Il cerbiatto

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Le avventure di Alfio

IL CERBIATTO

di

Fabrizio Ansaldo

PERSONAGGI :

  Cloe e Angela, due ricche opulente signore di  mezza età  con un incontrollato desiderio di consumare tutto ed ogni cosa.

LUOGO :

la  camera di un lussuoso hotel di villeggiatura

Il rumore di una chiave nella serratura.

Luce: una camera doppia di un lussuoso hotel.

Entra Cloe, seguita da Angela.

Angela Avanti, Cloe, sto morendo dalla curiosità.

Cloe    Allora, sono andata in cucina. (chiude la porta) Te l’immagini una come

            me in cucina ? Ho cominciato a tirare su dal carrello patate,

            zucchine, carote, melanzane. Mi sono messa a tagliuzzare, pelare, smi–

            nuzzare, tagliare a cubetti. Ho preso un tegame, un grosso tegame, dove

            ho messo olio, tre spicchi d’aglio e peperoncino. Tanto peperoncino.

            Poi, ho aggiunto un po’ di pomodoro. No, non il pomodoro in scatola,

            no : pomodori da sugo, rossi, comprati al mercato. Sbucciati ad uno ad

            uno e fatti a pezzettini. Non mi piace quella pellicina sottile sotto la

            lingua, tra i denti. Insomma, avevo la pelle delle mani raggrinzita da

            quella polpa rossa. Accendo il fuoco e lo tengo basso. Stavo affettando

            l’ultima melanzana, l’olio si stava riscaldando, quando me lo sento ad-

            dosso, dietro la schiena.

Angela No !

Cloe    Portavo soltanto il grembiule, puoi immaginare, e mutandine di pizzo

            da centoventi euro. Professionale, no ?

Angela Da non crederci.

Cloe    Le sue mani mi vanno prima sulla pancia. Speravo proprio che non me

            la facesse notare. Intanto, spegnevo il fuoco da sotto il tegame fuman-

            te,  mentre quelle piccole dita, come un falco, m’afferrano il seno. Mi

            stava addosso come una ventosa. Mi sentivo scoppiare. La gola…   de-

            glutivo a fatica. Non la smetteva di spingermi contro il bordo  del ta-

            volo. Lo sentivo ansimare dietro. Il suo fiotto caldo…..Credevo voles-

            se mordermi da un momento all’altro. Poi, mentre avevo il ventre schi-

            acciato, costretto, proprio quando stavo per cacciare quell’urlo strozza-

            to, tanto atteso…..ecco che arrivano gli spruzzi.

Angela Spruzzi…?

Cloe    Gli spruzzi di uno starnuto. Uno starnuto che si abbatte come un tem-

            porale. E un altro e un altro e un altro ancora. Bè, non ci ho visto più:

            l’ho colpito con il gomito e, voltandomi, con le due mani giunte sullo

            sterno. “PEZZO DI MERDA !”, gli ho gridato. Starnutire, capisci ?

            Starnutirmi addosso. Coprirmi di schifezze invisibili proprio mentre

            stavo per venire. Un coglione d’uomo che ti starnutisce alle spalle !

            (pausa) Sembrava stesse morendo, lì sul pavimento. Come se io non

            esistessi. Continuava a schizzare sul parquet migliaia di quei suoi mi-

            crobi. Pareva preoccuparsi soltanto di quello. Si teneva il petto e star-

            nutiva. (pausa) Gli stavo davanti che lo fissavo con odio, con tutto l’odio

            che potevo.

Angela Non c’è più deferenza, mia cara, questa è la verità. Gli uomini non han-

            no più rispetto.

Cloe    Ti fanno credere di essere dei padreterni. Promettono di prendersi cura

            di te, di coccolarti, di proteggerti, di farti godere, portarti in paradiso,

            di essere gli unici custodi dei tuoi segreti, della tua vita. Pensano di sa-

            pere come toccarti, baciarti lì.  (pausa) Mi ero lasciata andare, ero rilas-

            sata, avevo la situazione sotto controllo e quello….mi spruzza contro  la

            sua bava !

(siedono attorno ad un tavolino dove sopra è poggiato un vassoio con tè e pasticcini)

Cloe    Che te ne fai di un uomo così ? Voglio dire, è una mina vagante. (pausa)

            Dovrebbero starsene da soli. DOVREBBERO ESSERE ABBATTUTI !

            ELIMINATI ! SPAZZATI VIA !

Angela Lo prendi con il limone….

Cloe     Con il limone, senza zucchero.

Angela Sono contenta di questa nostra vacanza. Da quando Alfredo ha lasciato

            la presidenza dell’azienda sono diventata la sua infermiera. Io glielo di-

            co ogni giorno: Alfredo, prendiamo una di queste ragazze straniere per

            le piccole commissioni, le cure per la tua gamba….Ma no, niente.

Cloe    E’ sempre taccagno ?

Angela (sospira) Le nostre villeggiature sono le uniche circostanze dove riesco

            a non averlo sempre intorno. Tu sei fortunata ad avere Carlo. A proposi-

            to, quanto tempo starà via ?

Cloe     Mmh, tre settimane all’incirca. Ogni anno, da quindici anni,  di questo

             periodo, se ne corre in Svizzera, in quei centri della salute…..così, 

            almeno, dice.

Angela (sorridendo) Però, anche tu, dopo, fruisci di quei benefici……

Cloe     L’ultima volta che Carlo ed io abbiamo incrociato lo sguardo è stato

             quando ho rovesciato il barattolo della sua salsa bernese,

Angela Me lo immagino. Il tipo che starnutiva, invece, come lo hai conosciuto ?

Cloe    Ero al mercato. All’inizio non gli ho fatto caso: piccolo, magro, pochi

            capelli, di colore.

Angela L’uomo dei sogni.

Cloe    Appunto. Ha cominciato  col passarmi un peluche. Un animaletto di

            stoffa, per intenderci. Ho tirato diritto. Mi è venuto dietro e poco dopo

            me ne ha dato un altro. Faccio dieci metri e me ne passa un altro, un

            altro ancora e poi un altro. Sono scoppiata a ridere. Quel giovane

            omuncolo non faceva che riempirmi di peluche. Non sapevo più dove

            metterli. Poi, prende a parlarmi: aveva una voce dolce, persuasiva,

            anche se non capivo nulla.

Angela Come faceva a comprare tutti quei cosi mentre ti seguiva ?

Cloe    Aveva uno zainetto sulle spalle. Lui li vendeva, capisci ?

Angela Oh, Cloe !

Cloe     E’ stato dopo, quando l’ho messo fuori di casa, da dietro la porta, che

             urlava dicendo di essere allergico proprio per via di quegli animaletti

             e che non poteva farci niente.

Angela  Non dovevi fidarti. Portarlo a casa, poi. Poteva fare di te ciò che voleva.

             (pausa)

Cloe     Era quello che speravo. (Angela scuote il capo) Era proprio quello che

             avevo in mente: recitare la parte della casalinga vogliosa. Ho letto su

             una rivista che sono centinaia le donne che lo fanno. E sono molto ri-

             chieste. Oneste madri di famiglia che una volta alla settimana la danno

             via a buon prezzo.

Angela  Cloe ! Tu non se mai stata una madre di famiglia e tantomeno una ca-

            salinga che lo fa per necessità.

Cloe     Per noia, Angela. Io credo che lo facciano per noia. Si danno per noia,

            la maledettissima noia. Ed in questo siamo tutti uguali: ricchi e poveri.

            Se non fosse per necessità, lo farebbero per noia. Ed è quello che vo-

            gliono gli uomini. Vogliono una brava persona da gettare nel fango.

            Godono nel vederti lì che piangi e supplichi per una tua qualsiasi neces-

             sità, mentre loro ti stanno trapanando anche le orecchie.

Angela Cloe !

Cloe     Leggi i giornali. Sono sempre loro, gli uomini, a muovere i fili. In fon-

             do, per quanto noi ci sbracciamo, le nostre sono piccole vittorie, minus-

             cole battaglie di qualche momento. Ma la guerra, la guerra vera, l’hanno

             sempre vinta loro.

Angela Non avevo mai pensato a questo aspetto.

Cloe     L’unica guerra, invece, che non riescono a vincere è quella dell’im-

             mortalità. Perché credi si affannano tanto a cercare la ragazzina che

             glielo prende in bocca ? Perché sanno che perderanno. Perderanno tutto.

             Ma non vogliono rinunciare alla ragazzina col loro coso in bocca. E a

             noi, alla fine, che ogni giorno ci vediamo sfiorire, rinsecchire, lungo una

             ripida discesa, a noi cosa resta ? Niente altro che essere la loro coscien-

             za. Sì, siamo lì, al loro fianco, ci vogliono accanto, certo, ma per rimedi-

             are ai loro sensi di colpa. Per  compensare i loro istinti da maschi del

             branco. (pausa) Ti ci vedi, tu, Angela, (si protende verso di lei) vicino ad

            Alfredo, nella foto sul mobile in salotto, con lui che ti tiene stretta stretta

            a sé mentre ti bacia sulla guancia ? Riesci a sorridere, te e la tua fila di

            bei denti bianchi, sapendo che quella parte di lui che per tanto tempo hai

             amato, quella parte che lui adesso tiene per te come un dolce ricordo del

             passato, è invece il boccone di qualche puttanella che, in questo

             momento, per il vile denaro, glielo sta riportando in vita ?  Passami uno

            di quelli al cioccolato, (Angela, pensosa, le passa i biscotti) e anche quel-

             li…….sì, come si chiamano ?

Angela Lingue di gatto.

Cloe    Brava. Lingue di gatto. Le preferisco. (pausa)  No, io non ci sto a fare da

             infermiera a questi bastardi. Non mi fregano. Vogliono la ragazzina ?

            Bene. Farò in modo anch’io che non mi manchi nulla. Farò in modo

            che qualche campione di basket o di tiro al piattello mi capiti tra le

            mani.

Angela O qualche piccolo venditore di animaletti di peluche.

Cloe    Da qualche parte bisogna pur cominciare. E poi, ti dirò: prometteva be-

           ne. Non era certo un dio greco, ma se non fosse stato così stupido,

           avrebbe avuto un futuro diverso. O, per lo meno, una giornata migliore.

Angela Che vuoi dire ?

Cloe     Che se non avesse approfittato del fatto che sono una donna, per lui, sa-

            rebbe andata diversamente.

Angela Spiegati meglio. Non l’avevi buttato fuori ?

            (pausa)

Cloe    In principio sì, l’avevo fatto uscire. (pausa) Ma è rientrato. Cioè, dopo

           un po’ sono andata a controllare che fosse andato via.  E invece era an-

           cora sul pianerottolo che si tirava su i pantaloni. Mi fissava e, credo, che

           se avesse potuto fare qualcosa, qualsiasi cosa, lo avrebbe fatto in quel

           momento e con quell’intenzione che gli usciva dagli occhi.

Angela Hai richiuso subito la porta, immagino.

Cloe    Nient’affatto. L’ho spalancata e mi sono messa da parte.

Angela Oh, che incosciente !

Cloe    E’ entrato, dopo averci pensato un po’. Comunque la cosa gli aveva fat-

           to bene, perché aveva smesso di starnutire.

Angela Ti stava odiando a morte e tu…..tu lo fai entrare.

Cloe    Il gioco iniziava proprio in quel momento. Col farlo entrare avevo alzato

            la posta. E questo, lui, l’aveva capito. (pausa) Chiudo la porta e preparo

            due long drink, senza chiedergli cosa volesse. Gli passo il suo gin tonic

            e lui lo butta giù come se dovesse inghiottire una pillola. Io sorseggio il

            mio e prendo a fissarlo, senza fare questa volta la casalinga in calore.

            Resto immobile. Non muovo un arto che possa servire al richiamo.

            Allora, lui, sai cosa fa ? Riesci a immaginarlo ?

Angela Si toglie di nuovo i pantaloni e tira fuori il suo coso imbestialito e minac-

            cioso !

            (Cloe scuote il capo)

            Prende ad insultarti !

            (pausa)

Cloe    (fa il verso) “Scusa…” Mi chiede scusa, capisci ? Io rimango appoggiata

           al mobile bar, lui si avvicina e dice qualcosa di incomprensibile e di

           nuovo le sue scuse.

Angela Però, che faccia tosta ! Cosa voleva, che tu accettassi per poter fare di

            nuovo i suoi comodi ? Una bella faccia tosta, davvero !

Cloe     Io non l’assecondo e, per tutta risposta, gli sbatto una grassa risata ad-

            dosso. Così forte che ho dovuto posare il bicchiere, tanto non riuscivo

            per gli spasmi a tenerlo in mano. Mi guarda perplesso e se ne sta lì, fer-

            mo, a fissarmi.

Angela Impudente !

            (pausa)

Cloe     Questo che ora vado a dire non te lo aspetti. (pausa) Gli vado incontro e

             cerco di baciarlo, ma lui si divincola. Allora, penso tra me che vuole

            giocare. Mi aspetto che si metta a correre intorno al tavolo, per la casa,

            cercando di farsi prendere, cioè, di farsi desiderare. Ma no. Niente di

            tutto quello che io e te potremo immaginare. Possiamo restare qua cen-

            to anni e nessuna di noi due riuscirebbe a venire a capo di cosa passasse

            nella testa di quel piccolo indiano.

Angela Vai avanti.

            (pausa)

Cloe    Dalla prima volta che avevo notato le sue labbra così perfette, ben dise-

           gnate, rosate, che ho avuto l’impulso di baciarle. E adesso che gli stavo

           regalando una seconda opportunità, quell’ingrato mi si negava, capi-

           sci ?

Angela Veramente, no. Poco prima….stava…dietro di te…sì, voglio dire…..

Cloe    Dillo: “MI STAVA SCOPANDO DA DIETRO”. Sì, e aveva le sue

            piccole mani aggrappate come artigli alle mie tette. E adesso, che suc-

           cedeva ? ( Angela scuote la testa) Te lo dico io che succedeva. Quell’o-

           muncolo, quell’ipocrita di un indiano non voleva baciarmi sulla bocca

           perché IO GLI FACEVO SCHIFO ! Ecco cos’era. (pausa) Non l’ho

           capito subito, no. Mi sono dovuta spremere, mi sono fatta uscire  le

           emorroidi per arrivare a capire che quello stronzetto di colore MI RI-

           FIUTAVA PER LA MIA PELLE |

Angela Però, ti voleva…..

Cloe    Voleva le mie chiappe, ma non voleva baciare le mie raggrinzite labbra.

            (pausa) Un gesto d’amore, un atto di infinita dolcezza, che lui,  evidente-

            mente, riservava per qualche sua giovane connazionale o chissà per  chi

            altri. Il bacio no, le chiappe sì ! (pausa) E non venirmi a dire che potevo

            anche sentirmi soddisfatta e lusingata data la mia età.

            (pausa)

Angela Ci prendono per dei contenitori, nient’altro. Ci sfruttano finchè l’invo-

            lucro resiste, poi, come un sacco, ci mettono in un angolo, in attesa di

            di essere gettato.  Ti ha chiesto dei soldi ?

Cloe    No, non li ha voluti.

Angela Perché, tu glieli hai dati ?

            (pausa)

Cloe    Non lo so quale parte di me ha prevalso in quel momento. E’ stato subito

           dopo aver capito il motivo del suo rifiuto. (pausa) Lui va verso la porta,

           ma io con un balzo lo precedo e tolgo le chiavi dalla serratura, dopo aver

           girato ben due volte. Lui resta prima disorientato, poi, quando mi vede

           andargli incontro, scappa via. Io scivolo.Mi rialzo. Te l’immagini una

           donna della mia età che cerca di braccare un cerbiatto di sedici, dicias-

           sette anni ?       

Angela No…cioè, sì.

Cloe    La fortuna, comunque è dalla mia. Lui cade all’indietro e batte la testa

           contro la statua di Giulio Cesare all’ingresso.

Angela Non la tenevi nel soggiorno ?

Cloe    (fa spallucce) Troppo ingombrante. Insomma, cade e rimane come tra-

           mortito. Gli sono subito sopra e comincio a spogliarlo e mentre lo faccio

           lo bacio. Lo bacio sulla bocca, sul petto, lo marchio di rossetto, dap-

           pertutto. Lui, nel mentre, rinviene e come realizza che non è sangue ma

           è il rosso delle mie labbra, prende a toglierselo di dosso come se fosse

           stato infettato.

Angela Oh, mio Dio !

Cloe     Se fosse stato sangue, credo, lo avrebbe preferito. (pausa) Era terribil-

            mente schifato. Ma io non mi do per vinta e riesco a spogliarlo del suo

            più prezioso indumento. Lui ha una reazione mentre lo bacio proprio lì:

            mi scosta la testa come se fossi un cane che allontani da te per paura che

            ti sporchi il vestito. Prendo, allora, quello che mi ritrovo nella mano: il

            fermacarte di Masson, che l’artista stesso regalò a Carlo ad una sua mos-

            tra a Parigi, e con quello lo colpisco due volte. (pausa) Continuo a ba-

            ciarlo. Lui non si muove. Mugola piano, si lamenta, mentre io mi pren-

            do quello che mi spetta. (pausa) Non dirmi che sono un mostro, Angela,

            ma quei suoni sommessi, appena percettibili, che uscivano da quel corpi-

            cino, mi eccitavano.

Angela Oh, Cloe, ti capisco !

Cloe     Non saprei dirti quanto tempo è durato. Mi sono poi alzata e sono andata

             in cucina. Mi sono rinfrescata sotto il rubinetto e, credimi, mi era salito

             un appetito ! Ho aperto il frigo e, direttamente dal contenitore, ho preso

            ad ingurgitare la macedonia che avevo preparato per la nostra cenetta.

Angela Tutte quelle pietanze, immagino, le avrai buttate via.

Cloe    A proposito, quando torniamo ti insegno come fare la mousse al cioc-

           colato. Era la prima volta che la facevo.

Angela Lui, nel frattempo, era andato via ?

Cloe    La porta era chiusa a chiave, ricordi ? Di lì a qualche minuto, eccolo che

           viene in cucina. Si tiene la testa. Il sangue gli cola dal naso e da un orec-

           chio. Gli indico il lavandino. Se ne sta tutto nudo, come sua madre l’ha

           ben fatto, farfugliando di voler andare via. (ne fa il verso) “VIA, IO !

           IO, VIA ! VIA, VIA, IO !”. Il resto neanche so cosa dicesse. (pausa)

           Stavo per decidere qualcosa. Forse, sì, di mandarlo via. Stavo finendo

           la mia macedonia di more, fragole e panna, quando mi viene vicino

           cercando di prendermi le chiavi che avevo nella tasca del grembiule.

           “Cristo Santo,” mi sono detta “potrebbe anche chiedermele “! Gliele

           avrei date.

Angela Veramente, gliele avresti date, Cloe ?

            (pausa)

Cloe    Sì….non lo so. Però il problema era un altro. Se fossi stato un uomo non

           l’avrebbe fatto. Se al mio posto ci fosse stato un uomo, quell’indiano

           non avrebbe cercato di togliermi le chiavi.

Angela Ma tu non gliele stavi dando, giusto ?

            (pausa)

Cloe    E’ che credono sempre di poterla avere vinta. Cercano continuamente di

           sopraffarti, di metterti le mani addosso.

           (Cloe si alza e va dov’è una valigia dal cui interno estrae una piccola

           scatolina)

Angela Che cos’è ?  (Cloe si rimette a sedere: al centro del tavolo mette la

            scatolina che lascia aperta. Angela la fissa per un po’, poi si rivolge a

            Cloe) Cloe ! Oh, Cloe ! (torna a fissare l’interno della scatolina)

Cloe    Mi sono liberata di lui con una spinta. Come uomo, credi, la sua forza

            la teneva soltanto tra le gambe. (pausa) Impreca. Forse il suo dio.  E

            torna all’attacco. Ma anche questa volta sono più veloce e, afferrato un

            coltello da cucina, mi volto di scatto. Per un attimo ho come l’impres-

            sione, per un attimo, di stare ancora tagliando gli ortaggi della cena.

            Invece, sono il suo dito medio e quello indice ad essere recisi di netto e a

            schizzare in aria. Lui cade a terra. Mi guarda con gli occhi spalancati. Si

            rialza subito, tenendosi la mano con l’altra. Gli getto uno straccio, poi,

            vado a recuperare i suoi vestiti. Torno e glieli appoggio con forza sullo

            stomaco. Trema e continua a fissarmi. “COSI’ IMPARI !”, gli urlo.

            Sento il suo sguardo venirmi dietro mentre vado in camera a prendere

            qualche biglietto di grosso taglio. Ritorno in cucina e glieli infilo tra i

            vestiti e il petto. Li lascia cadere e prende a gridarmi contro.

Angela Proprio non gli bastava. Cosa voleva ? Che altro pretendeva ?

Cloe    Non ci ho visto più. L’ho preso per i capelli e l’ho trascinato fino alla

           porta. Ho preso la chiave, ho aperto e ho gridato più forte di lui: “NON

           PROVARCI BRUTTO FIGLIO DI PUTTANA ! VUOI ROVINARMI ?

           EH ? VUOI COMPROMETTERE LA MIA RISPETTABILITA’ ? BE’,

           NON TE NE DARO’ MODO. E ADESSO ESCI. E SE PROVI A TOR-

           NARE TI DENUNCIO PER VIOLAZIONE DI DOMICILIO, FURTO

           E ABUSI SESSUALI SU UNA PERSONA INVALIDA. FUORI !”.

Angela (batte con eccitazione le mani) Ben fatto, Cloe ! Ben fatto ! E lui?

Cloe     Ho richiuso la porta definitivamente su quegli occhi accusatori.

Angela Vogliono imprimerci sempre il senso di colpa. Noi li mettiamo al mon-

             do e loro cosa fanno ? Ti fanno sentire in colpa. Non ci meritano, questa

            è la verità. Gli uomini non meritano nulla.

            (entrambe prendono a fissare la scatola)

Cloe    Riusciresti a capire, da queste, il segno zodiacale ?

Angela Si possono capire tante altre cose, se è per questo. Io conosco una donna

            che sa predire il destino al microscopio soltanto da un mi-

            nuscolo residuo della pelle. Te la devo far conoscere.

Cloe    Mi passi un po’ d’acqua ?

Angela (le versa l’acqua da un bricco) Sono appena le sette.

Cloe     Facciamo ancora in tempo ad andare per negozi.

Angela Si fanno buoni affari, di questo periodo, nella parte nuova del paese.

Cloe     (si mette in bocca un pasticcino) Non perdiamo tempo. Andiamo.

             (si tamponano le bocche con i tovaglioli, si aggiustano i vestiti dalle pi-

               eghe, imbracciano le rispettive borse ed escono rapidamente)

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