Il cortile dei sette monelli

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ENRICO D’ALESSANDRO

IL CORTILE DEI SETTE MONELLI

-Comm. 3 atti per ragazzi -

Michele   - Alberto, Alberto

Alberto    - (musone) E come diavolo lo sai che sono Alberto?

Michele   - Da come cammini! Fai “ fruc…fruc…” Io vi vedo con le orecchie, sai. Franco, per    

                   esempio lo riconosco dal respiro , soffia come l’aria dal buco della serratura.

Alberto    - E’perché è grasso lui. Peserà come un vitello.

Michele   - Non l’ho mai toccato un vitello.

Alberto  - Beh, figurati un cane più grosso, che ha i piedi di legno… o forse di cuoio e le           orecchie 

                   molto lontane per lasciare il posto alle corna che gli vengono dopo. ( riflette) Ha il

                   pelo corto e la coda come un bastone con uno scopino in fondo. Gli serve per le

                   mosche.

Michele   - Morde?

Alberto    - Non so. Non gli sono mai andato vicino.

Michele   -Fermati un po’. Si sta bene al sole.(Alberto si lascia cadere pesantemente vicino a - Michele)

                  Che hai? Qualche guaio?

Alberto    - Ho che sono stufo, ecco, stufo … ( Dà un calcio a un sasso )

Michele   - ( sommesso ) - Capita anche a me qualche volta.

Alberto    - Vuoi credere? Li hanno dati a mio fratello anche questa volta. Le solite ingiustizie!

Michele   - Che cosa hanno dato?

Alberto    -I calzoni! I Calzoni di papà! Eppure la mamma l’aveva detto proprio a me, l’aveva

                  detto chiaro e tondo e tutti avevano sentito; i primi calzoni che smette papà li faccio

                  dentro a te. E invece, camorra anche questa volta!

Michele   -Ma forse c’era una ragione per darli a tuo fratello. Lui va alle scuole serali.

Alberto    -Niente, la storia è che lui ci sa fare …. (imitando il fratello ) “E’ la maniera di lasciarmi

                   andare in giro? La gente dirà che siamo pitocchi! E il decoro, il decoro dove va? “

                   (Con la voce normale) Cosa c’entra il decoro non lo so. Nessuno di noi è mai stato

                  decorato che io sappia, nemmeno mio padre che ha fatto il soldato in Africa.

Michele   -Non prendertela, Alberto! Ci sono dei vantaggi anche a non avere i calzoni nuovi.

                  Nessuno ti sgrida nemmeno se ti siedi per terra o se ti pulisci sopra le mani!

Alberto    -Si, hai ragione. Quando si è eleganti, non c’è più libertà. Così, invece, posso anche

                   scivolare sulla ringhiera delle scale che nemmeno lei dice niente.

Michele   -E’ buona però la tua mamma. Mi saluta sempre quando passa. Anche quando

                  cammina in fretta perché è tardi.

Alberto   -Si, non c’è male, ( Si odono dei richiami fischi urla, poi da destra- il lato del cortile che dà sulla via –

                       irrompono Mario, Bruno, Renato e Franco. Si rincorrono, ridono e gridano senza un perché poi si

                       fermano affannati davanti a Michele e ad Alberto.)

Mario    - Ciao, Miche. Ciao, Alberto.

Bruno    - Abbiamo visto un ciclista che sembrava Coppi. Forse era lui. Forse si allenava per le

                  corse.

Renato  - Non gli credere. Non era Coppi. Non gli somigliava neanche nella bicicletta. Aveva un

                  girarrosto, ve lo dico io.

Michele - Com’è fatto il girarrosto?

Renato   -Non lo so, ma non importa.

Bruno     -Però nel naso gli somigliava!

Renato   -Cosa vuol dire? Anche tu assomigli nelle orecchie a qualcuno.

Bruno     - ( interessato )Le mie orecchie? ( Se le tocca )Trovi che assomiglia a chi?  A Bartali forse?

Renato   - ( Allontanandosi prudentemente di qualche passo ) No, soltanto a un somaro!...ha … ha … ha …

                  (Bruno lo rincorre e si accapigliano allegramente. Alberto si alza e cerca di dividerli ma più con la voglia di

                       ruzzare che di riappacificare, cosi finisce che sono in tre a rincorrersi )

Michele  -( Ridendo ) E io a chi assomiglio? ( Fa scorrere le mani sul viso poi improvvisamente serio ) Non mi

                  ricordo più … Non mi ricordo più di come ero … quando ci vedevo.

Mario     -Hai dimenticato proprio tutto?

Michele  -( Triste ) - Tutto?... Non so. Certe volte mi sembra di ricordare qualcosa, ma non so..

                  E’cosi strano. Deve essere tutta un’ invenzione, una bugia della testa. Un sogno fatto

                  senza dormire.

Franco    -Una fantasia vuoi dire?

Michele  -Si, penso di si.

Franco    -Beh, io ho fame. Vado a vedere se i miei mi hanno lasciato qualcosa da mandar giù

                  nel gozzo, poi torno. ( via da sinistra )

Alberto   -( gli grida dietro ) – Marmitta! Oh, Franco!

Franco    -( Quasi fuori ) – Che vuoi?

Alberto   -Porta giù anche il tuo pallone … ( ora insieme a Bruno e Renato insegue una farfalla venuta dai

                        prati in quel cortile di periferia )

Franco    -Si (via da sinistra )

Mario      -Sai Miche, ho letto una bellissima poesia sul mio libro. Te la voglio insegnare…

Bruno      - ( che passando vicino sente tutto, si ferma ) No, oggi tocca a me a far la lezione a Miche.

Mario      - No a me.

Michele   -Me la farete tutti e due. Prima Bruno.

                   La tua è una poesia e sarà più bella. E’ meglio tenerla per dopo, come i dolci.

Mario     -Si è bella. Io però i dolci non li tengo per dopo. Me li mangio subito prima che

                  qualcuno me li soffi via.

Bruno      - ( Sedendosi vicino a Michele, sul mucchio di sacchi. ) Allora oggi ti insegno le consonanti.

Michele   - ( ripetendolo a sé stesso ) Consonanti…

Bruno      - Le consonanti sono quelle cose che si mettono intorno alle vocali … intorno come..

                   come la carne sta intorno all’osso. Tu le vocali le sai?

Michele   - Si: a, e, i, o, u.

Bruno      - Bravo. E ora se ci attacchi le consonanti davanti o di dietro… ( Prende un sasso e incide

                         per terra la lettera “ b “ ) Tocca con la mano ( Guida la mano di Michele fino a fargli toccare per

                         terra ) Questa è la bb…Bbbbb; se ci attacchi  “ a “, fai “ ba “; “ e “ fai “ be “. Capito?

                    Ba, Be, Bi, Bo, Bu.

Michele  - (attento) Ba, Be, Bi, Bo, Bu. ( ripassando col dito la lettera scritta da Bruno ) E’ lunga, con un

                   anello in cima e un ricciolo in fondo. Va bene, non la dimenticherò. ( Afferra un sasso e  

                         scrive ) b…b; cosi va bene? ( ascolta la parola ) “ Bene “ … Senti, c’è dentro “ b “ e

                   vicino “ e “, “ be “, Ora mi devi insegnare “ ne”.

Mario      -Te l’insegno io domani. ( Arrivano di corsa Renato e Alberto. Renato tiene in mano una farfalla)

Alberto    -L’abbiamo presa … L’abbiamo presa.

Renato    -Guardate … Guardate …

Mario      - Cosa avete preso? Un maggiolino?

Renato    -Una farfalla, una farfalla mai vista ( si uniscono tutti a guardare la farfalla, meno Michele che

                       rivolge verso di loro i suoi occhietti bui ).

Mario      -E’ una meraviglia! che ali leggere!

Bruno      -Ha i colori più belli! Il rosso e il blu.

Alberto   -Peccato che invece del blu non sia il nero.

Renato    -E perché?

Alberto   -Sarebbero i colori del Milan. Sarebbe più bella, no?

Mario      -A me piace così. Sembra di velluto.

Bruno      -Ha sulle ali una polverina … E’ come la cipria che mette in faccia mia sorella.

Michele   -( Con voce timida ) Me la fate toccare? Non so come sono fatte le farfalle ( i ragazzi si

                       guardano improvvisamente e inconsciamente commossi, cioè, a loro modo imbarazzati).

Renato    - Si, certo! ( Si avvicina a Michele che tende la mano e gli pone nel palmo la farfalla, una splendida

                       farfalla azzurra a macchie rosse) E’ azzurra scura come il cielo di sera. ( Michele gli sfiora le ali

                       delicatamente col dito ) E’ morta. Non può più scappare.

Michele   -Volava nell’aria … Bella .. Prendila, Renato,non vorrei sciupare le ali

Bruno      - Ma è morta!

Michele   -Non vorrei sciupargliele lo stesso. E’ peccato ( Franco rientra da sinistra con il pallone sotto il

                        Braccio e nella mano un enorme pane. Alberto lo vede ).

Alberto   -Da a me Marmitta!

Franco    -( pacifico ) Prima mangio.

Mario     -Allora finiremo col giocare domani.

Franco    -E perché domani?

Mario     - Prima che tu abbia finito tutta quella roba! Sembra il pasto dell’elefante del giardino

                  Zoologico!

Bruno     - ( a Renato che ha la farfalla) – Regalami la farfalla Renato!

Renato   - Che cosa ne vuoi fare?

Bruno     -La porto a scuola alla mia maestra.

Renato   - To, non ci avevo pensato. Allora la porto io al mio maestro. Tu arrangiati. Prendine

                  un'altra se sei capace.

Bruno     - ( offeso ) – Sei proprio cattivo, sai. E vigliacco e antipatico ed egoista.

Michele  -Bruno! Senti.

Bruno     -Ma lasciami in pace.

Michele  -Ho una cosa per la tua maestra. Uno scarafaggio! Te lo darò stasera se vuoi.

Bruno     - (Abbracciandolo ) Tu sei buono orbettino caro!

Ugo          - ( Entrando con una bicicletta per mano e con un pacco di libri e un giornale ) Salute a tutti!

                    ( I compagni gli urlano ”ciao” e gli vanno incontro, ma Ugo appoggiata al muro la bicicletta , va subito da

                         Michele) Ciao Miche

Michele   -  ( con il viso illuminato dalla gioia ) – Ugo che gioia che sei tornato!

Ugo          - Dove credevi che fossi andato? In capo al modo? Bene ho fatto tutta la

                    circonvallazione a tutta velocità.

Franco     - Se spaccavi la bicicletta, vedevi tuo zio! Ti incendiava il sedere a pedate.

Ugo          - Oh dite …… A me non la fa nessuno! ( abbassa la voce )  Nemmeno mio zio. Adesso

                   girate al largo. Ho da leggere il giornale: Me l’ha regalato il fornaio proprio ora

Michele   - Poi mi racconti quello che leggi? (Gli altri giocano a pallone. Ugo siede vicino a Michele e apre il

                         giornale sulle ginocchia.)

Ugo          - Certo, Miche. Ora guardo i numeri del Lotto

Michele   - ( STUPITO ) – Hai giocato al Lotto, tu?

Ugo          - (ironico )- Con cosa? Non vedo mai un soldo, nemmeno se lo cerco con il naso in

                   terra.

Michele   -E perché non vai a lavare le bottiglie dal lattaio? Ti darebbe qualcosa.

Ugo          -E’ un pidocchio! Una lira ogni dieci bottiglie! Con la svalutazione  della lira come

                   Dice mio zio! Non mi svendo per così poco. E poi, tanto, non ho bisogno di niente io

                   sai quel che dice quel mendicante che cerca l’elemosina alla fermata del tram?

                   “Ricchezza vuol dire preoccupazioni “ Sono del suo parere anch’io ( mostra ridendo

                        la fodera delle tasche)

Michele   -E allora perché guardi i numeri del Lotto?

Ugo          -Tutte le settimane io e mio zio scommettiamo su di un numero: Se il numero non

                   esce, mi servo prima io a tavola; se il numero esce, si serve prima lui. E allora ti

                  assicuro, per tutta la settimana, me ne rimane poco da ingrassare.

Michele   -Però quando vinci tu ….

Ugo          -Allora dimagra Lui! ( Guarda il giornale ) Bhe, forse stavolta …. Eccoli qui. Io ho

                  scommesso sul 72.. ( legge ) 25, 33, 19, 21…. Nemmeno per dispetto!47, 5,  89,

                  ( con un urlo ) Oh eccolo .. Eccolo … Questa settimana mi rifaccio! Li spazzo io

                  i piatti per Primo! Evviva.

Michele   - ( convinto) Questa è proprio una bella cosa.

Ugo          - ( ai ragazzi che gli stanno toccando la bicicletta ) Lasciate stare quella bicicletta, brutte

                   Marmotte! ( a Michele ) guardiamo un po’ cosa succede nel mondo. ( legge qualcosa

                        a mezza voce a Michele )

Renato     -giochiamo agli indiani. Chi vuol stare con me? Io sono John, il cavaliere bianco.

                    Bisogna andare a liberare il capitano Bull fatto prigioniero dagli indiani.

                    Oip-cui-ru-ru

Franco     - ( che sta ancora mangiando ) Io faccio il capitano Bull!

Bruno      -Così ti accantucci in un angolo a magiare e non ti muovi più!

Alberto   -Io farò l’indiano che fa la sentinella al capitano Bull.

Renato    - ( a Ugo, gridando ) Ohi Ugo, ci stai con noi? Giochiamo agli indiani.

Ugo         - ( che sta leggendo tra gridi e gemiti ) Questa si che è buona!

Mario     - Allora ci stai?

Ugo         -Ma no! venite qui. Sentite cosa è successo a Roma …

Alberto   -Che vuoi che ci importi?

Ugo         -E’ più che importante per noi. Sembra fatta apposta! Senti, Michele! Sentite tutti

                  ( Legge ad alta voce e dirà chirùrgia con l’accento sulla u ) Un prodigio della chirùrgia moderna.

Mario      -Che cosa è la chirùrgia?

Franco    - Chirurgia, si dice, deve essere una medicina per i chiromanti, quelli che dicono

                  l’avvenire se li paghi..

Ugo         - Zitti!... Il Prof. Amerigo Briton primario della clinica Salus, con un abilissima

                  operazione è riuscito a rendere la vista alla figlia dell’industriale Locchi, che era

                  rimasta, cieca all’età di due anni in uno scontro automobilistico. La bambina che da

                  poco ha compiuto otto anni, vede ora perfettamente ( pausa. Ai compagni,) vede

                  capito? Vede perfettamente.

Michele  - ( con voce tremante ) Hai detto che ora vede.

Ugo         - Si. E’ scritto qui.

Mario     - Ma allora, Miche, allora potrai vedere anche tu.

Bruno     - Ma certo! Oh , che bellezza! Sai, Miche, ti farò vedere tutto. La piazza, la fiera, il

                   giardino zoologico ….

Renato   - ( Interrompendo ) No, tocca a me fargli vedere tutto …

Franco    - ( Interrompendo ) Tutti insieme. Non siamo i suoi amici?

Michele  - Si, si … ma io …io come faccio a vedere, quel signore è a Roma.

Ugo         - Andrai a Roma.

Michele  - ( scuotendo la testa ) Roma. Roma è troppo lontana. Papà non ha i soldi per il viaggio

Bruno     - E poi chissà quanto costerà anche l’operazione!

Alberto   - Io dico che il viaggio costerà più di mille lire!

Franco    - I ragazzi pagano la metà.

Michele  - E papà non ha nemmeno il tempo. Chi non va allo stabilimento perde il posto.

                   E allora cosa faremo? ( si alza con voce spezzata ) Non voglio, non voglio nemmeno

                   pensarci ( Si avvia a tentoni e a Bruno che vuole accompagnarlo ) No … no, lasciami solo…

                   Lasciami solo.  ( Tutti lo guardano ammutoliti. Michele arriva sulla soglia di casa sua, poi si volta)

                        Vi prego non dite niente al mio papà, per favore. ( Poi entra. Un attimo di silenzio )

Renato    - ( a Ugo ) Bell’affare hai combinato con la tua meravigliosa notizia!

Mario      - ( con le lacrime nella voce ) E adesso sarà là che piange, lui sempre così gentile,

                  così buono …  ( Tutti sono commossi )

Ugo         - ( pensoso ) Non volevo.. Non credevo.. Eppure, sarebbe veramente bello.

Franco    -Lo dico anch’io che sarebbe bello … Ma qui ci vorrebbe uno che avesse i soldi e

                  andasse a Roma a prendere questo dottore e la sua chirurgia.

Ugo         - ( Interrompendo ) Marmitta! sei grande! Sei un genio! Ma si, è così facile, così semplice.

Bruno      -( incredulo ) Perché? Tu conosci un uomo ricco?

Renato    - ( Ironico )  Uno che se gli dici di andare a Roma, ci va?

Ugo         - Si, che lo conosco. Lo conoscete anche voi.

Franco    -non spararle grosse!

Alberto   -E chi sarebbe?

Ugo         - ( con prosopopea ) Io ( Fa un giro su se stesso ) Tutto intero. ( Tutti ridono ) E che c’è da ridere,

                  scarpacce rotte? Ce l’avete proprio la segatura nella zucca?!

Mario      -A te manca anche quella, certo!

Ugo         -( serio ) Non è il momento di scherzare. Non credete che, se ho i soldi, io no sia capace

                  di andare a Roma?

Bruno     -In bicicletta?

Ugo         -Bravo, così lo zio mi fa schiaffare in prigione, alla prima svolta. Fossi matto! Vado

                  in treno, o a piedi o mi faccio prendere su dagli automobilisti. A Roma in un modo

                  o in un altro arriverò, andrò dal dottore e gli dirò; “ Ecco i soldi. Venite con me a

                  guarire Miche” Torniamo qui insieme e lui fa l’operazione a Miche è tutto fatto.

Alberto   - Le operazioni non si fanno mica in casa, si fanno all’ospedale. Quando mi hanno

                  levato l’appendicina .. l’appendicolite.. l’appen..

Ugo          - Si, lascia andare. Andrà all’ospedale anche Michele se occorre.

Franco     - Arriverete certo in automobile.

Ugo          - L’importante è che i soldi non ci sono e che dobbiamo guadagnarli e in fretta.

                  Quindi si lavora. D’accordo?

Tutti         - D’accordo

Ugo          - Io accetterò di lavare le bottiglie del lattaio. Mettiamo cinquanta lire al giorno

Alberto    -Io andrò alla stazione a portare le valigie. Cinquanta lire li posso fare anch’io. Forse

                  di più se sarò fortunato.

Franco     -Io andrò a prendere l’erba per i conigli della signora Moretti. Me l’ha detto tante

                  volte! Certo che più di dieci lire quella non molla!

Ugo          - Buone anche quelle! Però cerca qualcos’altro.

Mario       - E noi cosa possiamo fare? ( Franco si è seduto meditando )

Renato     -oh io lo so. M’arrangio solo io.

Bruno       - Cosa fai?

Renato     - (evasivo ) Ve lo dirò dopo.

Ugo          - Niente pasticci! Per Miche tutta roba buona, come si deve!

Renato     - Certo, Non c’è bisogno che lo dica tu.

Alberto    -E tu, Marmitta? Stai covando che non fiati?

Franco      -( con gravità )   Io lo so quello che ci vuole … per fare quattrini. Se m’aiutate…

Bruno       -T’aiutiamo io e Mario. Non è vero Mario?

Mario       -Si. Cosa dobbiamo fare?

Franco     -dobbiamo fare il teatro. ( Tutti lo guardano sbalorditi )

Alberto    - Cosa?

Franco    -Si, non il teatro delle marionette o dell’oratorio. Quello dei signori che ci vanno in

                 Maschera. Tutti lisci e verniciati. Mio nonno ci andava sempre, ma lui faceva il

                 corista, quello che canta dietro con i compagno. Qualche volta mi faceva entrare.

                 Quello si che è il teatro che piace, la tragedia dove tutti cantano e muoiono.

Ugo        - Si, ci va anche mio zio qualche volta. L’opera la chiama. Quando si fa la barba, la

                    canta sempre

Renato     - ( a Franco ) spiega come si fa. 

Franco     - Ecco per esempio io sono il Re ( a Renato ) tu sei un cavaliere ( a Bruno e a Mario ) voi

                    siete i suoi figli ( a Renato ) io, il Re, ho scoperto che tu mi tradisci e ti dico

                    ( con voce cupa )   “ Fellon Tu tradisci la fè!”

Mario       - Cosa vuol dire?

Bruno       - Non capisci? E’ la lingua che parlano i re!

Franco     - ( continuando a Renato ) Tu rispondi “Perdon! Punisci me, ma risparmia i pargoletti!”

Renato     - ( Ridacchiando ) I pargoletti?

Franco     -  Si, i tuoi figli! ( imita caricaturalmente un  baritono )Feeellon! Tuuuu tradisti la fèèèè!

                    ( cambia registro e imita un tenore ) Perdoon, puuuunnisci meee,ma rispaaarmiaaa

                    i paaargolettiii!

Alberto    - ( interessato ) E dopo?

Franco     - Il re, io, dice: ( canta da baritono ) “ La priigion sarà la tua magioooon! ( indica Mario e

                         Bruno )  Ei fiigliii tuoi in esiiiliiio, in esiiilio andrraaan!

Mario       - ( scocciato )  All’asilo? Stai fresco se io ci vado all’asilo.

Alberto    -Ignorante ! Esilio, non asilo. ( con fare saputo ) L’esilio è un paese come la Francia.

Bruno       - E dov’è?

Alberto     - ( indicando a sinistra ) Di là, Sull’Atlantico o sull’Appennino.

Renato     -L’Atlantico è un oceano

Franco      -Non importa niente. Allora avete capito?

Ugo          - Si, va bene. Ma bisogna organizzarci. Dirigo io. Chi vuol vedere deve pagare cinque

                    lire.

Renato     -E cosa recitiamo?

Franco     -Mio nonno ha quei cosi ….. i libretti li chiama, dove c’è scritto tutto. Ci penso io.

Ugo          - Bene domattina comincio a lavorare. E attenti non una parola con Miche … Lui non

                   deve sapere niente fino a quando il professore non gli starà davanti ( Guardandoli

                        tutti con fermezza ) Chi parla si busca uno sganassone. Capito? ( Solenne ) Per gli occhi di

                   Miche parola d’onore ….

Tutti          -Parola d’onore. Per gli occhi di Miche.

Ugo           -Domattina alle otto, dietro il muro del cortile. Puntuali. E ora squagliatevi. ( Se ne

                        vanno un po’ per parte, anche Mario che però all’improvviso torna indietro).

Mario       -La poesia ! Non gli ho detto la poesia! ( Va sotto la finestra di Michele )  Michele! Michele!

Michele   - ( Venendo alla finestra)  Che c’è Mario.

Mario       - ho dimenticato di dirti la poesia. Tela dico adesso. Vieni , Michele! ( Michele appare

                          all’uscio e siede sul primo gradino, triste ) Senti com’è bella ( con lievissima enfasi )

Il sole risplende nel cielo,

Le farfalle volan sul prato,

Saltella tra i fiori del melo

Un uccellin e canta beato

Un bimbo lo ascolta sdraiato

Fra l’erbe, e s’addormenta piano

Per non svegliarlo ora è volato

L’uccello e canta più lontano,

Mentre sotto l’azzurro cielo,

Fiorisce tutto bianco il melo.

                     

                    Ti è piaciuta?

Michele     -Si, grazie, Mario. E’ bellissima.

Mario        -( Solo ) E’ bellissima, bellissima, ma io… io non lo vedrò… non lo vedrò mai il cielo azzurro … e nemmeno i fiori del melo… i fiori del melo ( china il viso e piange )

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FINE   “ Primo Atto”

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La prima scena si svolge dietro il muro del cortile. Si sente un campanile suonare le otto. Subito dopo s’alza il primo sipario, se ve ne sono due, oppure – avendone uno solo – non si alza affatto e l’azione si svolgerà in proscenio. Il sipario raffigurerà così il muro. Sono presenti tutti i ragazzi, meno Michele.

Franco sta mangiando un pane. Renato è stracciato e a piedi nudi.

Bruno    -Pensate che la mamma voleva farmi stare in casa stamattina … diceva che avevo la

                faccia di mal di pancia …

Renato  -( Serio )- se n’è accorta solo stamattina? ( Rapido si scosta per non buscarsi uno

                Scapaccione. )

Ugo        -Non cominciate a litigare adesso.

Franco   -(Pacifico mangiando)- Lo dici a me? Io non litigo mai.

Renato   -Certo, non ne hai mai il tempo! Stai sempre mangiando.

Ugo        -Renato, smettila. ( A tutti ) Dunque ora ci dobbiamo mettere a lavorare. Ognuno per

                conto proprio. Alle due ci troviamo e impariamo il coso.. si, il teatro.

Franco   - ( con dignità ) L’opera.

Mario    -Quando la facciamo?

Ugo        - Alle cinque. Bisogna preparare i manifesti, avvertire i compagni.

Alberto  - Chi pensa a queste cose?

Ugo        - Mario e Bruno sotto la direzione di Marmitta.

Franco   -Certo io lo so come vanno fatte le cose di teatro. Ho fatto spifferare tutto a mio

                 nonno ieri sera. E’ finita che mi sono addormentato sulla sedia.

Ugo        - Sta sveglio ora, mi raccomando. Intanto io Alberto e Renato lavoriamo fuori.

Alberto  -Io vado alla stazione a portare le valigie. C’è sempre gente che parte ora e va in 

                 Campagna. Se non fate affari nel vostro giro potete raggiungermi. Arrivederci

                 (via da destra).

Ugo         -Io vado dal lattaio a lavar bottiglie ( Comicamente disgustato ) e pensare che a me il

                  latte non piace.

Mario      -Non vai certo a berlo, però!

Ugo         -Beh , io vado. Piu presto mi sbrigo … ( Via da destra )

Renato   -Vengo anch’io.

Bruno     -Ma non hai i sandali, Renato.

Renato   -Lo so, lo so. (Scherzando ) Ma i sassi non mi fanno la “bua”, non temere ….

                 (fischiettando se ne va da sinistra )

Bruno     -Mi piacerebbe sapere cos’ha in testa Renato.

Mario     -E’ svelto, lui. ( A Franco ) E noi, Marmitta, cosa facciamo? E’ tardi, dobbiamo  spicciarci.

Franco    -( Finendo di mangiare con tutta calma) Ho bisogno …. ( Leva di tasca un pezzo di carta su cui ha

                      annotato l’occorrente e legge ) Di.. di …. Un pezzo di carbone, fogli di

                  carta … i più puliti che trovate. Se sono unti, non importa. Due scatole vuote di

                  conserva, più grandi sono meglio è. Lucide e lavate, naturalmente.

Bruno     -( Ripetendo ) Carbone, carta, scatole … E poi?

Franco    -A questo dovete pensarci voi. Al resto penserò io. E..chiamatemi .. “ Signor Autore “

Bruno     -“ Autore “?! Cosa vuol dire?

Mario     -Forse dovrà guidare l’auto.

Franco    -Siete i soliti ignoranti, ma non è colpa vostra. Autore è quello che fa il teatro. C’è

                  scritto sul libretto sotto una fotografia: “Ritratto dell’autore “ E io faccio o non faccio

                  il teatro?

Bruno     -Si.

Franco    -(Trionfante) E allora sono l’autore. Il signor autore …

Bruno     -Andiamo, Mario. Ricordati di tutto. Ciao Marmitta ( Se ne và ridendo e trascinandosi  dietro

                       Mario) Ciao signor autore ….

Franco    -(Gustando la parola ) Signor autore … Non c’è male … ( Tira fuori di tasca un altro pane)

                      Mi sento una debolezza stamattina … ( Si allontana lentamente mangiando con appetito ).                         

                     ( Si fa buio s’ode un arpeggio che dissolve su rumori di bottiglie, sciacquio d’acqua, rotolar di bicchieri.

                     Questi rumori vengono da dietro il sipario o siparietto a sinistra dove figura d’essere il negozio del lattaio.

                     Ogni altra ambientazione è lasciata all’estro alla fantasia del regista. A un tratto un urto più forte di

                     bottiglie. Poi  la voce di Ugo).

Ugo        -Nooo .. non ho rotto niente signor Gustavo … Avete sentito il rumore? Eppure è così,

                signor Gustavo venite a vedere, se non ci credete … Ecco si guardate. Guardate le

                vostre trecento bottiglie lucide e chiare come due gocce d’acqua …  Contatele! Sono

                trecento! Trecento bottiglie vestite a festa.. Si d’accordo cinquanta lire, si grazie

                signor Gustavo …  Allora vengo anche domani? Va bene puntuale alle otto. E.. Sentite

                se vi lavo anche il pavimento del negozio me le date venti lire in più? Su non fate lo

                spilorcio … per dieci non mi ci metto nemmeno .. Beh facciamo quindici .. Vi farò un

                pavimento lustro come la vostra faccia … Oh non l’ho detto per offendervi … Perchè

                 non sono venuto prima, dite?  Non so  … non mi sentivo .. Già .. eh,  si … ora si. Si è

                 un bel lavoro se m’impegno a venirci sempre?  Beh, finchè rimango in questa città.

                 Non si sa mai … Si .. già ..già.

                 ( La voce è andata via declinando un lieve arpeggio sottolinea  il  passaggio alla scena successiva A destra

                       subentrano i rumori di una stazione, naturalmente in tono sommesso. Voce di Alberto).

Alberto   -Signore? ..Signore .. vuole che le porti la valigia? .. No? .. non si fida?.. Lasci, lasci

                  gliela porto fino all’autobus … Ecco faccia lei signore. Grazie ( come fra sé ) Venti lire,

                  non c’è male ( con voce affannosa come in corsa ) Oh! .. Signora Signora! … Gliela porto io la

                  borsa, gliela porto io .. Dove deve andare? .. A prendere il biglietto? ..

                  ( indignato )  Cosa? Giù le mani dalla borsa? Ma io non gliela rubo mica la sua borsa!

                  Se la tenga stretta. Cosa c’è dentro? Il tesoro del Perù? .. ( con voce differente come    

                       parlando a una vecchia signora) Oh Signora, ha bisogno di qualcuno che l’aiuti? Si .. dia a

                  me il pacco e lei s’appoggi alla mia spalla. Ecco cosi … Ancora un gradino. Prego ,

                  signora  … Grazie  ( stupito ) Cosa!?  una caramella! …. M’ha dato una caramella!

                  Porca miseria! Accidenti” A che serve una caramella a Miche ( assaporandola ) Oh

                  buona ( premuroso )Eccellenza, vuole un facchino … Si, io sono forte, eccellenza, provi.

                  Si che ce la faccio ( con voce oppressa dalla fatica ) Nooo … non pe … sa …  Non pe  .. sa..

                  Non pe… sa

Renato   -(Lamentoso )Fate la carità,signori … La carità per un povero bambino! … Signorina bella,

                  un soldino .. un soldino solo … Oh, grazie,  grazie  .. Signora, fate la carità per un

                  povero bambino cieco! (Sdegnato ) Ma signora! Queste dieci lire non sono buone.

                  Ne manca un pezzo! .. ( Stupito ) Dite che ci vedo? Come “ci vedo”? Certo che ci vedo!

                  Non sono mica io il bambino cieco! Non la chiedo per me, io, l’elemosina!...  Volete

                  portarmi in questura? (Ridendo ) Prendetemi se siete capace! ( Passi di corsa, poi,

                       più lontano) Fate la carità per un povero bambino cieco …. La carità.

                

                  ( La voce si spegne sopraffatta da una musichetta da fiera. S’apre il sipario sul cortile. Sono le cinque del

                       pomeriggio e c’è il sole. Nell’angolo di sinistra i ragazzi hanno costruito un teatro, cioè hanno tirato una

                       corda tra due finestre e sulla corda hanno steso una coperta o un tappeto. Dietro a questo sipario di

                       fortuna , si intravvede una sedia rialzata da due mattoni per piede e ricoperta da uno straccio colorato.

                       E‘ il trono. Niente altro, A destra di questo piccolo palcoscenico è appeso un manifesto a caratteri

                       infantili “ OPERA TRAGGICA – IL TIRANNO DI  BABIR – CINQUE ATTI “ A sinistra, Bruno sta attaccando al

                       muro un altro manifesto ” DOMANI GRANDE SUCCESSO – IL MAGO INDIANO – GRANDE TRAGEDIA IN

                       SETTE ATTI “ In un angolo Ugo , con un pezzo di carbone , sta facendo i baffi a Mario. Michele seduto

                       come al solito, sui gradini, tutto teso e interessato ).

Michele  -Ma fate proprio il teatro? Quello vero? Quello che c’è l’avviso sui muri?

Bruno     -Naturale. Cosa credevi, Miche? Le cose si fanno bene o niente ( si sente picchiare un

                       martello).

Michele  -Chi è che picchia?

Renato    -( che sta passando con degli asciugamani e stracci colorati ) E’ Alberto. Sta facendo

                  il cavallo.

Michele  - ( Sbalordito ) Un cavallo? Vuoi dire sul serio che Alberto sta facendo un cavallo?

Renato   - Si, un cavallo. Te lo faremo toccare.

Michele  - Chi va a cavallo? Alberto?

Renato    -Si. Fa il “ messo reale”. Sai quello che porta le notizie quando è rotto il telefono

                   ( Se ne va con i suoi stracci )

Michele   - ( A Bruno ) E tu, cosa fai?

Bruno      - Io sono “ il soldato del Re “.

Ugo          - (Ha finito di fare i baffi a Mario ) Bruno, spicciati, tocca a te.

Bruno      - ( Michele ) Ugo deve farmi i baffi, sai … e poi vado a mettermi la divisa.

Michele   - ( Con un sospiro ) Se vi potessi vedere.

Franco     - (passando con uno scendiletto sulle spalle, con enfasi ) Ci sentirai! Io sono “ il Re “ Miche!

Michele   - ( Scherzoso ) Per scettro porti un bastone di pane?

Franco     - ( Sottovoce ) Zitto. L’ho in tasca.

Alberto    - (Entra da destra trascinando il cavallo, cioè un cavalletto di legno – un pezzo di legno orizzontale con

                          quattro gambe, un altro pezzo di legno a un’ estremità fa da testa e uno scopino o una treccia di spaghi

                          fa da coda all’altra estremità. A gran voce ) Il cavallo è pronto! Si chiama “ Fulmine “.

Tutti         - Evviva “ Fulmine “.

Ugo          - ( Che ha finito di truccare Bruno ) Il Re è pronto?

Franco     - Quasi. Mi mancano la corona e la spada.

Ugo          -Spicciati che facciamo le prove. Fra un ora comincia lo spettacolo, lo spettacolo!

                   Alberto, preparati! Mario, Bruno, Renato, svelti! ( Tutti affannati ed eccitati si  gettano sopra

                        un mucchio di stracci e ferri vecchi. Sono i loro costumi. Si vestono ) Mettetevi i costumi!

Michele   -(Interessato ) Ci sono anche i costumi?

Ugo          -Certo.

Michele   - ( Con voce supplicante ) Mi fai vedere, Ugo ….mi fai toccare?

Ugo          - ( Spiegando ) Mario e Bruno sono i soldati del re. ( Ai due ) Su avanti fatevi toccare.

                    (Mario e Bruno si avvicinano. Hanno in testa una grande scatola di conserva affrancata sotto la gola  da

                         due spaghi. Alle scatole sono legati in cima, due ciuffi di penne. Portano, incrociati sul petto, ad uso di

                         bandoliera, due pezzi di copertone di bicicletta. Al fianco una spada di legno, Intorno agli stinchi,

                         a forma di schinieri, due pezzi di cartone, legati con uno spago. Un asciugamano pende, infine, dietro le

                         spalle. Michele li tocca sulle gambe e i ragazzi si chinano per fargli sentire l’elmo e le bandoliere).

Michele   - ( Eccitato ) L’elmo, le bandoliere, la spada …. Che meraviglia! ….

Renato     - ( Facendoglisi vicino a sua volta ) E io? Sono il “capo dei ribelli”. (Si pavoneggia. Ha in testa una

                         sciarpa colorata arrotolata come un turbante. Una pelle di capra o di coniglio gli pende dietro le spalle;

                         davanti gli fa da corazza un pezzo di cartone con un leone rampante ai piedi due enormi stivaloni di

                         gomma evidentemente non suoi. Lo scudo è un coperchio e la spada naturalmente di legno).

Alberto    - E io sono il “messo del re”( in testa ha una pentola legata sotto la gola da uno spago, una cartella

                         di traverso. Un asciugamano per mantello; ai piedi infilati di traverso nelle scarpe due forchettoni

                        fingono gli speroni)

Franco      -Io sono “il Re”. ( Un ampio tappeto gli scende dalle spalle ai piedi. Una fascia colorata gli attraversa

                         il petto. Una dozzina di coperchi di bottiglie gli decorano il petto. Dal collo gli pende una collana fatta

                         con una catena, e il lucchetto gli fa da ciondolo. Lo scettro è una pompa di bicicletta.

Michele   - (sospirando ) Quanto darei per poter vedere i vostri splendidi costumi! … Sono veri?

Ugo          - Quasi (Agli altri ) Su, pronti si prova. Chi e’ primo?

Franco     - Io. non sono re per niente!

Ugo          - Spicciati che tiro il sipario … (Franco corre a sedersi o meglio, ad arrampicarsi sul trono, mentre

                         Ugo con uno strattone tira giù il tappeto dalla corda) Pronti! ( Suona il campanello di una bicicletta.

                         Michele intanto s’è avvicinato a tentoni e si accucciato vicino a Ugo )

Franco     -Ohi, Ugo, abbiamo dimenticato la musica!

Ugo          - Quale musica?

Franco    - Nell’opera gli attori cantano e i suonatori suonano. Non lo sai?

Ugo          -(Seccato) Beh, dovevi dirlo prima, adesso arrangiati!

Franco     - E va bene … Suona il campanello allora! ( Si rimette pensoso sul trono. Ugo suona. Franco si

                        alza, viene avanti e canta un motivo di fantasia)

                                           

                                             “i miei guerier

                                     Ove saran,

                                     avranno vinto

                                     o perso avran?

                                     Nessun messo,

                                     nessun biglietto

                                     mi dan notizie

                                     della battaglia

                                     Ahimè

                                     Pere pepè piri pipi pò pò!

Ugo          - ( Urlando ) Ma che cosa dici? Che c’entra pere pèpè piri piri po’ po’!

Franco     - (offeso) Come che c’entra? E’ la musica! Mi hai detto di aggiustarmi.

Ugo          - (Convinto) Già vai avanti.

Franco     - (Con sentimento sempre cantando e stonando)

                                                   O guerrier ove siete? 

                                                         Il mio regno salvate avete?

                                             Zum zum fi fi ( a Ugo ) Questo è il flauto.

                    ( Entra Alberto a cavalcioni del cavallo che si trascina fra le gambe)

                                                         Omesso fedel

                                             qui giungi alfin

                                             piri piri pi…

                         ( Alberto cantando a suo modo )

                                             Di volo son giunto!

                                             Una triste novella ti dò!

                                             Purupupum purupupum po po

                                             Il nemico s’avanza

                                             Con grande baldanza

                                             Ahimè ahimè ahimè …

                         ( Franco anche lui con una sua aria )

                                             A adesso che faccio?

                                             Barabun bara bum …

                                             Olà, guardie del corpo!

                    ( Mario e Bruno entrano e si inchinano)

                                             Partite miei fidi!

                                             Cacciate il nemico,

                                             Coraggio, partite!

                                             All’assalto” Olà!

                          (Mario e Bruno sguainano la spada e si slanciano fuori a destra tenendola in avanti. Quasi subito

                          rientrano di corsa senza spada e con l’elmo penzoloni. Dietro a loro, inseguendoli, entra Renato

                         anch’egli a spada sguainata; poi si ferma mentre i soldati spariscono da sinistra )

Renato       -( A voce tonante, guardandosi in giro )

                                                             Dov’è il codardo

                    ( Cantando )

                                                Dov’è il re?

                    ( Lo vede poi imperativo) 

                                                Ai miei piè!

                          ( Franco da lo scettro ad Alberto e impugna la spada, mettendosi a duellare con Renato)

Alberto     -                            Ahimè

                    (Si nasconde dietro il trono cantando)

                                                Tutto è perduto

                                                Fuor che la vita!

                                                Zum pu pu co co!

Franco     - ( A Renato )           Perirai nemico crudel

                                                Colpito dal brando mio fier!

                                                La la la la la.   

                         ( Nel duellare Renato e Franco passano vicino ad Alberto che, rapido cala lo scettro sul capo di Renato).

Renato     - (Cadendo )            Tradimento!

                                                Piri piri pi pi!

Franco      -                             Vittoria!

                          ( Danza cantando )

                                                    Vittoria!

                                                E’ nostra la gloria

                                                Zum zum tàtà

Ugo           - ( interrompendoli) Basta! Basta! Non occorre provare tutto! Ora io penso a fare

                     entrare i ragazzi e a farli pagare. Voi state nascosti fin che suono il campanello. T’è

                     piaciuto Miche?

Michele    -Mi diverto tanto! Posso stare qui ancora, Ugo?

Ugo           - Finchè vuoi. Tutti siamo contenti quando sei con noi.

Michele    - Oh, Ugo sono così contento anch’io.

                     ( si chiude il sipario, un attimo di buio. Si rialza il sipario. E’ quasi sera. I ragazzi hanno sgombrato tutto

                           o quasi tutto. Ugo, seduto sul cavallo di legno conta l’incasso dello spettacolo. Gli altri stanno a

                           guardare. Manca Michele)

Ugo           -Bene. Se domani con “ il mago indiano” prendiamo ancora trenta lire, non c’è male

                    ( si guarda intorno ) E Miche dov’è?

Mario        -E’ andato con sua mamma.

Ugo           -Allora si può parlare. ( Con gravità ) Ho pensato che per l’operazione agli occhi

                    dovrebbero bastare duemila lire

Bruno    - (impressionato ) Accipicchia, così tanti?

Franco   - E’ un professore scelto, mica di seconda mano quello!

Renato   - E per il viaggio a Roma?

Ugo        - Non prendo il treno così risparmio i soldi.

Alberto  -A piedi non ce la fai in un mese.

Ugo        - Ci sono i camion, i carri, le auto, furbone! Di qui vado a Vicenza, da Vicenza

                  vado a Padova, poi Verona, Bologna. Ho notato tutta la strada.

Bruno    - Io sono stato bocciato in geografia.

Ugo        - Ho chiesto a mio zio. Gli ho detto che volevo andare a Roma e s’è messo a ridere.

                  M’ha detto: Prova se sei capace e m’ha detto i nomi delle città. Fra dieci

                  giorni parto.

Renato   -Avremo i soldi per allora?

Ugo        -Si. Oggi, anche con lo spettacolo, abbiamo guadagnato duecento cinque lire ( Prende

                      un fagottino dalla tasca) Ecco. Di notte lo metto sotto il letto. Non c’è da fidarsi di questi tempi.)

Franco  -Lo dico sempre io. Appena ho un soldo, compro qualcosa da mangiare (Si batte la pancia)

                    Quand’è dentro qui, non c’è più niente da temere.

Renato  -( Svelto ) Si, il mal di pancia! ( Ridono )

Ugo        -( Alzandosi) Allora domani si ricomincia. E fra dieci giorni parto per Roma.

                 ( con improvviso entusiasmo ) Evviva! Evviva! Parto per Roma!  

                 ( Buio. Si chiude il sipario. Musica di sottofondo. La voce di Ugo da dietro )

Ugo        -( Parlando a qualcuno ) Quanti chilometri per Verona? Ancora venti? Si, grazie (Fra se)

                Ancora dieci. Qui ci vogliono quattro ruote. To’, viene un automobile ( Rumore d’auto che

                     si avvicina Ugo grida ) Ferma! Ferma! ( Frenata) Per favore, mi prendete con voi? …

                Si vado ad Verona. Grazie si … Mi chiamo Ugo … Mi fate un vero piacere …

                Si sono orfano. Vado a trovare un signore che mi può aiutare …. Buon giorno grazie,

                ancora grazie mille. ( Rumore di auto che si allontana, breve pausa )  E’ questa la strada per

                Bologna? Di là a destra poi in fondo a sinistra? Si ho capito. ( Rumore di carretto ) Buon

                uomo mi prendete con voi sul carretto? Sono stanco ( rumore di carretto in sordina ) Se ho

                fame? ( Sospira ) Ho sempre fame … Buono questo pane ( Il rumore cessa ) Grazie

                lasciatemi pure qui … Oh non importa troverò qualcun altro. Buona sera … ( Fra sè )

                E adesso dove passo la notte? Ci sarà ben qualche buco riparato … Che sera calda!

                Bene, questo mucchio di fieno è quello che ci vuole. Ci dormirò da signore ( Struscio di

                     fieno. Sospiro di sollievo ) Ah, chissà cosa dirà mio zio quando arriverò a Roma. ( Sbadiglia )

                    Gli manderò una cartolina.( Sbadiglia ) In nome del Padre e del Figlio e dello Spirito

                Santo …. Signore, ti ringrazio. Salutami Miche e fagli sognare che presto ci vedrà.

                Amen. Oh che sonno … (Grilli, abbaiare lontano di cani. Suonano le due ad un campanile chissà dove)

                Eh? Cosa? (Seccato ) Chi mi sveglia?  Lasciatemi stare. Chi siete? ( Stupito ) Carabinieri?

                  Ma io non ho fatto niente di male! ( Spaventato ) non voglio venire con voi.

                  Documenti? Quali documenti? … Io non ho documenti. ( Supplichevole ) Lasciatemi

                  stare. Devo andare a Roma, a Roma, dal professor Briton. Devo dirgli di Miche,

                  credetemi ..Non è una storia. ( Pausa, sbattere di porte ) Si, signor maresciallo. Ugo Naitti

                  fu Arturo. Undici, anni undici. Abito con lo zio. No, non sono scappato. Volevo solo

                  andare a Roma. No non mandatemi indietro… non mandatemi indietro.(Singhiozzando) 

                   Non mandatemi indietro ( Musica si alza il sipario. Il cortile di primo pomeriggio. I ragazzi meno

                        Ugo,con il naso in aria guardano le finestre aperte delle stanze dove abita Ugo con lo zio. Sembra di

                        Sentir volare sculacciate e scappellotti, ma sicuramente si sente Ugo gridare Ahi! A tutta forza. Michele

                        si tiene chiuse le orecchie con le mani).

Michele   -( Impressionato ) Grida ancora Ugo?

Alberto    -( Forte ) Si, come un oca spennata.

Michele   -Allora tengo le orecchie chiuse. Avvisami quando non grida più ( Le grida di Ugo

                        continuano )

Franco     -( Che sta mangiando ) Questa volta le prende secche. Suo zio si sfoga.

Mario       -Povero Ugo! Essere riportato indietro dai carabinieri quando era già arrivato cosi

                   ontano.

Bruno      -Troverà qualche altro modo per farcela! ( le urla di Ugo smettono di colpo ) Oh lo zio si è

                  stancato.

Renato    - Miche puoi levarti le mani. Non si sente più. ( Ugo appare da sinistra, di buon umore )

                       Ugo! ( Tutti guardano Ugo con ammirazione , Michele gli stende le braccia )

Michele  - Ugo.

Ugo         - ( Gli va vicino e gli mette una mano sulla spalla) Ciao Michelino.

Mario      -Ti ha dato una bella pestata?

Ugo          - Mio zio? Uhm, era veramente in forma. Per fortuna avevo preso le mie misure di

                  sicurezza.

Alberto    - Misure di sicurezza? Cos’hai inventato?

Ugo          -Quando mi ha preso sapevo che andava a finire a botte e allora mi sono fatto

                   regalare dal mio accompagnatore due libri. Da leggere in viaggio.

Franco     -E te li ha presi?

Ugo          - Era un uomo simpatico.

Mario      -Ma che c’entrano i libri con le .. Misure di sicurezza?

Ugo         - Eccole ( mette le mani dietro e dai calzoni tira fuori un libro a destra e uno a sinistra ) lo zio

                        picchiava con la cinghia, si sono un po’ rovinati, ma il mio fondo schiena è salvo!

Bruno     -E allora perche urlavi tanto?

UGO        -Lo zio si commoveva.

Michele  -E io che pregavo per te.

Ugo         -Hai fatto bene. Le tue preghiere sono servite a farmi venire un‘idea  splendida.

Franco    -Quale idea?

Ugo         - ( a Michele ) Senti Miche me lo fai un favore?

Michele  -( felice ) Subito, Ugo.

Ugo         - Mi puoi dare qualche cosa da mangiare? Ho saltato la colazione stamattina.

Michele  -Subito, subito, Ugo ( Se ne va premuroso )

Franco   -Potevi dirlo anche a me ( Tira fuori il solito pane dalla tasca).

Ugo        -Ho anche fame, ma volevo che Miche non sentisse. Ho pensato una cosa

                semplicissima. (Accentuando)non occorre che io vada dal professore!

Mario    -No? ( Tutti sono stupiti)

Ugo        -No ( trionfante ) Gli mandiamo un telegramma.

Bruno    - Un telegramma?

Renato  - Sono svelti i telegramma. Vanno sul filo come le teleferiche e arrivano subito.

Alberto - Ma che fili! li porta l’aria.

Mario    - ( Guardando per aria ) Ma se non si vedono mai!

Bruno    -Io lo so. Si schiaccia un tasto qui e lo sentono a Roma.

Mario    -E’ impossibile che lo sentano.

Bruno    -Adesso ti spiego ( Schiaccia un piede a Mario. Mario grida “ Ahi “ tenendosi il piede con le mani ).

                Io ti ho schiacciato il piede e tu hai sentito con la testa. E’ la stessa cosa per i

                telegrammi.

Ugo        -( Pratico ) Se lo spediamo oggi, stasera il professore lo riceve. Domani può venire.

Franco   -Scriviamo dunque. Tò la matita ( Trae fuori dalla tasca una matita e la dà a Ugo, mentre Bruno gli

                      dà un pezzo di carta)

Ugo        - ( Scrivendo ) Al professor Amerigo Briton. Clinica salute .Roma ( Agli amici ) E poi che

                  diciamo?

Mario     - Che venga subito.

Alberto  - Che i soldi ci sono.

Bruno     - Devi mettere il nostro indirizzo.

Ugo         - ( Scrivendo ) Venite subito, i soldi ci sono e il cieco anche.

Renato    - Digli di non fare storie. Le persone grandi tante volte le fanno.

Ugo         - ( Medita un po’ poi scrive ) Non far storie. ( Cancella ) Niente scuse.

Mario      - E la firma?

Franco    - Firmiamo tutti.

Ugo         -costa troppo. Mettiamo “gli amici di Miche” ( Scrive poi rilegge ) “Venite subito.

                  I soldi ci sono e il cieco anche. Niente scuse. Gli amici di Miche. Via caserta 15”.

Alberto   - Più chiaro di così! E poi a parlar di soldi, la gente si muove subito. Lo dice sempre

                   mio padre!

Mario      - ( Protestando ) non è vero. Ugo e noi ci muoviamo perché vogliamo bene a Miche,

                    non per i soldi!

Ugo          - Svelti chi va al telegrafo?

Tutti         -Io, io!

Ugo         - ( Togliendo dalla camicia un fazzoletto annodato, lo scioglie e ne tira fuori cento lire )

                   Vai tu marmitta. Portami il resto. ( Appare Miche con un piatto con pane carne e un frutto ).

                        Su che c’è Miche! Fila. Filate via tutti ( Va verso Miche)

Franco     -Fidati di Me! ( Agli altri ) Su sgombrate! ( Via tutti meno Ugo e Michele ).

Ugo          -( aiutando Michele ) Quanta roba tutto per me?

Michele   -Si ( Siedono sui gradini e Ugo mangia ) Mi sentivo solo quando eri via. Ora non vai

                   più via vero?

Ugo          -No Miche. Ma ti prometto che la prossima volta andremo insieme.

Michele   -( Triste ) Ma io sono un impiccio, Ugo, lo sai! Bisogna tenermi per mano e dirmi: c’è il

                   gradino c’è il muro! Vedi sono una noia.

Ugo          -( affettuoso ) Non sarai un impiccio e non ci sarà bisogno di dirti niente. Ci daremo

                   ugualmente la mano perchè siamo amici e cammineremo insieme … ( Michele lo

                        ascolta trattenendo il respiro, incantato ) Saliremo le montagne fino a toccare la cima,

                   andremo fino al mare e faremo i tuffi nell’acqua e l’assaggeremo e diremo; “

                   Tò è salata!”

Michele   - Sembra un sogno, Ugo.

Ugo           - ( Convinto ) Non sarà un sogno, Miche.

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FINE SECONDO ATTO

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                      Si apre il sipario. La stessa scena. Qualche giorno dopo, sono le dieci del mattino. La scena è vuota.

                      Poco dopo arriva Ugo, si ferma in mezzo alla scena e fa un acutissimo fischio di richiamo. Un momento

                      e poi da tutte le parti arrivano i ragazzi meno Michele e Bruno. Tutti sono pettinati e lustri.

Ugo         -Allineati! Fronte a destra.( Franco, Alberto e Mario si mettono in fila fronte alla platea Ugo li passa

                      in rivista, esaminandoli bene ) Fuori le mani! ( A Franco ) Si va bene. ( ad Alberto ) hai grattato

                 per terra?

Alberto   - ( nascondendo rapidamente le mani ) No, perché?

Ugo         -Le unghie. Devi pulirtele. ( A Renato) hai le orecchie piene di sapone. ( A Mario ) Va bene

Mario      - ( Ridacchiando ) La mamma ha detto che mi vuol portare all’ambulatorio. Dice che

                  devo essere ammalato perché mi lavo troppo.

Ugo         -Sfido io! Ti lavavi solo la domenica ( Si guarda in giro ) E Bruno?

Franco    - Bruno è di guardia. E’ pulito. L’ho guardato io prima di mandarlo fuori. ( gridando verso

                        Il portone ) Bruno! Bruno.( Entra bruno fregandosi gli occhi come se trattenesse a stento le lacrime )

Ugo          - Beh, che hai, Bruno? Ti senti male?

Bruno      - ( Scoppiando in lacrime ) Io la guardia non la faccio più, non la faccio più.

Franco   - E perché? Ti annoi?

Bruno     - ( tra i singhiozzi ) Ho preso uno schiaffo. Un … Signore  .. che passava . Io gli ho detto

                  come ti chiami? E lui mi .. mi ha dato uno schiaffo. Cre .. credevo che fo .. fosse il

                  professore. Aveva … aveva la barba ..

Ugo        - Non prendertela, Bruno pensa a Miche!

Renato  - Ma il professore non viene mai. Forse i telegrammi non bastano.

Mario    - Ne abbiamo mandati tre.

Ugo        - Non ne manderemo più. Ora deve venire per forza.

Alberto - Forse è morto.

Ugo        - ( Scuotendo il capo ) L’avrebbero detto i giornali. ( Guarda fisso, pensoso. Verso la nicchia della

                     madonna, poi quasi fra sé ) Ci vogliono le candele (Ad Alberto) Corri a prendere due candele.

                 (Toglie di tasca il solito fazzoletto annodato e conta il denaro ).

Franco  - Cosa ne vuoi fare?

Ugo        - Le accenderemo là, davanti alla Madonna.

Mario    - Potevamo pensarci prima.

Bruno    - e perché due sole candele? Siamo in sei.

Renato  - Ha ragione Bruno. Una per uno. ( Tutti annuiscono )

Ugo        - ( Ad Alberto ) Allora Sei. Corri dal droghiere. E non perdere il resto. ( Alberto se ne va di

                      corsa ). Diventano pochini . Fra poco dovemmo rimetterci a lavorare. ( Mette via il

                      fazzoletto. A Renato) I fiammiferi ( A Franco ) Una sedia. Svelti. ( Via i due che tornano subito con

                      i fiammiferi e la sedia. Arriva di corsa dal portone anche Alberto con le candele )

Alberto - ( Affannato ) Ne ho prese sette.

Mario    - Sette?

Ugo        -E perché?

Alberto  -Per Miche. Una tutta sua.

Ugo        - ( Con gravità ) No. Quella di Miche l’accendiamo quando ci vedrà. Ora è spenta come i

                 suoi occhi. La Madonna non può fare a meno d’accorgersene. Troverà lei il modo per

                 aiutarci. ( una lieve pausa di silenzio commosso ) Andiamo. Tu Marmitta stai di guardia. ( Se ne

                      va seguito dai compagni. Franco si siede, prende di tasca un pane e si mette a mangiare. Pausa. Ad un

                      tratto da fuori il portone, il rumore di una macchina, una portiera che sbatte. Poi da destra entra un

                      signore di mezza età, distinto, impulsivo, che si guarda intorno. Franco lo guarda soprapensiero, poi

                      all’improvviso scatta e gli corre incontro ).

Franco   -Lei è … lei .. lei è ( Facendosi coraggio ) Il professore Amerigo Briton?

Prof.       –Ah ti hanno dato l’incarico di avvistarmi! Bene di alle persone – come dicono i

                  telegrammi! ( Li toglie di tasca e rilegge la firma ) “Gli amici di Miche”, già! Di agli amici di

                  Miche che sono ( Cambiando improvvisamente idea ) No, aspetta un momento. Come ti

                  chiami?

Franco    -Franco, detto Marmitta

Professore -Senti, Franco le persone che ti hanno dato l’incarico di aspettarmi ( Si guarda in giro)

                            Abitano in Questa casa?

Franco        - Si

Professore -Sono persone ragionevoli o… un pò ( Si tocca significativamente la fronte ) un po’ tocche?

Franco        -E’ che … io ..  non so..  io ..

Professore-T’ho fatto una domanda sciocca. Cosa puoi saperne tu. Povero piccolo.Se non fosse

                      per la mia indomabile curiosità .. Perché me l’anno stuzzicata la curiosità gli amici

                      di Miche! Questi tre telegrammi sono originalissimi. ( prende il primo e lo legge)  venite

                      subito. I soldi ci sono e il cieco anche. Niente scuse”. ( legge il secondo ) “Signor

                      Briton, ci sono gli occhi che l’aspettano. E c’è la premura, per piacere. Quei di via

                      Caserta 15” ( legge il terzo ) “ Allora non avete proprio cuore per gli occhi Di Michi?

                      Se non venite, siete un invenzione dei giornali”. ( A Franco ) Mai ricevuti inviti di

                      questo genere. Sono curioso di vedere in faccia questa persona così originale.

Franco         - ( intimidito ) Li .. li chiamo?

Professore  -Si. ( Franco fa un fischio acutissimo che fa sobbalzare il professore ) Ma che ti salta? chiami dei

                       cani?

Franco         - Oh no signore. Chiamo gli amici di Miche. Le persone, come dice lei.

Professore  - Bene le stranezze continuano. ( da sinistra vengono di corsa Renato e Alberto, che alla vista

                              del professore si fermano di colpo intimiditi, da un uscio escono Bruno e Mario e in fine come una

                              catapulta entra Ugo ).

Ugo              - ( Eccitato ) E’ arrivato?

Franco         - E’.. è lui, il professore. ( Al professore ) Ecco, Sono gli amici di Miche .. e anch’io

                       ( Il professore li guarda sbalordito poi scoppia in una risata )

Ugo              - Che c’è da ridere signore?

Professore  - Voi? Siete stati voi a mandarmi questi? ( Mostra i telegrammi )

Ugo              - Si, noi. Ve ne abbiamo mandati tre perchè lei ritardava.

Professore  - ( Ironico ) Ah, ritardavo?

Alberto        - ( Gentile ) Certo avrete avuto qualcosa da fare.

Professore  - (Ancora ironico ) Si,qualche cosetta. ( Ride ) Siete terribili ragazzi!  Pur di fare uno

                        scherzo! Perfino i telegrammi mandate. ( lentamente arrabbiandosi ) E’ la cosa più

                        stupida che io sono venuto da Roma. Veramente dovevo andare già a Verona;

                        ma ugualmente avete una bella faccia tosta ( durante questa battuta Ugo ha confabulato

                              con Renato che poi fila via a destra. Dopo un attimo si sente un auto che parte).

Franco         - Ma signore  …

Professore  -Altro che “ ma signore “! Bene, ora mi sono tolto la curiosità, me ne vado.

                       La figura dello stupido l’ho fatta già abbastanza. Ma non riesco a capacitarmi

                       Come abbiate potuto combinare una cosa così complicata.

Ugo              -Vede, noi abbiamo letto sul giornale …

Professore  -( Interrompendolo bruscamente ) Naturalmente. Dovevo immaginarlo. Qualcosa

                       che avete letto sui vostri giornali a fumetti e v’ha montato la testa.

Franco          -Abbiamo pensato che anche noi …

Professore  -Non ho bisogno di altre spiegazioni. Ne so già abbastanza.

Alberto        - Ma non ha capito niente.

Professore  -Sentite che sfacciataggine! “ Non ho capito niente “ Una cosa si, non ho capito,

                       quale divertimento può venirvi da tutta questa faccenda. A meno … A meno che

                       non ci sia sotto qualche altra intenzione.

Bruno           - Si ,si.

Professore  -Già, già Lo diceva lo psicologo Resnati, che voi ragazzi avete degli strani complessi,

                       delle strane vanità che vi spingono agli atti più impensati.

Mario           -Lo dice anche la mamma.

Professore  -Ecco avevo ragione. Cosa dice tua madre?

Mario           - Dice che sono vanitoso e che per questo divento stupido perchè dovrei mettermi

                        la brillantina sui capelli e invece ci metto il burro, lei crede che il burro faccia

                        cadere i capelli? La mamma lo dice ma io non ci credo.

Professore  -Basta! Basta!

Ugo               -Sia gentile, professore, se lei sta zitto un momento, io le spiego ..

Professore – Ah, devo anche stare zitto! E lasciarmi intontire dalle vostre storie sul burro e la

                        brillantina. No, ragazzo mio. Se c’è qualcuno che deve parlare, anzi, gridare, sono

                        io,il professore.

Tutti              - Amerigo Briton!

Professore  - Precisamente. Il professore Amerigo Briton che non è mai stato preso in giro da

                        nessuno e tanto meno da quattro marmocchi come voi.  

Mario            -( con la voce che trema ) Ma non è colpa nostra …

Professore  -Ah , non è colpa vostra?

Mario           -( Continuando ) Se siamo piccoli.

Professore  -E’ l’unica ragione sensata che vi ho sentito dire a vostra discolpa. Siete piccoli e

                       perciò è inutile che me la prenda con voi. D’ora in poi me la prenderò solo con me

                       e la mia stupida credulità. Addio! ( fa per andarsene )

Bruno           - Se ne va davvero, Ugo ( Tutti sono costernati e pallidi ).

Ugo               - E’ meglio che lei rimanga qua, signore. Noi vorremmo ..

Professore  -( interrompendolo ) E perché dovrei rimanere? Nemmeno per sogno.

 Renato        - (che è subito rientrato ) La sua macchina se n’è andata, signore e ripasserà a

                        prenderla fra mezz’ora.

Professore  - (Stupito ) Se n’è andata?

Ugo               Ho mandato io a dire all’autista di andarsene. Adesso almeno ci ascolta.

Professore - (arrabbiatissimo ) Ah, hai mandato tu! Roba da pazzi! Ma  cosa vi  credete voi? Piccoli

                       delinquenti, nient’altro! Ecco cosa siete! Spaventoso! No non avrei mai pensato

                       che l’incoscienza e l’impudenza di questi marmocchi potesse giungere a tali

                       punti! Uno scherzo così stupido! Maledetta la mia curiosità! (Mario frena a stento i   

                              singhiozzi ) Meritereste una lezione da ricordarvene per tutta la vita ! Dovreste aver

                        rimorsi d’avermi fatto perdere il tempo così inutilmente. ( Con voce grave ) Sapete

                       quanti che soffrono, attendendo proprio da me, il sollievo, e luce, si, luce, luce,

                       vista, capite? E il mio tempo per loro è prezioso e voi vi siete presi gioco anche di

                       loro della loro sofferenze … ( Sulla soglia dell’uscio appare Michele che a tentoni le braccine

                             tese, scende i pochi gradini. I ragazzi non l’hanno visto , ma il professore si. I suoi occhi esperti si sono

                             resi subito conto dell’infermità di Michele. Grida ancora, ma il suo pensiero e già preso dall’interesse

                              per il piccolo cieco ). Voi  non capite,  non capite, non capirete …mai cosa voglio dire…

                       aiutare ( La sua voce s’addolcisce e si abbassa ) un piccolo cieco … a riconquistare …

                             ( S’interrompe bruscamente e nel silenzio si ode la voce di Michele ).

Michele       - Ugo! Ugo! ( I ragazzi si voltano e Ugo va da Michele e gli prende la mano )

Ugo              -Eccomi, Miche ( Si volta verso il professore ) Questo è Miche, signore.

Professore  -( Avvicinandosi a Michele ) Ciao, Michele! ( A Ugo ) Non potevi dirmelo subito?

Ugo              -Volevo spiegarle. Ma lei.

Professore  -E’ vero. Scusatemi ragazzi! ( A Michele ) Vorrei parlare un poco con te, Miche.

Michele       -Volentieri, signore solo io non so cosa dire. Io sono..

Professore  -(Interrompendo affettuosamente ) lo so Miche. Sediamoci qui sui gradini. ( Lo fa sedere e

                             siede anche lui. Intorno i ragazzi eccitati e tesi non fiatano ) Sei nato così, Miche, e t’è

                       successo dopo?

Michele       -( Fiducioso ) Dopo, signore. Un giorno un amico di mio papà ci volle portare sul suo

                       camion. Ci fu uno scontro e io … io on so ..

Professore  -Potrei parlare con tuo papà?

Michele       -E’ in fabbrica. ( Con speranza ) c’è la mamma però, signore .

Professore  -( Alzandosi ) Accompagnami da lei. ( Anche Michele si alza )

Ugo              -( Svelto ) Scusi, professore, una parola. Gli fa cenno di scendere vicino a lui.

                       ( Quando il professore gli è accanto ) Professore , ce la fa?

Professore  -( Non capendo in un primo momento ) Ce la faccio?

Ugo              -Si a farlo vedere ancora.

Professore  -( Sincero ) Non so, Ugo. Ho bisogno di averlo in clinica per esaminarlo. Se c’è solo

                       una possibilità, una sola e Dio mi aiuta, ce la farò.

Ugo              - ( Con gravita ) E senta per i soldi dica alla mamma e al papà di  Miche che fa gratis.

                       Guadagnano poco. Ma non dubiti, per la spesa pensiamo noi.

Professore  -( Commosso ) Ah , già “ I soldi ci sono e il ceco anche “. Si ricordo, me l’avete

                       anche telegrafato. Ma ….

Ugo              - Abbiamo lavorato tutti e, se occorre lavoreremo ancora. Ci dirà poi la spesa, ma a

                      noi, capisce? Siamo stati noi a pensare a tutto e tocca a noi ….

Professore  -Si, ho capito. E.. quanto avete?

Ugo              - Duemila  .. cioè ne avevamo duemila, ma i telegrammi.

Professore  - ( Commosso ) I telegrammi sono costosi, lo so. Bene, quello che avete è sufficiente

                       per tutto. I genitori di Miche non avranno nessuna spesa, te lo prometto.

                       ( Guardando tutti i ragazzi ) Anzi, ve lo prometto.

                             ( Ritorna verso Michele ed entrano in casa )

Ugo              - ( Eccitato ) Urrà! Ci siamo riusciti!

Franco         - S’è convinto? Avevo una paura.

Alberto        - Aveva creduto ad uno scherzo …

Renato         - Ma quella della macchina è stato uno scherzo davvero?

Bruno          - Ugo sei un fenomeno!

Ugo             -  Ha detto che, se Dio l’aiuta, ci riuscirà. Ma io sono sicuro. Non avete visto?

                       Appena accese le candele …

Mario          - Avrà fretta di vedere accesa anche quella in mezzo, la Madonna. Le deve fare

                       pena così spenta.

Alberto        -La faremo accendere proprio da Miche, il giorno che tornerà. ( Michele appare

                             sull’uscio ) Ssss, sssss, eccolo. ( Gli corre incontro ) Miche! Miche, sei contento? Ma tu

                      piangi! ( Costernato, agli altri ) Miche piange.

Tutti             - ( a soggetto ) Piange? Ma perché piange, perché, cosa gli ha detto?

Bruno           - E singhiozza anche.

Michele       - ( Fra i singhiozzi ) Sono … Sono tanto contento

Franco         - E allora perché?

Michele       - Sapete ha detto che ci vedrò … ci vedrò, sapete?

Mario          - Evviva! Evviva!

Michele       - Ha detto che mi porta con lui. E siete stati voi, lo so, a farlo venire. E .. davvero

                      questa è la cosa più bella .. E dopo aver guardato la mia mamma e il mio papà,

                       voglio vedere voi, tutti, Ugo, Franco, Alberto, Bruno, Renato, Mario, voi i vostri

                      occhi il vostro viso. Ma vi voglio già tanto bene che di più non potrò volervene.

                       Siete tutti miei fratelli anche ora che è buio e lo sarete anche quando ci sarà

                      Tanto tanto sole. Il sole  .. il sole e io riderò, correrò con voi e ci sarà tanto sole e ci

                       daremo la mano e non ci lasceremo più. ( Piange )

Bruno           -Oh, non piangere, Miche!

Michele       -( accenna un sorriso ) E’ tanto bello piangere, ora!

                                                                 FINE

Personaggi e interpreti

UGO          11-14 Anni impulsivo, intelligente, generoso, fatto per essere a capo di ogni

                   impresa. E’ l’eroe di tutti i ragazzi del cortile, specialmente di Michele.

FRANCO:  Detto, Marmitta: 11-14 anni, pacifico, lento, non molto furbo. Ha sempre appetito.

                   Per questo ha sempre le tasche gonfie di pane.

RENATO:  10-13  Anni, monello scelto e petulante. Pronto a ogni birichinata.

ALBERTO: 10-13 Anni, noioso e brontolone. Sa fare i conti come un mercsnte.

BRUNO :   10-12 Anni, fratello di Mario, vivacissimo al gioco e alla burla.

MARIO :    9-11 Anni, affettuoso e gentile, pieno di spontaneità.

MICHELE:  Detto Miche: 10-11 anni, un piccolo cieco, a qui la disgrazia non ha tolto ne

                    affettuosità ne serenità. La sua sensibilità è più acuta e la sue tenerezza è più

                    pronta di quella dei suoi compagni. Tutti lo amano, ma particolarmente Ugo che è il

                    suo primo grande amico.

Prof. Amerigo Briton.  - Impulsivo, generoso,pronto all’ira come al gesto più delicato e

                                           fraterno. Può avere dai 40 ai 45 anni,