I promessi sposi

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SCENA I

I promessi sposi
di Alessandro Manzoni

(riduzione per la scuola di Cristina Vannucci)

SCENA I

(COMMENSALI - NARRATORI)

Quinte e fondale raffiguranti il borgo. In fondo una tavola dove si svolge il banchetto nuziale. Si mangia, si beve, si sta in allegria.

COMMENSALE                               

Brindiamo a Renzo e Lucia, finalmente sposi.

(tutti brindano)

GERV. NARR.:  

E si! Bisogna ben dirlo: Finalmente sposi.

1° NARRATORE                               

I poverini hanno dovuto affrontare molte disavventure   prima di coronare illoro sogno, che rischiava di naufragare per colpa di maligni e prepotenti.

2° NARRATORE 

Ma Dio vede e provvede, ed ora guardateli come sono felici.

NOBIL. NARR.

La storia ha inizio a Lecco, sulle rive del lago di Como.  A quei tempi era già un borgo abbastanza grande percorso da strade e stradette.

3° NARRATORE

Per una di queste stradicciole, tornava bel bello dalla passeggiata don Abbondio curato del borgo. Era la sera del sette novembre dell'anno 1628.

SCENA II

(DON ABBONDIO - 4 BRAVI)

(Buio sulla tavolata, luci al centro scena entra don Abbondio con il breviario e legge le orazioni).

DON ABBONDIO

Oh! DIO MIO! Di chi sono quei brutti musi laggiù.

Meglio cambiare strada, già ma come, non ci sono altre strade. Torno indietro, no è meglio di no desterebbe sospetti. Vediamo se viene qualcuno, macché, non c'è anima viva e sembra che quei loschi figuri aspettino proprio me. Oh! Dio mio aiutami, tu che sei così buono, così misericordioso falli crepare all'istante.

1° BRAVO          

Hei! Signor curato.

DON ABBONDIO            

Ora pro nobis.  Madre santissima ora pro nobis.

2° BRAVO          

Dico a te, Curato di anime perse.

DON ABBONDIO

(Bassa voce) Che il diavolo vi porti.  (A voce alta) Ora pro nobis.  Che l'ira di Dio vi riduca in polvere. Ora pro nobis....

3° BRAVO                                           

Che cosa sono queste preghiere incomprensibili?

DON ABBONDIO

Orazioni, figliolo, sto pregando per le vostre anime.

4° BRAVO          

Davvero? E perché mai?

DON ABBONDIO

Oggi è il giorno di preghiera per le anime nobili, e voi siete sicuramente delle anime nobili. (I bravi scoppiano a ridere.)

1° BRAVO          

Non perdiamo tempo, veniamo al sodo.

2° BRAVO                                           

Avete intenzione di maritare domani Renzo Tramaglino e Lucia Montella?

DON ABBONDIO

Beh… veramente… lor signori sanno come vanno queste faccende, il povero curato non conta…

3° BRAVO                                           

Or bene, questo matrimonio non si deve fare.

4° BRAVO                                           

Né domani, né mai.

DON ABBONDIO

Ma signori miei, si degnino di mettersi nei miei panni. Se la cosa dipendesse da me…

1° BRAVO                                           

Orsù, noi non ne sappiamo, né vogliam sapere di più. Uomo avvisato… lei ci intende.

DON ABBONDIO

Ma lor signori son troppo giusti, troppo ragionevoli…

2° BRAVO                                           

Ma il matrimonio non si farà, o chi lo farà se ne pentirà.

3° BRAVO                                           

Zitto, il signor curato è un uomo di giudizio e sa quale è il vivere del mondo. Signor curato, l’illustrissimo Don Rodrigo, nostro padrone, la riverisce caramente.

4° BRAVO                                           

Via, che vuole che si riferisca in suo nome all’illustrissimo Don Rodrigo?

DON ABBONDIO

Il mio rispetto. Disposto… disposto sempre all’ubbidienza.

1° BRAVO                                           

Benissimo. Buona notte signor curato. (Escono)

DON ABBONDIO                             

(Fugge di corsa)  Oh povero curato, in che guaio sei finito!

SCENA III

(NARRATORI – CURATO - PERPETUA)

6° NARRATORE

Giunto alle porte di casa sua, che era in fondo al paesello, Don Abbondio aprì in fretta la porta.

4° NARRATORE

Chiamò subito Perpetua, che era la sua serva fedele ma linguacciuta e brontolona.

DON ABBONDIO

Perpetua! Perpetua!  (Si siede)

PERPETUA                                        

(Entra portando in tavola bicchiere e vino)  Vengo, vengo. Misericordia, cos’ha signor padrone?

DON ABBONDIO

Niente! Niente!

PERPETUA                                        

Come niente, la vuol dare ad intendere a me?

DON ABBONDIO

Per carità, tacete e datemi un bicchiere di vino. Non fatemi dire ciò che non posso dire.

PERPETUA                                        

Non può dire neanche a me? Dovrò domandare qua e là, quello che è successo al mio padrone?

DON ABBONDIO

Per l’amor del cielo non fate pettegolezzi, ne va della mia vita.

PERPETUA                                        

Lei sa bene che, ogni volta che mi ha detto qualche cosa sinceramente, in confidenza, io non ho mai…

DON ABBONDIO                       Brava! Come, quando…

PERPETUA                                        

Io le sono sempre stata affezionata e ora voglio sapere, è per premura, perché vorrei poterla soccorrere, darle un buon parere.

DON ABBONDIO

Giura su Dio, la Madonna e tutti i santi che non dirai nulla a chicchessia.

PERPETUA                                      

Lo giuro.

DON ABBONDIO

L'illustrissimo don Rodrigo, non so per quale ragione, non vuole che io domani sposi Renzo e Lucia.

PERPETUA                                       

Oh,che birbone! Oh che prepotente! Che uomo senza timor di Dio. Ma come farà povero signor padrone? Perché non vi rivolgete al nostro arcivescovo, dicono che è un sant'uomo, che non ha paura di nessuno.

DON ABBONDIO            

Volete tacere? Sono pareri da dare ad un povero

PERPETUA                                       

Basta, ci penserà questa notte, ma intanto non si rovini la salute e mangi un boccone.

DON ABBONDIO

Non voglio prendere niente, ho ben altre preoccupazioni.

Su a letto, al letto, andate a letto, e mi raccomando per l'amor del cielo, non dite nulla. (Escono di scena)

SCENA IV

(NARRATORI – CURATO - RENZO)

5° NARRATORE

Quella notte il curato non potè chiudere occhio fino a tardi e quando poi si addormentò fece bruttissimi sogni: Renzo, bravi, don Rodrigo, fughe, inseguimenti, grida, scoppiettate.

1° NARRATORE

Alla mattina comparve Renzo, un giovanotto sui venti anni, di professione filatore di seta.

RENZO               

Sono venuto, signor curato, per sapere a che ora la comoda che ci troviamo in chiesa.

DON ABBONDIO            

Di che giorno volete parlare?

RENZO               

Come di che giorno? Non si ricorda che s'è fissato per oggi?

DON ABBONDIO

Oggi, oggi, ..... abbiate pazienza, oggi non posso.

RENZO               

(Pieno di collera)  Ma che cosa dite signor curato!

DON ABBONDIO

Via, non andate in collera, in quindici giorni... cercherò... procurerò.......

RENZO               

Ma io devo sposare Lucia oggi, non fra quindici giorni.

DON ABBONDIO

Ho un forte mal di capo, ma non vi alterate, vedrò... cercherò... magari in una settimana... ora lasciatemi in pace, devo andare a letto. (Esce) (Entra Perpetua)

RENZO               

Buon giorno Perpetua, fatemi un piacere, spiegatemi voi, perché non può o non vuole maritarci oggi.

PERPETUA

Oh, ma vi pare che io sappia i segreti del mio padrone?

RENZO               

Via, Perpetua, siamo amici; ditemi quello che sapete, aiutate un povero figliolo.

PERPETUA       

Sentite Renzo; io non posso dir niente, perché... non so niente; ed il mio padrone non ha colpa.

RENZO               

Chi è dunque che ha colpa?

PERPETUA       

Quando vi dico che non so niente... se il mio padrone pecca, è per troppa bontà. C'è bene a questo mondo dei birboni, dei prepotenti, degli uomini senza il timor di Dio...

RENZO               

Prepotenti, birboni, via, ditemi chi è.

PERPETUA       

Voi volete farmi parlare ma non posso, non so niente... (Corre via)

RENZO               

Allora sarà il curato a dirmelo. (Entra il curato)

DON ABBONDIO            

Cosa fate ancora qui, non cercate di cavar qualcosa da Perpetua.

RENZO               

Chi è quel prepotente che non vuole che io sposi

DON ABBONDIO

Che? che? che? Renzo, per carità, badate a quel che fate, pensate all'anima vostra.

RENZO               

Penso che lo voglio sapere subito.

DON ABBONDIO            

Mi volete morto?

RENZO               

Voglio sapere.

DON ABBONDIO            

Ma se parlo, sono morto.

RENZO               

Parlate.

DON ABBONDIO

Mi promettete, mi giurate di non parlare con nessuno.

RENZO               

Prometto che fo uno sproposito, se non mi dice subito il nome di colui.

DON ABBONDIO            

Don...

RENZO               

Don?

DON ABBONDIO            

Don Rodrigo.

RENZO               

Ah, cane. Come ha fatto? Cosa le ha detto?

DON ABBONDIOCome eh? vorrei che fosse toccato a voi, io non centro per nulla. (Renzo,furioso va verso casa di Lucia, il curato cade distrutto sulla poltrona)

SCENA V

(NARRATORI – AZZECCAGARBUGLI - RENZO)

2° NARRATORE

Renzo, appena giunse da Lucia, congedò le donne che attendevano di assistere il matrimonio, dicendo che la cerimonia era rimandata perché il curato aveva la febbre. Poi chiamò in disparte Lucia e la madre di lei, Agnese.

3° NARRATORE

Lucia, con voce rotta dal pianto, narrò che pochi

4° NARRATORE

Aggiunse poi, per rassicurare Agnese, di aver raccontato ogni cosa, in confessione, a fra Cristoforo il quale le aveva consigliato di affrettare il matrimonio

5° NARRATORE

Alla fine del racconto, Agnese consigliò Renzo di andare a Lecco da un avvocato che tutti conoscevano con il soprannome di Azzeccagarbugli.

AZZECCAGARBUGLI

Figliuolo, ditemi il vostro caso.

RENZO                               

Vorrei sapere da lei che ha studiato...

AZZECCAGARBUGLI

Ditemi il fatto come sta.

RENZO               

Lei m'ha da scusare, noi altri poveri non sappiamo parlar bene, vorrei dunque sapere....

AZZECCAGARBUGLI

Benedetta gente! Siete tutti così, invece di raccontare il fatto, volete interrogare, perché avete già i vostri disegni in testa.

RENZO               

Mi scusi signor dottore. Vorrei sapere se è permesso minacciare un curato, perché non faccia un matrimonio.

AZZECCAGARBUGLI

Vi siete travestito bene.

RENZO                               

Non capisco.

AZZECCAGARBUGLI

Allora non facciamo niente,se non avete fede in me, non se ne fa niente. All'avvocato bisogna raccontare le cose chiare, a noi poi tocca imbrogliarle. Su via, nominatemi la persona che vi ha dato l'incarico, se poi la scappata fosse tutta vostra, mi impegno a togliervi di impaccio: con un pò di spesa, intendiamoci, purché non abbiate offeso persona di riguardo.

RENZO               

Signor dottore, avete capito a rovescio, io non ho minacciato nessuno, io non faccio di queste cose. La bricconeria l'hanno fatta a me; e vengo da lei per sapere come posso ottenere giustizia.

AZZECCAGARBUGLI

Diavolo! possibile che non sappiate dirle chiare le cose?

RENZO               

Ma mi scusi, lei non mi ha dato tempo, volevo dirvi che quattro bravi mandati da don Rodrigo...

AZZECCAGARBUGLI

Zitto, zitto, non venitemi a rompere il capo con queste fandonie, andate, andate, io non mi impiccio con ragazzi, non voglio sentire discorsi di questa sorta. (Caccia via Renzo)

SCENA VI

(NARRATORI – NOBILE – LUDOVICO)

1° NARRATORE

Mentre Renzo era da Azzeccagarbugli. Lucia e Agnese pensarono bene di mandar a chiamare padre Cristoforo per chiedere consiglio.

2° NARRATORE

Il padre Cristoforo era un uomo sui sessanta anni.

Nella sua giovinezza, prima di diventar frate, egli era stato un ricco ed elegante signore, figlio di un mercante di stoffe, arricchitasi con il commercio. Il suo vero nome era Ludovico.

3° NARRATORE

Un giorno Ludovico, se ne andava per una strada della sua città (Scena mimica) quando gli si fece incontro un giovane nobile arrogante e presuntuoso. Quando si trovarono a viso a viso, il nobile gli disse:

NOBILE             

Scansatevi e cedete il passo.

LUDOVICO       

Scansatevi voi, signore, e lasciatemi passare.

NOBILE             

Spostatevi o ch'io ti insegni come si tratta coi gentiluomini.

LUDOVICO       

Sono a sua disposizione. (Estraggono la spada e combattono finché il nobile non viene ucciso e Ludovico ferito viene tratto in salvo da alcuni monaci.)

4° NARRATORE

Qui Ludovico sentì rinascere in sé, un pensiero che altre volte gli era passato per la mente: quello di farsi frate e spendere il resto della vita nel far il bene al prossimo.

5° NARRATORE

Allora assunse il nome di Cristoforo. Appena compiuta la cerimonia della vestizione da frate cappuccino, si recò dal fratello dell'ucciso, per chiedergli perdono ed accettare in segno di riconciliazione un pezzo di pane.

SCENA VII

(NARRATORI – DON RODRIGO – PADRE CRISTOFORO)

1° NARRATORE

Quando ebbe udito le brutte notizie dalle due donne, padre Cristoforo decise di andare egli stesso a parlare a don Rodrigo, sperando di ammansire con le buone il cuore feroce del prepotente signore.

DON RODRIGO

In che posso ubbidirle?

P. CRISTOFORO

Vengo a proporle un atto di giustizia, a pregarla di una carità. Certi uomini di male affare, hanno usato il nome di vossignoria illustrissima per far paura a un povero curato ed impedirgli di compiere il suo dovere. Lei può, con una parola, confonder coloro, e la sua coscienza, il suo onore...

DON RODRIGO

Lei mi parlerà della mia coscienza quando verrò a confessarmi da lei.

P. CRISTOFORO

Se ho detto cosa che le dispiaccia, è stato certamente contro la mia intenzione, ma si degni di ascoltarmi. Per amor del cielo, per quel Dio al cui cospetto dobbiamo tutti comparire non si ostini a negare una giustizia così facile, e così dovuta a dei poverelli...

DON RODRIGO

Ehi! Padre, il rispetto che io porto al suo abito è grande, ma se qualche cosa potesse farmelo dimenticare, sarebbe il vederlo indosso a unocheardisse di venirmi a fare la spia in casa.

P. CRISTOFORO

Mi ascolti signor don Rodrigo, e voglia il cielo che non venga un giorno in cui si penta di non avermi ascoltato. Lei può molto quaggiù ma Dio...

DON RODRIGO

Quando mi viene lo schiribizzo di sentire una predica, so benissimo andare in chiesa ma in casa mia non lo permetto.

P. CRISTOFORO              Avete colmato la misura, e non vi temo più.

DON RODRIGO                Come parli, frate?

P. CRISTOFORO

Parlo come si parla a chi è abbandonato da Dio, e non può più far paura. Lucia è sicura da voi, ve lo dico io, povero frate, e in quanto a voi, verrà un giorno...

DON RODRIGO 

Escimi di tra i piedi, villano temerario, poltrone incappucciato. Ringrazia il saio che ti copre codeste spalle da mascalzone, e ti salva dalle frustate, esci con le tue gambe per questa volta, prima che mi scappi la pazienza. (Padre Cristoforo esce.)

SCENA VIII

(NARRATORI – AGNESE– RENZO - LUCIA)

2° NARRATORE

Mentre fra Cristoforo era da don Rodrigo, Agnese ebbe un'idea.

AGNESE

Sentite figliuoli!Se vi fidate di vostra madre o mi impegno di cavarvi da questo impiccio, meglio e forse più presto di padre Cristoforo.

RENZO               

Dite, dite pure quel che si può fare.

AGNESE

Ascoltatemi bene, Bisogna avere due testimoni ben lesti e ben d’accordo. Si va dal curato, l'uomo dice: Signor curato, questa è mia moglie. La donna dice: Signor curato questo è mio marito. Bisogna che il curato ed i testimoni sentano bene, ed il matrimonio è bell'è fatto, sacrosanto come se l'avesse fatto il Papa.

LUCIA 

Possibile?

AGNESE                                             

Come? State a vedere che in trent'anni che ho passato in questo mondo prima che nasceste voi altri, non avrò imparato nulla.

LUCIA                                                 

Ma perché mamma, questa cosa non è venuta in mente al padre Cristoforo?

AGNESE                                             

Perché... perché… i religiosi dicono che veramente è una cosa che non sta bene.

LUCIA 

Se è cosa che non sta bene, non bisogna farla.

AGNESE                                             

CHE'? Ti vorrei forse dare un parere contro il timor di Dio?

RENZO                                                

Agnese ha ragione, vado subito a cercare due testimoni.

 SCENA IX

(NARR. – PERPETUA – TONI – D. ABBONDIO – RENZO – LUCIA)

3° NARRATORE

Renzo trovò subito il modo di procurarsi due testimoni.

Andò alla casetta di un certo Tonio e lo convinse promettendogli di pagargli un debito di venticinque lire, e Gervaso, fratello di Tonio che accettò purché Renzo gli pagasse da bere.

4° NARRATORE

Venne la sera e zitti zitti, a passo misurato, Renzo, Lucia, Agnese e i due testimoni uscirono di casa, e presa la strada fuori del paese, per non essere visti, arrivarono vicinialla casa di don Abbondio. Toni picchiò alla porta.

PERPETUA       

Chi è a quest'ora?

TONI    

Sono io, con mio fratello, che abbiam bisogno di parlare al signor curato.

PERPETUA       

E' ora da cristiani questa? Tornate domani.

TONI    

Sono venuto a pagare quel debituccio che sapete.

PERPETUA       

Aspettate, aspettate, torno con la risposta.

DON ABBONDIO

(Don Abbondio seduto su una poltrona con una coperta addosso)

Carneide, chi era costui?

PERPETUA       

E' venuto Tonio a pagare quel debituccio che sapete.

DON ABBONDIO            

A quest'ora?

PERPETUA       

Cosa vuole non hanno discrezione, ma se non li piglia al volo...

DON ABBONDIO

Già hai ragione, fatelo venire... hei! hei! sei sicura che sia proprio lui?

PERPETUA       

Sono sicura è proprio lui, vado ad aprire.

(Entrano velocemente gli sposi e i testimoni)

RENZO               

Signor curato, in presenza di questi testimoni questa è mia moglie.

LUCIA 

Signor curat... (Il curato prende la coperta che ha sulle gambe e avvolge Lucia in modo che non possa parlare)

DON ABBONDIO

Tradimento! Perpetua, aiuto, aiuto, tradimento, fuori da questa casa.

RENZO               

Zitto, non fate schiamazzo! (I testimoni scappano via)

DON ABBONDIO

Aiuto! Perpetua suona le campane! (Fuggono anche Renzo, Lucia e Agnese) (Si sentono le campane)

VOCI FUORI CAMPO

Cosa c'è? Campane a martello! Fuoco? Ladri? Banditi? presto andiamo a prendere gli scoppi e le forche.

DON ABBONDIO 

Cessato allarme. Cattiva gente che girano di notte, ma sono fuggiti. Tornate a casa, non c'è più niente. Vi ringrazio del vostro buon cuore.

SCENA X

(NARR. – BORRACCIAIO – GUARDIANA – GERTRUDE – LUCIA)

5° NARRATORE

Dopo il colloquio con fra Cristoforo, don Rodrigo deciso più che mai a vincere la triste scommessa che aveva fatto con il conte Attilio, mandò il Griso, che era il capo dei bravi a rapire, con i suoi scagnozzi, la povera Lucia.

1° NARRATORE

Quando il paesello fu immerso nel sonno, gli uomini guidati dal Griso entrarono in casa di Lucia, ed entrati nella sua stanza trovano il letto vuoto.

2° NARRATORE

Allora si misero a tastare per ogni canto, buttarono sottosopra la stanza. Ad un certo punto sentirono un calpestio di passi frettolosi. Era Menico, un ragazzetto mandato da fra Cristoforo, che aveva ricevuto una spiata da un vecchio servo di don Rodrigo, ad avvisare le donne di scappare subito di casa per rifugiarsi al convento.

3° NARRATORE

Menico mise il piede dentro, e si sentì acchiappar per le braccia, e due voci sconnesse che dissero in tono minaccioso: - Zitto o sei morto.-

4° NARRATORE

Lui invece cacciò un urlo, uno di quei malandrini gli mise una mano alla bocca, l'altro tirò fuori un

5° NARRATORE

Ma tutto ad un tratto, si sentì quel suono delle campane a martello, allora i furfanti presi dalla paura, lasciarono andar le braccia di Menico e scapparono via.

1° NARRATORE

Intanto Menico andò a gambe levate alla volta del campanile, dove per strada si imbattè in Renzo e Lucia ai quali raccontò tutto. I futuri sposi si recarono al convento di padre Cristoforo, il quale trovò rifugio altrove per i due sfortunati ragazzi.

2° narratore

Padre Cristoforo decise di mandare Renzo a Milano, presso un convento di cappuccini e Lucia a Monza, presso un convento di monache. Ordinò loro di fare in fretta perché non c'era tempo da perdere. Al crepuscolo i due ragazzi abbandonarono il paese.

1° narratore

Essi si avviarono zitti zitti alla riva che era stata loro indicata; videro il battello pronto, vi entrarono. Il barcaiolo prese il largo, verso la spiaggia opposta. Non tirava un alito di vento; il lago giaceva liscio e piano, e sarebbe parso immobile, se non fosse stato per il tremolare e l'ondeggiare leggero della luna, che vi si specchiava da mezzo il cielo. S'udiva soltanto il fiotto morto e lento frangersi sulle ghiaie del lido, il gorgoglio più lontano dell'acqua rotta tra le pile del ponte, e il tonfo misurato di quei due remi, che tagliavano la superficie azzurra del lago, uscivano a un colpo grondanti, e si rituffavano. I passeggeri silenziosi con la testa voltata indietro, guardavano i monti e il paese rischiarato dalla luna e variato qua e là di grand'ombre. Si distinguevano i villaggi, le case, le capanne. Lucia vide il suo paese e rabbrividì.

Lucia                 

Addio, monti sorgenti dalle acque, ed elevati al cielo; cime ineguali, note a chi è cresciuto tra voi, e impresse nella sua mente, non meno che lo sia l'aspetto de' suoi più familiari; torrenti, de' quali si distingue lo scroscio, come il suono delle voci domestiche; ville sparse biancheggianti sul pendio, come branchi di pecore pascenti, addio! Quanto è triste il passo di chi, cresciuto tra voi, se ne allontana! Addio casa natia dove, sedendo, con un pensiero occulto, si imparò a distinguere dal rumore de' passi comuni, il rumore di un passo aspettato con un misterioso timore. Addio casa ancora straniera, casa sogguardata tante volte alla sfuggita, passando, e non senza rossore, nella quale la mente si figurava, un soggiorno tranquillo e perpetuo di sposa. Addio, chiesa dove l'animo si tornò tante volte sereno, cantando le lodi del Signore, dov'era promesso, preparato un rito, dove il sospiro segreto del cuore doveva essere solennemente benedetto e l'amore venir comandato, e chiamarsi santo; addio! Chi dava a voi tanta giocondità è per tutto; e non turba mai la gioia dei suoi figli, se non per prepararne loro una più certa e più grande.

2° narratore

Appena furono giunti, videro un uomo che li aspettava: era il borracciaio. Il conduttore li fece salire, diede una voce alla bestia, una frustata e via. Il borracciaio rispose poi alle domande di Agnese e Lucia.

Borracciaio

La signora è una monaca, ma non è una monaca come le altre. Non è che sia la Badessa, nè la Priora, ma è una delle più giovani; i suoi del tempo antico erano gente grande, venuta di Spagna, dove sono quelli che comandano, e per questo la chiamano la Signora. Nel monastero tutti le portano rispetto e quando prende un impegno, le riesce anche di spuntarlo; e perciò, se quel buon religioso lì, ottiene di mettervi nelle sue mani, e che lei v'accetti, vi posso dire che sarete sicura come sull'altare.

Siate tranquilla e confidate in Dio.

narratore

Poi le due donne entrarono in una stanza terrena dalla quale si passava nel parlatorio; il guardiano vide la monaca ritta dietro due grate di ferro.

Guardiana

Reverenda madre e signora illustrissima, questa è quella povera giovine, per la quale m'ha fatto sperare la sua valida protezione e questa è la madre.

Gertrude

E' una fortuna per me il poter fare un piacere ai nostri buoni amici, i padri cappuccini. Mi dica il caso di questa giovine, per veder meglio cosa si possa fare per lei!

Agnese             

Deve sapere, reverenda madre...

Guardiana

Questa giovine, signora illustrissima, mi viene raccomandata da un nostro confratello: essa ha dovuto partir di nascosto dal suo paese per sottrarsi a dei gravi pericoli.

Gertrude      

Accostatevi (disse a Lucia), nessuno più di voi può essere meglio informato in quest'affare.

Agnese             

Illustrissima signora, io posso far testimonianza che questa mia figlia aveva in odio quel cavaliere, come il diavolo e l'acqua santa..., il diavolo era lui! II fatto sta che questa povera ragazza era promessa a giovin nostro pari.

Gertrude      

Siete ben pronta a parlare senza essere interrogata! (con atto altero e iracondo).

Lucia                 

Reverenda signora, quanto le ha detto mia madre è la pura verità; il giovine che mi discorreva (diventa rossa rossa) lo prendevo io di mia volontà.

Gertrude      

A voi credo, ma avrò il piacere di sentirvi da sola a sola (rivolta alla guardiana). Queste donne potranno occupare la camera lasciata in libertà (tutti vanno via e lei rimane sola). Il mio Cristoforo non s'aspetta certo che io l'abbia servito così presto e bene.

SCENA XI

(NARRATORI – NIBBIO – LUCIA – BRAVI)

narratore

Renzo non ebbe fortuna a Milano dove c'era una terribile carestia, e fu coinvolto senza volere in una sommossa in cui le botteghe dei fornai furono prese d'assalto dal popolo infuriato, e fu costretto a riparare nel bergamasco presso Bortolo, un suo cugino anch'egli filatore di seta.

narratore

Lucia, rifugiata in un convento di Monza fu affidata alla protezione di suor Gertrude detta “La signora”.

narratore

Padre Cristoforo era stato trasferito in seguito ad intrighi ordinati da don Rodrigo, nella lontana città di Rimini. Don Rodrigo, progettò di far rapire nuovamente Lucia, e ricorse all'aiuto di un potente signore detto L'Innominato.

narratore

L'Innominato mandò a chiamare il Nibbio, uno dei suoi bravi più abili, per rapire Lucia, e costrinse suor Gertrude a tradire la giovane a lei affidata, che fece uscire con un pretesto Lucia dal convento. (Lucia entra in scena)

NIBBIO

(Agli altri bravi) Ecco una buona giovane che ci insegnerà la strada. Bella giovane, ci sapreste insegnare la strada di Monza?

LUCIA 

Andando di lì, vanno a rovescio, Monza è di qua... (Si volta per accennar col dito, i bravi l'avvolgono in una coperta)

NIBBIO               

Presto portatela nella carrozza e andiamo a palazzo.

SCENA XII

(NARRATORI – INNOMINATO – NIBBIO)

narratore

Lucia era aspettata dall'Innominato e fu introdotta in una stanza del castello, dove fu subito accudita da una vecchia. Il Nibbio andò a rapporto dal suo padrone.

NIBBIO

Tutto a puntino. Nessuno sul luogo, un urlo solo,

INNOMINATO

Ma che?

NIBBIO               

Ma... dico il vero, che avrei avuto più piacere che l'ordine fosse stato di darle una schioppettata nella schiena, senza vederla in viso.

INNOMINATO 

Cosa? Che vuoi dire?

NIBBIO               

Voglio dire che m'ha fatto troppa compassione.

INNOMINATO

Compassione? Ma cosa sai tu di compassione? Cos'è la compassione?

NIBBIO               

E' un po' come la paura, se uno le lascia prender

INNOMINATO

Andate, e bevete un buon bicchiere di vino per la buona riuscita della missione. (Il Nibbio esce)

Un qualche demonio ha costei, o un qualche angelo che la protegge. Voglio vederla.

SCENA XIII

(NARRATORI – INNOMINATO – VECCHIA – LUCIA)

narratore

In un angolo della stanza era accovacciata Lucia, accudita da una vecchina che appena sentì bussare capì che era l'Innominato, ed andò ad aprire.

INNOMINATO

Chi ti ha ordinato (Rivolto alla vecchia) che la buttassi là come un sacco di cenci, sciagurata?

VECCHIA          

S'è messa dove l'è piaciuto. Ho fatto di tutto per farle coraggio; lo può dire anche lei, ma non c'è stato verso.

INNOMINATO

(Rivolto verso Lucia) Alzatevi, alzatevi che non voglio farvi del male.

LUCIA

(Alzandosi) Son qui, ammazzatemi.

INNOMINATO

V'ho detto che non voglio farvi del male.

VECCHIA          

Coraggio, coraggio, se ve lo dice lui, che non vuol farvi male.

LUCIA 

E' perché, perché allora, mi fa patire le pene dell'inferno?

INNOMINATO

V'hanno forse maltrattata? Parlate.

LUCIA                 

M'hanno preso a tradimento per forza! Perché, perché m'hanno presa per forza? Perché sono qui? Sono una povera creatura, in nome di Dio...

INNOMINATO 

Dio, Dio, sempre Dio. Coloro che non possono difendersi da sè, hanno sempre Dio da mettere in campo. Cosa pretendete di farmi eh? Volete forse...

LUCIA

Oh, signore! pretendere! Cosa posso pretendere io meschina, se non che lei mi usi misericordia! Mi lasci andare, mi faccia andare al mio paese da mia madre.

Perché lei mi fa patire? Cosa le costa dire una parola? Dio perdona tante cose, per un'opera di misericordia!

INNOMINATO 

Via, fatevi coraggio, v'ho fatto male? Vi ho minacciata?

LUCIA 

Oh, no! Vedo che lei ha buon cuore, Dio ve renda merito. Compisca l'opera di misericordia, mi liberi, mi liberi.

INNOMINATO  Domani mattina ci rivedremo, via, intanto, fatevi coraggio e mangiate qualcosa. (Esce)

 SCENA XIV

(NARRATORI – INNOMINATO – CARDINALE BORROMEO)

narratore

Lucia non volle prender cibo, nè distendersi sul letto. Si mise a pregare, prese la sua corona del rosario e, di mano in mano che la preghiera usciva dal suo labbrotremante, il cuore sentiva crescere una fiducia indeterminata.

narratore

Si ricordò di quello che aveva più caro, e in ginocchio tenendo giunte al petto le mani, fece alla Madonna il voto di rinunziare al matrimonio con Renzo se fosse uscita da quel pericolo. (Scena mimata)

narratore

(Scena mimata) Ma c'era qualchedun altro che non riuscì a dormire in quel castello, era l'Innominato.

Le parole di Lucia l'avevano scosso profondamente nell'animo. Ripensando alla sua vita passata, essa gli parve vuota e insopportabile.

10° narratore

Afferrò la pistola e fu sul punto di finire la sua miserabile vita.

INNOMINATO

Se quell'altra vita di cui m'hanno parlato quand'ero ragazzo, non c'è, è un'invenzione dei preti, perché morire? Cosa importa quello che ho fatto? E se quest'altra vita? ... Dio perdona tante cose, per un'opera di misericordia! Così ha detto Lucia...

Domani libererò Lucia e la farò condurre dalla madre, ma prima parlerò con il cardinale Federigo Borromeo, arcivescovo di Milano.

11° narratore

Il cardinale Borromeo godeva fama di uomo giusto e caritatevole. Molti, in quei tempi funestati da carestie e pestilenze, accorrevano a lui come ad un santo.

12° narratore

Il cardinale si trovava in visita pastorale a Lecco e alloggiava nella casa parrocchiale circondato da molti preti, tra cui don Abbondio.

CARDINALE

Che preziosa visita è questa?

INNOMINATO

Voi sapete chi sono? Vi hanno detto bene il mio nome?

CARDINALE

Lo so, voi siete colui per cui ho tanto pregato, avrei dovuto cercarvi io, ma Dio sa fare miracoli. Ditemi avete buone nuove da darmi?

INNOMINATO

Ho l'inferno nel cuore, ditemi voi se lo sapete quale è questa buona nuova.

CARDINALE     

Dio vi ha toccato il cuore e vuol farvi suo.

13° narratore

L'innominato raccontò al cardinale le prepotenze fatte a Lucia, i terrori, i patimenti della poverina, tuttora prigioniera nel castello.

CARDINALE     

Non perdete tempo, dovete liberarla e portate con voi il curato del paese di Lucia, che possa accompagnarla nella sua casa.

SCENA XV

(NARRATORI – LUCIA – CURATO – INNOMINATO)

14° narratore

Il cardinale ordinò a don Abbondio di accompagnare l'Innominato e di prendere in consegna Lucia che avrebbe scortato fin da sua madre. Don Abbondio dovette accettare suo malgrado e soffocare la sua eterna paura.

15° narratore

L'innominato entrò nella stanza con don Abbondio.

Lucia vide il prete e si rianimò. Riconobbe don Abbondio e rimase con gli occhi fissi come incantata.

LUCIA 

Lei..., è lei signor curato?

DON ABBONDIO

Sono io, fatevi coraggio, sono qui per portarti a casa.

LUCIA 

E' dunque la Madonna che vi ha mandato.

(All'innominato) Oh, signore, Dio le renda merito della sua misericordia.

INNOMINATO

E a voi, cento volte per il bene che mi fanno codeste vostre parole.

SCENA XVI

(NARRATORI)

16° narratore

L'Innominato divenne buono e fu un sollievo per mezzo mondo. Quell'uomo cattivo, burbero, fuori dalla grazia di Dio, era diventato un santo. Rinunciò per sempre alle prepotenze e ai delitti.

17° narratore

Lucia dopo aver riabbracciato sua madre, fu affidata a una signora di Milano, affinchè fosse al sicuro dalle insidie di don Rodrigo, in attesa di maritarsi con Renzo.

Lì, ricevette una lettera di auguri da parte del cardinale e cento scudi da parte dell’Innominato, come regalo di nozze.

18° narratore

Lucia, non potendo più sposare Renzo, per il voto fatto alla Madonna, mandò metà del danaro ad Agnese che avrebbe provveduto a farglieli avere. Già, ma dove?

19° narratore

Renzo, perseguitato dalla polizia per la sommossa di Milano dovette lasciare anche la dimora del cugino, nel bergamasco, e si rifugiò in un paese poco distante dove trovò lavoro in un filatoio, prendendo il nome falso di Antonio Rivolta.

20° narratore

Nel frattempo la Lombardia fu invasa da lanzichenecchi, un esercito di mercenari tedeschi che partecipavano alla guerra tra francesi e spagnoli per il predominio in Italia, che dirigendosi a Mantova passarono per il territorio di Lecco, seminando distruzione e morte. Con essi arrivò anche la peste.

SCENA XVII

(NARRATORI – DON RODRIGO – GRISO – MONATTI)

21° narratoRE

Il contagio della peste, che nei secoli scorsi mieteva migliaia di vittime, comparve prima a Lecco e nella Brianza e poi si propagò anche a Milano.

22° narratoRE

I malati dovevano per legge essere isolati in un grande recinto, fuori dalla porta orientale, che era chiamato Lazzaretto. La direzione era affidata ai frati cappuccini.

Anche padre Cristoforo vi era stato trasferito da Rimini.

23° narratoRE

Gli addetti al trasporto dei malati e delle vittime, erano persone che avevano contratto la malattia in modo leggero e che erano guariti. Venivano chiamati Monatti.

24° narratoRE

L'ignoranza in quei tempi era così grande che si sparse la voce che la peste non fosse una malattia, ma una magia di stregoni che venivano chiamati untori, perché si diceva che andassero di notte a ungere le case per diffondere il contagio.

25° narratoRE

Una notte, verso la fine di agosto, proprio nel colmo della peste, tornava don Rodrigo a casa sua a Milano, accompagnato dal fedele Griso. Tornavano da una lauta cena, e il signorotto cominciò a sentirsi male.

DON RODRIGO

Sto bene, (Barcolla) sto benone, ma ho bevuto un po’ troppo, con una buona dormita tutto passerà.

GRISO

Scherzi del vino, ma vada a letto subito che il dormire le farà bene.

DON RODRIGO

Hai ragione, se posso dormire... ma del resto sto bene, metti qui vicino ad ogni buon conto, un campanello, se per caso stanotte avrò bisogno suonerò; ma non avrò bisogno di niente.

GRISO

Buona notte.

26° narratoRE

Don Rodrigo faticò a prender sonno e quando si addormentò fece i più brutti sogni di questo mondo. Poi cominciò a salir la febbre, delirava, si sentì perduto, il terrore della morte lo invase. Afferrò il campanello e chiamò il Griso che non tardò ad arrivare ma si tenne a debita distanza.

DON RODRIGO            Griso! Tu sei sempre stato il mio fido.

GRISO                                 Si, signore.

DON RODRIGO            Ti ho sempre fatto del bene.

GRISO                          Per sua bontà.

DON RODRIGO                Di te mi posso fidare... sto male, Griso.

GRISO                          Me ne sono accorto.

DON RODRIGO

Se guarisco ti farò del bene. Vammi a chiamare il Chiodo chirurgo, è un bravo dottore, digli che lo pagherò bene, digli che gli darò il triplo della parcella, ma che venga subito.

GRISO 

Vò e torno. (Rientra con i monatti e insieme lo derubano)

DON RODRIGO

Ah, traditore, infame, via canaglie... (Cerca di difendersi)

1° MONATTA   

Ah, birbone, contro i Monatti, contro quelli che fanno opera di misericordia.

2° MONATTA   

Tienilo bene finché non lo portiamo via. (Scassinano con il Griso, uno scrigno)

DON RODRIGO

(Al Griso) Scellerato. Lasciatemi ammazzare quell’infame  e poi fate di me quello che volete.

1° MONATTA   

Sta buono, sta buono.

DON RODRIGO               

Posso ancora guarire, posso ancora guarire.

(I monatti lo portano via mentre il Griso raccatta quello che può, ma si sente male e cade, arrivano altri monatti e lo portano via.)

 SCENA XVIII

(NARRATORI – DONNA – MONATTI)

27° narratoRE

La peste dalla Lombardia passò anche nel bergamasco. Renzo la prese, ma in forma leggera e guarì presto. Decise di andare in cerca di Lucia e Agnese.

28° narratoRE

All'ingresso del villaggio vide don Abbondio, camminava adagio adagio appoggiandosi al bastone, egli era magro e smunto. Anche lui aveva passato la peste.

29° narratoRE

Da lui seppe che Lucia era a Milano e che padre Cristoforo era stato trasferito e accudiva i malati di peste al Lazzaretto. Renzo decise di andare alla loro ricerca.

30° narratoRE

(Scene di desolazione e morte a Milano, Renzo arriva in città e si dirige verso il lazzaretto, compare una donna in primo piano con una bimba in braccio)Scendeva dalla soglia di una casa, la sua andatura era affaticata, ma non cascante. Gli occhi non davan lacrime, ma portavan segno d'averne spese tante.

31° narratoRE

Portava in collo una bambina, morta, ma tutta ben accomodata, con i capelli divisi sulla fronte, con un vestito bianchissimo, come se la madre l'avesse adornata per una festa promessa da tanto tempo, e data per premio.

32° narratoRE

Un turpe monatta andò per levarle la bambina dalle braccia, con una specie però di insolito rispetto.

DONNA

No, non me la toccate per ora, devo metterla io su quel carro; prendete (Gli dà una borsa di danaro) Promettetemi di non levarle un filo d'intorno, nè di lasciar che altri ardiscano di farlo, e di metterla sotto terra così.

MONATTA

Si lo farò, ci penserò io. (Prende delicatamente la bimba se non è disponibile un carro)

DONNA

(Dà un bacio alla bimba) Addio Cecilia! Riposa in pace stasera verremo anche noi, per restare sempre insieme.

Prega intanto per noi; ch’io pregherò per te e per gli altri. (Rivolta al monatta) Voi, passando di qui verso sera, salirete a prender anche me, e non me sola.

SCENA XIX

(NARRATORI – RENZO – PADRE CRISTOFORO)

33° narratoRE

Renzo girò a lungo per il lazzaretto in cerca di Lucia.

Vide a un cento passi di distanza un monaco che aveva tutto l'andare del padre Cristoforo, lo raggiunse e lo riconobbe.

RENZO

Oh, padre Cristoforo! Come sta padre?

P. CRISTOFORO

Tu qui? Perché vieni così ad affrontar la peste?

RENZO

L'ho già avuta, sono qui a cercare Lucia... E' qui?

Mi hanno detto alla casa, dove abitava in Milano, che è qui, almeno spero in Dio che ci sia ancora.

P. CRISTOFORO

Forse potrai trovarla presso la chiesa del lazzaretto dove si radunano i guariti prima di lasciare questo luogo, o nella parte del recinto dove sono ricoverate le donne.

RENZO

Vo’, cercherò in lungo e in largo e se non la trovo......

P. CRISTOFORO

Se non la trovi?

RENZO

Se non la trovo vedrò di trovare qualcun altro. Lo troverò quel furfante che ci ha separati. Se non fosse stato lui, Lucia sarebbe mia moglie.

P. CRISTOFORO

Renzo...

RENZO

Se lo trovo, se la peste non ha già fatto giustizia, la farò io la giustizia.

P. CRISTOFORO

Sciagurato! Tu verme della terra, tu vuoi far giustizia!

RENZO

Padre, mi vuol mandar via così?

P. CRISTOFORO

Non posso ascoltare la tua voce di rabbia, i tuoi proponimenti di vendetta. Ne ho visti di morire, qui, di offesi che perdonavano e offensori che gemevano di non potersi umiliare davanti agli offesi, ed ho pianto con gli uni e con gli altri, ma con te che ho da fare?

RENZO

(Pentito) Ha ragione, padre, gli perdono, gli perdono.

P. CRISTOFORO

E se tu lo vedessi?

RENZO

Pregherei il Signore di dar pazienza a me e di toccare il cuore di lui.

P. CRISTOFORO

Ebbene vieni con me. Vieni e vedrai con chi tu potevi tener odio e per chi desideravi del male. (Lo porta da don Rodrigo morente)

34° narratoRE

Renzo vide don Rodrigo su un materasso involtato in un lenzuolo, con una cappa signorile indosso.

Spalancati gli occhi ma senza sguardo, pallido in viso e sparso di macchie nere.

P. CRISTOFORO

Da quattro giorni è qui, senza dar segno di sentimento.

Forse il Signore è pronto a concedergli un'ora di ravvedimento, ma vuol essere pregato da te. Forse la salvezza dell'anima di quest'uomo e la tua, dipende ora da te, da un tuo sentimento di perdono, di compassione, d'amore.

(Pregano insieme)

Va’ ora e cerca Lucia, e qualunque sia il risultato della tua ricerca devi lodar Dio. Va’ e fammi sapere.

SCENA XX

(NARRATORI – COMMENSALI – RENZO – LUCIA  – P. CRISTOFORO)

35° narratoRE

Renzo continuò a vagare per il lazzaretto finché fermatosi a respirare un poco, sentì la voce di Lucia, e si diresse verso di lei.

RENZO

Lucia, V'ho trovata siete proprio voi! Siete ancora viva!

LUCIA

Oh! Signore benedetto! Voi? Cosa fate qui? Perché siete venuto?

RENZO

Perché? Mi domandate perché son qui? Avete bisogno che ve lo dica?

LUCIA

Cosa dite, non vi ha fatto scrivere mia madre? Non sapete del mio voto alla Madonna?

RENZO

E la promessa fatta a me? Non ha importanza forse?

LUCIA

Cosa dite? Come parlate?

RENZO

Parlo da buon cristiano, piuttosto perché non promettete alla Madonna che la prima figlia che avremo le metteremo il nome Maria?

LUCIA

No, no, non dite così. Non sapete quello che voi dite.

RENZO

Allora sentiamo padre Cristoforo.

LUCIA

Come, è qui?

RENZO

Gli ho parlato poco fa, venite.

36° narratoRE

Durante il tragitto, Renzo raccontò di aver visto don Rodrigo morente e di aver pregato per lui insieme a padre Cristoforo. Lucia promise che avrebbe pregato anche lei per quell'anima di moribondo.

LUCIA

Oh, Padre Cristoforo, Come sta? Oh, padre ho fatto voto alla Madonna di non maritarmi più, e Renzo vuole che non tenga fede al giuramento alla Madonna.

P. CRISTOFORO

Poverina, ma avevate pensato che eravate già legata da una promessa? Il Signore gradisce i sacrifici e le offerte quando le facciamo del nostro. Voi non potevate offrirgli la volontà di un altro. La Vergine ha gradito l’intenzione del vostro cuore afflitto, ma ora inginocchiatevi. Valendomi delle facoltà concesse dalla Chiesa, Lucia, io ti sciolgo dal tuo voto e la grazia di Dio sia sempre con te. Ora andate e vivete in pace.

37° NARRATORE

Mancava poco alla sera e il temporale tanto atteso venne e portò via la peste. Tutto tornò alla normalità.

Ed oggi festeggiamo le nozze di Renzo e Lucia, celebrate finalmente da  Don Abbondio; e noi ora beviamo allegramente alla loro salute augurandogli gioia e prosperità.

 Fine