Il cenno

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IL CENNO

Da una novella di Mautpassant

Di LUIGI ANTONELLI

PERSONAGGI

LA BARONESSA DI GRANGERIE

CAMERIERA

MARCHESA

IL SIGNORE

 

Salotto elegantissimo. Un balcone, in fondo è aperto sulla strada di S. Lazzaro. A sinistra la comune. A destra una porta che dà nella camera da letto. Mobili di lusso, gingilli, statuette, un orologio a pendolo, un binoccolo da teatro un tavolino con l'occorrente per fumare. Presso la finestra è una se­dia bassa di vimini tutta adorna di nastri di seta e di cuscini, assai civettuola. Uno specchio è sospeso olla parete. Due ritratti (uno di uomo, l'altro di donna) sul tavolino di mezzi a cui è attaccato anche un bottone del campanello elettrico.

SCENA PRIMA

La Baronessa De Grangerie   - (seduta su di una poltrona di vimini presso la finestra, è occupata a leggere un giornale illustrato. Ella si annoia, e vorrebbe non leggere più: ma non sa che cosa fare. Si al­lunga tutta sulla poltrona, Socchiude gli occhi e rimane per qualche istante come inerte. Poi si scuote e chiama a voce bassa) Antonietta!

(Siccome la cameriera non l'ha udita, si allunga. fino a spingere il campanello elettrico che si trova

sul tavolino).

Cameriera                      - (dalla comune) La signora comanda?

Baronessa                      - Che ore sono Antonietta?

Antonietta                     - Le quattro son suonate da pochi minuti.

Baronessa                      - Quasi quasi Antonietta, potreste ordinare allo chauffeur di tenersi pronto per una passeggiata. Fa caldo, è vero Antonietta?

Antonietta                     - Molto caldo Signora (suono di campanello).

Antonietta                     - (va verso la comune)

Baronessa                      - Tanto meglio. Se è una visita, rinunzio alla passeggiata.

Cameriera                      - (tornando quasi subito in scena) La Marchesa De Rennedon.

Baronessa                      (con gioia) Oh! Cara! Cara!

Cameriera                      - (via)

SCENA SECONDA

                                     

Baronessa                      - (che le va incontro) Come hai fatto bene a venire! Mi annoiavo tanto! Ero disperata! Come la mia vita è triste da qualche tempo a questa parte.

Marchesa                       (baciandola) Cara! Sentiamo perché è triste! Non hai nulla da fare: è per questo?

Baronessa                      - Forse è per questo: sì, per questo! Mio marito è tutto il giorno in Banca! Ecco, tra una mezz'ora egli sarà a casa e comincerà la mia giornata, quando il sole starà per tramontare... Ma prima che tramonti, cara mia, ci son tante ore di sole che io non so assolutamente come vivere!

Marchesa                       - Sfido io! Occupi il tempo come una bor­ghese qualsiasi! Alla tua età, e con quegli occhi!

Baronessa                      - Già. Tu pensi che l'unica sarebbe pren­dersi un amante...

Marchese                       - Oh! Dio!...

Baronessa                      - Ma anche per quello è necessaria una vocazione speciale. A me per esempio - non lo crederai - diverte più fare della beneficenza! E poi amo mio marito. Incomincia ad essere chic sai? amare il proprio marito... Eh! Sì! Qualche volta ti invidio, sai? quando penso che tu hai tante cose da fare...

Marchesa                       - (modesta) Sì, è vero, non c'è male... ma non credere poi che stia a sfacchinare tutto il giorno...

Baronessa                      - (con un dito puntato verso di lei) Però...

Marchesa                       - Dì la verità moriresti dalla voglia di avere, anche tu, qualche cosa da fare.

Baronessa                      - No, no. Sinceramente no. Mi manca la vocazione. A proposito, vieni qua. (si alza) A pro­posito, di sfacchina mento o di vocazione. Ti faccio vedere una cosa curiosa. Guarda da quella finestra, ma non farti vedere. Tra le cortine.

Marchesa                       - In quella casa di fronte?

Baronessa                      - Sì. Che vedi?

Marchesa                       - Un palazzo giallo, un balcone di ferro battuto, una signora seduta presso il balcone, in « mauve ».

Baronessa                      - Benissimo. Indovini dall'atteggiamento chi è quella signora in « mauve »?

Marchesa                       - Come vuoi che indovini? Potrebbe es­sere la più onesta fra le donne, potrebbe essere una cocotte.

Baronessa                      - Ecco. Ecco. Hai indovinato: una co­cotte. Ma una vera cocotte, mica una di quelle finte, che sono poi oneste mogli di impiegati. Una cocotte che non esercita altro mestiere che il suo. Una. professionista insomma.

Marchesa                       - Eh! Ho capito!

Baronessa                      - Tu capisci anche che io, in sulle prime, sono rimasta assai seccata. Proprio di fronte alla mia finestra! Ma poi mi sono divertita ad esami­narla, a studiarla. Sai? Ella rimane lì a sedere sulla sedia a guardare tutti gli uomini che passano. E tutti gli uomini - pare impossibile - guardano lei. Si direbbe che una specie di istinto li avverte, pas­sando sotto quelle finestre, che c'è qualche cosa per loro. Proprio come i cani quando fiutano la sel­vaggina. Oh! è quasi indecente! E lo sguardo che si scambiano, amica mia, è di una eloquenza ful­minea. Ella dice, con quello sguardo: « Volete? ». E c'è chi risponde: « Non ho tempo »; e c'è chi ri­sponde: «Non ho quattrini», e c'è perfino chi ha l'aria di inveire: o Va al diavolo, svergognata ». E' la risposta, si capisce, degli onesti padri di fa­miglia...

Marchesa                       - E tu ti diverti, non è vero?

Baronessa                      - lo sì. Ogni tanto io la vedo alzarsi e chiudere la finestra. Amica mia, tu comprendi perché ella chiude... (butta le braccia al collo della marchesa).

Marchesa                       - Chiude la finestra perché qualcuno è entrato dalla porta.

Baronessa                      - Sì, sii Come un pescatore con la lenza prende una bella trota!... E non è brutta, sai? Aspetta... aspetta che io ti prenda il binoccolo., Guarda... guarda. E' carina, è vero? E' proprio carina...

Marchesa                       - (restituendo il binocolo) Hai ragione. E' carina.

Baronessa                      - Ah! Ma tu non sai come io abbia studiata quella donna! Non solo l'ho studiata per quel che fa, ma per qualche cosa di impercettibile e quasi di inimitabile che è del suo mestiere.

Marchesa                       - Oh! diamine!

Baronessa                      - Sì. Io mi son domandata: «come fa quella donna a farsi capire così bene, così presto  e così perfettamente »?

Marchesa                       - Come fa?

Baronessa                      - Sì: come fa?

Marchesa                       - Fa un cenno... un certo cenno.

Baronessa                      - Sicuro: un certo cenno. Ma è qui la sua genialità! Un cenno che dica tutto e sia di­screto... Andiamo, via! Che cosa ella aggiunge al suo sguardo? Un movimento della testa? Un movi­mento della mano? Ecco perché io ho lungamente guardato col binocolo. E ho osservato che tutta la manovra consiste in un'occhiata: ma che occhiata! Da principio un'occhiata, poi un sorriso, poi un piccolo gesto del capo che chiede discre­tamente: « sì? »... ma così leggero, ahimè, quel gesto! e così vago e così modesto... Oh! ti assicuro che ci vuole dello « chic » per riuscire così perfettamente! E allora, amica mia... allora io mi sono! domandata: « Forse che io, la Baronessa De Grangerie, riuscirei, con tutta la mia intelligenza, a imitare quel piccolo cenno dall'alto in basso, con quell'occhiata, con quel sorriso? » Dimmi tu, amica mia; forse che io, la baronessa De Grangerie... Ebbene, io mi sono provata dinanzi allo specchio! Oh! amica mia... bisogna convenire che una signora onesta in certe cose è più brava di una cocotte... perché non solo io ho imitato perfetta­mente quel gesto, ma sono riuscita a metterci pia fascino, più eloquenza, più distinzione... Direi quasi che sono riuscita a metterci qualche cosa di per­sonale...

Marchesa                       - Complimenti!

Baronessa                      - Che vuoi dire?

Marchesa                       - Oh! nulla! Dico che hai proprio ragione: quando ci mettiamo noi donne oneste a fare certe cose...

Baronessa                      - Ma certo! E' perché noi ci mettiamo, in fondo maggior entusiasmo. Noi non saremmo mai,  in nessun caso, delle mestieranti. Noi non  potrem­mo essere che delle artiste! Vedi: non puoi credere come quella ragazza mi faccia pietà. Deve essere terribile guadagnarsi la vita... in quel modo là. Non ti pare?

Marchesa                       - Mah! Io penso che debba, sì, essere triste-, ma anche divertente, qualche volta, perché ci sono dei giovanotti simpatici, alle volte...

Baronessa                      - Chi lo sa? Per esempio adesso... adesso che il sole è tutto dalla mia parte, non c'è nessuno che passi sul mio marciapiedi. Passano tutti sul suo! Se ne vedono di tutti i colori: giovani, vec­chi, neri, bianchi, grigi... qualcuno è carino, pia carino di....

Marchesa                       - ... di tuo marito.

Baronessa                      - Sì, e anche del tuo ex... perché tu sei divorziata. Tu non lo crederai, ma io muoio dalla voglia di fare un esperimento...

Marchesa                       - Un esperimento?

Baronessa                      - Sì. Sì. Io dico: se io facessi un cenno... forse ch'essi lo capirebbero il cenno che potrei fare io, io che sono una donna onesta? Rispondi! Rispondi!

Marchesa                       - Amica mia... Tu mi metti in imbarazzo... Capirai, in questo campo non ti ho potuto ancora apprezzare... Forse, sì... non dico di no...

Baronessa                      - Io credo che noi donne abbiamo vera­mente delle anime di scimmie Abbiamo sempre bisogno di imitare qualcuno. Imitiamo i nostri mariti, quando li amiamo, durante la luna di miele...e poi, in seguito, imitiamo i nostri amanti, e le nostre amiche: perfino i nostri figli! perfino la maniera di pensare, perfino i modi di dire, e il gesto, tutto. Che cosa stupida! Infine che cosa potrebbe accadere?

Marchesa                       - Oh! niente di male!

Baronessa                      - Provare una volta sola sopra uno solo. Che cosa vuoi che succeda? Niente! Ci scambieremo un sorriso: ecco tutto. E sarà un individuo che io non rivedrò più. E se lo rivedrò non mi riconoscerà. E se mi riconoscerà io negherò, per­bacco! Tu credi che possa osare di salire fin qui? Noi c'è Giuseppe! Se incontra Giuseppe e vede la casa, capisce subito di aver preso un granchio...

Marchesa                       - Avanti. Voglio starti a guardare. Io col binocolo guarderò l'effetto, nascosta dietro la tenda.

Baronessa                      - No. Con te ho soggezione. Alla tua presenza non sarei capace...

Marchesa                       - Ebbene, mi racconterai l'effetto dopo (per andare)

Baronessa                      - Te ne vai? Ma non rimani a pranzo con me?

Marchesa                       - Ma sì, cara. Soltanto io arrivo un mo­mento dal gioielliere e fra un quarto d'ora sarò da te,

Baronessa                      - Non puoi andarci dopo? No? E allora sbrigati.

Marchesa                       - Sì, io mi sbrigherò, ma... mi raccomando! Serietà, giudizio! (ride).

Baronessa                      - Gabriella, Gabriella! Forse che è una cosa disonesta quello ch'io faccio?

Marchesa                                 - Per carità.

Baronessa                      - Forse che mio marito, se lo sapesse, avrebbe il diritto di rimproverarmi?

Marchesa                       - Eh! eh! eh! (fa un gesto con la palma della mano come per dire: « sembra quasi di sì »).

Baronessa                      - Allora è una cosa disonesta?

Marchesa                       - Oh! Dio! disonesta non è la parola adatta... E poi disonesta è una brutta parola. In ogni caso non c'è peccato.. C'è l'odore del pec­cato... Tu capisci che finche si tratta di odore... (esce ridendo)

Baronessa                                - Fa presto.

SCENA TERZA

Baronessa                      - (si guarda allo specchio. Accende una si­garetta. Poi va alla finestra) Eccola là... cara mia, oggi non hai fortuna... Eppure, sei tanto carina! Eccolo là uno che non la guarda, e che guarda, lo stupido, dalla mia parte. Bè? Che c'è da guardarmi? Aspetta che ti voglio... (si appoggia col braccio al davanzale della finestra e china il capo sulla mano. Rimane cosi un istante. Poi im­provvisamente si ritrae, sconvolta in viso, risale la scena, fermandosi in ascolto accanto alla porta agitatissima) Oh! Dio! E' entrato per il portone! Viene su! Sale le scale!... Oh! Dio! Oh! Dio! Oh! Dio!... Adesso parlerà con Giuseppe... Giuseppe cre­derà che è un signore che conosco. Ma com'è che seguita a salire? Adesso suonerà... No, no prima che suoni... (corre verso la comune. Si sente aprire una porta, poi un parlare concitato. Poi la porta si chiude e la Baronessa rientra tutta in disordine, seguita da un giovanotto vestito con affettata ele­ganza).

Baronessa                      - (eccitatissima) Andatevene! Andatevene! Per carità, signore, voi vi siete ingannato! Io sono una donna onesta, una donna maritata! Si tratta di un errore. Vi spiegherò... Io vi ho scambiato per un amico di casa a cui assomigliate assai... ab­biate pietà di me, signore...

Il Signore                      - (sorridendo come per dire che egli la sa lunga) Buon giorno, cara. Inutile seguitare. La tua storia la conosco! Sei una donna maritata? Allora sono due luigi invece di uno. Li avrai! In­tanto sbrighiamoci.

Baronessa                      - Mio Dio! Voi non mi credete, signore... Ebbene, io vi scongiuro, io vi supplico...

Il Signore                      - (guardandosi intorno) Perbacco è ca­rino il tuo appartamento! Devi essere di una ter­ribile bolletta se ti sei ridotta, oggi, a uccellare dalla finestra.

Baronessa                      - (piangendo) Uccellare! Io sono una donna maritata!

Il Signore                      - E dalli! T'ho già detto che sono due luigi invece di uno! (guardando il ritratto) E que­sto qui è tuo marito?

Baronessa                      - Sì (piange).

Il Signore                      - Ha l'aria di un grazioso imbecille.

Baronessa                      - (piange più forte)

Il Signore                      - Voltiamolo dall'altra parte.

Baronessa                      - Perché?

Il Signore                      - Perché mi fa pena. Io sono uno spi­rito delicato (enfatico) Mi fa pena vedere l'effigie di un uomo che, sia pure, sotto il manto maritale, o di amante, mantenuto, sfrutta la bellezza delle povere borghesi, che potrebbero essere brave madri di famiglia e mettere al mondo dei figli meno... naturali! Perché io sono un patriota... e tutto ciò è immorale! Noi uomini ne approfittiamo, ma quella gente là mi fa schifo! E questa qua chi è?

 (mostra l'altro ritratto).

Baronessa                      - (con voce di pianto) E' Gabriella, la mia amica Gabriella.

Il Signore                      - (commovendosi) Carina la tua amica Gabriella... Un'altra volta mi presenterai alla tua amica... Ma non sciuparti gli occhi: Ho capito: sei maritata!

Baronessa                      - E sono una donna onesta!

Il Signore                      - E sei anche una donna onesta. Benis­simo. Conosco il tuo trucco. Tu sei di quelle a cui. piace giocare all'adulterio... Eh? Oh!, non sei la' sola! E' la terza volta che mj capita in un mese!

Baronessa                      - (disperata) Non mi crede! non mi crede!

Il Signore                      - (colpendosi la fronte con la mano) Bestia ch'io sono! Scusa sai se non ci ho pensato prima. Tu dubiti - ed è giusto - che io mantenga la promessa. Ecco qua i due luigi, sono tuoi. Li metto qui sopra al caminetto.

Baronessa                      - Ma che denaro! Io non ho bisogno del vostro danaro! Tra un quarto d'ora mio marito sarà qua!

Il Signore                      - Ma io casco dalle nuvole! Eppure eh, piccina! non sei mica alle prime armi, e tu dovresti aver capito che se tuo marito ci disturba io so come si fa... Gli metto in mano un biglietto da, cinque franchi e lo mando a comprare qualche cosa qui di faccia...

Baronessa                      - Ma se io vi pregassi... se vi scongiurassi di andarvene... in nome di... quanto avete più caro nella vita!

It. Signore                     - (prendendole il mento tra due dita) Di più caro nella vita non ho che te in questo mo­mento. Il tuo gioco all'adulterio è perfetto, se non lo prolunghi; e mi hai messo addosso un certo non so che. Se la seconda parte della tua rappre­sentazione sarà come la prima, ti farò della 're­clame, ti manderò qualcuno dei miei amici. Orsù, fammi strada.

Baronessa                      - Ve la darò io la strada. Ve la farò mo­strare dai miei domestici! (si dirige verso il cam­panello elettrico).

Il Signore                      - (trattenendola per un braccio) Basta, eh? piccina! Adesso mi arrabbio.. I tuoi domestici! Per poco non mi dai ad intendere che sei una contessa, una marchesa! Sei una donna onesta, sei maritata, va benissimo, ma non bisogna esagerare! (L'orologio a pendolo suona le cinque).

Baronessa                      - Mio Dio! Ecco fra dieci minuti egli torna! Ed io sono perduta, perduta!

Il Signore                      - Chi torna? Il signor marito? Ah! ali! Io me ne infischio di tuo marito. E anche ammesso che egli stia per arrivare, ragione di più per sbri­garsi...

Baronessa                      - (lo guarda trasognata) Non ve ne vo­lete andare?

Il Signore                      - Naturalmente me ne andrò; ma dopo.

Baronessa                      - Volete ad ogni costo...

Il Signore                      - Ma sì, piccina. Dovresti saperlo a me­moria, ormai...

Baronessa                      - (altro scoppio di singhiozzi. Ad un tratto ella si asciuga le lacrime, si irrigidisce, e con gesto tragico accennando la porta, gli dice, imperiosa­mente) Là. Presto.

Il Signore                      - Finalmente! Ci voleva tanto (si fa da un canto, e invita con gesto cavalleresco la signora ad entrare) Prima lei! Prego, contessa, mar­chesa...

Baronessa                      - (esce singhiozzando forte)

SCENA QUARTA

(Una pausa. Poi la voce della marchesa Gabriella)

                                      - Dove sei, cara?

Marchesa                       - (entra, attraversa la scena. Si ferma, poi, improvvisamente osserva con grande meraviglia il bastone ed il cappella dello sconosciuto. Poi guarda con sospetto la porta della camera da letto della Baronessa. Dopo di essersi messa in modo che la sua persona nasconda cappello e bastone spinge il campanello elettrico).

Cameriera                      - La signora ha suonato?

Marchesa                       - Non è venuto nessuno, Antonietta, du­rante questa mezz'ora?

Cameriera                      - Nessuno, signora.

Marchesa                       - Va bene. Grazie. (Cameriera via).

SCENA QUINTA

(Si riapre là porta. Il Signore rientra in scena con  l'aria soddisfatta, senza accorgersi della presenza della marchesa Gabriella. Si volge, verso la camera da letto, tutto cerimonioso, e dice) Di nuovo arrivederci, gattina mia. Arrivederci  domani alla stessa ora... (poi volgendosi, si accorge della marchesa Gabriella. Si ferma, le fa un inchino, va a prendersi il cappello ed il bastone senza mai perderla d'occhio, mentre la signora ha l'aria di guardarlo ironicamente dall’alto in basso. Quando le passa accanto per uscire le si avvicina tutto galante)

Il Signore                      - Siete la sua amica Gabriella... Quella  del ritratto?

Marchesa                       - (lo guarda ironicamente e un po’ minacciosa) Ma... chi le ha detto?

Il Signore                      - E' la vostra amica che mi ha dettotutto... Un'altra volta verrò da te, unicamente per te, carina.

Marchesa                       - Ma voi siete un bel villano! Per chi ci prendete? Sapete che io sono...

Il Signore                      - (interrompendola) - - St! Lo so. Lo so Siete una signora onesta... E' il sistema della casa... Lo so. Addio... gatta! (via)..

Marchesa                       - (al colmo dello stupore sì avvicina alla  camera da letto chiamando»  Adriana! Adriana!

SCENA SESTA

Baronessa                      - (entra correndo nella stanza e si getta tra le braccia dell'amica, singhiozzando)

Marchesa                       - Ma si può sapere che cosa hai fatto?

Baronessa                      - (tra i singhiozzi) Forse che io lo so amica mia?

Marchesa                       - Ma chi è quel... signore?

Baronessa                      - Non lo so.

Marchesa                       - Non lo sai?

Baronessa                      - (c. s.) Non lo so? E' venuto su, perché io ho fatto tanto bene quel cenno che sai...

Marchesa                       - Ah!

Baronessa                      - E allora... allora io, mentre saliva le scale, ho perduto la testa... Sono andata io stessa  ad aprire... mio marito stava per rientrare…(quasi con rabbia) Non so come egli non sia ancora qui!... E ho pregato, scongiurato. Oh! si, se ho pre­gato! e volevo chiamare gente... ma egli è di un carattere tenace... volontario... Non mi ha creduto! Io allora ho capito che il meglio che potessi fare era di sbarazzarmi di lui... al più presto... sì, al più presto... E poiché dunque era necessario... Sì.. poiché era necessario... perché non voleva andar­sene senza... Allora, allora... Tu comprendi...

Marchesa                       - (scoppia a ridere mentre la Baronessa la guarda perplessa; ma lei senza ridere. Poi quando s'è calmata chiede con voce pacata) Era simpa­tico, mi pare...

Baronessa                      - Ma sì.

Marchesa                       - Bè! Meno male.

Baronessa                      - Ma tu capisci che quel disgraziato ha detto che tornerà domani. Pensa, a parte il fatto che mi sono disonorata...

Marchesa                       - Non esagerare! Qui si tratta, amica mia, di un caso di forza maggiore...

Baronessa                      - No, no... A parte il fatto che io mi sono disonorata, come farò io a liberarmi di quell'uomo che forse pensa di venirmi a trovare tutti i giorni?

Marchesa                       - Non c'è che un mezzo, mia cara. Farlo arrestare.

Baronessa                      - Come? Arrestare? E con che pretesto?

Marchesa                       - Oh! E' semplicissimo. Tu vai dal com­missario di Polizia. Gli dici che un signore ti segueda tre mesi, ed ha avuto l'insolenza di salire oggi fino al tuo appartamento: e li ha annunziato un'altra visita per domani. Perciò tu chiedi di es­sere protetta dalla legge. Allora egli metterà a tua disposizione due agenti che lo arresteranno.

Baronessa                      - Ma se egli racconta, invece, come stanno le cose?

Marchesa                       - Oli! Non gli crederanno! dal momento chetu avrai raccontata la tua storia al Commis­sario... E invece crederanno a te, a, te, che sei una signora irreprensibile...

Baronessa                      - Oh! non più! Ormai questo non si può dire di me... Vedi cara: io ti confesso che, in cuor mio, ti rimproveravo la tua leggerezza, i tuoi troppi... sì, le tue troppe conoscenze... Oh! Ma almeno tu te li scegli tra i tuoi amici... Non tiprendi (piangendo) il primo uomo che passa...

Marchesa                       - Oli! amica mia... in fondo, è lo stesso!... Ma lasciamo stare. Queste sono considerazioni stupide. Piuttosto pensa, ora di fare come ti ho detto io: altrimenti sei perduta.

Baronessa                      - Ma pensa, pensa che egli m'insulterà quando sarà arrestato.

Marchesa                       - Non gli crederanno. E tu avrai dei testimoni e lo farai condannare. Oh! in questi casi bisogna essere senza pietà. Lo farai condannare alle spese.

Baronessa                      (battendo le mani come presa da un nuovo sgomento) A proposito di spese... Oh! non ci mancava, che questa! (si alza, va al caminetto. Prende i due luigi) Tu non sai che cosa c'è qui! Guarda, guarda: del danaro! del denaro con cui quel mascalzone ha creduto (piange) di pagarmi...

Marchesa                       - (seriamente) Quanto?

Baronessa                      - Due luigi.

Marchesa                       - (incredula) Oh! no!

Baronessa                      - Eccoli qua: due luigi.

Marchesa                       - (indignata) Oh! E' poco. Questo sì, mi sembra umiliante. Ebbene?

Baronessa                      - Ebbene, che cosa devo fare io di questo denaro?

(Suono di campanello)

Marchesa                       - Ecco. tuo marito.

Baronessa                      - (singhiozza).

Marchesa                       - (in fretta) Lascia stare, non piangere. Tu rischi di comprometterti.

Baronessa                      - (a voce bassa) Ma dimmi che cosa devo fare di questo denaro?

Marchesa                       - Senti: compra un oggetto qualunque... Bisogna che tu ne faccia un piccolo regalo a tuo marito... Siamo giusti: se lo è meritato!

FINE