Il contratto di divorzio

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Il contratto di divorzio

di Vincenzo Rosario PERRELLA ESPOSITO

(detto Ezio)

14/04/2017

Personaggi:   8

Clemente

L’avvocato Lotario De Nittis

Brigida

Leonardo

Paolo

Suor Susanna

Vanessa

Suor Adriana

Clemente e Brigida sono sposati da pochi anni. Eppure Clemente non è felice. Sua moglie è ritenuta bruttissima esteticamente e caratterialmente, e le due cose deprimono oltremodo l’uomo. Egli tenta perfino il suicidio (reale o presunto?), ma viene salvato all’ultimo momento dall’avvocato Lotario De Nittis, il quale congegna (grazie ad un involontario suggerimento dello stesso Clemente) un contratto di divorzio. Attraverso tale documento, Brigida dovrebbe rinunziare ai propri diritti di coniuge relativamente a parametri economici. Con un sotterfugio, la donna viene mandata a Milano. Al suo ritorno troverà diversi cambiamenti (compreso il contratto pronto). Ma lei non è più la stessa, almeno esteticamente. Infatti nel suo viaggio a Milano ha approfittato per farsi modificare letteralmente la propria immagine. Nella storia, gli inevitabili equivoci accompagneranno il tema centrale che concerne la voglia di Clemente di riuscire a liberarsi di Brigida. Ma appena vedrà la nuova versione migliorata (almeno esteticamente) della moglie, cambierà idea?

Numero posizione SIAE 233047

Per contatti Ezio Perrella 3485514070 ezioperrella@libero.it

            Napoli. Salone di casa Izzo a cui si accede da un ingresso comune (a fianco c’è un appendiabiti). In mezzo vi è un tavolo con quattro sedie. Alla destra della stanza c’è la credenza con lo specchio e un divanetto con un tavolino davanti. Due porte conducono: a sinistra in cucina e altre stanze; a destra in bagno, camera da letto e altre stanze.

ATTO PRIMO

1. [Clemente e l’avvocato Lotario De Nittis]

                   Sull’estrema destra, c’è Clemente (in piedi su una sedia) con una corda al collo

                   (che pende dall’alto) che cerca di impiccarsi, mentre l’avvocato De Nittis

                   (molto panciuto ma non grasso) cerca di fermarlo.

Clemente: Voglio murì, voglio murìììì!

De Nittis:  No, no, scendete, scendete!

Clemente: Voglio murì, voglio murìììì!

De Nittis:  Signor Izzo, adesso basta!

                  Tenta di farlo scendere dalla sedia ma il cappio è ancora al collo e lui si strozza.

Clemente: (Sofferente) Lasciatemi, lasciatemi!

De Nittis:  No, non vi lascio.

Clemente: (Sofferente) Lasciatemi, lasciatemi!

De Nittis:  Scendete, scendete!

Clemente: (Sofferente) Lasciatemi, lasciatemi!

De Nittis:  Ho detto che non vi lascio, altrimenti voi vi impiccate.

Clemente: (Seccato) Ma mi state impiccando voi!

De Nittis:  Uh, scusate! (Lo lascia)

Clemente: Ah, mamma bella! (Si libera del cappio) Aiutatemi a scendere.

De Nittis:  Certo, subito. 

                  De Nittis aiuta a scendere Clemente. Poi i due si siedono al tavolo.

Clemente: (Riprendendo fiato) Avvocà, ma perché mi avete salvato la vita?

De Nittis:  E voi perché mi avete fatto venire qua?

Clemente: Per parlarvi.

De Nittis:  No, voi volevate che io vedessi il vostro tentativo di suicidio affinché vi salvassi

                   la vita. E diciamolo, se volevate suicidarvi davvero, vi gettavate dal balcone.

Clemente: No, io? Ma per carità, io volevo veramente suicidarmi. Anzi, non ve ne andate,

                   perché se no lo faccio.

De Nittis:  Ma perché volete suicidarvi? Che cosa vi rende così triste?

Clemente: (Si alza in piedi e gironzola in stanza) Mia moglie.

De Nittis:  Che cosa vi ha fatto?

Clemente: Avvocà, è brutta un accidente!

De Nittis:  E non potevate pensarci prima di sposarvela?

Clemente: Ci ho pensato, ma quella mi aveva promesso che dopo il matrimonio diventava

                   bella. E invece mi ha ingannato, perciò chiedo l’annullamento del matrimonio!

De Nittis:  Eh, addirittura? Ma che ddicìte?

Clemente: Avvocato, trovatemi una legge adatta per il mio caso. Su, cacciate, cacciate!

De Nittis:  Ma ch’aggia caccià? Secondo voi, la legge tutela dalla bruttezza del proprio

                   coniuge? (Poi incuriosito) A proposito, ma almeno sta bene economicamente?

Clemente: No!

De Nittis:  Niente di meno? Nun è bella e nun tene manco ‘n’Euro? Ma chi ve l’ha fatte fa’

                   ‘e v’’a spusà? (Si alza e gli si affianca) Caro signor Izzo, la vita è fatta di

                   felicità. Se un essere umano non può essere felice, che campa a ffa’?

Clemente: E io perciò mi voglio suicidare. Anzi, adesso provo di nuovo a impiccarmi.

De Nittis:  Ma fatela finita. Siate serio. Piuttosto, cercate un’altra soluzione. Parlatele.

Clemente: Di che cosa?

De Nittis:  Del fatto che non la amate più e che volete divorziare da lei.

Clemente: (Ironico) E bravo all’avvocato. Ma vuje fùsseve scemo? Se io divorzio da lei,

                  dopo devo pure mantenerla economicamente. Accussì faccio curnuto e mazziato!

De Nittis:  Ma perché, vostra moglie ve mette pure ‘e ccorne?

Clemente: Me mette ‘e ccorne? Voi sapete pure questo? E chi ve lo ha detto?

De Nittis:  Voi!

Clemente: Io? 

De Nittis:  Sì, esatto. Voi avete detto “Accussì faccio curnuto e mazziato!”…

Clemente: Ma che c’entra? Quello è un modo di dire.

De Nittis:  Sentite, signor Clemente Izzo, voi dovete essere uomo. Davanti alle vostre

                   responsabilità, non vi dovete sottrarre.

Clemente: Avvocà, ma che v’aggio chiammato a ffa’? Voi state parlando e state parlando,

                   ma non mi state dando nessuna soluzione.

De Nittis:  Il divorzio lo è. Ma voi pensavate che il divorzio non portasse conseguenze? Può

                   anche essere, ma alla base ci dovrebbe stare un contratto di divorzio.

Clemente: E non si può fare?

De Nittis:  Che cosa?

Clemente: Questo contratto di divorzio.

De Nittis:  Ma non esiste. O almeno esiste in altre forme, ma non come lo intendete voi.

Clemente: Avvocà, ma vuje me vulìsseve sfottere? Voi mi dovete dire le cose che esistono,

                   non quelle che ci dovrebbero essere!

De Nittis:  (Ci fa un pensierino) Però lo sapete che è un’ottima idea? Dopo il contratto di

                   matrimonio, c’è anche il contratto di divorzio. E vi dirò io cosa ci vuole. Fate

                   così, preparatemi un caffè.

Clemente: Ah, aggio capito: pe’ ffa’’o contratto ‘e divorzio, ce vo’ ‘o ccafè?

De Nittis:  Ma che state dicenno? Il caffè serve a me per ragionare sul contratto di divorzio.

Clemente: Ah, ecco. Ve lo vado a preparare in cucina.

De Nittis:  Non importa, vengo anch’io con voi, così se avete un po’ di pane, me lo mangio.

Clemente: ‘O ppane cu’ ‘o ccafè? E vabbuò, jamme ‘int’’a cucina. Mah!

                  Escono via a sinistra.

2. [Brigida e Leonardo]

                   Dal centro giungono Brigida (bruttissima con baffetti, occhiaie e vestita male) e  

                   suo fratello Leonardo (ben vestito in gessato).

Brigida:     Leonà, comme so’ cuntenta ‘e te vedé.

Leonardo: E già, pur’io a te. Sorella cara, ti trovo in forma dall’ultima volta che ti ho vista.

                   E pure più bella. (La osserva meglio) Leggermente!

Brigida:     Mi fai arrossire!

Leonardo: A proposito, ma tuo marito non me lo fai conoscere?

Brigida:     Ma pecché, nun ‘o cunusce ancora?

Leonardo: E no, quando ti sei fidanzata e quando ti sei sposata, io stavo in carcere. Mi   

                   arrestano sempre nei momenti meno opportuni!

Brigida:     Leonà, ma ‘a vuo’ mettere ‘a capa a posto?

Leonardo: E ch’è colpa mia? Ormai s’hanne fissate cu’ me. Ma tu hai capito per cosa mi

                   hanno condannato? Detenzione e spaccio di droga.

Brigida:     Niente di meno? E non volevi nemmeno essere condannato?

Leonardo: (Perplesso) Ma… pecché? Nun se po’ ffa’?

Brigida:     E no. E’ illegale. Non lo sapevi?

Leonardo: No!

Brigida:     E mò ‘o ssaje! Piuttosto,mettiti a fare il lavoro di papà. Riapri la sua lavanderia.

Leonardo: E io me metto a llavà ‘e mmutande d’’e ggente? Ma io songo ‘n’ommo ‘e

                   sustanza. I soldi si guadagnano facendosi rispettare, non facendosi sfottere dallo

                   stato che pretende solo tasse.

Brigida:     Vabbuò, fa’ comme vuo’ tu. Senti, vuoi restare a mangiare qua da noi?

Leonardo: Volentieri. Che si mangia?

Brigida:     Pasta e patane!

Leonardo: Pe’ carità, a chi vuo’ avvelenà?!

Brigida:     A mio marito Clemente gli piacciono assai.

Leonardo: Che brutti gusti che tiene. No, preferisco spaghetti al pomodoro. Vai, preparali.

Brigida:     Ma… ma… e a lui che gli dico?

Leonardo: Pripara ‘a pasta e patane a isso, mentre io e te ce magnàmme ‘e spaghetti!

Brigida:     E che me metto a cucenà doje cose diverse? No, mò faccio accussì: faccio ‘o

                   spaghetto al pomodoro. Invece, ‘a pasta e patane, ‘a pozzo cucenà dimane.

Leonardo: Brava! Siente, primma che penzamme a magnà, t’aggia cercà ‘na cosa. Voglio

                   rivedere le fotografie della buonanima di mammà.

Brigida:     Ma pecché, tu nun si’ venuto ‘o funerale?

Leonardo: No, stevo carcerato.

Brigida:     Ma tu staje sempe carcerato?

Leonardo: E io sono vittima di una persecuzione. Sai perché mi condannarono? Per rapina.

Brigida:     E hai detto niente?

Leonardo: (Perplesso) Ma… pecché? Nun se po’ ffa’?

Brigida:     E no. E’ illegale. Non lo sapevi?

Leonardo: No!

Brigida:     E mò ‘o ssaje! Va bene, vieni con me in camera da letto. (Prima di avviarsi,

                   dice un’ultima cosa al fratello) Vedrai, ti piacerà. 

Leonardo: ‘O spaghetto cu’ ‘a pummarola?

Brigida:     No, mio marito.

Leonardo: Brigida, ha da piacé a te. Io, al massimo, si isso te fa piglià collera, l’aràpo ‘a

                   capa. Ch’aggia fa’? Vaco ‘n’ata vota carcerato!

                   Escono via a destra Brigida fa strada a Leonardo.

3. [Clemente el’avvocato Lotario De Nittis. Poi Brigida]

                  Da sinistra tornano Clemente e De Nittis (che mangia un ultimo pezzo di pane).

Clemente: Avvocà, ora ho capito il vostro piano. E… (Lo nota mangiare) Ma state ancora

                   magnanno? ‘A vulìte fernì, sì o no?

De Nittis:  Scusate, non ci fate caso, ma questo pane col salame è così buono.

Clemente: Ma voi non vi dovevate prendere il caffè?

De Nittis:  Sì, magari dopo.

Clemente: Dopo aver scritto il contratto di divorzio?

De Nittis:  No, dopo aver mangiato qua da voi. Che cosa cucinate di bello?

Clemente: Pasta e patate.

De Nittis:  Pe’ carità, a chi vulìte avvelenà?! Non sarebbero meglio spaghetti al pomodoro?

Clemente: Beh, veramente, io sono intollerante al pomodoro.

De Nittis:  E allora vada per la pasta e patate. E per secondo?

Clemente: Non lo so ancora. Avvocà, ma vogliamo concentrarci sul contratto di divorzio?

De Nittis:  Giusto, avete ragione.

Clemente: Vogliamo andare nel vostro studio?

De Nittis:  No, non possiamo. Io non so cucinare.

Clemente: E va bene, stiamoci qua. Allora, come si fa questo contratto?

De Nittis:  Bisogna che, con una scusa, mandiate vostra moglie via di casa per alcuni giorni.

Clemente: E come la mando via? Che mi invento?

De Nittis:  Vostra moglie ha passato la prima selezione del concorso di Milano. Ricordate?

Clemente: Overamente? Quello della scuola?

De Nittis:  Bravissimo!

Clemente: Ma quella è stata scartata allo scritto perché ha sbagliato tutte le risposte.

De Nittis:  Non è vero. Le altre hanno fatto più schifo di lei. E vostra moglie deve ricevere

                   la cartolina che annuncia il passaggio agli orali del concorso.

Clemente: E quando arriva?

De Nittis:  Ma la dovete scrivere voi.

Clemente: Io? E che songo ‘o ministro d’’a pubblica istruzione?

De Nittis:  Per finta, signor Izzo.

Clemente: Ah, ecco. E quando poi se n’è andata? Che facciamo?

De Nittis:  Organizziamo una manovra per metterla di fronte a fatti compiuti. (Nota

                   Clemente perplesso) Aggio capito, nun state capenno proprio niente. Non ci

                   pensate, fate in modo di sbarazzarvi di vostra moglie.

                   Da destra torna Brigida.

Brigida:    Mettiamo la pentola sul fuoc… (Nota i due)

Clemente: Ah, avvocà, ecco mia moglie.

De Nittis:  Piacer… (Si volta, la nota e si spaventa) Mamma ‘e ll’Arco, ‘o mostro!

Brigida:    Dove sta il mostro?

Clemente: Ehm… no, niente, lui è il mio amico avvocato Mostro!

De Nittis:  Piacere, De Nittis. (Le stringe la mano)

Brigida:    Ma vi chiamate Mostro o De Nittis?

Clemente: Mostro De Nittis!

De Nittis:  (La guarda e non la guarda) E voi sareste la moglie del signor Clemente?

Brigida:    Sì, sono io. E a che cosa dobbiamo la vostra visita?

Clemente: Al contratto.

Brigida:    Il contratto?

De Nittis:  (Lo guarda male e mette una toppa) Ehm… sì, il contratto. Nel senso che vostro

                   marito deve fare un contratto con i suoi clienti.

Brigida:    Ma mio marito fa ‘o macellaro!

De Nittis:  (In difficoltà) Ehm… sì, infatti tra poco, per comprare la carne, bisognerà

                  firmare un contratto col macellaio!

Brigida:    Niente di meno? E comme sta addiventànno difficile, ‘a vita! Mah! E va bene,

                  allora col vostro permesso, io vado a cucinare.

Clemente: E non vai a farti le valige?  

Brigida:    E addo’ aggia i’?

Clemente: A Milano. Tra non molto deve arrivarti la cartolina.

Brigida:    M’ha da arrivà ‘na cartulina ‘a Milano?

De Nittis:  (Lo guarda male e mette una toppa) Ehm… sì, una cartolina d’auguri da una zia.

Brigida:    Ma io nun tengo a nisciuno, a Milano!

Clemente: Mia zia Assunta.

Brigida:    Ma chella è morta.

Clemente: E te l’ha mannata aroppo ch’è morta pe’ t’invità ‘o funerale suojo!

De Nittis:  Ma no, non scherzate! La zia Assunta avrà mandato la cartolina prima di morire.

Clemente: Appunto, quella voleva avvisare che stava per morire.

De Nittis:  (Lo guarda male) E che ne sapeva? Basta, smettetela di scherzare. Signora,

                  prego, vi dò il permesso di andare a cucinare.

Brigida:    Grazie! Arrivederci.

Clemente: Cià!

                  Brigida esce via a sinistra. De Nittis redarguisce Clemente.

De Nittis:  Signor Clemente, ma volete stare attento a come parlate? Niente di meno,                 

                  m’avìte costretto a dicere ‘nu cuofono ‘e fessarie a vostra moglie!

Clemente: E scuatemi, avvocato, abbiate pazienza. Quando mi trovo davanti a mia moglie,

                  mi perdo. A proposito, avete visto quant’è brutta?

De Nittis:  Mamma mia, avevate proprio ragione. Ma soprattutto, è assai sospettosa. Ma

                  non si fida di voi?

Clemente: No! Comunque, adesso che facciamo?

De Nittis:  Andiamo a comprare una busta per lettere e scriviamo la cartolina di                   

                  convocazione al concorso. Mettiamo un finto timbro postale e il gioco è fatto.

Clemente: Bravo, avvocà. Il tabaccaio sta proprio qua fuori.

De Nittis:  E accanto ci sta quella bella salumeria. Vorrei comprare proprio dei bei salami.

Clemente: Avvocà, ma vuje penzate sempe a magnà?

De Nittis:  I regali non si rifiutano mai, e io vi ringrazio per il gentile pensiero.

Clemente: Aggio capito, i salami ve l’aggia accattà io. Jamme a ascì, forza.

                  Escono per il centro.

 

4. [Paolo e Leonardo]

                   Da destra torna Leonardo con tre foto sottobraccio e dei soldi in mano.

Leonardo: Soldi!

                   Li conta mentre in casa entra Paolo che va da dietro e lo osserva contare.

                   Sono 600 Euro. Mi servono proprio.  

Paolo:        (E’ tartaglio) Ma que-questo è un furto.

Leonardo: Chi è? (Osserva Paolo) Non ho il piacere.

Paolo:        E ne-nemmeno io.

Leonardo: Io sono Leonardo, il fratello di Brigida. La conosci?

Paolo:        Sì!

Leonardo: E tu invece chi sei?

Paolo:        Io so-sono il cu-cugino di Clemente. Mi chiamo Pa-Paolo.

Leonardo: Molto bene, Paolo. A proposito, non ho capito che dicevi poco fa. Perché dici            

                   che questi soldi sono un furto?

Paolo:        No-non lo so. Do-dove li hai trovati?

Leonardo: Nella camera da letto di mia sorella.

Paolo:        E all-allora è un fu-furto.

Leonardo: (Perplesso) Ma… pecché? Nun se po’ ffa’?

Paolo:        E no. E’ illegale. Non lo sapevi?

Leonardo: No!

Paolo:        E mò-mò ‘o ssaje!

Leonardo: Vabbuò, nun te prioccupà, è fessarìa. (Mette i soldi in tasca) Tanto, songo           

                   abituato a gghi’ ‘ngalera!

Paolo:        (Nota le foto sotto il braccio) E que-quelle foto?

Leonardo: (Le osserva con rammarico) Questa è la buonanima di mammà.

Paolo:        Ma quala ma-mammà? Che-chella è ‘a nonna ‘e Clemente!

Leonardo: ‘O vero? Però assumiglia ‘nu poco a mia mamma! (Vede un’altra foto) E allora

                   mammà mia è chesta.

Paolo:        No-no, che-chella è ‘a signora Carmela.

Leonardo: E chi è ‘sta signora Carmela?

Paolo:        ‘A fru… ‘a fru… ‘a fruttajola amica ‘e Brigida.

Leonardo: Azz, mia sorella tene ‘a fotografia d’’a fruttajola soja? E a che le serve? Mah! (E

                   guarda l’ultima foto) E allora sarrà chesta mammà mia. No, nun po’ essere,     

                   pecché chisto è maschio. Tene pure ‘e bbaffe!

Paolo:        No, no, chillo nu-nun è maschio. E’ Brigida!

Leonardo: (Imbarazzato) Ehm… sì, ora che la guardo bene, è proprio mia sorella. A

                   proposito, come mai in questa casa? Ti serve qualcosa?

Paolo:        Io so-sono l’architetto che ha mo-modificato la lo… la lo… la loro casa. Ti

                   pia…ti pia… ti piace?

Leonardo: E io ancora non l’ho vista tutta quanta. L’hai fatta tu?

Paolo:        Sì, loffa… loffa… loffa  

Leonardo: Uhé, loffa a me?

Paolo:        No, io di-dicevo: loffa… loffa… loffatta* io!                           *(loffatta= l’ho fatta io)                             

Leonardo: Ah, ecco. Avevo capito che volevi dire un’altra cosa. Te stevo pe’ dda’ ‘na            

                   capata ‘nmocca!

Paolo:        Ma co-come? Mi avresti pi-picchiato?

Leonardo: (Perplesso) Ma… pecché? Nun se po’ ffa’?

Paolo:        E no. E’ illegale. Non lo sapevi?

Leonardo: No!

Paolo:        E mò-mò ‘o ssaje!

Leonardo: Beh, io vado in cucina da mia sorella. Mangi con noi? Oggi si mangiano                        

                   spaghetti al pomodoro.

Paolo:        Pre-preferisco la pasta e patate. Però mi acco-accontento.

Leonardo: E me fa piacere.

Paolo:        A-addo’ sta?

Leonardo: Di là. Vieni con me.

                   Escono a sinistra.

5. [Clemente, Susanna e Adriana]

                   Dal centro torna Clemente tutto contrariato.

Clemente: Chill’avvocato è ‘na sanguisuga! Ce aggia avuta regalà salame e prusutto! E

                   questo al di fuori dell’onorario. Che schifo! (Si siede sul divanetto) Che schifo!

                   Dal centro entrano due suore: suor Susanna e suor Adriana. Silenziosamente,

                   vanno dietro di lui e lo ascoltano.

                   Mò sta scrivenno ‘a finta cartulina pe’ Brigida. Poi penseremo al divorzio.

Le due:      Noooo!

Clemente: Chi è? (Si alza in piedi e le osserva) E chi so’ ‘sti ddoje? Scusate, sorelle, chi

                   siete voi? Come siete entrate?

Susanna:   Abbiamo trovato la porta aperta e siamo entrate.

Clemente: E questa è una trovata di mio cugino che fa l’architetto. E’ lui che ci ha

                   modificato la casa. Ha detto che la porta d’ingresso, per moda, non si deve mai

                   chiudere. Solo di notte. E mia moglie, cchiù scema ancora, ha detto di sì.

Adriana:   Scusate, ma non ci interessa. Io sono suor Adriana e lei è suor Susanna. Siamo

                   entrate in questa casa che si trova vicina alla chiesa dove ci troviamo noi.

Clemente: E come posso esservi utile?

Susanna:   La chiesa sta cadendo a pezzi. Ci servirebbe una offerta per farla aggiustare.

Clemente: Nun aggio capito, e trasìte proprio ‘int’’a casa mia? Ma siete andate pure nelle

                   altre case?

Adriana:   Nessuno ci ha aperto la porta.

Clemente: E se capisce. Si steva chiusa pure ‘a porta d’’a casa mia, anch’io non vi aprivo.

Susanna:   E grazie tante. Piuttosto, non potete dire a quel vostro cugino architetto di    

                   aggiustarci la chiesa?

Clemente: Signorina…

Adriana:   Signorina a lei? Quella è una suora.

Clemente: Signora…

Susanna:   Signora a me? Io sono una suora.

Clemente: Scusate, ma allora comme v’aggia chiammà?

Adriana:   Sorella!

Susanna:   O al massimo madre!

Clemente: E va bene. Sorella o al massimo madre… no, è meglio che vi chiamo suore. Mi

                   piace di più. Suore, voi volete a mio cugino per aggiustare la chiesa? Quello

                   sarebbe capace di farla diventare una discoteca.

Susanna:   Allora è bravo?

Clemente: No, fa schifo! Pensate, mi ha messo il bagno di casa su un soppalco alto un  

                   metro e con quindici gradini. Se ti viene un mal di pancia, haje voglia ‘e te fa’

                   sotto! Ma io mi sono attrezzato con un piccolo orinale sotto il letto!

Le due:     (Vergognate) Oh, mamma mia!

Clemente: E non vi imbarazzate. Che cosa ho detto di male? Allora, se conoscete a mia

                   moglie, che cosa fate? Quella è brutta un accidente.

Susanna:   Ed è per questo che volete divorziare da lei?

Clemente: No, pure per il suo bruttissimo carattere.

Susanna:   (Gli afferra la camicia sul petto) Ma voi lo sapete che il divorzio è peccato?

Adriana:   (Va dall’altra parte e gli afferra il petto) Mica avete pure qualche figlio?

Clemente: Ehm… no. E chi tiene il coraggio di fare un figlio con mia moglie? Se poi nasce

                   tale e quale a lei? Dopo lo devo buttare!

Le due:     (Lo spingono sul divanetto) Nooooo!

Susanna:   E’ peccato!

Adriana:   E’ peccato!

Susanna:   E’ peccato!

Adriana:   E’ peccato!

Clemente: (Spazientito)Ho capito, è peccato. (Si alza in piedi) Sentite, facciamo così: se vi

                   dò l’offerta per la vostra chiesa, ve ne andate?

Susanna:   Tirate fuori il denaro!

Adriana:   E ce ne andiamo.

Clemente: (Dalla tasca estrae una moneta) Ecco qua. A chi la dò l’offerta?

Susanna:   A me.

Adriana:   No, a me. Prego!

Clemente: Pigliate e arrivederci. (Le dà la moneta)

Susanna:   Un Euro? Soltanto? Ma voi avete capito che dobbiamo fare i lavori alla chiesa?

Clemente: E che ve l’aggia pavà tutte quant’io? 

Susanna:   Ma che tirchio d’uomo. Lo sapete che la tirchieria è peccato?

Adriana:   Quella è l’avarizia.

Clemente: E quanto vi devo dare?

Susanna:   Perlomeno 10 Euro.

Adriana:   Ma anche 20!

Clemente: Suora, io questo mi trovo al momento. I soldi li tengo in camera mia.

Susanna:   Veniamo insieme a voi. E fate presto, che devo cucinare.

Adriana:   Che cosa mangiamo, oggi?

Susanna:   Pasta e patate.

Adriana:   Ma a chi vuo’ avvelenà? Meglio spaghetti al pomodoro. Signor… signor…

                   come vi chiamate?

Clemente: Clemente.

Susanna:   Signor Clemente, volete favorire con noi?

Clemente: No, sono intollerante al pomodoro. Preferisco la pasta e patate di mia moglie.

Susanna:   Fate come volete. E adesso andiamo a prendere questi soldi.

Clemente: Ma non potete aspettare qua?

Le due:      Noooo!

Clemente: Mamma mia, comme fanno brutto ‘sti ddoje! Venite con me, prego.

                   I tre escono a destra.

6. [Brigida, Paolo e Leonardo]

                   Da sinistra tornano Brigida, Leonardo e Paolo.

Brigida:     Leonardo, hai conosciuto Paolo?

Leonardo: Sì, sì. Mi pare un tipo tranquillo. Io l’ho pure invitato a restare a pranzo qui.

Paolo:        Esa-esatto. 

Brigida:     E a me mi fa piacere.

Paolo:        Ma do-dove sta il no-no… il no-no…?

Leonardo: ‘O nonno?

Brigida:     ‘O nonno tuojo è muorto tant’anne fa!

Paolo:        No, no. Io di-dicevo il no-nostro Clemente.

Brigida:     E starà in giro.Mò lo vedi tornare.   

Leonardo: Quello stravede tanto per te. Non è vero, sorella mia?

Brigida:     Esatto.

Paolo:        E nun c’è bi-bisogno ‘a zi… ‘a zi… ‘a zi….

Leonardo: ‘A zia? Quala zia?

Brigida:     Ma pecché, ha da venì pure qualche zia a magnà ccà addu’ nuje?

Paolo:        Ma no. Nun c’è bi-bisogno ‘a zi… ‘a zi… ‘a zingara p’andivinà che Cle-

                   Clemente te vo’ be-bene!

Leonardo: Staje facénno ‘na faticata pe’ parlà!

Paolo:        E ch-ch’aggia fa’? La li-lingua non è buona, ma in co-compenso il resto sì.Io

                   so-sono un architetto artistico. Un a-architetto con le pa-pa… con le pa-pa…

Brigida:     Paolo, nun dicere ‘sti ccose sporche.

Leonardo: Diciamo con gli attributi maschili.

Paolo:        Ma no. Con le pa-pa… con le pa-pa…  con le pa-parole sempre pronte. La ma-

                   mattina mi piace sve-svegliarmi col rum… col rum…

Leonardo: ‘A matina te piace ‘e te ‘mbriacà?

Brigida:     Invece di bere alcolici, beviti un poco di latte.

Paolo:        Ma no. Il rum… il rum… il rumore delle onde del ma-mare. Dal mio ba-balcone             

                   si sente l’odore della me… della me…

Leonardo: E vabbé, se vede che cocche cane ha fatto ‘nu bisognino fora ‘a casa toja!

Brigida:     Chi schifo!

Paolo:        Ma no. L’odore della me… della menta!

Bri&Leo:  (Si rassicurano) Ah, la menta!

Paolo:        E ‘sti ca… e ‘sti ca… e ‘sti ca…

Leonardo: Bravo, quanno ce vo’, ce vo’!

Brigida:     Paolo, ma cosa dici?

Paolo:        E ‘sti ca… e ‘sti ca… e ‘sti caldi tramonti mi illuminano.

Bri&Leo:  (Si rassicurano) Ah, ecco!

Brigida:     E vabbuò, facìte accussì: andatevi a lavare le mani, così mangiamo.

Leonardo: ‘O bagno addo’ sta?

Paolo:        E mò-mò te ce porto io! Il ba-bagno è opera mia.

Brigida:     Bravo, Paolo.

Leonardo: Brigida, io vaco a vedé ‘stu capolavoro ‘e bagno e ppo’ ce vedìmme pe’ magnà.

                   I due escono a destra confabulando.

Brigida:     Menu male, so’ cuntenta che chilli duje hanne fatto amicizia. Non vedo l’ora di  

                   far conoscere Clemente a Leonardo. Gli devo far vedere come ci vogliamo bene. 

                   E ora andiamo a pigliare una tovaglia pulita.

                   Esce via a sinistra.

7. [Clemente, suor Adriana e suor Susanna. Poi De Nittis]

                   Da destra tornano Clemente, suor Adriana e suor Susanna.

Clemente: (Seccato) Suore, suore, ho capito: il divorzio è peccato. Me state facénno ‘na

                   capa tanta!

Susanna:   E continueremo a farvela tanta, se dite un’altra volta che volete divorziare da                    

                   vostra moglie.

Adriana:   Capito?

Clemente: Sì, sì, ho capito. Però adesso vi ho dato i 10 Euro? E arrivederci.

Susanna:   Voi non ci potete cacciare così.

Adriana:   Non è educato.

Clemente: Va bene, ma adesso andate a preparare la pasta e patate. E buon appetito.

Susanna:   Anche a voi.

Adriana:   Arrivederci.

                  Vanno verso l’uscita e si fermano sulla soglia della comune. Clemente non le             

                   guarda e commenta.

Clemente: Assa fa’ ‘o cielo, se n’hanne jute!

                  Ma le due tornano da lui.

Susanna:   Ma voi andate a messa?

Adriana:   E vi confessate?

Clemente: ‘N’ata vota ccà stanne cheste?... (Poi alle due) Suore, suore, non vi preoccupate,                

                   ci vado a messa. E mi confesso pure. Mica sono dattero?

Susanna:   Ma che dattero?Si dice ateo.

Adriana:   E la notte, prima di andare a letto, pregate con vostra moglie?

Clemente: Sì, io prego a mia moglie… ‘e stutà ‘a luce, pecché è talmenta brutta che nun ‘a

                   voglio vedé!

Le due:     (Con atteggiamento di disapprovazione) Nooooo!

Clemente: Ch’è stato, mò?

Susanna:   Vostra moglie, bella o brutta, sempre vostra moglie è.

Adriana:   E dovete amarla e rispettarla nei secoli dei secoli.

Clemente: Ammén! ‘A messa è fernuta, mò jateve a magnà ‘a pasta e patane ch’è tarde!

                  Vanno verso l’uscita e si fermano sulla soglia della comune. Clemente non le             

                   guarda e commenta.

                  Assa fa’ ‘o cielo, se n’hanne jute overamente!

                  Ma le due tornano da lui.

Susanna:  Volete venire a servire la messa in chiesa la domenica?  

Clemente: Ancora? Suore, suore, vengo dove volete voi, basta che mi lasciate andare a

                   mangiare in pace.

Susanna:   E giurate che verrete a servire la messa.

Adriana:   Giuratelo solennemente.

Clemente: Sentite, voi due sembrate, al femminile, quella coppia di comici americani.

                   Quelli degli anni ’30. Come si chiamano? Aglio e Olio!  

Le due:     (Con atteggiamento di disapprovazione) Nooooo!

Clemente: Ch’è stato, mò?

Susanna:   Si chiamano Stanlio e Ollio! 

Adriana:   Suor Susanna, ma tu gli dai anche retta? Quello ci sta sfottendo. Signor Clemé,

                   fate il bravo, che Dio vi guarda! Dio vi guarda! Capito? Arrivederci.

                   Le due suore escono via. Stavolta Clemente le tiene d’occhio.

Clemente: Oh, finalmente se n’hanne jute. (Si siede al tavolo) E intanto l’avvocato De

                   Nittis è sparito.

                   Proprio lui entra silenzioso e va dietro lui. Clemente non lo nota e prosegue.

                   Chillu scemo sape sulo magnà. Embé, ma io nun ce dongo manco ‘n’Euro!

De Nittis:   Nooooo!

Clemente: Ch’è stato? Ah, site vuje? Ma mò facìte comm’e suor Adriana e suor Susanna?

De Nittis:   (Passandogli una busta per lettere sotto il naso) La cartolina di convocazione

                   per vostra moglie è pronta. Chillu diece ‘e scemo sta lavorando per voi.

Clemente: Avvocà, e tutto chistu tiempo?

De Nittis:  Ho dovuto portare i prosciutti e i salami che mi avete offerto a casa mia. (Gli

                   cede la busta per lettere) Ed ho preparato questa.

Clemente: (Ne sente l’odore) Fete ‘e salume! Non si capisce se puzza più di prosciutto o

                   più di salame. E secondo voi, io ce pozzo da’ ‘na cartulina che puzza accussì?

De Nittis:  Ma che ve ne importa? Direte che ve l’ha data il postino. Capito?

Clemente: E va bene.

De Nittis:  E adesso andiamoci a lavare le mani che dobbiamo mangiare.

Clemente: Ancora?

De Nittis:  Ma che ancora? Vi siete dimenticato che dobbiamo mangiare la pasta e patate?

Clemente: Ah, già, voi dovete restare a pranzo qua. Scusate, avvocà, ma il pranzo, i                

                   prosciutti e i salami, li possiamo scalare dal vostro onorario?

De Nittis:  Che vi va di scherzare? Pensate che un contratto di divorzio sia una bazzecola?

Clemente: Ma se quello non esiste nemmeno. L’ho inventato io.

De Nittis:  Ed appunto per questo, va studiato bene. Su, forza, adesso vi faccio leggere la           

                   cartolina di convocazione al concorso di vostra moglie. Deve partire per Milano,

                   così noi avremo campo libero per formulare il contratto di divorzio. Mi capite?

Clemente: Abbastanza!

De Nittis:  Ma che abbastanza? Dovete capire tutto al volo. Non c’è tempo. Non c’è tempo.

                   Escono a destra.

8. [Brigida e Vanessa]

                   Da sinistra torna Brigida con una tovaglia. La spiega e la osserva perplessa.

Brigida:    Masarrà pulita ‘sta tovaglia? Ce sta ‘na macchia ‘e vino, ‘na macchia ‘e Cekàp*,

                  ‘na macchia ‘e sarza e ddoje macchie ‘e sango! Sì, penso che così può andare! 

                                                                                           *(check up, ma in realtà voleva dire ketch up)

                  Mette la tovaglia sul tavolo e lo predispone per il pranzo. Poi esce di nuovo a

                  sinistra. Ad un tratto, in casa, entra Vanessa, in abito da sera ed elegante borsa.

Vanessa:  No, no e ancora no. Non può essere. Mio marito, il conte Clemente Quinto, non

                  vuole perdonarmi per la scappatella che ho avuto con suo cognato, il barone

                  Leonardo Decimo. (Si siede sul divanetto, triste e imbronciata) Sono sconvolta!

                  Brigida torna e la osserva perplessa, mentre lei parla da sola.

                  Chi mi aiuta, adesso?

Brigida:    E chi è chesta? Pecché è trasuta ‘int’’a casa mia? (Le si avvicina) Scusate…

Vanessa:  (Si alza ed impreca camminando per la stanza) No, no, no e ancora no! (Poi

                  parla a Brigida) Quell’uomo non può comportarsi in questa maniera con me.

                  Non può finire così.

Brigida:   Cioè?

Vanessa:  Gli avevo chiesto di essere clemente. E invece no! (Siede al tavolo imbronciata)

Brigida:   (Tra sé e sé) Clemente? Mio marito?E che ce azzecca cu’ chesta? Boh! (Poi va

                  da lei) Signora, scusate, non ho il piacere di conoscervi.

Vanessa:  E che cosa cambia? Pure se mi conoscete… Mi chiamo Vanessa. Va bene?

Brigida:   E io sono Brigida.

Vanessa:  E adesso, visto che ci siamo conosciute, statevi un poco in silenzio.

Brigida:   (Stufa) Uhé, embé? Vuje trasite ‘int’’a casa mia e ve permettite ‘e me dicere che                          

                 m’aggia sta’ zitta?

Vanessa:  (Si alza in piedi) Avete ragione, signora. Ma sono nervosa. Succede quando

                 chiedi ad un uomo di essere clemente ma lui te lo nega. Clemente di nome, ma

                 non di fatto!

Brigida:  Ma allora aggio capito buono: Clemente! (Poi a lei) Signora, scusate, mi spiegate

                 bene questa faccenda? Che cosa c’entra il fatto di Clemente?

Vanessa: Gli avevo chiesto perdono perché… (Si siede al tavolo, guardando nel vuoto)

                 …ho avuto una scappatella con suo cognato.

Brigida:  (Sorpresa, parla tra sé e sé) Suo cognato? Mio fratello Leonardo? Cioè, chesta ha  

                 avuto ‘na scappatella cu’ mio marito e a sua volta ha avuto ‘na scappatella pure

                 cu’ Leonardo? (Poi a Vanessa) Signora, abbiate pazienza se domando, ma questa

                 scappatella ha prodotto qualcosa?

Vanessa: (La guarda sconvolta)Sì… sono incinta! (E guarda di nuovo nel vuoto)

Brigida:  (Sconvolta) Eh? Incinta? (Gironzola e parla tra sé e sé) Uh, madre mia! Madre

                 mia! (Poi a lei) E scusatemi se domando ancora: di quanti mesi siete incinta?   

Vanessa: Di due mesi.

Brigida:  Ah, addirittura? (Poi fa mente locale) ‘Nu mumento, ma Leonardo due mesi fa

                 stava carcerato. Comme cacchio ha fatto a mettere incinta a chesta? (Poi a lei)

                 Signora, abbiate pazienza, ma io ci devo vedere chiaro in questo fatto: ma voi

                 siete sicura che questo figlio lo state aspettando dal cognato di Clemente?

Vanessa: E certamente. L’unica cosa che mi dispiace è che avrei dovuto scegliere Leonardo

                 molto tempo prima. E invece, io e Clemente stiamo insieme da tre anni.

Brigida:  (Sconvolta) Che? No, nun po’ essere. Nun po’ essere. (Si siede sul divanetto e

                 porta un braccio sugli occhi) Nun po’ essere.

Vanessa: (Tra sé e sé) Ma perché questa tizia se la prende tanto? Che gliene frega a lei se  

                 mio marito Clemente mi odia perché devo avere un figlio da suo cognato? Mah!

                (Si alza in piedi e va da lei) Signora, abbiate pazienza.

Brigida:  (La guarda male) Ancora aggia avé pacienza? (Si alza in piedi) Io stongo avénno

                 pacienza ‘a quanno site trasuta ‘int’’a casa mia!

Vanessa: No, io dicevo, abbiate pazienza se sono entrata in casa vostra e vi ho parlato di

                 due persone che non vi riguardano proprio.

Brigida:  Non mi riguardano? Ma mi riguardano e come.

Vanessa: In che senso?

Brigida:  Voi avete avuto una tresca con Clemente e con Leonardo.

Vanessa: E allora? Io sospetto che Clemente abbia una storia con un’altra donna. Voi

                 c’entrate qualcosa?

Brigida:  Sì, perché l’altra donna… sono io!

Vanessa: Che cosa? Ma allora siete voi la donna a cui dovrei sputare in faccia?

Brigida:  Vuje me vulìte sputà ‘nfaccia a me? Ma songh’io che v’aggia sputà ‘nfaccia a

                vuje!

Vanessa: A me?

Brigida:  Sì, e soprattutto dovete parlare con Leonardo.

Vanessa: E perché mai?

Brigida:  E’ il padre del vostro futuro figlio.

Vanessa: E allora?

Brigida:  E’ mio fratello.

Vanessa: Come? Il cognato di Clemente… è vostro fratello?

Brigida:    Esattamente.

Vanessa:   Ma lui non me lo ha mai detto. Allora voi siete una baronessa. 

Brigida:    Eh?

Vanessa:   Sì. Leonardo è di discendenze nobili. E dunque, lo siete anche voi.

Brigida:    E io nun saccio niente?

Vanessa:   E che ne so, io? Parlate con Leonardo. E se volete, parlategli pure di me. Vedete

                   cosa vi dice di nostro figlio e del vostro titolo nobiliare. Io tornerò quanto prima.

Brigida:    Signò, io aggia parlà pure cu’ Clemente.

Vanessa:   E per fare cosa?

Brigida:    L’aggia rompere ‘a capa!

Vanessa:   Volete rompere la testa a mio marito?

Brigida:    Mio che cosa?

Vanessa:   Marito.

Brigida:    Ma… ma… ma…

Vanessa:   Io vi lascio. Arrivederci.

                  Vanessa esce via di casa. Brigida si siede sul divanetto, sconvolta.

Brigida:    Ma che sta succedenno, dint’a ‘sta casa? Tengo ‘nu malo ‘e capa. M’aggia piglià

                  assolutamente ‘n’auliva! Ma che stongo dicenno? Si dice Aulin! Aiutatemi!

                  Esce via a sinistra.

9. [Paolo e Leonardo. Poi Clemente e Lotario De Nittis. Poi Brigida. Infine suor Adriana]

                   Da destra tornano Paolo e Leonardo.

Leonardo: (Dolorante alla schiena) Ua’, che dulore! Paolo, ma comme cacchio he’ fatto a

                   costruì chillu bagno?

Paolo:        Que-questo è un palazzo a-antico. Ogni sta-stanza è alta 4 me-metri.

Leonardo: E a quanti metri da terra hai fatto quel soppalco?

Paolo:        Tre me-metri.

Leonardo: E nientemeno, tu vaje a ffa’ ‘nu bagno alto ‘nu metro? Addirittura, pe’ trasì

                   lloco ddinto, s’ha da abballà ‘o Limbo! (Fa il gesto di ballare il Limbo dance)

Paolo:        E’ la mo-moda!

Leonardo: Ma stattu zitto, quala moda? (Si siede sul divanetto, dolorante) Uff, ‘a schiena, 

                   ‘a schiena!

Paolo:        (Va a sedersi accanto a lui) Sacché… Sacché… Sacché…

Leonardo: Sacchetto a me?

Paolo:        No, no, io di-dico: sacché… sacché… sai che io ho lav-lavorato per alcuni mo-

                   monumenti di Napoli?

Leonardo: Tipo?

Paolo:        Il cimi… il cimi… il cimi…

Leonardo: Il cimitero delle Fontanelle?

Paolo:        No, il cimi… il cimi… il cimi…

Leonardo: Il cimitero di Santa Maria del Pianto?

Paolo:        No, no.

Leonardo: E allora che cosa?

Paolo:        Il cimi… il cimi… il cimitero di Napoli.  

Leonardo: E chisto fosse ‘nu monumento?

Paolo:        Pe-per me lo è. O-ora ti fa-faccio vedere le fo-fotografie.

                   Paolo prende il cellulare e mostra le foto. I due confabulano seduti sul

                   divanetto. Da destra riecco De Nittis con busta per lettere in mano, e Clemente.

De Nittis:  Allora, signor Clemente, avete visto che cartolina che ho creato? E’ fatta bene?

Clemente: Beh, veramente, mi aspettavo di vedere qualche monumento di Milano!

De Nittis:  Ma che l’avìte pigliata pe’ ‘na cartulina turistica? Quella è una cartolina di

                   convocazione. Ora non resta che cercare la vostra signora e… (Nota i due

                   seduti) Signor Clemente, zitto, è meglio che nun palàmme cchiù.

Clemente: E perché?

De Nittis:  Ci sono due sconosciuti seduti sul vostro divanetto.

Clemente: Veramente? (Dà un’occhiata) Uno dei due è mio cugino Paolo. Ma quell’altro

                   chi è? Sarà qualche cliente suo.

De Nittis:  Non ci facciamo sentire. Cerchiamo la vostra signora e consegniamo la cartolina.

Clemente: Va bene.

Paolo:        (Si volta verso i due) Uhé, Cle… Cle… Cle… (Si alza in piedi e va verso i due)

Clemente: Clemente, Clemente! Cià Paolo, comme staje?

Paolo:        Tu-tu… tu-tu…

Clemente: A metutto a posto. E tu?

Paolo:        Tu-tu… tu-tu…

Clemente: Ho dettoa metutto a posto. E tu?

Paolo:        Tu-tu… tu-tu…

Clemente: (Seccato) E t’aggio ditto tutto a posto. Ma tu comme staje?

Paolo:        Tu-tu… tu-tu… tu-tutto a posto! Se mi fai fi-finire di pa-parlare. 

Clemente: Ah, ecco. Senti, Paolo, voglio presentarti un mio amico: l’avvocato De Nittis.

Paolo:        L’avv… l’avv… l’avvocato Luigi De Nittis?

De Nittis:  No, Luigi è mio fratello. Io sono Lotario.

Paolo:        Lot… Lot… Lot…

De Nittis:  A me?

Paolo:        No-no, di-dico: Lot… Lot… Lotario? E’ un be-bel nome.

De Nittis:  E già. Deriva da un imperatore italiano di origine germanica, fratello di Pipino.

Paolo:        Pipì… pipì… pipì…

Clemente: He’ fa’ pipì?

Paolo:        No. Pipì… pipì… Pipìno? Che no-nome strano.

Clemente: E già. Avvocato, lui è mio cugino Paolo.

Paolo:        Pipì… pipì… pipì…

De Nittis:  ‘N’ata vota?

Paolo:        Pipì… pipì… piacere!

De Nittis:  Ah, ecco.

Clemente: Paolo, e chi è quel tizio che sta seduto sul divanetto?

Paolo:        Sta qua-qua per Bri-Brigida.

Clemente: In che senso?

De Nittis:  Vabbé, signor Clemente, che ve ne importa? Si vede che Giorgio se ne vo’ i’ e

                  ‘o vescovo n’’o vo’ mannà!

Clemente: Aspetatte, chi è ‘stu Giorgio? E che ce azzecca ‘o vescovo? 

Paolo:        Ma niente, è un proverbio napoletano per dire che voi volete dare il benservito a

                   vostra moglie e lei lo vuole dare a voi.

Clemente: Ah, è così?

Paolo:        Ma no, ma no… fa-fatemi spi-spiegare. Du-du… 

De Nittis:   No, questo Paolo è troppo lento a spiegare. Qua il fatto è chiaro.

Paolo:        Ma no, ma no… fa-fatemi spi-spiegare. Du-du… 

Clemente:  No, basta, nun parlà. Mò che torna Brigida, voglio proprio sentì che dice!

                   Da sinistra torna Brigida.

Brigida:     (Esce chiamando) Leonardo! (Poi lo nota) Leona… ah, tu staje ccà? Ma che he’

                   fatto? Ti sei pigliato 600 Euro di mio marito?

Leonardo: (Perplesso) Ma… pecché? Nun se po’ ffa’?

Brigida:     E no. E’ illegale. Non lo sapevi?

Leonardo: No!

Brigida:     E mò-mò ‘o ssaje!

Clemente:  Che cosa? (Va da loro) ‘Nu mumento, pecché ‘stu tizio s’ha pigliato seicento

                    Euro? Chi è? ‘Nu marjuolo?

Brigida:     (Interviene tra i due) Cara signora,poco fa è passato il postino che vi ha portato

                    questa cartolina di convocazione da Milano.

Clemente:  Ah, già, Brigida. Tu devi fare le valige per andare a Milano. Quella è la

                    convocazione per gli orali del concorso.

Brigida:     Ancora cu’ ‘sta storia? (Poi dubbiosa) ‘Nu mumento, e tu comm’’o ssaje che

                   ‘sta lettera è ‘na cartulina ‘e convocazione? 

De Nittis:   Ehm… lo sa perché fuori c’è scritto che giunge dal provveditorato agli studi.

Brigida:     E voi come lo sapete che lui lo sa di che cosa si tratta?

Clemente:  Oh, e basta! Fatti la valigia e vattene, così io e l’avvocato parliamo del divorzio.

Brigida:     Del divorzio?

Clemente:  Ehm… del divorzio mio e dell’avvocato!

Leonardo: Ma pecché, tu e l’avvocato site spusate ‘nzieme?

Clemente:  Tu stattu zitto, pecché io e mugliérema ancora avimma divorzià e tu già te l’he’

                    pigliata. Aspiette perlomeno ‘o divorzio. No?

Bri&Leo:  Eh?

Paolo:        Ma no-no, Clemé, che ca-cacchio he’ capito? Que-quello, Leonardo, de-deve

                   mangiare qua a ca-casa vostra: spa-spaghetti al po-po-po-po-pomodoro!

Clemente:  E chi è? Rita Pavone? E poi ti sbagli, oggi a casa mia si mangia pasta e patate.

Leonardo: E invece no, pasta e patate mi fanno schifo.

Brigida:     E sì, Clemé, è ‘a verità. Siccome a Leonardo ‘a pasta e patane le fanne schifo,

                    aggio penzato ‘e cucenà spaghetti al pomodoro.

Clemente:  Niente di meno? Traditora! E a lui invece dico: infame! Ancora ti devi prendere

                    a Brigida e già l’hai messa a cucinare?

Brigida:     Ma a chi si deve prendere, Leonardo? Perché non mi lasci spiegare chi è?

Clemente:  Niente, non hai diritto di replica. Leonà, ‘a vuo’ a mia moglie? E pigliatélla. Io

                    invece mi sceglierò una moglie che non cucina spaghetti al pomodoro. Ebbene

                    sì, se in questo momento, in casa mia, si presenta una donna che mi ha cucinato

                    pasta e patate… io me la sposo!

                   Dalla comune entra suor Adriana: ha una pentola chiusa da coperchio in mano.

Adriana:    Signor Clemente! (Va da lui) Vi ho preparato la pasta e patate. Tutta per voi!

De Nittis:   Avete visto, signor Clemente? Una donna che vi ha cucinato la pasta e patate!

Clemente:  (Arrabbiato) E comme cacchio m’’a sposo, a chesta?!

FINE ATTO PRIMO

            Casa Izzo, tre giorni dopo. Sempre nel salone della casa di Clemente e Brigida. E’ sparita la corda con la quale Clemente voleva impiccarsi.

ATTO SECONDO

                 

1. [Clemente e l’avvocato Lotario De Nittis. Poi Paolo]

                   Seduti al tavolo ci sono Clemente e l’avvocato De Nittis che sta leggendo il

                   contratto di divorzio ormai pronto.

De Nittis:  “…E pertanto la sottoscritta Brigida Di Donna dichiara che, una volta ufficiale il

                   divorzio dal signor Clemente Izzo, non avrà nulla a pretendere in senso 

                   economico, in senso sessuale e nemmeno la condivisione dei beni…”.

Clemente: No, scusate, avvocà, ci sono alcuni errori. Intanto mia moglie non si chiama di

                  cognome Di Donna ma Belladonna.

De Nittis:  Azz, pure ‘o cugnomme è buciardo! Va bene, poi correggo.

Clemente: Inoltre, avete scritto che Brigida non deve avere nulla a pretendere in senso

                  sessuale. Avvocà, ma vi pare anche il caso di chiarire questo aspetto?

De Nittis:  Che c’entra? Non si può mai sapere.

Clemente: E invece si sa, si sa. Caso mai, la mia futura ex moglie, si consolerà con quel tale

                   Leonardo, il suo spasimante. 

De Nittis:  E già. Si vede che le rose e i violini l’hanno convinta a rinunciare a voi perché

                   così in futuro c’è lui.

Clemente: Le rose e i violini? E voi come lo sapete? Li avete visti insieme?

De Nittis:  Io? No, sto usando la mia fantasia di avvocato.

Clemente: Ma voi avvocati non vi basate su prove reali?

De Nittis:  Sì, ma tra fantasia e realtà la distanza è sempre molto breve.

Clemente: E intanto, quel tizio non mi ha restituito i 600 Euro che si è preso. E’ sparito e

                   nun s’è visto cchiù. Sono tre giorni che lo cerco. Mah! Comunque, tornando al

                   contratto, il fatto della condivisione dei beni va benissimo. Prego, andate avanti.

De Nittis:  (Legge) “…Invece, alla sottoscritta Brigida, resteranno i nostri figli”.

Clemente: Quali figli?

De Nittis:  Quelli vostri e quelli della signora.

Clemente: E chi li tiene questi figli? Io nun l’aggio maje tuccata a mia moglie. Allora forse

                   non ci siamo spiegati?

De Nittis:  Non si sa mai, è sempre meglio chiarire questi aspetti.

Clemente: Va bene, andate avanti.

De Nittis:  (Legge) “…In fede. Brigida eccetera, eccetera”.

Clemente: Benissimo, avvocato. Quando torna mia moglie le faccio firmare il contratto.

De Nittis:  Sì, ma ricordatevi che nel mio onorario mi dovete pagare anche la stesura di

                   questo contratto. Ed anche tutte le difficoltà che mi avete creato.

Clemente: Quali?

De Nittis:  Stavate rovinando tutto. Voi avete il vizio di parlare. Avete rischiato di far

                  sapere tutto il nostro piano a vostra moglie.

Clemente: E che volete da me, avvocà? L’emozione ha giocato un brutto tiro. Per fortuna

                  lei è partita per Milano e noi abbiamo potuto lavorare in pace. 

De Nittis:   (Si alza in piedi) Bene, il mio lavoro finisce qui. Vi lascio il contratto sul tavolo.

Clemente:  (Si alza pure lui) Sì, grazie.

De Nittis:   Vi raccomando, fateglielo firmare. Dopodiché lo porteremo ad un notaio. Poi

                    avvieremo le pratiche per il divorzio, e il gioco è fatto.

Clemente:  (Un po’ pentito) Certo, però mi dispiace un poco per lei. Ormai sono un bel po’

                    di anni che stiamo insieme.

De Nittis:   Ma cosa dite? Vostra moglie è ‘nu purpo, è brutta, è ‘nu gabinetto ambulante!

                    Voi ve ne dovete sbarazzare. Anzi, siete stato anche troppi anni con lei.

Clemente:  E già, avete ragione. Va bene, allora ci vediamo quanto prima?

De Nittis:   Che quanto prima? Voi avete ordinato il pranzo per me e per voi.

Clemente:  Io?

De Nittis:   Non lo avete ancora ordinato? E forza, cosa aspettate?

Clemente:  E va bene.

De Nittis:   Io vado da un cliente, mangio con lui e poi torno qui e mangio con voi. 

Clemente:  Ma che tenete al posto dello stomaco, una discarica comunale!Vuje magnate

                    comm’a ‘nu disperato!  

De Nittis:   Sono abituato. Il lavoro consuma energie e io le devo recuperare.

Clemente:  E va bene. 

De Nittis:   Allora arrivederci. A dopo.

Clemente:  Arrivederci, arrivederci.

                   De Nittis esce di casa al centro. Dopodiché Clemente commenta.

                   Tengo la sensazione che questo avvocato si sta azzuppando un poco il pane! E

                   già, se sta azzuppanno proprio ‘o ppane malamente.

                   Esce a sinistra.

2. [Brigida e Leonardo]

                   Dal centro entra Brigida. E’ completamente differente. Ha curato il suo aspetto:

                   tolto la peluria dal muso, ben truccata, i capelli curati, ben vestita. Ha una

                   valigia trolley. Con lei c’è Leonardo che non può credere ai suoi occhi.

Leonardo: Brigida, ma… ma… overamente si’ tu?

Brigida:     E se capisce. Chi ha da essere?

Leonardo: ‘A voce è ‘a toja, ma tutto ‘o riesto no. Io nun t’aggio maje vista accussì.

Brigida:     Eh, beh, io sono una donna.

Leonardo: Adesso sì, prima non tanto. Ma ch’è succieso?

Brigida:     Niente, sono stata a Milano per un concorso nella scuola.

Leonardo: E ti hanno combinata così? Ma che razza ‘e scola è chesta!

Brigida:     Ma il concorso non era nella scuola. Era un concorso per insegnare a scuola.Ma

                   è stato annullato per alcuni imbrogli. Così ne ho approfittato per andare in un

                   centro di bellezza e mi sono fatta modificare così!

Leonardo: Brava, sono contento. Che peccato che sei mia sorella.

Brigida:     Nun dicere accussì.

Leonardo: E invece devo dirlo per forza. Una donna come te, non l’ho mai trovata. Pensa,

                   che per averne una, l’ho dovuta costringere con la forza.

Brigida:     Per carità!

Leonardo: (Perplesso) Ma… pecché? Nun se po’ ffa’?

Brigida:     E no. E’ illegale. Non lo sapevi?

Leonardo: No!

Brigida:     E mò ‘o ssaje! (Poi dubbiosa) Un momento, ma allora ho capito come hai fatto

                   con la signora Vanessa.

Leonardo: Chi?

Brigida:     Leonà, nun fa’ ‘o scemo cu’ me. C’è una donna che dice di possedere dentro sé

                   il frutto del vostro incontro: un figlio. L’avete concepito due mesi fa.

Leonardo: E comm’’o facevo a ffa’, si io stevo carcerato?

Brigida:     Sei sicuro? Forse si sarà sbagliata. (Poi dubbiosa) Un momento! Lei conosce 

                   pure a Clemente. Allora sta dando la colpa a te per discolpare lui!

Leonardo: ‘Sta piezza ‘e disgraziata. Fammélla cunoscere ‘nu poco! Ma è bona?

Brigida:     (Con tono di rimprovero) Leonà!

Leonardo: Scusami, scusami. A proposito, tu mi avevi detto che tuo marito Clemente mi

                   fosse piaciuto come persona.

Brigida:     Embé?

Leonardo: Quello non mi ha fatto dire nemmeno io chi sono. Mi ha accusato di essere il tuo

                   amante. Ma nun sta buono cu’ ‘a capa?

Brigida:     Vabbé, poi glielo spiegherò io con calma.

Leonardo: E che mestiere fa?

Brigida:     Il macellaio.

Leonardo: Ottimo lavoro. ‘A carne è bbona assaje!

Brigida:     Ti farò parlare con lui. In tutto quel casino di tre giorni fa, è stato impossibile. E

                   che ci vuoi fare? Appena ricevuta la cartolina del concorso, sono dovuta partire

                   in fretta e furia. Ma adesso sono tornata e te lo posso presentare meglio.

Leonardo: Beh, io dicesse, nun da’ retta. O si no ce aggia restituì ‘e seicento Euro!

Brigida:     Quelli glieli devi restituire lo stesso.

Leonardo: Ma pecché? Ce sta ‘o nomme suojo ‘ncoppa? Io non restituisco niente. E adesso

                   mi vado a fare una bella passeggiata a Napoli. Appena esco qua fuori, mi rubo

                   una bella macchina.

Brigida:     Per carità!

Leonardo: (Perplesso) Ma… pecché? Nun se po’ ffa’?

Brigida:     E no. E’ illegale. Non lo sapevi?

Leonardo: No!

Brigida:     E mò ‘o ssaje!

Leonardo: E allora ci vado a piedi. Visto che vado spesso carcerato, non riesco mai a

                   godermi la mia città. Sorella cara, io vado via. Ci vediamo presto. Un bacio.

Brigida:     Ciao Leonà. E ti raccomando, resta fuori dai guai!

Leonardo: Sicuramente!

                   Leonardo esce via al centro.

Brigida:     Bene, bene. Adesso vado a posare la valigia, poi cerco a Clemente. Sai che

                   faccia che farà appena mi vede!

                   Esce via a destra, portando con sé la valigia trolley.

3. [Susanna e Vanessa. Poi Clemente]

                   Dal centro entrano suor Susanna e Vanessa discutendo.

Susanna:   Il padre confessore in questo momento non ci sta, perciò dovete tornare un’altra

                   volta. Oppure se volete, vi posso confessare io.

Vanessa:   Ma voi non potete confessare.

Susanna:   E che fa? Mi faccio i fatti vostri, e se vedo che i peccati sono idonei, vi consento

                   di confessarvi dal padre confessore.

Vanessa:   Ma chi v’ha fatto suora, a vuje?

Susanna:   E chi v’ha fatto malafemmena, a vuje?!

Vanessa:   Voi non mi potete giudicare, siete una suora.

Susanna:   Sono una suora, non sono una santa!

Vanessa:   Sentite, ma mò pecché m’ate purtato ccà?

Susanna:   Perché mi avete detto che avete confidato il vostro peccato alla signora Brigida.

Vanessa:   E con ciò?

Susanna:   Embé, e pecché ‘a signora Brigida po’ ssapé ‘e peccate vuoste e io no?

Vanessa:   La signora conosce Leonardo e Clemente. E a quanto pare, pure suo marito.

Susanna:   Leonardo? Clemente?

Vanessa:   Suora, ma vuje quanta fatte vulìte sapé? E basta, mò me songo scucciata!

                  Da sinistra giunge Clemente.

Clemente: Néh, uhé, ma che sta succedénno ccà ddinto?

Susanna:   Ah, ecco qua il signor Clemente.

Vanessa:   Vi chiamate come mio marito? E siete anche voi un sadico come lui? E sì, si

                   vede benissimo che lo siete. Vi chiamate Clemente solo di nome, come mio

                   marito. Ma in realtà siete un fondamentalista!

Clemente: (A Susanna) Néh, ma chi cacchio è chesta?

Vanessa:   Mi chiamo Vanessa. Vi dicono niente questi nomi? Il conte Clemente Quinto, e

                   il barone Leonardo Decimo.

Clemente: No!

Vanessa:   Non mentite, vostra moglie mi ha detto tutto.

Susanna:   Signor Clemé, se li conoscete, dite la verità!

Vanessa:   Suora, per favore, allontanatevi. Ho bisogno di parlare col signor Clemente.

Susanna:   E vabbuò. Signor Clemé, però aroppo me dicite tutto cose vuje!

                  Suor Susanna si mette in disparte, ma con l’orecchio rivolto verso i due.

Clemente: Scusatemi, signora, io non ho ben capito che cosa volete sapere da me.

Vanessa:   Ve l’ho già detto: il conte Clemente Quinto e il barone Leonardo Decimo.

Clemente: Guardate, forse vi siete confusa. Io non so di che cosa state parlando. Forse è

                   una cosa che sa mia moglie. A questo conte Clemente non lo conosco. E  

                   nemmeno questo barone Leona… (Poi fa mente locale) Leonardo?

Vanessa:   Sì. Chiedete notizia a vostra moglie. Lei sa tutto. (Poi gironzola per casa) Amo

                   mio marito, ma da quando ho conosciuto Leonardo, ho perso la testa. L’ho

                   incontrato un giorno mentre cantava in chiesa. Stava cantando l’Ave Maria.

Clemente: L’Ave Maria ‘e Umberto?

Susanna:   (Interviene, va da lui) Qualu Umberto e Umberto? L’Ave Maria di Schubert!

Clemente: Eh, chella llà!

Vanessa:   Voi fatevi i fatti vostri!

Susanna:   Eh, che maniere. Ho solamente corretto il signor Clemente. Parlate, parlate!

                  Suor Susanna si mette in disparte, ma con l’orecchio rivolto verso i due.

Clemente: Signora, stavate dicendo?

Vanessa:   Dicevo che l’ho conosciuto in chiesa. E che voce che tiene! Poi due mesi fa, io e

                  lui ci siamo uniti carnalmente, mentre mio marito si trovava a Praga.

Clemente: Ah, vicino a dove io vado in villeggiatura? Io tengo la casa a Scalea.

Vanessa:   E che ci azzecca?

Clemente: Praga sta vicino a Scalea.

Susanna:  (Interviene, va da lui) Ma quella che dite voi è Praja. Per la precisione Praja a

                  mare. La signora invece parla di Praga in Repubblica Ceca.

Vanessa:   Voi fatevi i fatti vostri!

Susanna:  Eh, che maniere. Ho solamente corretto il signor Clemente. Parlate, parlate!

                  Suor Susanna si mette in disparte, ma con l’orecchio rivolto verso i due.

Clemente: Signora, per favore, concludete.

Vanessa:   Io voglio lasciare mio marito ed andarmene con Leonardo.  

Clemente: Signora mia, io non conosco a questo Leonardo. L’ho visto una sola volta. Però

                   posso dirvi che già lo tiene prenotato mia moglie!

Vanessa:   Eh?

Clemente: Sì, però io e Brigida dobbiamo prima divorziare.Poi lei se ne andrà con questo

                  Leonardo. Ma prima, questo tizio, mi deve restituire i 600 Euro che si è fregato!

Vanessa:   600 Euro? Ve li dò io. (Li prende dalla borsa) Però vi prego, non li chiedete a

                  lui. Non so perché ve li abbia rubati, essendo molto ricco. (Li consegna) Tenete!

Clemente: (Li prende e li mette in tasca) E grazie tante!

Susanna:  (Interviene, va da lui) Un’offerta per la mia chiesa?   

Clemente: State ancora ccà? Già ve l’ho fatta l’offerta.

Vanessa:   Bene, adessovado a prendere i risultati delle analisi cliniche che accertano una

                   verità che sarà molto scomoda per la vostra quasi ex moglie: il bambino che

                   aspetto è figlio mio e di Leonardo, e perciò lui deve venire con me, o ne pagherà

                   le conseguenze. Glielo dite voi?

Clemente: State senza pensiero!

Vanessa:   Grazie. Arrivederci, allora. Arrivederci, suora impicciona!

                  Vanessa esce via di casa. Susanna va Clemente.

Susanna:   Avete sentito come mi ha chiamato?

Clemente: V’ha chiammata “pisciona”!

Susanna:   No, impicciona.

Clemente: Uh, aggio capito malamente. E quella parla talmente veloce!

Susanna:   Sentite, nun facìte nisciunu guajo, perché poi fate peccato e dovete confessarvi!

Clemente: Suora, oggi cosa cucinate?

Susanna:   Pasta e piselli!

Clemente: E gghiate a cucenà, jate! E vi proibisco di portarmi una pentola di pasta e piselli.

                   Sono intollerante ai piselli! Chiaro?

Susanna:   E vabbé. Arrivederci. (Va per andare, poi si ferma) Non sapete cosa vi perdete!

                   (Dispettosa) Io ci metto pure la pancetta e il pecorino. Accontentatevi di quel

                   che cucina vostra moglie! Stàteve buono!

                   Esce via al centro. Clemente fa una riflessione.

Clemente: Quel Leonardo non deve sapere che aspetta un bambino, o si no nun se piglia  

                   cchiù a Brigida e fernìmme ‘e fa’! Ora informo all’avvocato De Nittis!

                   Esce via al centro.

4. [Brigida e suor Adriana. Poi l’avvocato Lotario De Nittis]

                   Da destra torna Brigida, tutta soddisfatta.

Brigida:     Mah, mi scoccio di disfare la valigia. Lo farò poi. Adesso devo incontrare il mio  

                 amoruccio Clemente e fargli vedere la nuova versione di Brigida! Sì, adesso sì

                 che posso dire senza vergogna il mio cognome Belladonna! Poco fa mi sono

                 guardata allo specchio e sono proprio una bella donna per davvero. Ho postato

                 anche la mia foto su Facebook! Stanno arrivando una marea di “Mi piace”! Mio

                 caro Clemente, eccomi a te! (Chiama) Clementeee!

                 Esce via a sinistra. Dal centro entra suor Adriana.

Adriana: Chella ‘nzallanuta ‘e suor Susanna vo’ cucenà ‘a pasta e piselli senza ingredienti!

                 Il guaio è che i supermercati hanno già chiuso. Vediamo se il signor Clemente mi

                 può essere d’aiuto.

                 Da sinistra torna Brigida.

Brigida:   (Chiamando) Clement…! (Nota suor Adriana) Prego?

Adriana:  Volete pregare?

Brigida:   No, dicevo “prego”,per chiedervi cosa vi occorre. Come posso esservi utile.

Adriana:  Io sono suor Adriana. Vengo dalla chiesa di fronte. Voi abitate qua?

Brigida:   Certamente.

Adriana:  Siete la sorella del signor Clemente?

Brigida:   No, sono la moglie.

Adriana:  Eh? La moglie? Ma voi siete così bella!

Brigida:   Grazie. E con ciò?

Adriana:  Vostro marito mi ha fatto sempre capire che tiene una moglie talmente brutta, ma

                  talmente brutta, che la morte a confronto è una passeggiata di piacere!

Brigida:   Forse una volta ero bruttina, oppure come dite voi. Ma ho fatto qualche piccolo

                 cambiamento di immagine.

Adriana:  E vi siete fatta pure qualche ritocchino di bisturi?

Brigida:   No, stranamente non è servito. Comunque, cosa posso fare per voi?

Adriana:  Devo cucinare la pasta e piselli. Mi manca la cipolla e a quest’ora già hanno

                 chiuso i supermercati e gli altri negozi.

Brigida:   E non vi preoccupate, suora, adesso vi dò io alcune cipolle.

Adriana:  Alcune? Ma mò ce vulìte fa’ mettere a chiagnere ‘int’’a chiesa? E’ meglio che ci

                 date una sola cipolla e basta!

Brigida:   Va bene, una sola. Intanto voi accomodatevi. Io vengo subito.

Adriana:  Prego, fate pure.

                 Brigida esce a sinistra. Adriana va a sedersi al tavolo ed aspetta. Dalla comune

                 entra De Nittis col suo cellulare in mano.

De Nittis: Proprio adessosi doveva scaricare il cellulare. Devo metterlo sotto carica. Tanto,

                 devo pure mangiare qua, metterò a caricare questa schifezza di macchina

                 diabolica. E… (Nota suor Adriana seduta) Buongiorno suora, Dio sia lodato.

Adriana:  Oggi e sempre!

De Nittis: Permettete? Avvocato Lotario De Nittis.

Adriana:  Suor Adriana.Voi pure state qua per chiedere una cipolla alla signora Brigida?

De Nittis: E ch’aggia fa’ cu’ ‘sta cipolla? Ma perché, la signora Brigida è rientrata?

Adriana:  Certo. Io l’ho conosciuta. E devo dire proprio che è una bella donna.

De Nittis: E certamente, di cognome si chiama Belladonna.

Adriana:  No, no, quella è proprio bella di faccia. E pure di maniere.

De Nittis: Bella? Ma che state prendendo un abbaglio? (Ridendo) La signora Brigida

                 sarebbe bella? Ahahahahah!

                 Da sinistra torna Brigida con una cipolla in mano (De Nittis smette di ridere e

                     rimane con la bocca aperta a mirare Brigida.

Brigida:      Suora, vi ho portato la cipolla.

Adriana:    (Si alza in piedi e la prende) Ah, grazie.(Si risiede) A proposito, signora

                    Brigida, qua ci sta l’avvocato De Nittis che vi cerca.

Brigida:      Ma certo, lo conosco. Buongiorno, avvocato. (Lo osserva immobile con la

                    bocca spalancata) Avvocato!

Adriana:     Avvocà!

De Nittis:   (Si ridesta) Uh, scusate, mi ero un momento distratto. Ma la signora è la sorella

                    della signora Brigida?

Brigida:      No, io non ho sorelle. Sono la signora Brigida. Suora, va bene quella cipolla?

Adriana:     Sì, grazie, però adesso mi servirebbe un poco di pasta mischiata. Ce l’avete?

Brigida:      (Perplessa) ‘A pasta? E va bene. Vado a prendervela. Con permesso.

                    Brigida torna a sinistra. De Nittis, sconvolto, interroga ancora suor Adriana.

De Nittis:    Suora, scusate, ma che cosa avete fatto alla signora Brigida?

Adriana:     Io? Niente. Ma perché, che cosa dovevo fare?

De Nittis:    Dico alla faccia. Non era così. Ve lo giuro. Io l’ho vista con i miei occhi

                    quando era brutta e sono rimasto quasi folgorato!

Adriana:     Eh, addirittura?

De Nittis:    E che ne sapete, voi? Un momento, devo avvisare subito il signor Clemente,

                    prima che faccia firmare il contratto alla sua signora.

Adriana:     Quale contratto?

De Nittis:    Mi capisco io. Scusate, suora, con permesso. Piacere di avervi conosciuta.

                    De Nittis esce di casa frettolosamente.

Adriana:     Mah!

                    Torna da sinistra Brigida con una busta contenente pasta mischiata.

Brigida:      Suora, vi ho portato la pasta mischiata per la pasta e piselli.

Adriana:    (Si alza in piedi e la prende) Sì, grazie. Adesso vado a cucinare. A proposito,

                    non è che tenete pure i piselli?

Brigida:      No, i piselli non li tengo.

Adriana:     Fa niente, faccio la pasta e piselli senza piselli! Grazie di tutto e con permesso.

Brigida:      Prego, arrivederci.

                    Suor Adriana esce via di casa beatamente. Brigida commenta.

                    Adesso vado a cucinare pure io.

                    Dà un’occhiata sul tavolo e nota il contratto lasciato incustodito da Clemente.

                    E che cos’è questo? (Lo prende e lo legge) Contratto di divorzio? Ma… ma…

                    non capisco. Qua dice che io sottoscritta… eccetera… eccetera… (Si siede

                    sconvolta) Ora comincio a capire. Questo contratto è destinato a me. Ma perché 

                    Clemente mi sta facendo questo? (Si alza in piedi) E allora non merita di vedere

                    la mia faccia nuova!

                    Esce via a destra.

5. [Vanessa e Leonardo. Poi Clemente]

                   Dal centro entra Leonardo. Cerca di tirare via la borsa a Vanessa e lei resiste.

Vanessa:    Lasciate la borsa!

Leonardo: No, lasciatela voi!

Vanessa:    Ma la borsa è mia!

Leonardo: E adesso deve diventare mia.

Vanessa:    E basta! (Tira via la borsa e la tiene sottobraccio) Se non ve ne andate, io

                   chiamo la polizia!

Leonardo: Eh, che esagerazione!

Vanessa:    Esagerazione? Voi mi volete rubare la borsa e la chiamate esagerazione?

Leonardo: Ma perché, non si può fare?

Vanessa:    No!

Leonardo: Non lo sapevo.

Vanessa:    E mò ‘o ssapìte!

Leonardo: E allora ve ne potete andare.

Vanessa:    E certo che me ne vado. Mica mi dovete dare voi il permesso? Signor coso!

Leonardo: Che signor coso? Io mi chiamo Leonardo.

Vanessa:    Leonardo? Come il mio amore? Sapete, io aspetto un bambino da uno che si

                   chiama come voi.

Leonardo: Signò, ma che me ne ‘mporta a me? Ve site pigliata ‘a borza e mò jatevénne.

Vanessa:    Vanessa, mi chiamo Vanessa.

Leonardo: Eh, e salutàteme a Ciccio! (E si siede sul divanetto)

Vanessa:    Allora arrivederci.

Leonardo: Stàteve bona!

                   Vanessa va per uscire al centro ma si ritrova Clemente di faccia.

Clemente: Uh, scusate, signora Vanessa. Per poco non vi travolgevo.

Vanessa:    Non vi preoccupate, stavo andando via.  

Clemente: Arriveder… (Nota Leonardo seduto) Signora, avete visto chi ci sta seduto lì?

Vanessa:    Sì, sì, lo so.

Clemente: Ehm… ma mica già avete parlato con lui?                   

Vanessa:    Ma certo che gli ho parlato.

Clemente: Ah, quindi già vi siete confrontati. Ho fatto troppo tardi. E va bene, signora

                   Vanessa, venite con me. Adesso facciamo i conti con lui.

Vanessa:   No, no, ma non fa niente. Sì, è vero, voleva derubarmi, ma io ho resistito.

Clemente: Ho capito, voleva derubarvi la dignità.Enun ve prioccupate, facìteme fa’ a me.

                   Dàteme ‘a mana! (La prende per mano e la conduce da Leonardo) Senti, coso…

                   come ti chiami?... Leonardo! A me non me ne frega niente che mi vuoi portare  

                   via Brigida, perché tanto ormai con lei è finita. Però ci sta un’altra donna che

                   tiene dentro di sé una cosa importante.

Leonardo: Ma staje parlànno cu’ me?

Clemente: Eh, stongo parlanno cu’ te. Ci sta una donna che ti renderà uomo. (Indica

                   Vanessa) E’ lei!

Leonardo: Essa?

Vanessa:    Io?

Clemente: Sì. Dentro il suo ventre ci sta il frutto della vostra passione: tuo figlio!

Leonardo: Eh?

Vanessa:    No, ma un momento, qua si stanno capendo fischi per fiaschi.   

Clemente: Ma che cosa? Abbracciatevi! Forza!

                   Spinge Vanessa verso Leonardo e lei lo abbraccia.

Vanessa:    Ma levatemi le mani di dosso! (Spinge via Leonardo)

Leonardo: Oh, ma chi te sape?

Clemente: Ma come? Tu sei il padre di suo figlio.

Leonardo: Ma chi l’ha tuccata, a chesta? Forse stevo durmenno e me l’he’ misa ‘int’’o

                   lietto ‘e nascosto?

Clemente: Amico, nun fa’ ‘o scemo cu’ me.

Leonardo: Guarde ca io so’ stato carcerato!

Clemente: (Ironico) Uh, che paura! Ma non ti vergogni? Tu rinneghi una donna e un figlio.

Vanessa:    Insomma, basta! Signor Clemente, vi avevo chiesto di parlare di me a Leonardo.

Clemente: E pecché, chisto nun è Leonardo?E’ lo spasimante di mia moglie. Anzi, della

                   mia futura ex!

Leonardo: No, ‘nu mumento. Chi songo io?

Clemente: Ah, mò nun t’arricuòrde cchiù? Senti, facciamo così: adesso vi lascio da soli,

                   così vi chiarite una volta e per sempre.

Leonardo: No, no, ‘nu mumento. Mica me puo’ lassà sulo cu’ chesta?

Vanessa:   Ma che staje menànno ll’uosso ‘o cane? Io sono una donna con gli attributi!

Leonardo: E’ ‘nu travestito!

Clemente: E comme po’ essere?

Vanessa:   Ma che avete capito? Io dicevo con gli attributi per modo di dire.

Clemente: Sentite, insomma io non voglio sapere niente. Voi siete entrata nella mia casa

                   per appararvi con Leonardo. E adesso lo dovete fare.

Leonardo: Ma mò pe’ mezza che me vulévo arrubbà ‘a borza soja, me l’avéssa pure spusà?

Vanessa:   Voi siete tutti e due pazzi! E’ meglio che me ne vado. Bona jurnata!

                  Vanessa esce via.

Clemente: No, dove andate? Ma che fai? Lasci andare via la madre di tuo figlio?

Leonardo: Ma che madre? Che figlio? ‘A signora è bona, ma io nun aggio fatto niente cu’

                   essa! E’ chiaro?

Clemente: Vai, corri da lei. (Spinge via Leonardo fuori casa e nel mentre gli parla) Forza!

                   Una volta spinto fuori casa Leonardo, Clemente torna al centro stanza.

                   A questo punto, è meglio che sia Brigida a non sapere niente, se no non vuole

                   più divorziare da me. A proposito, non riesco a rintracciare l’avvocato De Nittis.

                   Devo proprio decidermi a comprarmi un cellulare. Ormai al giorno d’oggi io

                   sono l’unico che ancora non lo tiene. Mò lo chiamo dal telefono fisso sul

                   cellulare suo. E sì!

                   Esce via a destra.

6. [Brigida e Paolo. Poi l’avvocato Lotario De Nittis]

                   Da sinistra torna Brigida, tutta sconsolata, leggendo e rileggendo il contratto.

                   Si siede al tavolo e vi ripone il contratto di divorzio, così come lo aveva trovato.

                   Brigida ha indossato un velo sul viso stile musulmana.

Brigida:     Se mio marito non mi vuole più, non merita nemmeno di vedere il mio volto. In             

                   fondo dovevo sospettarlo che non mi volesse più. La colpa è anche mia. E sì.

                   Resta in silenzio a fissare il vuoto. Dal centro entra Paolo con una riga lunga.

Paolo:        Du-dunque, ho de-deciso di fa-fare ancora qualche la-lavoro in questa casa! Ed

                   o-ora ve-vediamo se è to-tornata Brigida da Mi-Milano. (Si volta verso di lei ma

                   non la riconosce) E chi è che-chella? ‘Na mu-musulmana? Hai ca-capito a

                   Clemente? Qua-quando il ga-gatto non c’è, i to-topi ba-ballano! (Va da lei) Scu-

                   scusate signorina, vo-voi capisc l’italian?

Brigida:     (Lo osserva) Ma ce ll’haje cu’ me?

Paolo:       Uh, me-meglio ancora, vo-voi parlate na-napoletano! Se-secondo me, voi siete

                  una pu… una pu…   

Brigida:    Che sono io?  

Paolo:       Una pu… una pulzella gentile!    

Brigida:    Paolo, ma non mi riconosci? (Si alza e sposta via il velo mostrando il suo nuovo

                  volto) Sono io!  

Paolo:       No-no, no-non vi co-conosco, signora.   

Brigida:    Ma sono Brigida.  

Paolo:       Ah, vi chia-chiamate co-come la moglie di mio cu-cu… cu-cu… cugino? 

Brigida:    Ma sono io la moglie di tuo cugino. Sono appena tornata da Milano dove mi

                  hannosistemata così come vedi.  

Paolo:       Che-che?   

Brigida:    Hai visto? Non mi hai riconosciuta!  

Paolo:       E già. Tuo marito, app-appena ti vedrà, farà una faccia di ca… una faccia di ca…   

Brigida:    Ma cosa vuoi dire? 

Paolo:       Una faccia di ca… una faccia di candore!  

Brigida:    Ah, ecco! 

Paolo:       Sai che pall… che pall… che pall…   

Brigida:    Eh?  

Paolo:       Che pall… che pallore in viso!    

Brigida:    Ah, ecco! (Poi amara) Purtroppo non credo che sarà come dici tu. Ho scoperto

                  che mi vuole lasciare. A te lo posso dire, perché sei quasi un fratello per lui. Si è

                  inventato perfino un contratto di divorzio.Così perderò tutti i diritti economici. 

Paolo:       Cioè Cle-Clemente vuole di-divorziare da te?    

Brigida:    Sì! Non mi ama. Capisci? Non mi ama. (Si avvia verso sinistra, poi si ferma e

                  dice un’ultima cosa) Forse non mi ha mai amata.

                  Indossa nuovamente il velo e poi torna via, lasciando il contratto sul tavolo.

                  Paolo resta senza parole. Intanto dal centro torna De Nittis.

De Nittis: Maledizione! Non riesco a trovare il signor Clemente. Quel fesso non tiene

                  nemmeno un cellulare! Va bene che il mio è ancora scarico. In ogni caso, deve

                  assolutamente divorziare dalla moglie. E adesso è una questione di principio

                  professionale. E…(Nota Paolo pensieroso e gli si avvicina) Signor Paolo!      

Paolo:       Avvocato Lota… Lota… Lota…

De Nittis: Lotario! E’ meglio che mi chiamate come sempre: avvocato De Nittis.       

Paolo:       Avvocato De Ni-Nittis!

De Nittis: Posso esservi d’aiuto?Vi vedo strano e pensieroso.       

Paolo:       No-no, niente.

De Nittis: E se aveste notato il nuovo look della signora Brigida, che cosa avreste fatto? Io,

                  quando l’ho vista, sono rimasto a bocca aperta per mezz’ora!       

Paolo:       E pu-pu… e pu-pu…

De Nittis: ‘A signora è pupù?        

Paolo:       No, no.- E pu-pu… e pu-pure io so-sono rimasto a bo-bocca aperta.  

De Nittis: Vi piace, eh!       

Paolo:       Sì. So-solo che è la mo-moglie di mio cugino. Pe-però… pe-però… pe-però…

De Nittis: Scusate, che c’entrano i peperoni, adesso?        

Paolo:       Pe-però… pe-però… mi ha co-confessato una cosa stra-strana: il ma-marito ha

                  pre-preparato un co-contratto di divorzio!

De Nittis: Che cosa? Lo ha scoperto?       

Paolo:       Ce-certo. E se-se le co-cose stanno così, io te-tengo qualche speranza!

De Nittis: (Ci fa un pensierino)Ma sicuro! E sapete cosa vi dico? Regalatele dei fiori.         

Paolo:       Giu-giusto! Le re-regalo le zinn… le zinn… le zinn…  

De Nittis: (Fa il gesto dei seni) Le zinne? Ma non dovevate regalarle fiori? Le zinne già le

                  tiene, è unadonna!       

Paolo:       No, no. Le zinn… le zinn… le zinnie.  

De Nittis: Ah, le zinnie? I fiori? Ma le zinnie si usano in caso di problemi coniugali.        

Paolo:       E allo-allora cagno ciore!

De Nittis: Facciamo così, ci penso io a consigliarvi. A proposito, oltre al mio onorario, mi

                  regalate una bella cena!

Paolo:       Ma-ma pecché? V’a-v’aggia pavà?

De Nittis: Come consigliere no, ma come avvocato sì!

Paolo:       Ma sì-sì, ma che ce ne fo-fo… fo-fo…? 

De Nittis: Va bene, vi siete spiegato! Venite, andiamo dal fioraio e a prenotare al ristorante!

Paolo:       Sì, sì. Gra-grazie!

                  De Nittis e Paolo escono al centro. Paolo è raggiante.      

7. [Clemente, Susanna e Adriana. Poi Leonardo]

                  Da destra torna Clemente.

Clemente: Mannaggia ‘a morte, nun riesco a chiammà ‘o cellulare ‘e l’avvocato. Nun è

                   raggiungibile. E mò comme faccio? Si torna Brigida, che faccio? (Nota sul  

                   tavolo il contratto di divorzio) Uh, ma ch’aggio fatto? Aggio lassato ‘o cuntratto

                   ‘ncoppa ‘o tavule? Ma cheste so’ ccose ‘e pazzi! (Lo osserva) Ma che ce sta

                   ccà ‘ncoppa? Sembra bagnato di lacrime. E chi se po’ mettere a chiagnere

                   ‘ncoppa a ‘nu cuntratto? (Ci pensa e realizza) Brigida? Ma nun po’ essere,

                   chella sta ancora a Milano! E allora chi sarrà stato?

                   Riflette, mentre dal centro entrano suor Adriana e suor Susanna litigando.

Susanna:   Ma chi schifo ‘e cipolla te si’ fatta da’? E’ tutta molla!

Adriana:   E ch’è colpa mia si dint’a ‘sta casa ténene ‘e ccepolle malamente?

Susanna:   E ‘a pasta no? Ci stavano i vermi dentro!

Adriana:   E forse erano vermicelli!

Susanna:   Suor Adrià, quanto si’ cretina! A proposito, ma i piselli?

Adriana:   Suor Susà, chisto nun è ‘nu supermercato. E’ una casa normale. Almeno credo!

Susanna:   No, no e no. Adesso ci facciamo dare una bella scatola di piselli! (Nota

                   Clemente e gli si avvicina) Signor Clemente, tenete i piselli?

Clemente: (Si alza in piedi) M’avìte pigliato p’’o verdummaro? Ma voi che ci fate qua?

Susanna:   Ci sta pure suor Adriana. Signor Clemente, dalla vostra faccia si direbbe che

                   avete fatto piangere la Madonna.

Clemente: (Realizza) Ah, mò aggio capito chi ha chiagnuto ‘ncoppa ‘o cuntratto!

Adriana:   (Interviene) Signor Clemé, per caso tenete una scatola di piselli?

Clemente: Ancora cu’ ‘sti pesielle?

Adriana:   E vostra moglie ci ha dato gentilmente una cipolla e della pasta. Solo che

                   facevano pena. Allora se ci potete dare tutto quanto voi, è meglio.

Clemente: Un momento, mia moglie vi ha dato una cipolla e della pasta quando?

Adriana:   Prima.

Clemente: Ah, allora mò aggio capito overamente chi ha chiagnuto ‘ncoppa ‘o cuntratto!

                   Un momento, ma se è tornata, perché a me non mi ha detto niente?

Susanna:   E forse vuole farvi una sorpresa. Io non ho ancora avuto la possibilità di vederla.

Adriana:   Io sì. Che bella donna!

Clemente: (Perplesso) Bella donna?

Adriana:   Sì. Bella sia caratterialmente che di viso. E di fisico.

Clemente: Suora, io capisco che per voi gli esseri umani sono belli, perché voi li vedete con      

                   un occhio religioso! Ma dire che mia moglie è bella, mi pare eccessivo!

Adriana:   No, no, è proprio bella. Ma perché, a voi non vi piace?

Clemente: (Amaro) Suora, io non amo mia moglie. Non mi chiedete perché l’ho sposata!

Adriana:   Perché l’avete sposata?

Clemente: (A suor Susanna) Secondo me, ‘a collega vosta tene cocche problema ‘ncapa!                 

                   Ho detto che non mi dovete chiedere perché l’ho sposata. Anzi, tengo una

                   missione per voi due. Vedete questo contratto? (Lo esibisce) E’ un contratto di

                   divorzio. Io non ce la faccio a farlo firmare a mia moglie. Potete farlo voi?

Susanna:   Ma per carità! E per chi ci avete prese? Per le vostre ruffiane?

Clemente: Ma perché? Voi siete contrarie al divorzio?

Le due:     (In coro) Sì! (E si fanno il Segno della Croce)

Clemente: Beh, certo, voi siete suore moderne. Non ci sono più le suore di una volta. Ma

                   voi dovete essere un poco più elastiche! I tempi cambiano.

Susanna:   E secondo voi, noi dovremmo assecondare una cosa così peccaminosa?

Adriana:   Ma vostra moglie è d’accordo?

Clemente: E’ d’accordo? Quella, appena lascia a me, già tiene un altro uomo pronto!

Le due:     (In coro) Oh mamma mia! (E si fanno il Segno della Croce)

Clemente: E questo uomo aspetta perfino un figlio da un’altra donna!

Le due:     (In coro) Oh mamma mia! (E si fanno il Segno della Croce)

                  Dalla comune entra Leonardo (che si avvicina al divanetto e vi si appoggia).

Leonardo: Uff!

Clemente: Ah, eccolo qua. (Va da lui) Allora, coso… come ti chiami?

Leonardo: Sempre Leonardo!

Clemente: Appunto! Allora, Leonardo, hai raggiunto la madre del tuo futuro figlio?

Leonardo: Sì, abbiamo preso il pullman insieme. Solo che io non tenevo il biglietto e mi

                   hanno fatto la multa.

Clemente: E hanno fatto bene.

Leonardo: Ma pecché, nun se po’ ffa’?

Clemente: No!

Leonardo: Non lo sapevo.

Clemente: E mò ‘o ssaje! (Poi alle suore) Ecco, care suore, lui è l’uomo che porterà via

                   mia moglie, ormai ex, dalla mia casa. Magari non la sposerà, ma avrà dei figli

                   anche con lei!

Leonardo: Cioè, io avéssa avé figli cu’ Brigida? Ma chella è mia sorella!

Le due:     (In coro) Oh mamma mia! (E si fanno il Segno della Croce)

Susanna:   Ma questo è incesto!

Adriana:   In che casa siam venute! Suor Susanna, andiamo via. Signori, addio per sempre!

                   Le due suore escono via celermente. Clemente, sconvolto, interroga Leonardo.

Clemente: Tua sorella? (Confuso) Cioè, tu saresti la sorella di Brigida?

Leonardo: Caso mai, suo fratello. Sono suo fratello di secondo grado.

Clemente: Che vvo’ dicere “di secondo grado”?

Leonardo: Nel senso che io sono nato dopo di lei.

Clemente: E allora sei secondogenito. Senti, io non ti ho mai conosciuto in tanti anni e non

                   ho capito perché. Io direi che è arrivata l’ora di spiegarmi qualcosa.

Leonardo: Veramente, m’’issa spiegà coccosa pure tu, pecché nun ce sto’ capenno niente!

Clemente: Vieni con me.

                  Escono via di casa (Clemente ha lasciato il contratto sul tavolo).

8. [Brigida, poi l’avvocato De Nittis e Paolo]

                  Da destra torna Brigida. Pare risoluta. Ha una penna.

Brigida:    Basta, ho deciso: voglio andare via. Se Clemente non mi vuole più, io esaudirò il

                   suo volere: firmo il contratto! (Si siede e firma) In fondo l’amore è pure questo.

                  Mentre firma e poi rilegge il tutto, in casa entrano De Nittis (che mastica cibo) e                

                  Paolo (con un fascio di fiori). Lei non nota loro e loro non notano lei.

Paolo:       Che di-dite, avvocà, que-questi fiori andranno be-bene?

De Nittis: (Masticando) Sono perfetti! A proposito, grazie della ciambella con crema che

                  mi avete comprato. Come antipasto prima del pranzo, è perfetta!

Paolo:       Sì-sì, ma a-adesso pe-pensiamo a… (Nota Brigida seduta a rileggere il

                  contratto) Uh, a-avvocà, eccola là!

De Nittis: Bene! Adesso non resta altro da fare che andare da lei e porgerle i fiori.

Paolo:       Su-subito!(Va da lei da dietro) Ehm… mia ca-cara Brigida! Ho un pre-presente

                  per te-te!  

Brigida:    (Non lo calcola proprio e parla di tutt’altro) Oh, no, che disgraziato, infame,

                  assassino che sei!

Paolo:       (Perplesso, torna da De Nittis) A-avvocà, mi ha chiamato di-disgraziato, in-

                  infame e ass-assassino!

De Nittis: Dovete insistere. Forza, andate da lei e fatevi rispettare!

Paolo:       Su-subito!(Va da lei da dietro) Ehm… mia ca-cara Brigida! Co-con questi fio-

                  fiori, io ti es-esprimo tu-tutto il mio am-amore per te-te! 

Brigida:   (Non lo calcola proprio e parla di tutt’altro) Pù, te sputasse ‘nfaccia!

Paolo:       (Perplesso, torna da De Nittis) A-avvocà, ha ditto che me sputasse ‘nfaccia!

De Nittis: E vi volete arrendere per così poco? Forza, insistete.

Paolo:       E va-vabbé!(Va da lei da dietro) Ehm… mia ca-cara Brigida! Se-se vuoi am-

                  amarmi, io sono pro-pronto!

Brigida:   (Non lo calcola proprio e parla di tutt’altro) E pensare che ti amo tanto. Che

                  stupida che sono!

Paolo:       (Felice, torna da De Nittis) A-avvocà, ha de-detto che mi ama!

De Nittis: Benissimo, adesso datele i fiori.

Paolo:       Su-subito!(Va da lei, ma stavolta accanto) Ehm… mia ca-cara Brigida! E-eccoti

                  i fiori!

Brigida:   (Non lo calcola proprio e parla di tutt’altro) Vabbé, è meglio che mi vada a

                  preparare la valigia. (Nota Paolo coi fiori protesi verso di lei, resta per un

                  momento in silenzio e poi gli parla) Anche mio marito un giorno si presentò a

                  me con dei fiori in mano. Sembra passato un secolo! Comunque, grazie!

                  Prende i fiori ed esce via a destra. Paolo, perplesso, torna da De Nittis.

Paolo:       A-avvocà, s’ha pigliata ‘e sciu… ‘e sciu… ‘e sciu…

De Nittis:    Salute!

Paolo:         No, no.‘E sciu… ‘e sciu… ‘e sciure. S’ha pi-pigliata ‘e sciu… ‘e sciu…  

De Nittis:   Aggio capito: s’ha pigliata ‘e sciure e se n’è gghiuta!

Paolo:         Bra-bravo!

De Nittis:   Ma queste sono cose che capitano. In fondo abbiamo appena cominciato a

                    corteggiarla. Già il fatto che abbia accettato i fiori, vuol dire che qualcosa c’è.

Paolo:         E che c’è-c’è?

De Nittis:   Una certa simpatia che volge verso l’amore!

Paolo:        Ma-ma sie-siete sicuro?

De Nittis:   Io conosco le donne quasi come conosco la legge.

Paolo:         Ca-capisco. Ma-ma ora co-cosa faccio? Va-vado dentro da lei e la spo-spoglio?

De Nittis:   E già ‘a vulìte spuglià? Non siate precipitoso.

Paolo:         No-no, pe’ carità.

                   Da destra torna Brigida con la valigia trolley.

Brigida:     Meno male che ancora non avevo disfatto la valigia. Mò me ne pozzo pur’i’.

Paolo:        A-avvocà, a-avìte visto? S’ha fa-fatto ‘a va-valiggia pe’ se ne venì cu’-cu’ me!

De Nittis:   Presto, andatela subito a prendere e portategliela!

Paolo:        Su-subito! (Va da lei e le prende la valigia) Te-tesoro! Do-dove vuoi che ti po-

                   porti? A-alle Maldive? 

Brigida:     Eh?

Paolo:        Sì-sì, inso-somma, do-dove vuoi sca-scappare con me?

Brigida:     Ioaggia scappà cu’ te? Prima vado a prendermi una pillola per il mal di testa, e 

                    poi scappo, sai dove? Miami*!                                        *(Detto come si scrive: mi ami)

                   Esce via a sinistra con la valigia trolley. De Nittis si avvicina a Paolo festante.

De Nittis:   Avete sentito? Vi ha chiesto: “Mi ami?”…

Paolo:        E io ch’aggia fa’?

De Nittis:   Andate da lei e amatela! Su, forza, svelto, presto!

                   Lo spinge via a sinistra ed entra anche lui in cucina.

Scena Ultima. [Clemente e Leonardo. Poi Brigida, Vanessa, l’avvocato De Nittis e Paolo]

                  Dal centro entrano Clemente e Leonardo.

Clemente: Ah, ecco pecché nun t’aggio maje cunusciuto. Tu si’ stato spisso ‘ngalera!

Leonardo: Esatto. E’ una cosa che faccio da quando ero adolescente. Sono stato tante volte

                   al riformatorio e poi, crescendo, ho cominciato a frequentare il carcere. E tu?

Clemente: Io invece ho sempre frequentato macellerie! Prima andavo in quella di mio

                   nonno e poi in quella di mio padre. Se un giorno avrò un figlio…

Leonardo: Fa pur’isso ‘o macellaro?

Clemente: No, basta accussì! Cagnàmme ‘nu poco ‘o prodotto.

Leonardo: E inzomma, tu m’he’ scagnato pe’ l’amante ‘e tua moglie. Nun è accussì?

Clemente: Esattamente. E io che ne saccio? Ccà nun ce stongo capenno cchiù niente.

Leonardo: E ch’avéssa dicere io? Me ritrovo ‘nu figlio… senza aver fatto niente con la sua

                   mamma! E nun m’arricordo nemmeno chi è chella femmena ch’aspetta ‘nu

                   figlio dal sottoscritto! (Va a sedersi sul divanetto) ‘E che casino!

Clemente: (Va a sedersi accanto a lui) A chi ‘o ddice?!

                   Intanto da sinistra (non notata) torna Brigida che nota i due e li ascolta.

Leonardo: Siente, Clemé, ma tu overamente vuo’ lassà a sòrema? Cioè, overamente vuo’

                   divorzià? Inzomma, nun ‘a vuo’ cchiù?

Clemente: Nun ‘o ssaccio, Leonà. Sinceramente? Sì e no. E’ troppa brutta e insignificante!

Leonardo: (Si volta e la nota) Ah, ‘a vi’ lloco!

                   Brigida subito si copre col velo il viso. Clemente la vede e commenta.

Clemente: He’ visto, Leonà? S’è mmisa ‘o velo pe’ nun se fa’ vedé quant’è brutta! (Si alza             

                   in piedi e le si avvicina) Senza offesa, Brigida! Vabbé, lasciamo stare. Tu sei

                   tornata e non mi hai nemmeno avvisato.

Brigida:     E che cosa cambia? In mia assenza hai familiarizzato con mio fratello, hai fatto          

                   la vita del single e inoltrehai anche creato quello schifo di contratto di divorzio.

Clemente: Ah, lo hai letto?

Brigida:     E l’ho pure firmato. Dunque, appena lo porterai dal giudice che ci dividerà,           

                   avrai pure uno strumento per non darmi un soldo. E tutto questo perché? Perché

                   sono brutta. Dentro… e fuori.

Clemente: Ma no, adesso non fare questa parte. Non te la devi prendere se sei troppo…

                   Brigida sposta il velo dal viso e lo mostra a lui che intanto seguita il discorso.

                   …brutta! (Poi la osserva bene) Azz! Sei bruttina, diciamo. Ma tu sei Brigida?

Brigida:     Certo che sono Brigida. Sono stata a Milano, e invece di fare il concorso che è

                   stato annullato, sono passata in un centro di bellezza. E mi hanno conciata così.

Clemente: E nun ce putìve i’ primma?

Brigida:     E che cosa sarebbe cambiato? Sarei stata bella come adesso? Come piace a te e

                   a tutti gli altri uomini? Ma io non sono questa. Dentro di me, sono la Brigida

                   brutta di faccia e di carattere che tu hai sempre conosciuto. Se mi hai accettata             

                   così difettata, vuol dire che in fondo di qualcosa ti eri innamorata di me. O no?

Clemente: Già.

Brigida:     E invece poi ti è passata la fantasia. Vai, Clemente, vai pure con la signora  

                   Vanessa. E non preoccuparti se lei aspetta un figlio da mio fratello Leonardo!

Clemente: E ch’aggia fa’ cu’ ‘sta signora Vanessa?

                   Dalla comune entra proprio Vanessa.

Vanessa:   Allora, signor Clemente, avete parlato col mio Leonardo?

Clemente: Sì, sta lloco ‘ncoppa ‘o divanetto.

Vanessa:   Ah, finalment… (Poi nota Leonardo) Ancora quello lì?

Leonardo: (Si alza in piedi e va da lei) Signò, pure si site bona, io nun ve voglio disturbà.

                   Ma cainàteme s’è fissato ca io v’aggia spusà pecché v’aggio compromessa!

Vanessa:   Ma che cos’è questa storia?

Brigida:     Signò, io non voglio entrare nel discorso ma questa cosa l’avete detta pure a me.

Vanessa:   Ma io parlavo del mio amore Clemente e del mio grande amore Leonardo.

Brigida:     Embé? Lui è il vostro amore Clemente e lui è il vostro grande amore Leonardo.

Vanessa:   Ma chi ‘e ssape, a ‘sti duje? Io parlavo di mio marito il conte Clemente Decimo

                   e del mio amante il barone Leonardo Quinto.

Leonardo: Clemente Decimo? Leonardo Quinto? Ma chi è chesta, ‘a regina d’Inghilterra?!

Vanessa:   No, sono una donna nobile. E per una pura casualità, mio marito e il mio amante

                   si chiamano Clemente e Leonardo.

Brigida:     Scusate, e che c’entriamo noi con le vostre cose?

Vanessa:   Signora, io sono una donna triste. Ho pensato di entrare in casa vostra, sperando

                   di trovare una voce amica che mi risollevasse dalla depressione della mia storia

                   d’amore difficile.

Leonardo: Un momento, ma allora il figlio che aspettate non è figlio a me!

Vanessa:    Esatto!

Leonardo: Alééééééé! Mò, pe’ festeggià, vaco a ffa’ ‘na rapina in banca!

Brigida:     Leonà, ma mò vuo’ i’ a fernì ‘n’ata vota carcerato?

Leonardo: Ma pecché, nun se po’ ffa’ ‘a rapina?

Gli altri:    No!

Leonardo: Ma che me ne ‘mporta, a me? Io ho scoperto che in Italia si può fare tutto. E se

                   finisci in galera, può darsi che diventi pure un eroe! Insomma, mal che vada, ci

                   guadagno sempre! Stàteve buono! Che bello, non sarò padre, non sarò padre!

                   Ed esce via ripetendo sempre la stessa frase.

Vanessa:   Signori, perdonatemi per l’equivoco.Non vorrei aver creato una rottura nel  

                  vostro matrimonio. Scusate se mi permetto, ma non sprecatelo così. Nessuno ne

                  merita uno come il mio pieno di equivoci e di errori. Il divorzio non ripara,

                  distrugge solamente. E allora auguri per la vostra vita. E scusate ancora. Addio.

                  Vanessa esce di casa. I due rimangono momentaneamente soli.

Brigida:    E io pensavo che quella donna si riferisse a te, quando parlava di Clemente!

Clemente: E io, allora?! Aggio scagnato a tuo fratello pe’ ‘nu spasimante tuojo!

Brigida:    Pure? E no, caro mio, io non ho spasimanti.

                  Ma da destra tornano De Nittis e Paolo.

De Nittis:  Forza, signor Paolo, la signora Brigida sta ancora qua! All’attacco!

Paolo:       (Va da lei e le si inginocchia davanti) Bri-Brigida, io ti spa-spasimo! Ti a-amo!

Clemente: Eh?

Brigida:    Ma… ma…

Paolo:       Mò-mò che di-divorzi da Cle-Clemente, mi sposi?

Clemente: Ma che d’è ‘sta scimmità, Brigida?

Brigida:    Ma che ne saccio? Insomma, Paolo, che cosa stai facendo?

Paolo:       Ti-ti amo!

Brigida:    Ma chi ti ha messo queste idee in testa?

Paolo:       (Si alza in piedi e indica De Nittis) L’avv-avvocato De Nittis!

Clemente: Che cosa? (Sposta via rudemente Paolo) Liévete ‘nu poco ‘a tuorno, tu! Avvocà,

                  ma che cacchio è ‘sta storia?

De Nittis:  E che vi importa, scusate, se vostra moglie si sceglie il signor Paolo? Tanto, voi

                  volevate lasciarla, così abbiamo creato l’ormai famoso contratto di divorzio.

Clemente: Io? Casomai l’avete creato voi. Io vi ho dato solo l’idea.

De Nittis:  In ogni caso, credo che la signora lo abbia firmato. E’ vero o non è vero?

Brigida:    Beh, sì.

Clemente: Sì, ma per me non vale. Io non lo porterò mai davanti ad un giudice.

De Nittis:  Che cosa? E state sbagliando, signor Clemente.

Clemente: Ma a vuje che ve ne ‘mporta si io nun voglio cchiù divorzià cu’ mugliérema?

De Nittis:  Volete saperlo? Ve lo dico. Signor Clemé, io mi sono gnignanognano gni gnoi!

Gli altri:    (Non hanno capito) Eh?

De Nittis:  (Ripete sempre in modo incomprensibile) Mi sono gnignanognano gni gnoi!

Clemente: Ma che avete detto? Io nun ve capisco.

De Nittis:  Signor Clemente Izzo, io mi sono perdutamente e follemente innamorato di voi!

                  Brigida e Paolo lo osservano sconvolti. Clemente lo osserva inorridito.

FINE DELLA COMMEDIA