Il belvedere

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IL BELVEDERE

Atto unico

di ALDO NICOLAJ

                                   

PERSONAGGI

LUI

LEI

Commedia formattata da

 

 (La scena: uno spiazzo-belvedere con in fondo un parapetto che separa da un precipizio. In centro una panchina, lampioni ai lati. E' notte. All'alzarsi del sipario la scena è vuota).

Lei                                 - (di età indefinita, vestita con proprietà, ma con qualche piccola eccentricità - p.e. guanti d'un co­lore straziante - entra e si guarda attorno come per verificare che non c'è nessuno. Poi va al para­petto, si sporge per rendersi conto dello strapiom­bo, ha un attimo d'esitazione, posa la borsetta e sale sul muretto. Mentre sta per decidersi a but­tarsi, la ferma una voce fuori campo).

Lui                                - (dal di fuori) Ferma! Ferma! Per l'amor del cielo, cosa fa? Un momento, un momento! (Entra in scena e si precipita verso la donna per farla scendere dal muretto; è un uomo sui 45 anni mal portati, squallido, sbiadito, con dei grandi occhi buoni, da cane. Ha un cappottuccio logoro, un cap­pello sciupato e una borsa di vilpelle sotto il brac­cio. Affannato ed ansioso) Scenda, signora... cosa fa? Cosa le salta in mente? (Lei non si muove dal muretto e gli resiste) La scongiuro, signora... Se cade giù, si ammazza... Ci sono più di 50 metri di strapiombo... la prego, signora...

Lei                                 - (resistendogli, con voce stridula) Mi lasci stare... Mi lasci stare...

Lui                                - (l'afferra alla vita e l'obbliga a scendere dal muretto).

Lei                                 - (continuando a ribellarsi) Giù le mani... Non mi tocchi... Giù le mani, lei è un bruto... un prepo­tente... Mi lasci, le dico...

Lui                                - Per favore, signora... torni in sé... Cerchi di calmarsi... (Cerca d'impedirle di riguadagnare il muretto e la spinge indietro) No, non faccia così... (Lei per liberarsi di lui, gli morde la mano) Ahi! Ma cosa sta facendo? M'ha fatto male...

 Lei                                - Cosa vuole da me? Che diritto ha di...

Lui                                - Voglio impedirle di commettere una scioc­chezza. Su, signora, si calmi... Lei è sconvolta... esasperata... non si rende conto di quello che sta per fare... Sieda un momento, si tranquillizzi...

Lei                                 - (minacciosa) Appena lei se ne sarà andato, salirò di nuovo su quel muretto e mi butterò giù. Vedremo chi la vince, di noi due...

Lui                                - E io non mi muoverò di qui.

Lei                                 - Vedremo fino a quando resisterà!

Lui                                - Prima d'andarmene chiamerò gente... farò venire la polizia...

Lei                                 - E cosa crede di risolvere con la polizia?

Lui                                - La farò arrestare.

Lei                                 - E perché dovrebbero arrestarmi? Secondo la Costituzione ogni cittadino ha diritto di fare quello che vuole, pur che non danneggi la vita degli altri. Non esiste una legge che proibisca il suicidio.

Lui                                - La chiuderanno in una casa di cura.

Lei                                 - Ma appena mi rimetteranno fuori, tornerò qui, salirò su quel muretto e mi butterò giù.

Lui                                - Non lo farà.

Lei                                 - Lo farò.

Lui                                - Non lo farà.

Lei                                 - (in crescendo, pestando i piedi con rabbia) Lo farò! Lo farò! Lo farò! Lo farò! (Poi sì lascia cadere sulla panchina singhiozzando).

Lui                                - (la lascia un poco sfogare, poi affettuoso) Coraggio... Non si disperi così... Sono momenti brutti, lo capisco, ma bisogna essere forti... rea­gire... Guai, se ci lasciamo prendere dalla dispe­razione...

Lei                                 - (ostinata) Io voglio morire... io voglio mo­rire...

Lui                                - Coraggio, non creda che non la capisca.,, A volte, pare proprio di essere arrivati all'estremo limite della sopportazione... Lo so anch'io che quan­do si soffre veramente... quando il dolore ci toglie la ragione... perché solo un grande dolore può scon­volgere la mente fino al punto di pensare di farla finita... (Lei fa cenno di sì, senza parlare) La vita è dura. A volte ci impone delle prove così difficili,.. così spaventose... Ne so qualcosa anch'io, non creda. Ma bisogna essere forti, farsene una ragione... (Le siede vicino, aperto e sincero) Su coraggio... Mi scusi se sono stato violento, poco fa... ma quando l'ho vista su quel muretto, mi sono sentito gelare il sangue... ho avuto per un momento la paura di non fare in tempo a fermarla. Non me lo sarei mai perdonato. Perché penso che la vita è un dono troppo bello, troppo importante per buttarlo via così... Se ne rende conto anche lei, ora? Su, cerchi di non pensarci più. Ora è passata. Non è vero che è passata? (Lei non parla. Lui dopo un'esitazione tira fuori di tasca un pacchetto di sigarette e gliene offre una).

Lei                                 - (guarda la marca delle sigarette e le rifiuta) Come fa a fumare questa roba?

Lui                                - Sono le sole sigarette che posso permet­termi...

Lei                                 - (prende la sua borsa, tira fuori un pacco di sigarette di lusso, ne offre una a lui e se ne mette una in bocca lei).

Lui                                - (le accende la sigaretta. Fumano in silenzio) Va un poco meglio, ora?

Lei                                 - (fredda) Non si illuda: se non ho potuto but­tarmi giù da quel muretto ora, lo farò appena possibile. La mia decisione, l'ho presa.

Lui                                - Mi dica almeno cosa le è successo...

Lei                                 - (ignorandolo) Posso anche scegliermi un al­tro posto... più solitario... più tranquillo... Tanto a cosa mi serve vivere, ormai...

Lui                                - Ma cos'è che l'ha sconvolta fino a questo punto? un lutto? ha forse perduto una persona cara?

Lei                                 - La vita non è che una beffa del destino, caro signore.

Lui                                - Non si tratta di un lutto? Allora, cos'è? un dissesto economico?

Lei                                 - Cosa può fare una donna come me, ormai, per dare un senso alla sua vita? Nulla. Perciò... meglio chiudere. Finirla!

Lui                                - Non dica così: pensi alla sua famiglia... alle persone che le sono care... Pensi alle sue responsa­bilità... quelle che ha verso se stessa... verso gli altri... Vede, signora... Signora o signorina?

Lei                                 - Per quello che conta al giorno d'oggi... Per il valore che ha...

Lui                                - (sconcertato) Non sarà per una delusione sentimentale che lei...

Lei                                 - (urtata) Scusi, ma perché dovrei mettermi a fare delle confidenze al primo venuto? (Si alza) Se ne vada e mi lasci in pace.

Lui                                - (furbo) Perché lei risalga su quel muretto e la faccia finita sul serio? Non me ne andrò di qui finché non l'avrò convinta a cambiare idea.

Lei                                 - Non ci riuscirà.

Lui                                - Staremo a vedere.

Lei                                 - Staremo a vedere. Tanto io non ho niente da fare e soffro d'insonnia.

Lui                                - Allora venga qui e si metta a sedere vicino a me.

Lei                                 - (sospettosa) Lei non si sarà per caso messo in testa qualche idea, eh?

Lui                                - Prego?

Lei                                 - Perché con me, sia ben chiaro, non c'è niente da fare.

 

Lui                                - (sorpreso) Oh, s'immagini se io, in un mo­mento come questo...

Lei                                 - Con gli uomini non si sa mai, tutto serve ad eccitare la fantasia-

Lui                                - Non mi permetterei mai, glielo giuro. Non è nel mio carattere...

Lei                                 - Meglio così. Perché con tutto quello che ho dentro, non potrei certo pensare a simili cose. (Rassicurata siede sulla panchina) Se mi avesse lasciata al mio destino, se non si fosse intromesso stupidamente, avrei già abbandonata questa valle di lacrime.,. Tanto, ormai, vivere...

Lui                                - Cosa ne sa lei di che cosa le può offrire ancora la vita? Ammettiamo pure che la vita sia dura...

Lei                                 - ... crudele...

Lui                                - ... e crudele. E non sempre si ha la forza di sopportare. Una donna, poi, è una creatura fra­gile, indifesa... Specie, poi, se non ha il conforto di una persona amica... di un affetto vicino... Per­ché lei è sola, vero?

Lei                                 - Sola o no, cosa gliene importa? Tanto ho deciso di morire...

Lui                                - Eh, anche a me è capitato di trovarmi in momenti difficili... E se non avessi la fiducia che ho nella vita, l'avrei fatta finita anch'io. Perché ho sofferto anch'io, e come... Sono stato tradito nel modo più triste... più doloroso... La fatica che ho fatto per dominare i miei sentimenti, per im­pormi a me stesso... E non è stato facile... Avevo perso il sonno... la pace... La notte... la passavo mordendomi le mani... a singhiozzare... Perché io, in fondo, non sono che un emotivo, un sentimen­tale... E' un guaio avere un animo troppo sensibile. Si soffre più degli altri. E' la nostra condanna. Perché anche lei dev'essere come me, si vede subito. Vogliamo della gioia attorno a noi, sentiamo il biso­gno di dare sempre e guai se ci sentiamo soli. Per­ché per noi il prossimo...

Lei                                 - Il prossimo a me fa schifo.

Lui                                - Ma vede, signora, l'umanità...

Lei                                 - Non mi parli d'umanità, perché mi dà il vomito...

Lui                                - No, non dica così: ci sono ancora su questo mondo persone oneste, pulite, capaci di dare fiducia a chi l'ha perduta... E, poi, che ci si guadagna col suicidio? Nulla. Mentre la vita...

Lei                                 - Non perda il suo tempo. Non sono una di quelle donnette isteriche e volubili che si lasciano convincere dal primo venuto. Se ho deciso di suicidarmi è perché ho le mie ragioni per farlo. A lei piace vivere, invece? Faccia pure. Le auguro di cre­pare a centottant'anni. Io, invece, non ce la faccio più a stare su questo mondo. Solo respirare... ecco, respirare così, mi dà nausea. E poi questo mondo lo odio.

Lui                                - Eppure il mondo è così bello...

Lei                                 - Non mi faccia ridere...

Lui                                - Sul serio. Guardi il cielo, che meraviglia! Tutte quelle stelle... quel pezzettino di luna...

 54

 

Lei                                 - Non mi parli della luna. La natura non mi incanta.

Lui                                - Possibile? Nemmeno il mare?

Lei                                 - Acqua in movimento: mi ferma la dige­stione.

Lui                                - Non mi dirà che non le piace la campagna. A primavera, per esempio, quando la natura si risveglia e cresce l'erba, sbocciano i fiori...

Lei                                 - Soffro di febbre del fieno, s'immagini...

Lui                                - Le montagne, allora...

Lei                                 - Capisco i precipizi solo per buttarvisi giù.

Lui                                - Ma se non parla al suo cuore il creato, par­leranno al suo cuore almeno le creature...

Lei                                 - No. Odio gli animali di ogni razza e specie, non mi piacciono i bambini, detesto gli adulti, mi ripugnano i vecchi.

Lui                                - (disperato) Ma non è possibile che lei sia così fredda... così arida... che non abbia mai sen­tito un palpito d'amore...

Lei                                 - Quello che è stato è stato, se c'è stato. Ormai, non c'è più nulla.

Lui                                - Ma se lei ha creduto una volta nella vita... se è stata un giorno solo felice... (Lei scoppia a ridere cattiva) Perché ride, ora?

Lei                                 - (con sarcasmo) Scusi, ma ha il coraggio di venirmi a parlare di felicità proprio lei?!

Lui                                - Sì, io, perché?

Lei                                 - Ma se lei non sa nemmeno cosa sia la feli­cità... (Lui la guarda mortificato) Andiamo... m'ha anche confessato poco fa di aver avuto una grossa delusione sentimentale... (Silenzio) Chi è stato a tradirla? Sua moglie? (Silenzio) Già, del resto chi altri potrebbe essere stato? Lei non ha certo la faccia di uno che può mantenersi delle amanti... (Silenzio) Dunque, è stata sua moglie... E magari l'ha tradita proprio col suo migliore amico... Stile piccolo borghese. Non è così? (Silenzio) Una lunga relazione, immagino, non un capriccio passeggero... E lei come lo ha saputo? Li ha sorpresi?

Lui                                - (in un bisogno di sfogo doloroso) E' stato terribile!

Lei -                              - Immagino.

Lui                                - Quando l'ho visto lì... nella « mia » stanza... disteso sul « mio » letto... con mia moglie che pian­geva vicino a lui disperata...

Lei                                 - Lei cos'ha fatto?

Lui                                - Cosa potevo fare? ho chiamato un medico. Ma era già morto. Un infarto.

Lei                                 - Complimenti! E c'è voluto un infarto per farle aprire gli occhi? Se quello non moriva, avreb­be continuato con sua moglie tutta la vita, senza che lei dubitasse di niente... (Silenzio) E... l'ha perdonata?

Lui                                - ... per i figli. E poi la poverina ha capito il male che ha fatto... s'è pentita.

Lei                                 - Se lei crede al pentimento delle donne...

Lui                                - Conosco mia moglie e l'assicuro che...

Lei                                 - (insofferente) Ma cosa vuole che me ne im­porti se sua moglie si è pentita o no. Affari suoi. Corna sue. (Silenzio) Brutta storia, però. Come ha fatto a riprendersi? Si sarà buttato a capofitto nel lavoro-

Lui                                - In un certo senso...

Lei                                 - Come sarebbe a dire?

Lui                                - Il mio è un lavoro così grigio... Ho un posto all'anagrafe: reparto Morti Presunte. Un posto di poche soddisfazioni, mal rimunerato, poco ricono­sciuto. (Con uno sfogo improvviso) Sa che cosa ho saputo oggi? Che hanno passato capufficio uno che non è nemmeno ragioniere, solo perché è rac­comandato da chissà chi. Mentre io che sono lì da ventitré anni e che speravo in un avanzamento.., Quello, invece, non solo è stato assunto subito in ruolo C, ma dopo aver fatto tre anni ai Nati Morti, è stato un anno ai Decessi e ha avuto immediata­mente la promozione alle Morti Presunte.

Lei                                 - (lo guarda fredda) Almeno... ha figli?

Lui                                - Due.

Lei                                 - Le vorranno bene, immagino.

Lui                                - Credo di essere un buon padre: tenero.., affettuoso...

Lei                                 - Almeno loro se ne rendono conto?

Lui                                - Cosa vuole? sono ancora dei ragazzi...

Lei                                 - Al giorno d'oggi alla gioventù si concede troppa indipendenza... troppa libertà... E poi ci si stupisce che non senta più i legami della famiglia..,

Lui                                - E' che i giovani, oggi, credono di non avere bisogno di noi... In fondo è un bene, perché impa­rano prima a sbrigarsela da soli...

Lei                                 - Ma finisce che i genitori ne soffrono...

Lui                                - Ai figli bisogna solo dare, senza mai aspet­tarsi nulla in cambio...

Lei                                 - Capisco. Ma non deve essere piacevole per i genitori... Che età hanno i suoi figli?

Lui                                - Il maschietto sedici, la bambina quattordici anni.

Lei                                 - Figuriamoci!

Lui                                - Prego?

Lei                                 - Ho detto figuriamoci. Purtroppo, ormai, non sono più recuperabili: sono già formati con le loro abitudini, le loro idee, i loro vizi. Perché quando i ragazzi cominciano a scoprire il sesso... addio!

Lui                                - I miei figli sono ancora molto ingenui,. proprio dei bambini...

Lei                                 - Non s'illuda. Ai giorni nostri un ragazzetto di sedici anni ha già la sua vita sessuale organiz­zata e le ragazze di quattordici vanno regolarmente a letto con chi capita-

Lui                                - Ma i miei figli... no. Non hanno malizia, Stanno tutto il giorno a scuola e la sera non escono mai...

Lei                                 - Ma ci sono i giornaletti... i films... la tele­visione... i manifesti pubblicitari a risvegliare i lo­ro istinti. Esibizioni sessuali dappertutto, ormai, Perfino sulle scatole dei fiammiferi c'è dell'eroti­smo. E' sicuro che la notte i suoi ragazzi dormano nei loro letti?

Lui                                - I miei ragazzi? Ma che dice? certamente!

Lei                                 - Controlli, non voglio dire altro.

Lui                                - Ma io non mi sono mai accorto che...

Lei                                 - Di giorno sembrano buoni bambini: « sì, papà » « no, papà ». Poi, la notte, mentre i geni­tori dormono, fanno le loro esperienze. Li osservi al mattino: fanno fatica ad alzarsi... hanno mal di testa... gli occhi cerchiati... la pelle tirata... le lab­bra esangui... vogliono l'uovo sbattuto... (Lui resta pensoso e colpito) Del resto, forse è meglio. Affron­tano la vita più preparati di quanto lo fossimo noi alla loro età. Però per i genitori non è piacevole. Ma che importa? Del resto lei è contento, non si lamenta. Si vede che qualche altra soddisfazione ce l'avrà. Magari qualche scappatella sentimen­tale... (Lui scuote tristemente il capo) Veramente?

Lui                                - Non ho mai una lira in tasca... guadagno così poco... Anche alle diversioni sentimentali, or­mai, ho rinunciato.

Lei                                 - In fondo è giusto: alla sua età...

Lui                                - Ho quarantaquattro anni.

Lei                                 - Davvero? Li porta male, allora. Ne dimostra molti di più.

Lui                                - Cosa vuole... Ho faticato tutta la vita.

Lei                                 - E, poi, brutto com'è... (Lui la guarda scon­certato) Non gliel'ha mai detto nessuno? Lei è pro­prio brutto. E, poi, sempre così triste. Solo a ve­derlo mette malinconia. Ha amici? (Lui scuote il capo) Già, col vizietto che ha sua moglie di por­tarseli a letto...

Lui                                - No, cosa dice? E' che lavorando come lavo­ro... Torno in ufficio anche alla sera per lo straor­dinario... Mi resta poco tempo per me...

Lei                                 - Si vede che fatica. Ha una faccia così sciu­pata... così stanca. Non avrà qualche brutta malat­tia? (Lui la guarda stupito e spaventato) Soffre di stomaco? Glielo domando perché ha il fiato pe­sante. Ci stia attento: si curi. L'ulcera può spesso degenerare...

Lui                                - Ma io non ho l'ulcera...

Lei                                 - Se lo dice lei. Ad ogni modo si faccia visi­tare. Ci stia attento, se non è troppo tardi. (Lui la guarda sconvolto) Scusi, sa? Ma io sono molto franca. E, poi, bisogna essere preparati a tutto quando si è decisi a vivere la propria vita fino in fondo come lei. Non capisco però come faccia con tutti i suoi guai ad essere così attaccato alla vita...

Lui                                - Perché la vita, in fondo qualcosa mi dà. E io mi accontento delle piccole cose. La gioia, per esempio, di svegliarmi al mattino con una buona tazza di caffè... fare una passeggiata in campagna... vedere gli alberi verdi di foglie... sentire gli uccel­lini cantare... L'erba, poi...

Lei                                 - L'erba?

Lui                                - Sapesse la tenerezza che mi dà l'erba... quell'erbetta nuova che spunta nei prati a primavera... Io, alla domenica, vado in campagna, prima pren­do il tram... poi cammino... alla fine mi stendo sull'erba sotto un albero... e sto lì, a guardare il cielo senza pensare a nulla...

Lei                                 - Ecco, bisogna proprio non pensare a nulla. Perché se si mettesse a pensare... con una vita come la sua... altro che ammazzarsi.

Lui                                - Possibile che non sappia pensare ad altro, lei?

Lei                                 - Tanto, cosa vuole? siamo condannati. Tutti questi voli spaziali... questi satelliti artificiali... que­sti razzi lanciati verso altri pianeti, serviranno a mettere in salvo ben pochi quando la terra scop-pierà...

Lui                                - La terra scoppierà?

Lei                                 - Come una mela al forno. Moriremo tutti come sorci. Altro che progresso! Lei non capisce che il mondo è ad una svolta. Che ci sono in aria certe cose... che la tecnica ormai ha... Già, ma lei come può rendersene conto... che ne sa di quello che ci circonda... lei che si commuove ancora per l'erbetta nuova che spunta a primavera.

Lui                                - (perplesso) Ma lei ha deciso di suicidarsi perché ha paura di...

Lei                                 - (d'impeto) Caro signore, a me non basta una tazza di caffè per riconciliarmi col mondo. Ma non vede cos'è diventata l'umanità? Non si è accorto che non c'è più carità... non c'è più onestà... non c'è più giustizia? Oggi è peggio di ieri, domani sarà peggio di oggi... figuriamoci dopodomani!... Ma è mai possibile tirare avanti così? E' mai possi­bile che un brav'uomo come lei, per esempio, sia costretto a subire in silenzio tante ingiustizie, tanti colpi bassi del destino, senza avere nemmeno la possibilità di difendersi?

Lui                                - (alzando le spalle) Mi sono rassegnato, ormai...

Lei                                 - Ma non è giusto. Non è giusto che da venti­tré anni lei sia costretto ad occuparsi di morti presunte in un ufficio dove è tenuto in conto meno di una scarpa vecchia... non è giusto che sua mo­glie lo tradisca... non è giusto che i suoi figli l'igno­rino, tutti presi come sono dalle loro smanie ses­suali... Che vita è la sua? Non viaggia... non spende... non gode nulla... Mai una diversione... nemmeno un vizio... Le donne per lei non esistono... Ha quaranta­quattro anni e ne dimostra settanta... Mangia male e non digerisce... fuma sigarette pestifere... non ha amici... non ha soldi... e in più ha anche un'ulcera allo stomaco... Ma, andiamo, lei è troppo buono. Qualsiasi altra persona al posto suo l'avrebbe già fatta finita da un pezzo...

Lui                                - Scusi, ma mi pare che lei stia esagerando: la mia vita non sarà meravigliosa, Io ammetto, ma in fondo...

Lei                                 - La smetta con quel suo ottimismo a ogni costo! Riconosca almeno che lei è un infelice... un disgraziato...

Lui                                - La vita non è stata generosa con me, lo ammetto. Ma ho due figli, perciò sento dei doveri verso le creature che ho messo al mondo...

Lei                                 - Lei?

Lui                                - Be', mia moglie...

Lei                                 - Appunto. Ed è sicuro che i figli siano suoi?

Lui                                - Certo. Mi rassomigliano...

Lei                                 - Che ingenuo! Sapesse com'è facile trovare delle rassomiglianze... Siamo fatti tutti allo stesso modo... Abbiamo tutti una faccia con due occhi... un naso... una bocca... un mento... dei capelli in testa... Con un po' di buona volontà tutti ci rasso­migliamo, anche io e lei, che non ci siamo mai visti. Sia sincero: lei in comune coi suoi figli che cos'ha? Niente. Tanto è vero che loro non sentono nemmeno la voce del sangue...

Lui                                - (scosso) No, signora, mia moglie mi ha tra­dito una sola volta...

Lei                                 - E per quanto tempo? (Lungo silenzio) Una donna che ha sbagliato una volta è una donna che ha sempre sbagliato... Certo, se lei per convincersi delle corna deve trovarsi un morto nel letto. Si vede che gli altri amanti di sua moglie godevano ottima salute-

Lui                                - Insomma, io conosco mia moglie. Siamo sposati da ventidue anni...

Lei                                 - Strano! E come mai i figli non sono nati subito? (Silenzio) Sarà perché lei non è stato capace di farglieli fare a sua moglie, che, allora, s'è data da fare altrimenti. Del resto, perché condannarla? Lei tutto il giorno in ufficio... tornava a casa e di che parlava? Del suo lavoro... di morti presunte. Non c'è da stupirsi se sua moglie abbia cercato di rallegrare un poco la sua vita... Lei non poteva accorgersene, occupato com'era a piantar croci presunte ogni giorno sui fogli di carta bollata...

Lui                                - (preoccupato) No, guardi, mia moglie...

Lei                                 - Rientrando la vedeva eccitata.., con un vesti­tino nuovo... la collanina di perle... una spilla che non le aveva mai vista... Sua moglie le diceva che aveva fatto saltar fuori tutto economizzando sulla spesa...

Lui                                - Ma effettivamente...

Lei                                 - Del resto... un ingenuo come lei... non si accorgeva di nulla... delle telefonate a vuoto... delle cugine di sua moglie mai sentite nominare che misteriosamente, all'improvviso chiamavano dall'altra parte della città... dell'emicrania di sua mo­glie quando lei invece desiderava un momento di intimità... Una quercia. Lei è una quercia d'otti­mismo. Mi fa pena. Proprio pena. Perché, oltre­tutto, malandato com'è avrebbe per lo meno di­ritto a un po' di comprensione...

Lui                                - (vacillando) Ma io sto bene... credo di star bene, almeno... perché pensa che sia malato?

Lei                                 - Ed è vergognoso che sua moglie... i suoi figli non si preoccupino della sua salute... Lei è in uno stato tremendo... Ma non si accorge di come trema?... Di come respira?... Ed è pallido come un morto, si guardi allo specchio... (Tira fuori dalla borsa lo specchio. Lui si guarda e per l'emo­zione lo lascia cadere e rompere) Sette anni di guai. Non importa. Tanto peggio di così! Il guaio è che tutti se ne infischiano di lei. Tanto lei per la sua famiglia altro non è che un cavallo da tiro... un bue da lavoro... una bestia da soma... Un poveraccio che dà il sangue per soddisfare ai capricci della sua famiglia... un disgraziato che ha sopportato e continuerà a sopportare in eterno la miseria, le corna, l'indifferenza... messo in di sparte... maltrattato da tutti... senza mai il conforto di un gesto affettuoso... di una parola buona,, preso a calci da tutta quanta l'umanità... una vittima che si accontenta della sola gioia che le dà la primavera facendo spuntare l'erba nuova nei prati... E non vuole capire che lei è un fallito... un incapace... un relitto... Il suo solo merito è quel di essere buono... troppo buono... tanto buono arrivare al punto di voler consolare una do come me che è simpatica, mentre lei, scusi, non è... una donna come me che è piacente, mentre li è brutto... una donna come me che è ricca... mentre lei non ha una lira in tasca... una donna come mi che ha una quantità di amici, sempre pronti farle festa, mentre lei non ha nulla, non ha nessuno... nessuno... proprio nessuno... solo e bastonato come un cane randagio...

Lui                                - (non regge più e scoppia a piangere disperato

Lei                                 - Cosa fa, ora? si mette a piangere?

Lui                                - Non me n'ero accorto... non ci avevo mai pensato...

Lei                                 - A che cosa?

Lui                                - Non mi ero mai accorto che la mia vi) fosse così squallida... di essere così inutile... così solo...

Lei                                 - Che ci vuole fare? tanto lei è uno che pii soffre e più è contento. Io l'ammiro, perché al s posto non ci avrei pensato due volte a farla finiti Ma lei il coraggio non ce l'ha...

Lui                                - Il coraggio? che coraggio?

Lei                                 - Di buttarsi giù di lì, per esempio... (Indica il belvedere).

Lui                                - No, signora, il coraggio adesso ce l'ho, Tanto a che mi vale, ormai, stare al mondo?

Lei                                 - A lei basta per riconciliarsi con la vi una tazza di caffè, al mattino... Glielo porta letto sua moglie? (Lui scuote il capo tristemente ... Le basta vedere il cielo pieno di stelle per sei tirsi contento-

Lui                                - Perché ero un illuso, mi bastava. Perché avevo capito... non avevo visto chiaro nella m: vita... Non ero un ottimista, ma un imbecille. E devo ringraziare lei che mi ha aperto gli occhi...

Lei                                 - Io? Perché? Cos'ho detto? Nulla. E' che a volte, anche una conversazione banale come la nostra aiuta a capire meglio se stessi... Io, pur­troppo, non sono un'ottimista... non sono una sentimentale... Ecco perché preferisco morire in bellezza, piuttosto che sopportare la vergogna di una brutta vecchiaia...

Lui                                - Ha ragione. Ha ragione lei. (Posa la borsa e si accinge a salire sul muretto).

Lei                                 - (debolmente) Ma no, che sta facendo?... Ci pensi bene, prima...

Luì                                - (ormai in piedi sul muretto) A che cosa mi serve vivere, ormai?

Lei                                 - Non lo so. Io sono un'estranea... Conosco così poco di lei... della sua vita...

Lui                                - (dritto sul muretto, quasi in lagrime) Una sola cosa mi trattiene: il pensiero di mia moglie e dei miei figli. Perché quando io non ci sarò più...

Lei                                 - ... avranno la pensione, immagino. (Silenzio) E l'erba nuova? Non pensa all'erba nuova che spun­terà in primavera?

Lui                                - Al diavolo anche l'erba nuova. Avanti, si­gnora, salga su questo muretto. Ci butteremo in­sieme.

Lei                                 - Insieme? Perché « insieme »?

Lui                                - Non aveva deciso di farla finita anche lei?

Lei                                 - Sì, ma « insieme » non mi pare bello, ecco... Io sono una donna... Lei è un uomo sposato... Quan­do ci troveranno giù tutti e due, cosa penserà la gente?

Lui                                - (eroico) Sarà un modo come un altro per vendicarsi di chi ci ha fatto del male...

Lei                                 - Sì, ma., ognuno per proprio conto, mi pare più serio...

Lui                                - Non vuole morire con me? (Deluso) Perché non sono più giovane... perché sono povero... perché non sono bello?

Lei                                 - Che c'entra? Lei ha altre virtù. Lei è buono. (Posa borsa e guanti).

Lui                                - Accetta? Accetta di morire con me? Vera­mente? (Lei, regale, sale sul muretto) Grazie... Lei è buona... lei mi capisce... Sono sempre stato solo nella vita: almeno non lo sarò nella morte. E non lo sarà nemmeno lei. (Lei è in piedi con lui sul muretto) Ci teniamo per mano?

Lei                                 - (seccata) Per mano? Perché per mano?

Lui                                - (disorientato) E, allora, come facciamo?

Lei                                 - E' semplicissimo: contiamo fino a tre e ci buttiamo.

Lui                                - Insieme?

Lei                                 - Insieme.

Lui                                - Conto io?

Lei                                 - (sempre regale) Non si affatichi. Lasci fare a me.

Lui                                - (commosso, le bacia la mano) Grazie... grazie di tutto...

Lei                                 - Ma di che? Io non ho fatto assolutamente nulla. Pronti, allora?

Lui                                - (eroico) Sì!

Lei                                 - Allora... avanti. UNO... DUE... TRE! (Al tre, lui si butta. Lei lo segue precipitare, poi quando sente il tonfo, respira di sollievo) Finalmente! Ce n'è voluto. Cosa fanno al mondo certi poveracci! (Scen­de dal muretto, apre la borsa, controlla un libretto e facendo un segnetto con la matita) E con questo... siamo a quota nove. (Vede la borsa e il cappello di lui, li prende delicatamente e li butta giù dal bel­vedere. Sta un attimo a guardare, poi, tirandosi indietro, con quanta forza ha in corpo, comincia a urlare) Aiuto! Aiuto! Un uomo si è suicidato! Un pazzo si è buttato giù dal belvedere! E voleva buttare giù anche me... Aiuto! Aiuto! Aiuto! (E con­tinua a gridare mentre cala la tela).

FINE