Il burattino

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IL BURATTINO

Commedia in tre atti

di GHERARDO GHERARDI

PERSONAGGI

ADAMO (il burattino)

SAMUELE

MARIA

CARLO

MICHELINO

L’UOMO DEL GONG

MATTEO

LUCIA

NINI’

STEINER

CAVENDISH

RODRIGUEZ

ALTRI GIOVANI

Commedia formattata da

ATTO PRIMO

 La scena rappresenta un'ampia sala a terreno di una villa. In fondo una veranda aperta su un lago. Si vedranno sulla riva del lago delle rocce brulle. Nessuna vegetazione appare. Nel fon­do della scena, un po' a destra dello spettatore è una rientranza, che forma, una specie di ca­meretta a parte, nella quale è un tavolino con lampada e dovunque del materiale elettrico: pile, isolatori, fili, manubri. La scena vera e propria è invece arredata a salone. Da un lato è una tavola con una tastiera tutta piena di in­terruttori elettrici.

SCENA PRIMA Samuele, Matteo, poi Carlo

Matteo                          - (in livrea da servitore, si dirige verso Samuele che è seduto nella stanzetta tutto as­sorto a leggere) Posso, signore?

Samuele                        - (alza appena la testa dal libro per fa­re un cenno affermativo).

Matteo                          - (si dirige alla tavola dove sono gli interruttori e ne fa funzionare qualcuno. In cor­rispondenza delle manovre di Matteo la luce cambia in scena e si fa ora rossa, ora viola, ora verde).

Carlo                             - (comparendo dal fondo e non potendo vedere dalla soglia se Samuele ci sia, domanda a Matteo) C'è?

Matteo                          - (fa un cenno al padrone e continua a fare le sue manovre).

Carlo                             - Buon giorno, maestro.

Samuele                        - Sei tu? Buon giorno. E Adamo dove l'hai lasciato?

Carlo                             - Con gli amici. State tranquillo. E' ben guardato. E poi io direi che sarebbe ora di lasciarlo crescere in piena libertà.

Samuele                        - Perché? Sei stanco?

Carlo                             - Un poco.

Samuele                        - Allora vattene. In un'ora puoi rag­giungere il mondo, (a Matteo che continua a far cambiare le luci) Ma basta!

Matteo                          - Sa, il signorino si lamenta sempre che non ha le sue luci...

Samuele                        - Be' adesso tutto va bene. Vattene. (via Matteo. A Carlo) Non trovo proprio niente di straordinario che un giovane come te desideri di abbandonare questa isola che ti deve sembrare squallida, deserta ed anche triste. Però vorrei sapere chi è stato quell'imbecille che ha chiamato questa l'Isola Morta. Se ne accorgerà se è morta! O, a proposito che mi dici degli illustrissimi ospiti?

Carlo                             - Ieri sera, come arrivarono, li feci coricare secondo i vostri ordini. Ora stanno al­zandosi. L'inglese ha parlato dalla finestra una mezz'ora in maniche di camicia con lo spagnuolo, che stava sull'attenti e in redin­gote.

Samuele                        - Ah, ah... ci siamo!

Carlo                             - Come sarebbe a dire?

Samuele                        - Niente... Pensavo all'indipendenza dei popoli in generale.

Carlo                             - E poi vi devo dire una cosa non grave ma abbastanza preoccupante.

Samuele                        - Cioè?

Carlo                             - I giornali fanno delle indiscrezioni.

Samuele                        - No!

Carlo                             - (porgendogli i giornali) Leggete.

Samuele                        - (leggendo) ce Sono stati di passag­gio all'Hotel Lago, e diretti all'Isola Morta tre illustri scienziati, i signori Cavendish, dell'Università di Oxford; Steiner, dell'Uni­versità di Eidelberga, e Rodriguez, della Università di Salamanca. Interrogati sul­lo scopo del loro viaggio essi si sono chiusi nel più assoluto mutismo; pare però che uno scienziato italiano abbia effettuato in questi ultimi tempi una sensazionale scoperta desti­nata a rivoluzionare la storia. Si tratta di qualche cosa che supera di gran lunga il caso Voronoff e le polemiche sul taglio dei capelli alla garsonne: la creazione dell'uomo senza l'intervento della donna. La chimica, la fi­sica, l'elettricità, la radiologia sarebbero riu­sciti a mettere insieme qualche cosa che as­somiglia all'uomo e che dell'uomo ha le prin­cipali caratteristiche: la ragione e la parola ». Questi pettegoli! E il governo permette che si stampi questa roba! Ma chi è stato? Non sarai stato tu, spero?

Carlo                             - Io? Ma vi pare.

Samuele                        - Ma come è possibile credere a voi... Sì, dico a voi, uomini. Per voi la menzogna è un prodotto dell'istinto di conservazione.

Carlo                             - E pure vi giuro che io non c'entro...

SCENA SECONDA Lucia - Detti

Lucia                             - Buon giorno, caro zio!

Samuele                        - Buon giorno, cara, buon giorno!

Lucia                             - Che cosa hai? Le patturnie?

Samuele                        - Non mi mancare di rispetto.

Lucia                             - Perché? Non si può dire? L'ho im­parato ieri sera.

Samuele                        - Che cosa hai che sei così accal­data?

Lucia                             - Ho camminato tanto che non ne pos­so più.

Samuele                        - Perché?

Lucia                             - Avevo scommesso di trovare una foglia...

Samuele                        - Una foglia di che?

Lucia                             - Una foglia qualunque.

Samuele                        - E perché?

Lucia                             - Così, per niente.

Samuele                        - Così, senza ragione?

Lucia                             - Dice il custode che in tutta l'isola non si trova una foglia...

Samuele                        - E perché si deve trovare una fo­glia? Io sono venuto qui proprio perché non c'è vegetazione. E per la stessa ragione do­vrei mandare via te. Non c'è nulla come la lussuria della natura che confonda i pensieri.

Lucia                             - Zio... E' vero che uno di quei signori che sono arrivati ieri sera è molto bello?

Samuele                        - Va via...

Lucia                             - Come mi debbo vestire?

Samuele                        - Spero che non ti farai nemmeno vedere.

Lucia                             - (fa le spallucce e si dispone ad uscire. Prima di uscire fa a Carlo una boccaccia. Via)

Samuele                        - Sì, sì: quella lì bisogna mandar­la via...

Carlo                             - Ma perché, poverina?

Samuele                        - Perché, prima di tutto, la donna è sempre un oggetto di lusso. Poi adesso che c'è questa commissione che è venuta per di­scutere, controllare, vedere, potrebbe essere una distrazione... E in fine...

Carlo                             - In fine?

Samuele                        - E in fine non voglio che ormai mia nipote si faccia vedere troppo da Adamo.

Carlo                             - (ride).

Samuele                        - Non c'è proprio niente da ridere. Ho le mie ragioni. Adesso basta. Tra poco quei signori saranno qui. Io, naturalmente ho preparato un discorso. Ci vuol sempre un di­scorso. Tu ricevili qui.

SCENA TERZA Matteo - Detti

Matteo                          - (entrando in fretta) Padrone, hanno telefonato di mandare una lancia alla riva.

Samuele                        - Per chi?

Matteo                          - Ma, dice una visita.

Samuele                        - Sarà qualche altro professore... Be­none, vengano, vengano, (via Matteo)

Carlo                             - E se non fosse un professore?

Samuele                        - Ma che cosa ne sai tu?

 Carlo                            - Io? Niente. Dico se non fosse così...

Samuele                        - E chi potrebbe essere? Mah... Ve­dremo. Bada che vengono. Un momento solo.

SCENA QUARTA Steiner, Cavendish, Rodriguez, Carlo

(entrano i tre sapienti che guardano Carlo con molta curiosità girandogli intorno. Carlo lascia fare un poco).

Carlo                             - Buon giorno!

I tre                               - (insieme con meraviglia, evidentemente equivocando e prendendo Carlo per l’uomo meccanico) Magnifico! Meraviglioso!

Carlo                             - Dicevo...

I tre                               - (gli si fanno dappresso con una curiosità stupefatta).

Carlo                             - Ma perché mi guardate così? Sono sporco?

I tre                               - Oh! Ah! Uh!

Carlo                             - (comprendendo l'equivoco) Ah... No, no, scusino... loro, probabilmente, mi scam­biano per Adamo. No, no... prego. Io non sono Adamo. Io sono un uomo vero, vivo, naturale... Io non sono niente di straordi­nario. E se dico «buon giorno » lo dico, colla massima buona fede... (i tre sono delusi e riprendono un atteggiamento di etichetta).

Cavendish                     - Ma siete ben sicuro di quello che dite?

Steiner                           - Fa niente, non importa: voi siete simpatico lo stesso, ja: Voglio abbracciarvi.

Rodriguez                     - (fa un gesto di disprezzo e tace).

Carlo                             - Lei è?

Steiner                           - Enrich Steiner, tedesco, (ride) Caro, caro ragazzo...

Cavendish                     - Ma proprio voi dite che siete sicuro di non essere un burattino?

Carlo                             - E lei chi sarebbe?

Cavendish                     - John Cavendish, inglese, di ma­dre americana.

Carlo                             - Ma è sicuro…..

Cavendish                     - Della madre certo... Credo... Pos­so studiare la questione...

Carlo                             - E lei?

Rodriguez                     - Rodriguez.

Carlo                             - Spagnuolo?

Rodriguez                     - (fa col capo un cenno affermativo).

Steiner                           - Noi dunque vogliamo essere intro­dotti, preparati, avviati, iniziati... Come vi piace di più...

Rodriguez                     - Oh! (come a dire: quante chiac­chiere).

Steiner                           - E' dunque un uomo, un uomo co­me voi, come noi?

Carlo                             - Ecco, vi dirò, salvo qualche stranez­za, per così dire.

Rodriguez                     - (prende un taccuino e scrive).

Steiner                           - Gambe, braccia?

Carlo                             - Sì, certo.

Cavendish                     - Mangia?

Carlo                             - Sì.

Cavendish                     - (con disprezzo) Oh...

Carlo                             - Perché lei non mangia?

Cavendish                     - Oh, sì... ho sempre mangiato molto...

Carlo                             - Del resto non si preoccupi, (trae di tasca una pillola) Questa è una pillola di sostanze speciali. Vale una abbondante colazione.

I tre                               - (guardano la pillola).

Cavendish                     - (se ne mette una nel taschino del panciotto).

Rodriguez                     - (tenta di metterla in bocca)

Carlo                             - (impedendoglielo) Piano. E' veleno­sissima.

Rodriguez                     - (scrive).

Steiner                           - E dorme? Riposa?

Carlo                             - Non ne ha bisogno. Quando, per mo­do di dire, è scarico, cioè quando la reazione interna viene a mancare, cade, tutto in una volta, di piombo.

Steiner                           - Oh, poveraccio! Ma è una vera di­sgrazia. E allora?

Carlo                             - Colazione.

Steiner                           - (ridendo) Scusate una domanda in­discreta, (parla all'orecchio di Carlo che fa un moto di scandalo)

Carlo                             - Non posso, non posso rispondere. Ba­sta quando verrà il maestro.

Seiner                            - Ma ditemi un po': è vero che il vo­stro maestro è diviso dalla moglie?

Carlo                             - Come fate a saperlo?

Steiner                           - Ai congressi di filosofia si parla di tante cose...

Carlo                             - Sì, è vero.

Steiner                           - Tradimento?

Carlo                             - Oh, no. Divergenza di opinioni.

Steiner                           - A proposito...

Carlo                             - Della prole.

Steiner                           - Ma se non ha figli.

Carlo                             - Appunto. Ma scusate. Il maestro giunge.

SCENA QUINTA Detti - Samuele

Samuele                        - (si è vestito in tait) Buon giorno, signori! (stringe la mano a tutti) Vedo con molto piacere l'interesse dell'Europa al mio esperimento... Saluto la Germania, la pen­sosa e malinconica Germania...

Steiner                           - (fregandosi le mani allegramente) Benissimo, benissimo...

Samuele                        - Terra dei filosofi e culla...

Rodriguez                     - Piano: io non posso sentire par­lare di guerra.

Samuele                        - Saluto l'Inghilterra, la disinvolta Albione...

Cavendish                     - (si leva la giacca).

Samuele                        - A cui si ricollega il pensiero...

Steiner                           - Sentite me... Sarà bene non parlare di pace...

Samuele                        - Saluto la Spagna...

Rodriguez                     - Tante grazie... Riferirò...

Samuele                        - Mi duole di non vedere la Francia.

Steiner                           - La Francia è sempre dove non im­porta.

Cavendish                     - E l'Inghilterra è da per tutto.

Rodriguez                     - (trae di tasca una chiave e tocca)

Samuele                        - Speriamo che la Francia giunga con la lancia. Pare che qualcuno arrivi. Car­lo... vai a vedere se fosse per caso la Francia.

I tre                               - (a Carlo) Ma non si disturbi, lasci fa­re... se è... Pazienza... Andiamo innanzi noi. (Carlo con un gesto come per dire « bisogna » se ne va).

Samuele                        - Ed ora due sole parole di prefazio­ne: L'uomo che io presenterò fra poco l'ho fatto lì dentro in quel gabinetto, in nove anni di studi...

Steiner                           - Una gestazione un po' lunga.

Samuele                        - Perché io non sono la natura. La natura ci mette nove mesi, ma è bruta. Io ho debrutilizzato l'uomo. Gli ho tolto ciò che lo trattiene al male, all'errore: gli ho tolto gli istinti. Più che un uomo, il mio Adamo, è una macchina pensante che non partecipa della natura umana, se non in ciò che essa ha di veramente eterno. Il pensiero. Intendiamoci: Egli non ha, non può avere risolto tutti i suoi problemi, perciò lo trove­rete strano, ingenuo, elementare, forse allu­cinato qualche volta, ma intanto, da ciò che vedrete, potrete rendervi conto delle sue pos­sibilità. I suoi sensi naturalmente sono spiri­tualizzati. Egli non ode come udiamo noi...

Steiner                           - La musica, per esempio...

Samuele                        - Ecco, la musica egli la intende a modo suo. Per lui non esiste nulla che sia vago, indefinito. Egli però riesce mirabil­mente a concretare anche i più vaghi concetti musicali e a tradurli in formule precise. Per esempio, per lui la cavalcata delle Wal­chirie significa: ce Mi sono messo un elmo sul­la testa e mi guardo nello specchio con l'elmo sulla testa... » « Di quella pira », vuol dire secondo lui, che il tempo si guasta...

Steiner                           - Infatti, c'è il temporale al quarto atto.

Samuele                        - Insomma, la traduce tutta... Non c'è veramente che Strawinsky... Quello pro­prio non è ancora riuscito a decifrarlo. Ma è questione di tempo.

Steiner                           - E gli occhi?

Samuele                        - Anche gli occhi hanno la loro par­ticolarità. I suoi occhi hanno bisogno di re­spirare determinate luci a seconda dei pen­sieri che lo preoccupano. Mi spiego: poiché egli è il centro del mondo, il padrone del mondo, non egli deve modificarsi interna­mente a seconda che la natura vuole... (Oh, vecchio romanticismo lunare...) Ma è il mon­do che deve modificarsi a seconda che fa co­modo a lui. Guardate del resto la scenografia moderna... E ditemi se non grava tutto su questo originalissimo principio.

Steiner                           - E l'amore?

Samuel                          - L'amore? Che c'entra l'amore? Io non mi sono nemmeno posto questo quesito poiché il mio uomo è assolutamente staccato dalle contingenze... Ah... Lei dice per pro­creare... Già, non c'è il gabinetto chimico? Ciò che ho fatto io con lui può fare lui con tutti quelli che vuole.

Rodriguez                     - Allora come la mettiamo con... Sì, dico, intendiamoci bene; io sono un ca­sto, ma...

Samuele                        - Appunto: per voi la castità è ari­dità. Per lui no... Ha tutto un altro signifi­cato.

Steiner                           - Ma senza gioia...

Samuele                        - Ubbie dell'istinto.

Rodriguez                     - Che porcheria!

Samuele                        - Prego...

Rodriguez                     - Ma sicuro. Se voi togliete la gioia del peccato, togliete il peccato. Se togliete il peccato, togliete la virtù... E se togliete la virtù è una porcheria!...

Samuele                        - Signore! Questo è un sofisma!... Siete scandaloso!... (si ode all'interno un colpo di gong seguito da un grido cora­le: Oh!)

Rodriguez                     - Non facciamo scherzi...

Samuele                        - Non abbiate paura...

Steiner                           - Ma che cosa succede?

Samuele                        - E' lui che giunge insieme ai suoi amici.

Steiner                           - Amici? Naturali?

Samuele                        - Già. Io ho chiamato nell'isola al­cuni giovani, specialmente fra coloro che da­vano qualche noia alla famiglia per la con­dotta, per la poca voglia di lavorare... Ecco e glieli ho messi accanto... Lo credereste? In poche settimane tutti trasformati. Chi si è messo a dipingere, chi si è messo a scrivere delle commedie, chi a fare della poesia, chi della musica.

Cavendish                     - Questo è molto strano.

Samuele                        - Lo ammetto. Ma dovete convenire che è una bella vittoria. E tutta questa gen­te sfrutta i pensieri di quella mia creatura e trova la maniera di vivere abbastanza bene senza chiedere troppi sacrifici alle famiglie. Aspettate       - (fa luce rossa) Con questa luce egli sente la casa... Che per lui sarebbe come un rendiconto delle cose pensate...

SCENA SESTA Adamo - alcuni Giovani

Adamo                          - (si mette a sedere e tutti gli sono intorno muti).

Nini                               - (una donnetta frivola) Michelino...

Michelino                      - Taci! Lascialo pensare.

Adamo                          - Che cosa pensate in questo mo­mento?...

Michelino                      - Chi? Noi?

Adamo                          - Sì...

Michelino                      - Ma... Veramente... A niente.

Adamo                          - Come si fa a non pensare a niente...

Nini                               - (ridendo) To' io per esempio faccio tutto così... Senza...

Michelino                      - Ma taci! Ti ho portato con me perché eri curiosa di vedere e di apprendere... Ma se continui a dire delle sciocchez­ze ti mando via... Scusa, Adamo. E' acerba.

Adamo                          - Lo so.

Nini                               - Grazie. Bel modo! Con una donna non si fa così...

Adamo                          - No? E come si fa con una donna?

Michelino                      - Ma taci!

L'uomo del gong           - (sbadiglia rumorosamente).

Adamo                          - Perché sbadigli, tu?

L'uomo del gong           - Io?

Adamo                          - Sì.

L'uomo del gong           - Se debbo dirti la verità mi annoio. Stamattina non sei stato divertente, sai... Proprio una mattinata sprecata... nem­meno un'idea, nemmeno una trovata...

Adamo                          - Io non posso annoiarmi... Si annoia chi ha risolto tutto.

L'uomo del gong           - E tu non hai risolto? Ma guarda le nostre opere d'arte e dimmi se non hai risolto...

Adamo                          - C'è tutto da rifare... Avete mai pro­vato a fare un cerchio col dito pollice e l'in­dice?

L'uomo del gong           - (eseguendo) Così?

Adamo                          - Bravo. Adesso prova a infilare quell'anello col dito indice della stessa mano.

L'uomo del gong           - (ridendo) Ma non è possi­bile (tenta il gioco ridendo)

Nini                               - Carino... Voglio provare anch'io...

Adamo                          - Da qualche giorno ho l'impressione di fare sempre la stessa cosa... Mi pare di avere infilato la verità e proprio quando sto per fare il movimento definitivo il cerchio fa­talmente s'apre... E non infilo niente. Ma ora, ora io sto veramente per valicare il se­greto dell'armonia universale... Veramente questa volta ci sono...

Nini                               - Un segreto? Lo dica, lo dica... Non lo diremo a nessuno...

Adamo                          - Tu non hai mai pensato che tutte le cose obbediscono ciascuna alla sua legge? Eb­bene pensaci. Pensa anche che tutte queste leggi alla loro volta creano gruppi di leggi più profonde, più sostanziali, che si avvicina­no sempre più a ciò che si può supporre sia la ragione prima delle cose; ogni gruppo di leggi rivela a sua volta alcuni moti perma­nenti che preludono a una sola legge che deve essere al centro del grande organismo logico che si svolge innanzi ai nostri occhi. In altre parole è tutto un succedersi di ritmi, un'ar­monia di numeri. E sono appena giunto a questa scoperta che già un fantasma terribile si alza contro di me. Mi opprime con la fo­sca forza dell'assurdo. Ebbene, io voglio, io voglio penetrare il mistero di questo fanta­sma perché sento che in lui è l'anima della vita, la ragione di ogni ragione, il segreto di ogni segreto... (cade pesantemente sulla pol­trona con il rumore di una molla che si sca­rica).

Nini                               - Aiuto!

Michelino                      - Ma taci... (alla veranda) Carlo, Carlo! Corri!

L'uomo del gong           - Proprio quando eravamo sul più bello.

Nini                               - Che abbia visto davvero il fantasma?

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SCENA SETTIMA Carlo - Detti

Carlo                             - (entrando fa luce normale e si avvicina! al fantoccio) Fuori tutti, fuori tutti! (pren­de cura del fantoccio).

Nini                               - Scusi, s'è rotto?

Carlo                             - Niente, niente... Bisogna aspettare! un poco, (agli altri che non sono ancora usciti) Ma andate via, voi... Che se il maestro viene si secca a vedere tanta gente.

Nini                               - Portate un poco di cordiale, un poco di latte, poveretto!

Michelino                      - Ma sai che non puoi aprire bocca senza dire delle sciocchezze?

Carlo                             - Il latte! Brava! Il latte lo ucciderebbe in meno di mezz'ora. Per lui è peggio dell'acido prussico.

Nini                               - Perché?

Carlo                             - Perché è un nutrimento d'amore!...

Michelino                      - Non ti disturbare, caro... Non può capire... Come sta ?

Carlo                             - A momenti... Vedete? Potrebbe rima­nere così anche due giorni e al suo svegliar­si ricomincerebbe il ragionamento al punto stesso dove l'ha lasciato... Oh... C'è il mae­stro... Scostatevi.

SCENA OTTAVA Samuele, I tre Sapienti e detti

Samuele                        - (ai tre sapienti che lo seguono) Dorme, (i tre sapienti entrano in punta di piedi quindi protendendosi sul fenomeno lo guardano senza osare nemmeno di tirare il fiato. Carlo fa un inchino e esce con gli altri).

Rodriguez                     - Perbacco... Ma sapete che è un j ritratto abbastanza somigliante?

Samuele                        - Di chi?

Rodriguez                     - Di un uomo...

Cavendish                     - E lo avete scolpito proprio voi?

Samuele                        - Tutto io.

Cavendish                     - Lo avrei giurato... Potevate te­ner conto dei progressi dell'arte scultoria e allontanarvi alquanto dal tipo naturale... Un uomo tubificato imi pare che sarebbe stato meglio... Oppure anche una tavola parlante... un grammofono pensante...

Samuele                        - No, no... Io mi sono tenuto al tipo comune, per farlo a nostra immagine e somi­glianza...

Steiner                           - Già... Ma questo è verismo... Guardatevene...

Rodriguez                     - E' abominevole! E' una sleale concorrenza a Dio.

Steiner                           - Silenzio! Dorme...

Samuele                        - Macché... Potete urlare quanto vo­lete! Potete chiamarlo forte... Finché i rea­genti tonici non hanno agito non si sveglia... Provate! Chiamatelo.

Steiner                           - Amico!

Cavendish                     - Collega!

Rodriguez                     - Fratello! (silenzio),

Samuele                        - Come vedete, non se ne da per in­teso.

Rodriguez                     - Finché non parla l'esperimento va benissimo.

Samuele                        - Ma tra poco andrà meglio... Ve­drete... Ecco, ecco, badate... sta per svegliar­si, (mentre tutti si fanno da parte Samuele preme un bottone e fa luce rossa).

Adamo                          - (alzandosi) ... la ragione di ogni ra­gione, il segreto di ogni segreto. Io parlo del numero principe: L'uno. Da ieri quell'armo­nia si muove in me intorno a quel centro mi­sterioso. L'uno, l'essere tipico, l'essere per eccellenza a cui non si giunge dal nulla, se non per una scala misteriosa d'infinito. Dove incomincia? Dove ha radice? E più mi spro­fondo nel buio cercando nell'infinito la ra­dice dell'uno, più cerco e più, come se guar­dassi intensamente nel cielo fra stella e stella, fino a dove fino a dove... Più mi perdo, più mi perdo... Luce, luce! (Samuele fa luce nor­male).

Steiner                           - Ma è veramente magnifico!

Adamo                          - (facendo voce normale) Chi?

Steiner                           - Voi.

Samuele                        - Tu, tu... Potete dargli del tu... Sai, Adamo... Sono i miei amici che ti avevo preannunciato.

Adamo                          - Ah, benissimo... Voi mi aiuterete.

Steiner                           - A far che?

Adamo                          - A scoprire il segreto dei numeri.

Cavendish                     - Veramente...

Adamo                          - Come non avete mai pensato...

Steiner                           - Ecco; vedete... vedi, caro... Ci ab­biamo pensato molti secoli fa...

Adamo                          - Ah, bene... E che cosa avete con­cluso?

Steiner                           - Abbiamo concluso prendendo un'al­tra strada...

Adamo                          - Ah... Quale?

Steiner                           - Veramente...

Adamo                          - Ma dico io... Voi capite benissimo che se non si risolve questa questione è per­fettamente inutile continuare a vivere...

Steiner                           - Ma è utile vivere ugualmente... Cercare qualche cosa è già trovare.

Adamo                          - E che cosa si trova?

Steiner                           - Si trova la gioia di cercare.

Adamo                          - Sì, ma questa gioia io non la sento... Mi pare di camminare in una camera buia e di inciampare tutti i momenti contro lo stesso sgabello.

Cavendish                     - (ridendo) Buona...

Adamo                          - Perché ridete?

Cavendish                     - Perché è vero.

Adamo                          - E perché è vero ridete?

Cavendish                     - Sicuro.

Adamo                          - Siete uno stupido... Ridete adesso...

Cavendish                     - Piano. Io non posso ridere perché non ci credo.

Adamo                          - Allora, rido io...

SCENA NONA Detti, Matteo, Marta

Matteo                          - (entrando a ruzzoloni nella sala) Pa­drone, padrone... c'è lei... C'è lei...

Samuele                        - Chi?

Matteo                          - (vedendo comparire sulla porta Marta vestita da viaggio) Troppo tardi!

Samuele                        - Ah... Era lei... (a se) Dopo tutto...

Marta                            - (a Samuele) Non mi aspettavi, è vero?

Samuele                        - Veramente...

Marta                            - Non dovevi far stampare sui giornali che avevi fatto un figlio.

Samuele                        - Va bene, ma tu che cosa c'entri?

Marta                            - Appunto.

Samuele                        - Non sarai, spero, venuta qui per continuare certe nostre discussioni superate, superatissime...

Marta                            - Per vederne la conclusione, se più ti piace.

Samuele                        - Legittima.

Marta                            - Ov'è?

Samuele                        - E' qui.

Marta                            - (con lieve moto di spavento) Qui? In questa sala? Vado via... E' possibile... Dove è? No... Dopo, dopo...

Samuele                        - (divertendosi all'imbarazzo della don­na) Non sei venuta per vederlo? Eccolo là. Guardalo... Chiamalo... Si chiama Adamo.

Marta                            - Non credere che io abbia paura... No... Non so... (chiamando) Adamo!

Adamo                          - Chi mi vuole? (come uno spettro si avvicina alla donna che non resiste alla vista del fantoccio e con un grido cade all'indietro fra le braccia dei sapienti, semisvenuta) Ebbene... che accade? Che cosa significa? (tutti sono intorno alla donna).

Samuele                        - Non è niente, non è niente... Ec­co... E' passato.

Marta                            - (con uno sforzo di volontà affronta Ada­mo) Mi chiamo Marta... Vogliamo essere amici?

Adamo                          - (ai sapienti) No, no, no... Così non va assolutamente. Non c'è coerenza.

Marta                            - Adamo!

Adamo                          - Senti: Se vuoi essere considerevole vattene...

Marta                            - Perché? Ma se non hai ancora udito ciò che ti voglio dire.

Adamo                          - Hai dei pensieri da comunicarmi?...

Marta                            - Tanti pensieri...

Samuele                        - (ai tre sapienti) Questa per sbal­larle grosse è fatta apposta...

Steiner                           - (a Samuele) Ci usereste la cortesia di presentarci alla vostra signora...

Samuele                        - Ora no: non potrei farlo in pre­senza di Adamo... Sapete, certe cose che ac­cadono fra uomini e donne non si debbono dire in sua presenza... sono sconvenienti... E poi, perché? Che bisogno ha di sapere le no­stre miserie? Via, via... andiamo a colazione piuttosto, (a Marta) Vuoi venire anche tu? avrai bisogno di riposare, di rifocillarti...

Marta                            - (che intanto ha girato intorno ad Adamo seguita dalla sguardo di questi) No, no, adesso no... Lasciatemi qui...

Samuele                        - Bene, bene. Come desideri...

(i tre fanno un inchino cumulativo alla donna e se ne vanno).

Cavendish                     - (uscendo) Quanto pesa?

Samuele                        - Chi? Lei?

Cavendish                     - No, lui,

Samuele                        - Una bazzecola; trenta chilogram­mi, (via).

Marta                            - (all’indirizzo di Sam) Maledetto!

Adamo                          - Con chi l'hai?

Marta                            - Con lui. Ma non te ne preoccupare...

Adamo                          - No, dimmi invece.

Marta                            - Con lui, che mi ha spezzato la vita, che mi ha straziata, avvilita... E perché poi? Per te... per te...

Adamo                          - Non capisco.

Marta                            - Ma scusa... Un uomo ti chiama al suo fianco, prende su di te la responsabilità della tua vita, ti consuma tutta la giovinezza...

Adamo                          - Piano. Definire giovinezza.

Marta                            - Giovinezza... Che cosa vuoi definire? Insomma ha tradito la sua parola... Perché tu non lo conosci quell'uomo, non lo cono­sci... Tradirà anche te, sai, non credere... E' un infame, un traditore, un groviglio di su­perbia e di follia...

Adamo                          - Ma, scusa, perché sbuffi così? A me non pare che questo che mi dici anche se è vero costituisca un fatto molto grave... Come fa a tradire me? Bisognerebbe che sforzasse la serratura del mio cervello e mentre riposo mi cambiasse i meccanismi... Tradirebbe se stesso, perché m'ha messo al mondo e mi col­tiva soltanto per uno scopo che non può essere tradito: la ricerca della verità...

Marta                            - Pensa quello che vuoi. A me non im­porta.

Adamo                          - E perché a te importa? Non potevi rimanere dove eri? Chi ti ha chiamata? Perché hai voluto vederlo? Perché hai voluto vedermi?

Marta                            - Perché ho voluto vederti? Perché sì. Perché tu non sai quanto io ho amato quell'uomo e come volentieri gli avrei sacrificata la mia vita...

Adamo                          - Piano... Definire amato... Che signi­fica? E poi cadi in contraddizione. Prima lo accusi di averti sacrificata e poi dici che gli avresti volentieri sacrificato... Aspetta: de­finire sacrificato.

Marta                            - Oh!... Ma è impossibile parlare con te...

Adamo                          - Sei tu che divaghi, che ti contraddi­ci. . Senti: fai una cosa: secondo me tu dovre­sti tacere per un paio d'anni aspettando che il tuo cervello assuma gli sviluppi necessari...

Marta                            - (ride) Te le ha insegnate lui queste cose, vero? Riconosco lo stile. Ma non im­porta. Né di lui, né di te, mi importa... Io vi disprezzo tutti e due con tutta l'anima...

Adamo                          - Piano: definire anima.

Marta                            - Definire, definire, ma che definire... Vi disprezzo perché lui è un pazzo criminale e tu sei uno stupidissimo burattino caricato di presunzione. E' meglio che non ti dica al­tro... Non so cosa farò, non lo so... Ma qual­che cosa, qualche cosa... Vedrete chi sono io.

Adamo                          - Già... Chi sei tu?

Marta                            - Lo vedrai.

Adamo                          - Va bene. Intanto che aspetto ti pre­go di esimerti dal parlare. Ti sarei grato se facessi a meno di parlare con me. Credi, mi fai perdere delle idee. Ne avevi alcune nuove prima che tu entrassi... Mi pare di fare qual­che fatica a ripescarle... E tu non mi hai dato niente... Sei come Lucia... parole, parole... Un'idea che è un'idea... niente. Lucia ha ca­pito e quando mi vede mi fugge... Fai anche tu la stessa cosa, (pausa) Chiamami Carlo. Lo conosci Carlo?

Marta                            - Sì, lo conosco.

Adamo                          - Si è spezzato.

Marta                            - Cosa?

Adamo                          - Si è spezzato.

Marta                            - Non capisco.

Adamo                          - Non pensa più... I suoi pensieri esco­no a frammenti... Come se qualcuno avesse sbattuto il suo sistema contro un muro... In­vece di progredire va indietro... In questi ultimi giorni quando parlavo con lui, mi pa­reva di parlare con Lucia...

Marta                            - (ride) Ma allora non capisci? E' l'amore.

Adamo                          - Come?

Marta                            - Ah... Sei ancora a questo punto? Be­nissimo.

Adamo                          - Definire: Amore...

Marta                            - Definire? Ah... Questa è bella... Ma tu hai un vocabolario molto povero, ami­co mio...

Adamo                          - Vocabolario filosofico... C'è tutto. Ma questo non c'è. Sarà una tua divagazione. (nel camminare su e giù si sofferma a guar­dare fuori).

Marta                            - L'amore? Basta... è forse qui, che ci viene incontro... Seguimi.

Adamo                          - Prima voglio sapere dove, perché e come.

Marta                            - (lo trascina nella stanzetta di fondo e chiude le tendine).

SCENA DECIMA Lucia, Carlo, Detti

Carlo                             - (a Lucia trascinandola per mano) Vie­ni qui... guarda, non c'è nessuno.

Lucia                             - No.. Ho paura... Se ci fosse Adamo...

Carlo                             - No, non c'è: guarda... non c'è... Ada­mo! Adamo! (fa luce bianca).

Lucia                             - Dio mio, che paura!...

Carlo                             - Finalmente ti posso vedere un momen­to da solo a sola... Sono insopportabili quei forestieri... Non stanno mai fermi un mi­nuto... Bisogna sempre scappare...

Lucia                             - Ma non vorrai restare qui?...

Carlo                             - No... Un minuto solo... Per vederti... Sei bella, bella tanto... Non avevi voglia di parlare un poco con me?

Lucia                             - Sì, tanta...

 Carlo                            - Stai tranquilla, ti mando via subito... non tremare... Dimmi soltanto una cosa: mi vuoi bene?

Lucia                             - Tanto.

Carlo                             - Sempre?

Lucia                             - Sempre.

Carlo                             - Giura!

Lucia                             - Giuro!

Carlo                             - (la bacia) Sei la mia vita, il mio amo­re, il mio sogno, la mia felicità, la mia gioia, tutto... tutto... Adesso ti do una buona no­tizia.

Lucia                             - (saltellando) Sì, quale?

Carlo                             - Presto andrò via di qui.

Lucia                             - Davvero? E di me che sarà?

Carlo                             - Verrai via anche tu.

Lucia                             - Mi porti con te?

Carlo                             - Sì...

Lucia                             - Quando?

Carlo                             - Presto... Aspetto una lettera da mio padre... Gli ho detto tutto, tutto e sono cer­to che non vorrà negare a suo figlio ciò che suo figlio gli chiede... Gli chiede una cosa piccola piccola... una cara bambolina sorridente e gaia, una grande felicità... Lucia...

Lucia                             - Mi vuoi bene?

Carlo                             - Tanto!

Lucia                             - Sempre?

Carlo                             - Sempre.

Lucia                             - Giura.

Carlo                             - Giuro. (si baciano).

SCENA UNDICESIMA Samuele - Detti

Samuele                        - (vedendo i due che si baciano) Ma benissimo! Benissimo! Ah... Voi dunque mi fate di questi scherzi, mentre io sono occupato altrove?

Carlo                             - Maestro...

Samuele                        - Basta così... Non c'è maestro che tenga! E’ ora di finirla! Tra otto giorni voi due andrete via di qui... Sì, via di qui... E' inutile protestare...

Carlo                             - Ma noi non protestiamo...

Samuele                        - E' inutile anche non protestare. Via! Ma guarda che cosa s'ha a vedere... Ma disgraziati che non siete altro, io non parlo per voi... Non parlo per voi... Voi siete con­dannati e basta... Ma se per disgrazia vi ve­desse Adamo... Ma pensate alle conseguenze di una simile circostanza...

Carlo                             - In fondo in fondo... si dovrebbe fare una ragione...

Samuele                        - Ma non si può fare una ragione di una pazzia...

Carlo                             - Pazzia amare? Ma se tutti amano...

Samuele                        - Ma è ora di finirla! Basta! Non per­metto una parola di più su questo argomen­to... Uscite adesso e fate che non vi veda più insieme... Aspettate i miei ordini, im­pudichi! (via)

SCENA DODICESIMA Detti - Adamo

Samuele                        - (vedendo Adamo) Tu qui?

Adamo                          - Sì... pare...

Samuele                        - Ma come? Tu hai per caso udito?

Adamo                          - Tutto!

Samuele                        - (ride sforzatamente) Benissimo... In fondo ho piacere... Hai veduto che quei due..

Adamo                          - ... si nascondono.

Samuele                        - Benissimo... Hai detto benissimo... Se si nascondono vuol dire che temono.

Adamo                          - Evidentemente qualche cosa temono.

Samuele                        - Che cosa si può temere? L'er­rore, no?

Adamo                          - L'errore è una cosa terribile.

Samuele                        - Precisamente questo: essi temono perché sbagliano. Sono in pieno sofisma... Ma a quale conclusione possono giungere? Quan­do nella vita di un uomo che è come un go­mitolo che si dipana, un filo di pensieri con­seguenti, che tendono alla lucidità perfetta, si inserisce un sofisma e l'uomo non se ne ac­corge, è come un colpo di forbice: tac! Il filo si rompe... e buona notte. Vieni via.

 Adamo                         - Allora, tu credi che quei due non si nasconderanno più?

Samuele                        - Ma questo è certissimo. Andiamo.

Adamo                          - ... Ho bisogno di rosso... Vattene. Ti raggiungerò, (luce rossa)

Samuele                        - Ricordati che devi scavare, sca­vare, nella miniera del mistero... E' assai più importante, (via)

Adamo                          - (quando è solo chiama Marta) Marta!

Marta                            - Ecco. Che vuoi?

Adamo                          - Io ho sempre ragionato bene. Lo credi?

Marta                            - Lo credo.

Adamo                          - Vorrei tentare di cambiare strada... Mi ripugna... Ma se fosse utile...

Marta                            - Che vuoi fare?

Adamo                          - Un sofisma.

Marta                            - Cioè?

Adamo                          - Amiamoci.

Marta                            - Che! Ma che cosa dici...

Adamo                          - Dico che dobbiamo amarci... Provia­mo... C'è caso che faccia bene a tutti e due...

Marta                            - (equivoca) Non saprei veramente. Ma in ogni modo questo non è il momento. Ci vuole l'ora propizia... Aspetta...

Adamo                          - Quando?

Marta                            - Te lo dirò. E per ora... lasciamoci.

Adamo                          - Si. Lasciamoci. Ma non puoi andar via così...

Marta                            - Che cosa vuoi?

Adamo                          - Le parole... Vorrei vedere che cosa c'è dentro a quelle parole... Ecco: Mi vuoi bene?

Marta                            - Tanto.

Adamo                          - Sempre?

Marta                            - Sempre.

Adamo                          - Giura.

Marta                            - Giuro.

(scoppiano tutti e due in una lunga risata).

Fine del primo atto

ATTO SECONDO

La scena come nel primo atto.

SCENA PRIMA Carlo - Lucia

Carlo                             - Non aver paura. Che cosa vuoi che vuoi che possa dirci? E poi sono qua io.

Lucia                             - Sì, ma io vedo bene che anche tu sei imbarazzato. Perché chiamarci qui con tanta solennità? Che cosa vorrà?

Carlo                             - Io sono imbarazzato soltanto perché temo che voglia farmi una discussione filoso­fica. Non puoi credere come mi mortifichino certe cose. Ma molto probabilmente vorrà mandarci via di qui.

Lucia                             - (lietamente) Davvero?

Carlo                             - Guarda che paura! Non ti dispiace quanto pare, vero?

Lucia                             - Niente affatto.

Carlo                             - E nemmeno a me. Se ci manda via, andremo via insieme e più presto di quanto non avessimo preveduto. Ecco tutto. E lui re­sterà qui. E noi resteremo sempre insieme.

Lucia                             - Sempre?

Carlo                             - Sempre.

Lucia                             - Caro. Pensa: non separarsi mai più.., Essere sempre vicini l'una all'altro.

SCENA SECONDA Samuele - Detti

Samuele                        - (non veduto entrando, sullo stesso tono di Lucia) Che bel divertimento!

Carlo                             - Maestro...

Samuele                        - Ma che maestro... Fammi il pia­cere di non chiamarmi maestro. Tu da me non hai imparato nulla. Tu ti burli di me, caro mio, quando mi chiami maestro... Ti sei condotto come un qualsiasi garzone di parrucchiere. E' un gran peccato che tu non sappia suonare il mandolino.

Carlo                             - Ma in fondo, che cosa ho fatto di strano?

Samuele                        - Nulla. Ma non mi chiamare mae­stro. Se fossi veramente un mio discepolo, sai che cosa diresti a questa pupattola, invece delle sciocchissime lezionsaggini sentimentali che le stavi propinando poco fa?

Carlo                             - Che cosa?

Samuele                        - Le diresti: vattene, vattene sciagu-ratissima carne, allontanati da me, miserabile prodotto della terra... Via! Perché noi, noi cervello, noi pensiero, noi espressione puris­sima dello spirito, scavalchiamo il ponte fa­tale Ah, ah... Il vecchio testamento dice che Adamo fu cacciato dal Paradiso Terrestre perché volle conoscere il bene ed il male? Ebbe­ne, ad onta della spada di fuoco dell'Arcan­gelo, Adamo, l'uomo, ritorna, dopo un lungo viaggio e, vinto il bene ed il male, rivalica le soglie vietate!...

Lucia                             - Ma che cosa dice?

Carlo                             - Lascialo cantare... Io ti amo e non voglio per niente rientrare nel paradiso ter­restre.

Samuele                        - (ritornando dopo una breve esplora­zione alla veranda) Del resto questo non importa. Quanto credi di vivere tu?

Carlo                             - Che c'entra?

Samuele                        - Mettiamo altri cinquanta anni. Ecco. Fra cinquanta anni questo mondo sarà finito... Gli uomini tutti saranno finiti.,. Sa­ranno sostituiti da qualche cosa di meglio» Io per me non ho più bisogno di nessuno... La verità... Ecco. Tu puoi vivere come ti pare.

Carlo                             - Benissimo. Vivrò soddisfacendo giorno per giorno alle mie piccole necessità...

Samuele                        - Puah...

Carlo                             - Ma non sarà per non dirmi nulla che mi avete fatto chiamare qui con Lucia...

Samuele                        - Già... Volevo domandarvi... Ma guardatemi bene negli occhi... Adamo è al corrente della vostra tresca amorosa soltanto da ieri l'altro?

Carlo                             - Credo... Ma potrebbe usare altre espressioni. Lucia è la mia fidanzata.

Samuele                        - Benissimo. E non l'hai più veduto?

Carlo                             - Sì che l'ho veduto.

Samuele                        - E non ti ha chiesto nulla?

Carlo                             - Nulla. Mi guarda con un tono di di­sprezzo che non so spiegare...

Samuele                        - Benissimo. Molto bene... Me lo im­maginavo... E tu?

Lucia                             - Io che cosa?

Samuele                        - L'hai più veduto?

Lucia                             - No. Già, quando lo vedo scappo. E poi è sempre stato attaccato alle gonne del­la zia...

Samuele                        - (con preoccupazione) Già, me ne sono accorto. Potete andare... Ma intendia­moci bene... Entro ventiquattro ore par­tenza...

Lucia                             - (lietissima) Sì, sì... (via con Carlo)

Carlo                             - Oh... Che gente! Non hanno la co­scienza della loro assurdità... Pazienza... Che c'è?

SCENA TERZA Detti, Michelino, Nini, L'uomo del gong

Michelino                      - Professore...

Samuele                        - Grazie.

Michelino                      - Di che?

Samuele                        - Di non chiamarmi maestro.

Michelino                      - E' accaduto un fatto strano.

L'uomo del gong           - Io sono molto preoccupa­to... E' assolutamente necessario che lei ri­medi...

Samuele                        - Ma scusi, chi è lei?

L'uomo del gong           - Io? Sono un commedio­grafo... Ma insomma, se la cosa andasse avanti così...

Michelino                      - Sì, sarebbe una rovina. Adamo deve avere qualche meccanismo imbrogliato...

Samuele                        - Ma volete spiegarvi?

Michelino                      - Prima di tutto Adamo ci trascu­ra».. Da quando la signora Marta è all'isola non c'è verso di avere da lui qualche cosa... Una volta aveva sempre a portata di mano mano qualche idea inspiratrice, qualche pro­blema centrale, qualche graziosa supposizio­ne piena di interesse... O almeno qualche definizione spicciola, da spendere in quattro ver­si, così... Adesso basta... Ora questo è molto strano, perché con Lucia non ha fatto così...

Nini                               - Nemmeno con me.

Michelino                      - Non ti verrà mica in mente di essere gelosa?

L'uomo del gong           - Insomma una cosa dell'al­tro mondo... Sì, del mondo naturale... Se non fosse perché perché, ci sarebbe da cre­dere che ci fosse del tenero.

Samuele                        - No... una ragione ci deve essere... State tranquilli... Lucia è ancora una bambi­na, non ha pensieri, non ha riflessioni... Non ha niente che assomigli nemmeno lontana­mente alla logica...

L'uomo del gong           - Mentre, invece, quella lì...

Samuele                        - Prego... Non dimentichi che è mia moglie... Mentre invece la signora è una don­na completa e perciò pericolosissima... E' armata, lasciatelo dire a me, da quella terri­bile logica delle donne che, mentre non regge­rebbe un minuto al più elementare esame cri­tico, sconvolge o almeno disturba la vera lo­gica... E' la logica di Satanasso che ti seduce e ti persuade fino alla consumazione di un de­litto, di un errore e poi ti lascia a te stesso, dissolvendosi nel nulla... Roba da schiaffi.

Nini                               - A chi lo dice!... Io ne ho presi due anche stamattina!

Samuele                        - Benissimo. Approvo. Ma non mi avete ancora detto nulla.

L'uomo del gong           - Ma allora mandiamola via quella signora... Chi l'ha chiamata qui? Noi abbiamo bisogno di qualche idea... che se poi anche lui ricade nelle vecchie formule senti­mentali, lo dica subito e non ci prenda in giro...

Samuele                        - Ma insomma, lei ha un tono... Con chi crede di avere a che fare?

Michelino                      - Abbia pazienza professore... E' un commediografo e fra impresari, capicomici e critici si è un po' guastato il carattere.

Samuele                        - Insomma, insomma... A me pare che non ci sia proprio niente da temere... Era tempo che facesse anche questa esperienza... Dobbiamo lasciargliela fare tranquillamente... Tra le altre cose era inevitabile... per l'impru­denza di quei due ragazzi che... be' questo non c'entra... Insomma farà anche l'esperien­za dell'amore, (ride) l'amore..! E poi tutto ri­prenderà l'equilibrio di prima...

Michelino                      - Ma professore, c'è di peggio...

Samuele                        - Diavolo!

Michelino                      - Preso da una specie di furore, non si sa per quale ragione, si è scagliato contro una roccia come per fenderla in due parti. Allora si è spaccata una mano. Ne è uscito un liquido bianco...

Nini                               - Che impressione!...

L'uomo del gong           - Insomma noi abbiamo la sensazione che la cuccagna sia finita.

Samuele                        - (lo guarda male)

Michelino                      - Perdoni, professore, la nostra ec­citazione... Ma se crede che sia simpatica la prospettiva di ritornare a lavorare per man­giare...

L'uomo del gong           - Insomma bisogna provve­dere... Urge...

SCENA QUARTA Detti, Marta, i tre Sapienti

Marta                            - (a Samuele) Guarda un po' qua, Sa­muele. C'è un piccolo guasto.

Steiner                           - L'ho visitato io... Si tratta della rot­tura del metacarpo destro con distorsione dei tendini, guaribile in 25 giorni salvo compli­cazioni...

Samuele                        - (ridendo e prendendo la mano che Adamo gli porge) Tutto qui? (ride. Si /or­ma/io due gruppi: a destra Marta con i tre sapienti che le fanno la corte. A sinistra Sa­muele, Adamo e i giovani).

Samuele                        - (ad Adamo) Ebbene... Che hai?

Adamo                          - Non so: mi trovo in un curioso pa­sticcio... Mi sai dire che differenza passa ve­ramente fra un uomo e una donna?

Nini                               - Ah, non faccio per dire ma c'è una bel­la differenza! (Michelino la trascina via).

Adamo                          - Una donna è sul punto di svilupparsi fino a diventare un uomo, oppure è un uomo che con l'andare del tempo può diventare una donna? In questo secondo caso io sarei molto mollificato della prospettiva.

Samuele                        - La donna, la donna... è un essere completamente sbagliato. E' un errore della natura. Ma non te ne preoccupare. Tra cen­to anni tutte le donne saranno scomparse, cancellate dal mondo.

Adamo                          - E le farfalle?

Samuele                        - Che cosa c'entrano le farfalle?

Adamo                          - Marta, poco fa si è data a inseguire una farfalla e io ho trovato che essa parla così come la farfalla vola. Bisogna cancellare dalla terra anche le farfalle.

Samuele                        - Va bene, ma per ora...

Adamo                          - Bisogna cancellare molte altre cose.

Samuele                        - Sì, va bene, ma adesso pensiamo a guarire (ai tre sapienti che gli voltano le spalle occupati a fare la corte a Marta) Ve­dete questa ferita? (come non gli danno ascol­to egli va a prendere per un braccio Steiner)

Steiner                           - (seccato) Ma che cosa c'è ancora?

Samuele                        - Avete detto venticinque giorni sal­vo complicazioni?

Steiner                           - Questa è la prognosi.

Samuele                        - Ebbene: io dico invece venticinque minuti comprese le complicazioni.

Steiner                           - Benissimo! (torna verso Marta)

Adamo                          - (trattenendo Samuele che vuol ridare la caccia ai sapienti) Senti un'altra cosa: Marta, correndo dietro a quella farfalla, di­ceva: Bella! Bella!

Samuele                        - Sì, ma lascia andare.

Adamo                          - Aspetta: poi quei tre amici sapientis­simi correndo dietro a Marta dicono sempre: Bella, bella!

Samuele                        - (piccato) Ah... Dicono così? E poi, e poi, che cosa dicono?

-adamo                          - Bella. Basta. Ah: dicono anche che tu sei uno stupido, ma questo non ha a che vedere...

Samuele                        - (in fretta) Già, non ha a che ve­dere.

Adamo                          - Ora io mi domando: che cosa vuol dire: bello... Che cosa è la bellezza?

Samuele                        - La bellezza è la verità...

Adamo                          - Allora una donna che corre dietro a una farfalla o tre uomini che corrono dietro ad una donna fanno il loro dovere filosofico...

Samuele                        - (per tagliar corto) Ma dunque, vuoi guarire o no?

Marta                            - (ai tre) Ma insomma voi lo trascu­rate. ..

Cavendish                     - Non possiamo lasciarvi qui sola... Abbiamo così poca libertà in mezzo ai vo­stri studi...

Rodriguez                     - E poi quando possiamo avervi... vi teniamo...

Steiner                           - Già, perché poi, se noi lo trascuria­mo, voi viceversa...

Samuele                        - (ripigliando per un braccio Steiner) Andiamo, andiamo. Siete venuti qui per un uomo o per una donna?

Steiner                           - Abbiate pazienza, caro amico... Ma voi converrete con me che fra un uomo prima del peccato e una donna dopo... Mi pare...

Samuele                        - Ma in questo momento scusate... Via... vi assicuro che è un esperimento inte­ressantissimo... (via tutti meno Marta e Ro­driguez che finge per un momento di seguire gli filtri e poi ritorna da Marta).

 Rodriguez                    - No... Preferisco restare. Ho bi­sogno di voi.

Marta                            - Di me?

Rodriguez                     - Sì. A contatto con quel buratti­no... parola d'onore, perdo la testa. Ho bi­sogno di equilibrio, di stabilità... Sapete, sono tomista...

Marta                            - Come sarebbe a dire?

Rodriguez                     - Sarebbe a dire che tutto va bene ma fino a un certo punto... Quell'uomo è una marionetta, una stupida marionetta con la quale la presunzione umana pretende di sostituirsi alla rivelazione... E quel che è pag­gio si è che voi avete preso per quel mostro una simpatia, insomma un non so che che non si spiega. Un uomo che non è un uomo...

Marta                            - Che c'entra? Sareste geloso?

Rodriguez                     - Sicuro che lo sono.

Marta                            - E' un figlio... un figliastro...

Rodriguez                     - Se ne sono viste delle peggio... Voi siete una creatura di bellezza, di tene­rezza, un angelo di bontà e io, castamente, pudicamente, ma disperatamente vi amo, via amo!...

SCENA QUINTA Detti - Cavendish

Caveudish                     - (entrando) Rodriguez! Andate a vedere che meraviglia di esperimento... Se noi avessimo la pelle come quel ragazzo, po­tremmo ridurre l'Europa come un dominio qualunque... Andate a vedere...

Rodriguez                     - Ah.._ Davvero?... Sì?... Vado, vado... (esce a malincuore).

Marta                            - (ridendo) Ma vi pare questa la manie­ra di sbarazzarvi di un pover'uomo che non faceva nulla di male a nessuno?

Cavendish                     - Ho bisogno di dirvi due parole. (sit siede con i piedi su una seggiola all'ame­ricana).

Marta                            - Prego, (giocherella con un pugnale che è sulla tavola come sopra mobile).

Cavendish                     - Voi certo non indovinate che cosa io vi voglia dire...

Marta                            - A giudicare dalla vostra posizione potrebbe sembrare difficile, ma mi ricordo di vostra madre americana e dico subito che voi volete dirmi che mi amate.

Cavendish                     - (abbassa le gambe e guarda Marta con gli occhi sbarrati) Meraviglioso. E co­me avete fatto a capire in me un sentimento cosi gentile?

Marta                            - Noi donne facciamo di questi mira­coli.

Cavendish                     - Bene. E allora. Mi amate?

Marta                            - No.

Cavendish                     - Mi dispiace. Avevo in testa tutto un programma. C'è tutto da rifare. Ma perché poi non mi amate? Sareste per caso una donna meccanica anche voi? Perché qui c'è tendenza.

Marta                            - Siete anche voi irritato contro il mio figliastro?

Cavendish                     - Irritato? No!

Marta                            - E allora che cosa ne pensate?

Cavendish                     - Nulla. Se la cosa riesce si po­tranno fare dei formidabili eserciti di colo­nizzazione... Civilizzeremo anche l'America...

Marta                            - Tutto qui?

Cavendish                     - Tutto qui.

Marta                            - Insomma voi non lo uccidereste?

Cavendish                     - Ucciderlo? Io dico: adoperarlo piuttosto.

SCENA SESTA Detti - Steiner

Steiner                           - Eccomi qua (vedendo Cavea.) Oh!...

Marta                            - Oh, siete qui anche voi, Steiner?

Steiner                           - Come anche.,.

Marta                            - Insomma siete qui ? E che cosa mi rac­contate voi?

Steiner                           - Che cosa vi racconto io? Ecco... (sec­cato dalla presenza di Cavendish) Permettete, Cavendish... scusate, andate a vedere... E' istruttivo vedere...

Cavendish                     - (che ha capito) Ah... E' istrut­tivo... Io vado allora. Voi restate. Anche questo è istruttivo... Prego... (via)

Steiner                           - (alludendo al pugnaletto da tavola che la signora si gingilla tra le mani sorri­dendo) Signora, (si assicura che Cavendish sia partito) signora...

Marta                            - (sorpresa) Ebbene?

Steiner                           - Piantatemelo nel cuore (si inginocchia)

Marta                            - Oh, oh... Che fuoco... Ma che cosa fate?

Steiner                           - Non lo so. So soltanto che vi amo. Sì, o signora, da quando vi ho veduta ho per­duto ogni bene, ho perduto la pace del cuore e la chiarezza dell'intelletto... Anche gli al­tri miei colleghi vi amano... Lo so... Tutti vi amano...

Marta                            - Oh, via, non esagerate...

Steiner                           - Non esagero. Tutti vi amano.

 Marta                           - Anche Adamo?

Steiner                           - Perché no? Quasi quasi dovrei cre­derlo nonostante le sue deficienze organiche...

Marta                            - (offesa) Prego.

Steiner                           - Non volevo offendervi. In realtà credo che qualche cosa abbia cominciato a battere anche nel suo petto freddo.

Marta                            - E sareste geloso ?

Steiner                           - Un poco.

Marta                            - Non è un uomo.

Steiner                           - E' qualche cosa di più. E' un sim­bolo, un'insegna... una specie di monumento commemorativo della ragione... e non c'è nulla quanto la ragione che faccia perdere la ragione alle signore. Prova ne sia che voi non vi occupate che di lui... E io... Io protesto... Dirò di più: lo odio... Sì, finirò per odiarlo.

Marta                            - Per causa mia?

Steiner                           - Si capisce: per causa vostra. Senza di voi io non avrei pensieri, ammirazione, de­dizione che per lui; lui che è il vero Dio... Sarebbe il vero Dio... Non so più quel che mi dico, ma io finirò davvero per odiarlo.

Marta                            - C'è un rimedio, se davvero lo odiate.

Steiner                           - Quale?

Marta                            - Ucciderlo...

Steiner                           - Già, ma vedete... egli non può essere ucciso...

Marta                            - Eppure non potete eternamente oscil­lare fra me e lui... Decidetevi... Bisogna sce­gliere...

Steiner                           - Ma sarebbe come fare impazzire la umanità.

Marta                            - E chi vi dice che l'umanità impazzita non sia migliore di questa?

Steiner                           - Non avevo mai esaminato il proble­ma sotto questo punto di vista.

Marta                            - E voi poco fa eravate qui in ginocchio davanti a me... innamorato...

Steiner                           - ... Sì pazzo.

Marta                            - Ecco, vedete? E come vi trovereste se poteste essere sempre pazzo così?

Steiner                           - Dio mio... Come nel Limbo...

Marta                            - Voi non rispondete. Bene o male?

Steiner                           - Divinamente... male...

SCENA SETTIMA Samuele, Cavendish, Rodriguez, Detti

Samuele                        - (entra fregandosi le mani) Fatto,

Steiner                           - Che cosa?

Samuele                        - Guarito.

Cavendish ................... - Evviva! Un metacarpo straordi­nario.

Samuele                        - Ma c'è dell'altro.

Steiner                           - S'è rotto in qualche altra parte?

Samuele                        - No, non s'è rotto... C'è dell'altro, che ora non posso dire.

Steiner                           - Pardon... (a Cavendish e Rodriguez che si allontanano discutendo) Cavendish... (via).

Samuele                        - (alla donna) Ebbene?

Marta                            - Che cosa?

Samuele                        - Hai veduto? La vita può andare avanti benissimo senza di te.

Marta                            - Uh... Non saprei. Io non sono an­cora morta, veramente.

Samuele                        - Ti fai delle illusioni. Ebbene io ti ho lasciato sola con luì a tu per tu... per dei giorni interi. Ero tanto sicuro che non vi sa­reste intesi... Ma adesso basta!

Marta                            - Basta che cosa?

Samuele                        - Basta. Tu te ne vai di qui. Credo che non avrai più nulla a ridire.

Marta                            - Io ho da ridire sempre le stesse cose di prima. Del resto, perché non potrei restare ancora? Dal momento che non ci intendiamo e che anche vicini siamo come lontani...

Samuele                        - Non vi intendete, ma vi disturbate a vicenda. Egli disturba te perché non può essere che tu non ti senta imbarazzata... Per Dio, la vostra conoscenza è cominciata con uno svenimento da parte tua. Ma tu disturbi lui. Sempre, quando ci si mette in mezzo una donna si crea nel pensiero di un uomo una certa confusione. Per cui è meglio che non vi vediate più. Tanto tu che speri? Che cosa puoi fare contro di lui?

Marta                            - Non so.

Samuele                        - Ma nulla, cara! Tu non puoi fare che la ragione non sia ragione, che il pensiero non sia pensiero; e che la sua forza non sia tale da potersi sostituire a tutto ciò che non è pensiero. Insomma, per essere chiaro io ti dico ancora una volta che le donne sono tutte morte, morte... Hai capito?

Marta                            - Io vivo.

Samuele                        - Tu vegeti. Tu non conti più nulla perché ti ho dimostrato che la mia progenie è tale che può nascere e vivere senza di te. E adesso, addio, mia cara... Puoi occuparti fin che vivi dei tuoi cappellini, delle tue petti­nature, delle tue donne di servizio... Bene, bene, non avrai proprio altro da fare per in­gannare il tuo inutile tempo.

Marta                            - Ah sì? (guarda con occhio sprezzan­te il marito che le volta le spalle e con rapido giuoco si getta in piantò) Ma perché, perché» tutto questo?...

Samuele                        - Marta, non facciamo scene. Io sol che se tu ti metti a piangere sarò capace di commettere delle sciocchezze per consolarti ma l'uso di quelle tue piccole armi micidiali non sarebbe leale da parte tua. Non chiederei perché... Ma perché l'uomo nasce con questo imperioso bisogno di liberarsi da tutti i vincoli che lo tengono legato alla terra, al male, ali dolore... Io mi sono liberato in lui... Capirai finalmente perché non volevo dei figli. (Samuele è spesso tentato, durante questa scena di accarezzare la moglie che gli protende il viso; la sua voce ha vibrazioni tenui; ma poi si vince).

Marta                            - Sei spaventoso.       

Samuele                        - Lo so. Ma se io ti dicessi che tuo figlio sarà gobbo, sarà imbecille, sarà cieco, tu che cosa diresti? Saresti contenta di darlo alla luce? No. E non è la stessa cosa se ti! dico: Tuo figlio sarà malato di morte, sarà di carne debole, sarà impastato di istinti contro i quali invano, invano la sua ragione combatterà? La ragione combatte da secoli invano... o dunque... Il gran dramma della ma­ternità nel cui sangue hanno radice tutti i mali degli uomini, questo grande, sublime, terribile dramma si chiude: l'uomo è libero. Nasce senza madre.

Marta                            - Io non so nulla, non voglio sapere nulla. So soltanto che ti odio, sì, ti odio...

Samuele                        - Perché mi ami.         

Marta                            - Come vuoi. Ma sono qui e qui resto... E se tu anche mi costringessi con la forza ;\ ad andare via, io troverei modo di ritornare.

Samuele                        - No, niente forza. Vorrei che tu comprendessi che è finita per te.

Marta                            - Sarà.                         

Samuele                        - A meno che tu non intenda rimproverarmi di avere avuto un figlio senza di te. In questo caso, fattela, con me, (materno) ma lascia stare quella povera creatura che con te non ha proprio niente a che vedere. Del resto io non ti ho tradito.           

Marta                            - Magari: hai fatto peggio. Mi hai abolito.

Samuele                        - Questo è vero. Ma la colpa non è mia... E' fatale... Il bene contro il male, la ragione contro l'istinto...                    

Marta                            - Come se io fossi il male...

Samuele                        - In senso largo, sì... L'istinto, insomma...

Marta                            - Pazzo... pazzo e vigliacco!

Samuele                        - Ma insomma che cosa vuoi da me? Parla, sciagurata... Che cosa vuoi da ma?... Che cosa resti a fare? A sputare inutilmente il tuo odio verso di lui...

Marta                            - Oh, se tu sapessi come odio più te! Lui... che m'importa di lui... Credi che io creda a tutte le tue fandonie? Guarda che se ti avvicini di un passo solo io non so quello che faccio... Bada! (afferra il pugnale).

Samuele                        - (ha una rapida controscena dal pazzo sdegno alla risata) Oh... Ah.,. Ma che cosa stiamo qui a discutere noi... E' chiaro... E' chiaro... Tu non ti vuoi persuadere che per te è finita... Tu vorresti rimanere qui a ten­tarlo con le tue parole senza connessione e conclusione, tu vorresti forzare le infrangibili porte della sua incorruttibilità.. (l’afferra alle spalle e mentre parla lo scialle che copre le spalle della donna cade. Ella resta così in un decolleté abbastanza pronunciato) Ah, ah, ma tu sei proprio sicura che questa tua bel­lezza... Perché sei bella, sai, sei più bella che mai; la tua carne ha un profumo nuovo, che io conosco e che pure ricordo... Ah, ah... Niente, niente... Tutto questo potrà parlare alle bestie che stanno incatenate dentro di noi... Non a lui... Ma guardatela... Eterna seduttrice, (ride ancora) Guardatela... Ebbe­ne, no, sta così, non ti muovere... Ecco... Sei nel pieno della tua forza bellica... Magnifi­ca... Desiderabilissima... Non ti coprire.,. Adesso sono io che ti sfido... Ma per l'ultima volta... E poi te ne vai... te ne andrai di qui... Sono io che ti sfido... Lo chiamo... (un moto istintivo di Marta che vorrebbe coprirsi) No... sta così.,. E mi devi giurare che non ti co­prirai dinanzi a lui... Perché vuoi rinunziare a questo ben di Dio di risorse?... (alla vetrata chiama) Adamo!... Vieni!...

Marta                            - Che cosa vuoi fare?

Samuele                        - Ho chiamato Adamo alle tentazioni di Eva... Io sarei il serpente... (ride)

Marta                            - (gettando a terra il mantello e apparen­do bellissima) Ebbene, accetto.

Samuele                        - Alla buon'ora... Non mi piace di stare ad origliare alle porte; ma quasi, quasi questa volta... Deve essere una cosa allegra davvero... Ma no, stai tranquilla... Per resi­stere alla tentazione di assistere al duello mi chiuderò in camera mia... Ma, bada... do­mani tu te ne andrai...

Marta                            - Me ne andrò... Ma a un patto. Quan­do sarà qui, tu, prima di andartene gli dirai che io sono bella...

 Samuele                       - Glielo hanno già detto i tre sa­pienti,.. Io so tutto!

SCENA NONA Adamo - Detti

Adamo                          - (si guarda la mano che fu ferita) Non è rimasto alcun segno della mia ferita...

Samuele                        - Lo sapevo.

Adamo                          - Però non sono guarito.

Samuele                        - Perché?

Adamo                          - Perché io la ricordo, (vedendo la donna) Che cosa è quella strana cosa?

Samuele                        - Quella è Marta. Non la riconosci?

Adamo                          - (va a toccarle le spalle mentre Marta rabbrividisce) To'... Chi è che ha dipinto le spalle a codesta maniera? Sono rosee.,, strano! Rosee... Perché non te le sei dipinte in verde?

Samuele                        - Adamo! Guardala. E' bella! (esce)

Adamo                          - (a questa parola si impunta) E dalli! Anche lui ti dice che sei bella. Tutti ti dicono che sei bella! Bella! Ecco una parola della quale io non ho bisogno. Bella! Mi par sem­pre di vedere una donna che corro dietro a una farfalla e dei sapienti che corrono die­tro a una donna. Passa una farfalla e mette la rivoluzione da per tutto. Ci sono molte cose da mettere a posto in questo mondo! Non sei del mio parere?

Marta                            - Molte cose? Non mi pare. A me pare invece che tutto vada perfettamente.

Adamo                          - Bè, si capisce. Tu sei fatta in un mo­do speciale. Tu tra le altre cose hai anche un petto stranissimo, rigonfio (per toccarlo) cu­rioso...

Marta                            - Ma lasciami...

Adamo                          - Ed è forse quello che ti impedisce di ragionare, (battendola a colpettini sulla fron­te) Ragiona. Prova a ragionare. Lo so che non ti è facile, ma prova. A poco a poco. Chi sa che tu non diventi come me e che anche nel corpo tu non ti prosciughi un po'. Senti, non sembra anche a te che il mondo divaghi qualche volta? Che attraversi dei quarti d'ora di pazzia? L'uragano per esempio... Il ven­to... Per poco quindici giorni fa non rovescia­va la casa. E le stelle? Hai visto mai, tu, la coda di una cometa? Hai visto mai tu cadere una stella? Sì, lo so: sono cose che si spiega­no, ma dopo, non prima. Insomma, nessuno se la sarebbe mai immaginata una cometa prima che una cometa ci fosse, no? Non mi intendi, non mi intendi. Il fatto è che quando ridi una notte un aerolite passare per il fir­mamento ne fui profondamente scandalizzato. E tu ridi? Ho notato che tu ridi sempre, sal­vo che quando parli d'amore. Allora ti spie­ghi malissimo, ma almeno non ridi. Dunque dicevamo, l'amore...

Marta                            - No, caro, basta: ne abbiamo parlato per tre giorni. Non hai capito niente.

Adamo                          - E' vero.

Marta                            - E sai perché non hai capito niente? Perché vuoicapire. Dovresti poter sentire. Per capire le pazzie, come dici tu, del mondo non per spiegarle, ma per penetrarle nel loro senso profondo, bisogna patire, sentire, non col cervello...

Adamo                          - Ma come? Si può dunque capire qualche cosa con qualche cosa che non è il cervello?

Marta                            - Ma certo! Tanto è vero che l'amore, l'amore per cui ci innalza al rapimento della bellezza, l'amore che ci rende una sola, cosa in armonia con tutto il creato, l'amore da cui nasce tutto ciò che è nuovo ed eterno, l'amore prende gli uomini così, all'improvviso, senza che essi nemmeno ne abbiano coscienza... Niente... Non si sa che cosa sia, ma è una gra­zia luminosa...

Adamo                          - Fermati! Non sbuffale in quel modo. Aspetta. Ripeto: Si può dunque capire qual­che cosa con qualche cosa che non è il cervello?

Marta                            - Sì!

Adamo                          - Piano! E questo qualche cosa che non è cervello, che non è pensiero cosciente che è?

Marta                            - Ma che ti devo dire io? Che ne so? E poi tu che puoi sapere? Basta, basta! Sono stanca, stanca. Mi pare davvero di parlare con un muro... Parlare con un cervello puro e semplice e parlare con un imbecille mi pare la stessa cosa...

Adamo                          - Tu dici che io non posso capire...

Marta                            - No, non puoi.

Adamo                          - Allora se io non posso capire vuol di­re che è un sofisma!

Marta                            - Che ne so io ? So di certo questo: che tutto il mondo ne vive. Il mondo vive di bel­lezza, caro mio, non di verità... La verità... che roba è?... L'hai trovata tu?

Adamo                          - Veramente no, ma coi tempo...

Marta                            - Non ti illudere...

Adamo                          - E tu, l'hai trovata?

Marta                            - Io? Non la cerco nemmeno!

Adamo                          - E come fai a vivere?

Marta                            - Io? (ride) Cantando godendo di sentire i raggi del sole che accarezzano que­sta mia bellezza che tu non capisci...

Adamo                          - Eppure mi hanno apposta per ca­pire...

Marta                            - Ma hanno sbagliato, caro mio; hanno sbagliato... Sei stato fabbricato fuori di posto     - (accalorandosi). Sì, sei uscito dalle correnti elettriche di un gabinetto chimico, sei uscito dalla materia fredda, sei uscito dalla volontà di uno sciagurato che si illudeva di avere bi­sogno di te e dimenticava di avere un cuore che aveva bisogno, a sua volta, di farsi udire.

Adamo                          - Un cuore? Che strana cosa è questa?

Marta                            - (prendendo il pugnale) Vuoi sapere che cosa è un cuore? Prendi questo pugnale... Raggiungi il maestro e piantalo nel suo petto. E' un esperimento che ti farà vedere una cosa miracolosa... Dalla sua ferita non uscirà una materia pallida e gelida come quella che è uscita dalla tua mano,.. Uscirà un fiume di fuoco... Vai, corri... Se hai fretta di conoscere la verità... Corri... e quando avrai ben guar­dato il sangue di quell'uomo, pensa che egli ha detto che io sono bella... Comprenderai che per lui io sono la verità rinnegata, e che io sono la ragione intima di tutte le cose... perché tutti gli uomini hanno avuto da me il fuoco delle loro vene.

Adamo                          - Parole... (guarda il pugnale) Questo è un argomento... Ma tu, per esempio, che cosa hai nel cuore?

Marta                            - (con terrore) Io? Perché?

Adamo                          - Perché penso che non ci sia proprio bisogno di andare a cercare il fuoco nel petto di lui, quando ho il tuo petto da aprire... Il tuo cuore! Il tuo cuore! (le va incontro col pugnale alzato per ferirla, ma improvvisa­mente si scarica e cade su una poltrona. Quasi contemporaneamente entrano i tre sapienti affannatissimi).

SCENA DECIMA Detti, Steiner, Cavendish, Rodriguez

Steiner                           - Signora, scusate... vostro marito...

Cavendish                     - Ma che marito!

Rodriguez                     - Insomma!

Steiner                           - Dice che voi dovete partire oggi stesso.

Marta                            - (ancora tremante per la paura passata)

                                      - Ah, ha detto questo? Mio marito ha molta fretta, ma forse ha ragione.

Steiner                           - Ma signora, voi siete agitata...

Marta                            - Io no...

Steiner                           - Io si...

Marta                            - E perché?

Steiner                           - Perché se voi partite davvero, eb­bene voi non partirete sola...

Marta                            - E perché?

Steiner                           - Perché non è possibile, non è possibile... Che giova fare della diplomazia? Noi tre vi abbiamo fatto una corte disperata... E' impossibile che tanta corrente elettrica non abbia fatto scaturire una scintilla... Non par­tirete sola...

Marta                            - E con ehi di grazia?

Cavendish                     - Con uno di noi tre!

Rodriguez                     - Scegliete!

Marta                            - (ride) Oh, questo è un assalto a ma­no armata! Ma benissimo... Soltanto che voi non vi siete accorti che mentre non fate che chiedere, chiedere, chiedere, vi guardate bene da soffrire qualche cosa... Chiedete, ma che cosa siete disposti a offrire per ottenere qual­che grazia da me?

Steiner                           - Ordinate signora! Qualsiasi sacrifi­cio! Volete che io chieda la cittadinanza fran­cese?

Rodriguez                     - Volete che mi metta d'accordo con la filosofia tedesca?

Cavendish                     - Volete che io incominci lo scio­pero della fame?

Marta                            - Voi scherzate! Io voglio ben altro! Chi di voi può sbarazzare il mondo da quel burattino ?

I tre                               - Oh!

Rodriguez                     - Perché no? Sarei coerente! Tanto il regno dei cieli è sicuro. Fin che dorme lo spezzerò! (fa per avventarglisi contro, ma poi è preso da un improvviso scrupolo e fug­ge facendosi il segno della Croce e dicendo) Non si può, non si può...

Steiner                           - Signora, non credevo veramente che bisognasse pagarlo così caro, l'amore, (si inchina ed esce)

Cavendish                     - Devo avere una pillola. Costui potrebbe essere utile in India, (gli dà una pil­lola).

Marta                            - (indignata) Ah, povera gente che sie­te! Sareste capaci di commettere qualsiasi sciocchezza, ma di fare un gesto utile a voi stessi e alla umanità, no, vero? Oh, andate, andate: mi fate pena e ribrezzo! Via! (Caven­dish esce)

Adamo                          - (svegliandosi) Il tuo cuore, il tuo cuo­re! (si dà a inseguire Marta col pugnale al­zato).

Adamo                          - Bisogna!

Marta                            - No, no, Adamo, me ne andrò, te Io prometto oggi stesso...

Adamo                          - Bisogna che io scavi che io veda... E quando avrò veduto fino in fondo al tuo cuo­re, forse allora, saprò! (quest'ultima parola è detta nell'attimo che vibra la pugnalata)

Marta                            - (ha un grido e immediatamente mostra alzandola una mano insanguinata) Mi hai fe­rito, mi hai ferito!

Adamo                          - (prende al polso la mana ferita e sem­pre tenendola alta la guarda).

SCENA UNDICESIMA Samuele, Detti

Samuele                        - (di corsa) Che accade? (prende cu­ra di Marta)

Adamo                          - (con lo sguardo fisso in alto nel vuoto) Ho veduto!

Samuele                        - (a Marta) Non è niente, non è nien­te! Ma che hai fatto?!

Adamo                          - Ho veduto... Ho veduto nel fondo dei cieli... il numero... il mistero... E' rosso, è tutto rosso! Rosso!... (barcolla verso la porta d'uscita)

Fine del secondo atto

ATTO TERZO

Scena come gli altri due atti

SCENA PRIMA Lucia poi Adamo

Lucia                             - (sta ponendo in una valigia delle cose che ha preparato sulla tavola: maglie, fazzo­letti, ecc).

Adamo                          - (entra, la guarda un poco compiere quel­le operazioni senza dirle nulla ed ella non sì avvede di lui).

Lucia                             - (finalmente lo scorge ed ha un tremito convulso. Tenta di prendere in fretta le sue robe per fuggire, ma Adamo glielo impedisce).                          

Adamo                          - Aspetta. Perché te ne vuoi andare?) Noi due non abbiamo mai conversato insieme.! Desidero di avere con te uno scambio di idee.

Lucia                             - Con me?

Adamo                          - Non ti meravigliare... Piuttosto mi devi disprezzare. Perché io sono arrivato a questo punto di confusione: ho bisogno dia scambiare alcune idee con te.

Lucia                             - Ma io che ti posso dire?

Adamo                          - Niente, lo so. Ma non credere che sia poco in confronto di ciò che è possibile. Cos'è quest'affare?

Lucia                             - Una valigia.

Adamo                          - A che serve?

Lucia                             - In viaggio... Non sai che me ne vado?

Adamo                          - Dove vai?

Lucia                             - A Roma.

Adamo                          - A Roma? Cosa vuol dire?

Lucia                             - Roma è... Roma è Roma.

Adamo                          - Benissimo. A forza di definire, defi­nire, definire, si arriva a qualche cosa che non si definisce. Roma è Roma; amore è amore, il sangue è il sangue... E io mi trovo in un vicolo cieco da cui non si esce. Così io ho ballonzolato a destra e a sinistra, in cerca di una via d'uscita, fino a che quel tipo che conosci anche tu, che porta le gonne come te...

Lucia                             - Zia Marta.

Adamo                          - Zia Marta? Benissimo. Lei. Fin che zia Malta non mi ha insegnato a scavare dal petto degli uomini il sangue... Tu sai che cosa è il sangue?

Lucia                             - Certo.

Adamo                          - Ebbene: quando ho veduto colare da una ferita quel curioso liquido rosso e caldo un bagliore sinistro si è fatto nella mia sca­tola cerebrale. Io cercavo il mistero dell'ori­gine... Un numero che dicevo io, l'uno...

Lucia                             - L'hai trovato?

Adamo                          - No; l'ho perduto per sempre... Ho trovato questo solo che, come importanza, è essenziale per me: la certezza che è inutile che io continui a vivere, la certezza che ogni mio sforzo è destinato al fallimento... Tu mi domandi se coloro che hanno nelle loro vene del sangue ben caldo e rosso arrivano a qualche conquista assoluta... E' vero che mi domandi questo?

Lucia                             - No... No davvero... Io non ti domando nulla, credimi...

Adamo                          - Ma io ti rispondo lo stesso. Ebbene, no, nemmeno loro giungono a nulla di con­creto... Ma se ne infischiano... Capisci? Vo­glio dire che quello che accede a me non è niente di straordinario, ma io non posso asso­lutamente fare come gli altri. Gli altri sen­tono friggere dentro al loro corpo questo fuoco inebriante... Ecco: gli altri, tutti gli altri sono ubriachi di sangue...

Lucia                             - Sì, sì...

Adamo                          - Sono contento di vedere che hai ca­pito tutto.

Lucia                             - Allora posso andare?

Adamo                          - Aspetta che finisca, il ragionamento. Ciò premesso, che conseguenza hai tu?

Lucia                             - Non saprei...

Adamo                          - Eppure è semplice. Ho cozzato contro l'incosciente, il nulla, ho cozzato contro l'istinto. Ho avuto la peggio , nel senso che ha avuto ragione lui. Ho deciso. Me ne vado.

Lucia                             - Te ne vai?

Adamo                          - Me ne vado...

Lucia                             - Non avrai l'intenzione di stabilirti a Roma, spero?

Adamo                          - Mai! Resto qui.

Lucia                             - Allora non te ne vai?

Adamo                          - Ma come? Non capisci? Muoio!

Lucia                             - Sei malato?

Adamo                          - Muoio perché mi ammazzo.

Lucia                             - (terrorizzata) Tu ti... Aiuto!

Adamo                          - Taci! Io mi ammazzo... Posso fare ciò che voglio? Mi avevano detto che ero il padrone del mondo... Non è vero... Ma alme­no il padrone di me stesso... Ma che hai? Strano: tu soffi per la bocca in modo strano...

Lucia                             - (cadendo su una sedia) Mio Dio che paura...

Adamo                          - Ma perché?

Lucia                             - Ma santo cielo! Dici che ti ammazzi e vuoi che io non mi agiti?...

Adamo                          - Ma, scusami: se tutte le volte che odi un ragionamento filato ti deve fare questo ef­fetto... Io non so...

Lucia                             - E lo chiama ragionamento... Ma no, senti... Qui tutti ti vogliono bene... non devi badare a me, alla zia... non tenere conto dei nostri ramini... In fondo vale la pena di vivere la vita...

Adamo                          - La mia non importa... Ma sai che ti devo dire?

Lucia                             - Che ti ammazzi...

Adamo                          - Sì... Che non vedo l'ora... sarà il primo, l'ultimo sillogisma che mi verrà fat­to di chiedere... E tu raccogli le mie ultime volontà...

Lucia                             - Ma no... E' impossibile...

Adamo                          - Lo voglio...

Lucia                             - Ma io dirò tutto allo zio e non potrai...

Adamo                          - Mi farai il favore di dire a Marta che le lascio volentieri il campo libero, che non ho per lei rancore dì sorta. E lei non mi porti rancore se non l'ho amata...

Lucia                             - Che?

Adamo                          - E temo che volesse che l'amassi... Che fai?...

Lucia                             - (che ha abbassato il capo) Mi ver­gogno!

Adamo                          - Anche questa è una cosa che non co­nosco nemmeno di vista. Fa niente. Dirai ai sapienti che fanno molto bene a correre dietro alle donne rimorchiate dalle farfalle. Però, siccome quei signori pare che ci guadagnino qualcosettina a fare della scienza possono oc­cuparsene di quando in quando. Ma con pru­denza... Pensino a me e a come io sono giunto al passo estremo... Ma non ci sarà questo pe­ricolo, perché essi non pensano col pensiero, ma un po' con tutto... Credo, anche, con gli occhiali di tartaruga e i peli della barba... E infine salutami i parassiti...

Lucia                             - Ma senti: non potresti...

Adamo                          - Salutami i parassiti: ce n'è uno che fa delle commedie e dei romanzi anche... E' quello che sopporto meno forse a causa del fracasso che fa con quel maledetto piatto di rame. C'è quello che fa della poesia lirica che è il più carino di tutti perché si contenta di leggere, ciò che io gli insegno, ad alcuni ami­ci che lo lodano, lui poi loda gli altri quando cade il suo turno. Poi c'è il pittore, che di­pinge il teorema di Pitagora... Ebbene, a que­sti e agli altri dirai che mi facciano il favore di dimenticarmi... No, no, glielo devi dire proprio chiaramente: Ragazzi c'è un equi­voco! Un colossale equivoco!

SCENA SECONDA Carlo e Detti.

Carlo                             - Oh... Una conversazione intima?

Adamo                          - Ci siamo salutati... Lei parte e io...

Lucia                             - (gettandosi fra le braccia di Carlo) Si ammazza! ...

Carlo                             - Si ammazza?...

Lucia                             - Si... Lo ha detto poco fa... Mi fa tanta paura...

Adamo                          - Non fuggire così... Salutami... Sai Carlo? Nel salutarla provo una certa delu­sione di non poterle dire che è bella...

Lucia                             - (subito ammansita e confortata) Oh, bella no... Ma sono buona...

Adamo                          - Come? Buona?... Ciao cara... Ciao... Vattene... Tu vuoi complicare la mia confu­sione...

Carlo                             - (a Lucia) Vai. (Quando Lucia è usci­ta) Ebbene? Ti ammazzi?

Adamo                          - Sì.

Carlo                             - Bè bè... Fai tu. Io, però...

Adamo                          - No, guarda... Ti ringrazio molto della tua cortesia, ma basta... Proprio basta...

Carlo                             - Per carità... Quando hai deciso... Ma come fai? Ti pare una cosa facile?

Adam                            - Facilissima. Vorrei bere mi bicchiere di sangue... ma mi contento anche del latte, So che è fatale per me. Me lo procuri tu?

Carlo                             - Io? E perché proprio io? Vai alla darsena, quando arriva il carico delle vettovaglie e mettiti d'accordo con qualcuno... Però) sarebbe meglio che tu pensassi a qualche altro mezzo...

Adamo                          - Ma come? Dimmi tu come posso morire altrimenti io? Io non posso morire che) così... E poi deve essere così... Per chiudere bene il sillogisma... Ho bisogno di sentirmi divorare le viscere da questo mistero... Odi? Non ti pare che sia la sirena del piroscafo. Vado. Ciao. Non so se ci rivedremo ancora. Non piangere, sai?

Carlo                             - No, no: ciao caro...

SCENA TERZA Samuele e Carlo

Samuele                        - (entrando dalla porta di destra è agitatissimo) Carlo. Tu sei il mio miglior discepolo...

Carlo                             - Veramente non era questo il vostro] parere ieri...

Samuele                        - Ieri? Non pensare a ieri... Ma tu hai veduto, seguito tutta la mia fatica... Devi godere con me.

Carlo                             - E di che?

Samuele                        - Adamo...

Carlo                             - Ebbene?

Samuele                        - Sta trionfando...

Carlo                             - Ma, veramente...    

Samuele                        - Ah... Se tu lo avessi veduto ieri! Ha cozzato contro mia moglie... Deve essere sta­ta una cosa terribile... Figurati che quando sono arrivato io stava brandendo un pugna­le... E ha colpito capisci? La pugnalava... E io, che non ci avevo pensato...

Carlo                             - Già mi hanno detto che la signora...!

Samuele                        - Lui... E' stato lui... Naturalmente gli ho impedito di continuare... Ma tu vedi bene che nemmeno una donna lo ha spaventato... nemmeno il mistero dell'amore... Ha ragionato, ha ragionato, finché ha potuto e poi giù... Botte... C'è qualche uomo che fa g lo stesso... Ma sono pochi, sono troppo pochi... Io, per esempio, non sarei capace... Ma adesso sono tranquillo. Io adesso posso essere debole, posso lasciarmi andare a tutte le transazioni... Adesso c'è lui... perfetto, che pensa automaticamente... Io sono a posto... La mia coscienza è lui, la mia fede è lui... Insomma, io mi sono assicurato una coerenza logica, capisci?... Io mi sono assicurato il mio problema centrale. Adesso quello fun­ziona per suo conto, ecco, e io faccio quello che mi pare.

Carlo                             - Ma che cosa avete? Mi fate paura!

Samuele                        - Io? Niente... Sono agitato forse? No... Non mi pare di essere agitato. Volevo dire che adesso posso fare a meno di preoc­cuparmi... Adesso posso scatenare la belva che tengo incatenata dentro di me, la belva che mugola e mi strazia da tanto tempo... Ah! Non capisci? Mi riprendo mia moglie, capi­sci? Bella, morbida, dolce, piena di carezze e di stupidaggini... Carina... Hai veduto come è bella?... E terribile sai... Terribile... Ieri quando sperava ancora di avere ragione di me, cioè di lui, era bellissima, quasi nuda.. Oh... Ma che cosa ti dico...

Carlo                             - Maestro!

Samuele                        - Di la verità... (prendendolo a brac­cetto come per fargli una confidenza) Dì la verità... E' triste sai, ma bisogna convenire che in fondo non c'è nulla di più bello di questi momenti nei quali si aspetta la donna del proprio amore... E in testa non si ha una idea, non un pensiero, non una meta... Nien­te... Ah... ah... Questa felicità imbecille è dolce, dolcissima... E' qualche cosa di divi­no... Ti senti quasi come un Dio... Un Dio... Ah, ah... E io lo sono due volte... Due volte, perché mi sono abilmente sottratto all'ingan­no della natura... Oh, natura... tu ti chiami fatalità, spontaneità, necessità... Facciamo le corna contro la iettatura... Io ti consegno alla volontà, alla ricerca, al calcolo, alla logica, E scappa se puoi... Il pensiero è onnipotente! Ma non viene ancora... Marta, perché tarda?

Carlo                             - Ma sa che voi l'aspettate?

Samuele                        - No, non lo sa...

Carlo                             - E allora perché dite che tarda?

Samuele                        - Bravo... Come sei logico tu..* Si vede che non hai mai amato... Ma non viene dunque... Io la voglio... Non c'è nessuno in questo maledetto paese d'inferno... ho biso­gno di aria e di luce, di canzoni... Ma lo vedi che non c'è nemmeno una foglia...

Carlo                             - Ma io l'ho sempre detto.

Samuele                        - Non capisci niente... Valla a chia­mare, vai... Io l'aspetto qui... Non dire nulla a quelle tre bestie sapienti...

Carlo                             - Sono partiti.

Samuele                        - Tutti?

Cablo                            - Tutti. I sapienti gli amici di Adamo...

Samuele                        - E perché?

Carlo                             - Per il ferimento...

Samuele                        - Per il ferimento?

Carlo                             - Ma sicuro... Hanno avuto paura di qualche complicazione giudiziaria.

Samuele                        - Ma Adamo faceva un ragiona­mento...

Carlo                             - Si, ma siccome i carabinieri non han­no l'obbligo di essere logici così se ne sono scappati tutti. Ma via: mettete che invece di una mano quello la ferisse al cuore... Insom­ma sono partiti...

Samuele                        - (con un grido) Non sarà partita lei?

Carlo                             - No. Partirà oggi, con noi.

Samuele                        - (con un sospiro) Ah!... Finalmente! Mi hai fatto paura. Che paura. Non deve par­tire senza di me capisci? Non deve... Perché io la desidero. La desidero come un pazzo... Fa che venga qui subito... Io non voglio usci­re... Voglio che venga, qui, qui...

Carlo                             - (via).

Samuele                        - (solo si ravvia i capelli, si mette a po­sto la cravatta ma entra subito Marta).

SCENA QUARTA - Marta e Samuele

Marta                            - Sei tu che mi vuoi?

Samuele                        - Si... Sono io...

Marta                            - Che hai?...

Samuele                        - Niente... Siediti... Vuoi stare in piedi? Come vuoi... Ecco... Io ti volevo dire che ti amo... Sì: che ti amo tanto, che ti vo­glio ancora tutta per me, che senza di te io non posso più vivere... E che bisogna che tu assolutamente dimentichi il passato... Oh... Come sei bella.

Marta                            - Bada... Non ti avvicinare se no me ne vado...

Samuele                        - Perché sei così cattiva?... Non vedi come sono cambiato?...

Marta                            - E come mai...

Samuele                        - Perché ti amo...

Marta                            - Mi fai ribrezzo.;. Tu non sai quanto ho sofferto io...

Samuele                        - E tu sai forse quanto ho sofferto io? E come potresti saperlo? Ecco: tu devi im­maginare di avere una gran sete ardente che ti distrugge dal fondo. Devi immaginare di essere tutta di fuoco... Allora vedi una fon­tana e ti butti dentro nell'acqua fino alla gola... Saresti capace di uccidere se uno ti impedisse di bere, non è vero? Ebbene io avevo una gran sete... No, non è così... E' una altra cosa più grande... Guarda... Hai mai pensato alla morte tu? Hai mai pensato alla immensità dei mondi? Hai mai pensato di essere un verme disperso nella ostile indiffe­renza dell'infinito? Ebbene c'è un demonio che dice a questo verme: ce Tu sei re, tu sei signore, tu sei la cosa più importante che sia mai stata fatta ». Ecco. E allora nasce nell'anima una bramosia disperata di dominio e di immortalità... Si sacrifica tutto per que­sto! Anche la vita, anche l'amore... Tutto... Ma adesso non è più necessario... Adesso io sono a posto... c'è lui. Ho liberato il mio io pensante e posso permettere che il verme strisci ai tuoi piedi... Così... Ti amo... ti amo... Ho bisogno di te...

Marta                            - Di me? O delle mie cure oramai? Temo che tu sia inalato, gravemente malato.

Samuele                        - Malato di te, malato di bellezza, malato di pace...

Marta                            - Troppo tardi per questo... Tu non sai quanto ti abbia amato.

Samuele                        - Anch'io...

Marta                            - Ma lascia andare... Se mi avessi ama­to non avresti voluto fare di me una cosa, un utensile di lusso della tua casa.

Samuele                        - Ma no... Una donna... Una com­pagna...

Marta                            - Muta, sorda, pronta a dare come una macchinetta automatica a sorpresa.

Samuele                        - Sei cattiva...

Marta                            - E allora, a quale vita mi riservavi?

Samuele                        - L'amore... Ecco, meglio: Tu avre­sti servito la mia causa rendendo più dolci le ore del riposo... Ma ora tutto questo è inu­tile, ora tutto è finito io ho avuto la mia vit­toria e deve cominciare una vita nuova...

Marta                            - Ti ripeto che è troppo tardi.

Samuele                        - Perché?

Marta                            - Perché io non ti amo più. E' meglio per te che io me ne vada subito oggi stesso... Quando vedo nelle tue pupille quella luce sinistra non solo sento di non amarti, ma di disprezzarti.

Samuele                        - Ma tu, che cosa credi di essere per parlare così? Hai l'aria di un giudice, di un padrone... Dovresti ricordarti che nel quadro della natura tu appartieni alla servitù... Car­ne sei carne, sei istinto e basta, basta. Dun­que abbassa quell'orgoglio ingiustificato che certo ereditasti dai secoli più stupidi della storia del mondo e riprendi servizio in casa mia... Io ti assumo di nuovo...

Marta                            - (ride) Ah, ah... Addio... Salutami il tuo padrone...

 Samuele                       - (muta di tattica improvvisamente e con disperazione) No, no... No non devi andare via... Non voglio... Perdonami quello che ho detto... Ero fuori di me... Perdona­mi... Ecco, guarda io dimentico tutto... Di­mentica anche tu il passato... Quello che fu doveva essere, non poteva non essere... Ba­sta... Io farò adesso tutto ciò che vorrai e sarò il tuo servo, il tuo servo devoto... Ecco­mi ai tuoi piedi... Comandami, Marta, dimmi quello che devo fare per piacerti... Per que­sto io sacrificherò tutto il mio tempo e tutta la mia energia... Vivremo in una casa che sarà veramente una casa tutta regolata dall'orologio e dalla economia. Tu sarai la regi­na, sì, la regina di quella casa ed il tuo sor­riso si rifletterà su tutte le cose...

Marta                            - Anche negli occhi di un bambino?

Samuele                        - Ma perché?... Ebbene sì... Come vuoi: anche negli occhi di un bambino che sarà un uomo, che sarà infelice, che sarà ma­lato di morte... No, no... Basta non aggiun­go altro... Basta... Come vorrai, come vorrai. Mi vuoi bene adesso? Ti amo, ti amo...

SCENA QUINTA Adamo e Detti

Adamo                          - (vedendo i due molto intimamente vi­cini) Benissimo... (rifacendo il verso dell'amore) Mi ami? Ti amo. Sempre? Sempre. Giura! Giuro. Fin lì ci arrivo anch'io.

Samuele                        - Che vuoi?

Adamo                          - Ero venuto qui per rimanere solo e tranquillo alcuni minuti.

Samuele                        - Che hai là dentro? (accenna a una ciotola che Adamo tiene con due mani).

Adamo                          - Qui c'è del latte... Un po' di latte che bevo alla tua salute (prima che Samuele possa impedirglielo egli tracanna il latte),

Samuele                        - No! no!

Adamo                          - (dandogli la ciotola vuota) A te!

Samuele                        - Oh... Ma chi può averti dato...

Adamo                          - Lucia... E' il suo primo contributo filosofico...

Samuele                        - Ma perché?... Disgraziato! Lo sai che fra poco tu non sarai che un masso inerte e senza scampo?

Adamo                          - Lo so. Per questo l'ho fatto.

Samuele                        - Ma perché?...

Adamo                          - Perché?... Ma vuoi proprio saperlo? Perché ero stanco di pensarci su. Da quando sono nato... Un anno, due anni, due secoli, venti secoli... Non lo so... Da allora, non ho fatto altro che farmi una ragione di tutto. Alla mattina pensavo di avere acciuffato la verità e alla sera i miei castelli in aria cadevano da sé, così... Senza che la verità si facesse nem­meno vedere... Non ho fatto che crearmi e distruggermi tutti i giorni... Una bella fatica e senza soddisfazione, te lo assicuro io...

Samuele                        - (disperato) Oh, povero me!

Marta                            - Samuele... Ascoltami...

Samuele                        - Va via! No... Sì... Aspettami...

Marta                            - Addio...

Adamo                          - Ciao.

Samuele                        - Tu, tu imbecille, che avevi superato il tempo e l'istinto...

Adamo                          - Hai detto niente...

Samuele                        - Tu che avevi spezzato le catene del peccato...

Adamo                          - E ti pare cosa da nulla? Come se di­cessi una barca senza vela, o senza motore.

Samuele                        - Tu che avevi superato tutto!...

Adamo                          - Si ma a forza di superare, superare tutto, avevo finito per inchiodarmi come cro­cifisso a un'idea fissa... Ma lo capisci che mi hai caricato con la molla della logica e mi hai obbligato a vivere in un mondo caricato con la molla dell'assurdo? Lo capisci che l'aquila ha bisogno dell'aria per volare e che il pen­siero avrebbe bisogno di un appoggio di un controllo per arrivare alla meta? Io batto le mie ali in una atmosfera di allucinazione ar­bitraria e casuale... Tanto è vero che non sono mai riuscito a preveder nulla. Tutte le volte che mi sono messo a fare i conti col futuro mi sono trovato di fronte all'imprevedibile... Il mondo va a rovescio mio caro... Va a rove­scio secondo me... Cioè sono io che vado a rovescio in definitiva. Perché la logica è un giocattolo di consolazione, che ti sei fabbri­cato per passare il tempo,.. Ma tu puoi anche mangiare, bere, dormire, fare delle sciocchez­ze con le donne, puoi ubriacarti e sognare... Tu puoi sognare... Tu puoi guardare l'orolo­gio, tu puoi far tardi a un appuntamento, tu puoi fare qualche cosa senza sapere perché la fai, tu puoi peccare e redimerti, cioè tu puoi camminare, una gamba l'altra verso la tua meta che ti aspetta... Tu hai qualcheduno che ti aspetta: la morte... Io no... Io la morte non la conosco... Non mi aspetta nessuno... Adesso finisco di vivere ma non muoio... Nien­te, così. Come un bastone, che se lo metti rit­to può starci un poco ma poi perde l'equilibrio e cade... E a quale scopo? La verità... Ma per capire la verità bisogna capire la bellez­za... E poiché tua moglie non mi piace buona notte... Ho bisogno di perdere l'equilibrio.

Samuele                        - E va bene... Aspetto che tu cada come un cencio su te stesso...

Adamo                          - Condivido la tua fretta perché mi sta venendo in mente un altro sistema filosofico e vorrei fargli lo scherzo di andarmene prima.

Samuele                        - Via, via... Non ti ascolto più... Fa presto... Tu hai segnato il tuo destino... Non il mio... Io tra poco ti raccoglierò come un rottame e ti metterò sotto l'azione violenta delle mie storte e della corrente elettrica e ti rifarò diverso e simile...

Adamo                          - Allora riconosci di avere sbagliato?

Samuele ...................... - Non voglio più parlare con te . Aspetto che tu ti spenga...

Adamo                          - Eppure mi credevi capace di domi­nare il mondo.

Samuele                        - Lo eri, lo eri... Lo saresti ancora...

Adamo                          - E allora io ti dico che quando io saio spento, tu non potrai più pensare a nulla... E sarà una fortuna per te... Una fortuna. Perché hai esagerato... coi pensieri bisogna usare prudenza come con le rivoltelle cariche...

Samuele                        - Ma che cosa farò allora?... Ma che cosa diverrò io?... Dovrò trascinare il mio or­goglio sulla bava delle lumache?...

Adamo                          - Ma non esagerare sempre... Sii prode. Tu dimentichi che fra le altre cose ti è anche permesso di cantare. Canta, caro mio... Non vedi Lucia come è felice? Canta. Prova anche tu. Perché ho un grave sospetto, che quando ti hanno messo in testa quella maledetta ma­nia di pensare ti abbiamo preso in giro...

Samuele                        - Ma chi? Chi mi ha preso in giro? Parla! Rispondi!

Adamo                          - Non cercare, non cercare... Canta, canta e credi... credi all'immensità di ciò che non si capisce, credi nella divinità dell'irra­gionevole; credi alla bellezza dell'innocenza, credi alla stupidità del cervello che pensa e alla genialità del sangue che batte, che batte, che batte alle porte dell'immensità... Ah, ah... (si scarica e cade morto).

Samuele                        - (scoppia in un riso da pazzo) Fini­to... Smarrito... distrutto!... Cantiamo... can­tiamo... Uomo, homunculus!... (volgendosi per andarsene con ribrezzo dal cadavere) Mar­ta, Marta, dove sei?... dove sei?...

FINE