Il Brasile

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Atto unico

di J. Rodolfo  WILCOCK

da SIPARIO n. 175 - Novembre 1960

PERSONAGGI:

ADA

LA MADRE

KRIMBOK,   pensionante

FATA

FALEGNAME

FERRESE, amico di Krimbok.

Una camera. Nel centro una porta o arcata che dà sul corridoio, lasciando vedere la porta della stanza da bagno. In fondo a sinistra la finestra; ancora a si­nistra (davanti)  un'altra porta, aperta. Mobili di cat­tivo gusto stile 1930 (divano-letto, poltrone, radio, comò, due paralumi e uno specchio grande). La Madre è una vecchia di 92 anni, quasi paralitica e quasi cie­ca; ha sempre o quasi sempre lo sguardo fisso sull'u­scio di sinistra. Avvolta in una vestaglia di lana, è se­duta sulla poltrona, con una coperta sulle gambe. È notte.

Madre         Ada.

Ada              (dentro)   Sono occupata.

Madre         Ada.

Ada              (dentro)   Smettila, sto remando! (Pausa)

Madre         Ada.

(Entra Ada dalla porta di sinistra e la chiude. Ha circa 50 anni e i capelli mal tinti; in­dossa una vestaglia grigia)

Ada             Non si può nemmeno fare dello sport in questa casa. Tutta la vita a chiamarmi, Ada, Ada, Ada, con quella vocina da formica. Se avessi almeno un bel vocione grosso, che rallegrasse l'appartamento. Sono trent'anni che ti chiedo di parlarmi solo in fran­cese, per fare pratica, ma è come chiedere un favore al muro. La signora Grau, la signora Prips, la signo­rina Oliva, la più stupida delle mie amiche avrebbe già incendiato la casa, con te dentro, pur di sentirti sfrigolare tra le fiamme. Oppure ti avrebbero innaf­fiata con l'acido nitrico, perché sono delle donne in gamba. Lumaca secca!

Madre         Ada, accompagnami nella stanza da bagno.

Ada             Un'altra volta! La signora Achep mi ha detto l'altro giorno che il tuo gran difetto è appunto quello di avere una mentalità troppo ristretta.

(Squilla il telefono) 

Il telefono, il telefono, che bellezza! (Risponde al telefono con voce affettuosa e insinuante)  Pronto...

Con la casa della signorina Bermuz... Che combinazione, stavamo proprio parlando di te con la mamma... Il fatto è che non posso lasciarla sola un momento..,

Madre         Chi è?

Ada              (al telefono)   Si alza e mi accende tutte le luci di casa... Hai ragione, sono una martire... Una croce, un eterno calvario...

Madre         Chi è, Ada?

Ada              (al telefono)   Le ho fatto vedere il campio­nario e mi ha detto che preferirebbe un cotone più serio... Figurati, dalle ginocchia in giù... Sì, come quel­lo della signora Ray...

Madre         Ada, accompagnami al gabinetto.

Ada              (alla Madre)   Per favore; sto parlando con la signora Achep. Non potresti agonizzare un attimo da sola, almeno finché non avrò finito di parlare con la mia cara amica? (Al telefono)  Faccio una scappatina e lo scegliamo insieme... Pensa, ieri mi ha acceso i due fornelli del gas in cucina e quando arrivo me la trovo seduta sulla ghiacciaia che si stava mangiando uno dei gattini nati sabato scorso. Arrostito, con pelo e tutto sulla punta di una forchetta... Un odore di bruciato che non ti dico... No, la testa non la mangia... Allora arrivederci, cara... (Attacca)  Prova ad accen­dere la radio, magari ti scoppiasse in faccia. Sto par-lando con te, non fare l'indiana. Dài, alzati e andiamo una buona volta in questo maledetto gabinetto.

(Aiu­ta la Madre ad alzarsi e la conduce, facendo smorfie dì disgusto, fino alla porta del bagno. Torna nella ca­mera e si mette a leggere una rivista di moda. Appare nel corridoio il signor Krimbok che si ferma davanti alla porta del bagno)

Krimbok      C'è qualcuno? (Indicando la porta)

Ada             Come sempre. (Sospirando)  La sacerdotessa del tempio. Mi dica un po', come sta il suo amico?

Krimbok      Quale amico? (Entra nella stanza)

Ada             Il giovane della cicatrice.

Krimbok      Il giovane della cicatrice sta bene, gra­zie. (si avvicina alla finestra e guarda attra­verso le persiane)  E già notte.

Ada             E io chiusa qui dentro, legata al mio pati­bolo, da vent'anni. Tutta la mia vita, una vita da cane; peggio che un cane, un cavallo, perché i cani non arrivano quasi mai ai vent'anni. Poverina, è un uccellino che si spegne, pian piano, come una candela.

Krimbok      Quando una persona si spegne, a casa mia chiamano il dottore.

Ada             L'ho chiamato, macché, come se non fosse venuto; anzi le dà ragione. Davvero non so come pren­derla. Adesso ha i disturbi al cuore; non respira più come noi, ma in un modo speciale che ha inventato lei. Le dirò che non mi meraviglia affatto, poiché la sola cosa che le importa è di dare fastidio. Se la la­sciassi sola, sarebbe perfino capace di uscire a fare un giro in bicicletta. Eh si, ognuno ha la sua croce; a me purtroppo è toccata questa spugna di fiele, que­sta grossa corona di spine, queste cinque piaghe so­vrapposte. Povera me, che noia di vita!

Krimbok      Per me sarebbe quasi un piacere tenere compagnia alla sua signora madre. Ho molto tempo libero, il che mi permette di essere gentile senza in­comodare nessuno, e senza incomodarmi.

Ada             Grazie mille, signor Krimbok. Stavo proprio pensando di andare a trovare un'amica che abita qui vicino; una donna molto invidiosa, la verità che non so nemmeno io perché ci vado. Scendo e torno subito. Per quel che riguarda mia madre non le dia retta, è una buffona. (Si avvicina alla porta del bagno)  Sbri­gati che vuole entrare il signor Krimbok, che è tanto intelligente! (Pausa)

Krimbok      Ha le persiane abbassate.

Ada             Ah non mi parli di quella finestra, preferirei non ricordarla, dal momento che sono condannata a non affacciarmi, per colpa della caserma.

Krimbok        La caserma è questo fabbricato di fron­te. Dentro ci sono i soldati.

Ada             Sì, che passano il giorno a guardare, a spiare. Le servette degli appartamenti si affacciano alla finestra, e i soldati le chiamano, fischiando, si esibiscono addirittura in mutande come se fossimo a Sodoma e a Gomorra. Ah, è stata una vera disgrazia per tutti noi che sia morto il generale Lebesol, a lui si che gli riusciva di tenerli buoni ! E inoltre mi chiudono il pa­norama. Dall'altra parte c'è l'erba, le bestie che man­giano l'erba, la pineta per fare un sonnellino dopo aver mangiato l'erba; dagli appartamenti di sopra la veduta è un vero idillio, quando non piove, si capisce.

Krimbok      Anche lei si affaccia alla finestra, a vol­te. Quasi sempre.

Ada             Però guardo verso il basso, verso la parte onesta. Una donna sola, poi, deve osservare attenta­mente chi entra e chi esce dagli appartamenti; suc­cedono tante di quelle cose che lei nemmeno se le im­magina; questa città non è una città normale, basta scorrere un attimo il giornale, ballerine che si ope­rano e diventano aviatori oppure aviatori che diven­tano ballerine; persone di dubbia moralità che sgoz­zano i fanciulli in fondo a un pozzo; contesse che si versano la pentola di champagne bollente sul vestito o sul mantello di ciniglia.

Madre          (dentro)  Ada!

Ada             Vede? In tutta la sua vita non ha fatto altro che dare segni di vita. Eppoi, con quella brutta voce! (Va al bagno, apre la porta ed entra, lasciandola soc­chiusa. Da dentro)

Cos'hai combinato, sciagurata! Chi ti ha dato il permesso di sederti per terra? (Ritorna scuotendo e spingendo la Madre)

Krimbok       (avvicinandosi)  Adesso entro io.

Ada             No, non entri; aspetti un momento.

Krimbok      Va bene, allora aspetto un momento.

(Esce Krimbok, dal corridoio. Ada sistema sua Ma­dre in una poltrona)

Ada             Dovrei  scrivere una lettera  anonima  alla polizia per farti arrestare. Da quando ho capito che discendi dalla scimmia, non ho più il coraggio di dire che sei mia madre. Non viene più nessuno, in questa casa; per colpa tua. Tutte le mie amiche d'infanzia ti trovano inspiegabilmente deprimente.

Madre         Non vengono perché sei cattiva.

Ada             Taci o ti lascio al buio.

Madre         No, per favore.

Ada             Al buio e sola.

(Ada entra nella stanza da bagno. Si apre la porta di sinistra e appare la Fata, risplendente di luce e di candore. Viole e violini)

Fata            Oh povera signora

invalida nel suo seggiolone!

 Sono una fata che deplora

la sua affliggente situazione.

Madre         Grazie, bella giovane; si sieda su quel di­vano, tutto imbottito di velluto, la prego.

Fata            Il miglior premio, dopo una lunga vita,

è una calma vecchiaia arricchita

da visioni di penetrante dolcezza

come i ricordi della prima fanciullezza.

Madre         E  strano, ma ormai  tutto mi sembra uguale.

Fata            Vivere è percorrere il mondo

attraverso ponti di fumo;

quando si è giunti dall'altra parte

che importa se i ponti precipitano.

Per arrivare in qualche luogo

bisogna trovare un passaggio,

e non fa niente se scesi dalla vettura

si scopre che questo era un miraggio.

Madre         Sto diventando una specie di bestia.

Fata             Oh nobile intelletto umano

ridotto in cosi basso stato come un ricamo

complicato che si scioglie nella mano!

(Ada esce dal bagno al corridoio. Contemporaneamente  scompare la Fata, chiudendo la porta)

Ada              (verso l'interno)  Signor Krimbok, adesso può andare! (Alla Madre)  Vado e torno. Voglio vedere un cappello. Stai attenta a non mangiare gli altri gat­tini. (Si mette un cappello)  Magari ti sognassi l'orco.

Madre         Voglio dell'acqua.

Ada             Ti sei già bevuta il litro di oggi ! Che donna insaziabile. (Esce da sinistra e torna con un bicchiere d'acqua)  Puoi parlare con il signor Krimbok; è molto divertente.

Madre         Chi è il signor Tripok?

Ada             Krimbok, il nostro inquilino.

(Ada esce dal corridoio. Dalla porta di sinistra entra nuovamente la Fata, con una corona di fiori sulla testa, e le braccia cariche di fiori)

Fata            Quest'anno ha tanto piovuto

in primavera che i campi

traboccano di chiare corolle,

madreselva e dente di leone;

papaveri e margherite,

e la notte un profumo che stordisce

vaga per la città assopita

come il profumo della giovane vita.

Madre         La ringrazio di avere acceso la luce.

Fata            Questa è la notte di San Giovanni

la notte più breve dell'anno solare.

I ragazzi escono per le strade

con gli amici, e organizzano balli;

e le famiglie mangiano lumache

all'aperto, per onorare l'estate.

E a lei questa festa non ricorda nulla?

Madre         Il falegname mi raccontava le favole.

(Pas­sa Krimbok per il corridoio ed entra nella stanza da bagno. Scompare la Fata chiudendo la porta)

Madre         Paolo! Paolo! (Pausa)  Non mi sente. Al buio più nessuno sente. Se n'è andato! (Continuamen­te fa il gesto di cercarsi la lanugine sotto la coperta e dentro la vestaglia di lana, per poi gettarla per ter­ra).

(Dalla porta di sinistra appare il Falegname, uomo sulla trentina, come era ottantaquattro (?) anni prima) 

Falegname    Rosina! Come mai in tutto questo tempo non ti sei fatta viva?

Madre         La mia mammina non mi lascia uscire. In casa c'è sempre tanto buio.

Falegname    Mia cara Rosina. Venga, venga a dare un bacio al suo amico falegname.

Madre         Me l'hai fatta la culletta che mi avevi pro­messo?

Falegname    No, ancora no; ho molto lavoro. Sto facendo un letto per il conte. 0 meglio, per la cuoca del conte: è tanto grassa che una sera si è coricata senza prendere le dovute precauzioni e il letto si è sfondato.

Madre         Si è sfondato! (Ride)  Ih! Ih! Ih!

Falegname    Ha fatto patapumf! e si è trovata per terra.

Madre         Che buffo! (Pausa)  Ada! Ada!

(Scompare il Falegname chiudendo la porta. Pausa) 

Ada! Ho sete. Voglio una bibita qualunque. (Pausa).

(Esce Krimbok dal bagno) 

Paolo! Paolo!

Krimbok      Ho sentito chiamare.

Madre         La prego, rimanga qui con me.

Krimbok      Sì, signora. Vado a prendere il giornale e torno subito.

(Esce Krimbok per il corridoio)

Madre         Insomma, se non ci fossero quelle trombe del tetto... Non lo vedo. Paolo! (Pausa)  Paolo! Si fa buio.

(Rientra Krimbok)

Krimbok      Sono qui, signora. Ma non mi chiamo Paolo.

Madre         No? E come si chiama?

 Krimbok     Alberto.

Madre         Ah, Alberto. Si sieda, Alberto, senza com­plimenti.

(Krimbok si siede in un'altra poltrona, con il giornale) 

Per favore, accenda la luce.

Krimbok      La luce è accesa.

Madre         Allora la luce piccola, l'abatjour. Faccia la cortesia. La peretta è li, sopra il tavolino.

Krimbok      Sì, signora. (cerca la peretta della luce e la trova sul divano. Accende)  Così?

Madre         Sì, così va meglio. Accenda anche la radio. (continua a togliersi l'immaginaria lanu­gine).

(Krimbok accende la radio e si siede a leggere. Alla radio un contralto canta un'aria di "Sansone e Dalila", un minuto) 

Ha una bella voce quella donna. Adesso sarà meglio spegnere la radio.

(Krimbok spegne la radio e si siede) 

Paolo.

Krimbok      Sì, signora.

Madre         Potrebbe accompagnarmi al gabinetto?

Krimbok      Posso accompagnarla, ma c'è già stata.

Madre         Non ricordo. Allora mi porti dell'acqua, per favore.

Krimbok      Ecco il bicchiere dell'acqua. (Le porge il bicchiere e accende una sigaretta)

Madre         Dov'è Ada?

Krimbok      La signorina Ada è uscita.

Madre         Chi è questa Ada? Me l'ha mandata l'a­genzia? Lei la conosce?

Krimbok      So quello che fa ma non so quello che pensa.

Madre         Preferirei che fosse un'altra. L'altra era più buona.

Krimbok      Anche questa è buona.

Madre         Le piace troppo il buio. È una brutta abi­tudine. L'altra sera ha voluto dare una festa per fe­steggiare il mio santo.

Krimbok      Tutti abbiamo due piedi, due mani e un santo.

Madre         Sono finite le feste. Tutti morti.

Krimbok       (con improvvisa animazione)   L'ho vista anch'io, la festa!

Madre         Nel buio più buio, con tutti quei morti che mi toccano le mani, non capisco cosa vogliano da me. Mi danno ai nervi. Mi confondono le idee.

Krimbok       (di nuovo tranquillo)   Confondono tutto, è vero.

Madre         Mi dica, non è ancora salita la portiera? Dovrebbe portarmi una cosa che mi ha promesso, ma non viene. Non può tardare molto.

Krimbok      Deve portarle una cosa?

Madre         Una cosa che mi serve.

Krimbok      Una cosa che le serve?

Madre         Un fornello elettrico.

Krimbok      Oggigiorno a chi non serve un fornello elettrico!

Madre         Se io avessi un fornello elettrico mange­rei tutti i giorni un gatto diverso. Non è ancora arri­vata Ada?

Krimbok      No, non la vedo.

Madre         Mi accompagna alla stanza da bagno?

Krimbok      Volentieri.

(Pausa)

Madre         Anche lei è seduto, Emilio?

Krimbok      Sì, signora, tuttavia non mi chiamo Emilio.

Madre         Ha ragione, mi scusi. (Pausa)  Quanto ci mette quella donna a venire! Non potrebbe chiamarla per telefono?

Krimbok      Oggi stesso?

Madre         Chiami la portiera. Per favore, chiami la portiera e le dica di salire a tenermi compagnia.

Krimbok      Io preferirei che venisse la signorina Ada.

Madre         Non voglio nessuna signorina, voglio un fornello, altrimenti voglio la portiera.

(Pausa)

Krimbok      Deve essere bello volere che venga la portiera. Mi racconti.

Madre         Non capisco. Non so che cosa vuole che le racconti.

Krimbok      Qualcosa che le abbia detto la portiera.

Madre         Quando avrò il mio fornello mangerò tutti i giorni un gatto diverso.

Krimbok      Com'è il marito della portiera?

Madre         Per favore, che non ci sentano parlare di quell'uomo.

Krimbok      E i figli della portiera?

Madre         I figli della confusione.

Krimbok      Quanti figli ha la portiera?

Madre         Tre. Si chiamano Paolo, Emilio e Ada. Tutti e tre sono morti, nello stesso giorno, però io non andai al funerale; non ci volli andare.

Krimbok      I figli della portiera sono sempre i fi­gli della portiera.

Madre         Io mi pettino da sola tutte le mattine, e poi la mia mammina mi passa la spazzola sui capelli. Un giorno mi porterà sulla spiaggia, in riva al mare, e mi lascerà li, perché sono disubbidiente. Non avreb­be la gentilezza di accompagnarmi al gabinetto?

Krimbok      Ho sempre una gentilezza.

(Krimbok si alza e accompagna faticosamente la Madre fino alla porta del bagno. La Madre entra e chiude la porta).

(Squilla il telefono). Krimbok risponde) 

Krimbok      (al telefono) Sì...   sono io, signor Perkedelin... No, non ancora. Mi avanzano sempre tre palle... Sto leggendo le notizie… Sì, signor Perkedelin... (Legge il giornale al telefono) 

Secondo le ultime notizie che ci giungono dai regni cristiani in Palestina, una città fortificata nel deserto è stata in questi ultimi mesi assediata dai musulmani...

Attraverso qualche galleria segreta si può usci­re ed entrare nella città assediata, e molti sono co­loro che fuggono per quelle gallerie; il prezzo della evasione è di lasciare entrare, per ogni abitante che fugge, uno degli assedianti; i quali, come osservano fonti generalmente ben informate, sono passati a for­mare la maggior parte della popolazione. L'attività parlamentare dei cristiani continua a sgretolarsi a quanto sembra senza ulteriori inciampi. Si è stabilita pertanto una curiosa situazione: che la maggioranza dei sudditi dei principi cristiani sono adesso sara­ceni. La città si trova attualmente assediata, secondo gli ultimi dispacci, dai suoi precedenti abitatori, in agguato sulle colline circostanti...

Madre          (dentro)   Ada.

Krimbok       (al telefono)   Hanno chiamato la signo­rina Ada... Sì, signore... Arrivederci, signor Perke­delin... (Attacca)

Madre          (dentro, aprendo la porta del bagno)   Ada!

Krimbok      Vengo.

Madre         Chi è Ada?

(Krimbok accompagna la Ma­dre alla poltrona, poi le aggiusta le coperte e i cusci­ni. Guarda l'orologio da polso)

Krimbok      La signorina Ada è... non sono io.

Madre         Chi ha chiamato al telefono?

Krimbok      Il signor Perkedelin. Vuole che io vada a leggergli di persona il giornale.

Madre         Preferirei che si sedesse nella poltrona e rimanesse con me.

Krimbok      Debbo andare a leggere il giornale al signor Perkedelin.

Madre         Allora vorrei un po' d'acqua.

(Krimbok le porge il bicchiere dell'acqua) 

E che mi accenda la luce.

(Krimbok fa girare l'interruttore della luce prin­cipale, spegnendola e accendendola con un solo movi­mento)

Krimbok      Ho acceso la luce.

Madre         Questa luce non illumina niente.

Krimbok      E il rumore della strada.

Madre         Poco rumore; poca luce.

Krimbok      Arrivederci, signora Bermuz. (Esce per il corridoio).

(La Madre continua a togliersi la la­nugine immaginaria dai vestiti)

Madre         No, non c'è.

(Pausa. Dalla porta di sini­stra appare un'altra volta il Falegname)

Falegname    E la tua mammina, oggi ti ha lasciata sola?

Madre         È uscita. Mi ha lasciata sola in casa.

Falegname    La tua mammina non è buona con te.

Madre         No. A volte mi mette il bavaglio. Si trucca e balla.

Falegname    E non riceve mai visite?

Madre         Quattro vecchie che parlano al buio, mi coprono quando fa caldo, mangiano delle paste senza offrirmene mai una. Una volta è entrata una colomba dalla finestra. Che scompiglio; ih ih! Dimmi una poesia.

Falegname "I tuoi occhi come un pugnale / e il profumo del tuo seno / sono per me il veleno / più fatale."

Madre         Che bella poesia! L'altro giorno mi sono mangiata... Raccontami una favola. La favola del to­polino Piero e la formica.

Falegname    Un giorno la formica dovette andare al mercato e siccome aveva la pentola sul fuoco rac­comandò al topolino Piero, che era suo marito, di me­scolare ogni tanto la minestra. Ma siccome il topo Piero era molto distratto, la formichina gli disse: "Stai attento a non sporgerti quando mescoli la mi­nestra con il mestolo, perché potresti caderci dentro." Ma il topo Piero non le diede retta: mentre mescolava si sporse per vedere cosa c'era dentro, ma purtroppo cadde nella pentola e annegò. Quando la formichina tornò dal mercato...

Madre         Sento la porta di casa. Ada!

(Esce il Falegname dalla porta di sinistra. Entra Ada dal corridoio)

Ada             Un'altra volta che ti trovo a parlare da sola. Dov'è il signor Krimbok? È andato via?

Madre         Ada, mi dai qualcosa da mangiare?

Ada             A quest'ora? No, ancora non è l'ora di man­giare. (Si toglie il cappello)  Qui ci vuole un po' più di carattere. C'era un orrore di gente per la strada.

Madre         Un po' di latte, per esempio.

Ada             Il latte non c'è, il latte è finito, è andato a male!  Guarda, il  portacenere smaltato è  sporco  di sigaretta. Vedo che ha alzato le persiane, anche. (Le abbassa)  I soldati avranno approfittato per guardare dentro la stanza. Si saranno affacciati in maglietta, con la scusa del caldo! Debbo lavare questo portace­nere, l'odore è troppo penetrante. (Esce da sinistra)

Madre         Ada, già che ci sei portami un po' di latte. (Si toglie la lanugine immaginaria. Dopo un istante rientra Ada con il portacenere)

Ada             Per quanto lo si lavi l'odore non se ne va via. Ed è rimasto dappertutto: sulle poltrone, sulle tende. (Le annusa)  Avrà anche sputato; quasi tutti gli uo­mini sputano.

Madre         Ada.

Ada             Non vedi che sto pulendo le macchie di quell'uomo? Debbo disinfettare la stanza, spruzzare dell'alcool! (Spruzza dell'alcool con un polverizzatore sui mobili, facendo una smorfia di disgusto)

Madre         Un bicchiere di latte, Ada.

Ada             Sempre chiedendo acqua, latte, da mangiare, stanza da bagno, vestirla, spogliarla... Nemmeno una mummia imbalsamata sarebbe più esigente. Eppure la signora Grau mi dice sempre che tutte le donne hanno il diritto di fiorire, come le rose. (Accende l'al­tro abat-jour e si guarda allo specchio)  Uno di questi giorni già mi vedo entrare da quella porta dieci o quindici soldati della caserma dirimpetto, che mi vio­lentato uno dopo l'altro, con tutte le luci accese, senza badare a te; comunque non vedi niente. Che spetta­colo! Basta aprire un giornale per vedere i pericoli che minacciano una donna. (Si guarda di nuovo allo specchio)  E anche l'amico del signor Krimbok, con quella cicatrice sul viso.

Madre         Ada, voglio andare al gabinetto.

Ada              (furente)   Non mi interrompere! Per una vol­ta puoi andarci da sola al bagno. Magari nel cammino t'imbattessi in un pozzo o in una finestra aperta. Ma­gari ti trovassero morta dentro la vasca da bagno, nuda come un pollo spennato.

(Squilla il campanello della porta d'ingresso) 

Mi vestirò di rosso e di verde, come un fiore esotico che si apre alle carezze della brezza primaverile. Addio (cantando)  vestiti grigi, ad­dio scialli lillà, la là, la là, la lero! (Esce dal corridoio)

Madre         Ho fame. Ada. Ada!

(Entra Ada con Ferrese, un giovane dalla guancia sfregiata)

Ada             Si accomodi qualche istante, signor Ferrese; il signor Krimbok tornerà subito, il poveretto sta quasi sempre in casa.

Ferrese       Volevo soltanto domandare come sta il signor Krimbok, come sta lei e come sta la sua si­gnora madre.

Ada             Si accomodi un minuto, signor Ferrese: quel­la buon'anima del signor Krimbok tornerà subito, sta quasi sempre in casa.

Ferrese       Volevo soltanto dirgli che ho trovato la soluzione del problema proposto dal signor Perkedelin.

Ada             La dica a me, la dica a me!

Ferrese       Forse le riuscirà un po' difficile ricor­darla: 375 palle.

Ada             375 palle! Il signor Krimbok ne sarà conten­tissimo.

Ferrese       E anche il signor Perkedelin.

Ada             Senti mamma? Il signor Ferrese ha trovato la soluzione del problema del signor Perkedelin. Po­verina, è più di là che di qua.

Ferrese       Non può più parlare?

Ada             Parlare, parla. Fa sentire al signore come parli.

Madre         Chi è?

Ada             L'amico del signor Krimbok

Madre         Vorrei che qualcuno mi accompagnasse nella stanza da bagno.

Ada             Aspetta un attimo. Non vedi che ci sono vi­site? Povera mamma, è come un uccellino che si spe-gne, a poco a poco. Eppure l'altro ieri mi ha detto che vorrebbe andare in Brasile.

Ferrese       Io ho tutta la collezione di tutti i fran­cobolli del Brasile. Di notte li accarezzo, me li metto in bocca, conto i dentini nel buio con la punta della lingua.

Ada             Lei è ancora giovane. Ma questa qui, sa per­ché vuole andare in quei paesi? Per arrampicarsi su­gli alberi, ne sono sicura.

Ferrese       Su uno dei francobolli c'è disegnato il primo aereo di Santos Dumont.

Ada             Che pensiero delicato!

Ferrese       E su un altro una donna seduta sotto un cannone.

Ada             Posso offrirle un po' di marmellata di riso?

Ferrese       No grazie, debbo andarmene. Mi sento tutto accaldato, ottimista. Vorrei festeggiare la riso­luzione del problema, correre per strada, trovare il signor Krimbok. Mi scusi, sono contento.

Ada             Ah, come la capisco!

Ferrese       Tante belle cose, a lei, alla signora e al signor Krimbok quando ritorna.

Ada             Aspetti, l'accompagno alla porta.

(Escono Ada e Ferrese)

Madre         Ada. Ada! (Pausa)  Ada! (Incomincia ad alzarsi faticosamente, appoggiandosi ai mobili intor­no, fino ad allontanarsi di circa un metro dalla sua poltrona. Entra Ada sorridendo)

Ada             Che fai, specie di saltimbanco? Torna im­mediatamente alla tua poltrona. (La spinge verso la sua poltrona)

Madre         Voglio andare al gabinetto.

Ada             Che intelligenza, che belle maniere! E che bella cicatrice! Chissà, forse è uno sfregio di amore appassionato! Domani stesso mi faccio fare un tail­leur di tafetan rosa cangiante con un grosso fiocco di dietro, come quello dell'Almanacco Elegante.

Madre         Voglio andare al gabinetto.

Ada             Mi è venuta voglia di metterti il bavaglio e fare la scena di Cleopatra con le perle.

Madre         No, il bavaglio no.

Ada             Ohi, che fitta al fegato! (Si porta la mano al fegato)

Madre         Accompagnami al bagno, per favore.

Ada             Dove sarà andato a finire quel fazzoletto? (Fruga nel cassetto del comò)

Madre         No, per favore, prometto di stare buona.

Ada              (trovando il bavaglio)   Eccolo. (È un faz­zoletto di seta nera, sul cui margine si legge a grandi lettere, "O sole mio")

Madre         No, no. (Ada le lega il fazzoletto a mo' di. bavaglio)

Ada             Né l'ululo della iena dei deserti, né il sibilo del serpente boa scagliato, né il raschiare del topo dietro la porta sono più noiosi di una persona an­ziana. Vorrei vedere un film con lunghissimi baci in paesaggio di palme al chiaro di luna. Questa sera mi sento una vera artista di varietà!

Madre         Mm.

Ada             Vorrei andare in un caffeuccio del porto, prendere dei medicinali a base di ormoni, tatuarmi le gambe, usare giarrettiere con rosette, succhiare ge­lati azzurri!

(Ada percorre agitatamente la stanza. La Madre cerca di strappare il fazzoletto che la imbava­glia, ma non ci riesce. Si alza, ricade sulla poltrona)

Madre         Mm. Mmmm.

Ada             Non ti toccare il bavaglio, che può scivolare. Se non stai buona ti infilo la federa in testa, come l'al­tra volta.

(La Madre lascia cadere la testa indietro, sullo schienale della poltrona, e rimane immobile con gli occhi fissi sul soffitto. Ada si ammira allo specchio) 

Vorrei essere tutta coperta di piume di struzzo. Op­pure vestita con un abito completo da monaca, semi­nato di lustrini, come la Monaca Portoghese (Si toglie il vestito)  Se mi presentassi cosi in sottoveste, quando vado la mattina nella stanza del signor Krimbok, con il vassoio della colazione... Si alzerebbe di un salto sul letto, con il suo pigiama di flanella a righe verdi, e mi direbbe qualcosa di molto spiritoso.

(Tira fuori dal comò una vestaglia rosa trasparente, adornata con tanti fiocchi e nastri verdi, e la indossa) 

Ma se i sol­dati mi vedessero con la vestaglia di nailon, sfonde­rebbero a pugni le porte della caserma e un attimo dopo entrerebbero da quel corridoio per gettarsi su di me, come le mosche sul micie. Io sono il miele, e loro gli insetti, schiavi della passione. Le labbra ros­se, gli occhi a mandorla, le guance bianche: cosi mi vogliono, pericolosa come una medusa, bella come un francobollo.

(Davanti allo specchio si trucca esagera­tamente, poi si incipria abbondantemente la faccia e il collo, fino a sembrare una maschera) 

Questa notte, questa notte perfino i professori dell'Università entra­no volando dalle finestre delle donne avvenenti, con le loro barbette d'argento e i loro occhiali d'oro!  E adesso   il   profumo  che  mi   ha   regalato   la   signora Prips,  "Vapori  torbidi",  che  sembrano  un  invito a cena in un ristorante di lusso.

(Si profuma dapper­tutto. Squilla il telefono. Ada risponde) 

Pronto... No, questa settimana non mi occorrono le uova... Arrivederci,  signora  Luisa...  (Attacca)  Non senti  mamma, non senti la valanga di irresistibili desideri che inon­da il mondo questa notte, cupidigie di operai e di impiegati, di ergastolani torvi e distinti professioni­sti, di eroici militari che trafiggono le pareti con un balzo solo delle loro baionette! (Si guarda allo spec­chio)  Adesso accendiamo tutte le luci, (accende l'al­tro abatjour)  la radio, (accende la radio e si sente un valzer melenso moderno)  eppoi alziamo le persiane. (Alza le persiane)  Questa notte mi esibisco gratis da­vanti a tutti i signori della città. Guarda, mamma, ce n'è uno a ogni finestra! Come una stupenda luna sor­go io, la signorina Ada, eclissando per sempre tutte le servette di tutti gli appartamenti!

(Balla lentamen­te davanti alla finestra, canticchiando il valzer con le braccia  tese)  

Le  perle! I commessi  viaggiatori  mi adorano soprattutto per le mie perle; tra un bacio e l'altro provano a strapparmele. Sebbene la più pre­ziosa di tutte sia ancora nascosta nel suo astuccio, esclusivamente riservata ai più alti funzionari dello Stato.

(Sceglie dei gioielli in uno scrigno sul comò) 

Le collane di vetro sono ormai passate di moda. In­vece quest'altra è di vero corallo; sul mio petto bian­co si  direbbe latte di fragole. Gli anelli della zia Nelly! Oggi mi metto tutti gli anelli della zia e della mamma,  tranne l'opale che porta freddo e infonde malinconia. E il diadema; è una bella fantasia. La vipera d'argento che morde una perlina, me l'appunto tra i seni. Sono la principessa Cleopatra! Ho tanti bracciali, e come mi donano! Mi viene da ridere quan­do mi vedo così bella! (Balla ancora con le braccia tese)  E adesso mi bevo lo  spumante  delle  visite!

(Esce da sinistra. La Madre lascia cadere lentamente la testa da un lato, sulla spalliera, con gli occhi sem­pre aperti; rientra Ada con un bicchiere da cham­pagne in mano) 

Lo spumante delle visite gorgoglia nel bicchiere da champagne, come una  festa di  risate; me lo bevo tutto alla tua salute, mamma, e alla salute di tutti voi, miei pazzi ammiratori. (Davanti alla fine­stra, brindando verso il vuoto)  Venite, venite, tutti, venite subito a fare quattro chiacchiere con il fiore più squisito della città. Subito!  (Getta il bicchiere dalla finestra)  Guarda, mamma, i fuochi artificiali! Salgono per il cielo, come un settimanale a colori, da­vanti alla chiesa. Le statue del tetto fanno dei gesti verdi e rossi; ad ogni scoppio il vento solleva le loro tuniche. Che bellezza! Pum! Pum, pum! Anch'io sono una girandola, un ragno di stelline! Sono un razzo interplanetario!

(Apre te braccia, e con le mani ap­poggiate ai lati della finestra si ferma un istante a guardare i fuochi nella notte. Si volta e osserva la Madre esanime) 

È molto che non ci facciamo il solle­tico, per ridere un po'. (Si avvicina alla Madre e le fa il solletico)  Vuoi che ti metta il diadema? (Le slega il fazzoletto e le mette il diadema)  Immaginiamo di stare a bordo di un piroscafo di lusso, tutto illumi­nato nella notte. Là (indica la finestra)  si vedono le coste del Brasile, un faro che si accende e si spegne; gli ufficiali della nave mi invitano a ballare...

(La radio continua a ripetere il valzer di prima, con varia­zioni. Ada torna a ballare. Ad un tratto si avvicina al telefono e fa un numero) 

Pronto... C'è la signora Grau? Per favore, quando torna le dica di chiamare a casa della signorina Bermuz.

(Passano per il corridoio Krimbok e Ferrese) 

Signor Krimbok! (A Krimbok)  Si ricordi, mi raccomando.

(Al telefono. Entra Krimbok; Ferrese aspetta sull'uscio) 

Signor Krimbok, venga a ballare con noi.

(Krimbok si avvicina) 

Krimbok      La signora non può ballare.

Ada             Sì, è morta. Senza nemmeno darmi la buona notte.

(Si accinge a riprendere la danza, ma ci ripen­sa, e si mette a piangere) 

Krimbok      Piange?

Ferrese       Anch'io a volte piango, per potermi lec­care le lacrime.

Krimbok      Il giovane Ferrese, lo conosce, no? Il giovane Ferrese ed io ci siamo incontrati per strada. Che combinazione, no? Ha trovato la soluzione del problema.

Ferrese         È l'ora del giornale-radio.

Krimbok      Sì, dobbiamo spegnere subito. (Spegne la radio)

Ferrese       Si è già indurita? (Entra Ferrese; si sen­tono da lontano gli ultimi scoppi dei fuochi artificiali) 

Ada             Come un uccellino... Se n'è andata senza rin­graziarmi,  io che la curavo come un'orchidea  pre­ziosa.

Krimbok       (a Ferrese)   La signorina aveva cura di lei, davvero. L'accompagnava sempre al gabinetto.

Ada             Le si dovrebbe dare l'estrema unzione.

Ferrese       È ancora morbida.

Ada             Ho aperto la finestra, si ballava... Ho chia­mato la signora Grau. Vado a cambiarmi. (rac­coglie il vestito che si era tolto, ed entra nella stanza da bagno)

Krimbok      Uno si toglie i vestiti, poi se li rimette e intanto la gente muore. (Sospira)

Ferrese       Bisognerebbe prendere un'ultima foto­grafia del cadavere da dare al signor Perkedelin.

Krimbok      Sì, gli farà piacere. (Esce dal corridoio).

(Ferrese accomoda qualche piega della vestaglia della morta. Torna subito Krimbok con la mac­china fotografica e il flash. Si accingono a fotografare la defunta. Entra Ada con la vestaglia rosa e il viso ancora truccato)

Ada             Aspettate; ho pensato che potevano fotogra­fare anche me accanto alla mamma con il diadema.

Krimbok      Per fortuna è ancora calda.

Ada             Sarà un bel ricordo. (si ferma accanto alla poltrona, prima con una mano sulla spalla della morta, ma poi cambia posizione, e resta in posa, quasi ballasse il valzer, con le braccia protese sulla madre) 

Krimbok      Uno, due... tre.

F I N E