Il campanello dello speziale

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Il campanello dell Speziale di Giuseppina Cattaneo

AUTRICE

GIUSEPPINA CATTANEO

http://giusicopioni.altervista.org/

POSIZIONE S.I.A.E. N° 193077

Codice opera Siae 911083A

TITOLO

IL CAMPANELLO

DELLO SPEZIALE

COMMEDIA IN

ATTO UNICO

Personaggi

SERAFINA sposa

ROSA madre di Serafina 

ENRICO innamorato di Rosa

DON ANNIBALE PISTACCHIO speziale e sposo

SPIRIDIONE giovane di bottega di Don Annibale

FRANCESCO invitato

ANGELITA invitato

GASTONE invitato

CATERINA invitato

CARLO invitato

LUCINA invitato

TRAMA

Libero adattamento dall’opera buffa

“Il campanello dello Speziale” di Gaetano Donizetti

TRAMA COMPLETA

Don Annibale Pistacchio, speziale di Bergamo, sta festeggiando in compagnia di parenti, il suo matrimonio con Serafina, giovane molto più di lui. Si sente però triste perché l’indomani dovrà lasciarla sola per recarsi a Roma per un’eredità di una defunta zia.

A guastare la festa ci pensa Enrico, ex amante di Serafina, che, deciso a riconquistarla, vuole impedire a Don Annibale di trascorrere la prima notte di nozze con la moglie, in modo da poterne poi chiedere l’annullamento.

Gli speziali hanno l’obbligo per legge, pena il carcere, di rispondere personalmente alle chiamate notturne di chi avesse bisogno di cure. Così Enrico, approfittando di ciò, mette in atto il suo piano: suonare di continuo il campanello con una girandola di travestimenti chiedendo medicine per i più strani malanni. La notte trascorre in fretta e all’alba Don Annibale parte tristemente, senza aver messo piede in camera da letto.

ATTO PRIMO

Porte laterali e una in fondo. In scena: libreria, paravento, un armadio, un tavolino più piccolo con due sedie, tavolo al centro della scena, sopra la quale ci sono, bottiglie, pane, salsicce, frutta e altro.

SCENA I

Spiridione e tutti i parenti invitati mentre stanno mangiando e bevendo

 

TUTTI GLI INVITATI. Evviva Don Annibale Pistacchio!

TUTTE LE INVITATE. Evviva Serafina!

TUTTI. Evviva gli sposi!

SPIRIDIONE. (Versa per tutto il tempo da bere ai sei ospiti).

CARLO. Lucina, non sono ancora arrivati gli sposi?

LUCINA. Tu li vedi?

CARLO. Vorrei infilarmi in tasca una bella sfilza di salsicce e desidererei che il padrone di casa non mi vedesse. Siamo in molti a questo banchetto e non vorrei rimanerne senza. (Si accinge a prenderli).

LUCINA. Rimetti subito al loro posto quelle salsicce, altrimenti, come ben sapri per esperienza, poi dovrai andare a farti curare dalla speziale.

CARLO. Ti ricordo che qui siamo, dallo speziale.

LUCINA. È vero! Siamo invitati alle nozze di mio cugino speziale! E non osare metterti in tasca quelle salsicce! Non farmi fare brutte figure. 

CARLO. Si deve fare sempre ciò che vuoi tu. Ti rendi conto che mi stai togliendo il pane di bocca? Cioè … volevo dire … le salsicce di bocca?

LUCINA. Per favore comportati a modo.

CARLO. A proposito di salsicce! È vero che Don Annibale deve ricevere un'eredità da una zia di Roma?

LUCINA. Sì, è vero. Perché parlando di salsicce hai pensato a Don Annibale?

CARLO. Perché lui mi ricorda … un insaccato!

LUCINA. Carlo, smettila per favore. Smettila.

GASTONE. Questo matrimonio è stato una sorpresa per tutti.

CATERINA. Mio cugino è stato davvero fortunato a trovare una ragazza come Serafina.

GASTONE. Ben detto! Con quella corporatura “imponente”…

CATERINA. A lui piace mangiare …

GASTONE. Anche a me piace mangiare … e con ciò?

CATERINA. E con ciò? Se non stai attento prima o poi diventerai come lui.

GASTONE. (Sta mettendo in bocca del pane quando desiste). Se non sbaglio, la tua amica Serafina, un tempo, era fidanzata con Enrico?

CATERINA. Quel Don Giovanni!

GASTONE. Con Don Giovanni? Ero convinto che fosse Enrico però se tu ora dici che era Don Giovanni, sarà stato sicuramente Don Giovanni. E di quale Don Giovanni si tratta? Si tratta del figlio di Bortolo o del figlio di Leone?

CATERINA. Ma non quelli di Don Giovanni! Il fatto è che ad Enrico piacciono le donne!

GASTONE. Voglio ben sperare  che gli piacciano le donne!

CATERINA. Volevo dire che gli piacciono le donne anche quando è fidanzato.

GASTONE. E chiamalo stupido!

CATERINA. Vorresti forse fare lo stesso?

GASTONE. Io? (Poco convinto) io no! Tu sei l'unica donna che io abbia mai voluto. Mi passeresti quel pollo che mi riempio almeno un po' lo stomaco … (Glielo porge).

FRANCESCO. Angelita, come vedi non manca nulla, c’è proprio ogni ben di Dio!

ANGELITA. È vero. Non è come al nostro matrimonio quando ai nostri invitati abbiamo solo fatto fare il giro del tavolo.

FRANCESCO. Come tu ricordi, io sono un semplice becchino e non uno speziale.

ANGELITA. Se l’avessi saputo prima …

FRANCESCO. Come? Ma se quando ci siamo conosciuti, la prima cosa che ti ho confidato è stato proprio il lavoro che svolgevo!

ANGELITA. Si certo, peccato però che tu me lo abbia camuffato in un uno strano italiano.

FRANCESCO. Ti ho detto che lavoravo come “beccaio”. Se tu non hai afferrato il senso, io non ne ho colpa.

ANGELITA. Io pensavo che “beccaio” fosse la traduzione dal dialetto “becher”, che significa “macellaio”.

FRANCESCO. Beccaio per me è sinonimo di becchino. Non attribuirmi colpe che non ho, piuttosto, prenditela con tua madre che non ti ha mandato a scuola di dialetto. Passami quel pezzo di pane per favore. La parola “pane”, di quella, ne afferri il significato?

ANGELITA. (Glielo passa).

SCENA II

Spiridione e tutti i parenti invitati, Don Annibale, Serafina e Rosa

(Don Annibale, Serafina e Rosa entrano in scena).

TUTTI GLI INVITATI. Evviva Don Annibale Pistacchio!

TUTTE LE INVITATE. Evviva Serafina!

TUTTI. Evviva gli sposi!

I sei invitati parlano alzando i calici.

LUCINA. Vogliamo bere e mangiare fino a domani mattina!

CARLO. Mangiare e bere ancora per molto!

ANGELITA. Farvi festa e ballare in onore a voi.

FRANCESCO. Ballare e festeggiare all'infinito!

GASTONE. Don Annibale è un Dio come Esculapio.

CATERINA. E Serafina invece è come la Dea Venere

LUCINA. Fate proprio una bella coppia.

CARLO. E il vostro futuro non può che essere meraviglioso.

FRANCESCO. E tutti insieme noi brinderemo per voi!

TUTTI GLI INVITATI. Evviva Don Annibale Pistacchio!

TUTTE LE INVITATE. Evviva Serafina!

TUTTI. Evviva gli sposi!

DON ANNIBALE. Parenti e amici cari, l’uomo sposato, diventa un uomo di qualità e perciò è una bella cosa cambiare il proprio stato civile. Se poi si incontra una ragazza così bella e buona come la mia, nient'altro ti passerà per la testa e vuoi solo che essere contento. Già mi vedo padre di due bambini che vedo seduti, uno alla mia destra e uno alla mia sinistra. Uno continuerà a dirmi che vorrà delle caramelle mentre l'altro invece, continuerà a dirmi che vorrà del pane. E mi chiameranno tutto il giorno e tutta la notte: papà, mi dai le caramelle? Papà mi dai il pane? E io sarò felice e come la fenice rinascerò tutte le volte. E tutta Bergamo, in poco tempo, piena di Pistacchi si troverà.  Vi ricordo che se volete continuare le danze, l'orchestra è pronta per voi.

FRANCESCO. Intanto che le gambe reggono ancora, un ballo lo farei volentieri. Angelita?

ANGELITA. Sì, perché no! Stare un po' con i vivi non ti farà male, dato che sei sempre rinchiuso nel cimitero.

DON ANNIBALE. Si deve far festa! (Agli altri) e voi?

CATERINA. Ci andrei volentieri al ballo, ma non so se mio marito è d'accordo.

GASTIONE. Certo che sono d’accordo. A patto però che questa volta sia io a guidare. Sono io l'uomo! Non è forse vero Don Annibale?

DON ANNIBALE. Fino a prova contraria …

CARLO. Lucina voglio insegnarti come si balla la polka.

LUCINA. Affrettiamoci allora.

ANGELITA. Carlo, tu sai ballare la polka? Potresti insegnarla anche a me?

CATERINA. Anch'io voglio impararla!

FRANCESCO. Non potete ballare tutte con Carlo! Non avete pensato a me e Gastone?

GASTONE. Non  mi dire Francesco che devo ballare con te questa sera ?

SERAFINA. Non preoccupatevi, ballerò io con voi due!

DON ANNIBALE. Brava Serafina mia. Danza come tu sai, ma non stancarti, lo sai che ora sei una donna sposata. Spiridione, accompagna alla sala da ballo i nostri ballerini.

SPIRIDIONE. Si, ma non prima di aver detto: “Evviva il mio padrone! Evviva gli sposi!”

TUTTI GLI INVITATI. Evviva Don Annibale Pistacchio!

TUTTE LE INVITATE. Evviva Serafina!

TUTTI. Evviva gli sposi!

SPIRIDIONE. Andiamo! (Escono dal fondo).

DON ANNIBALE. (Si accorge della presenza della suocera) suocera, lei non va a ballare? 

ROSA. Genero, ho voluto appositamente restarmene qui con lei perché vorrei dirle due parole.

DON ANNIBALE. Mi dica, l'ascolto.

ROSA. Vede, lei deve sapere che io sono una madre che …

DON ANNIBALE. Dica, dica pure … (avvicinandosi al tavolo) è mai possibile che non abbiano lasciato nulla da mangiare su questa tavola?!

ROSA. Sta … ascoltando?

DON ANNIBALE. Sì, certo. Vada, vada tranquillamente avanti. (Le va vicino).

ROSA. Stavo dicendo che io sono una madre che ha un cuore un po' malato perché …

DON ANNIBALE. (Si avvicina al tavolo) tutto il vino hanno consumato! Fatico a crederci!

ROSA. Dunque! Sta ascoltando si o no?!

DON ANNIBALE. Ovviamente! Sono tutto per lei. (Le va di nuovo vicino).

ROSA. Appunto! Stavo dicendo che ho un cuore un po' malato perché debbo separarmi dalla mia unica figlia e …

DON ANNIBALE. (Si avvicina al tavolo) da non credere! Sembra un campo sbaragliato! Inaudito!

ROSA. (Arrabbiata) e no! Ora basta! (Gli si avvicina e non lo lascia più muovere) il mio cuore è un po' malato perché debbo separarmi dalla mia unica figlia e consegnarla ad uno straniero come lei.

DON ANNIBALE. Io uno straniero? Le ricordo che io sono di Bergamo. Sono nato nel mille…… (dice qualcosa sotto voce in modo che non si conosca la data di nascita)… e tutti a Bergamo e precisamente in Città Alta, conoscono lo speziale Annibale Pistacchio! L'inventore di pastiglie contro l'asma, contro la tosse e anche contro il male della madre.

ROSA. Le faccio notare che mia figlia è la figlia di un padre “onorato” e di un “valoroso ufficiale”.

DON ANNIBALE. Come? Sua figlia ha due padri? Uno è un padre onorato e l'altro è un valoroso ufficiale?

ROSA. Che dice! Il padre è sempre lo stesso solo che è stato un ufficiale valoroso ed onorato.

DON ANNIBALE. Ora si che va bene.

ROSA. E tutto questo perché è deceduto in guerra … pace all'anima sua. Ritornando a mia figlia, io so con certezza che lei la farà felice.

DON ANNIBALE. Io le posso assicurare che ce la metterò tutta.

ROSA. E io so con certezza che Serafina non può che meritare un marito come lei perché mia figlia è un angelo.

DON ANNIBALE. Lo so molto bene. Ed è anche per questo che sto male al pensiero di doverla abbandonare domani mattina e mettermi in viaggio.

ROSA. Non potrebbe rimandare la partenza di qualche settimana?

DON ANNIBALE. Non posso proprio! Devo recarmi a Roma assolutamente domani perché è proprio domani che aprono il testamento di mia zia Onoria.

ROSA. (Compiaciuta) davvero?

DON ANNIBALE. Sì, devo assolutamente recarmi a Roma.

ROSA. (Compiaciuta) io … accennavo al testamento.

DON ANNIBALE. O si, mia zia Onoria mi ha lasciato poco tempo fa e domani si apre il suo testamento.

ROSA. Don Annibile, lei deve stare tranquillo perché starò io accanto a Serafina finché lei non tornerà. Non si preoccupi di nulla e vada a cuore leggero.

DON ANNIBALE. Grazie suocera. È proprio d'oro. (Si incammina verso la tavola) brindiamo a noi. A quanto vedo non ne hanno lasciata nemmeno una goccia per noi. Guardi.

ROSA. (Si sentono risate dal fondo) che festeggiamenti … che allegria! (Ironica) e per completare la festa ne manca soltanto uno.

DON ANNIBALE. Chi sarebbe? Non vorrà forse insinuare … Enrico?!

ROSA. Esatto, proprio lui.

DON ANNIBALE. Ci mancherebbe altro! Vostro nipote, scusi se mi permetto, ma non lo sopporto. Con la scusa che lui ha girovagato in su e in giù per lo stivale d'Italia, pensa di saper tutto lui. Per non parlare delle caricature che si permette di fare a tutti. E poi, iò che mi ha infastidito di più è quando ha tentato di portarmi via Serafina. (Si sentono grida festose e scrosci di risate) sentite, sentite come sono allegri e felici senza di lui. Sentite come si stanno divertendo!

SCENA III

Don Annibale, Rosa e Spiridione

SPIRIDIONE. (Entra dal fondo sganasciandosi dalle risate) oh che matto! Oh che pazzo!

DON ANNIBALE. Di chi stai parlando?

SPIRIDIONE. Ora le dico. Stavamo giocando a mosca cieca, quando d'un tratto si è aperta la porta sulle scale. Che spavento ci siamo presi! Uno spavento! Uno spavento da non riuscire a descrivere! Uno spavento che nessuno di noi ha mai … (viene interrotto).

DON ANNIBALE. Va bene, va bene. Prosegui ora.

SPIRIDIONE. A quel punto ci giriamo e dalla porta vediamo che entra un caporale con i baffi. E che baffi! Baffi che non se ne sono mai visti! Baffi che solo a guardarli ti … (viene interrotto).

DON ANNIBALE. Va bene! Veniamo al dunque.

SPIRIDIONE. S’incammina verso di noi e inizia ad urlare: "Io vi ordino di ritirarvi". E tutto questo, con un tono di voce altissimo! Un tono di voce da far paura! Con un tono di voce che … (viene interrotto).

DON ANNIBALE. Va bene! Sbrigati per favore perché così facendo, si fa notte!

SPIRIDIONE. Nessuno più ha avuto il coraggio di fiatare. Regnava un silenzio di tomba e uno per volta gli invitati si sono avviati a prendere, chi il cappello, chi il mantello e chi il bastone. A un certo punto il caporale getta l'uniforme e i baffi. Che baffi e che uniforme! Ma di quei baffi e di quelle uniformi! Baffi e uniforme che non si sono mai visti! Baffi ed uniforme che il solo vederli ti … (viene interrotto).

DON ANNIBALE. Va bene! Va bene! Dunque?

SPIRIDIONE. Spogliato di uniforme e baffi, ci accorgiamo che non è che … sapete chi era? Voi lo sapete chi era? Ebbene, lui chi era?

DON ANNIBALE. Spiridione, abbiamo capito! Stringi per favore!

SPIRIDIONE. Mi dica chi era allora. Sto aspettando.

SPIRIDIONE. Ridete…

DON ANNIBALE. Sbrigati per favore!

SPIRIDIONE. Se non ridete io non lo dico. E non lo dico davvero. E non ci penso nemmeno. Non lo dico e non lo dico e non importa se… (viene interrotto).

DON ANNIBALE. (Ride forzatamente) ah! Ah! Chi era?

SPIRIDIONE. (Ride) ah! Ah! Enrico! Ah! Ah!

DON ANNIBALE. (Fra sé)  che vi venga a tutti e due dolori di pancia!

ROSA. Che giocherellone! Ne inventa sempre una nuova.

SPIRIDIONE. E non è tutto! Hanno ricominciato a ballare e lui, inizia a gettare per terra pallini fulminanti. Che divertimento! Che risate! Che botti! Si è sentito … paf … pif … puf! Ma che paf! E che pif! E per non parlare di puf! Ma un paf che non vi dico. Un pif da non immaginare! E un puf dove… (viene interrotto).

DON ANNIBALE. Va bene, va bene, va bene!

SPIRIDIONE. Ho raccolto qualche pallino …  sono qui... (toglie dalla tasca alcuni pallini fulminati).

DON ANNIBALE. (Fra sé) d'ora in avanti dovrò stare vicino il più possibile a Serafina. (Si sente suonare un valzer).

SPIRIDIONE. (Esce dal fondo).

ROSA. Non è un valzer? Lei sa quanto io sia innamorata dei valzer? Don Annibale, la prego, balli con me.

DON ANNIBALE. (Allontanandosi) dai balli, io, invece sono sempre stato alla larga.

ROSA. (Andandogli incontro) su, venga qui.

DON ANNIBALE. (Sfuggendole) per i balli, io, non ho orecchio.

ROSA. Sono solo scuse. La prego, abbia la cortesia di ballare con me questo valzer.

DON ANNIBALE. (Sempre sfuggendole. Al pubblico) io non me la sento di ballare!

ROSA. (Trattenendolo) lei ora balla con me. Non è educato non ballare con la suocera.

DON ANNIBALE. Ma io … non ne sono capace… come vede… (balla e lo fa simpaticamente).

ROSA. Non importa … guido io. (E ballando escono di scena a destra).

SCENA IV

Serafina ed Enrico

SERAFINA. (Entrano dal fondo ballando sulle note del valzer. Al centro della scena, Enrico, smette di ballare). Sei stanco del ballo?

ENRICO. Serafina, Serafina, tu stai scherzando con il fuoco. In questo momento tu pensi che io sia l'amante offeso invece, ti assicuro che non è così. Perché Serafina ti sei sposata senza avvisarmi e senza nemmeno domandarmi il permesso?

SERAFINA. E hai anche il coraggio di chiedermelo? Tu sei un mostro! Di te io non mi fido più. Tu sei … tu sei … un traditore!

ENRICO. Sei tu invece che mi hai tradito …

SERAFINA. Non voglio ascoltarti più… (tenta di andarsene quando Enrico la ferma).

ENRICO. Fermati! Dove stai andando ingrata! Ascolta quello che devo dirti nella mia tristezza, prima che cada ai tuoi piedi. La mia fiamma, ora disprezzata, si accese in Città Bassa, (triste) e ben presto un freddo intenso spegnerà tutto questo incendio.

SERAFINA. Non morirai! Non morirai! Tu infierisci su di me solo per dispetto e non per amore. Ora che io sono di un altro la tua fiamma brucia. Ti sei dimenticato dell'infedeltà che mi hai riservato? Altre due ne amasti e io intanto … (viene interrotto).

ENRICO. Queste sono tutte falsità!

SERAFINA. Invece ne sono certa e sono sicura che ne hai altre due.

ENRICO. E io ti ripeto che sono tutte falsità.

SERAFINA. Spudorato! Non hai nemmeno il coraggio di ammetterlo!

ENRICO. No! Ti ripeto che non è così come tu pensi.

SERAFINA. Falso e bugiardo!

ENRICO. Ti ripeto che non ne ho altre due perché perché … sono tre. (Piagnucolando) tu sì che se traditrice, sei una leggera, una falsa, perché io feci tutto ciò solo per scordarmi di te. Io ti ho sempre amato e ti amo come nessuno ti amerà mai. Per te sola brucia nel petto una fiamma che non ha simili. Il mio cuore ti desidera, ti brama e senza te questo cuore morirà.

SERAFINA. Io ti amavo e speravo che nel tuo cuore si accendesse una fiamma imponente, ma la mia speranza è stata vana, un sogno falso come una nebbia che il giorno dopo sparisce. E quando non c'è fiamma, l'amore sparisce perché la speranza è ormai nulla. Ti saluto.

ENRICO. Non dire queste cose Serafina. Io ti amo.

SERAFINA. Sono sposata..

ENRICO. E di me che ne sarà?

SERAFINA. Di te non mi curo più.

ENRICO. Non mi ami più Serafina?!

SERAFINA. (Mentendo) non più, te lo assicuro.

ENRICO. (Al pubblico) se ogni speranza io ho perduto starò appresso a quel birbante, a quel vampiro che ti ha rubato a me. Ora che è finita la festa, non avrà più testa in testa e io potrò agire. Chi troppo vuole nulla stringe. E tu ti pentirai in fretta.

SERAFINA. Il tempo aggiusta tutto e aggiusterà anche te.

ENRICO. (Si inginocchia e le prende la mano) Serafina, il mio cuore è solo per te e tu non mi fuggirai ora che ti ho ritrovata.

SERAFINA. Ne sei certo?

SCENA V

Serafina, Enrico, Don Annibale, Rosa, Spiridione e i sei invitati

ENRICO. (Sente che tutti gli altri sono entrati dal fondo. Al pubblico) ecco lo sposo! Ora lo sistemo io. (A Serafina) non mi sfuggirai! Infedele e ingrata!

DON ANNIBALE. Che sta succedendo qui!

SERAFINA. Cielo, mio marito!

ENRICO. Fermati!

DON ANNIBALE. Guardie! Fuoco e fiamme! Aiuto!

SPIRIDIONE. Perché tanto rumore? Rumore?

ROSA. Cosa è successo di così grave?

DAN ANNIBALE. Non vedete?

FRANCESCO. Io vedo Enrico …

ANGELITA. … con Serafina.

GASTONE. Invece io vedo Serafina …

CATERINA. … con Enrico.

CARLO. Io invece vedo Serafina ed Enrico.

LUCINA. (Non risponde e tutti la guardano) anch'io li vedo, cosa credete voi!

DON ANNIBALE. Avete visto tutti che sta seducendo mia moglie! Anzi, guardate, guardate è persino ai piedi, della signora Pistacchio!

ENRICO. Lei pensa che io stia in ginocchio? Si sbaglia. (Si alza) io non sono in ginocchio.

ROSA. Non sta in ginocchio.

DON ANNIBALE. Ora lo vedo anch'io.

ENRICO. Come Don Annibale? Non ha capito che stavo provando una scena di teatro con Serafina? La stavo provando con lei ma era mia intenzione recitarla davanti a tutti voi.

ROSA. Che bella idea! Su, sentiamo subito la scena.

DON ANNIBALE. Un cavolo! Ora è troppo tardi! (Agli invitati) non pensate a me?   

SPIRIDIONE. No. La scena. La scena. La scena.

FRANCESCO. Io voglio vedere la scena.

ANGELITA. Anch'io voglio vedere la scena.

GASTONE. E io non vedo l'ora di vederla.

CATERINA. Che bello, una commedia di teatro qui!

CARLO. Iniziate!

LUCINA. Teatro senza andare a teatro!

ENRICO. (Al pubblico) o diavolo, cosa faccio ora? Devo inventarmi qualcosa e in fretta!

SERAFINA. (Al pubblico) che racconterà ora? Speriamo in bene.

ENRICO. Ecco … si tratta di un commedia classica-romantica dove le parti principali sono tre. Io farò la parte di… (non dice nulla) la sposa farà la parte della… (non dice nulla) e lei farà la parte di… (non dice nulla). O preferisce un'altra parte?

DON ANNIBALE. Ma … non saprei…  

ENRICO. Se non la gradisce, le darò la parte di… (non dice nulla). Che dice?

DON ANNIBALE. Preferirei la parte di prima.

ENRICO. E’ sicuro?

DON ANNIBALE. Si, si, sicuro.

ENRICO. E tu Serafina?

SERAFINA. A me va bene la mia parte. (Al pubblico) e quale sarebbe?

ROSA. Ora che le parti sono distribuite, a quando l’inizio?

ENRICO. Subito. Allora …

SPIRIDIONE. E il titolo? Il titolo?

ENRICO. O si certo. Il titolo è: Zzzasse, Zzzanze e Zzzonzo.

SERAFINA. (Al pubblico) c’era da immaginarselo!

DON ANNIBALE. Non lo trovo interessante  …

ROSA. Silenzio e si prosegua …

ENRICO. Si tratta di una commedia di venti atti soltanto. Ecco … io sono Zasse, amo Zanze e bramo dalla voglia di toglierla al mio rivale in amore che è lei. (A Don annibale). Si alza il sipario.

DON ANNIBALE. Fermiamo un attimo il sipario. Tutto questo solo nella commedia vero?

ENRICO. Ovviamente. Si alza il sipario. Ai piedi del gelso vi è … (viene interrotto).

SPIRIDIONE. Fermo! Non vedete che il sipario è rimasto a metà? A metà? A metà?

ENRICO. Oh, non me ne ero accorto. Scusatemi. (Si ferma un attimo, poi riprende) si inizia. Ai piedi di un gelso c'è Zanze che piange disperata a causa di un amore. Ecco che arriva a cavallo Zasse, scende e le va incontro… e baciandole le mani le fa capire tutto l'amore che sente per lei. (Bacia la mano di Serafina).

DON ANNIBALE. (Preso dalla gelosia va vicino ai due per separarli).

ENRICO. Zonzo, non è ancora arrivato il suo momento. (Lo spinge al suo posto). Zanze bacia le mani di Zasse, le bacia e le ribacia e tra i due scoppia l'amore (la bacia sul collo). Zonzo, dopo aver visto tutta la scena, si arrabbia e si avvicina ai due urlando: Zasse, vigliacco, ora ti faccio tremare. Ma Zassi Zaffi gli risponde Ziffe! Allora Zonzo chiama Zasse e di fronte a Zanze a Zasse, Zonzo, fa tagliare la testa. (Cade per terra e trascina su di se Serafina). A questa scena, la povera Zanze sviene sul corpo di Zasse e Zonzo dice: ai Zanze, ai Zanze.

DON ANNIBALE. (Si avvicina per far alzare Serafina. Suonano le campane). Ascoltate  … è mezzanotte. È tardi e forse sarebbe meglio che ognuno andasse a casa propria nel proprio letto.

SERAFINA. Ah, madre!

DON ANNIBALE. Signora suocera, quella è la sua stanza.

ENRICO. E la mia … dov’è?

DON ANNIBALE. La tua è in mezzo alla strada. Via, andate ora.

ROSA. Serafina, andiamo. (Escono a destra).

SERAFINA. Si madre.

FRANCESCO. Ci converrà andarcene.

GASTONE. Se la festa è finita …

CARLO. Peccato, mi stavo divertendo  …

ENRICO. Amici e parenti degli posi, dove andate? Facciamo l’ultimo brindisi agli sposi. Spiridione, porti altre bottiglie di vino. 

SPIRIDIONE. Subito! Subito! (Va a prendere due bottiglie e distribuisce i bicchieri a tutti).

ENRICO. E per finire i festeggiamenti ora canto una canzone che ho imparato aMilano. Invitati, ascoltate e poi cantate gli intercalari. Spiridione pronto col vino?

SPIRIDIONE. Pronti! (Porge ad Enrico una bottiglia).

ENRICO. (Cantato)

MESCI MESCI E SPERDA IL VENTO

OGNI CURA, OGNI LAMENTO;

SOLO IL CANTO DEL PIACERE

RISUONAR FRA NOI S’UDRA’.

NELL’EBREZZA DEL PIACERE

STA LA VERA ILARITA’.

MESCI MESCI.

MESCI MESCI.

DON ANNIBALE. Grazie, e ora buonanotte.

INVITATI. (Non si spostano e proseguono a cantare)

MESCI MESCI E SPERDA IL VENTO

OGNI CURA, OGNI LAMENTO;

SOLO IL CANTO DEL PIACERE

RISUONAR FRA NOI S’UDRA’.

NELL’EBREZZA DEL PIACERE

STA LA VERA ILARITA’.

DON ANNIBALE. Grazie di tutto, alla prossima volta che ci vedremo.

ENRICO. MESCI

INVITATI. MESCI

ENRICO. MESCI

INVITATI. MESCI

DON ANNIBALE. E dopo questo finale, tutti a casa propria.

INVITATI. 

LUNGA E’ L’ORA DEGLI AFFANNI

HA IL PIACERE FUGACI I VANNI

E IL MOMENTO DEL GODERE

BRILLA E RAPIDO SE NE VA

ENRICO. SE NE VA, SE NE VA, SE NE VA.

DON ANNIBALE. (Sta per andare nella sua stanza quando viene fatto ritornare al suo posto da Enrico per ben due volte. Controllerà spesso l’orologio).

ENRICO. (Cantato)

MESCI MESCI E SPERDA IL VENTO

OGNI CURA, OGNI LAMENTO;

SOLO IL CANTO DEL PIACERE

RISUONAR FRA NOI S’UDRA’.

INVITATI. (Cantato)

NELL’EBREZZA DEL PIACERE

STA LA VERA ILARITA’.

ENRICO E INVITATI. (Cantano)

MESCI MESCI NEI BICCHIERI

MESCI MESCI STA LA VERA ILARITA’.

DON ANNIBALE. Basta! Ora che avete concluso, ognuno a casa propria.

ENRICO. (Mentre gli invitati escono accompagnati da Spiridione. Al pubblico) crede di andare a letto il babbione! Stai fresco! Ora ti servo io. (A Don Annibale) buonanotte. (Esce).

DON ANNIBALE. Credevo non andassero più quei maledetti! Sembrava che la canzone non volesse più finire! Spiridione! Sbrigati, aiutami a spogliarmi.

SPIRIDIONE. (Entrando dal fondo) arrivo, arrivo. (Mentre gli toglie la giacca) mi è parso di aver sentito suonare il campanello?

DON ANNIBALE. Hai perduto il cervello? Ci mancherebbe che questo! Perché non è già tardi!

SPIRIDIONE. E se anche fosse? Non si preoccupi che stasera nessuno la disturberà più. Non ci sono io? Non c'è qui il suo servo, lo Spiridione? Non sono un servo qualsiasi, sono Spiridione! E perciò a chi vorrà le medicine le distribuirò io.

DON ANNIBALE. No, no, non è possibile. 

SPIRIDIONE. Come non è possibile? Sarebbe solo per questa notte. Solo stanotte e basta.

DON ANNIBALE. Non si può, la legge parla chiaro. (Prende un libro dove legge): “In vista di frequenti funesti avvenimenti, si ordina che ogni speziale, di notte, le proprie medicine venda in persona. Il trasgressore punito sarà di multa e prigionia”. Come vedi … spero solo che nessuno venga a disturbarmi. Aiutami col berretto da notte e la veste da camera. (Si toglie la giacca. Nel frattempo la suocera Rosa esce dalla camera nuziale e chiude la porta con la chiave) chi viene? O la suocera … (va a nascondersi dietro il paravento con Spiridione che lo aiuta a cambiarsi).

SCENA VI

Don Annibale, Rosa e Spiridione

ROSA. Sposo, ho la chiave della … ma … ma … dov'è finito?

DON ANNIBALE. Sono qui, sono qui. Mi vede?

ROSA. Non proprio. Ora le vengo vicino così la vedo.

DON ANNIBALE. (Alzando la voce) si fermi subito! Non si sposti da dov’è.

ROSA. Perché non posso avvicinarmi? Vuol forse giocare a a nascondino?

DON ANNIBALE. No! Non vede che mi sto cambiando per la notte?

ROSA. (Affrettandosi) è vero. Avrei la chiave della sua stanza. Gliela portò lì?

DON ANNIBALE. Non ci pensi nemmeno. Le ho appena detto che mi sto cambiando …

ROSA. È vero. Gliela lascio qui su un mobile.

DON ANNIBALE. Benissimo.

ROSA. Verrò a svegliarla prima che il sole si alzi.

DON ANNIBALE. (Al pubblico ironico) come sono felice!

ROSA. (Dolcemente) felice notte, piccolo Cupido. (Torna nella sua stanza).

DON ANNIBALE. (Esce dal paravento e girando su se stesso) come ti sembro?

SPIRIDIONE. Come mi sembra … porta la veste da camera e la berretta da notte sulla testa. Ma non una berretta da notte qualsiasi. Una berretta di quelle berrette che …

DON ANNIBALE. Va be! Va be, ho capito. (Ironico) a te non scappa proprio nulla. Volevo solo sapere se ero perfetto.

SPIRIDIONE. Perfetto? (Mentendo) altro che perfetto! Perfettissimo!

DON ANNIBALE. Ora vai pure a dormire Spiridione, e ricordati di alzarti alle cinque.

SPIRIDIONE. Andrò a letto vestito allora. Tutto vestito. Completamente vestito! (Esce al fondo).

DON ANNIBALE. (Prende il lume e la chiave e mentre si avvia alla sua stanza a destra, si sente suonare il campanello) proprio ora? Chi sarà mai?! Un attimo! (Posa la chiave ed il lume e va ad aprire al fondo).

SCENA VII

Don Annibale ed Enrico

ENRICO. (Entra travestito da damerino francese. Usa un accento francese) bonsoir.

DON ANNIBALE. Mi dica quello che le occorre.

ENRICO. Je al völ dömandà … prim cos, pardon pèr l’urar tarde. Ma quand ün òm soffré … al soffre. E je, mon amis, je tèng la fevr. Senté, toché la mon front, töché la mon orec.

DON ANNIBALE. (Al pubblico) che vuole questo da me? Non ho capito nulla di quello che ha raccontato. Signore, potrebbe parlare nel mio linguaggio? Altrimenti non capisco che vuole.

ENRICO. Va bien a ma spiegherò in italiano. Je suis … malat e ho bisogno de medesine.

DON ANNIBALE. La capisco, però se lei non mi dice il suo problema, non posso darle le medicine.

ENRICO. Vengo da un ballo e j’ai danzato pèr quatr’ore filade. E che coldòn inaudit! Avevo colt depertut, söl còl, sota le asielle, e i fino a sotto i pe. E per rinfrescam un pò, mi sòn bevù appena una trèntin dö bicchieron ghiacciatì.

DON ANNIBALE. (Al pubblico) trenta bicchieri gelati!? Ed è ancora vivo?!

ENRICO. E quèi bicchieròn, dòp man fat vègn ön imbaras allo stomàc. E je pèr turnar ala svèlt in forma, ho bèvüt cinq o ses bouttilles de Malaga, Champagn e Porto. Monsieur datem prèst qualcos.

DON ANNIBALE. (Al pubblico) volete vedere che costui mi ha scambiato per un cantiniere? Una buona scusa per levarmelo dai piedi. Attenda un attimo ed avrete il più squisito dei vini. (Al pubblico) ho un fiasco che ormai sa di aceto! (Esce di scena a sinistra).

ENRICO. (Fra sé) caro il mio speziale, fino a quando non ritornerò, ti saprò occupato. Siamo solo all'inizio della burla. (Prende un biglietto dalla tasca e lo mette nella serratura della stanza dove c’è Serafina. Inizia a spostare alcuni mobili) ce n'è ancora di tempo per vedere la fine della serata. Intanto, sposto questo armadio dinanzi alla camera nuziale, le sedie le sposto qui e nel mezzo metto la tavola. Vediamo se il mio rivale riuscirà a trovare il bandolo della matassa. Sta arrivando  … (Spegne il lume e la scena rimane oscura).

DON ANNIBALE. Prenda il vino. Chi ha spento la candela? (Si ferma, si muove a tentoni dalla parte dove sente la voce di Enrico).

ENRICO. Pardon, j’avut öna crisì e  sòn cadüt e inavvertitament e o spentò la lumiere.

DON ANNIBALE. (Ha raggiunto Enrico).

ENRICO. Scusòm ma or non hò più bisògn dèl votr vinèl. Merci, merci. Guidatem ala porta pur piasser.

DON ANNIBALE. Subito!

ENRICO. Andrò a lett. (Mentre viene accompagnato al fondo).

DON ANNIBALE. Anch'io ora andrò a letto.

ENRICO. (Alpubblico) questo non avverrà. Buonsoir! (Esce al fondo).

DON ANNIBALE. Addio. E non si faccia più vedere. Fortunatamente sono pratico di casa mia e posso camminarvi anche ad occhi chiusi. (Nel camminare urta le sedie e le fa cadere) credevo di essere nel mezzo della stanza e invece sono in un angolo. Perciò, se io ora sono nell'angolo, mi sposto di qua che cosa trovo? Trovo la mia stanza e di Serafina che si aprirà con questa chiave. (Si accorge che c’è l’armadio) ohimè! Che succede? Nell'armadio volevo trovare il mio letto. Vediamo di orientarci. La mia stanza che fine ha fatto? Non sarà fuggita con dentro Serafina. Spiridione! Spiridione!  Balordo! Russa come un maiale. (Vede il tavolino) ora ricordo, su questo tavolino misi qualche cerino … (cerca) eccone uno! (Accende la candela) per le corna del demonio! I mobili passeggiano! Spiridione, sonnambulo, dormendo avrà spostato i mobili. Pazienza! (Mentre sta sistemando la stanza, SUONO DI CAMPANELLO) oh campanello maledetto! Perché continui a suonare stasera!? (Va ad aprire).

SCENA VIII

Don Annibale ed Enrico

ENRICO. Permesso … È questa la bottega del famoso Pistacchio? (Con voce bassa).

DON ANNIBALE. Sì, è questa, ma la bottega è chiusa.

ENRICO. La bottega sarà chiusa ma vedo che c’è lo speziale.

DON ANNIBALE. Sì, ma lo speziale ora va a letto perché è tardi.

ENRICO. Se è tardi faremo in fretta. Allora è proprio lei il signor famosissimo, altissimo, insuperabilissimo Pistacchio?

DON ANNIBALE. Sì, avete davanti a voi Pistacchio in persona.

ENRICO. Esattamente come mi è stato descritto.

DON ANNIBALE. (Dolcemente) smetta di farmi complimenti e … (affrettato) si sbrighi che ho molta fretta.

ENRICO. Deve sapere che io sono un cantante e domani sera ho il mio debutto con una canzone nuovissima. Come lei può sentire, suono rauco e sono qui da lei perché ho sentito parlare molto bene di certi pillole stupende che lei ha contro il mal di gola, contro la voce rauca e bassa.

DON ANNIBALE. La servo subito e così può andarsene in fretta. (Si accinge a prenderle, quando viene trattenuto da Enrico).

ENRICO. Dove va?

DON ANNIBALE. A prenderle le pillole per la gola.

ENRICO. Ovvio. Vada pure…

DON ANNIBALE. (Si accinge ad andare quando viene di nuovo trattenuto da Enrico).

ENRICO. Ma saranno adatte anche per la voce rauca?

DON ANNIBALE. Certo, se sono adatte per la gola, per la voce rauca non potranno fare che benissimo. Alla voce rauca, agli occhi e anche al naso! (Al pubblico) e così siamo più sicuri! (Si accinge ad andare quando viene di nuovo trattenuto da Enrico).

ENRICO. E sono indicate anche per le tonsille? Tonsilla destra e tonsilla a sinistra?

DON ANNIBALE. Ovviamente! E se lei dovesse tenere più di due tonsille, migliorerebbero anche quelle. (Si accinge ad andare quando viene di nuovo trattenuto da Enrico).

ENRICO. È proprio sicuro che … (viene interrotto).

DON ANNIBALE. (Liberandosi e andando a prendere le pastiglie a sinistra) le dico di sì, sono quelle giuste. (Torna con le pastiglie in una scatola).

ENRICO. (Prende tutte le pastiglie e le mette in tasca. Davanti a Don Annibale, finge di ingerirle tutte) mi auguro che possano fare al caso mio.

DON ANNIBALE. Faccia una bella dormita e canterà come un usignolo.

ENRICO. (Con voce normale) sembra, sembra che la voce sia ritornata. (Emette dei vocalizzi mentre viene spinto alla porta del fondo).

DON ANNIBALE. Allora la saluto e buona notte.

ENRICO. Buona notte. (Di nuovo voce rauca) buona notte. Che mi sta succedendo? Sembra sia scesa di nuovo? Non è che per caso mi ha dato le pillole sbagliate?

DON ANNIBALE. No, no! Cosa dice! (Al pubblico) Spero che se ne vada al più presto!

ENRICO. Vorrà dire che dovrò raccontarle per filo e per segno come la voce mi sia scesa in modo che lei possa capire e darmi le pillole che fanno al caso mio.

DON ANNIBALE. Guardi che …

ENRICO. Si sieda.

DON ANNIBALE. Ora che ricordo, penso di aver proprio la medicina che fa al caso suo.

ENRICO. Eh no, ora lei mi ascolta perché la mia fiducia nei suoi confronti si è un po’ spenta.

DON ANNIBALE. Le ricordo che è un po' tardi…

ENRICO. Che ore sono?

DON ANNIBALE. Sono le tre di notte.

ENRICO. (Preparando le due sedie al centro della scena) ah, per me è ancora presto, io non vado mai al letto prima delle cinque.

DON ANNIBALE. E ti pareva!

ENRICO. (Si siede) si sieda e ascolti il mio caso disperato.

DON ANNIBALE. A me non importa di saperlo io so già ciò di cui lei ha bisogno e perciò…

ENRICO. O si siede o rimango fino a domattina.

DON ANNIBALE. Ci mancherebbe altro! (Si siede a malincuore).

ENRICO. Io, ho un'innamorata ma è un’infedele perché ama un altro, io però l’adoro.

DON ANNIBALE. Contento lei…

ENRICO. Sono anche geloso e lei di questo ne gode.

DON ANNIBALE. Furbetta la ragazza…

ENRICO. E per richiamare la sua attenzione, sa che faccio?

DON ANNIBALE. Che fa?

ENRICO. Un attimo e ci arrivo. Che curiosone!

DON ANNIBALE. Le faccio notare che io ho fatto la stessa domanda che lei ha fatto a me.

ENRICO. Mai fare domande dopo una domanda.

DON ANNIBALE. Senta, o viene al dunque o io… (sta per alzarsi quando Enrico lo rimette a sedere di nuovo).

ENRICO. E per attirare la sua attenzione, giro intorno ai suoi balconi di giorno e di notte. Di notte e di giorno. Sole, acqua, neve, tempesta e vento di tramontana. O di scirocco. In sostanza, sono sempre là.

DON ANNIBALE. Se le cose stanno così allora il problema è semplice da risolvere.

ENRICO. Davvero? Allora è sicuro che starò meglio e la voce tornerà al suo posto?

DON ANNIBALE. Certamente!

ENRICO. Mi dica allora…

DON ANNIBALE. Se fossi al suo posto, o la sposo o la lascio. Così, acqua o non acqua, tempesta o non tempesta, neve o non neve …

ENRICO. … sole …

DON ANNIBALE. … sole o non sole…

ENRICO. … vento di tramontana …

DON ANNIBALE. … vento di tramontana o non vento di tramontana …

ENRICO. … vento di scirocco…

DON ANNIBALE. … vento di scirocco o non vento di scirocco…

ENRICO. (Vede che non prosegue) ebbene?

DON ANNIBALE. Non ricordo più quello che stavo dicendo … (affrettandosi) e comunque io la sposerei o la lascerei.

ENRICO. (Quasi piangendo) si, ma intanto … il mio debutto con la canzone nuovissima?!

DON ANNIBALE. Vedrà che andrà tutto bene, non si preoccupi. Con queste mie pillole … (va a prenderle nell’armadio a sinistra) la voce sarà anche meglio di prima.

ENRICO. Me le dia allora! Me le dia! (Gli prende tutta la scatola).

DON ANNIBALE. Si … ma non tutta la scatola ne deve prendere! (Gli prende tutta la scatola).

ENRICO. Tutte! Tutte a me! (Gli prende di nuovo tutta la scatola).

DON ANNIBALE. Così facendo poi starà male! (Gli prende di nuovo tutta la scatola).

ENRICO. Eventualmente mi potrà curare di nuovo lei! (Gli prende di nuovo tutta la scatola e senza farsi vedere, mette tutte le pastiglie in tasca e poi finge di inghiottirle).

DON ANNIBALE. E no, io poi sono fuori servizio. Si sbrighi che è molto tardi. Vada ora, vada.

ENRICO. Ora che ho ingerito la medicina voglio fare una prova canora.

DON ANNIBALE. Vada a provarla da un’altra parte e non qui. (spingendolo al fondo).

ENRICO. (Tornando indietro) e no, non ha senso … devo controllare ora, se tutto è come prima e come sempre. Ora le canterò una canzone d’amore bellissima. È un canzone dedicata ad una donna sensuale che tutti gli uomini vorrebbero. È pronto?

DON ANNIBALE. Io sarei pronto ad andarmene a letto.

ENRICO. Ascolti con attenzione.

Lei dice che ha il moroso, storpio, gobbo e fruncoloso, ha la rogna

Lei dice che ha il moroso, storpio, gobbo e fruncoloso, ha la rogna

Lei dice che ha un bel petto, sono tre stracci nel reggipetto, ma la fa franca

Lei dice che ha un bel petto, sono tre stracci nel reggipetto, ma la fa franca

Lei dice che un sedere grosso ma sono tutti stracci che ha addosso per far figura

Lei dice che un sedere grosso ma sono tutti stracci che ha addosso per far figura

Lei dice che ha gli occhiali, sono due manici di boccali attaccati assieme

Lei dice che ha gli occhiali, sono due manici di boccali attaccati assieme

Lei dice che ha un anello ma è quello di suo fratello che glielo presta

Lei dice che ha un anello ma è quello di suo fratello che glielo presta

Lei dice che ha un bel letto, sono due assi di cavalletti che si ribaltano

Lei dice che ha un bel letto, sono due assi di cavalletti che si ribaltano

Lei dice che ha il boccale, non è capace di centrarlo, piscia in terra

Lei dice che ha il boccale, non è capace di centrarlo, piscia in terra

DON ANNIBALE. (Ironico) proprio una bella canzone. Una donna sensuale sotto tutti gli aspetti. Bellissima canzone.

ENRICO. Che le avevo detto?

DON ANNIBALE. Ed ora, se ne vada. (Lo spinge al fondo). La voce è ritornata.

ENRICO. Ma … ma … (di nuovo rauco cantando) lei dice che ha il moroso … la voce è sparita di nuovo. L’ha sentita anche lei. (Ritornando al centro). Ho bisogno ancora di pillole.

DON ANNIBALE. Ancora? Adesso basta! Sto cominciando a perdere la pazienza. Ora le darò un'altra scatola di pillole, l'ultima e poi voglio che si tolga dai piedi immediatamente.

ENRICO. Se guarirò, me ne andrò.

DON ANNIBALE. Guarito o non guarito, lei sparisce da qui!

ENRICO. Mi dia quelle pillole che sa solo lei e vedrà che il mio debutto sarà un successo.

DON ANNIBALE. (Va a prendere le pastiglie).

ENRICO. (Nel frattempo, prende dalla tasca un bigliettino e lo infila nella serratura della camera di Don Annibale e Serafina).

DON ANNIBALE. E queste sono le ultime. (Gli da le pastiglie).

ENRICO. Non so se sia il caso… (viene interrotto).

DON ANNIBALE. Se non se ne va presto, avrà una pioggia di bastonate. Signor cantante siete solo seccante e non riesco più a contenere la mia collera.

ENRICO. (Escendo dal fondo) vado, vado.

DON ANNIBALE. Per fortuna se n'è andato! Cane di un cantante! Canzone d'amore, canzone di una donna sensuale … di un mostro parlava la canzone! Spero proprio con tutto il cuore che lo uccidano di fischi. (Prendendo la candela e avvicinandosi alla sua camera). Chissà se Serafina, ha preso sonno nonostante questo intruso. (si accorge del biglietto e lo prende). Cosa vedo? Un biglietto nel buco della serratura? Leggiamo che c'è scritto … (legge a mente). Perdiana! Spiridione! Spiridione!

SCENA IX

Don Annibale e Spiridione

SPIRIDIONE. Mi si chiama?

DON ANNIBALE. Sono io… vieni qua subito!

SPIRIDIONE. Perché dovrei? Sto dormendo così bene? Ma un bene. Un bene che non mi sveglio nemmeno con le cannonate.

DON ANNIBALE. Avvicinati e ti dico il perché. Sbrigati per favore, si tratta di una cosa importante. E se io sono sveglio non capisco perché tu dovresti dormire.

SPIRIDIONE. (Entrando tutto assonnato) che c'è?

DON ANNIBALE. Hai visto chi ha messo nella serratura questo biglietto?

SPIRIDIONE. Non ne so nulla di questo biglietto, non so nulla di bigliettini e non so nulla di bigliettoni, stavo dormendo!

DON ANNIBALE. Vedi questo? Stava nella serratura.

SPIRIDIONE. E io non so come si sia finito li.

DON ANNIBALE. E i mobili a soqquadro? Non è forse opera tua?

SPIRIDIONE. No. Le dico che io non mi sono mosso dalla mia stanza. (sospirando) dove dormivo profondamente. Tanto profondamente.

DON ANNIBALE. Va bene. Ma … se tu non c'entri… cosa sta succedendo in questa casa!

SPIRIDIONE. Non mi metta paura…

DON ANNIBALE. Ascolta e poi creperai di spavento.

SPIRIDIONE. Presto, legga. Mi raccomando però legga piano perché sono debole di cuore. Tanto debole di cuore.

DON ANNIBALE. (Legge) “Una persona, offesa gravemente da voi, giurò di vendicarsi in questa notte, restate in piè, vegliate, se vi è cara la vita. Un vostro amico.” Cosa ne dici Spiridione?

SPIRIDIONE. Mah …

DON ANNIBALE. Chi mai avrò potuto offendere … io non me ne sono reso conto.

SPIRIDIONE. Mah …

DON ANNIBALE. Che vorrebbe dire?

SPIRIDIONE. Mah … qui ci sono due bestie.

DON ANNIBALE. Si, una sei tu.

SPIRIDIONE. E l’altra è lei.

DON ANNIBALE. Grazie. Molte grazie.

SPIRIDIONE. Secondo me quel biglietto è stato scritto da qualcuno degli invitati … un nemico che vuole vendetta. Vendetta, vendetta.

DON ANNIBALE. E chi sarebbe secondo te?

SPIRIDIONE. Mah …

DON ANNIBALE. Stai pensando a qualcuno?

SPIRIDIONE. Mah …

DON ANNIBALE. Dimmi allora! Non tenermi sulle spine!

SPIRIDIONE. Mah …

DON ANNIBALE. Sputa il rospo o altrimenti io… (viene interrotto).

SPIRIDIONE. Enrico. Secondo me è opera di Enrico.

DON ANNIBALE. Perdiana e perbacco assieme! Dici bene!

SPIRIDIONE. Se fossi in lei, cercherei di stare sveglio, non si sa mai. Enrico è capace di tutto. Di tutto tutto. Ma proprio tutto tutto.

DON ANNIBALE. No. Io non posso rimanere sveglio.

SPIRIDIONE. Non può, o non vuole?

DON ANNIBALE. Quel che sia. Qui si deve trovare un sistema … (Al pubblico) io sveglio non ci rimango, figuriamoci la prima notte ! No, no, non ci rinuncio. (Pensando) che posso fare … ho trovato! Spiridione, “servo mio umilissimo”, tu ora ti metterai di sentinella dinanzi alla porta della stanza dove io e Serafina … (viene interrotto).

SPIRIDIONE. Macché sentinella d’Egitto! Io ho un sonno tremendo e perciò me ne vado subito a letto a dormire. Buonanotte! E buonanotte!

DON ANNIBALE. Fermati e non un passo in più! Se questa soluzione non è di tuo gradimento, non facciamo altro che trovarne un'altra. E se non ne trovassimo una, tu farai la sentinella senza scuse.

SPIRIDIONE. Vedrò allora di trovare un piano che faccia al caso nostro. (Pensa in una posa simpatica) ho trovato! Un piano infallibile! Un piano che la lascerà senza parole.

DON ANNIBALE. Dimmi.

SPIRIDIONE. Il piano è il seguente: io ora seminerò davanti alla stanza, i pallini fulminanti che raccolsi e che misi in tasca e qualora ci fosse qualcuno che volesse assalirla, quelli scoppiano. E scoppiando farebbero tanto di quel fracasso che mi sveglierei e inizierei a gridare. Gridare all'infinito finché arriverà la guardia e metterà in carcere il birbante. (Gongolando) cosa gliene pare?

DON ANNIBALE. Perbacco, perdiana e pergiove! È un'idea meravigliosa!

SPIRIDIONE. Iniziamo dunque (sparge le pallottole dinanzi all’uscio). SUONO DI CAMPANELLO.

DON ANNIBALE. Chi sarà mai?

SPIRIDIONE. Controllo dalla finestra. (Guarda) Don Annibale, è un vecchio. Proprio vecchio sa? Perbacco come è vecchio!

DON ANNIBALE. Ci mancava solo il vecchio! Che vorrà un vecchio a quest'ora! Qui arrivano uno dopo l'altro. Io non capisco che negozio è questo. Spiridione, apri. Questo me lo sbrigo presto presto.

SPIRIDIONE. (Va ad aprire e poi se ne va nella sua stanza).

SCENA X

Don Annibale ed Enrico

ENRICO. (Entra mostrandosi affannato) onoratissimo speziale!

DON ANNIBALE. Signore… mi dica …

ENRICO. In tutta fretta, avrei bisogno di quello che mi è stato prescritto nella ricetta. Prego faccia in fretta.

DON ANNIBALE. (Al pubblico) vogliamo la stessa cosa. Mi dia la ricetta.

ENRICO. Eccola … (fruga prima da una parte e poi dall’altra perdendo un pò di tempo).

DON ANNIBALE. Ebbene?

ENRICO. La sto cercando in tutta fretta. Le ricordo che vado di fretta.

DON ANNIBALE. Pure io. Si sbrighi.

ENRICO. (Cerca di nuovo) non so più dove sia.

DON ANNIBALE. (Al pubblico) ha fretta e non trova la ricetta! Più svampito di lui chi c’è? Spiridone!

ENRICO. Perdinci! Penso di averla persa! Vado e torno!

DON ANNIBALE. Bene! (Al pubblico) se questo se ne va giuro che chiude il portone a chiave. Serafina, arrivo! Faccia buon viaggio!

ENRICO. (Sta per andare ma poi sentendo ciò che dice torna indietro) l'ho trovata!

DON ANNIBALE. Povero me infelice, che nottata!

ENRICO. Prima le voglio far sapere tutti i mali di mia moglie.

DON ANNIBALE. A me non importa, a me interessa di darle le medicine scritte sulla ricetta e chiudere bottega.

ENRICO. Deve sapere che mia moglie, poveretta, è un po' malata mentre io la vorrei sana e senza dolori.

DON ANNIBALE. Mi dia la ricetta …

ENRICO. La mia povera Anastasia … si chiama Anastasia mia moglie.

DON ANNIBALE. L'avevo capito.

ENRICO. La povera Anastasia soffre di diabete e ha preso anche un po' di tubercolosi.

DON ANNIBALE. La tubercolosi?

ENRICO. Sì, ma poco-poco.

DON ANNIBALE. Buon per lei.

ENRICO. Lei è paralitica e anche cieca.

DON ANNIBALE. Sembra alquanto sfortunata sua moglie.

ENRICO. Non parliamo poi del mal di testa che le viene per ventisei ore al giorno.

DON ANNIBALE. Ventisei? Vorrà dire ventiquattro …

ENRICO. No, no, di più, di pù, ventisei! Fatica a respirare quando le viene l'asma e cammina incurvata a causa della sciatica!

DON ANNIBALE. Non aveva detto che era paralitica?

ENRICO. Sì, paralitica con la sciatica. Le sono venute persino le spine ventose e le hanno trovato una macchia alla testa.

DON ANNIBALE. Una macchia alla testa? Di che si tratta?

ENRICO. Una macchia indefinita. E non ho ancora finito, ha un'artrosi che la fa urlare dal male. A sentirla fa persino pena.

DON ANNIBALE. O Signore benedetto, ma lei pensa sia sufficiente per sua moglie lo speziale?

ENRICO. Certo! Il rimedio (mostra la ricetta che è lunga circa un metro) è qui in questa ricetta e in questo modo Anastasia guarirà.

DON ANNIBALE. (Sbalordito per la lunghezza della ricetta. Al pubblico) avrò così tante medicine?

ENRICO. La ricetta inizia con: si prenda l'acqua benedetta del signor Maurizio, la si mescoli con la capo-cefalo e poi con la fagiadenica. Con questa poi mischiateci l'aceto di aregheto.

DON ANNIBALE. Con l'aceto di aregheto? Non credo di possederne.

ENRICO. Se non l'ha, lo ordinerà e intanto io aspetterò qui seduto.

DON ANNIBALE. (Affrettandosi) l’ho! Sono sicuro di averlo.

ENRICO. Meglio così. Tutto questo deve essere rinforzato con dell'acqua canforata, con il balsamo copaibe e con del succo dolce di cedro. Ma non un cedro qualunque.

DON ANNIBALE. Davvero? Di che cedro si tratta?

ENRICO. Del cedro imperiale.

DON ANNIBALE. Dovevo immaginarlo. Finita la ricetta?

ENRICO. Sono ad un quarto … e con questo cedro imperiale tutto giova e nulla fa male. Unire a queste cose benigne e portentose la soluzione d’Elmozio e quella di Paracelso. Mischiateli, mischiateli e poi formate delle pillole.

DON ANNIBALE. Com'è possibile? Questi sono liquidi!

ENRICO. Se qui vi è scritto così, si deve fare così. Chi fra noi due è lo speziale?

DON ANNIBALE. No, no, lo speziale qui sono solo io.

ENRICO. E allora da bravo speziale lei preparerà quelle belle pasticche di cui la povera Anastasia ha bisogno. E ad uno a ad uno, a quattro a quattro, a sette a sette, si devono ingoiare. Prendete poi … (viene interrotto).

DON ANNIBALE. Basta! Ora basta!

ENRICO. Prendete poi l’ombelico de Venere, butirro d’antimoni e il solfo col diascorio del dottor Fracastorio, l’arsella e l’assafetida; il thè che sia d’America.

DON ANNIBALE. D’America? Come posso avere il thè d'America qui a Bergamo!

ENRICO. Vorrà dire che lo ordinerà.

DON ANNIBALE. Ora … ora che ci penso penso di averne un po'. Poco, ma ce n’ho.

ENRICO. Aggiungere del rob antisifilitico, estratto di cicuta, di papavero, della ruta, dell’etiope minerale e dello sciroppo cordiale.

DON ANNIBALE. È finita ora questa ricetta?

ENRICO. Unire la polvere di Marco Cornacchione e di Giovanni Procida, la cassia fistulada e la pomice pestata. Far bollire il tutto e farne una bibita.

DON ANNIBALE. E che bibita!

ENRICO. E anche di questa poi si dovranno fare delle pillole.

DON ANNIBALE. È impossibile! Ora basta! Non ce la faccio più!

ENRICO. Basta! Ha ragione. Basta!

DON ANNIBALE. Oh! Finalmente!

ENRICO. Basta … con questa ricetta. (Togie dalla borsetta tanti foglietti) ora tocca a tutte queste.

DON ANNIBALE. Sto per svenire… (sconsolato, riempito di ricette).

ENRICO. (Velocemente) la calega, la veronica, la statice, l’anserina, la piombaggine, un mazzo di lattuga. Malva d’Ischia, malva rosa, venti fave, ottanta rane, legno quassio, erba spugna, polmonaria, capripodio, averbesca, spargano. La ruta secca, la dragonaria, la simarubba, la cascerilla, la ceralacca. È tutto. (Mentre esce dal fondo) domani a mezzogiorno verrà a prendere il tutto.

DON ANNIBALE. Ora, venga giù pure il campanello, che io non apro a nessuno. Che gridino, che crepino pure, a me non interessa. Non aprirò a nessuno! (Si dirige verso la sua stanza e quella di Serafina quando calpesta i pallini fulminanti che Spiridione aveva disseminato. Provoca un fracasso infernale). Chi è! Ah, son io! Dimenticavo i pallini fulminanti!

SCENA XI

Don Annibale, Spiridione, Rosa e Serafina

SPIRIDIONE. (Entrando gridando) al ladro! Guardie! All’assassino! Guardie, arrivate in fretta! Aiuto!

DON ANNIBALE. No, sono io!

SPIRIDIONE. Guardie! Al ladro!

DON ANNIBALE. Spiridione, sono stato io.

SPIRIDIONE. All’assassino! Aiuto! Guardie!

DON ANNIBALE. (Alzando la voce) Spiridione, sono io! Non c'è nessun ladro!

SPIRIDIONE. Come? Niente ladro?

DON ANNIBALE. No, niente ladro.

SPIRIDIONE. E di assassini?

DON ANNIBALE. Nessun assassino.

SPIRIDIONE.  E i pallini fulminanti?

DON ANNIBALE. Sono stato io perché volevo entrare nella mia stanza.

SPIRIDIONE. Allora … non c'è nessuno… nessuno-nessuno?

DON ANNIBALE. Ti ripeto che sono stato io.

ROSA. (Entrando) cosa succede? Cos'è stato questo rumore?

SERAFINA. (Voce fuori) mamma, mi apra sono alzata.

ROSA. (Prende la chiave e va ad aprire).

SERAFINA. (Uscendo) ebbene? Che è successo?

DON ANNIBALE. Nulla, nulla, c'è stato … un’equivoco. Ognuno ritorni nel proprio letto, come vedete non è successo nulla.

(SPIRIDIONE, DON ANNIBALE, ROSA E SERAFINA, VOLENDO RIENTRARE NELLA PROPRIA STANZA CONTINUERANNO A SBAGLIARE STANZA PERCHE’ ASSONNATI E QUANDO LE HANNO TROVATE, SUONA DI NUOVO IL CAMPANELLO).

SPIRIDIONE. Arrivo, arrivo!

DON ANNIBALE. (Ormai è sconsolato).

SCENA XII

Tutti in scena con l’arrivo di Enrico e dei parenti

ROSA. Come mai qui … Enrico?

ENRICO. È permesso? Ecco i vostri parenti.

FRANCESCO. Don Annibale, già in piedi? Io sono venuto per svegliarlo invece …

ANGELITA. … e invece è già alzato. E … come è andata?

GASTONE. Come pensi sia andata?

DON ANNIBALE. (Sconsolato) è andata… è andata…

SERAFINA. (Ironica) e si … è proprio andata…

CATERINA. Ci rallegriamo per voi.

CARLO. Molto più che rallegrarci per voi.

DON ANNIBALE. Anch'io mi rallegro…

SERAFINA. Io mi rallegro di più…

LUCINA. Allora siamo tutti rallegrati.

DON ANNIBALE. Grazie, però se ora voi andaste a casa vostra così … (viene interrotto).

ENRICO. Così fra poco passerà la diligenza che la porterà a Roma. Cerchi di sbrigarsi, sono quasi le sei. C'è un'alba da fare invidia al tramonto.

DON ANNIBALE. Come? Sono già le sei?

ROSA. Eh sì, sono quasi le sei genero, e penso che debba affrettarsi, altrimenti le viene tardi.

DON ANNIBALE. Serafina mia, ci vedremo al mio ritorno.

 SERAFINA. Non preoccuparti, caro, tu sei nel mio cuore e io ti aspetterò con tutto l'amore che ho per te.

SPIRIDIONE. (Lo veste per uscire).

ENRICO. Penserò io a Serafina … (affrettandosi) e a sua suocera.

FRANCESCO. Vi auguro di amarvi per sempre.

ANGELITA. Per sempre e pù ancora.

GASTONE. Il tempo non vi mancherà per le dolcezze.

CATERINA. Siete destinati a vivere insieme per tanto tempo.

CARLO. Quando vi rivedrete, tutto sarà meglio di prima.

LUCINA. La lontananza rafforza l’amore.

DON ANNIBALE. Grazie … siete troppo buoni con me … (Sbadigliando) mi reggo in piedi a malapena. (Prende Serafina in disparte) tesoro mio, ti conviene stare allerta, se qualcuno suona, tu non aprire.

SERAFINA. Farò senz’altro così caro. Ora vai.

TUTTI. Buon viaggio  e buon ritorno. (Più volte).

DON ANNIBALE. (Stringe le due valigie ed esce al fondo).

ENRICO. (Stringe la mano ad Ernestina mentre Don Annibale sta uscendo).

SIPARIO