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Donna incinta entra in scena

IL CHE

Di Antonella Bertoli

TRE ATTI

Personaggi e Voci:

Narratore

Voce fuori campo

Ernesto Che Guevara

Fidel Castro

Camilo Cienfuegos

Contadina

Madre

Alberto Granado

Hilda Gadea

Aleida March

Contadini e Combattenti

Donna incinta entra in scena. Ha una pancia grossa, vistosa. Con fare sognante si siede. Sul palcoscenico c’è da una parte una sedia con un tavolo.

Dall’altro lato vi è una tenda militare (canadese). La scena è in penombra. La luce illumina solo la donna seduta. Sul muro|tenda le ombre di una fitta vegetazione.

La donna canta una ninna nanna latino-americana.

(testo canzone latino.americana o musica argentina)...

La donna si accarezza la pancia sussurrando:

Dolce bimbo della mamma quale sarà il tuo destino? Peregrini per un’America che ci dà e ci toglie, dove troveremo riposo? Dove avrai buon tempo per nascere e rivelare al mondo il tuo essere che divino non sarà, ma guida e amore per sempre nei secoli?-

La luce sfuma sulla donna e si accende su di un attore vestito da guerrigliero, il narratore, che parla:

Quella che avete appena sentito è la ninna nanna che Celia de la Serna cantava al piccino che aveva in grembo, concepito sulle montagne dell’Argentina e nato sul Rio Paranà vicino a Rosario de la Fe, in direzione Buenos Aires mentre col marito stava raggiungendo le piantagioni di mate. Impaziente di nascere, quel piccolo bambino che Celia teneva nel grembo, aveva fame di vita e di avventure e non poteva attendere il compimento del suo tempo. Era un tempo lontano, il giugno del 1928 e al bambino fu dato il nome di suo padre: Ernesto. Ernesto Guevara Lynch. Prende anche il cognome della madre: De la Serna-

La luce si allontana dal narratore e illumina un ragazzo vestito da rugby con la palla in mano e dei libri sottobraccio. Il ragazzo corre facendo delle finte con la palla, poi si ferma e si accascia mentre ansima vistosamente. Il respiro, rumoroso e asmatico si sente dagli altoparlanti amplificato. Entra un altro attore, Granado, vestito con la stessa maglia a righe e lo chiama:

Fusèr, Fusèr, ola ola. Alzati, respira lento. Prendi il Ventolin.

E gli avvicina una pompetta per la gola. Il ragazzo inala avidamente, piano piano la respirazione si fa più lenta, i rantoli diminuiscono e il respiro ritorna alla normalità.

Rientra il narratore e la luce sfuma su Granado e Fusèr per tornare su di lui.

Giocava a rugby, era soprannominato Fusèr, “Furibondo De La Serna”, un’ala di tutto rispetto, nonostante l’asma contratta nelle acque gelide vicine alle Sierre Chicas, dove Tete, come Ernesto viene chiamato in famiglia, ha per compagni di gioco gli Indios delle comunità fondate dai Gesuiti, che lo mettono di fronte a una realtà di miseria e di ingiustizia. La sua adolescenza coincide con i giorni turbolenti del peronismo. Gli studenti di Cordoba entrano in sciopero. L’amico Alberto Granado è arrestato e trasferito nel commissariato centrale dove Ernesto accompagna Tomàs, fratello di Alberto nelle visite.

La luce illumina un ragazzo che legge accanto alla madre. Sul muro diapositive di libri di Pablo Neruda, Gandhi, la guerra di Spagna, Guernica, Freud, i Tre Moschettieri, Sofocle e Robinson Crusoe. La voce narrante legge brani di questi autori.

Dai libri del Mahatma Gandhi:

“Per una scodella d’acqua,

rendi un pasto abbondante;

per un saluto gentile,

prostrati a terra con zelo;

per un semplice soldo,

ripaga con oro;

se ti salvano la vita,

non risparmiare la tua.

“La non violenza è il primo articolo della mia fede e l’ultimo del mio credo”

“Sono un incorreggibile ottimista. Il mio ottimismo si fonda sulla mia convinzione che ogni individuo ha infinite possibilità di sviluppare la nonviolenza. Più l’individuo la sviluppa, più essa si diffonderà come un contagio che a poco a poco contaminerà tutto il mondo”.

La luce illumina un uomo, una donna, un ragazzo e una ragazza con la valigia in mano che camminano verso l’uscita dal palcoscenico. Il Narratore dice:

Nel 1943 la famiglia si trasferisce a Buenos Aires ma Ernesto continua la sua amicizia con Alberto Granado che nel 1945 trova lavoro in un lebbrosario a mille Kilometri da Buenos Aires in un lebbrosario. Nello stesso anno, Ernesto decide di diventare un medico e si iscrive alla facoltà di medicina, facendo mille lavori per mantenersi agli studi, compreso l’aiutante di laboratorio..

Mentre il Narratore parla, la luce illumina un ragazzo che con un camice si affanna attorno a provette e alambicchi.

Narratore:

A bordo di una vecchia motocicletta parte con Alberto Granado per il primo viaggio nel sud dell’Argentina e in America Latina.

La luce illumina  il ragazzo in motocicletta con Alberto Granado con un coppertone a tracolla e un paio di occhialoni, sulla parete varie diapositive di gauchos e indios.

Mentre il Narratore dice:

Questo primo viaggio in Argentina gli fa venire la voglia di farne un altro. Con l’amico Alberto Granado, partono alla ricerca delle radici delle origini latino-americane, per scoprire le civiltà precolombiane, inerpicarsi sul Macchu Picchu, sforzarsi di capire come vivono gli Incas. Partono con una moto ribattezzata “Poderosa”, che li lascia a piedi molte volte e dopo 1800 kilometri, tira le cuoia, distrutta. Attraversano villaggi e montagne dove con i residenti intavolano intense discussioni politiche. Si fermano al lebbrosario di San Pablo in mezzo alla giungla dove prestano servizio volontario come medici. Alla fine ripartono su di una zattera costruita dagli infermieri e dai pazienti che ribattezzano Mambo-Tango.

La luce illumina i due che marciano faticosamente.

Sul muro diapositive di Macchu Picchu, e del lebbrosario in cui Ernesto e Alberto prestano servizio volontario come medici. Sulla diapositiva delle rovine peruviane, Ernesto declama una poesia di Neruda. La luce lo illumina.

Ernesto declama la poesia di Pablo Neruda:

Ah vastità di pini, rumore d'onde che si frangono, lento gioco di luci, campana solitaria, crepuscolo che cade nei tuoi occhi, bambola chiocciola terrestre, in te la terra canta!

In te i fiumi cantano e in essi l'anima mia fugge come tu desideri e verso dove tu vorrai. Segnami la mia strada nel tuo arco di speranza e lancerò in delirio il mio stormo di frecce. Intorno a me sto osservando la tua cintura di nebbia e i1 tuo silenzio incalza le mie ore inseguite, e sei tu ton le tue braccia di pietra trasparentedove i miei baci si ancorano e la mia umida ansia s'annida. Ah la tua voce misteriosa che l'amore tinge e piega nel crepuscolo risonante e morente! Così in ore profonde sopra i campi ho visto piegarsi le spighe sulla bocca del vento.

.

DECLAMAZIONE DI ERNESTO:

Ho incontrato ingiustizie, povertà e miseria. Non può esistere un mondo così diviso, non può esistere un mondo così. Giuro di non fermarmi mai prima di aver assistito allo sterminio delle piovre capitaliste. Andrò in Guatemala dove diventerò un autentico rivoluzionario. Mamma, papà, zia Beatriz, vi voglio bene e vi abbraccio. Vostro figlio e nipote, quello dalla salute di ferro, lo stomaco vuoto e la luminosa fede nell’avvenire socialista.

La luce illumina un piccolo fuoco intorno al quale sono seduti Che, Granado e altre donne e uomini. Danzano alla musica mentre la luce e la musica sfumano. Il Narratore parla:

A Caracas i due amici si separano ed Ernesto torna in Argentina: gli mancano 15 esami per laurearsi. Dà l’ultimo esame l’11 aprile del 1953 e si laurea con una tesi sull’allergologia. Ma non sta fermo e nel luglio del ’53 riparte per il suo secondo viaggio in America Latina. A dicembre arriva in Guatemala dove incontra Hilda Gadea Acosta, esule peruviana oratrice e politica affascinante. Si scambiano libri e opinioni. Gli presta “La nuova democrazia” di Mao Tze Tung ed Ernesto commenta:

La luce illumina Ernesto e una donna bruna che gli porge un libro e gli mette la testa sulla spalla, lo abbraccia e lo bacia. Ernesto dice:

La realtà cinese è simile a quella latino-americana. Le masse indigene hanno problemi simili a quelle sudamericane: solo una politica egualitaria a livello planetario potrà risolverli!

La luce torna sul Narratore che dice:

Nel 1953 dunque Ernesto è in Guatemala, nella terra dei Maya, i soli mesoamericani ad aver conosciuto il calcestruzzo. In questo piccolo paese dove palpita il cuore dell’America centrale, a sud del Messico, a nord di Salvador e Honduras, laddove i popoli sono incastrati tra l’America del Nord, araldo di una concezione del mondo basata sul dollaro, e quella del Sud, che brancola in una dolorosa mosca cieca: è qui che, tra il mar dei Caraibi e l’oceano Pacifico, Ernesto si trasforma in CHE.

Parla il Che:

Cara Mamma Celia in Guatemala potrei diventare molto ricco metter su una clinica e dedicarmi all’allergologia  (qui è pieno di colleghi da soffiotto). Farlo sarebbe il più orribile tradimento ai due Io che lottano in me, il socialista e il viaggiatore…

La luce illumina Che e Hilda incinta che scappano di qua e di là mentre si odono grida e spari. La luce è intermittente con gli spari. Che:

Dobbiamo andarcene di qui. Molti pericoli gravanbo sulla repubblica democratica del colonnello Arbenz, osteggiata dalla United Fruit che ha assoldato mercenari honduregni e bombarda la capitale. Presto cerchiamo rifugio presso l’ambasciata argentina. Dobbiamo cercare di arrivare in Messico.

Buio. La luce illumina Che seduto ad un tavolo che scrive e legge ad alta voce:

Cara la mia vecchia... ti confesso in tutta onestà che la caduta di Peron in Argentina mi ha amareggiato profondamente, non per lui, ma per quello che significa per tutta l’America. Infatti anche se non ti piace e nonostante i forzosi tentennamenti degli ultimi tempi, l’Argentina era il paladino di tutti noi che pensiamo che il nemico stia nel Nord... Persone come te crederanno di vedere l’aurora di un nuovo giorno... Forse i primi tempi non vedrai la violenza perchè verrà esercitata in un circolo lontano dal tuo... Il partito comunista col tempo sarà messo fuori circolazione, e forse arriverà un giorno in cui perfino papà si renderà conto di essersi sbagliato. Chissà nel frattempo che cosa ne sarà del tuo figlio girovago! ... Forse una di queste pallottole così diffuse nei Caraibi la farà finita con la mia esistenza... Non so se avete ricevuto la notizia protocollare del mio matrimonio e l’arrivo dell’erede: ti comunico ufficialmente che mi sono sposato con Hilda Gadea e avremo un figlio fra qualche tempo... Un abbraccio, Ernesto.

Città del Messico, 24 settembre 1955.

Entra in scena un altro attore (Fidel) con baffi neri. Si siede accanto a Che. Parlano. Fidel:

Io vengo da Cuba. Nella mia isola il 90% dei bambini sono preda dei parassiti. Quattrocentomila famiglie vivono ammassate in catapecchie malsane. Duecentomila sono i bohios, cioè capanne di paglia e argilla. Il 10% della popolazione ha in mano tutte le terre coltivabili e l’industria è nelle mani delle multinazionali americane. Cuba è il casinò dei ricchi statunitensi che la sfruttano anche come casino. Le nostre donne sono belle e diventano prostitute per sopravvivere. Insieme ad altri cubani abbiamo fondato un movimento rivoluzionario: l’M26-7 in ricordo della prima spedizione armata contro il dittatore Batista, fantoccio degli yankees. Abbiamo bisogno di uomini. E’ la rivoluzione. Nel 1956 a Cuba saremo liberi o martiri. La storia ci assolverà! A proposito, mi chiamo Fidel. Fidel Castro, e sono avvocato.

Il Che alzandosi in piedi lo abbraccia dicendo:

Io sono Ernesto Guevara, mi chiamano Che perché sono argentino, ma mi sento già cubano.

Buio.

FINE PRIMO ATTO

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SECONDO ATTO

La luce illumina il Narratore che ha un fucile in mano e mima il tiro a bersagli umani. Sul palco sagome di persone e bersagli. Il Narratore parla:

Gli esuli iniziano l’addestramento al poligono di tiro di Los Gamitos, vicino a Città del Messico ed Ernesto ha il suo primo incarico come capo del personale e medico del gruppo. Il Che marcia, si esercita e scrive poesie. Nel frattempo il nostro rivoluzionario ha una figlia, Hilda Gadea Beatriz che chiamerà affettuosamente “Mao” perché ha la testa pelata.

La luce illumina il Che e mette in ombra il Narratore. Il Che ha un bambolotto in braccio e dice baciandolo:

Al mio piccolo Mao.

Ho percorso le strade d’America. Presso i Maya, in Guatemala, per scoprire una rivoluzione. Là ho incrociato la strada di un compagno, che è diventato la mia guida. Insieme abbiamo vissuto con l’idea di difendere questo piccolo paese dagli yankee. Ora per me è venuto il momento di combattere, questa volta in un altro piccolo paese, un pezzo del nostro continente per scacciarne sfruttamento e miseria. Voglio costruire un mondo migliore, nel quale tu vivrai.

Cara Mamma, è nata Hilidita, spero di vederti in qualche posto in questa cacchina di Dio chiamata terra…

La luce sfuma sul Che e riprende il Narratore che dice:

Ernesto viene arrestato con Fidel Castro ed altri compagni il 20 giugno 1956, ma al processo vengono liberati tutti tranne lui e Fidel Castro, rilasciati dopo 57 giorni di carcere.

La luce illumina il Che mentre scrive insieme a Fidel:

Cara madre la mia strada sembra allontanarsi lentamente e fermamente dalla medicina… un grande bacio dal tuo figlio clandestino…

Musica “il clandestino di Manu Chao”. Il Narratore:

La moglie e la figlia del Che tornano in Perù. Lì Hilda Gadea fonda un comitato di sostegno all’M26-7; lo stesso farà il padre di Ernesto in Argentina e Uruguay. Hilda ed Ernesto si rivedranno solo nel 1959 e Hilda scoprirà che suo marito si è risposato. Divorzieranno il 22 maggio restando buoni amici e a sua volta Hilda si risposerà col pittore cubano Nin Chacon.

Buio, si diffondono dagli altoparlanti rumore di onde, voci sussurrate, il respiro affannoso del Che. Sul muro l’ombra di un battello e uomini col fucile che si muovono.

Che e un altro appaiono sul palco in tenuta verde e barba lunga, con fucile e sigaro che si danno delle pacche per schiacciare le zanzare e si guardano intorno preoccupati. Sfuma il rumore del mare e si odono spari. Sullo sfondo montagne e giungla.

Camilo, siamo ai piedi della Sierra Maestra. Finalmente a Cuba, dove ci ha sbarcati il Granma. Ma lo sbarco è andato male, ci siamo dispersi. Che si fa?  Bel posto per sbarcare: El Purgatorio! Un inferno di zanzare, liane putrefatte e foglie affilate. Ahia! Là, un contadino, ci guiderà sulla Sierra. Ma, dove sono gli altri? Dispersi? Uccisi? Marciamo.

Dagli altoparlanti si diffondo spari, ordini di fare silenzio, rumori di persone in marcia. Gente che si lamenta per la fame. La luce scarsa distingue un Che a terra, con il compagno morto vicino. Parla:

E che sono io un medico o un rivoluzionario? Cosa scegliere tra munizioni e medicinali? Sicuramente le munizioni! Sono ferito. Come Jack London che aspettava la morte per congelamento in Alaska, io l’attendo qui sulla Sierra.

Gli si avvicina Camillo che urla rivolto agli spari nemici in lontananza:

Aquì no se rinde nadie, carajo! Vamos matasanos! Altro che dottore, caro il mio Che, tu sei un ammazza-sani!!

E se lo carica sulle spalle sparando ed uscendo di scena. Una luce fioca illumina la tenda e il Che che scrive e legge a voce alta:

Quando siamo sbarcati sul territorio cubano nessuno di noi pensava che il peso della lotta sarebbe gravato praticamente tutto su un piccolo gruppo che si nasconde sulle montagne… Immaginavamo un movimento di ampiezza nazionale, uno sciopero generale , in cui la presenza di una banda di guerriglieri avrebbe avuto una forte valenza simbolica, ma non che questa truppa di ribelli avrebbe dovuto affrontare e vincere le armate della tirannia…

Narratore:

E’il gennaio del 1957: la colonna ribelle rientra verso l’interno della Sierra, il morale è alto. Si parla con i contadini che abitano le montagne: il Che cura i bambini, attira simpatie, parla al cuore delle persone. Ben presto Radio Bemba  diffonde la notizia che sulla Sierra tra i ribelli, vi è un dottore, chiamato el Che, di pelle bianca che cura gli ammalati ed in cambio non prende nulla… Ma è anche un autentico capo guerrigliero e partecipa alle strategie d’attacco. Durante gli intervalli tra una battaglia e l’altra Ernesto inizia a istruire gli analfabeti; sotto le stelle o in pieno giorno, con la pipa, un sigaro e il Mate, si trasforma in maestro di scuola. Poi si rituffa nei libri che porta sempre con sè. Viene colto spesso da crisi d’asma, ma non gli impediscono di fumare il sigaro di cui lascia una metà a macerare nell’acqua per poi spalmarsi la brodaglia giallastra sulla pelle contro le zanzare.

La luce illumina il Che e altri guerriglieri e contadine che scrivono e ripetono frasi. Poi il Che con una contadina. Parla la contadina:

Perché, dottore, dici a tutte le donne che vengono a visitarsi la stessa cosa?

Risponde il Che:

Vedi, forse le mie conoscenze di medicina non sono eccezionali, ma tutte rientrano nello stesso quadro clinico e dunque dò a tutte lo stesso consiglio. Cosa passerebbe per la testa dei pazienti se il medico dicesse, a proposito dei loro mali: « E’ di fatica che voi, giovani madri soffrite, a furia di fare bambini, a forza di trasportare dai pozzi o dai lontani ruscelli i secchi d’acqua. E’ per colpa di questo lavoro senza tregua che siete esaurite.» Un medico non può curare malati simili. Di fatto bisogna che queste donne, come i loro uomini, migliorino la loro vita quotidiana. Che la comunione con il popolo cessi di essere teorica per diventare reale, concreta, vivente, fino a far parte del nostro essere!...

Entra Fidel con una lettera che porge al Che e mentre lui si appresta a firmarla, gli dice:

Firma: “ Comandante!” e così il Che diventò il comandante della Colonna n.4 dell’esercito guerrigliero.

E gli mette in testa il basco nero con la stella. I due si abbracciano. Parla il Che:

La dose di vanità che tutti abbiamo dentro fece sì che quel giorno mi sentissi l’uomo più contento della terra. Il simbolo della mia nomina, una piccola stella, mi fu dato da Celia Sanchez insieme con uno degli orologi da polso. Con la mia colonna ho come primo compito quello di tendere una trappola al capo degli sbirri.

La voce di una Radio si diffonde: - Qui Radio Rebelde: la guerriglia sta annientando l’esercito di Batista e la sua dittatura. La rivoluzione trionferà. Stiamo costruendo ospedali, forni per il pane e fabbriche di scarpe. Il governo del Movimento 27 luglio governa la Sierra al posto di quello dell’Avana.

Narratore mentre la luce sfuma sul Che e Camino e illumina il Narratore che dice:

Nasce il primo giornale della Sierra e della Rivoluzione “El Cubano Libre” che si diffonde fino all’Avana, battuto dal Che con due dita su una vecchia macchina da scrivere e un ciclostile dell’età della pietra. I legami con i contadini che vivono sulla Sierra sono anche economici: l’armata ribelle acquista i loro raccolti e li cura. Le giornate del Che sono occupate dall’addestramento agli uomini: ad ogni nuova recluta ripete che bisogna imparare a leggere e scrivere per capire perché si porta il fucile. Le battaglie infuriano. Per i soldati di Batista i barbudos sono dei fantasmi, invisibili ed inafferrabili.

Intanto passano le foto del Che sulla Sierra e la musica.

Rumori di spari, avanzano Che e Camilo strisciando per terra. Parla Camilo:

Dobbiamo prendere Santa Clara. L’invasione vera e propria comincia. Ma senti, nessuno spara, la gente è in strada. La rivoluzione è fatta!

Gli risponde il Che:

Noi ce l‘abbiamo fatta perché abbiamo sempre tenuto presente questi principi: mobilità, cioè non stare mai nello stesso posto, non passare due notti nella stessa località, non smettere di camminare da un posto all’altro. Diffidenza, diffidare al principio anche della propria ombra, dei contadini amici, degli informatori, delle guide, dei contatti; diffidare di tutto, sino ad avere una zona libera. Vigilanza, sentinelle costanti, esplorazioni costanti, sistemazione dell’accampamento in un luogo sicuro e, al di sopra di tutto, non dormire mai sotto un tetto, mai dormire in una casa dove si può essere accerchiati.

Entra il Narratore mentre la luce sfuma su Camilo e il Che:

L’attacco finale avviene su tre punti: Santiago de Cuba per Fidel, Las Villas e Santa Clara per Ernesto, Pinar del Rio all’altra estremità dell’isola. Ernesto “Che” Guevara  entra la mattina del 12 ottobre 1958 nella provincia di Las Villas trionfante. Il primo atto del governo rivoluzionario è la promulgazione di un decreto che instaura la riforma agraria ed esonera i contadini dal pagare le tasse, la seconda è l’apertura di una scuola. Il 26 ottobre 1958 il Che incontra Aleida March, colei che diventa la sua seconda moglie…

Entrano Che e Aleida March, dirigente della rivoluzione, discutono, poi lei fa per andarsene ma lui la ferma per un braccio, si abbracciano e si baciano.

Il Narratore continua a raccontare:

Il 20 dicembre il Che e le sue “teste calde” fanno deragliare il treno pieno di truppe inviate da Batista. Il popolo è in delirio e festeggia i barbudos con fuochi d’artificio il 31 dicembre per festeggiare Santa Clara liberata. In camion, a piedi, a dorso di mulo, a cavallo, la rivoluzione si avvicina all’Avana…

Tutti gli attori sono sul palco e gridano Viva la rivoluzione, viva Fidel, viva Camilo, viva il Che. Balli e canti e suoni.

Il narratore dice:

E’ la notte del 3 gennaio 1959: la rivoluzione trionfa a Cuba. Batista scappa negli Stati Uniti.

Diapositiva dei rivoluzionari che entrano all’Avana. Scoppi di fuochi d’artificio.

FINE SECONDO ATTO

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TERZO ATTO

Sul palco vi è un’ala di aereo e cartelli a simulazione di un aeroporto.

Diapositive di Camilo Cienfuegos. Narratore parla mentre Che e Fidel si aggirano sul palco sconsolati:

Il 26 ottobre 1959 Camilo Cienfuegos scompare in mare col suo aereo. Fidel e il Che lo cercano per tre giorni e tre notti e arrivano perfino a chiedere aiuto agli Usa, ma di Camilo non si troverà mai più traccia. Il Consiglio dei ministri nomina ufficialmente il Che presidente della Banca Nazionale.

Parla il Che gettando fiori sul palco:

Camilo fu il compagno di cento battaglie. Era l’immagine del popolo cubano. Lo sento ancora affrontare il nemico durante la disfatta di Alègria del Pio. Era il re dell’avanguardia. Sfidava il pericolo come un matador il toro. Un giorno uccise un soldato dell’avanguardia nemica e raccolse al volo il suo fucile, prima che toccasse terra. Praticava la lealtà con uno spirito quasi religioso… Non so Camino s sei scomparso volontariamente o se il nemico di Cuba ti ha sorpreso… non so se hanno iniziato prendendo te i nemici del libero pensiero… Addio Camilo…

La luce sfuma sul Che ed illumina il Narratore che è seduto sull’ala di un aereo:

Dal 1960 al 1966 il Che diventa ambasciatore di Cuba all’estero e gira il mondo visitando l’Africa, la Russia, il Giappone e tutto il mondo. Rappresenta Cuba al Congresso Mondiale della Gioventù, dove infiamma gli animi dei giovani gridando : “uno, cento, mille Vietnam!” conquistandosi le simpatie di coloro che giudicano quella guerra in Asia un’offesa alla libera determinazione dei popoli. Appare in diverse trasmissioni televisive in tutto il mondo e il suo spirito e la sua arte oratoria affascinano persone diverse, non solo giovani, donne…

Parla il Che:

Quando si visita l’Africa nera ciò che maggiormente attira l’attenzione è la straordinaria parentela che esiste con Cuba che oggi conta il 30 % di sangue nero. La cultura e il modo di vita cubani riflettono le antiche culture nere. Da un lato è la società che agisce mediante l’educazione diretta e indiretta; dall’altro è l’individuo stesso che si sottopone ad un processo cosciente di autodeterminazione. La nuova società deve e lottare molto duramente contro il passato, per creare un hombre nuevo, l’uomo del terzo millennio. Il partito dovrà essere composto da uomini di valore. Il vero rivoluzionario è colui che è guidato da autentici sentimenti d’amore. Forse questo è uno dei drammi più grandi del dirigente di partito, ma anche dei grandi partiti comunisti e socialisti del mondo… Non capisco l’America ma non capisco nemmeno l’Unione Sovietica che sono imperialisti entrambi… Non c’è amore per il popolo… non c’è speranza che possano contribuire alla costruzione dell’hombre nuevo di cui ha bisogno la nuova società… Ma a Cuba, adesso che la rivoluzione ha trionfato, abbiamo bisogno di trattori e di tecnologia, non di belle parole, ideologia e demagogia e nemmeno di “dirigenti sovietici indottrinatori politici di partito”… i Cubani hanno bisogno di mangiare e per farlo dobbiamo risollevare l’economia…ma non potremmo farlo se l’Urss abusa di noi e in tutti i contratti economici…

A lato del palco la luce illumina un gruppo di persone che parlano e scuotono la testa. Indicano il Che e fanno il gesto di tagliargli la gola. Le persone devono essere abbigliate in modo da apparire americani, russi, cubani.

La luce quindi illumina il Narratore e sfuma il Che e il gruppo di persone:

Dal 1966 il Che scompare. Tutto il mondo si chiede dove sia finito. Voci maligne diffuse ad arte dicono che sia depresso, o a farsi curare l’asma. In realtà per tutto quell’anno è a Pinar del Rio ad addestrarsi con un  gruppo di uomini del suo ex commando e una sessantina di boliviani. Parte per la Bolivia il 5 novembre dove all’aeroporto non trova il capo del partito comunista del luogo che lo doveva attendere per organizzare la guerriglia. Si saprà più tardi che, d’accordo con Fidel, Monje è in Bulgaria per prendere accordi con Mosca sulle sorti del Che e della guerriglia Boliviana. Gli accordi di Yalta parlano chiaro: l’Urss non deve interferire in America Latina. Tutti i comunisti dell’epoca sono d’accordo che la missione del Che in Bolivia deve fallire.

La luce illumina il Che che è disteso a terra, con una mano si tiene la gamba ferita. Un cartello illumina la scritta “Escola de la Higuera”. Entra un soldato con un mitra. Guarda negli occhi il prigioniero. Beve bicchieri di liquore, poi spara bruscamente una raffica di mitra al prigioniero. Questi sussulta e poi giace inerme.

Buio.

Luce illumina il Che che si alza e legge una serie di lettere:

Cari Vecchi, andrò fino in fondo, sento di nuovo sotto i talloni i fianchi di Ronzinante, riprendo la strada scudo al braccio. Molti mi tratteranno come un avventuriero e lo sono, ma di un genere diverso, di quelli che rischiano la pele per difendere le proprie convinzioni…Addio mamma, addio papà

Cari Hildita, Camilo, Celia ed Ernesto, vostro padre è stato un uomo che ha agito secondo il suo pensiero. Crescete come bravi rivoluzionari. Studiate molto e ricordate che ciascuno non vale nulla preso isolatamente, ciò che vale è la rivoluzione, l’insieme delle genti. Nel più profondo di voi stessi, soprattutto, siate capaci di sentire ogni ingiustizia commessa contro chiunque in qualunque parte del mondo. Un grande e forte bacio, bambini miei…

Fidel, in questo momento mi tornano in mente tante cose, ma oggi prendo congedo da te e dal tuo popolo che ormai sento come mio. Credo di aver lavorato con sufficiente onestà  e dedizione a consolidare la vittoria della rivoluzione. Ma altre terre nel mondo reclamano il contributo delle mie modeste forze. Scarico Cuba di ogni responsabilità, dovunque io sarò mi sentirò un rivoluzionario. Non lascio alcun bene materiale a mia moglie e ai miei fiugli, non chiedo nulla per loro perché so che lo Stato darà loro ciò che basta per vivere e crescere. Le parole non sono necessarie e non possono esprimere tutto quello che vorrei. Hasta la victoria siempre!

Buio.

Narratore:

Questa ultima lettera sarà resa pubblica da Fidel Castro il 3 ottobre 1965, giorno della Costituzione del Comitato Centrale del Partito. Il Che disturbava troppo, sia a destra che a sinistra. Con il Che entriamo nell’utopia. E’ stato preso in una morsa tra i due Grandi, e la Cia come il Kgb, si sono ritrovati a dare la caccia per ragioni diverse alla stessa preda. Alla luce del sole la Cia con i ranger boliviani che aveva addestrato, e nell’ombra il Kgb, tappandogli le prese d’aria per asfissiarlo. E Fidel? La storia lo giudicherà e forse, lo assolverà o lo condannerà.

Voce fuori campo dice mentre la foto del CHE di Korda si staglia sullo sfondo:

La sua foto è posata sulla mia scrivania

Tra il mappamondo e la vecchia macchina da scrivere,

made in Usa.

Il Che s’è installato da me

Con i suoi occhi da santo e la sua barba da adolescente

E sorride

Malgrado la febbre e l’asma

E le condizioni della storia.

Francis Combe (poeta francese)

FINE