Il capoufficio

Stampa questo copione

IL CAPOUFFICIO

Un atto

di CESARE CAVALLOTTI

                                   

PERSONAGGI

IL RAGIONIERE

IL SOSIA

IL SEGRETARIO DEL CAPOUFFICIO

UN IMPIEGATO

LA DATTILOGRAFA

Commedia formattata da

Un decoroso uffi­cio, con la comune in fondo e una por­ta a sinistra che co­munica con lo stanzone degli impiega­ti. Di singolare non v'è che un grande specchio appeso al­la parete di fondo e un orologio a muro che, al momento opportuno, segnerà le dieci.

Il segretario e l'impiegato conversano con segretezza nell'ufficio del ragioniere. L'impiegato sta per uscire).

L’Impiegato                  - Aspetta un momento: è meglio che vada di là a sparpagliare alcune carte sullo scrittoio...

Il Segretario                  - Puoi evitarne la pena: prima delle dieci e mezzo il commendatore non arriva.

L’Impiegato                  - Sbagli: la signorina Ebe mi ha infor­mato che questa mattina anticiperà, causa un appunta­mento.

Il Segretario                  - Con chi?

L’Impiegato                  - Mah!... non certo con il sosia... (Ride).

Il Segretario                  - Ti ha detto a che ora è l'appunta­mento?

L’Impiegato                  - No.

Il Segretario                  - E non gliel’hai domandato?

L’Impiegato                  - Sarebbe stato inutile: lei crede sempre di essere la depositaria di qualche segreto: è la sua unica illusione.

Il Segretario                  - Non credo che sia l'unica.

L’Impiegato                  - Poveretta: io spero di sì.

Il Segretario                  - (chiamando, ma senza alzare la voce) Signorina Ebe!

La Dattilografa             - Che c'è?

Il Segretario                  - Venite qua, vi prego.

La Dattilografa             - (entrando) Volete qualche cosa?

L’Impiegato                  - Una confidenza.

La Dattilografa             - Oh, lasciatemi in pace.

Il Segretario                  - Vorrei sapere perché siete sempre così sgarbata con noi, vostri compagni di lavoro, e tanto amabile con il commendatore-ragioniere-capoufficio.

La Dattilografa             - Il capoufficio è il capoufficio.

L’Impiegato                  - (rifacendo il tono di lei) Ecco. E tanto basta. Ma mi sapreste dire perché lo sia diventato?

Il Segretario                  - Le rivolgi delle domande troppo dif­ficili: non è onesto.

 

La Dattilografa             - Sarebbe come domandarmi perché il direttore generale sia il direttore generale.

Il Segretario                  - (con calore) Ah no, mia cara, no, tutt'altro... I meriti del direttore generale, sono evidenti: egli lavora, mentre il commendatore, che vi piace, si limi­ta ad umiliarci due volte al giorno, venendo a firmare il prodotto della nostra fatica.

La Dattilografa             - E con questo solo atto egli se ne addossa la responsabilità.

L’Impiegato                  - Perché sa di poterlo fare.

Il Segretario                  - Perché , intimamente, anche se afferma il contrario, è convinto di potersi fidare! Mi ha cono­sciuto sui banchi di scuola.

La Dattilografa             - La sua stima dovrebbe lusingarvi...

Il Segretario                  - E così sarebbe, qualora si manife­stasse.

L’Impiegato                  - Giusto: questa sua segreta stima, reale, dovrebbe venir fuori...

Il Segretario                  - Per lo meno ogni tanto, a consolarci...

L'Impiegato                  - Invece egli rivendica per se tutti i risultati del nostro lavoro...

Il Segretario                  - E questo non è certo nobile, è vero signorina Ebe?

La Dattilografa             - Forse voi trovate che è nobile questa specie di congiura in sordina, questo costringermi ad ascoltare i vostri sfoghi...

L’Impiegato                  - Le effusioni d'animo sono sempre no­bili...

Il Segretario                  - Qualche volta, in taluni casi, è nobile persino la vendetta.

La Dattilografa             - Ah! spero che non penserete di vendicarvi...

Il Segretario                  - No: abbiamo preparato una semplice burla.

La Dattilografa             - Così sarete licenziati.

Il Segretario                  - lo, licenziato, lo sono già da sabato sera. (Pausa).

La Dattilografa             - (penosamente colpita) Scherzate?!

L’Impiegato                  - Non scherza affatto: se mi sono messo dalla sua parte è proprio per questo: perché è stato li­cenziato ingiustamente.

Il Segretario                  - E voi non lo sapevate?

La Dattilografa             - Lo vedete...

L’Impiegato                  - Adesso, forse, vi deciderete ad essere solidale con la povera gente maltrattata a torto….

La Dattilografa             - Lo sono stata sempre... Ma a che serve, lamentarsi fra di noi?... Io preferisco togliergli il soprabito, sorridergli, sentirmi preferita... Non potevo diventargli indispensabile dattilografando le lettere che voi scrivete e che lui firma.., (Pausa). Molte altre sa­rebbero pronte ad occupare il mio posto... Ho bisogno di guadagnarmi la vita e la cosa non è facile... (Pausa. La sua voce ha uno scoppio) Avete visto ciò che avete ottenuto ribellandovi... Perché , infine, se vi ha licen­ziato mentre gli siete necessario...

Il Segretario                  - Sì, mi sono ribellato, ma non ne po­tevo più... Arriva qua all'ultima ora, voi sapete, per darsi delle arie... Ordina delle cose insensate, tanto per tenersi in esercizio, grida: «Sforzatevi di capirmi, sfor­zatevi di capirmi... ».

L'Impiegato                  - ...come se per arrivare a capirlo oc­corresse un talento eccezionale...

Il Segretario                  - E perché un povero diavolo che è stanco della sua giornata si permette di ricordargli che ha il diritto di uscire... Oh, non sono affatto pentito!...

La Dattilografa             - Ma che gli avete detto?

Il Segretario                  - La verità.

La Dattilografa             - Bella soddisfazione!

Il Segretario                  - La soddisfazione l'avrò fra poco.

L'Impiegato                  - Gli abbiamo preparato una burla ma­gnifica.

Il Segretario                  - Conoscevamo un uomo identico a lui e ne abbiamo approfittato...

La Dattilografa             - Lasciatemi andare nel mio ufficio... Io non voglio partecipare a niente... Non Voglio sapere niente...

L’Impiegato                  - Piano: voi dovete provarci la vostra lealtà.

La Dattilografa             - Ve la provo, rifiutandomi di favo­rire il vostro gioco.

Il Segretario                  - Nessuno di noi due intende giocare...

L’Impiegato                  - Se mai, a giocare, vi siete provata voi...

La Dattilografa             - Io?!

Il Segretario                  - Ma sì; l'avete persino confessato!... Oh, intendiamoci; la vostra confessione mi è piaciuta. E' stata umile, onesta, più onesta del vostro contegno.

La Dattilografa             - Adesso mi oltraggiate: cosa cre­dete?

Il Segretario                  - Vedo che siate ricorsa alla malizia per sopportare il despota ignorante e questa scaltrezza tutta femminile mi commuove più di quanto pensiate. Sono sincero e ve lo provo, confidandovi il nostro segreto.

L’Impiegato                  - Ecco: prima, voglio sapere l'ora dell'appuntamento.

Il Segretario                  - Hai ragione... i(Pausa). Signorina Ebe, aspettiamo la vostra risposta... i(Pausa). Non fate quella faccia: l'espressione accigliata non vi si addice... Guar­datevi allo specchio: là, coraggio... è vero?... Convin­ta?... Oh, brava: sorridete e... parlate...

La Dattilografa             - Alle dieci.

Il Segretario                  - Bene.

L’Impiegato                  - L'altro arriverà appena in tempo.

Il Segretario                  - A tempo; tanto più che il nostro commendatore arriva sempre in ritardo e l'altro, povero come noi, ha l'abitudine contraria.

La Dattilografa             - (con impazienza) Ma chi è l'altro?

Il Segretario e I'Impiegato     - (insieme) Il sosia.

L’Impiegato                  - Preparatevi ad assistere ad una bella scena e ordinate al fattorino di trattenere in anticamera colui che ha l'appuntamento con il nostro capoufficio, alle dieci. Siete libera di tradirci, ma sono certo che non lo farete. (Escono da sinistra).

(Alcuni istanti, scena vuota. Entra, poi, da sinistra il sosia, con un'espressione satirica e melanconica; guarda l'orologio che segna le dieci, poi, dopo aver osservato bene ogni cosa, si siede alla scrivania. Entra dalla co­mune il ragioniere con aria gioviale e prosopopea).

Il Ragioniere                 - (la voce traduce un'enorme, spiacevole meraviglia) Ma... voi... alla mia scrivania... Voi... chi siete ?

Il Sosia                          - (la voce è flemmatica) Mi chiamo Pietro Ferrari.

Il Ragioniere                 - (con un crescendo di meraviglia e un principio di vera irritazione) Pietro Ferrari?... Così, semplicemente...

Il Sosia                          - Così, semplicemente.

Il Ragioniere                 - E siete seduto alla mia scrivania...

Il Sosia                          - Scusate... (Pausa). Eccomi in piedi... Ma perché mi fissate così stranamente? La mia somiglianza con voi vi turba tanto?

Il Ragioniere                 - (la voce oltre che tradurre l'estrema me­raviglia, denota un profondo turbamento) E' una cosa molto strana... Direi quasi incredibile... Forse dipende dall'abito... Siete vestito come me; tutto eguale...

Il Sosia                          - Tutto; anche le scarpe, anche le calze: guardate!

Il Ragioniere                 - Avete fatto uno studio particolare...

Il Sosia                          - Oltre a un grosso sacrificio economico... (Ha una risata). Sono povero...

Il Ragioniere                 - E per un capriccio, per il gusto di venire qua e mettervi di fronte a me... Perché sa­pevate...

Il Sosia                          - Non vi convince?... Ho il vostro fiore all'occhiello, il vostro migliore sorriso... La sola cosa che ci distingue, in questo momento, è l'espressione del viso... Guardatevi allo specchio e... guardatemi...

Il Ragioniere                 - Incredibile!... (Mutando tono con insofferenza) ... Figuratevi se ho tempo da perdere con tali sciocchezze!...

Il Sosia                          - Vi pare una sciocchezza?!... una somi­glianza così perfetta?...

Il Ragioniere ,               - Insomma, non mi pare che sia ne­cessario commentarla. (L'ho rilevata e... basta... Adesso potete andarvene...

Il Sosia                          - Lasciatemi godere di questa gioia che mi sono procurata con tanto spreco di denaro...

Il Ragioniere                 - Ma io aspetto un uomo d'affari: sono occupato.

Il Sosia                          - L'uomo che aspettate non verrà.

Il Ragioniere                 - Nessuno ha mai osato mancare ad un appuntamento fissato da me. Neppure una donna.

Il Sosia                          - Ma l'individuo che doveva venire qui, alle dieci, ha incontrato me, alle nove, per istrada e scambiandomi per voi, mi ha detto molte cose alle quali io ho risposto come mi conveniva...

Il Ragioniere                 - Avete rimandato l'appuntamento?

Il Sosia                          - A domani.

Il Ragioniere                 - Vi siete permesso quest'enormità?

Il Sosia                          - Vi chiedo scusa per la seconda volta.

 Il Ragioniere                - Ma non basta, non basta... Io sono un uomo di spirito, però l'indulgenza ha un limite... (E' indignato). Abbiate almeno la bontà di spiegarmi la ragione per cui...

Il Sosia                          - Semplice: ho provato la tentazione di sostituirmi a voi.

Il Ragioniere                 - (beffardo) Cosi, da un momento all'altro... Forse lo credete facile?

Il Sosia                          - Vi giuro che non mi è stato difficile: il portiere, il fattorino, i vostri impiegati, la datti­lografa, tutti, dico tutti coloro che vi conoscono e che mi hanno visto entrare qui, nel vostro ufficio, mi hanno creduto voi...

Il Ragioniere                 - Naturale: vedendovi passare, di sfuggita, con passo deciso...

Il Sosia                          - Mi sono anche fermato; specialmente quando la dattilografa volle togliermi il soprabito... (Pausa). ...Graziosa la vostra dattilografa... Ha le dita carezzevoli... Mi piace... (Pausa). Forse abbiamo gli stessi gusti?

Il Ragioniere                 - (seccamente) Escludo di avere la vostra insolenza, signor Pietro Ferrari...

Il Sosia                          - Perché mi date dell'insolente?!... Io al­ludevo al vestito, alla cravatta...

Il Ragioniere                 - Non confondete le carte in tavola: poco fa avete confessato di esservi vestito come me ad arte, non per caso...

Il Sosia                          - E' vero, ma se d'abitudine non vesto come voi, è soltanto perché mi mancano i mezzi per farlo... L'aspirazione c'è, ma essa non è sufficiente... Capite?

Il Ragioniere                 - (con garbo, quasi con il tono di chi co­mincia a divertirsi) Eppure vi sono alcune cose che non costano nulla e che voi probabilmente non amate, a differenza di me...

Il Sosia                          - Per esempio?!

Il Ragioniere                 - I quadrifogli: guardate: entro il ta­schino della giacca io ne ìio sempre uno. Lo rinnovo ogni settimana quando cambio d'abito.

Il Sosia                          - Ne trovate di continuo?

Il Ragioniere '               - Ogni qualvolta mi curvo su di un prato.

Il Sosia                          - Io li cerco invano. Come vedete, non si tratta di gusti. Se fra di noi vi sono discordanze, queste dipendono unicamente dalla fortuna che si è fermata al vostro fianco, indifferente alle mie invocazioni.

Il Ragioniere                 - Voi parlate di fortuna come ne parlano tutti i disgraziati.

Il Sosia                          - Può darsi, ed è naturale.

Il Ragioniere                 - In una parola: voi m'invidiate. In­vidiate il talento grazie al quale sono pervenuto ad occupare la poltrona che vi è piaciuto usare per un attimo...

Il Sosia                          - Esatto. E per un attimo ho sognato.

Il Ragioniere                 - Di essere me?!

Il Sosia                          - Voi.

Il Ragioniere                 - (lusingato) Vi è piaciuto il sogno?

Il Sosia                          - Più di quanto a voi dispiaccia il fatto di sapere che avete un sosia.

Il Ragioniere                 - (senza calore, senza convinzione) Non mi dispiace affatto...

 Il Sosia                         - Pensateci bene... Non vi sembra di aver perduto la spiccata personalità che vi attribuite?

Il Ragioniere                 - Scusate, ma voi confondete la « per­sonalità » con la persona fìsica... Sforzatevi di capirmi...

Il Sosia                          - Mi sforzo, mi sforzo e spero di riuscirci... Voi pensate che io, se restassi là, seduto a quello scrit­toio, non saprei sostituirvi che con la dattilografa...

Il Ragioniere                 - Neppure.

Il Sosia                          - Neppure?!

Il Ragioniere i               -  Senza malizia, prego...

Il Sosia                          - Oh, senza, senza...

Il Ragioniere                 - Io sono il pilastro di una grande azienda, caro signore.

Il Sosia                          - In verità credevo che il pilastro fosse il direttore generale.

Il Ragioniere                 - Lo conoscete?

Il 3osia                          - Mai visto. Ma conosco le sue opere, i risultati della sua attività.

Il Ragioniere                 - Mentre ignorate i risultati della mia...

Il Sosia                          - Infatti... Lavorate molto?

Il Ragioniere                 - Sono oppresso dalle responsabilità... Sforzatevi di capire che cosa significa...

Il Sosia                          - Capisco che la vostra situazione è penosa...

Il Ragioniere                 - Non penosa: eccezionale.

Il Sosia                          - Ma avrete degli impiegati...

Il Ragioniere                 - Macchine, soggette ai guasti del tra­dimento.

Il Sosia                          - Per lo meno un segretario fidato, attento esecutore delle vostre volontà...

Il Ragioniere                 - Sì, un frivolo giovane che se andrà a fine mese, e che fio licenziato sabato sera.

Il Sosia                          - Non si prodigava abbastanza?

Il Ragioniere                 - Non si tratta di questo... Figuratevi che mentre io gli davo le mie istruzioni, egli si è per­messo di ricordarmi che era suonata l'ora di uscita...

Il Sosia                          - Riprovevole...

Il Ragioniere                 - Era impaziente di andarsene. E sa­pete perché ?

Il Sosia                          - Non ne ho l'idea.

Il Ragioniere                 - Perché era invitato a cena dalla sua fidanzata. Io pretendo che la passione per il lavoro su­peri tutte le altre, facendo perdere la memoria della vita intima.

Il Sosia                          - In voi, questo fenomeno, si è già ve­rificato...

Il Ragioniere                 - Ve io dimostra la mia rapida ascesa.

Il Sosia                          - Chissà quanto lavoro avrete da sbrigare anche questa mattina e io vi faccio perdere del tempo...

Il Ragioniere                 - Lo riguadagnerò quando ve ne sa­rete andato.

Il Sosia                          - Molto gentile, però, se posso esservi utile... So dattilografare in fretta, vi prego di approfittarne.?.

Il Ragioniere                 - La corrispondenza deve preparar­mela il mio segretario: io la firmo.

Il Sosia                          - Pare una cosa da nulla, ma, firmando, voi vi assumete una bella responsabilità!

Il Ragioniere                 - Qui nessuno sbaglia perché tutti sanno che sono inflessibile e che gli errori li paga chi ha il torto di commetterli.

Il Sosia                          - Giusto. Mi piace: la vostra fermezza e intransigenza...

Il Ragioniere                 - E, credetemi, non sono virtù che si acquisiscano...

Il Sosia                          - Per carità: doti naturali!

Il Ragioniere                 - Manifestazioni di un autentico ca­rattere. Sforzatevi di capirmi.

Il Sosia                          - Oh, capisco, capisco... Vi sembravo di­stratto?... Pensavo che vi resta anche la fatica di sti­pulare i contratti...

Il Ragioniere                 - (sdegnosamente) I contratti?!... Ma questo è il compito dell'amministratore. Figuratevi se io posso occuparmi dei contratti!... Mi sembrerebbe d'essere un mercante.

Il Sosia                          - (ridendo) Scommetto che vi siete riserbato la parte più nobile: i disegni delle case...

Il Ragioniere                 - Ma che dite?!... I progetti sono affi­dati agli ingegneri...

Il Sosia                          - Scusate la mia incompetenza: non avevo capito che voi trattate col Governo...

Il Ragioniere                 - Vi sbagliate di nuovo; per trattare col Governo c'è il direttore generale.

Il Sosia                          - E chi provvede alle ordinazioni?

Il Ragioniere                 - Gli impiegati specializzati.

Il Sosia                          - (tono ammirativo) Perbacco!... il grande organismo è diviso in molti settori.

Il Ragioniere                 - Per forza. Ognuno ha da compiere una precisa funzione.

Il Sosia                          - E, per quanto riguarda voi...

Il Ragioniere                 - Io sono la mente direttiva del set­tore che mi fu affidato... Sforzatevi di capirmi...

Il Sosia                          - Eh, capisco... Capisco che siete felice...

Il Ragioniere                 - Lo sarei, qualora non mi vedessi intorno tanti visi scontenti.

Il Sosia                          - Alludete ai vostri dipendenti?

Il Ragioniere                 - Alludo a chi obbedisce con fatica, senza gioia, con l'aria di scontare una condanna...

Il Sosia                          - (mutando tono) E se la condanna fosse costituita dalla vostra mancanza di umanità?... (Pausa). Fate bene a meditare prima di rispondermi: vi approvo.

Il Ragioniere                 - (indispettito, ripreso dall’irritazione) Sto pensando se la vostra proposizione sia l'inizio di una predica e temo che la bontà con cui vi ho tollerato sia stata fraintesa.

Il Sosia                          - No, anzi, ve la definisco subito: essa si chiama: « degnazione ».

Il Ragioniere                 - Dunque siete abbastanza intelligente da intuire che non -dovete approfittare della mia pa­zienza.

Il ,Sosia                         - Io ho la presunzione di intuire sempre tutto, esattamente come voi. Oltre che nel fisico, vi so­miglio un pochino anche moralmente e mi piace confon­dere la gente per poi pronunciare la frase che vi è cara: «Sforzatevi di capirmi»... Ma posso essere preciso, rioc­cupando la vostra poltrona.

Il Ragioniere                 - (imperiosamente, quasi gridando) Vi proibisco... vi ordino di uscire... Delle vostre stravaganze sono stufo, nauseato...

Il Sosia                          - (con voce fra l’ironia e la mortificazione) Così, tutto a un tratto, solo perché ho accennato all'umanità... Ma siete proprio esagerato...

Il Ragioniere                 - Esagerata è la vostra sfacciataggine...

 Il Sosia                         - Lasciate che vi sostituisca qualche giorno, lasciate... Voi siete stanco e riposerete. Nessuno si ac­corgerà di nulla e quando tornerete i vostri impiegati sorrideranno. «Vi sorrideranno»... Chiaro?

Il Ragioniere i               - Chiaro che voi siete pazzo...

Il Sosia                          - Ahimè! non pronunciate una parola così in­sidiosa, altrimenti sveglierete il diavolo dell'umorismo che sta dentro al mio cuore e io v'inviterò a specchiarvi un'altra volta, al mio fianco, arrivando ad esigere ciò che sono in 'grado di pretendere.

Il Ragioniere                 - Nessuno può pretendere nulla, dove comando io.

Il Sosia                          - Fa piacere saperlo. Ecco che mi sostituisco a voi e mi seggo sulla poltrona che conferisce il pre­stigio del capoufficio.

Il Ragioniere                 - ((sforzandosi di scherzare, ironico) Credete che basti sedere al mio posto?... Giuocare con la mia penna?

Il Sosia i                        - Oh, no, occorre anche firmare. Ma io fir­merò: « Girolamo Abella », e tutto sarà tome prima...

Il Ragioniere                 - Firmate il falso?... Dunque siete un delinquente.

Il Sosia i                        - Pazzo e delinquente: non avete paura?

Il Ragioniere                 - No; ma ho il diritto di difendermi: chiamerò i miei impiegati.

Il Sosia                          - E chiamateli: dirò loro che il mistificatore siete voi.

Il Ragioniere                 - Finitela, uscite, andatevene...

Il Sosia                          - Oh, ma perché siete così ostinato?!... Vi prego di lasciarmi dove sono. Ho l'idea di riuscire dove Voi siete fallito. Eh, sì, perché , a dirla fra di noi, se voi avete un quadrifoglio, io posseggo un cuore e mentre voi vi crogiolate nel benessere della vostra fortuna, io aspiro, nella miseria, anche al bene degli altri. Quest'è il segreto per essere amati, ragioniere! L'essere amati non è poca cosa e questo è il posto che mi conviene.

Il Ragioniere                 - Ah, parola d'onore; quest'è troppo... (Quasi gridando) ...Signorina Ebe!... Ferroni!... Albis. sola!... Tutti qua, nel mio ufficio...

Il Sosia                          - Forse state sbagliando, commendatore egre­gio, forse mi assecondate...

(Entrano gli impiegati. Tre esclamazioni).

Il Ragioniere                 - Mettete alla porta quell'individuo!

Il Segretario                  - Incredibile!... abbiamo due capouf­ficio...

L’Impiegato                  - Due!... identici!...

Il Ragioniere                 - (con un crescendo a"autorità e di col­lera) Avete sentito?... Mandatelo via, cacciatelo come un cane...

Il Sosia                          - Non fate caso, figlioli, non           fate caso: è un povero pazzo, probabilmente innocuo, entrato qua per sostituirmi... Dapprima ho pensato ad uno scherzo e mi sono divertito, malgrado che l'ufficio non sia luogo adatto alle burle, ma adesso, perdìo, è tempo di finirla: io sono stufo e sarà bene che lo gettiate dalla finestra.

Il Segretario i                - Allora chiamo quel certo usciere molto forte che aspetta l'occasione di distinguersi...

Il Ragioniere                 - Ma il vostro capoufficio sono io, io...

L’Impiegato                  - Allora piano: non commettiamo errori né ingiustizie. La prudenza è un principio morale.

Il Ragioniere                 - Non fate dello spirito, voi, altrimenti sarete licenziato.

Il Sosia                          - A licenziarlo, se mai, dovrei essere io.

Il Ragioniere                 - Che il diavolo vi porti!

Il Segretario                  - Insomma, signori miei, voi dovete capire il nostro enorme imbarazzo, la nostra pena; all'aspetto siete uguali...

Il Ragioniere                 - E voi siete un idiota...

Il Segretario                  - Se m'insultate non siete il capoufficio: il regolamento della Casa vieta ai superiori il gusto di oltraggiare i subordinati.

Il Sosia                          - E' persino intuitivo.

Il Ragioniere                 - (esasperato) Signorina Ebe! (Pausa) ... Voi, almeno, dovreste saper distinguere...

La Dattilografa             - E perché proprio io?!... Io non resisto, io me ne vado... E' uno spettacolo terribile...

Il Ragioniere                 - Fermatevi! ... E' possibile che non mi riconosciate alla voce, all'espressione?

due Impiegati                - (insieme) Poveretta!... Nessuno riuscirebbe a tanto, non c'è nessuna differenza...

Segretario                      - Forse vi siete sdoppiato e in questo caso...

L’Impiegato                  - ...sarebbe opportuno chiamare i gior­nalisti.

Il Ragioniere                 - Io divento pazzo. Pazzo! '

Il Sosia                          -  Impossibile: lo siete già.

Il Ragioniere                 - Pazzo siete voi; peggio: un pazzo cri­minale... (Mutando tono, trionfalmente) Ecco come ri­solvere la questione, come farmi riconoscere; voi sa­pete che io ho sempre un quadrifoglio nel taschino della giacca...

I due Impiegati             - (insieme) E’ vero... ha ragione... vediamo...

II Ragioniere                 - Maledizione!... non c'è, non c'è...

Il Sosia                          - Lo credo: il quadrifoglio l'ho io.

Il Ragioniere                 - Me l'avete rubato poco fa...

Il Sosia                          - Ai vostri oltraggi mi sto abituando.

Il Segretario                  - Calma, «ignori miei, calma, vediamo di ragionare... Poiché noi abbiamo un solo capouffìcio e voi siete due, è necessario scoprire quale di voi sia il mistificatore e io ho un mezzo sicuro per ottenere co­desto risultato...

Il Ragioniere                 - Il vostro capoufficio sono io, sciocco... Qua non occorrono espedienti... Se aveste seguito le mie spiegazioni iniziali ve ne sareste accorto fin dal primo momento... «Sforzatevi di capirmi»... (Con un grido di trionfo) Non è forse questo il mio intercalare?... Non è dunque questo un indizio preciso?

Il Sosia                          - (sempre flemmatico) Il mio intercalare lo conoscono tutti e chiunque se ne può servire...

Il Segretario                  - Calma, signori, calma...

Il Ragioniere                 - (con un ruggito) Voi sconterete ogni cosa a tempo opportuno.

Il Segretario                  - Lasciate parlare me, vi prego. Io ra­giono a filo di logica e poiché il nostro capoufficio de­v'essere al corrente delle pratiche che ci riguardano, per individuarlo mi basterà rivolgervi alcune domande...

L'Impiegato                  -  Ecco un sistema infallibile: colui che sarà in grado di rispondere non potrà essere che il nostro superiore. ((Pausa).

Il Segretario                  - (tono solenne, caricato) A che punto è la questione Falchi? (Pausa).

 Il Ragioniere                - (sdegnoso) E' cosa priva d'impor­tanza: riguarda voi, che siete il mio segretario.

Il Segretario                  - Quali istruzioni di carattere interno conteneva la lettera giunta ieri dalla direzione generale?

Il Ragioniere                 - Mi è mancato il tempo di leggerla.

Il Segretario                  - Quale soluzione si è venuta a pro­spettare nella vertenza Dralle?

Il Ragioniere                 - (pausa) Le vertenze vanno trasmesse all'ufficio legale e mi stupisco che lo ignoriate. Infine io non tollero d'essere interrogato.

Il Segretario                  - Mi spiace, ma la vostra ignoranza del lavoro che io svolgo sta a provarmi il contrario. Qua­lora il mio capoufficio fosse all'oscuro della mia atti­vità, mancasse al dovere di controllarmi io, in coscienza, dovrei avvertirne il direttore generale.

Il Ragioniere                 - Ma io ho risposto. Lui no.

Il Segretario                  - 'Chi tace, evita per lo meno di tra­dirsi. Voi, invece, vi siete smascherato.

Il Ragioniere                 - Cosicché voi siete propenso a cre­dere in lui più che in me... Ah, ma voi mi farete impaz­zire veramente...

Il Segretario                  - Ma no, perché ?... Se siete il nostro capoufficio non avete che da provarcelo...

Il Ragioniere                 - E come faccio?... come faccio?

Il Segretario                  - Francamente non so più aiutarvi...

Il Ragioniere                 - (con un grido trionfale, ricuperando tutti gli spiriti) Ma tu ed io siamo stati compagni di scuola... (Pausa) ...Ricordi?... compagni di banco, per tre anni... Ricordi?...

Il Segretario                  - Questa è una cosa che mi costrinsi di scordare, ma il mio capoufficio fu realmente a scuola con me e fu proprio lui a ordinarmi di perdere la me­moria, a tempo opportuno...

Il Ragioniere                 - (con voce emozionata quasi suppliche­vole) Ebbene, adesso ti ordino di ricuperarla...

Il Segretario                  - Me lo ordinate voi... Ma voi potreste approfittare di questa conoscenza incidentale per trarmi in inganno, per sostituirvi al commendatore... Forse il mio capoufficio è quel signore dignitoso, fisicamente identico a voi, che si limita a scuotere il capo mentre voi vi accalorate...

Il Ragioniere                 - (animatamente) Ma io, all'epoca in cui andavamo a scuola insieme, ti confondevo con la mia abilità nell'imitare il verso del gallo... Ricordi?

Il Segretario                  - Sì, ricordo perfettamente, il canto del gallo, tuttavia non so se a confondermi foste voi oppure quel signore là...

Il Ragioniere                 - Ma io, il verso del gallo, lo so fare anche adesso, mentre quello là escludo che ne sia ca­pace... Statemi a sentire...

(Il ragioniere emette un allegro, perfetto a chicchiri­chì », quindi un'ampia risata collettiva che si rompe ad un tratto).

Il Sosia                          - Mi arrendo. Me ne vado. Vi saluto! Però, siamo giusti, dover ricorrere al verso di una bestia per farsi riconoscere quale capoufficio, mi sembra troppo originale!

FINE