Il carnevale degli insetti

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IL CARNEVALE DEGLI INSETTI

IL CARNEVALE DEGLI INSETTI

di STEFANO BENNI

(Melologo)

Parte uno

Coro di grilli.

E resteranno i grilli a cantare

Quando l'ultima stella sarà spenta

Il grillo musico che fa del suo corpo corda e arco

Il grillo che i poeti e i morti sanno ascoltare

Il grillo con una zampa d'amore e una di pena

Il piccolo peccatore, il notturno santo

Quando tutto sarà notte, resterà il canto

Né lamento né gioia, né riso né pianto

Quando tutto sarà visto, consumato, scoperto,

Resterà dei grilli l'ostinato concerto

Parte due

Entra lo scarafaggio, scherza con l'orchestra. Si rivolge al pubblico con aria seriosa.

Bacio le mani a tutti voi vertebrati tetrapodi della classe mammalia e dell'ordine dei primati ominoidei bisessi. Lo so, suona peggio che signore e signori, ma le classificazioni zoologiche valgono per tutti. Mi presento: sono un invertebrato esapode della classe in­setti e dell'ordine degli pterigoti sottordine blatloidei. Ho corpo parzialmente coperto dal prototorace, ali an­teriori membranose, tarsi pentarticolari, sono vivipa­ro, cosmopolita, endogamico, ho molti nomi scara­faggio, vecchia, bacarozzo, scarafone, cafard, cock-roach, bearle, shabe, carrabusu, neruzza, rigamuri, quaquara, e soprattutto blatta, esistono di me tremi­lacinquecento specie e, per ogni esemplare di voi uma­noidi, sulla terra ci sono diecimila di noi. E siamo ognuno diverso dall'altro.

Non ci avevate pensato, vero? Certo, voi siete trop­po occupati da altri nobili altissimi progetti per guar­dare la varietà meravigliosa che brulica ai vostri piedi e vola sopra la vostra testa. Siete occupati dal grande compito di custodire e salvare la terra e noi vi siamo grati, perché salvando la terra salverete anche noi. Per­ciò vi porto il saluto preoccupato del mille e mille pic­coli esseri il cui destino è nelle vostre mani. La nostra vita di pochi giorni, breve per voi ma lunga per noi.

Vi porto perciò il saluto degli epterigoti archeo-gnati e zigentomi.

Degli emimetaboli plecotteri e nototteri.

Dei tarli mallofagi e dei pidocchi anopluri.

Dell'orrido ragno e della coccinella vezzosa.

E dell'ape industriosa che fa il miele di rosa.

Per santo Linneo santo Macaone rodi rosica vola pungi rotola ronza rotola mastica mellito merda amen zzzz.

E vi porto il saluto degli odonati. Le libellule, eli­cotteri di velluto che non conoscono missioni di guer­ra, cinquemila specie, ogni volta che inquinate un fiu­me sono le prime a morire.

E ricordatevi dei fratelli embiotteri tropicali caratterizzati da cannibalismo sessuale, mangiano il partner. Invece di fare come voi che chiedete gli ali­menti dopo, loro li chiedono subito.

E ricordate gli cfemerotteri che hanno nel capo (tutto in un fiato) una struttura enigmatica, detta or­gano di Palmen consistente in un accumulo concen­trico dì strati di cuticola cheratinosa posto nell'ana­stomosi mediana tra quattro tronchi tracheali. Voi ce l'avete? Be', sono quelli che volano sul pelo dell'acqua, nascono, non mangiano mai, neanche una volta nella vita, muoiono digiuni. Ma che vita è?

Per santa Blatta santa Papiria rodi rosica vola ron­za canta pungi grattati succhia fiori sangue amen zzzz la vita è dura zzz.

Sì, la natura è bella se la vedi da lontano, o ben ri­parato, come un bel panorama. Ma entraci dentro, nel­l'erba nella corteccia nel fango scava fino in fondo do­ve brulica e s'arrotola il verme insetti e poi risali nel­l'aria intrisa di veleni e di uccelli predatori e lì dob­biamo sopravvivere noi scava gratta ingoia scappa zzzzzz. E voi classificate la nostra vita con nomi gre­ci e latini e ci imprigionate in provette dove crepiamo gasati dall'etere, imbalsamati e infilzati con spilli, per carità non è crudeltà, si chiama scienza, si sa. E qual­che volta ci sfruttate pure. Sì, perché noi talvolta sia­mo utili. Utili a chi? Utili a voi, naturalmente. Cosa succede? (lo copre il suono di un grosso ronzio, va a ve­dere che cos'è, scompare dietro l'orchestra)

Parte tre

Rientra vestito da ape, grossa pancia giallo-nera e pelosa, in mano una grande ventosa da idraulico. Si ri­volge al pubblico con aria di sfida...

Guarda lì i lavoratori... comodi eh, seduti... e noi a lavorare. A lavorare cosa? (si presenta fieramente) Ape operaia Mieloni numero matricola unmilioneot-tocentosette, alveare quindici terzo sciame reparto estrattori eucalipto acacia ginepro piante fiorifere.

Centocinquanta milligrammi di miele ho fatto oggi centoquaranta mentre voi lì belli seduti spaparanzati e vola di qua e pop (con la ventosa) tira fuori il grezzo e su, vola di là dal gelsomino e controlla e pop, stap­pa e via, e torna all'alveare e fuori nel bosco di nuovo e pausa a mezzogiorno, un bel panino col polline e via ancora vola stappa succhia e lavora zzzzz,

E tutto intorno e i grilli che cantano e fanno un cazzo e le cicale che friniscono e fanno un altro caz­zo e le vespe, come le odio. Col vitino da vespa, che fanno un cazzo anche loro. Se loro pungono, non gli succede niente, ripartono e ripungono, se noi pungia­mo ci si stacca l'addome e crepiamo. Perché? Perché noi ci crediamo. Crediamo nella nostra missione, noi diamo fino all'ultima goccia di sangue e dì miele, noi siamo la classe imenottero-lavoratrice.

Guardali lì (al pubblico e all'orchestra) che bei tulipanoni, vi conosco a voi. Entrate nel negozio e chie­dete: ce l'avete la pappa reale? Ma questo propoli fa bene? A voi sì! Voi vi curate col propoli, noi ci sì am­mala. La cera d'api per il riso. Voi ringiovanite, noi si invecchia. Il miele. Per voi è dolce, ma per noi...

Canta con voce da baritono la romanza del miele

Ciò che per te è dolce per me è amaro

Ciò che per te è soave goccia di miele

Per me è fatica crudele

Deh non dimenticate

Il lavoro dell'ape

Nei petali fedele

Miele, miele crudele

Ma non ci lamentiamo, non è nostra abitudine. Noi si lavora, si produce. Per chi? Per l'ape regina? No, sia­mo una cooperativa. Tre miliardi di iscritti. La mi­gliore del settore, l'Acacia eucalipto ginepro gelsomi­no millefiori tutta roba genuina, fiori delle nostre par­ti. Salario? Mai una lira, perché il padrone... volevo dire la legge di natura ha voluto così. Stappa lavora succhia, vola ronza lavora zzzzz, ronza sgobba ciuc­cia da rosa a rosa ape industriosa. (si blocca, ascolta crescere un tema musicale, il tema delle cicale) Ecco, se c'è una cosa che ci fa girare le antenne è questa musi­ca... la sentite? è lei, l'auchennorinchia magicada sep-temdecim, per gli amici Cicala, la sfaticata del cosmo. Mica solo le formiche ce l'hanno con le cicale. Anche noi api. Le formiche stanno a terra, noi ci voliamo vi­cino alle cicale canterine.

Zitte! Basta! Andate a lavorare, borghesocce! (la musica non smette)

Ah, è così? Vi faccio sentire io.

Prende la bacchetta, si mette a dirigere l'orchestra e fa partire una specie di sghemba Internazionale vibrante di ottoni, che copre il tema delle cicale, poi tutto si uni­sce in un magma, una musica beffarda.

(stanco e triste) Non è più la stessa musica. C'è qual­cosa che non capisco più. (canta)

Ciò che per te è dolce liquido oro

Per me è il sudore amaro del mio lavoro

Ciò che per te è soave goccia di miele

Per me è fatica crudele

Deh non dimenticate

Il lavoro dell'ape

Miele amaro

Miele avaro

Miele, miele crudele

Esce tristemente seguito dalla musica, ma ne ap­profitta per tirare una mazzata all'orchestrale cicala-ca­po, che potrebbe suonare uno sciccareddu.

Parte quattro

Rientra la blatta.

Scusate il mio amico ape, ma lavora troppo. Avreb­be bisogno di una vacanza, ma noi insetti non abbia­mo vacanze. Se uno vive un solo giorno come fa a fa­re un week-end?

Non vorrei ribadire, ma noi insetti si fa una vita misera, rischiosa e spesso voi non ci volete bene, an­zi ci fate del male, molto male.

Colgo l'occasione per ricordare con dolore i miei tanti fratelli caduti per Baygon, pesticidi, carta mo­schicida, Ddt, zampirone, gabbie elettriche, ricordo i milioni di blatte cadute sotto i colpì delle vostre pan­tofole con questo rumore: crrraaaack.

Vi fa senso? Se fa senso a voi, figuratevi a noi.

Ronza scappa vola pungi respira piretro veleno na­palm ahimè.

Ci schiacciate perché per voi siamo brutti. Ma an­che voi visti da quaggiù mica siete belli.

E quante leggende inventate! La mantide religio­sa, che mangia e scopa insieme, un sogno di molti di voi immagino zzzzz. Ma sapete perché si pappa il marito? per avere nutrimento per i figli, poverina. (pian­ge) Mi commuovo.

E la cimice che puzza? Ma se non piazzasse la man­gerebbero tutti, no?

Per santa Papiria santo Cerambice schizza sporca ronza rosica pungi mastica sangue merda zzzz.

Ma no no, niente lamenti, lamentarsi è roba riser­vata a voi uomini, noi accettiamo il nostro minuscolo destino e sappiamo anche essere allegri, in natura c'è ogni delizia e ogni gioia, in natura non c'è noia, noi sappiamo rinascere, noi sappiamo essere felici. Festa festa, in alto i cuori e le antenne, si vola si vola. (sen­te musica e vola dietro l'orchestra)

Parte cinque

Rientra come bella farfalla, con granai ali colorate accennando dei buffi passi di danza.

E uno e deux e trois e quatre... E uno e deux e trois e quatre... così anche voi, leggeri, morbide le antenne, su le elitre, en plein air, (potrebbe parlare con accento francese) in alto le ali, leggeri, danzate, ma che bipedi pesanti ma che vermoni mi sembrate, su con le alette, e uno e due e tre. Voilà. Noi si vive un sacco di tempo imbozzolati tetri immobili da bruchi, da larve. Ma una mattina voilà si diventa papillon, via alle danze e si vive dodici ore alla grande, da far­falla. Dodici ore e poi, trac, morti. Le grand sadic de l'Universe, il grande coregrafo del creato, l'ha pen­sata così. Ma in quelle dodici ore noi ne facciamo di tutti i colori. (balla) Danza del mattino, della giovi­nezza, questo è il passo... controvento, controvent... passo della rosa... passo dell'ortica, poi c'è il pomeriggio, poi viene la sera e alla sera ci sentiamo ro­mantici e... (si blocca, vedendo una delle coriste ve­stita da margheritona)... e ci innamoriamo (balla) dan­za del corteggiamento. (canta)

Grande cuor ma breve ora mi diede la natura

Breve amore posso dare perciò non esitare

Grande fiamma brucia in fretta margherita timidetta

Cuore amante non aspetta apri i tuoi petali a me

Grande cuor ma breve ora mi diede la natura

Tutto ciò che ho vissuto ti regalo in un minuto

Mille baci vorrei darti ma uno solo mi è concesso

Uno solo e non domani uno solo e sarà adesso

Dimmi che m'ami, meno otto, sette, sei

(a ogni numero sì indebolisce)

Dimmi se ami i bei colori miei

Dimmi se m'ami meno cinque, quattro, tre

Dimmi se nel tuo cuor per me un posto c'è

Dimmi se m'ami meno due

(ansima)

Apri le braccia tue

Dimmi se m'ami meno uno

(rantola)

Come te non amai nessuno

Dimmi se m'ami davvero, meno zero

Quanto ti ho amato ma il tempo è scaduto

Destino ingrato volo spezzato amor consumato

Stramazza. La margherita con voce flebile finalmente gli risponde.

Ma sì che ti amo.

(la farfalla da terra alza la testa e dice) Muoio felice ma un tantino anche incazzato.

La portano via, come in barella, con una musica del funerale. La margherita piange, subito consolata da un orchestrale.

Parte sei

Rientra la blatta.

Non è bello quello che avete fatto al farfallone. Voi mammiferi umani misurate tutto col metro del vostro tempo. Se voi avete fretta, il mondo ha fretta, se aspettate, il mondo deve aspettare. Ma a noi non piace marciare sempre al vostro tempo, sappiamo an­che ribellarci, sappiamo difenderci. Possiamo di­ventare pericolosi.

Penso alle mie amiche tettigonidi ovverosia le lo­custe, ce ne sono diecimila per ogni umano, hanno mandibole arcuate e tibie anteriori dotate di aculei raptatori.

Mangia mastica ingozza trancia ingoia glum mais erba fiori sangue merda zzzz.

Attenti razza eletta alla tettigonia verrucivora mangiatutto, prati boschi, corteccia e foglie, crosta e mollica, più sparate pesticidi più loro diventano for­ti, guarda lassù la nube, lo sciame, la piaga biblica, sentile ilrombo di miliardi d'ali, possono volare fi­no a seimila metri di altitudine, se volessero potreb­bero distruggere in un giorno tutto il raccolto di gra­no europeo.

E i pidocchi mallofori e i ditteri mangiamerda pos­sono impestarvi di malattie, tifo esentematico e feb­bre quintana e bubbone carachegno.

E le cimici e i tafani trasmettono le malattie della Leishmania e della splenomegalia tropicale.

Pungi divora mastica succhia ronza avvelena e fai un milione di uova che pungeranno divoreranno suc­chieranno zzzzz.

Si ode il tema della zanzara acutissimo. La blatta fa finta di avere paura.

Oh no, lei no, è terribile, fuggite, fuggite.

Parte sette

Entra la zanzara.

Sono l'anofele, alias zanzara. Il più clamoroso esempio di creatura con dubbia utilità della creazio­ne. Dopo che mi ha fatto Dio voleva eliminarmi, ma son scappata. La notte stessa mentre dormiva zac zac l'ho riempito di ponfi.

Sono indistruttibile. Fate i vaccini contro la mala­ria, io divento immune.

Mi attaccate con gli aerei disinfestanti, io nascon­do le uova sottoterra, tié.

Per mille di noi che schiacciate noi facciamo un milione di figli, di zanzarini rompicoglioni.

E mentre voi dormite belli tranquilli, col vostro zam­pirone fumogeno, noi si arriva in apnea, con questa (mo­stra una siringa) vi si fa l'anestesia e vi si succhia.

Vola pungi tracanna bevi sbronzati globuli plasma ematurie aaaaaaah.

Poi ci schiacciate e dite che orrore, è piena di sangue.

Il solo sangue che vi fa veramente orrore è il vo­stro, quello che vi esce dal nasino.

Quello degli altri, a giudicare dai vostri film e dal­le vostre azioni, non vi fa tanto orrore.

Sciagure del cosmo, mammiferi nocivi, sanguinali e guerrafondai. (cerca di mordere il direttore d'orchestra)

Noi siamo milioni e possiamo colpire tutti insieme. In sciami in plotoni in squadroni, comunicando a ultrasuoni. Perché tra noi insetti siamo solidali, non come voi, non ci si fa brutti scherzi tra noi... (viene catturata improvvisamente da una rete)

Aiuto, una ragnatela liberatemi... aaaaah... noooh... (qualcuno la tira via dal palco, dentro la rete)

Parte otto

Appare il ragno, con un pezzo di rete e un pezzo di costume di zanzara in bocca.

Buona, un po' magra, ma buona.

(guarda il pubblico) Niente paura: sono Tepeira ananke, ragno crociato, ma non temete non ho una ra­gnatela così grande da catturarvi tutti. E non sono ve­lenoso. Forse.

Vi chiedo scusa se il vostro presentatore la blatta attualmente si trova... invischiato in un brutto pro­blema, in una ragnatela di contraddizioni. (ride) Sì, lui parla troppo, è troppo diplomatico. Lui rappresenta gli insetti rassegnati e remissivi. Io sono un tipaccio alquanto diverso.

Parlo a nome dei cattivi, i ragni e gli scorpioni, set­temila specie velenose, ognuno è un guerriero invisibi­le che può entrare nella vostra casa, randroctonum o scorpione del Sahara è velenoso come un cobra, la mal-mignatta passa dentro una cruna d'ago e vi uccide in un minuto, il ragno scimmia vi entra in gola e vi soffoca.

Mordi mordi, il fiato manca, e il tempo breve mio diventa tuo aaahhhhhh.

Alcuni di noi portano fortuna, la palanca dei mu­ri, il ragno delle roselline. Ma proprio come tra di voi, tra noi esistono i cattivi, i velenosi. Voi spesso adora­te i peggiori tra voi, coloro che portano morte, perché non potreste amare i peggiori di noi?

È vero, siamo velenosi e assassini, uccidiamo, ma non cerchiamo scuse come voi.

Essendo insetti non uccidiamo in modo umanita­rio né in modo intelligente. Uccidiamo e basta.

Paura? Ci puntate contro le vostre enormi armi? Ma noi siamo quasi invisibili, non potrete sentirci ar­rivare, abbiamo piccole zampe di velluto, scivoleremo silenziosi, dentro i vostri bunker e le vostre case blin­date, invisibili come rimorsi.

Mordi mordi e ansima gonfiati e vomita e crepa il tempo breve mio è diventato il tuo.

Il destino della terra sta per cambiare padrone.

Sentite questo rumore? Dal cielo piomba la nostra aviazione, le locuste le vespe i tafani. E questo frastuo­no corazzato? Arrivano i giganti, le truppe pesanti, ca­rabi celemoni e scarabei, il macrodontia cervicomus, il megasoma elephas, il dymastes hercules, lunghi fino a quindici centimetri, che spingono palle di merda sopra ognuna delle quali c'è un plotone di formiche ognuna delle quali è in grado di sollevare cento volte il suo pe­so, un esercito di formiche si carica in spalla le vostre rampe missilistiche e le butta in mare, altre si infilano nelle fibre ottiche dei vostri computer e li sgranocchia­no, su tutti gli schermi cibernetici neanche più un da­to, solo un brulicare di formiche che fanno tiè ed esco­no i vermi e si mangiano anche la mela della Apple...

E lo sapete, vero, qual è il cibo preferito dai vermi?

E poi verrà buio, ma noi ci vediamo al buio e avremo per riflettori le lucciole, anzi i luccioli, perché so­no i maschi che fanno luce, ignoranti, non sapete nien­te di noi, verranno i pitofori e i luccioli a illuminare ciò che resta della vostra città.

E poi arriverò io, il generale Veleno, Su un geofilo-morfo cieco, uno scolopendrone con novantun zampe, enorme, peloso, io, generale degli insetti, arriverò e dirò: avanti, fratelli vespe e formiche e scarafaggi! Ognuno di noi conosce come fatta una casa umana, e i diversi obiet­tivi. Fili elettrici, cibarie, riscaldamento. Rosica masti­ca divora trancia ingozza avvelena sabotaggio zzzz.

E voi starete dietro la porta, terrorizzati, come noi nella tana. E vi chiederete che ne sarà della razza uma­na, del mondo. Questo mondo che avete disprezzato, sporcato, umiliato, crivellato di guerre in nome della vostra superiorità, perché vi siete eletti custodi e pa­droni, voi vertebrati tetrapodi mammalia ominoidei.

Be', visti i risultati, il mandato vi viene ritirato. Sie­te nocivi. La terra ce la riprendiamo noi.

Guardate alla finestra. Il sole è oscurato da miliardi di sciami. Guardate sotto i vostri piedi, cos'è questo piccolo rumore, questo brulicare? Per terra, ovunque voi guardate, c'è una macchia nera che si stende, il ma­re delle blatte, un oceano di antenne che dondolano, di elitre che vibrano, di ferormoni che schizzano, di mandibole che masticano e si avvicina a voi col ru­more di una bufera e...

Parte nove

Si toglie il costume e torna la blatta.

Scherzavo. Scherzi di blatte. C'eravate cascati? Ma no, noi sappiamo stare al nostro posto. La Bibbia lo dice: e tu uomo assoggetterai gli altri animali. La Bib­bia l'avete scritta voi e anche il Corano e anche i trat­tati di Entomologia e noi vi crediamo. Baciamo le ma­ni, niente scherzi col Baygon, eh... In fondo viviamo nelle stesse case, nelle stesse città. Amici, vero? Dam­mi qualcosa da mangiare, dai, fammi l'elemosina di una briciola. Vuoi comprare? Una caccola di formag­gio vecchio. Ti interessa una mosca morta per esca? Compri? Coccinelle allucinogene, farfalle da collezio­ne, grilli in gabbietta. (raccoglie da terra un pezzo di ala) Guardate com'era bella la falena. Guardate il di­segno delle ali. Ma già, Voi non amate la varietà me­ravigliosa. Peccato. Il mondo è così pieno di vita, di fiori e succhi e odori e merda. Senza voi uomini cosa sarebbe? Non andrebbe avanti, resteremmo solo noi, gli insetti. Sarebbe un mondo (pausa) meraviglioso. Buonanotte, vertebrati e vertebrate. (guarda minac­cioso) Ronza vibra pungi mastica vola succhia fiori sangue zzzzzz. Attenti a voi.

Parte dieci

E resteranno i grilli a cantare

Quando l'ultima stella sarà spenta

Il grillo canoro che fa del corpo corda e arco

Spiritello musico in un sipario d'erba

Il grillo, respiro inquieto della terra

Il grillo che i poeti e i morti sanno ascoltare

Il grillo con una zampa d'amore e una di pena

Il piccolo peccatore, il notturno santo

Quando tutto sarà notte, resterà il canto

Né lamento né gioia, né riso né pianto

Quando tutto sarà visto, morto, scoperto

Resterà dei grilli l'ostinato concerto.