canzone “Addormentarsi così”, il sipario si apre sulla terrazza.

E’ mattina presto. Alfredo sta dormendo, dopo aver steso una coperta  sulla panchina, un po’ ripiegato perché non c’entra. Indossa un paio di pantaloni, una camicia a quadri e un panciotto. Si è coperto con la giacca per ripararsi dall’aria fresca della notte. Sotto la testa ha messo tre camicie piegate, che aveva in valigia, che gli fanno da cuscino. Sta russando dolcemente.

Sul filo che corre da sinistra a destra della scena sono tesi tre paia di calzini da uomo ad una estremità  e dall’altra due centrini ricamati.

A sinistra, accanto al glicine, sono poggiate in terra tre cassette da frutta che Alfredo ha riempito di terriccio e dove ha piantato qualche cesto di insalata e qualche pianta di pomodoro, ricreando così un piccolo orto. Accanto alle cassette ci sono due grossi barattoli di vernice dove lui ha piantato salvia e basilico. Più in là, nel secchio di zinco, sono poggiati tutti i suoi attrezzi: una paletta, un piccolo rastello e altri utensili.

La valigia chiusa è poggiata su un lato della panchina.

La musica sfuma lentamente. Si percepisce ora il lieve russare di Alfredo poi, improvvisamente, dalla finestra di Leda si sente squillare la prima sveglia.

Leda: (dall’interno, con voce impastata di sonno) Gemmaaa! Svegliati mimma, l’è l’ora…..sennò tu fai tardi alla stireria…..Gemmaaaa!

Gemma: (dall’interno, altrettanto assonnata) Sì, mamma….ora m’alzo…..

(Si sente il trillo assordante di un’altra sveglia, quello delle sorelle Pratesi)

Dalia: (dall’interno, con voce stridula) Margheritaaaa! Spengi quell’affare! Accidenti a quando la si comprò questa sveglia….la sveglierebbe un reggimento!

Margherita: (dall’interno) La spengo subito…..

(Alfredo apre gli occhi, intontito dal sonno, poi sbadiglia, si stira e cerca di alzarsi dalla panchina, facendo strani e buffi movimenti perché, dormendo al fresco della notte e per di più su una panchina di ferro, si sente tutte le ossa rotte. Riesce infine ad alzarsi e si stira a lungo

Alfredo:  (parlando fra sé) Ohi ohi, la mi’ poera schiena! Accidenti a quella panca, l’è dura come i’ marmo…..ohi ohi, come so’ tutto incriccato…icchè tu vuoi, a una cert’ora gli scende la guazza, la t’arrugginisce tutti gli ingranaggi….eh, ma questa soddisfazione un gliela do né a i’ mi’ figliolo, né alla mi’ nora. Un ci sto chiuso in que’ muri, io…posso scendere giusto pe’ sciacquarmi un po’ e pe’ andare a i’ licitte ma poi risalgo su …..(guardandosi intorno) In questa terrazza ci sto proprio bene….(guardando il panorama al di là della balaustra) Guarda là, almeno tu vedi un po’ di cielo, un po’ di verde……(voltandosi verso le cassette dove ha piantato le piantine)….C’ho anche l’orto! Meglio di nulla, bisogna contentassi! (avvicinandosi di più)…o qui icchè l’è successo?. Maremma, l’è partita una bullettina!

(va al secchio di zinco dove ha messo i suoi attrezzi, ne tira fuori un martello e una bustina di chiodi, poi si inginocchia sulle cassette e inizia a martellare. Quindi, prende una paletta e rincalza la terra tutta intorno)

(Le sorelle Pratesi si affacciano alla finestra, ancora in camicia da notte e con qualche bigodino in testa)

Dalia: (piano, sprezzante) Guardalo, “i’ Pesce”! Gli è lì che gli armeggia con quelle piantine…..o che lo so icchè c’ha in quella zucca dura, quell’omo!

Margherita: O perché tu lo chiami “i’ Pesce”?

Dalia: Perché più che continua a restare qui e più puzza. Ma dico, un potrebbe ritornare a casa sua invece di stare qui a da’ certi spettacoli?

Margherita: (sporgendosi un po’ di più per vedere meglio) Ma icchè fa?

Dalia: Si balocca, ecco icchè fa. O un tu lo sai che quando siamo vecchi si torna bambini? Eccolo lì, pare a i’ mare con la paletta e i’ secchino….(scotendo la testa) Poer’a noi!

(Si ritira dalla finestra)

Margherita: (trattenendosi ancora per guardare Alfredo, sommessamente) Ohi ohi, come mi batte i’ core! (a voce alta) Bongiorno…..

(Alfredo cerca di alzarsi il meno faticosamente possibile)

Alfredo: (voltandosi, vedendola e bofonchiando un saluto) ‘ngiorno….

Margherita: (alludendo alle piantine) Che crescano?

Alfredo:  (rimettendosi in ginocchio a rincalzarle) Le crescano, le crescano….

Margherita: (parlando a se stessa) Certo, Margherita tu se’ diventata proprio bischera a fa’ questi versi alla tu’ età….ma o icchè ci posso fare? Quando i’ sor Alfredo mi guarda a qui’ modo, mi sento tutta rimescolare….

(La voce stridula della sorella interrompe le sue fantasticherie)

Dalia: Allora! Che stai dell’altro? Si diaccia tutto i’ latte!

Margherita: Vengo…vengo….

(Si ritira dalla finestra)

(Alfredo toglie gli indumenti dalla panchina e li ripone nella valigia, poi torna alle sue piantine)

(Dalla porticina verde entra Tito con in mano un piattino e una tazzina da caffè)

Tito: Bongiorno sor Alfredo! Dormito bene?

Alfredo: (cercando di rialzarsi ma questa volta non riuscendovi) Ho dormito benissimo.

Tito: (poggiando la tazzina sulla panchina e correndo ad aiutarlo)Eh lo  vedo! La si tiri su…ecco, così! Lei sor Alfredo, la se lo lasci dire, la si rovina a dormire di notte all’aria di Dio. La unn’è mica più un ragazzino, eh? La un lo vede, la s’è incriccato tutto!

Alfredo: Io sto proprio bene…

Tito: La venga a sedere. Ho fatto i’ caffè per me  e n’ho fatto una tazzina anche per lei. (porgendola) L’è belle inzuccherato.

Alfredo: Io la ringrazio ma la un si deve disturbare…comunque un caffeino lo piglio volentieri, bah…

(Si siedono sulla panchina. Tito lo guarda mentre l’altro sorseggia il caffè)

Tito: Eppure l’è un be’ tipo, lei…

Alfredo: Eh!

Tito: L’è un po’ scontroso eh, questo va detto… ma la mi resta simpatico….(piano, dandogli una gomitata) anche pe’ l’idee politiche che la c’ha…perché…(guardandosi incontro con fare circospetto) …la un lo dica a nessuno ma …io la penso come lei!

Alfredo: (stupito) Ah sì?

Tito: (piano) Zitto, un facciamoci sentire perché qui le finestre l’hanno cent’occhi e cent’orecchi….La penso come lei ma un lo posso dire perché in questo condominio son tutti come i’ su’ figliolo…perché sì, insomma…(imbarazzato) ..i’ su’ figliolo…garbato garbato unn’è mica stato…

Alfredo: (rabbuiandosi)  Lo so, lo so…unn’importa che la me lo ricordi…Mi so’ allevato una serpe in seno. Eh, se credevo! A sapello quando gli era piccino che sarebbe venuto su così….che manache gli avrei tirato!

Tito: Sicchè dicevo…la mi sta anche simpatico, lei….o perché la s’intestardisce a stare in questa terrazza, che per di più l’è anche condominiale e la un ci potrebbe nemmen stare?….

Alfredo:  Chiamate i carabinieri, allora.

Tito: Via, la un faccia i’ bambino, sor Alfredo…che carabinieri e carabinieri! Io lo dico per lei. La sta così a i’ sole e all’acqua di Dio come unsole e all’acqua di Dio come un o zingaro, quando giù da i’ su’ figliolo l’accoglierebbero a braccia aperte!

Alfredo: Eh, o un lo vedo! No, grazie. Prima di essere sopportato sto da solo e qui sto proprio bene. (accennando) Mi so fatto anche i’ mi’ orticello…dopo scendo da i’ civaiolo, compro altre du’ piantine, qualche seme da mettere e lascio i’ posto a queste donne. Noia io unne do.

Tito: Noia, no…icchè c’entra…ma insomma…qualche lamentela, qualche bubìo c’è di già…(accennando alla finestra delle sorelle Pratesi) E un parlo de’ su’ parenti….

Alfredo: (volgendosi a guardare la finestra)  Eh, me l’immagino. Soprattutto quella Dalia, l’è una strega di pe’ ridere!

Tito: (malizioso) A proposito della sora Dalia…ma che lo sa che soprannome la gli ha messo?

Alfredo: Soprannome?

Tito: Sì, o la un lo sa? Qui a Firenze si mette i’ soprannome a tutti. A me per esempio mi chiamano “i Braca”….

Alfredo: (ironico) Chissà come mai, eh?

Tito: (continuando imperterrito) I’ su’ figliolo Vasco lo chiamano “Buriana”…pe’ via di que’ trascorsi che si diceva prima…via, lasciamo perdere!

Alfredo: (rabbuiandosi) Lasciamo perdere sì, l’è meglio….

Tito: (continuando) La sora Dalia la chiaman “Caccola” ma sinceramente unn’ho mai capito perché….

Alfredo: Unn’indaghiamo, l’è meglio….

Tito: E insomma, ognuno c’ha i’ su’ soprannome. …e lo sa come la chiaman lei, ni’ vicinato?

Alfredo: Come?

Tito: ….I’ Pesce.

Alfredo: I’ Pesce?

Tito: (divertendosi come un bambino) Sì, proprio “i’ Pesce” ma…i’ perché un glielo dico….

Alfredo: La faccia come la vole, io campo bene lo stesso.

Tito: (non potendo stare) Glielo dico, via…la chiamano “i’ Pesce” perché…ce l’ha presente qui’ detto?…. “L’ospite l’è come i’ pesce, dopo tre giorni puzza”…(guardandosi intorno) Oh, ma io un v’ho detto nulla, eh? Mi raccomando…..

(Alfredo si alza improvvisamente dalla panchina e ritorna alle sue piantine, a levare foglioline, a rincalzare la terra)

Tito: Che s’è offeso?

Alfredo: (senza guardarlo, continuando ad occuparsi delle sue piante) Vede, sor Tito….lei ora l’ha fatto come quello che portava (indicandosi le orecchie)…sì, quello che portava l’acqua con gli orecchi…l’ha fatto una cosa perfettamente inutile. Un c’era bisogno che la venisse a riportarmi questa cosa. Un c’era bisogno. E poi, la scusi se glielo dico, ma queste cianciucole, queste tristizie riportate da un’omo come lei, le gli fanno perfin vergogna. Grazie pe’ i caffè ma un’altra volta un me lo riportate perché i’ caffè….(voltandosi e guardandolo serio)…e m’agita parecchio.

(Tito rimane mortificato)

(Dalla porticina verde entrano le sorelle Pratesi. In mano hanno le loro tovagliette da ricamare. Al collo di Dalia spicca una collana d’oro)

Tito: (riprendendosi dall’imbarazzo) Oh, abbiamo anche le sorelle Pratesi, stamani! Dalia e Margherita, belle come i fiori!…Un vi potevan che chiamare così i vostri genitori…

(Margherita si avvicina sorridendo ad Alfredo e si mette a guardare quello che sta facendo)

Dalia: (sedendosi sulla panchina con il lavoro in mano, in tono sbrigativo) La tiri via, pe’ piacere! D’avanzo stamani l’è belle e tardi….ci si mette a lavorare a una bell’ora, sì…. Ma la mi’ sorella l’è diventata una piattola, la unn’è mai pronta. L’è stata davanti allo specchio un so quanto. Più la invecchia  e più la rimbecillisce, glielo dico io! Ora l’è diventata anche vanesia…(guardando Alfredo con intenzione e indicando la panchina)…e poi s’è aspettato che i’ signore qui, gli avesse già rifatto i’ letto….(in direzione di Alfredo) …Un risponde, a regola gli ha a esse’ sordo.

Alfredo: E un so’ sordo. Ho capito, ho capito.

Dalia: (stizzita) E allora perché la un risponde?

Alfredo: (alzandosi dalle piantine ed avvicinandosi a lei)  Lo sa perché un rispondo? Perché ho di meglio da fare. …

(riapre la valigia, ne estrae un pezzo di sapone di Marsiglia e un asciugamano che mette sulla spalla. Richiude la valigia mentre Dalia lo guarda a occhi sbarrati)

Alfredo: Ho di meglio da fare che stare a parla’ con lei, dicevo. Ho da andare a i’ licitte…a pisciare. Con permesso.

(esce dalla porticina verde)

Dalia:(scandalizzata) Hiiiii, quell’omo! Ma chi ce l’ha portato, anche lui! (al portiere) La guardi, Tito che qui va trovato una soluzione perché qui’ vecchio nella terrazza di’ condominio un ci pole alloggiare.

Margherita: Via, Dalia…unn’è mica tanto vecchio, i’ sor Alfredo….

(Leda si affaccia alla finestra e appende una camicetta di Gemma al filo)

Leda: Bongiorno, donne! Di già a i’ lavoro, stamani?

Margherita: Eh, sì. S’ha da finire delle tovaglie pe’ la signora Bellini…le son di furia.

Leda: Se v’avanza uno scampolino di stoffa che me lo date? Volevo fare du’ fazzolettini alla mi’ Gemma?

Dalia: (piano) Uhm, tu l’hai belle visto lo scapolino!

Leda: Bongiorno, Tito. Dopo la un me lo darebbe mica un pochino di bassilico?….Volevo fare un po’ di pappa a i’ pomodoro per quella figliola, quando la torna dalla stiratora…

Tito: Sa, unn’è mica i’ mio…l’ha piantato i’ sor Alfredo.

Leda: Eddie, du’ foglioline icchè sarà mai! Quando la Gemma la torna la mando a prendile…

Dalia: Ecco, una botta in qua , una botta in là, la raccapezza ogni cosa così, lei!

Leda: Via, vo a finire di dire i’ rosario perché questo l’è i’ mese mariano, i’ mese della Madonna…e siccome ni’ mondo succede tanti brutti fatti e c’è tanta delinquenza, bisogna pregare di molto.

Dalia: E la c’è anche qui tanta delinquenza, unn’importa girare! Che l’avete saputo che gli hanno rubato in casa di’ sor Vasco?

Leda: Icchè? Pe’ l’amor di Nostro Signore! Vo a dire subito venti avemmarie…..e a controllare se que’ du’ briccichi d’oro che ci s’ha, ci son sempre!

(si ritira dalla finestra)

Margherita:(fermandosi con il lavoro in mano) Però, l’è bona la sora Leda! La prega sempre pe’ tutti….

Dalia: (rimproverandola) Tira via, tira via, preghiere! Stasera s’ha da riportare i’ lavoro e ancora un siamo a nulla!

(si rituffano velocemente a cucire)

(Dalla porticina verde entra Renato. Nell’entrare estrae il pettinino dai pantaloni e si dà una ravviata al ciuffo lucido di brillantina)

Renato: (con aria spavalda) Bongiorno, belle spose!

(Le sorelle Pratesi si ringalluzziscono , soprattutto Dalia)

Renato: Ho incrociato i’ vecchio pe’ le scale. Sempre duro come un macigno, eh?

Dalia: (alla sorella) Ha’ sentito, gli dà di vecchio anche Renato!

Renato: So’ salito a vedere se quassù c’era la Claretta, perché in casa sua un c’è nessuno. O indo’ sono andati tutti?

Tito: Stamani sono sortiti presto presto ma un glielo so mica dire indo’ sono andati….

Dalia: (saccente) Eh, ma glielo so dire io….

Renato: Brava! Uno a zero, palla a i’ centro! La chiacchieri….

Dalia: Gli ho sentiti confabulare che volevano andare dai carabinieri perché gli è successo un fattaccio, sor Renato….Gli è sparito le catenine d’oro della Claretta e di Benito di quando gli erano piccini…sa quelle con que’ pallini di corallo?

Renato: (un po’ interdetto) …Dai carabinieri? …O che c’era proprio bisogno…..Che son sicuri di non averle perse queste catenine?

Margherita: Son sicuri. Stanotte s’è sentito la sora Lilia che tutta disperata la diceva “Eppure le son sempre state nella scatolina….

Dalia: ….e ora nella scatolina le un ci son più!

Renato: (un po’ turbato) Mah…accidenti! O icchè c’è, i ladri davvero! Via, un ci posso credere…unn’era mai successo nulla, che io sappia, in questo casamento!

Tito:  La lo pole di’ forte. Tutta gente onesta pe’ queste scale…

Renato: (malignamente) Mah…forse gente nova…che l’è capitata qui ultimamente….

Margherita: Icchè la vorrebbe dire?

Dalia:  Ma la si metta un minuto a sedere, Renato. A noi ci fa tanto piacere di scambiare du’ chiacchiere (guardando Tito con intenzione) con gente giovane….c’è sempre un vecchiume qui…

Margherita: Guardala, ora la unn’ha più furia!

Tito: E ho belle capito. Scendo vai, voglio andare a sentire meglio di questo affare delle catenine…Arrivederci.

(Esce dalla porticina verde scotendo la testa)

Renato: (ravviandosi i capelli, adulatore) Mi intrattengo sempre volentieri con delle belle signore come voi….

Dalia: (vezzosa) Eh, la m’avesse visto quand’ero ne’ mi’ cenci! Si voltavano tutti quando passavo io. (sognante) La pensi che una volta i’ garzone di’ fornaio…belloccio eh, gli aveva un ciuffo come i’ suo…insomma i’ garzone di’ fornaio, passando in bicicletta con la cesta di’ pane, pe’ guarda’ me, picchiò contro un lampione e giù in terra, lui e tutti i filoni di pane….

Margherita: Ma chie? Quello che ti vociava  sempre dietro “o redicolaaa!”

Dalia: (assestandole una gomitata e riassumendo la sua solita aria arcigna) Fu i’ diavolo , vedi? Voleva sempre pigliare pe ‘ i’ bavero. Ma quella volta ci rimise i denti davanti….(guardando il giovane con occhi adoranti)…comunque anche lui faceva parte di’ codazzo che avevo sempre dietro.

Renato:(adulatore, come per raggiungere uno scopo) Ma io mi chiedo…o come mai una bella donna così…sì, perché diciamoci la verità,  lei l’è ancora una gran bella donna, sora Dalia….

Dalia: (piena di sussiego) Via su, Renato….la la sentisse la Claretta….o icchè la dice?

Renato: Dico la verità, dico. Una donna piena di brio, energica, sempre curata, sempre…(guardandole intenzionalmente la grossa collana d’oro che spicca sulla sua camicetta)…sempre ingioiellata….o come mai la unn’ha preso marito?

Margherita:  (non alzando la testa dal cucito) E un ce n’erano…..

Dalia: (assestandole una gomitata) Eh, icchè la vole, so’ nata co’ i’ carattere troppo indipendente, io! Mi piace fare icchè mi pare, decidere io per me stessa …(accennando a Margherita) e anche pe’ la mi’ sorella, vero! E tutto questo a un omo un gli piace mica. E poi….(con superiorità) …gli omini….visti uno, visti tutti.

Margherita: (piano) Sì, ma noi un se n’è visto nemmen quell’uno….

Renato:Eh, se fossi nato prima!

Dalia: Uh, ma icchè la dice?

(Entra Claretta dalla porticina verde, tutta trafelata. Dalia smette di sorridere e la guarda con sufficienza)

Claretta: (in uno slancio verso Renato) Renato! Ho fatto tutte le scale di corsa…Tito m’ha detto che t’eri quassù…

Renato: (alzandosi dalla panchina e non considerando più Dalia) Anima mia, ma icchè l’è successo? Che è vero che vi sono entrati i ladri in casa?

Claretta: (rifugiandosi fra le sue braccia) Sta’ zitto, la mamma l’è di fori e i’ babbo un fa che vociare! In questo periodo ce ne succede di tutti i colori!

Dalia: Già…prima “i’ Pesce” e ora i ladri. Le disgrazie le un vengan mai sole….

(Renato la abbraccia e i due, guardandosi negli occhi si allontanano verso il glicine)

Margherita: (alla sorella) Ha’ visto come la guarda? La mangia con gli occhi….

Dalia: (con una punta di gelosia) Uhm, icchè? A me mi sembra che la guardi normale…

Margherita: Sie! Gli è divorato da i’ foco della passione, (infervorandosi) quello che ti corrode l’anima, quello che un ti fa dormire né notte né giorno, (alzandosi e infervorandosi sempre più) quello che ti conduce all’estasi e all’oblìo…

Dalia:(lanciandole un’occhiata severa e costringendola a sedersi) Te se un tu la fai finita di leggere que’ romanzi di Liala, alla fine tu vedi! Ne fo un falò, ne fo!

(Margherita si siede e le rimane stampato in faccia un sorriso ebete, perso nel vuoto)

Dalia: (scrutandola, tra sé e sé) Icchè l’avrà sempre da ridere questa scema…ma poi a volte la s’incanta, l’è così svagata e assente che la mi preoccupa davvero….quasi quasi gli piglio l’appuntamento da i’ dottore….(guardando con invidia i due innamorati abbracciati poi secca, alla sorella)Vieni, moviti…t’hai belle fatto ridere abbastanza! E poi, icchè si deve stare a reggere i’ moccolo a que’ due? Vieni, vieni…si va a mettere qualcosa su’ fornelli!

Margherita: (protestando debolmente) Ma…un si doveva tirare via co’ i’ lavoro?

Dalia: Vieni vieni, bella addormentata!…E leva que’ centrini da i’ filo….a quest’ora son altro che asciutti, sembran degli stoccafissi!

(Dalia raccoglie il lavoro ed esce seguita da Margherita che sveltamente ha eseguito l’ordine della sorella)

Claretta: (sciogliendosi dall’abbraccio) Ma ti rendi conto…la mi’ catenina d’oro sparita e anche quella di Benito.

Renato: (abbracciandola di nuovo) Vien qua, te li regalo io vezzi, collane e anelli….

Claretta: Tu lo sai che anello vorrei io…ma te un tu vo’ fare su i’ serio!

Renato: Ma come no, fo su’ i’ serione!

Claretta: (voltandogli le spalle) Ma di sposassi un se ne parla….

Renato: Ho appena perso i’ lavoro….ora, appena ne ritrovo un altro…(cercando di abbracciarla) Vien qua!

Claretta: Questa l’è la novella dello stento che la dura tanto tempo e la un finisce mai…tu lo perdi sempre i’ lavoro….e poi…io ancora un l’ho mica capito che lavoro tu facevi, sai?

Renato: (vago) O un te l’ho detto? C’avevo degli affari…con della gente…gente altolocata, sai? Piena di quattrini….

Claretta: (continuando a non capire) Sì, ma che affari l’erano?

Renato: Ohi ohi, icchè tu ne vuoi capire, te d’affari…..

(Dalla porticina verde entra Benito. Ha dei libri in mano.)

Benito:  Ah, tu se’ qui, te. La mamma la ti vole giù. L’ha i nervi a fior di pelle, stamani.

(Si siede  e apre un libro di poesia)

Claretta: La ce li avrà come i mia…..via Renato vo giù, ci si vede stasera.

Renato: Sì, vo via anch’io. Mi trattengo solo altri cinque minuti….(stringendola)….e levati tutte quell’ubbìe che t’hai ni’ capo, bellocciona….

(le tira una pacca sul sedere mentre Claretta è in procinto di uscire)

Claretta: (ridendo) O grullo!

(Esce)

(Si apre la finestra delle sorelle Pratesi e si affaccia Dalia. Si è messa il rossetto e un po’ di colore sulle guance)

(Mentre Benito legge, Renato estrae il pettinino dai pantaloni, si ravvia il ciuffo poi gli si avvicina)

Renato:O Benito, che vieni con me a giocare a biliardo? Vieni su, ti do una cenciata….

Benito: Ma io un so giocare a biliardo….

Renato: (assestandogli una poderosa pacca sulle spalle) Un tu sai giocare a biliardo? Pe’ forza, tu stai sempre dietro a’ libri…(strappandoglieli di mano) Buttali via questi, da’ retta a me!

Benito: (alzandosi e cercando di riprenderli) Via, rendimeli…

Renato: (facendo le finte) Fammi vedere….(sfogliandone uno a caso) Poesie! (leggendo) “La donzelletta  vien dalla campagna in sul calar del sole, col suo fascio dell’erba e reca in mano un mazzolin di rose e di viole….”

Benito: Via Renato, rendimeli….

Renato: (sfogliando e leggendo  ancora)”L’albero a cui tendevi la pargoletta mano, il verde melograno dai bei vermigli fior….” Poero Benito, tu mi fai venire l’uggia allo stomaco!

(La voce di Dalia dalla finestra interrompe la lotta fra i due)

Dalia: O Renato, icchè l’ha? L’uggia allo stomaco? Pe’ forza…scommetto la un mangia? La un vede come l’è secco?….Noi s’è fatto un tegame di fagioli all’uccelletto….se la vole gradire….Così, siccome l’altro giorno la disse che l’aveva fatto i’ trombaio, magari la ci dà anche una riguardatina alla cannella dell’acquaio….la ci gocciola….

Renato: Un mi pare i’ vero!

Margherita: (dall’interno) Sie, se gli ha uggia allo stomaco, i fagioli un gli può mica mangiare….

Dalia: Sennò si frigge i petonciani…che gli piacciano i petonciani fritti?

Renato: Mi piacciano ma un gli posso mangiare, mi tornano a gola. I fagioli vanno benone…allora vengo eh?(lanciando i libri a Benito) Tieni doddo, leggili tutti!

Benito: (sorpreso) Unn’ho mai saputo che tu avessi fatto i’ trombaio….

Renato: (estraendo il pettinino e dandosi l’ultima ravviata al ciuffo) Perché, un si vede? Se la mi gira, gliela staso io la cannella!

(Si avvia verso la porticina verde con passo da gran conquistatore. Prima di uscire si volta verso Benito e gli manda un bacio a presa di giro, quindi esce.)

Benito: (gettando i libri sulla panchina) Maremma, come mi sta antepatico! Bell’aggeggio davvero, i’ fidanzato della mi’ sorella! Con me, quando c’è gente fa i’ bello e i’ bellino poi quando siamo soli un perde occasione di tormentarmi. Ma un giorno…un giorno vo lì e gli dico….(facendo le prove, come se lo avesse veramente davanti)…O cosino! ….no cosino, no perché sennò fo come i’ mi’ nonno!…Gli dico…Renato, te tu cerchi di’ frignuccio…(immaginandosi di avercelo davanti)…sì, sì, t’hai capito bene…di’ frignuccio e se un tu vuoi che ti dia una bella ripassata, abbozzala di fa’ tanto lo spavaldo….(immaginandosi la risposta) …Icchè t’hai detto? Icchè t’hai detto?….o vien qui se t’hai i’ coraggio…..(mimando dei movimenti di boxe davanti ai calzini tesi al filo)….T’hai paura, eh?

(Entra dalla porticina Gemma.Resta interdetta sulla soglia a vedere i buffi  movimenti di lotta di Benito contro i calzini tesi)

Benito: (saltellando e schivando colpi) Piglia questo….o vieni, ripeti icchè t’hai detto così ti rompo questo capino tutto impomatato….

(Si volta per cercare il fantomatico avversario e, vedendo Gemma allibita sulla porta, rallenta i movimenti fino a fermarsi del tutto, imbarazzato).

Gemma: O Benito…. ma icchè tu fai?

Benito: (imbarazzato) Ehm…io?…E ..e…fo ginnastica! (facendo finta di fare delle flessioni sulle ginocchia)…sennò sempre su’ libri….oh, un po’ di movimento fa bene….e te?

Gemma: (sedendosi tutta compunta ad una estremità della panchina) Io ho finito dalla stiratora e prima di desinare la mamma la m’ha mandato a prendere du’ foglioline di basilico. Che vorrà i’ tu’ nonno?

Benito: Se un vo’ lui, voglio io. (staccandone alcune dalla pianta) Tieni, ti bastano?

Gemma: Sì, sì…

(Benito si siede in silenzio all’altra estremità della panchina)

Benito: (girando lo sguardo verso Gemma e schiarendosi la voce) Che cardo oggi, eh?

Gemma: Eh, sì.

(Di nuovo cala il silenzio)

Gemma: Ieri almeno tirava un po’ di vento…

Benito: Sì, ma poco.

(Di nuovo cala il silenzio)

Gemma: I’ tu’ nonno?

Benito: Eh, ci fa dannare…..

Gemma: (avvicinandosi un po’ a lui) L’è buffo invece. Io lo guardo dalla finestra a volte, senza fammi vedere. Fa tenerezza.  L’altra notte guardava le stelle e da solo diceva “Ecco, lì c’è l’Orsa…lì c’è i’ Carro…” (sorridendo) Poi gli ha detto “Vento di sotto…uhm, questo tempo fa culaia!”

Benito: (avvicinandosi di più) Gli è un bon omo ma c’ha le su’ fissazioni…come quella di voler abitare in questa terrazza invece che in casa….oppure di non volermi chiamare pe’ nome. Mi chiama “nini” o “cosino” o “pallino”…ma di Benito unne vo’ sapere!

Gemma: (avvicinandosi di più) E invece a me mi sembra tanto bello i’ tu’ nome…Benito…mi sembra un nome spagnolo come Pablito…Benito…olè!

Benito: (avvicinandosi al punto che adesso è vicinissimo a lei) E Gemma, allora? Mi viene in mente una gemma preziosa, una gemma di luce….anche i’ tu’ nome a me mi piace tanto….

(Sono vicinissimi, quasi sul punto di baciarsi quando entrano Alfredo seguito da Lilia, tutta arrabbiata e Vasco che cerca di calmarla. Alfredo ha in mano il pezzo di sapone di Marsiglia e l’asciugamano sulla spalla. I due ritornano istantaneamente alle rispettive estremità della panchina)

Alfredo: Ohi ohi, questa ce l’ho un’altra volta attaccata a…..

Lilia: (a Vasco) Sentilo, sentilo. Lui oggi l’è imbastito male ma figurati io! Un mi so’ fermata un minuto…e vai da’ carabinieri e torna in qua, ritorna in là…ci s’è fatto tre viaggi, so’ stanca morta.

Benito: (alzandosi) Mamma…

Alfredo: (al nipote) Guarda se tu la calmi te…come tu ti chiami…”cosino”….

Benito: Mi chiamo Benito, nonno…Benito.

Alfredo: Ecco…appunto…dicevo…fategli una bella camomilla a questa donna perché la n’ha di bisogno.

Vasco: Via Lilia, falla finita. Ma icchè t’hai le cheche, stamani?

Lilia: Altro che cheche! C’ho de’ nervi che m’arzan di peso. Anche i’ fatto della sparizione delle  catenine un mi sconfiffera punto. Qui unn’era mai sparito nulla (guardando Alfredo con intenzione), guarda caso…ora invece….

(Intanto Alfredo ha tirato fuori dalla valigia uno specchietto che appende al glicine, poi estrae una tazza di latta e un pennello da barba)

Vasco: (in tono di rimprovero) Lilia, bada di non uscire da i’ seminato, pe’ piacere. Che discorsi son codesti? Tu mi fa’ venire i’ palletico a di’ certe cose….

Lilia: Ah, io ti fo venire i’ palletico? E allora io ti dico che i’ tu babbo….questo (calcando sulla parola) “ospite”…gli è risultato un ospite di molto ma di molto particolare. E siccome con tutte le su’ stranezze un lo sopporta più nessuno…lo sai come dicano ni’ vicinato? L’ospite l’è come i’ pesce….

Alfredo: (mescolando la schiuma da barba nella bacinella)…dopo tre giorni puzza! Ormai l’è belle e vecchia!

Vasco: (alla moglie)E allora, icchè tu vorresti dire?

Lilia: (parandosi davanti a lui senza paura) Ti vorrei dire che io di questo “pesce” so’ belle e stufa, un ce lo voglio più. Che ha’ inteso, ora? Figurati, i’ pesce un m’è mai garbato, nemmeno i’ baccalà!

Alfredo: (soffocando un’imprecazione) E la…uh, trappoco glielo dicevo….

Vasco: I’ mi’ babbo resta qui finchè lo dico io!

Lilia: (vociando) No, i’ tu babbo va via!

Gemma: Oddio…leticano…

Benito:(cercando di calmarli) Mamma…babbo….

Vasco: T’ho detto che resta qui…maremma cane!

Lilia: E allora vo via io!

Vasco: Vo via ma io!

Alfredo: (davanti allo specchietto, cominciando con calma ad insaponarsi la faccia) Fate, fate con comodo.  Quando v’avete deciso vu me lo dite. Intanto io…mi fo la barba……

(Si diffondono le note di “Una canzone da due soldi” mentre lui si insapona e i ragazzi cercano di calmare Vasco e Lilia. La musica sfuma lentamente.)

CALA LA TELA

                     

Terzo Atto

La scena si apre sulla terrazza deserta. Le finestre sono ancora tutte chiuse. Sulla panchina è distesa la coperta in  cui abitualmente si avvolge Alfredo quando si addormenta. Sul filo che corre da sinistra a destra sono appesi due asciugamani a intaglio delle sorelle Pratesi.

Dalla porticina verde entra Renato, si guarda intorno con circospezione poi dalla tasca estrae lentamente una collana di perle.

Renato: (guardandosi intorno) Meno male che “i’ Pesce” un c’è. Gli è sempre tra i piedi qui’ vecchio esoso! (guardando la collana) Bella chiappa, ho fatto! Maremma, un posso mica scendere con questa, però….c’è i carabinieri proprio in fondo a i’ portone. Dopo la storia delle catenine, un giorno sì e un giorno no, son qui….(guardandosi intorno)….Indo’ la posso appoggiare? (come colpito da un’idea vedendo la coperta sulla panchina). Ma certo, la metto qui sotto! (nascondendola sotto le pieghe). Tornerò a piglialla dopo….

(Dall’interno della finestra delle Pratesi giunge la voce stridula di Dalia)

Dalia: (dall’interno, gridando) Renatoooo! O indo’ gli è andato, l’era qui ora! Questo tubo gocciolaaaa! O mamma mia, ora gli allagano anche quelli di sotto!!!

Renato: So un tubo come si fa a raccomodare i tubi, io!

(Renato ricompone la coperta dopo avervi nascosto ben bene la collana ed esce frettolosamente dalla porticina verde.

Si diffondono le note della canzone “Perché non sognar”di Nilla Pizzi.

 La finestra delle Pratesi si apre e si affaccia Margherita. Si pettina con aria sognante e ogni tanto guarda giù per vedere se vede Alfredo.

Si affaccia all’altra finestra anche Leda che appende delle calze da donna al suo filo. In una mano tiene un rosario tutto arrotolato.

La musica sfuma lentamente.)

Margherita:(cantando)  “Perché non sognar,

                                                perché non sperar,

                                                c’io possa rivederti un attimo….”

Leda: (cantando di rimando una canzone religiosa) “Noi voglian Dio che è nostro Padre,

                                                                                      noi voglian Dio che è  nostro Re……

                                                           (gorgheggiando) Noi vogliam Dio che è nostro Padre,

                                                                                       Noi vogliam Dio che è nostro Reeeee….

Margherita: (attaccando, sognante un’altra canzone d’amore) L’amore è come l’ellera,

                                                                                                      dove s’attacca more,

                                                                                                      così così i’ mi core

                                                                                                      mi s’è attaccato a te…..”

Leda: (intonando un altro inno religioso  mentre tende le calze) T’adoriam ostia divina,

                                                                                                        t’adoriam, ostia d’amor,

                                                                                                        tu degli angeli il sospiro,

                                                                                                        tu dell’uomo sei l’onor……

Margherita:(sporgendosi dalla finestra) Ma che giornatina l’è oggi, eh? La guardi che cielo, la guardi che sole! Oggi s’asciugano i panni, vai!

Leda: Bella giornata, sì ….ma  badi che unn’abbia a succedere qualcosa tanto a questo mondo un s’ha mai a sta’ bene, siamo nati pe’ patire!

Margherita: Siamo nati ma pe’ amare, cara Leda…pe’ amare! (sospirando) Ah!

Leda: O la su’ sorella indo’ l’è?

Margherita: (sbirciando all’interno) L’è a cercare una catinella o una pentola da mettere sotto l’acquaio perché, da quando l’altro giorno ci raccomodò la cannella i’ sor Renato, da una gocciolina che la faceva, la vedesse come la piscia ora!

Leda: I’ sor Renato? Perché, che fa anche i’ trombaio?

Margherita: Dice di sì….ora sono un’altra volta tutti e due a capo fittoni sotto all’acquaio ma secondo me la mi’ sorella…..o la unn’aveva fatto meglio a chiamare un idraulico,  vero?

Dalia: (dall’interno) Margheritaaaa! Invece di fa’ la dama dalle lunghe ciglia alla finestra, vieni a fa’ qualcosa anche te…..e s’allagaaaaa!

(Dalla porticina verde entra Alfredo. Ha una camicia pulita e sulle spalle l’asciugamano. In mano ha il sapone di Marsiglia: è appena stato nell’appartamento del figlio a lavarsi.)

Margherita: (vedendolo e rispondendo alla sorella) E vengo! Prima però…vo in terrazza a levare quegli asciugamani….(a Leda) Arrivederla, sora Leda.

(scompare dalla finestra)

Leda: Buongiorno, sor Alfredo…la un c’ha mica un pommodoro in codesto orto costì? Glielo volevo condire alla mi’ Gemma quando la torna dalla stiratora… Quello che la c’ha dato l’altro giorno gli aveva un sapore! Altro che quelli che si compra!

Alfredo: Lei l’è tutta chiesa ma quando l’è l’ora di mangiare, (toccandosi con allusione la pancia) i’ Corpus Domini viene avanti a S. Giovanni, eh?

Leda: (scandalizzata) Via, ora la un tiri de’ moccoli, la un dica sperpetue…L’è pe’ quella figlioluccia, sa?

Alfredo: (avvicinandosi alle piantine) C’ha a essere davvero uno belloccio…(cercando e prendendo un pomodoro) …eccolo qui. La lo voleva la mi’ nora…ma l’è meglio che la lo pigli lei.

(facendo per tirarglielo alla finestra)  Che lo piglia? (lo lancia)

(Leda lo prende al volo)

Leda: Uh, grazie sor Alfredo. L’è proprio bono, lei…di core. Ma Iddio la ricompenserà…anch’io prego tanto per lei…

Alfredo:  La preghi, la preghi….

Leda: O quanto l’è che l’è qui, ormai? L’arrivò i primi di maggio….

Alfredo: Tre settimane, du’ giorni e tredici ore….

Leda: Solo? Mi pareva di più…A vedello sempre qui in questa terrazza, mi par di conoscilo da sempre…l’è proprio un bon omo.

Alfredo: La vada a diglielo alla mi’ nora…e a i’  mi’ figliolo…

Leda: Eh! E bubano, e bubano ma gli sono affezionati, anche loro…..

(Alfredo prende l’annaffiatoio di latta)

Alfredo: Via, diamogli un po’ d’acqua a queste piante…tanto ho belle visto che un piove nemmeno oggi….

Leda: Eh, ma come dicano? Se piove pe’ l’Ascensione, ogni cosa va in perdizione!

Alfredo: (continuando ad annaffiare) Brava!

Leda: (continuando con le sue citazioni sacre) “Acqua santa che mi bagna, spirito che m’accompagna”. (intonando di nuovo l’inno sacro) “T’adoriam ostia divina, t’adoriam ostia d’amor….

(cantando si ritira dalla finestra)

(Alfredo scuote il capo sorridendo e continua ad annaffiare)

Alfredo: (massaggiandosi con una mano la schiena) Ohi ohi, che male alle rene! Maremma, stanotte l’è scesa una guazza…mi s’è arrugginito tutta la schiena!

(Entra Margherita dalla porticina verde. Ha il viso leggermente imbellettato e un filo di rossetto sulle labbra)

Margherita: Oh, bongiorno sor Alfredo….

Alfredo: (voltandosi verso di lei) Bongiorno…com’è?

Margherita: Bene. Un mi so’ mai sentita meglio, mi par d’essere una giovincella….

Alfredo: (facendo dei buffi movimenti per sciogliersi) Sì, anch’io….mi sento di molto atletico…(facendo poi un movimento brusco) Ohi!….Che sorpresa vedella sola stamani….ormai ero abituato a vedervi sempre in coppia, come i carabinieri…e un po’ carabiniera l’è la su’ sorella, eh?

Margherita: La Dalia l’è in cucina con Renato, i fidanzato della su’ nipote…pe’ vedere se gli raccomoda qui’ tubo che perde….

Alfredo: (rabbuiandosi) Uhm, Renato…”Renatin da i’ ciuffo”…a me d’acchito un m’è piaciuto punto…..

Margherita: Ancora un lavoro vero e proprio un ce l’ha anche se dice che sa fare tutto. Ora, appunto, l’è a raccomodarci la cannella….

Alfredo: Mah, sarà…a dillo a lei, a me mi pare che sia un be’ trappolone. Speriamo mi sbagli….(poi, preso improvvisamente da un dolore alla schiena)  Ohi ohi…

Margherita: (iniziando a togliere gli asciugamani dal filo) Stamani mi pare che la unn’abbia una gran bella cera! ….Di certo, a dormire all’aria di Dio gli viene altro che i dolori!

Alfredo: (facendo movimenti con le braccia) Chie, io? Sie…pe’ nulla….(guardandola) Lei invece, sa? La vedo di molto bene, attiva, energica….

Margherita: Sie, la Dalia la mi vo’ portare da i’ dottore perché l’è convinta che io sia malata….

Alfredo: Malata lei? O se l’è i’ ritratto della salute…e della bellezza?

Margherita: (arrossendo) Via, Alfredo…la un mi faccia confondere….

Alfredo: Dico su i’ serio, eh? O se la un c’ha una ruga?

(Margherita, estasiata, si accarezza il viso. Dalla porticina verde entra Dalia. Si vede lontano un miglio che è molto nervosa. Margherita sobbalza e inizia a ripiegare gli asciugamani)

Dalia: Tu se’ sempre qui, te!

Margherita: (scusandosi) So’ a levare i panni…

Dalia: (piano) Senti, un trovo i mi’ vezzo di perle…che l’ha’ visto, te?

Margherita: I’ vezzo di perle? O unn’è sempre stato sotto a’ fazzoletti, ni’ cassettone?

Dalia: (nervosissima)Un vociare! (sibilando) Sotto a’ fazzoletti un c’è.

Margherita: Ma che hai guardato bene?

Dalia: (tagliente) Ho guardato dappertutto. ( guardando intenzionalmente in direzione di  Alfredo che sta controllando il suo piccolo orto) Qui succede delle cose strane da un pezzo a questa parte…

Margherita: Sta’ calma, Dalia…

Dalia: (esplodendo) Calma? Calma? Ho un diavolo pe’ capello, altroché! C’è Renato su che ancora  unn’ha aggiustato la magagna e in più m’è sparito i’ vezzo di perle! (tirando da una parte la sorella e sibilando) Per me gli è stato “i’ Pesce”…

Margherita: I’ sor Alfredo? Ma che se’ pazza?

Dalia: Bada, io un mi sbaglio mai!

Margherita: (disperata) E questa volta invece tu ti sbagli! Lui unn’è possibile….

Dalia: (sprezzante) Vien via, grullerella! L’ho visto, sai che tu c’hai simpatia per lui! Va ‘ia, va ‘ia ridicola….guarda come la lo difende!

Alfredo: (a Dalia)  Ma che discorre con me?

Dalia: (secca) Discorro con la mi’ sorella. Io con lei un ci chiacchiero, la lo sa.

Alfredo: A lei, vede bisognerebbe stiacciagli i’ capo. Come si dice? Morta la serpe, spento i’ veleno.

Dalia: Ma la stia zitto…’gnorante!

Alfredo: So’ più istruito di lei….

Margherita: (tirando via la sorella per un braccio)Via, Dalia…pe’ piacere….

Dalia: (svincolandosi dalla sorella) Ah, t’avresti simpatia pe’ questo be’ tomo, quest’anticaglia di Brescia, questo zazzerone?

Alfredo: Io so’ un’omo di sani principi: la terra, la famiglia…

Dalia: La famiglia? Accidenti, de’ su’ parenti un lo può vede’ nessuno! …Lei l’è un contadino, un buzzurro…Istruito? La un sa declinare nemmen i’ verbo avere, ci scommetterei….

Alfredo: Sì che lo so, invece!

Dalia: (in tono di sfida) O sentiamo!

Margherita: (piagnucolando) Via, Dalia…

Dalia: Te chetati. (con le mani sui fianchi) O sentiamo!

Alfredo: (accettando la sfida) Eddie, i’ verbo avere? (tutto d’un fiato) “Io c’ho,

                                                                                                                    te tu c’hai,

                                                                                                                    egli c’ha....

                                                            (fermandosi un attimo a pensare)   Noi ci s’ha,

                                                                                                                    Voi vu c’avete

                                                                                                                   .....loro c’hanno !”

  (trionfante) Vai, piglia questa ! (poi estraendo dai pantaloni un fazzoletto e sedendosi esausto sulla panchina) Maremma che sudata, però!

Dalia: (per niente soddisfatta) I’ verbo essere?

Margherita: (rimproverandola) Dalia!

Dalia: Unn’è tanto istruito? Ce lo dica, i’ sor professore! (a lui) I’ verbo essere?

Alfredo: (contando sulle dita delle mani come per ripassare, poi d’un fiato) “ Io so’,

                                                                                                                              te tu sei,

                                                                                                                              egli gli è,

                                                                                                                              noi semo,

                                                                                                                              voi vu siete,

loro sono....o anche

         loro gli enno!”

Dalia: (disgustata, scuotendo il capo) Lei l’è proprio un poero meschino! Vieni Margherita!

Margherita: Aspetta, Dalia….

Dalia:T’ho detto fila in casa…(minacciosa) e tu vedrai, prima o poi, gli si scopre tutti gli altri altarini…..

Margherita: (sulla porta) Dalia….

Dalia: (sgarbata) Icchè c’è?

Margherita: (toccandosi il viso) Ma secondo te….che è vero che io un c’ho una ruga?

Dalia: (guardandola ad occhi sgranati) Io bisogna che ti porti da i’ dottore, via….

(Esce dalla porticina verde trascinando via la sorella che protesta debolmente)

Alfredo: (correndole dietro) Pe’ su’ norma e regola, so anche i’ verbo andare….(vociando, tutto d’un fiato)                                                                                                             “Io andai,

                                                                                                                               te t’andesti,

                                                                                                                               egli gli andette,

                                                                                                                                noi s’andiede,

                                (avvicinandosi alla porticina da cui sono uscite le donne)   voi v’andesti,

                                                                               (vociando ancora di più)   e loro gli andiedero.….

                                                                               (pensandoci un po’)   …..o loro gli andonno, un me ne ricordo bene……(con un ultimo grido) Saputona! (tirando fuori nuovamente il fazzoletto, asciugandosi vistosamente e sedendosi sulla panchina) Madonna, questa pezzola l’è belle e fradicia! (ripensandoci)…..Quella vipera….ma icchè la vo’ da me?….alla fine la ciondolo davvero da questa terrazza! (sentendo qualcosa sotto il sedere) …o icchè c’è che mi punta? (alzandosi e frugando sotto la coperta, alzandola e vedendo la collana di perle)…O questa?…O chi?…O quando?….O chi ce l’ha messa sotto alla mi’ coperta? Questa l’è bellina!

(Dondola davanti a sé la collana, poi si volta verso la finestra di Dalia, come per chiamarla quindi ci ripensa.)

Alfredo: No! Chi ce l’ha messa verrà a ricercalla! (infilandola in tasca dei pantaloni) Ora si ride!

(Rimette la coperta com’era prima, prende i suoi attrezzi dal secchio di zinco e inizia ad affilare delle forbici. Ogni tanto scuote il capo, sconcertato)

(Dalla porticina verde entrano Vasco e Lilia. Lei reca una piccola tinozza con dei panni da tendere.)

Vasco: (entrando) Madonnina, Lilia tu m’ha’ fatto una testa come un cestone! E poi un vociare perché io un voglio fa’ sapere le mi brache a questo becerume. Tanto son garbati, tutti! A cominciare da Tito, i’ portiere e le sorelle Pratesi.  Quelle sì!

Lilia: (stizzita) Ma come un vociare? Eccolo lì guarda, i’ tu’ babbino! Gli è tre settimane, (ribadisce con le dita) tre…che un sorte da questa terrazza!…Metti che ci tiri l’aghetto qui….

(Alfredo fa il gesto di fare le corna e toccarsi le parti basse in segno di scaramanzia)

Lilia: ….me lo dici che figura ci si fa? (imitando la voce dei vicini) “C’avevano un vecchio in casa ma lo tenevano in terrazza. Gli è morto, sì!”

Vasco: (serio) Bongiorno, babbo.

Alfredo: (senza guardarlo e continuando ad affilare le forbici) Bongiorno.

Lilia: (continuando a sbraitare)…Bello sentissi dire “Indo’ l’è tornato di casa i’ sor Alfredo? In terrazza.” (tra sé) Almeno pigliasse i’ cimurro a stare così all’aria di Dio…e invece, sie! Gli sta meglio di prima!

(Alfredo si allunga e si stira)

Lilia: Guarda come se la crogiola….pare un gatto quando si stira, pare!

Alfredo: (riprendendo gli attrezzi, senza guardare la nuora ma alludendo proprio a lei e poetando) “Cicalare, cicalare, cinguettare, ciangottare e cornacchiare, si dicon di color i quali favellano non per aver da favellare ma….(guardando la nuora intenzionalmente) …per non aver che fare!”

Lilia: (al marito) Che lo senti? Che lo senti? Questa l’ha tirata a me!

Alfredo: (tra sé, accennando alle forbici che ha in mano) A lei gli tirerei qualche cos’altro, vedi….

Vasco: (sedendosi sulla panchina) O icchè tu bubi sempre, eh?

Lilia: Lo so io icchè bubo.

(Alla finestra si affacciano le sorelle Pratesi)

Dalia: O sora Lilia, proprio lei. Che l’ha ritrovate le catenine?

Lilia: I’ bischero ho ritrovato!

Dalia: Ma che lo sa che l’è sparito anche i’ mi’ vezzo di perle?

Vasco: (incredulo) Sie!

Dalia: Io mi lambicco i’ cervello, guardate. In questo caseggiato (calcando le parole e indirizzando lo sguardo su Alfredo) unn’era mai sparito nulla!

Alfredo: Eh, succede!

Dalia: Ah, succede? Qui siamo tutte persone per bene, ma icchè la crede?

Lilia: Io vorrei sapere icchè s’è scatenato da un pezzo in qua in questo condominio. Una disgrazia dietro a un’altra! Stamani ho trovato un monte di piattole dietro all’acquaio…o di do’ le verranno, quelle diavole? L’altro giorno venne i’ trombaio, un mi disse mica nulla….

Dalia: (stupita) I’ trombaio? Come, v’avete un quasi genero che sa accomodare i tubi e le cannelle e v’avete chiamato un altro trombaio?

Lilia: (al marito) Renato s’intende di tubi e di cannelle? Io lo so ora….

Vasco: A me un mi risulta….

Margherita: Accidenti! Gli era da noi anche stamani pe’ vedere di riparare i’ guasto…anche se a me un mi dà tanto affidamento, a di’ la verità! Ci s’ha la cannella che la gocciola più di prima da quando c’ha messo le mani lui! ….

(Dalia le assesta una poderosa gomitata)

Margherita: Ohi! O che la fai finita di tirare queste spunzonate?

Vasco: Questo Renato se un trova un lavoro, lo levo io di torno alla mi’ figliola….

Alfredo: Bravo!

Vasco: ….Gli è sempre qui a ciondolare…o tu lo trovi pe’ le scale, o tu lo trovi in terrazza…(alla moglie) Lilia, mi garba poco qui’ ronzone…te l’ho belle e detto!

Dalia: (pensosa e dubbiosa) Uhm, a me mi garba poco i’ discorso di’ trombaio, invece…mah….

(Entrano Gemma e Benito, tutti sorridenti)

Gemma: Bongiorno a tutti. (poi, a Alfredo) Sor Alfredo, che me dà du’ foglioline di salvia, l’ha detto la mi’ mamma?

Alfredo: (arrotando sempre le forbici, a Benito) Io c’ho da fare qui, coglile te, vai “pallino”…

Benito: (vergognandosi)Un mi chiamo “pallino”, nonno…mi chiamo Benito….Benito.

Alfredo: (tossicchiando) Appunto…

(Dalla porticina verde entrano Claretta e Renato il quale, vedendo quell’affollamento di persone,  rimane malissimo)

Renato: Accidenti quanta gente! Par d’essere in piazza di’ Domo!

Lilia: (alla figlia) Ah, eccoti. Un ti sembra l’ora di venirmi a dare una mano, bacchillona?

(Claretta struffia e si avvicina alla tinozza, cincischiando con i panni. Renato dà uno sguardo preoccupato alla panchina dove è seduto Vasco)

Renato: (sedendosi accanto a Vasco, cercando di fare il simpatico e allo stesso tempo tastando con le mani la coperta alla ricerca della collana) Sor Vasco, allora? (piano, ammiccando ad Alfredo) …”I’ Pesce” l’è sempre qui, eh?

Vasco: (guardandolo male) Giovanottino…occhio a come la parla. I’ mi’ babbo si chiama Alfredo.

Renato:  (alzando le mani come per scusarsi) No, sa….credevo…lo chiaman tutti così…

Lilia: (sedendosi anche lei sulla panchina) Ohi ohi, unne posso più. Come so’ stanca!

(Renato la guarda costernato poi, non sapendo più cosa inventare per distoglierli dalla panchina,  prende per le braccia sia lei che Vasco, li costringe ad alzarsi e li conduce alla balaustra)

Renato: (mostrando loro il panorama che si gode dalla terrazza) Ma che avete visto icchè si vede di quassù?

Lilia: (trascinata dal giovane) Oh, ma icchè la mi tira?

Renato: L’avete visto? Si vede perfin Monte Morello!

Vasco: O giovanotto, ma che mi piglia in giro? Che l’avrò visto? Gli è vent’anni che sto qui….

(Claretta si siede sulla panchina)

Renato: (di nuovo allarmato che qualcuno possa scoprire la collana, correndo verso la ragazza e costringendola ad alzarsi) Claretta, ma vieni anche te a vedere! (spingendola verso la balaustra)…Vedi bello?

Claretta: (stupita) Ma…Renato…ma icchè…

Renato:Monte Morello…lo vedi? Guarda come si vede bene….

(Mentre gli altri non capiscono e si guardano stupiti, si dipinge sul viso di Alfredo uno strano sorriso. Gemma e Benito, raccolte le foglie di salvia, vanno a sedersi anche loro sulla coperta stesa sulla panchina)

Renato: (guardandoli disperato) Ma icchè l’ha quella panchina, i’ miele? Tutti lì si mettano a sedere….(poi, fingendo di vedere qualcosa in cielo) Uhhhh, guardate icchè c’è lassù!

Claretta: (guardando col naso per aria) Indo’? Indo’?

Renato: (fingendo di vedere chissà cosa) Oddio, come l’è grosso!…Lassù, vicino a quella nuvola…lassù….

(Mentre anche Gemma e Benito si alzano e corrono alla balaustra scrutando il cielo insieme agli altri, Renato corre verso la panchina, si siede e con le mani cerca disperatamente attraverso la coperta)

Vasco: (aguzzando la vista) Mah…io un vedo nulla….

Lilia: (scrutando il cielo) Ma indo’ dice?…

Dalia:(dalla finestra) Mah, anche noi da quassù un si vede nulla….

Margherita: Ma nulla!

Renato: (tastando la coperta) Cercate…cercate…(piano) Maremma cane…o indo’ l’è?….(agli altri) O come un vu lo vedete?….Continuate…continuate a cercare….

Alfredo: (con molta calma, voltandosi verso di lui) E lei invece icchè la cerca? (estraendo dai pantaloni la collana di perle e facendola oscillare davanti a lui) Che cerca questa?

Dalia: (dalla finestra) I’ mi’ vezzo di perle!

Lilia: (allibita) …..Quello che la un trovava più!

Claretta: (stupita) Renato!

(Tutti si avvicinano al giovane con aria minacciosa, accerchiandolo. Renato indietreggia piano piano verso la porticina verde)

Renato: Oh, ma icchè c’è?…Icchè v’avete?

Dalia: Unn’è possibile! (poi, alla sorella) Margherita! Andiamo in terrazza!

Margherita: (raggiante) Ha’ visto che avevo ragione….(alludendo a Alfredo) …un poteva essere stato lui!

(Le due sorelle scompaiono dalla finestra)

Vasco: O babbo, o come l’ha fatto questa collana a finire nelle vostre tasche?

Renato:  (con una faccia tosta inaudita) Ecco, la glielo domandi!

Alfredo: Ragazzo, un fare i’ furbo con me perché co’ una manata ti spettino codesto ciuffo a Raffe Vallone! (rivolto agli altri) Domandategli invece come l’ha fatto la collana a finire sotto la mi’ coperta!

Renato: (indietreggiando mentre tutti si avvicinano) Boni…boni…posso spiegare…

(Dalla porticina verde entra Tito, tutto ansante)

Tito: Ah, meno male che vu siete tutti qui…So’ venuto a dirvi….aspettate, ripiglio fiato…. fatemi mettere a sedere. (sedendosi sulla panchina)….L’altro giorno raccontai i’ fatto delle catenine sparite a i’ mi cognato che fa la guardia di notte e che conosce un certo ricettatore in San Frediano. …

(Intanto Renato lentamente cerca di guadagnare l’uscita)

Tito:  I’ mi cognato lo fece un po’ bere e quello gli ha cantato. Lo sapete chi gli ha portato a i’ ricettatore  le catenine della Claretta e di Benito?

Lilia: (con un urlo) Chie?

Tito: (accennando Renato  con il pollice) “Ciuffettino”, lì!

Claretta: (sgomenta) Eh? Renato!

(Renato, non potendo più negare l’evidenza e avvistosi della mala parata, fa per avventarsi sulla porticina verde ma il passo gli viene sbarrato dalle sorelle Pratesi)

Dalia: O delinquente! Tu m’ha preso i’ vezzo quando tu sei venuto pe’ la cannella, eh? Pezzo di farabutto che un tu se’ altro!

Renato: (cercando di discolparsi)  Io?..Lei la piglia lucciole pe’ lanterne….

Lilia: E le catenine? Ma ci pensate? Venire a ruballe in casa mentre veniva a fa’ l’amore con la Claretta!

Benito: (saltandogli addosso) E come tu facevi i’ grosso con tutti, eh? Ma ora te le do quanto un ciuco, un tu mi fai più paura! Mi so’ allenato, sai?

Gemma: (impaurita) Benito, pe’ carità di Dio!

Lilia: Benito, prima levati gli occhiali, un tu gli abbia a rompere!

(Alfredo è rimasto vicino al glicine e se la ride da lontano con la collana in mano mentre Renato è assalito da più parti)

Margherita: Brutto spudorato!

Lilia: Eh caro mio, i micini gli hanno aperto gli occhi su tutte quelle trappole, su tutte quelle gherminelle!

Renato: (debolmente, oramai) Ma la unn’è colpa mia….

Vasco: Ah, la unn’è colpa sua? La colpa si sa, la morì fanciulla ma ora a lei ci pensano i carabinieri! Glielo levan loro questo ciuffo alla Teddy Reno!

Dalia: Tenetemelo fermo. Ci penso da me, ora.

(Mentre Renato viene immobilizzato, Dalia si avvicina ad Alfredo)

Dalia: (sfilandogli di mano le forbici) Queste ora la le dia a me!

(Si avvicina minacciosa a Renato aprendo e chiudendo le forbici)

Renato: (terrorizzato, incapace di muoversi perché gli altri gli tengono le mani dietro la schiena) …Oh, ferma….oh…oh nonna, via….

Dalia: Nonna? E i’ bischero che tu sei, sai!

(Con un movimento fulmineo gli taglia l’adorato ciuffo di capelli, poi trionfante lo mostra agli altri)

Renato: (gettando un urlo) Nooooo!

Dalia: Questo lo incornicio…a futura memoria, guarda!

Vasco: (rivolto al figlio e a Tito) Portatelo giù e te, Gemma corri a chiamare i carabinieri. Lo portano alle Murate e tu vedrai un rivede lume!

Claretta: (gettandosi tra le braccia del nonno, affranta) Oddio, come m’aveva ingannato qui’ delinquente….(piangendo) Oh nonno, come patisco….(piange)

Alfredo: (carezzandole i capelli) Via su…lo sai quante tu ne trovi meglio di questo damerino! Un tu te n’accorgevi che voleva più bene a i’ su ciuffo che a te?

(Claretta singhiozza disperatamente)

Alfredo: Se tu vieni da me in campagna, a Candeli, te li presento io de’ giovanotti come si deve….via , un piangere, Claretta….

Claretta: (alzando la testa) ….Come…come tu m’hai chiamato, nonno?

Alfredo:  Claretta! O un tu ti chiami così?

(Claretta gli schiocca un bel bacio)

Benito: (speranzoso) E io, nonno?

Alfredo: Eh, te t’hai un nome un po’ più difficile da dire….(provando) Be…Ben….un mi viene via!

Gemma: (al ragazzo) Se s’esercita, tu vedrai che alla fine chiama anche te….

Vasco: Bando alle ciance!Levatemi davanti questa faccia di ladro impunito perché se metto in azione chi so io, gli trasformano i connotati. Dopo la un lo riconosce nemmen so’ ma’!

Alfredo: L’è meglio che “chi so io” tu li lasci stare, da’ retta a me.

(Tito e Benito, preceduti da Gemma trascinano via Renato che piagnucola come un bambino)

Renato: (piagnucolando) I’ mi’ ciuffo….i’ mi’ be’ ciuffo!

(Escono dalla porticina verde)

Margherita: (alla sorella) E così, proprio chi tu criticavi tanto, t’ha salvato i’ tu’ vezzo di perle. Un tu gli hai da dire nulla a i’ sor Alfredo?

Dalia: (piano) A digli grazie fo fatica come lui a chiamare Benito, uguale! (essendo spinta dalla sorella e avvicinandosi) Via, se la crede…sulle nostre discussioni ci si mette una bella pietra sopra e si va tutti in gloria. Icchè la ne dice?

Alfredo: (rendendole la collana che sveltamente lei si stringe al petto) La tenga. E un’altra volta la un giudichi  la gente prima di avella conosciuta perché si possan fare, come l’ha visto,  de’ grossi sbagli. (avviandosi verso la valigia, posandola sulla panchina e aprendola) E ora “I’ Pesce” vi saluta…gli ha belle puzzato abbastanza. Sì perché, intendiamoci, io da domani torno a casa mia (guardando Vasco) e che un ci siano discussioni. Malesseri unn’ho più avuti, stare sto meglio sicchè posso tornare ne’ mi campi.Voglio decidere da me. So’ maggiorenne da un pezzo!

Margherita: (accorata) Sicchè via, la ci vo’ lasciare….

Alfredo: (cominciando a mettere i suoi attrezzi in valigia) Accidenti, un vo mica a morire, eh? (guardandola sorridendo) E se l’avesse voglia di venire a vedere indo’ sto, la piglia la SITA e la viene a trovammi. S’apparecchia sull’aia e si sta come bachi!

Margherita: (prima che la sorella dica qualcosa) E te, Dalia un di’ nulla perché se tu me lo volessi impedire, questa volta la gomitata te la do io…ma ne’ denti!

(Dalia fa una faccia stupita e al tempo stesso scandalizzata)

Alfredo: (a Margherita) Brava!

Lilia: (avvicinandosi a lui) Via…se proprio la vole tornare a Candeli…eh, Vasco? Unn’è mica prigioniero…La torni pure a Candeli domani  però…la soddisfazione di dormire almeno una notte su quella bella materassa ribattuta, che me la vole dare, eh?

(Alfredo annuisce e fa una strana espressione come per dire “gliela darò questa soddisfazione”)

(Si apre la finestra e si affaccia Leda per tendere uno strofinaccio)

Leda: Ah, che be’ cielo…che be’ sole! In una giornata come questa vien proprio voglia di pregare e ringraziare la Madonnina Santa!

Lilia: (guardando con intenzione  le altre donne) Sì, la s’ha a ringraziare davvero…..

(Mentre Alfredo e Vasco scuotono la testa, le donne alzano tutte gli occhi al cielo e, a mani giunte, intonano con le loro voci stridule il canto religioso, ringraziando ognuna per quello che ha ricevuto.)

Tutte: (cantando) “Oh Santa Vergine,

                                prega per me….

                                Oh, Santa Vergine,

                                prega per me…….

FINE