Il caso di Alessandra e Maria

Stampa questo copione

Il caso di Alessandro e Maria

Il caso di Alessandro e Maria

Curiosa replica di una storia che ha già avuto luogo

Commedia in due atti

di Giorgio Gaber e Sandro Luporini

con

Mariangela Melato e Giorgio Gaber

Primo Atto

(Scena vuota. Sul fondo tre sedie su una piccola pedana. Altre due sedie più vicine al proscenio, una a destra, l'altra a sinistra. Entrano i musicisti e gli attori. l tre musicisti - violino, violoncello e pianoforte – si fermano in piedi sulla pedana. Anche gli attori - lui e lei - sono in piedi davanti alle proprie sedie. Il violinista si avvicina al pubblico.)

IL MUSICISTA: "II caso di Alessandro e Maria" è una sonata per trio e due voci recitanti. L'azione potrebbe svolgersi in una vecchia casa di campagna semiabbandonata. Potrebbe essere notte, o comunque sera inoltrata. Si rappresentano frammenti di una storia talmente normale da far venire il sospetto che non sia mai esistita. L'unica certezza è che i protagonisti sono un uomo e una donna.

(Il musicista ritorna alla sua sedia. A un suo cenno tutti si siedono e il trio esegue il brano introduttivo. Sul finire della musica...)

LEI: Strano, sto meglio di prima, ma che cos'è cambiato? Mi sento più leggera. So che lui deve arrivare, me l'ha promesso, anzi no, me lo sento, è sempre stato in quel modo, me lo sento, appena il tempo di... si, di accumulare, certo, tutte quelle cose dentro... che poi è come una            strana calma. Si, mi sveglierò, lui stesso verrà verso di me, mi dirà che è stato tutto uno scherzo, perché non ero io che sognavo lui, era lui che... Lo avvicinerò alla finestra, si, certo, lo avvicinerò alla finestra, con astuzia... quando si è bambini non si hanno ancora certe astuzie, anche se avrei dovuto... Si, alla finestra, lo spingerò, si, lo spingerò di sotto, lo     spingerò forte... no, non forte, con calma, certo, poi mi siederò tranquillamente, dirò di aver avuto un'emicrania. Mi troverà mia madre, lei nonostante tutto è ancora la migliore. No, forse è meglio sparire, certo, se fossi una maga non aspetterei mia madre, sparirei subito, si, di colpo, lontano, magari con lui, perché se fossi una maga cancellerei tutto, lo resusciterei il cretino, non per lui, per la mia coscienza. Si, andremmo insieme, in un veliero... no, il veliero è stupido... una terrazza grandissima, come un deserto, sdraiata sopra il marmo,         caldo, tutto bianco, bianchissimo enorme... E lui mi si avvicina, mi toglie la luce, tutta quella luce, sollevo la testa, mi morde le labbra, piano, come tanti anni fa al pianoforte... quello stupido, incosciente, esteta, incestuoso. Non lo voglio, non lo voglio più, preferisco da sola, si, da sola sulla terrazza di marmo ad aspettare... Poi tanto verrebbe uno, anzi molti, avrei da scegliere, certo, quelli che scarto si buttano in mare, disperati, oppure devono avere pazienza, aspettare fino a domani, cosi imparano... sciocchi.

(La musica, probabilmente un violino, commenta alcuni momenti del monologo che segue. Lei si avvicina ad uno specchio immaginario)

E se per caso... (si tocca i capelli)... non ci fossimo capiti sull'ora, o sul posto? Il cretino fa sempre cosi. Mannaggia, se fosse qui gli potrei rinfacciare di non essere qui. No, lui non capirebbe. Però, anche i capelli... mica male. A seconda di come... E gli occhi? Gli occhi si.             A volte però... si, a volte la luce... no, non la luce degli occhi... secondo come batte la luce. Insomma, si cambia molto. Cioè, alcuni... io per esempio si. Ci sono quelli che sono sempre belli, si, hanno un standard, uno standard accettabile tutti i giorni, con tutte le luci. Dev'essere una cosa rassicurante. Magari non hanno quelle punte... si, quell'espressività che una come me... in certi momenti...  Però è seccante non sapere come sei! ...Intanto il cretino non arriva, e io non so nemmeno se gli piaccio o no, va bene? A volte si, a volte no. E non ho la via di mezzo. Ecco, in movimento, si, in azione... in movimento sento che miglioro. Ho capito, io sono bella in movimento. Peccato che non c'è la riprova. Gli specchi non ti             aiutano. Anche se fai finta di muoverti, poi parli indifferente per vedere come sei in azione... che poi magari uno ti vede dalla finestra, dice anche: quella è scema, ma questo non           importa... il fatto è che lui ti vede, lo sa come sei in movimento. E tu non lo saprai mai. Però in movimento devo essere bella, me io sento. Avrei dovuto fare la ballerina. Quand'ero piccola ballavo con le porte. La porta è l'ideale per il rock. (accenna il ballo)... Certo, la ballerina dovevo fare! ... L'annunciatrice no. Perché poi finita la frase rimani Il... i muscoli della faccia calano sempre di più... Bastano due secondi per fare un cadavere. Insomma, una persona si, come quelle che dico io, non può stare ferma un momento. Solo i vecchi, si, perché i muscoli forse... non hanno più niente da dimostrare. Hanno trovato... si, una pace.     Fino a una certa età i muscoli sono... nevrastenici. Solo i vecchi sono belli... senza nessuno sforzo. Maledizione! E io mi devo muovere continuamente, se no non mi piaccio. Però ho delle giunture stupende. Ecco, li sono sicura: guarda che giunture! ... E le mani? Le mani sono la cosa mia che mi piace di più. Mica che siano belle... dico nel senso di... ma mi piacciono. Mi piacciono proprio: un po' irregolari, strane, espressive, quasi una leggerissima artrosi, ma impercettibile, come se fosse... si, una cosa che dà un senso... non lo so... di eterno, di antico, e al tempo stesso... insomma, è come un dialogo, un dialogo interiore. Che giunture! Chissà da chi le ho prese... Non se ne vedono più cosi. Ce le aveva mia zia, me la ricordo, suonava il pianoforte. lo ero una bambina... con le mie manine... A sedici anni ero un mostro... no, forse a quindici... insomma, ero bruttina, lo ammetto. lo non l'ho mai saputo   che cos'è il fischio dell'operaio, quello sulle impalcature. (fischia, ma le viene male)... Che linguaggio! Mi viene anche male... Forse avevo un certo disprezzo per la bellezza. Per forza,   avevo dei ginocchi!... Ero tutta occhi e ginocchi! E l'operaio non ha quella finezza d'animo che permette di gustare l'imperfezione della natura. Peggio per lui.

Molto meglio essere belli di dentro.

Però, insomma... anche il fischio dell'operaio...

(torna allo specchio)... Forse da giovani non si hanno quelle piccole astuzie... no, non il   trucco... la posizione, le angolazioni... Ci vuole una vita per conoscersi... Magari stai un po' più cosi... o cosi... e allora anche il viso...

(La musica si fa più incalzante)

Che giunture! No, non l'orologio... tanto lui non arriva. Le giunture... gliele do nella testa le giunture! Certo, neanche una parola, come arriva... zitta, mi nascondo, neanche una parola... nel buio: trentacinque coltellate! E’ la fine, lui barcolla, si rovescia, riesce a guardarmi... anche tu Bruto, poi cade a terra, batte la testa sul gradino, no, non c'è il gradino, muore lo stesso, rantola, è la fine: tutto quel sangue, bello... tutto quel sangue! ...

(La musica si ferma)

Strano, nessuno avrebbe mai creduto che il cretino avesse tanto sangue... tutto quel sangue per uno che ci ha una faccia dove brillano quasi sempre i riflessi dei cadavere,

LUI: Come sono avvilito!

LEI: Ma come?

LUI: No, si fa per dire... Come va?

LEI: Eh!... (come dire: 'cosi cosi')

LUI: Ti trovo bene.

LEI: Si fa per dire, eh?

LUI: No, davvero.

LEI: Sono cambiata?

LUI: No, i capelli... un po' più...

LEI: (va allo specchio). L'avevo detto! ...

LUI: (guardandosi in giro). Ma qui è cambiato tutto!

LEI: Per forza, non c'è più niente.

LUI: (alla finestra). Ah, l'albero di Giuda c'è ancora. Meno male. E cresce anche! Ora piano piano entra in  casa...  La natura si riprende tutto. Guai a lasciarla libera, la natura!

LEI: Ma mi spieghi perché ci si deve vedere una volta ogni trent'anni?

LUI: La solita esagerata.

LEI: Ma, non lo so... se non vedevo la mamma non sapevo neanche che fine avevi fatto.

LUI: Ma sai... sono pieno di cose...

LEI: Ah si? Che fai?

LUI: Niente.

LEI: (divertita, con affetto). Però sei buffo! ... Avanti, dimmi tutto.

LUI: "Tutto" che?

LEI: Amore, lavoro, salute.

LUI: L'oroscopo! ... Dei resto non ci avevo mai pensato... è fondamentale... e già, sono tre sole le cose... Allora faccio presto. Dunque: amore... eeeh! ... (rimpianto)... Non ce ne sono mica più di quelle belle primavere violente! ... sai, quelle...

LEI: SO, SO.

LUI: Allora se sai... Lavoro: giornate favorevoli 3 - 12 - 27. Salute buona.

LEI: No, dai... che fai? Lavori?

LUI: SI, insomma... ma sai, anche li... mah! ... E poi anche se ti sembra di fare qualcosa che ti piace... Poi dici: ma a che serve? E’ anche un momento che la gente... si, se ne frega di tutto.

LEI: Ma non è mica vero!

LUI: Allora saremo noi.

LEI: Eh! (come dire: 'certo')

LUI: Tu che fai?

LEI: (ride)

LUI: E già, tu sei all'avanguardia... dei non fare.

LEI: Non cominciamo, eh!?... (sorridendo)

LUI: No, lo sai, non l'ho mai considerato un difetto, anzi il fatto che tu... (come dire: 'voli')

LEI: Eh già, io ormai... volo... lo sanno tutti.

LUI: No, no, sai cos'è che dispiace... è per le possibilità che avevi... che hai, che hai.

LEI: Ah, che ho! ... meno male.

LUI: Solo che hai il vizio... si... di scappare da tutto.

LEI: Una volta eri più preciso, nelle parole... Non è un vizio...

LUI: No, e cos'è?

LEI: ... Sarà un destino... Se fosse un vizio... sarebbe troppo facile.

LUI: E’ vero, se ne parlava con... ah... Abbiamo fatto una riunione... si, insomma, per dire... ci   siamo rivisti. Mi è venuto da ridere perché ad un certo punto mi sono detto: ma come, prima facevamo delle gran discussioni sul lavoro... su come dovrebbe essere... e giù urli, litigate; e ora, casino come prima e litigi, solo che l'argomento è l'organizzazione, il mercato, gli impegni, le date... (si tiene la mano sullo stomaco)

LEI: E si. Dato che gli uomini hanno la mania di invecchiare... forse farebbero meglio ad essere più tranquilli. E tu in particolare faresti meglio...

(Su quest'ultima battuta una musica cresce piano piano fino a coprire le parole di lei che viene come esclusa dall'attenzione)

LUI: (sul finire dello stacco musicale) Due anni... Sono già passati due anni e lei mi sembra la stessa. E io? Chi lo sa! ... Stamattina mi sono alzato... Che giornata! Una fascia alla testa... Non ce la facevo. Mi sono fermato davanti allo specchio... per via di questa faccia un po'... (si avvicina allo specchio immaginario)... Non mi piacevano certi colori. Ma come si fa a dire che un colore è bello è brutto?... E’ soggettivo. Anche i gatti... hanno gli occhi gialli e stanno benissimo. Un dolore un cerchio alla testa!...Due anni Sono già passati... E si, quando ci siamo sentiti l'ultima volta stavo meglio. Avevo solo dei doloretti strani... No, quella volta li era il fegato. Ho fatto finta di niente ma... un dolore! ... Feci tutte le analisi. Niente: "Sano come un pesce'. Imbecilli! Guarda che colore! Casomai "come una rana', imbecilli! L'unica è curarsi da soli. Meno male che ho questa forza interiore. Bisognerebbe scrivere un libro su quelli che dovevano morire da bambini. A due anni e mezzo ero diventato tutto nero, altro che colore. E poi... E’ proprio vero che i bambini che sono scampati, si, che sono sopravvissuti a qualcosa di tremendo sono più (come dire: 'forti')... Peggio per chi sta       sempre bene... che poi: pum! ... morti. lo da bambino un dolore! ... un cerchio alla testa...            Guai la Grecia, la Grecia antica... che appena uno aveva un graffietto... bam! (come dire:            "giù dal monte')... E ma io in Grecia... mi sembra di vedermi, da bambino, tutto rotto, a pezzi, senza gambe.. - "Come sto bene! Come sto bene!" (si preme sul fegato) Astuzie. Si, anche con Maria mi devo presentare cosi, ormai lo so, nessuna preoccupazione. Come sto bene, Maria, sono ringiovanito...

 (Sul finire del monologo una musica cresce piano piano fino a coprire le parole di lui. Si ritorna nella situazione che precede il monologo)

LEI: (sul finire dello stacco musicale riprende il discorso interrotto)... E tu in particolare faresti meglio ad accettare quella lenta caricatura che il tempo ti prepara invece di presentarti sempre preoccupato e con la faccia verde come un limone.

LUI: Oddio! ... E’ il fegato! No, non può essere. A proposito, non ti ho detto della dottoressa.

LEI: Che dottoressa?

LUI: Si, mi sono deciso... cioè, mi ci ha mandato la Patrizia.

LEI: Ah! ... (come dire: 'mi pareva')

LUI: Si, non stavo tanto bene... robe strane. Insomma, vado li... Come te la immagini una dottoressa? lo mi vedo già, non so... cinquant'anni, occhiali doppi, carattere fermo, sai... di      quelle... si, gentili ma decise, un po'... (come dire: 'dure')

LEI: Ma veramente...

LUI: Non importa, non importa. Dunque, io entro, no?... e vedo... una ragazza... sottile, minuta, carina... il camice bianco... Insomma. era lei si, la dottoressa. Non dici niente?

LEI: Veramente sei tu che...

LUI: Giusto: "Ah, è lei?"... io, eh?... "Ah, è lei?" E qui devo aver fatto una faccia da cretino che...

LEI: E si!

LUI: No, se non devi dire niente, non dire niente. Come "si"? E’ normale... rimani un po'... davanti a... Pensi: non è vero, non è possibile... ti viene in mente subito il cinema... non ci credi... Si, perché nella vita le dottoresse lo sai come son fatte: cinquant'anni, gli occhiali, e magari un po'... (come dire: 'dure')

LEI: Ma perché una dottoressa dev'essere un tenente colonnello?

LUI: Non lo so. Ma neanche una madonna.

LEI: Perché, era la Madonna?

LUI: No, più evanescente... Un angelo.

LEI: Esagerato. Quanti anni ha?

LUI: (non l'ascolta). Un angelo.

LEI: Ti ho chiesto quanti anni ha.

LUI: Chi, l'angelo?

LEI: L'angelo.

LUI: Non lo so... sai, nei buio...

LEI: Ma come 'nel buio"?

LUI: Si, c'era una luce bassa, ovattata...

LEI: E tiene le luci basse?

LUI: Chi?

LEI: L'angelo.

LUI: No, un'impressione mia... di silenzio, di delicatezza... Lei mi faceva delle domande, si sul fegato mi pare... ma con una voce calma, piacevolissima... Poi sorrideva... una cosa di una dolcezza... Non lo so, non mi era mai capitato. Cosi minuta, delicata, con delle mani... le     ossa molto piccole, quelle mani sottili, affusolate, perfette...

LEI: Che schifo!

LUI: Come "che schifo'?

LEI: Perché, son belle quelle mani li?

LUI: No, cioè si... sono diverse, gentili... (piccola pausa)... Scrive con la mano sinistra.

LEI: Ebbè?

LUI: No, a volte i particolari... (piccola pausa)... Ma tu ti vedi ancora con Piero?

LEI: Si, cioè si... ci si vede un po' meno. Ma dopo, dopo, te lo dico dopo. Continua, continua... la dottoressa?

LUI: Sono uscito che ero felice. A proposito, non ho niente: stomaco, cuore... niente.

LEI: Lo sapevo.

LUI: Sono innamorato come un pazzo.

LEI: Lo sapevo.

LUI: Ma allora se sai sempre tutto...

LEI: No, ma lei, lei... dimmi di lei.

LUI: Ma no! Lei che c'entra? Lei non lo deve neanche sapere. Questo è il bello. Li hai presenti   quegli amori... Ecco, io la devo solo pensare. Non la devo neanche conoscere. Sì, perché se so come vive, dove ha fatto il liceo, se so che ha una casa, un fratello... addio. Fine dell'angelo. Allora è il solito amore: dopo si cena insieme, ci si piace, poi ti tocca far l'amore... Mi segui? Invece no. Dev'essere una cosa fatta solo di sfumature.

LEI: SI, ma poi... che succede?

LUI: Niente.

LEI: Ah, bello.

LUI: Ma non capisci che è una fatica innamorarsi in quell'altro modo... Tutte le cose che devi fare, tutto il percorso...

LEI: Si, ma se non succede mai niente...

LUI: No, poi ci sono dei piccolissimi spostamenti che... Mi capisci? Ma dai che è chiaro. L'han provato tutti. Hai presente quelle cose... non so, un ginocchio che si sposta... oppure un braccio allungato come se niente fosse, si, sullo schienale di un divano, a un centimetro dai capelli... e piano piano la testa dell'altro si poggia e... resta ferma... No, no, con l'angelo io non sono mica a questo punto, sarebbe troppo. Magari io... non so... uno sguardo che il        giorno prima non c'era, quello si... avrà capito qualcosa? Oppure una leggera ironia... le   manine delicate sul fegato...

LEI: Ma la vedi tutti i giorni?

LUI: Sto tanto male.

LEI: Ma se non ti ha trovato niente?

LUI: Ecco, li è un po'... (come dire: 'cauta')... Dice che bisogna indagare.

LEI: ... Che troia!

(Stacco musicale)

LEI: Ma non hai ancora capito che tu non t'innamorerai più?

LUI: lo? Ah, questa è bella! Come dire che ci si innamora una volta sola... e mi sei toccata tu. Disgrazia!

(Gli attori recitano contemporaneamente le battute che seguono accompagnati da un sottofondo musicale che continuerà durante il dialogo successivo)

LUI: La mattina prima del bar mi avevano tanto parlato di una... che avevo appena intravista, ma sentivo che si formava attorno a  lei qualcosa che era più di una semplice curiosità. Era primavera e mi ricordo che camminavo coi cane... no, non l'ho mai avuto un cane, o perlomeno non l'ho mai portato a passeggio... Camminavo soltanto, ma ci avevo dentro qualcosa di leggero e al tempo stesso di turbolento che preavvertiva un evento che avrebbe potuto mutare..........................

LEI: Quel giorno li dei bar era come se me lo  sentissi. Stavo bene, ma con quei turbamenti sottili che accadono quando Giove è in trigono col Sole. Era il mese di maggio e questa sensazione non poteva essere solo un fatto astrale. Forse si potrebbe attribuire piuttosto a quella strana levitazione dello spirito che alcuni chiamerebbero estasi. Lo sentivo perfino nella seta  frusciante della mia camicetta dove un leggerissimo vento preannunciava una giornata...........................

(La musica diventa più dolce)

LEI: Te lo ricordi il bar?

LUI: Certo che me lo ricordo.

LEI: Però sono strani certi incontri. lo non ci credo al caso. Chi ti aveva mandato?

LUI: Un servizio segreto.

LEI: Spiritoso.

LUI: No, è vero... con tutto quello che mi avevano detto su di te! ... Però è utile avere dietro questa curiosità. Si, gli amici che ti creano... un alone. E’ come se si sapesse già che una persona che non hai mai vista...

LEI: Che momento! ... C'era un esercito di occhi alle mie spalle... Eppure... incredibile! Avevo la sensazione...che robe strane!...  Avevo la sensazione di correre cosi forte verso la gioia che...

 (La musica si ferma)

LUI: ... che a momenti la sorpassi!

LEI: E’ vero. Ogni tanto le tue battute idiote... E’ vero, bisognerebbe fermarsi.

LUI: Come faccio io.

LEI: Si, con la dottoressa! ...

LUI: No, sempre, anche con te.

LEI: Perché tu sei impotente, per forza.

LUI: All'inizio...

LEI: Beh...

LUI: Si, dai, quando tremo... perché io tremavo davvero, non era mica un gioco... E tu, cosi sicura... cioè, me l'avevano detto che eri sicura, e in un certo senso era vero... Però io... che strano anche quello!...  Io vidi tutta un'altra cosa.

LEI: La bambina di sei anni.

LUI: Si.

LEI: E tuo figlio?

LUI: E’ enorme, il doppio di me.

LEI: Quanti anni ha già?...

LUI: Sedici.

LEI: Ti viene a trovare... dalla Patrizia?

LUI: No, figurati... Mia moglie... allora si! ...

LEI: Ma da noi, qui in campagna, veniva. Restava anche a dormire.

LUI: Era tutta un'altra cosa. Qui eravamo in tanti, voglio dire... non eravamo solo io e te, era un casino.

LEI: Perché, credi che non lo sapesse?


LUI: Certo che lo sapeva, ma che c'entra?

LEI: Mamma mia, mi guardava in un modo! ...

LUI: No, per timidezza.

LEI: Si, si, lo so. E io?... Ero peggio di lui.

LUI: Anzi, credo che tu gli fossi simpatica.

LEI: Si, si, ma... (piccola pausa) E tua moglie? Come va?

LUI: Mah! ... che ti devo dire... A volte sembra... Insomma bene. A volte... come se ce l'avesse... si, con tutti. No, non con noi... con tutti. (piccola pausa) Si, ma ora non... (come dire:         'intristiamoci') (pausa) Sai che è proprio bello avere un figlio grande?... Tu vedessi come sono buffo quando vado a vedere le partite... Gioca bene, sai? E io faccio l'indifferente... si, faccio quello che non si emoziona, e poi... quando fa goal!... (pausa) Ma che fai?... Piangi?... Aiuto! ... Ho anche una figlia di sei anni.

(Brano musicale)

LUI: Per una curiosa inclinazione dell'animo umano accade che, quando uno piange... piange. Ma non piange e basta. Accade anche che vedendosi piangere piange ancora di più... E se per caso diminuisce, allora si ripete la parolina, quella giusta che...

LEI: Basta, sei tremendo! A me mi fa pena la gente che non piange, guarda un po'!...

LUI: E perché? Non è mica detto che se uno non piange...

LEI: E io piango, piango sempre, va bene? Ho pianto anche quando sono andata a trovare tua moglie in ospedale.

LUI: (tace infastidito da questo ricordo)

LEI: Scusa, scusa, io non volevo... no... E poi non piango, non piango, guarda! Piango solo quando vado al cinema. Ecco, al cinema posso Piangere perché... perché mi fa ridere. Eh? Non ti fa ridere?

LUI: (sorride appena come per scusarla)

LEI: I greci piangevano tutti in teatro, me l'ha detto Piero, m'è rimasto impresso... Perché è buffo vedere tutti quei greci... (come dire: 'robusti')... come, al cinema... che poi si accende la luce           e la gente fa come se gli desse fastidio... si, la luce. Tutti a far cosi... (si porta le dita sugli occhi)... indifferenti. lo no, io me ne frego, io piango... come i greci. Alla prova di ginnastica ero piccolina... diritta... sull'attenti... l'inno nazionale... si ha un bel dire... lo vogliono cambiare... sono matti. Si, è bruttino, ma ci ha la sua esperienza, voglio dire... fa effetto. Che bello! ... piccolina... sugli attenti... senti la lacrima che cade, nessuna resistenza, immobile... Sono gustose le lacrime, dolcissime, non solo per li cuore, anche per la bocca... Mi piacciono: salatine, salatine... Dov'ero rimasta?

LUI: Salatine.

LEI: (piccola pausa) Ma per me non piange mai nessuno?...

LUI: Non sei mica l'inno di Mameli.

LEI: Bisognerà che muoia... un giorno o l'altro.

LUI: Non esagerare.

LEI: Una cappella ardente... con le candele...

LUI: Non essere macabra.

LEI: Ma io non sono macabra. E’ bellissimo. Fuori c'è un sole... una luce abbagliante. Lo vedi? Sono mediterranea, io... anche quando muoio. C'è un mare enorme, pieno di navi, bianche, bianchissime.

LUI: La marina.

LEI: No, una regata, centinaia di barche, le vele candide... E io tutta nuda, dentro la bara tutta nuda.

LUI: Ma come nuda?

LEI: Ma si... è un modo... è come un vestito a lutto.

LUI: Nuda?! (la guarda come se fosse nuda)

LEI: Si, nuda, perché? Non ti piaccio?

LUI: (si avvicina lentamente con l'idea di sfiorarla). Certo che mi piaci!

LEI: Non mi toccare! (scompare magicamente)

(Musica)

LUI: (rimasto col gesto a metà). Poi il crepuscolo calò sulla campagna e cominciò a spiarla dalla finestra. La guardava fisso come uno spettro. Era il 3 agosto 1979. La luna non era ancora arrivata. La luna viene solo per la grande rappresentazione... (effetto luna)... per il numero straordinario. Facemmo l'amore. Era quella notte... si, quella notte tremenda in cui io non sapevo più se... (scompare l'effetto luna)  Ma prima era successo questo: si discuteva sul mio modo di dar giudizi...

(Come un flash-back)

LEI: No, no, lo so, il senso dei giusto ce l'hai innato, ma più che altro hai innato anche il gusto di far vedere che gli altri sbagliano.

LUI: Ma se sbagliano! ...

LEI: Ma non puoi metterti a insegnare alla gente...

LUI: Ma dai, non vado mica in giro a dire: No, tu sbagli. Fa cosi! ... Quando ti senti veramente vicino a una persona... è un'altra cosa, no? Per esempio tra noi ... E’ chiaro, quanto più una cosa è importante, tanto più non si può passar sopra a niente... Poi va a finire che si tollera tutto e si vive... cosi... (come dire: 'nel falso') Se con te m'incazzo, faccio bene... cioè, voglio dire... se ci ho ragione faccio bene.

LEI: Ma come "ci hai ragione"? Ti incazzi per delle storie che sono... di quando non ti conoscevo!

LUI: E dai! Non è che uno si incazza per gelosia... Ma perché devi ridurre tutto a un fatto d'amore. Una cosa può essere sbagliata anche in sé, non perché ferisce. Ma dico... tutti quegli uomini con cui... si, un giorno uno un giorno l'altro... E poi il modo... cosi... Non ti viene il sospetto        che fosse un po'... quasi voluto... Insomma, non mi piace. Figuriamoci! Tutte le ragazzine di buona famiglia che a un certo punto decidono di dare ascolto... che ne so... all'impulso, spezzano le barriere... e fanno... si, l'infedeltà... cosi, come metodo. Di fronte a questi stronzi che praticano la libertà sessuale bisogna fare il tifo per i genitori e... per i presidi. La loro ignoranza della vita perlomeno è vissuta. Da un miliardo di secoli l'umanità ha buttato merda sulla donna, è vero... ma ora deve lasciarsi imporre l'esercizio dei diritti delle signorine?

(Fine dei flash-back)

LEI: Bravo! Eri proprio così stronzo, anzi di più.

LUI: Ma come andò a finire?

LEI: Una tragedia.

LUI: Non ti fa ridere?

LEI: Mica tanto.

LUI: Ah, perché ora sai che ci avevo ragione, eh? Vengo fuori alla distanza, io...

LEI: Eeh! ... (con ironia)

LUI: Magari te lo dicevo un po' male, ma ripensandoci... era assurdo quello che facevi quando ti ho incontrata. Come forse, per ragioni dei tutto opposte non mi piace neanche come fai ora.

 LEI: Ho capito: ero giusta solo quando ero con te.

LUI: No, per carità. Però almeno un po' di sforzo ce lo mettevamo. Guarda la tua situazione di ora... Ma lasciamo perdere se no sono sempre quello che...

LEI: No, no, vai avanti.

LUI: Insomma, a quei tempi là... di un uomo al giorno, non mi tornava perché mi sembrava troppo volontaristico. Ora è il contrario. Non c'è più nessuna volontà.

LEI: Che vuoi dire?

LUI: Voglio dire che è... almeno da come me lo racconti... è un... un lasciare che le cose... Si, Piero da una parte, però mezzo, per carità... poi il solfeggio, il maestro, giovane... si, di conservatorio... E’ come dire che tu... galleggi... Un po' sola, anche... che poi senza neanche il coraggio... Voglio dire... questi rapporti... si, d'amore... ti sento un po' cosi... allo sbando... quello che viene... non c'è come dire... non è che scegli... ti lasci vivere. Ma cazzo, mettici             qualcosa... un'idea... no, non un'idea, un ordine...  insomma in qualche modo devi essere tu che... (come dire: 'timoni')... Si, ecco, è questa... questa passività... che poi è di tutti... Figuriamoci! ... si, non si sa più che si vuole!...

LEI: (pausa) Non è passività. Comunque lo sento anch'io che c'è qualcosa che non torna. Per esempio, quello li dei "sola e non sola'... Si, che non ho il coraggio di star soia è vero... ma poi... no è solo nei rapporti... è tutto. Guarda il lavoro... ma credi che ci trovi gusto? Sì, a scappare da tutto, a non far niente di concreto. Almeno fossi davvero... quella che vola, come dici tu. Sarei felice, no? Invece ci ho anche il bisogno... di fare, di attaccarmi a qualcosa di vero... Ma come si fa? Sai che ci sono dei momenti che non so neanche che ci      sono... è buffissimo, non te lo so spiegare... Se mi fanno una fotografia non so neanche se si vede l'immagine... Altro che passività!

LUI: (affettuoso con un minimo di ironia per smitizzare) E già, tu ci hai il problema... si, che non ti vedi negli specchi. Ma dai, Maria... ti posso assicurare che ti vedo benissimo. Anzi, guarda... (la tocca)

LEI: Che fai?

LUI: (stringendole una spalla) Ti faccio male?

LEI: No.

LUI: (stringendola più forte) Cosi?

LEI: (trattenendo il dolore) No.

LUI: Allora è vero. Eppure, mi ricordo quando si litigava... mi sembrava che ce l'avessi, il fisico. Invece, guarda... tutta anima, non sente niente.

LEI: Si. Beato te che sei tutto un dolore.

LUI: E io... ce ne avrò degli altri di problemi. Ci ho quello della parabola dei dinàri... no... si, dei talenti.

LEI: Bello!

LUI: Sai che quando ti presenti lassù... ti dicono: Cosa ci hai fatto con le cose che avevi? Ma io veramente... Effettivamente potevo spenderli meglio. è esigente... tu non sai quanto sia esigente! (indica il cielo)

LEI: (guarda verso l'alto) Chi?

LUI: Lasciamo perdere... E dato che siamo qui perché non risolviamo delle cosette... si, di comportamento, di chiarezza... Il mio discorso di prima era più semplice... Che ne so, per dire, tu vai da Piero e gli dici:  Ecco, questa è la mia posizione, chiara, precisa... ci sei tu, poi c'è questo...

LEI: Mi fai ridere! A parte il fatto che anche tu, se ho ben capito, non è che domani vai dalla Patrizia e le dici:  Eccomi qua, sono innamorato della dottoressa.

LUI: Ma che c'entra? Prima di tutto non è vero, te l'ho già detto. E poi... io non mi sento cosi... allo sbando. E’ come se controllassi tutto. Non ho nessun bisogno di...

LEI: Ma allora il gusto della verità ti è passato?

LUI: Ma questa è una cosa solo mia... è come se le dovessi raccontare... che mi è piaciuto un aquilone.

LEI: Ah! ... Angelo, aquilone... Ti piace proprio la tua dottoressa...

LUI: Ma che dici?

LEI: No, dico... inconsciamente tiri fuori delle immagini... Perché credi di aver detto aquilone e non un... calorifero?...

LUI: Ma perché un calorifero... sta male

LEI: Come "sta male"?

LUI: SI, com'era? Ah... Mi è piaciuto un calorifero. Non senti che...

LEI: No, non te l'aggiustare! Secondo me... cioè, secondo te, glielo devi proprio dire... alla Patrizia.

LUI: Ma non esiste! Non ha nessun rapporto con la nostra storia. Chissà cosa capirebbe... Magari ci starebbe male.

LEI: Ah, ma guarda come sei diventato sensibile! Ti preoccupi per lei, non vuoi farle dei male.   Bravo! Ma mi vuoi spiegare perché con me non hai mai avuto queste premure, questi riguardi?

LUI: Ma che c'entra? Con te era diverso, te l'ho detto prima, era tutta un'altra storia! ...

LEI: Quando mai ti sei preoccupato che io soffrissi, che io stessi male? Mai! Tutto mi dicevi. Sincero, ah si, quello si, molto sincero. Mi raccontavi tutto quello che facevi e non facevi. Dopo due giorni che ci si conosceva mi dicesti: Guarda che io domani mi posso innamorare di un canguro! Tutto mi dicevi: donne, aquiloni, canguri...

LUI: ... caloriferi.

LEI: Qualunque cosa mi potesse ferire la dicevi subito. Te ne liberavi e ti sentivi a posto. E di me, di come mi... di quello che mi succedeva dentro non te ne fregava niente.

LUI: Maria, stai esagerando.

LEI: E volevi sapere. Volevi che anch'io ti dicessi tutto. Mi torturavi, mi tiravi fuori anche i pensieri, quelli più... (come dire: 'intimi').

LUI: Per forza, tu non...

LEI: "Per forza" cosa? Certo che annaspavo, che non dicevo tutto' Sentivo che non aveva nessun senso, che la tua era una mania, un gusto assurdo... E tu dai... che spingevi, ti incarognivi contro... si, quelle bugie innocue, mi volevi far sentire sporca a tutti i costi, solo per il gusto       di farmi dei male, con quella voce tremenda...

LUI: Hai finito?

LEI: No. C'era anche il silenzio: mezz'ora, due ore, cento ore di silenzio... Che notti assurde! (effetto luna e sottofondo musicale) Il silenzio era forse anche peggio. Sai, quei momenti... che senti solo quando si stacca e si riallaccia il frigorifero. E la stanza è densa... di fumo... di tutto. Quello era il momento dei pianto. Allora l'uomo giusto... si, quello con la bilancia stampata    sulla fronte, si commuoveva. Ma come? Si commuovono anche quelli che ci hanno la mania             della giustizia? E come no!... Allora mi metteva una mano sulla spalla. Era il segnale. Non c'è niente che intenerisca gli uomini come questi sfaceli, questi abbandoni. Si faceva l'amore abbracciati, come disperati... per ore... caldi, come se avessimo la febbre. Certo, a trentasette gradi tutto è tremendamente banale. (scompare l'effetto luna e sfuma la musica) Sei uno specialista tu... dell'amore col pianto!

LUI: Vuoi sciupare anche quello?

LEI: No, quello no. E’ il dopo che... no, non subito dopo. Per un po' era come se tu non avessi più... come se anche il cervello... vedesse le cose in un altro modo. Anche la mia storia... si, con l'americano... insomma, diventava lontana, come se non facesse più male. Dopo l'amore è cosi... non c'è quasi niente che faccia male. Ma durava poco purtroppo questa calma. Non certo il tempo di addormentarsi. lo ci provavo a dormire. Non sarebbe stato brutto in fondo             se finiva cosi. Ma era come se sentissi la tua testa rifare tutto il percorso, nel silenzio... ricominciare da capo... si, il percorso dei martirio... E siccome ti mancano dei pezzi, allora ripartivi con qualche domanda, poi un'altra... e volevi sapere i particolari... e la voce si alterava, diventava sempre più dura, cattiva... Poi sempre più addosso, come un pazzo... la verità, la verità! Ricominciavi a torturarmi, a scavarmi dentro, nel cervello, ancora più dentro, senza pietà... volevi che piangessi ancora, non avevo sofferto abbastanza, ci voleva       dell'altro, e tu le trovavi le parole giuste, certo, era quello li il tuo orgasmo, con quello sguardo tremendo, orribile, non me lo scorderò mai. Non me lo scorderò mai lo sguardo di quella notte. Piansi ancora. C'eri riuscito. Ma non ti illudere. Non lo so se piangevo per me o          per te. Eri diventato troppo brutto. E allora non mi facevi neanche più male. Mi facevi pena. Ma come fai a non capire che ero più vera io con tutti i miei imbrogli che tu coi tuo stronzo         bisogno di verità.

(Dopo qualche attimo un sottofondo musicale sembra sottolineare il silenzio)

LUI: lo mi chiamo Alessandro Andrea Gaberscik. Mio padre, probabilmente di derivazione austriaca, fu ufficiale dell'esercito e mori nel 1962. Mia madre, donna sensibile e stravagante, esercita tutt'ora per puro diletto la pratica della chiromanzia. Ho avuto un'infanzia moderatamente tranquilla improntata sulla rettitudine e sulla giustizia. Dal momento in cui apre gli occhi alla luce il bambino, vedendosi buttato a caso su tutte le cose dei mondo, cerca di trovare se stesso, di conquistare se stesso per emergere da quel groviglio di cose e affermare la propria esistenza. Ma tutto ciò che il bambino tocca si ribella alla sua stretta, e non solo le cose, ma anche gli uomini, voglio dire gli adulti, si ribellano contro di lui per affermare la loro esistenza e la loro morale, cosicché al bambino non resta che la possibilità di scegliere tra due strade che sarebbero poi quelle di essere un bambino buono o un bambino cattivo. Beati quelli che hanno scelto di essere cattivi. lo per me, rimpiccolito dalla mia educazione, dal mio rispetto, e perché no. chiamiamola anche paura...

(La musica diventa descrittiva)

... Si, c'erano delle voci, delle risatine stridule. lo facevo dei gran giri su me stesso aumentando la velocità, poi mi fermavo e la terra continuava a girare, ma sentivo ancora le voci, le voci delle zie che mi riempivano di complimenti, di carezze, di smancerie, di diminutivi sdolcinati, di quelli che ti prendono allo stomaco, che ti fanno male, disgustosi, terribili... Tra una tazzina di thè e l'altra ho ricevuto una tale quantità di affetto da sfamare un riformatorio. Alla qualità non ci bada nessuno. Sarebbe troppo difficile! Certo bisognerebbe togliere il mestiere da ogni gesto... Allora uno si fermerebbe con la mano a metà. Non è mica facile essere capaci di fare una carezza. Spudorati, stonati, tremendi, finti come tutta la loro vita. Non erano cattivi. Non ho mai conosciuto una persona cattiva.            L'unica cattiveria è la stupidità.

 (La musica si ferma)

"C'è rimasto male, c'è rimasto male, poverino!" Una civiltà che dice a un bambino "c'è rimasto male" meriterebbe di essere rasa al suolo.

LEI: Ci sei rimasto male, poverino! ...

LUI: Guarda che ho visto gente strangolata per molto meno.

LEI: L'omicidio è un bel gesto...

LUI: Certo che se uno arrivasse ad accettare un "poverino"...

LEI: Che significa?

LUI: Non si sa. 0 è al massimo dell'idiozia, o è al massimo dell'amore.

LEI: Preferisco sempre l'omicidio. Perché non le hai ammazzate le zie?

LUI: Quali zie?

LEI: SI, quelle là...

LUI: E chi ce le ha mai avute, le zie... si, insomma, chi le vede mai?

LEI: Ma allora inventi come un pazzo.

LEI e LUI: E ma come sei diventat (ridono)

LUI: Dicevo, come sei diventata Non me lo ricordo più. Tu che dicevi?

LEI: Che sei diventato... che racconti un sacco di balle.

LUI: Ma che balle! Ecco cosa dicevo, che non prendi il senso... Le zie per dire tutto, tutto quello che c'è di... falso, di meschino...

LEI: Ma io ho delle zie simpaticissime.

LUI: Per forza, son tutte matte Ma le mie son normali.

LEI: Ma allora ce le hai, le zie!

LUI: Con te non si riesce mai a finire un discorso. Volevo dire... che uno si ribella a qualcosa.

LEI: Alle zie.

LUI: Volevo dire... "Dal momento in cui apre gli occhi alla luce un bambino cerca di trovare se stesso, di conquistare se stesso, per emergere da quel groviglio di cose e affermare la propria esistenza".

LEI: Questo l'hai già detto.

LUI: E’ vero, ma lasciami parlare, per favore...

LEI: Ma se parli sempre tu! Ripeti anche quello che hai già detto! ... Vuoi dire che non hai più   argomenti. Hai cambiato intonazione, è vero, ma non vorrai mica rifare tutti i dialoghi con un altro tono... Comodo! E no, ne hai scelto uno... Sarebbe come se io...

LUI: (la immobilizza e le chiude la bocca con una mano). Dunque: per quale motivo credi che io abbia la mania della verità?  (a se stesso) Ce l'ho fatta! (la libera)

LEI: Per le zie.

Lui: Nel senso?

LEI: Allegorico... Il mondo, la falsità...

LUI: Brava! Hai capito tutto.

LEI: Veramente io avevo capito tutto anche tre anni fa. Non mi dispiaceva mica la tua voglia... si, di dirsi tutto.

LUI: lo invece comincio ad avere qualche dubbio. No, non sullo sforzo di chiarezza. Voglio dire che può darsi che la mia non fosse solo una ricerca dei giusto... O magari si, anche quella, e quello forse è da salvare. Ma credo... credo che ci sia dell'altro. Il sapere le cose, per me... in qualche modo è sempre una salvezza. Insomma, soffrivo troppo... senza veder chiaro. Chi lo      sa cosa c'è sotto... Forse anche che uno... ha paura di fare la parte dei cretino... si, di quello che non ha capito niente... che si fa prendere per il culo. Ecco, era anche una vulnerabilità,           una debolezza, una difesa.

LEI: Certo che era una difesa.

LUI: Si, ora mi sta bene perché l'ho detto io. Sai che cos'è la vergogna? Ecco, non esiste. Cioè, non è raccontabile. Appena uno dice una cosa di cui si vergogna, anche la più tremenda, diventa subito simpatico.

LEI: L'altro però quelle cose li non le può dire...

LUI: No, l'altro no. Guai!

LEI: (con ironia) Sei proprio un po' bruttino... di dentro! ...

LUI e LEI: (ridono)

LEI: ... cosi vulnerabile... pauroso...

(Sottofondo musicale)

LEI: Ci sei rimasto male, poverino!..,

LUI: No giovane verme.

LEI: Si, meschinetto.

LUI: Anche un po' stronza...

LEI: Impotente, ciccino mio...

LUI: Ciccino mio è troppo...

LEI: Ah si?

LUI: Troia!...

LEI: Balilla!...

LUI: Liberata!...


Secondo Atto

(I musicisti e gli attori rientrano in scena. Ognuno raggiunge il proprio posto e si siede. Solo l'attore resta in piedi e si avvicina al pubblico)

LUI: Il gusto delle cose spesso è sciupato dalle definizioni. Però, da un punto di vista scientifico, sarebbe un autentico trionfo far luce sull'oscura essenza di questo strano... "bipede". Soprattutto sarebbe interessante sapere come si debba interpretare la spiritualità, ammesso che esista, di questo bipede infelice eternamente sballottato da volontà superiori. (guarda verso di lei) Ora il bipede dorme. E quando dorme si può... Dorme? (annuisce)... E quando dorme si può dire che è sballottato, il bipede. In caso contrario conviene dire che è in contraddizione.

(Breve frammento musicale)

Gli uomini sono di due specie, riguardo al bipede: ci sono quelli che si pongono in antagonismo violento... probabilmente i più innocui; e poi ci sono i sensibili, i poeti, che, di fronte a questa... (la guarda)... speciale invenzione della natura, si sentono come rapiti. Si esaltano... esaltano il miracolo della banalità profonda e non riescono a far altro che adorarla. Si, adorano le donne come se fossero dotate di poteri benefici e magici come le fate. E no, io voglio sapere cos'è quella cosa che le cammina tra la spalla e la nuca, qualche volta accovacciato... si, quell'elemento affascinante e pericoloso cui sono stati dati tanti nomi diversi senza essere riusciti a definirlo. Si fa presto a dire: "Ci ha il diavolo qui!" (si tocca una spalla) Oddio, ce l'ha, eh? Si, perché una donna... è come se camminasse sempre    su un ciglio... non sai bene... si, ecco, è  sempre un equilibrio un po'... precario. Ma tu prendi un uomo, no? anche il più pazzo... Come sono le  idee degli uomini? Idee comuni, magari un po' chiuse, si, ben rinchiuse dentro una testa. Ma io le so...  so cosa ci passa. E ora, prendi una donna... la più normale, seria, squilibratissima... io mi incazzo  perché non riesco... capisci, neanche quella lì... cosi chiara, perfetta... educazione, controllo, dignità... Eppure            senti... è come se tu sentissi... si, che può succedere di tutto... composta, tutta precisa... la voce... basta un nulla e... va a letto con Orazio. Ma come, proprio con Orazio?... Con tutti, con tutti, ma  con Orazio! ... E tu ti incazzi. Si, perché che un uomo vada a letto con chi gli capita, che un uomo scopi  con Oraz... Cioè no, voglio dire... che scopi cosi... si sa, è normale. Ma la donna, che ci ha nella testa? Come è fatta? Anche la più imprevedibile, la più insignificante... ti scarta, ti spiazza, ci ha sempre un guizzo che...  Dev'essere questo... questo senso... di squilibrio che... che appunto le fate...

 (Breve frammento musicale)

Eppure sarebbe bello... no, forse bello no, magari "giusto"... sarebbe giusto arrivare a un punto in cui non ci si rovina più per "la follia" di una donna, ma per la sua salute. Invece niente. All'inizio ti affanni, per questa inafferrabilità... e smani, e vorresti avere tutto... dei bipede. Poi... quando l'hai conquistata... te la tieni. Ora il bipede si alza e, poiché nel sogno ha avvertito l'ambiguità dei miei intendimenti, è facile intuire in questo caso la sua reazione prevedibile quanto violenta.

(Lei si alza adagio, con lo sguardo fisso, procede verso di lui con aria ambigua, poi elegantemente lo invita come a un ballo. L'orchestra esegue un inconsueto e raffinato valzer. Gli attori ballano. Durante la danza lei recita alcuni  versi di una poesia di Montale che si conclude sul finire della musica)

LEI: ... La tua leggenda, Dora è scritta là. Il sempreverde alloro per la cucina resiste, la voce non muta Ravenna è lontana, distilla veleno una fede feroce. Che vuole da te? Non si cede voce, leggenda o destino... Ma è tardi, sempre più tardi.

LUI: (staccandosi da lei). Non mi ricordo mai perché ci siamo lasciati.

LEI: Ma noi non ci siamo mai lasciati.

LUI: (le guarda sopra la spalla). Ah, già!

LEI: Balli malissimo.

LUI: (le guarda ancora sopra la spalla) Si, era quello che non andava.

LEI: (si è accorta delle sue strane occhiate). Ma che fai?

LUI: No, niente, guardavo se...

LEI: Sei pazzo! ...

LUI: Ah, sarei io il pazzo?...

LEI: E si!

LUI: (assorto)

LEI: A che pensi?

LUI: Niente.

LEI: Come niente? Non si pensa mai a niente.

LUI: Niente, non ha nessuna importanza. Pensavo... no, mi era venuta in mente la stanza di mia madre.

LEI: Ah... che balla!

LUI: Ti ricordi quel diavolo vicino alla porta, in grandezza naturale... Si, quel diavolone... Ora   capisco.

LEI: Ah si, bellissimo!

LUI: Proprio bello no... un tipo!

LEI: Ti ricordi come ci si intendeva... no... con la mamma, dico. E anche ora, sai...

LUI: Si, si ci avete tante di quelle cose in testa da rifornire venti manicomi.

LEI: (dopo una pausa si avvicina a lui con dolcezza) Perché non torniamo insieme'?

LUI: (sorride con indulgenza)

LEI: Tu non lo sai mica quanto ti ho voluto bene.

LUI: E tu lo sai quanto sono stato innamorato?

LEI: Si, di una fotografia... di quando avevo sei anni.

LUI: Perché, non eri tu?

LEI: Si, anche... Ma lasciamo perdere.

LUI: Si, meglio non piangere... ora.

LEI: Che ti dicevo? Ah, l'ho vista l'altro giorno.

LUI: Chi?

LEI: Tua madre.

LUI: Si, me l'hai detto. (dopo una pausa) Sai se ci va ancora da lei... (ironico senza polemica)... quell'imbecille?

LEI: Il signor Vicentini? (ride) Sei sempre stato geloso.

LUI: Io?

LEI: (divertita) Si, tu. Non si sa di chi, ma eri geloso.

LUI: Certo, sono geloso cosmico, io.

LEI: (sempre ridendo) Ti veniva una faccia appuntita...

LUI: Si, mi facevate incazzare. Sempre insieme, voi tre...

LEI: (ride più forte)

LUI: ... non ho mai capito a far che cosa.

(Lei comincia a girare su se stessa e aumenta la risata fino a farla diventare fortissima e isterica. Poi si ferma di colpo)

(Sottofondo musicale)

LEI: Eravamo insieme io e te, su quella pianura immensa. Il prato era chiaro. Solo l'albero di Giuda ci spiava, enorme. Ma non era più davanti alla casa... come se l'avessero spostato in un punto immaginario... perfetto... Me lo ricordo, siamo rimasti tutto quel tempo in un mondo impossibile, bellissimo. Ma poi era accaduto qualcosa di terribile. I miei vestiti erano spariti. Fui presa dalla paura. Non perché ero costretta a restare nuda. Sentivo una vergogna interiore fino all'annientamento, e allo stesso tempo rabbia nei tuoi confronti, come se fossi tu il responsabile vero. Allora tu, conscio della tua colpa, corresti in paese per procurarmi      degli abiti. Quando sparisti mi sentii più leggera. Camminavo felice sul prato e cantavo. Avevo una voce meravigliosa e desideravo che mi sentissero. Ma improvvisamente mi ritrovai di nuovo distesa sul prato, nella luce dei sole, e molto più bella, molto più bella di quanto non sia mai stata. Fu allora che usci dal bosco un signore, un signore vestito di grigio. Andava per la sua strada. Lo riconobbi. Era il signor Vicentini. Si, andava per la sua strada e si limitò a salutarmi cortesemente come sempre; forse raggiungeva la mamma. Ma a un certo punto mi guardò un attimo, come se pensasse al modo di avvicinarmi. Ero tutta nuda e lui veniva verso di me. Ma contemporaneamente io vedevo anche te. Si, certo,             compravi per me le cose più belle che trovavi: vestiti, biancheria, scarpe, gioielli. Poi riponevi tutto in una borsa che non si riempiva mai. Ma eri come inseguito, non so da chi ma eri inseguito. Intanto ricomparve l'altro, l'uomo vecchio, che voleva andare via e non se andava mai. Ero sicura che era l'uomo di tua madre. Non era affatto meravigliato che io fossi completamente nuda, come se mi avesse sempre vista cosi. Ora mi veniva incontro, poi si fermava, poi riveniva verso di me. Sapevo che nei frattempo aveva attraversato il mondo intero. Sembrava un altro, ma era lo stesso. Mi guardava serio, poi sorrideva. Per un attimo diventava un adolescente, si, aveva la faccia di tuo figlio. Allora il sentimento di vergogna scompariva, poi ritornava. Riapparve l'uomo, la scena si ripetè due, tre, cento volte. Finalmente si fermò, mi fissò con uno sguardo tremendo. lo risi allettante, si, risi, risi, risi come non ho mai riso in vita mia. Lui allungò le braccia verso di me. Mi cadde addosso sul prato. Ora volevo fuggire, volevo fuggire ma non mi riusciva. C'erano dei gerani, tanti gerani. Sopra di me c'era un cielo azzurro, azzurrissimo. Mi strinse tra le braccia, mi strinse tra le braccia... mi strinse tra le braccia e mi amò intensamente come non avevo mai...

Anche se una parte di me conservava quel sentimento di orrore e di vergogna... devo confessare che non c'è niente nella nostra vita cosciente che possa eguagliare la serenità, la felicità che ho provato. Non era più quell'uomo. Era diventato un adolescente timido e meraviglioso. Sentivo per le sue dita sottili, tiepide, e cosi familiari, una tenerezza eterna che diventava soltanto un po' dolorosa perché non ti ho mai abbandonato un momento, sai. E come io vedevo te, sebbene fossimo lontani, cosi tu certamente vedevi me, e anche tuo fi... e anche il ragazzo che mi teneva tra le braccia. lo però trovavo il tuo comportamento tremendo, impietoso. Non dicevi una parola. Il tuo corpo era coperto di striature che però non sanguinavano, e tu te ne rimanevi li, sdraiato su un letto enorme ricoperto da un             lenzuolo bianco. Allora venni verso di te, ma c'era una spada, c'era una spada in mezzo a            noi, una spada enorme, terribile, e noi sdraiati fianco a fianco come due nemici mortali. Cosi fui tentata di affrontarti, di riderti in faccia. Volevo che tu sentissi le mie risa mentre ti torturavi. E cosi scoppiai a ridere, e ridevo, ridevo... ridevo con tutta la forza che ci avevo.

(piange poi si butta alle ginocchia di lui)

Ho fatto un sogno, un brutto sogno, un sogno terribile, ricorrente. Abbracciami Sandro. Abbracciami, amore.

LUI: (a se stesso) Sogno... E chi lo sa? Tutto quello che è importante succede nell'ombra. E se uno non riesce a sognare? Potrebbe alienarsi a parlare cosi... automaticamente. Ecco cosa   provavo: da una parte avrei voluto accarezzarla. (muove le mani verso di lei, ma rimane bloccato a metà gesto) La vedevo piccola, indifesa... Ma dall'altra... Si, ero messo male: da una parte la rabbia, da una parte la benevolenza. Per un gesto d'affetto ci voleva uno più bravo di me, e la rabbia era ingiustificato. Tentai un monologo che esprimeva il mio travaglio in una sintesi teorico-drammatica dentro cui stavano piazzati, si, direi tenacemente piazzati Dante e Shakespeare,

 (come un flash-back)

LEI: ... un sogno terribile, abbracciami Sandro, abbracciami amore.

LUI: (ha la mano bloccata sul gesto della carezza. Si stacca da lei e recita con rabbia poco credibile su un incalzante sottofondo musicale). Sei una stronza! E io non so cosa fare. Gli stronzi che piangono mi bloccano! Non so se sono incazzato o affettuoso, va bene? Devo assolutamente aspettare che gli avvenimenti precipitino da una parte o dall'altra prima di prendere un contegno. E già, gli uomini sono lenti a passare da una rappresentazione all'altra. Devono valutare, non hanno ispirazioni medianiche, devono decidere, e prima che la storia abbia preso una piega... rimangono li... cornuti anche, ma con gli istinti bloccati.

(La musica si ferma)

(a lei). Ma tu che faresti se io ti raccontassi...

LEI: E che ne so. Tu non me li racconti mai, i sogni.

LUI: Ma io non mi sogno mai, si fa per dire... E poi "sogni"... "sogni"... tutta nuda... sempre nuda... sempre nuda... tutta nuda... e poi scopa... e il sole... e le cosce... e il cielo azzurro... sempre nuda... tutta nuda. Non si sa mai se è una fata o una troia. va bene?

LEI: Si ciccino mio.

LUI: No, ciccino mio no Lo so cosa vuoi dire "nuda", lo so: è come dire che uno nudo... esce fuori completamente si, si esprime e tu lo fai, brava! Si, è un fatto di... "esporsi"... nel senso buono, certo.

LEI: E si, tu sei sempre vestito.

LUI: Come è vero... certo, lei sempre nuda e noi sempre vestiti. Come si fa a rimontare?... E poi ci hanno il diavolo, questo diavolo incontenibile, simpatico anche... E noi? Non usciamo mai fuori... sempre vestiti... non ci abbiamo il diavolo... non si sogna nemmeno... Come siamo banali! Che ci voleva a capirlo. Bastava guardare in casa mia... La mamma: fantasia, civette,      baldacchini, meduse, serpenti attorcigliati, sogni d'oppio... no, non credo, voglio dire... ortensie, draghi volanti, spauracchi, altri spauracchi, salamandre e fiocchi di mussolina. Il mistero! C'è tutta l'insonnia dei popoli... in casa mia. E mio padre? Mio padre che ci aveva dalla sua? L'accademia, i baffi e gli scrupoli. Per avere un pelo di mistero ha dovuto morire per una malattia presa in Africa. (dopo una breve pausa) Sì, però, poco prima di morire... aveva certi occhi... Non lo capivo il senso di quegli occhi. Non sapevo se era... una rivelazione o un bilancio. A parte me, cosa lasciava di se mio padre?... Eppure c'era stato nel            mondo. O era morto da tanti anni?... Si, non esisteva più. Chi sa se lui se ne era accorto? I nostri nonni morivano solo in punto di morte, almeno credo. Ora la vita ci lascia molto prima che noi la lasciamo veramente. Non si trovano più smorfie nuove da fare neanche a se stessi. Allora diventa un modo un po' stupido di essere soli. Non esprimersi è come alienarsi       alla morte. Ma quegli occhi ritornavano a essere qualcosa, in quel momento, me lo ricordo. Avevano un'intensità spaventosa. Possibile che solo in punto di morte... "il divino"... esca fuori dagli uomini? Cosi, di colpo. Era come se vedesse le cose per la prima volta. A distanza di anni, quando ci ripenso vorrei riafferrarlo quel momento. Stava per dirmi una verità. Non la sua. Quella vera. A che serve morire senza dire agli altri come sono le cose?... Come sono le cose... Ero certo che per lui in quell'attimo erano uscite tutte insieme dall'ombra... come se volessero parlargli... Chiuse gli occhi. E tutto rientrò nell'ombra.

 (Il trio esegue una melodia molto antica)

LEI: Ho fatto un sogno.

LUI: No! Tu non devi Più dormire.

LEI: Va bene, niente. Non te lo racconto. Resta pure nella tua ignoranza. Eppure, se con me tu non avessi troppi fatti personali, saresti un analista perfetto.

LUI: lo? Ma se non li posso vedere...

LEI: Si, ma ci hai un cervellone... e poi ordinato ... Pensa la tua lucidità... e la mia... (come dire: 'fantasia').

LUI: La tua "che"?...

LEI: (dopo una breve pausa) Perché non facciamo ... una Alessandra?

LUI: Cosa?

LEI: Si... una Alessandrina... piccola... fatta bene... sai, di quelle già...

LUI: Si, Alessandrina... Non mi piace neanche il nome! ...

LEI: ... Bionda... con gli occhi chiari, un po' in su... come te!

LUI: (guardandosi nello specchio immaginario) Uguale... un cerbiatto.

LEI: Ma tuo figlio è un bel ragazzo.

LUI: Non è colpa mia.

LEI: (lo guarda) Effettivamente. Ma i figli... si son fatti furbi... Chissà dove vanno a prendere la roba, si, gli occhi, le spalle. Vedi nei genitori ribaditi, scialbi, tristi, bruttini... con dei figli stupendi. E vero, li ho visti io. In Lucania... due metri e venti di figlio! Come fanno?...

LUI: Bo'!... (come dire: 'che ne so') C'è sempre la scusa di qualche nonno normanno. Siete voi belli che dovete stare attenti. Te la ricordi la Wendy? Si, tutti e due, bellissimi. Li ho rivisti coi figlio di due anni... una faccia da cretino, devi vedere che roba.

LEI: Ma dai! ...

LUI: Si, ma è simpatico, con quel testone e gli occhiacci che sembra tonto... pum... pum... sbatte da tutte le parti. L'ho visto a tavola, un disastro; inghiotte tutto quello che trova: cucchiaini, i tovaglioli, il pepe, i bottiglioni dell'olio... e i coltelli, li prende, tu vedessi come prende i coltelli... E’ la sua passione inghiottire. Un aspirapolvere. Ma sensibile, sensibilissimo, si spaventa di tutto; allora si che gli occhi gli diventano grandi, enormi, esorbitanti... e la Wendy, che pazienza! ... lo assicura, lo assicura sempre: No trouble Justine, no trouble... Non ti inquietare... (si arresta di colpo vedendo l'atteggiamento di lei)

(il sottofondo musicale sembra sottolineare il silenzio)

LEI: (attonita, come in trance, senza interruzioni) lo mi chiamavo Maria, mi chiamo ancora Maria, mi sono sempre chiamata Maria e nella prima parte della mia esistenza ho avuto modo di   dedicarmi alla bontà e alla dedizione che non mi davano alcun piacere seppure io fortemente             credessi che mi dessero piacere e forse anche un po' me ne davano ma piano piano incombeva il problema tremendo che la bontà e la dedizione avrebbero dovuto essere solo una piccola corrente naturale in mezzo a tutto il resto e giustamente non tolleravo che diventassero determinanti e totali. (piccola risatina agghiacciante)Allora mi dedicai alla cattiveria e alla ribellione che non mi davano alcun piacere seppure io fortemente credessi che mi dessero piacere e forse anche un po' me ne davano ma piano piano incombeva il problema tremendo che ancora una volta agivo con volontà e sacrificio esercitando la mia cattiveria a scopo esclusivamente liberatò... (non finisce la parola)

 (ll sottofondo musicale si interrompe)

Si, perché io, in fondo... l'ho sempre voluto un figlio. E’ strano. Ci sono dei momenti in cui dici: ecco, mi vedo... questo è il senso, quello vero... Pensa... un figlio io e lui... che bello! Sdraiata al soie... E in quei momenti sei sicura di essere quella vera una specie di quiete non passiva. E’ come se la vita ti passasse dentro più intensamente, ti passasse dai pori della pelle... come il sole, appunto. Ed è quella li la vita, quella che passa da questi pori. Quell'altra è finta, è un indaffaratissimo nulla. Si vive coi pori chiusi nell'altra vita... Poi il giorno dopo dici: ma non sarò mica matta!... E ti prende la paura, la paura di come saresti, di come diventeresti. Con un figlio... io?... Mi starò inventando tutto? E quella parte di me...    si, dell'indaffarata, non è mica vero che è finta... e dopo non ci sarebbe più. Eppure sono io anche quella li... Si, ma sono più questa o quell'altra? E poi perché non devono stare insieme? E quell'altra? E quell'altra, quell'altra e quell'altra ancora?... Ma quante vite ci sono?

(Stacco musicale)

LUI: (sulla musica che sfuma) Il dodici luglio dei 1964 mi sono sposato. In quei tempo credevo di aver capito molto di me. Avevo fatto anche l'inventario di tutti i miei difetti... Ma non ho mai capito come avvengono certe decisioni. lo credo di non aver deciso mai. Neanche nelle cose importanti.

LEI: E non ti da il senso di... come se uno avesse potuto cambiare tutta la sua vita?

LUI: No, questo no.

LEI: Ma come? Ti sei sposato, hai un figlio... e invece avresti potuto essere, che ne so, in Africa...

LUI: Ma sarebbe uguale, uguale. Voglio dire... sia io, sia la mia vita non...


LEI: E già, per te è tutto uguale.

LUI: Non ci si capisce.

LEI: Ti capisco si! Guarda tra noi. Ma non ti rendi conto che se non ero io a dire: "Basta"... tu    andavi avanti cosi...

LUI: Ma che dici? "Basta" si dice sempre in due. E poi le cose avvengono da sole.

LEI: E già. Ci si lascia... cosi. Ci si sposa... perché capita. Si fanno i figli come hai fatto tu... a    cazzo!...

LUI: (comincia a spazientirsi) Ebbene, sai che ti dico? Sono contentissimo di averlo fatto... cosi. Molto meglio di quegli stronzi che lo programmano... il figlio. Tremendo!... "Ecco, ora       siamo pronti"... "Ce lo possiamo permettere"... "Magari lo facciamo nascere in primavera"... Riunione di famiglia... e figlio con dibattito. Mi viene il vomito. Ma che ci avete dentro?

LEI: Ma con chi ce l'hai?

LUI: Con voi, con voi, con tutti. Con tutti quelli che non sono come me, va bene? Figuriamoci, è come parlare al muro. Tanto uno non ci si ritrova mai dentro. Al massimo dice: Si, questo è vero, ma per quell'altro. E invece è vero per te e per tutti. Ti do dei voi, si, ti do dei voi, certo che ti do dei voi, siete tutti uguali! ... O fate le cazzate... d'impulso, e la tua vita è un delirio zeppo di stronzate, oppure diventate dei... capoufficio dilettanti. Ma perché non ti viene mai        in mente che "pensare" vuoi dire un'altra cosa? Che il pensiero è... "prima"... è... "sempre"! E non si risolvono mai le cose con delle belle pensate. Per il figlio come per tutto. Quando dico: "mi è venuto cosi", non dico... cosi, a cazzo. C'è senz'altro dentro una volontà. Ma una volontà inconscia... e coscientissima. E’ come essere automaticamente fedeli... a un desiderio segreto. E’ cosi che si fanno i figli, e tutto il resto. Nella vita bisogna ragionare sempre e non usare mai il ragionamento. Allora capita di fare qualche scelta giusta. Ma a voi non vi riesce di fare neanche un "solo" gesto che venga da sé... e combinazione sia anche intelligente. Come siete pericolosi quando siete... corporali. E come siete pericolosi quando siete... razionali... Sballottati, sempre sballottati dall'isteria alla correttezza... senza aver fatto in tempo ad essere qualcosa, qualcosa, qualcosa, per Dio!

LEI: Bravo, di persone intere ci sei rimasto tu e i maggiordomi.

LUI: Bo'! ?... (come dire: 'ma che dici') Ma tu ? (come dire: 'vaneggi')

LEI: Si, siete gli unici che non si sono accorti che tutto si stravolge dalla mattina alla sera...

LUI: (tra sé) lo e i maggiordomi... Ma qui si soffoca.

LEI: Non c'è niente che ti scalfisce

LUI: (sempre tra sé) Ah, "io" allora. Che odore!

LEI: ... e continui a fare dei mondo

LUI: Questa casa qui ha sempre avuto qualcosa di strano... sarà il polline.

LEI: Oè! Ma mi ascolti?

LUI: Si, "continui a fare dei mondo"...

LEI: Come a scuola, (tra sé) chissà a che pensa... E poi: "continui a fare dei mondo..." Ma che volevo dire? Sì, tu fai... un blocco perfetto dove tutto sta insieme.

LUI: Bo'! ?... (come dire: 'ma lasciamola dire')

LEI: Sai che tu una volta mi hai detto: "Tra il pene e le matematiche non c'è nessuna differenza".

LUI: Eh... ogni tanto ci ho le mie massime. Ma sei sicura che l'ho detto io? (si ripete tra se) Tra il pene e le matematiche non c'è nessuna differenza! ... Caso mai avrò detto: tra il cazzo e le matematiche... (a lei) Il pene... (gesto come dire non mi suona) Comunque non mi ricordo cosa volessi dire. (si avvicina a una finestra immaginaria)

LEI: Come non te lo ricordi? E’ la tua idea dei mondo.

LUI: Il "bloccone"!

LEI: Insomma, vedi, io credo che ci siano... dei pazzi semplici... come me, che spargono i pezzi da tutte le parti: la bambina, l'adulta, la razionale, quella che vola... eppoi la bestia... c'è tutto. Ecco, questo è il mio genere. Ma ci sono anche dei pazzi... "speciali" come te, quelli che sono torturati dalla mania dell'interezza. Non c'è niente di più assurdo di questa tendenza, quando è esasperata. Devo dire che all'inizio mi hanno interessato, questi pazzi. Ma ora mi danno sui nervi, e non tanto per la mania di perfezione... E’ perciò sono nati che erano già vecchi. Sono patetici. Si tengono tutto di sé. Non vomitano mai. Hanno paura che gli vada via l"'essere", a vomitare...

LUI: (è distratto e guarda fuori della finestra)

LEI: ... Preferisco quelli che buttano via tutto, che non li riconosci mai, che schizzano... si, con dei deliri piccolissimi... Insomma, non è un delirione cosi grosso... il mondo.

LUI: (sempre alla finestra fa il verso del grillo)

(Sottofondo musicale)

La campagna, la campagna, la campagna... E’ un po' esagerata la campagna. Non si contenta la campagna, la campagna... non ci ha la misura. Esagera sempre, coi colori, cogli odori, si sa. E le latifoglie, guardale, e l'albero di Giuda, enorme, che basterebbe un quinto per fare un castagno normale a Milano. E poi tutti vanno in campagna. Maledetta la campagna, e maledetta anche la mancanza di misura che è la fine di tutto. E maledetto anche l'istinto e la sensibilità degli artisti, perché poi... se non c'è più misura non c'è più forza, c'è il grande squagliamento. Perché lo spirito, lo spirito, l'ho visto lo spirito, cedere allo squilibrio, si, un delirio sfrenato... Si annoiava, si annoiava lo spirito a stare nel cosciente Allora la corsa disgustosa a chi è più originale, più fuori dei mondo, a chi è più creativo E cosi si son messi tutt'un colpo a provare impressioni, come le donne. Aggiungete la campagna, e il sole... ecco che mi apre una larga caldaia sulla faccia, e le foglie, e le foglie, i foglioni d'insalata... Aggiungete anche un rospo e degli insetti e la campagna, la campagna, la campagna... e questo odore stupendo, di vacca, di merda (fa il verso del grillo)

(La musica si ferma)

LEI: Imbecille!

LUI: (continua a fare il verso del grillo)

LEI: Imbecille!

LUI: (come svegliato da un sogno, tra sé) E’ raro che la vita torni ai vostro capezzale sotto forma di delicatezza. Questa la incasso bene perché mi sono piaciuto. E quando uno si sente giusto... è intoccabile. (a lei) Non è mica importante dire delle cose intelligenti... è come lo dici... è il            modo che conta.

LEI: Generalmente tu sei proprio quello che dice delle cose giuste e inattaccabili con un modo che è insopportabile. Mi ricordi mia madre. Si, ti stava proprio bene una madre come la mia.

LUI: Ma perché quando mi offendi parli romano?

LEI: Io?

LUI: Si, si, il romano è attaccaticcio...

LEI: ma va! ...

LUI: E fa rabbia perché sembra... una posa... si, una retorica, ma al di là del fatto superficiale... si, del cinema, insomma, ci deve essere qualcosa di più... (come dire: 'profondo') Perché il milanese non è contagioso? Il romano è... penetrante. Non c'è niente da fare. Bisognerebbe farci i conti. (la guarda) Lei non mi ascoltava più. Dei resto capitava spesso. interruzione del contatto... e svolo, non si sa se pericoloso. lo, intanto, continuavo... "Roma non Roma" si, continuavo su questo interessantissimo discorso che avrebbe interessato tutti i linguisti del mondo, quando a un tratto...

(Sottofondo musicale)

LEI: Bisogna decidere... stasera.

LUI: Ma che dici?

LEI: Si, o torniamo insieme, o non ci vediamo più, neanche ogni tanto.

LUI: Ah, mi avevi spaventato.

LEI: Perché, questo non ti spaventa, eh?

LUI: Be', non ci credo... vedremo un po'.

LEI: Ma non vedi come sei diventato? Fai tutto... cosi! ... Con la Patrizia andate d'accordo... si, a furia di indifferenza.

LUI: No, chiamiamolo affetto, va...

LEI: "Lei" per te!

LUI: Mmmm... ci siamo!

LEI: Senti, non fare quella faccia. Dov'è che siamo?

LUI: Non lo so, siamo su... un crinale, sento che si può andare da tutte le parti, ma non ho voglia di seguirti.

LEI: Ecco cosa sei. Sei stanco, e ti trovi delle gran scuse... si, per questa pigrizia che ti è entrata dentro. Certo, per te è un sano raccoglimento. Non smetti mai un minuto di pensare, lo so bene. La tua solitudine produttiva! ... Mi fa ridere!

LUI: Ho capito, è guerra... E ora si incazza perché io non mi incazzo.

LEI: lo non mi incazzo per niente, figuriamoci, chi ti scalfisce! Sei troppo giusto... dentro. L'hai detto tu... tu e la tua estetica interiore di merda.

LUI: Tua madre lo dice meglio.

LEI: Non mi fare incazzare davvero, eh!... Sempre a fare lo spiritosino, a criticar tutti... Ma tu non sei mica una persona. Sei un modello. Ci sei riuscito. Eccolo li, perfetto e inalterabile. Ti dovrebbero esporre a Parigi, al Louvre, insieme al metro...

LUI: Meno male che ogni tanto sei buffa.

LEI: Ah, sono buffa eh!?... Se non fossi buffa chissà come mi avresti ridotta. Ma tu lo sai il male che puoi fare alla gente, se ti prendono sul serio? Guarda tuo figlio... Non può far altro che diventare un disgraziato, e lo diventerà, ci puoi giurare.

LUI: Basta, basta, basta! Diventi quello che gli pare, cosa c'entro io?

LEI: Che c'entri? Se ti presentavi come una persona, invece che come un dio, non era meglio? Se ti sfogavi, e ti incazzavi ogni tanto...

LUI: Senti, io ho fatto come mi veniva; e se non mi veniva di incazzarmi che dovevo fare? Secondo te... picchiarlo cosi, ogni tanto, come cura... Lo sai che ti dico? L'unica persona che mi vien voglia di prendere a schiaffi sei proprio tu!

LEI: Lo so, lo so. Perché io ti conosco. Ti ho visto in tutti i modi, io. Perché non ti fai vedere da tuo figlio, quando stai male? Lo so cosa c'è dietro i tuoi mali, io. Ti ho visto col sudorino alla fronte... per niente. Ma guarda caso ti avevo ferito, poverino. Ti ho visto come sei quando perdi un po' di potere, quando cominci a farti un po' schifo. Ti ho visto diventare pallido           come uno straccio. Ti conosco fino in fondo alla tua merda, quella che non vuoi mai riconoscere.

LUI: Basta Maria, basta o ti ammazzo.

LEI: No, ci hai troppo gli occhi da cane bastonato. Meglio che tu ti ritiri nel tuo angolo. Vuoi la mia fotografia, quella della bambina, cosi piangi?

LUI: Sei tremenda, tremenda, tremenda. Hai una cattiveria che è fuori dei mondo... gratuita... solo per il gusto di far male. Non credi neanche a una parola di quello che dici.

LEI: Lo dici tu che non ci credo.

LUI: No, non ci credi, non ci credi. t questo che fa incazzare, è il godimento, è il godimento che ci metti a vedere che uno si incazza. E quando è li vicino a diventar matto, allora si che sei contenta, e io lo so che è quello che vuoi, e se m'incazzo è perché ti vedo brutta, senza più         niente di umano, un mostro schifoso, trionfante. Non c'è niente di peggio della cattiveria        cosi... calcolata, diabolica, fatta solo per il gusto di seviziare. Ma come si può essere capaci di tanto? E voi donne lo siete. Basta che vi scatti un meccanismo... e poi uno che è li ferito         lo schiacciate coi piedi. Più nessuna pietà.

LEI: Ma se tu non hai fatto altro che schiacciare le persone coi piedi. Certo, tu lo fai a colpi di   gentilezza e di comprensione. Guarda come hai ridotto tua moglie e tutti quelli che ti stanno intorno!

LUI: Ah io, eh!... Tu non le hai fatto niente a mia moglie? L'amica!... L'amica che poi quando viene fuori l'egoismo...

LEI: E no, eh! ...

LUI: Come no? Si! All'inizio dispiace. certo. ma con un po' di godimento, anche...

LEI: Che stronzo...

LUI: ... e poi quando una moglie ha perso il marito, si sa, diventa cosi brutta e antipatica che se le merita le sue disgrazie, vero?... Si può anche criticare. E’ un'etica tutta vostra, questa. E’ la vostra solidarietà. Una finzione schifosa.

LEI: E no, basta. Basta, basta, basta... (piange)... Non puoi buttar merda... anche su allora... Non te lo ricordi, come eravamo... Non te lo vuoi ricordare

LUI: (dopo una breve pausa le si avvicina) Mi dispiace... io... Lo sai che si parla... a cazzo...

LEI: Forse sei l'unico... l'unico che mi abbia capita, il mondo è pieno di gente "intelligentissima"... che non capisce niente.

LUI: Dai, ora non esagerare con questo pallino... di essere incompreso.

LEI: No, non ci godo mica, sai... si paga... Mi basterebbe che ci fosse una persona... anche una   sola.. l'andrei a cercare... dall'altra parte dei mondo E tu credevo che mi avessi capita, anche nei miei casini...

LUI: Si, forse ma dopo, coi tempo... Se chiudo gli occhi che vedo?... Sai, di ogni persona ci hai             come un (come dire: 'un senso preciso')... un'immagine. Con te come si fa ad avere un senso preciso. Non so nemmeno se esisti, sei un miraggio... scompari appena ti si tocca. Con te, non lo so... se chiudo gli occhi, che vedo? Si, la bambina... Mi sembra... ma poi tu non sei mica quella che ruba la marmellata, che arrossisce sempre, specialmente quando non ha fatto niente. Se eri quella li, forse avrei... che ne so...

LEI: Ma te la ricordi quella frase che mi hai detto?

LUI: Quale? che ne ho dette tante...

LEI: No, una una. Tu mi hai detto una volta: come è vera la tua falsità. Te lo ricordi?

LUI: Certo che me lo ricordo, ma vedi...

LEI: Non era vero neanche quello?

LUI: (leggermente spazientito) Ma si che era vero!

LEI: No, perché se non è vero quello... non capisci che c'è tutto, in quella frase li!

LUI: Certo, è una sensazione che ho provato... si, di purezza... si, anche quando ti ingarbugliavi, ti invischiavi... ti vedevo... pulita. Ma poi...

LEI: Ma poi hai cominciato a vedermi sporca. Si, a vedermi sporca, ad avere dei dubbi, ad avere paura... Dillo che ti aspettavi tutto da me... E allora se lo vuoi sapere quando arrossivo non è vero che era per nulla. L'avevo rubata davvero la marmellata... Facevo l'amore con gli altri perché tu...

LUI: Basta, lo sai, non ti sopporto quando provochi.

LEI: Ma io non provoco. Racconto solo delle verità, delle verità che non ti ho mai detto. Perché tu mi proteggevi, vero?... nei salotti, perché ci avevo i pantaloni stravaganti... Che fatica, poverino! E a me mi toccava proteggerti in camera, a letto. Lo sapevi che ti ho sempre   sopportato?

LUI: Smettila, smettila...

LEI: No, non ho finito. Perché che sei impotente lo sanno tutti.

LUI: Si, lo sanno tutti

LEI: Ma che sei impotente nei sentimenti, no. Questo lo so solo io. Perché quando accarezzi un cane lo fai bene, è li che freghi la gente. Ti ho visto, mi sono innamorata di quello. L'accarezzi bene la Lona, l'accarezzi bene perché sai che è "tua". Ma con una donna... non ti viene mai un gesto. Hai paura. Devi capire. Hai difficoltà a metterti d'accordo coi sentimenti. Preferisci pensare. Preferisci pensare sempre... anche davanti a tuo padre che moriva, non l'hai mica abbracciato. Dovevi capire la morte, il mondo... hai fatto delle belle speculazioni filosofiche. Ecco cosa hai fatto!...

LUI: Non capisci un cazzo, non capisci un cazzo...

LEI: Sì, sì, è vero. Sai quand'è che diventi sensibile? Quanto uno ti abbandona. Si, quando ti abbandonavo. Quando hai paura dei tradimento. Allora ti ammutolisci e ti viene la faccina piccola, e dentro ti lavora il dolorino, e non esplodi perché sei attorcigliato, meschino, e cosi innamorato dei tuo dolore da diventare arido, da non avere neanche più la forza di alzare la zampina, poverino.

LUI: Pezzo di merda, merda, non ho mai visto uno più merda di te; ma io ti ammazzo, ti ammazzo, togliti di mezzo perché ti ammazzo. Non è possibile, non è possibile, tu non fai parte del genere umano. Non si sa se sei un marziano o una belva. Inventi tutto quello che può far male, e se per caso uno ci ha dei punti deboli ti ci butti come su una preda. Ci si può anche sbranare nella vita, ma sotto ci dev'essere dell'amore. Tu lo fai coi gusto dell'avvoltoio. Non l'hai mai saputo cos'è l'amore, tranne qualche frizzo da lucertola. Tu riesci solo a vedere se le persone risultano belle o no, e quando uno è nella merda e magari ha anche la bocca bruttina, allora ti ripugna, ti fa schifo come uno scarafaggio. E quando è successo a te... di   essere nella merda, di piangere dalla mattina alla sera, non te lo vuoi ricordare, eh? Guai a parlarne... Quando mi piaceva la Lucia... quello è cancellato! Ma io me lo ricordo, e lo so com'eri conciata, e mi piacerebbe che tu ti vedessi, con quella faccia da ricatto, da accattona. Ti ho vista, sai. Te lo voglio ricordare... quando ti sei tagliata le vene! Si, te lo voglio ricordare. Non te l'ho mai detto, ma lo sapevo che era un suicidio finto. C'è in tutti i romanzetti... si, era la tua parte teatrale della tragedia che ti piaceva, mica la morte. Era me che volevi. E io ti ho sopportata... si, ti ho sopportata tutto quel tempo in quel lago di sudore, di pianto, caldo, schifoso, umidiccio. Facevi schifo, lo vuoi sapere? Facevi schifo, schifo. Non c'è niente di peggio dei suicidio finto, te lo ricordi, stronza... E allora, lo vedi anche tu come sei quando diventi vera?

LEI: Ah, quando divento vera, eh? Quando divento vera, caro stronzo, tu non lo sai ancora come sono io, quando divento vera. Perché tu non hai capito niente di me. Hai visto la bambina di sei anni, e come ti piaceva! E allora per farti piacere te l'ho anche recitata. Mi ci vuol poco a me a prenderti per il culo, è un gioco. Non hai mai saputo niente di quello che ci ho dentro io. E’ per quello che ogni tanto fai quella faccia da idiota, e non sai più che dire. Se tu le             sapessi tutte!... se tu le sapessi tutte ti ammazzeresti. Non per me, per la tua stupidità. Ti crollerebbe il mondo. Ma io te l'ho sempre risparmiato il suicidio. Mi facevi pena, vedi come sono buona?... Con te ce l'ho avuta la pietà, ma ora non ce l'ho più. Voglio vederti morire. Te lo ricordi quando tu sospettavi, ma poi ti sembrava impossibile?... Bravo, la prima impressione è quella che conta. Si, l'americano... l'avevo conosciuto da cinque minuti... un frizzo da lucertola... perché c'è della gente che fa venir voglia di fare l'amore... cosi, subito. Ma questo tu non lo puoi capire.

LUI: Basta, lo so che non è vero...

LEI: Ma come? Non la vuoi più la verità. Hai paura di essere stato troppo coglione? Ti racconto i particolari, se li vuoi. E’ stata una cosa tremenda, nella stanza da bagno, appoggiata al vetro. Te lo ricordi com'ero strana quando sono scesa? E poi con tutti i tuoi amici, tutti. Vaglielo a domandare, vaglielo a domandare che ci si diverte, che veniamo tutti al tuo funerale... Anche col signor Vicentini, se lo vuoi sapere, si, anche con l'uomo di tua madre, questa non te l'aspettavi, eh? Si, ho scopato anche con l'uomo di tua madre.

LUI: Non è vero, non è vero, non è vero!

LEI: E invece è vero. Mi ripugnava, ma l'ho fatto apposta. E mi e piaciuto, anche... Lo vedi? Non hai mai capito niente di me. Ti sei fatto prendere per il culo, ciccino mio!

LUI: Basta, basta, basta! ...

(Lui la prende per il collo furibondo. La musica che aveva commentato le ultime battute del litigio sottolinea l'azione scenica. Improvvisamente la scena va al buio. Anche la musica si interrompe bruscamente. Dopo qualche attimo di silenzio si accende una candela. Illumina il volto di lei, che avanza fino al proscenio.)

LEI: Tutto questo accadeva l'ultima volta che ci siamo visti. Mi ricordo che in quel momento andò via la luce. Li per li poteva essere un effetto scenico, e forse in parte lo era, d’altronde provvidenziale, perché le scenate non hanno la possibilità di finire senza l'intervento di un fatto estraneo.

 (La scena si riillumina. Lei spegne la candela.)

Ma ora io mi chiedo: Perché la scenata sia messa in moto... perché dopo appunto non è altro che un motore... si, dicevo... questo motore ha bisogno di un'esca. Quest'esca di solito è un fatto. Qual era il fatto tra noi? Un amore smisurato e sciupato... Sciupato da che? Dal tempo? No, se una mia fotografia lo fa ancora piangere. Allora c'è qualcosa che è al di sopra del tempo.E io per lui avrei abbandonato tutto. Meno che la mia pazzia avrei abbandonato tutto. E lui? Lui non credo... anche se dalla scenata non si può mai capire quello che uno... Si, la scenata non è né pratica, né chiarificatrice. E’ lussuosa, oziosa, stupida come un orgasmo contro natura. Ma non lascia il segno, non sporca... almeno se se ne capisce la doppia natura erotica. Ogni argomento è stato scelto simmetrico ed uguale a quello dell'avversario, e, anche quando si rincara la dose, questa crescita a due non è altro che il grido progressivo dei narciso: ... E io?... E io?...

(Brano musicale)

LUI: lo ho tentato con un po' di presunzione di salire talmente in alto nella scala della solitudine che sono ricaduto davanti allo specchio per vedermi invecchiare appassionatamente. Avrei voluto tornare con lei, con Maria. Forse non lo saprà mai, ma proprio pochi giorni fa ero davanti alla sua casa, fermo, a cento metri dalla sua finestra. Non lo deve sapere perché in quel momento forse sarei stato contento di tornare anche da mia moglie... di tornare da tutti. Si, in questa specie di solitudine, che non si sa se è scelta o capitata, ero arrivato a un punto in cui ogni ora che passa si ripensa a quello che si è lasciato per strada. Si ripensa a tutte le finestre: Maria, mia moglie, mio figlio... Daltronde a tornare indietro, a tornare nelle case, non si saprebbe che fare, senza quella follia di avanzare, avanzare... Avanzare dove? Qualche volta si scopre in questo avanzare una tale quantità di ridicolo che quasi si vorrebbe smettere di colpo di essere giovani... si fa per dire. (guarda verso la finestra) Maria, come sei diversa da tutto! Ormai è come se tu fossi legata solo da un filo al nostro destino ordinario. Ci sono riuscito: sono diventato solo. Strano, le cose cui si tiene di più... si decide di parlarne sempre meno e con sforzo. Si abbrevia, si rinuncia. Anche l'amore: un gioco di desideri e di distanze.

(Sottofondo musicale)

Sono davanti alla sua finestra e non so cosa fare. Il bilancio non è ancora completo. Non importa. lo mi alzo, faccio qualche passo... Peccato! La notte sta per prendersi tutto, anche la            facciata della casa. No, la finestra... solo la finestra brilla ancora nell'ombra. Allora ci sei, Maria?... Ma poi si spegne anche quella. E io sono certo di non avere più niente da offrirti. Né a te, né a nessun altro.

(La musica si ferma)

LEI: Si, è giusto. Quando il maggiordomo entrerà per servirci dei tè faremo silenzio... perché anch'io voglio difendere la mia solitudine.

LUI: (sorridendo) Quale solitudine?

LEI: Quella dell'indaffaratissima, agitata, allegra, bizzarra... piena di persone, piena di finestre...

LUI: Ah, una solitudine in duemila. Che chiasso! Preferisco la mia.

LEI: No, bisogna avere l'aria di essere sempre occupati in qualcosa di appassionante. Un giorno che sia una semplice giornata di ventiquattro ore è intollerabile. Una giornata deve essere un lungo piacere quasi insopportabile. Ma non sono mica io quella che sta con loro... e ride, e canta... E’ la mia controfigura! ... La faccio divertire come una matta... la mia controfigura!... Nessuno lo sa dove sono io...  A proposito, nel tuo esilio non ci sarebbe posto per una persona straordinaria, ma cosi straordinaria...

LUI: Saresti tu, eh?...

LEI: (allontanandosi)... si, cosi straordinaria che bisogna per forza amare, preferire, difendere... proprio come se esistesse...

(Sottofondo musicale. Sul fondo della scena appare l'ombra di lei che vibra come in una specie di balletto.)

LUI: lo l'amavo. E’ stata l'unica donna che abbia amato veramente. Anche se non la rivedrò più, ho conservato tanta bellezza di lei da averne per tutta la vita. Egoismo? Forse no. Che conta in           fondo stare insieme. L'amavo davvero. Mi dava un senso di tremendamente bello e anche di pauroso, d'impalpabile... si, di eterno... Eterno... può darsi che sia una mia impressione. Probabilmente una semplice polmonite potrebbe riportarla nei nostro secolo. Perché lei non c'è nei nostro secolo. Eppure ci siamo quasi tutti. Tutti quelli che per avere la certezza di "essere' hanno bisogno di esserci. Altrimenti a che cosa servirebbe "essere" se non appunto a  “esserci".

 (L'ombra diventa più visibile)

Ora capisco di più la sua gioia di esistere e la sua tristezza di non essere in nessun posto. Certo, è cosi che si spiega la "Malinconia delle fate"... "Essere" senza "esserci".

(Buio)