Il creativo

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GIORGIO CASINI

GIORGIO CASINI

IL CREATIVO

Commedia – due atti

Personaggi

                        ALFONSO                                               Il Creativo

                        HEIDY.                                                    La sua compagna
                        LEOLUCA                                               Padre di Alfonso
                        LEONIA                                                   Zia di Marta
                        MARTA                                                   Moglie separata
                        ANTONIO                                               Compagno di Marta
                        TEREWSKA                                            Badante polacca
                        BENNY                                                   Figlia di Antonio
                        GUIDETTI                                               della Publinvest

In una qualsiasi grande città – oggi

PRIMO ATTO

Salottino disimpegno in casa di Alfonso: un divano, un paio di poltroncine, un mobile bar. Porta a destra verso l’esterno, due porte a sinistra verso camere e bagni. Sul fondo, tavolo da disegno sul quale Alfonso svolge il suo lavoro di “creativo pubblicitario”. Evidentemente il tavolo e uno scaffale con incartamenti sono stati trasferiti lì da un’altra stanza.

SCENA 1

TEREWSKA – HEIDY

Scena vuota. Squilla il telefono.

TEREWSKA. (Entra e va a rispondere). Pronto sì… chi parla lei?… Io sono Terewska, governante polacca dottore Alfonso… tanto buona persona sì… dottore Alfonso rimasto senza moglie… no, non morta, sì… scappata sì, con amante… Povero dottore solo, chiamò me, io venuta di Polonia per aiuto casa… Come?… Sì trovato nuova moglie… no, come dire quando uomo separato da moglie sposata con prete sì… Come?… No, prete non sposato, prete detto: tu vuole questa donna? Lui detto sì… Poi donna andata con altro uomo, lui trovato altra donna… Convivente? Io non so, se dice lei… Heidy, così si chiama… Tu vuole parlare con Heidy? Perché non detto subito?… Sì sì, chiama… io non posso perdere tempo. (Chiama). Signora! Signora Heidy, telefono! (Al telefono). Arriva… Se diceva subito io non perdeva minuti preziosi. (Chiama). Signora Heidy!

HEIDY. (Entra. Ha una radiolina accesa). Che c’è da gridare tanto?

TEREWSKA. Telefono.

HEIDY. Chi è?

TEREWSKA. Non ha detto a me.

HEIDY. (Spegne la radio). Dai qua. (Al telefono). Pronto, sono Heidy… Oh, Leonia, zietta carissima! Come stai?… non ci sentiamo da tanto di quel tempo… avevo quasi dimenticato di avere una zia… Vuoi venire a trovarmi?… Beh, non so… Alfonso, sai com’è… sì sì, te l’ho sempre detto: fa tutto quello che voglio io, però… Cos’hai?… Gatti? Quanti?… Un centinaio! Non vorrai portarmeli qui in casa!… Li tieni nel palazzo delle esposizioni… al piano terra… Contenta te! Non vedo però… in casa… Ah, una esposizione… mostra concorso felini di razza… Lo so: hai sempre adorato i gatti… Un paio di giorni?… Va bene, vieni. Sola, senza gatti. Ciao. (Riattacca. A Terewska). Verrà una mia zia a passare un paio di giorni qui.

TEREWSKA. A dormire? Dove possiamo metterla? Quale letto?

HEIDY. Pensaci tu. Qualunque posto va bene, per la zia Leonia.

TEREWSKA. Non grande disponibilità per letti in questa casa. Tutti occupati.

HEIDY. C’è la camera grande… quella matrimoniale, con un letto bello grande… vuota.

TEREWSKA. Il letto dove dottore Alfonso dormiva con moglie, poi non ha mai voluto adoperare per dormire con convivente.

HEIDY. Come ti permetti? Io sono la signora Heidy!

TEREWSKA. Perdona, signora convivente. Detto prima telefono. Dottore fece nuova camera in suo studio e mobili di studio partiti… no: portamentati… insomma, sistemati qui. Non è bello stare.

HEIDY. Queste cose a te non devono interessare! Sistema la zia Leonia nella camera matrimoniale e lascia perdere il resto!

TEREWSKA. Sì, sì. Bella camera: rococò.

HEIDY. Cosa?

TEREWSKA. Dottore Alfonso detto così.

HEIDY. Ma quale rococò! Una cameretta ordinata per corrispondenza… Non ha uno stile.

TEREWSKA. Rococò.

HEIDY. Forse il dottore, chiamava il pappagallo che era scappato.

TEREWSKA. Camera stile pappagallo? Forse. Allora io vado preparare camera pappagallo. Devo anche preparare pranzo. Dottore Alfonso vuole bistecchina con patate… al sangue.

HEIDY. Patate al sangue? Cos’è, una ricetta polacca?

TEREWSKA. No, italiana. È vero, patate non hanno sangue. Metterò poco di vino rosso, stesso effetto. Vado subito in cucina.  Con permesso. (Esce).

HEIDY. Si può essere più cretine… (Accende la radio).

SCENA 2

HEIDY – ALFONSO

ALFONSO. (Arriva da fuori, gesto di stizza verso la radio accesa. Bacio di saluto). Ciao, Heidy… Ho da lavorare: devo finire il piano per quella campagna pubblicitaria… Dovrebbe passare Guidetti fra poco, vorrei fargli trovare qualcosa di pronto.

HEIDY. Fai pure. (Si siede). Io sto qui a guardarti: è bello vedere qualcuno che lavora.

ALFONSO. Sì, ma devo concentrarmi… la radio…

HEIDY. (Spegne la radio). Concentrati, spremi le meningi. Un creativo pubblicitario deve ritirasi nel suo limbo per inventare le frasi, le immagini che convincano le buone massaie a comprare lo strofinaccio giallo invece di quello grigio che andava veramente bene.

ALFONSO. Con lo strofinaccio giallo, ti faccio notare, abbiamo mangiato fino ad ieri.

HEIDY. Ora, cosa devi progettare? Un nuovo tipo di olio per friggere… che sicuramente schizzerà, così inventerai subito un detersivo per pulire le macchie lasciate dall’olio che schizza.

ALFONSO. Vedremo, vedremo, non mettiamo limiti. Ma, per ora avrei bisogno di stare solo per pensare.

HEIDY. Giusto. Mi eclisso. Esco: giusto devo vedere Meg. (Sguardo interrogativo di Alfonso). Margherita; non ha mai amato quel nome. Voleva essere chiamata Margie ma molti lo storpiavano, così decise per Meg: corto, semplice, facilmente memorizzabile.

ALFONSO. Ok, salutala… e non tardare troppo.

HEIDY. D’accordo, ti lascio al tuo dio dei frigoriferi e degli aspirapolvere… Che idea! Eolo! Che nome per un aspirapolvere! Eolo, il re dei venti!

ALFONSO. Ti faccio notare che il re dei venti soffiava, un aspirapolvere deve… aspirare..

HEIDY. Hai ragione, non ci avevo pensato… Che idea! Soffia… aspira: Eolo al contrario! Oloe! (Sguardo glaciale di Alfonso). No, eh? Va bene, ci ho provato. Ciao. (Esce).

SCENA 3

ALFONSO – LEOLUCA

(Alfonso, rimasto solo, osserva alcuni disegni, prende degli incartamenti dallo scaffale, si gratta la testa, infine ha un’idea). Sì! L’orto di nonna Agatina! Suona bene… il minestrone della massaia moderna! (Prende degli appunti. Suona il campanello, interrompe il lavoro, va ad aprire. Rientra con Leoluca che ha una piccola borsa). Papà, che ci fai? Finalmente ti sei deciso a venire a trovarmi! Entra, siediti. Dimmi tutto: al paese che novità ci sono? Non hai trovato una sistemazione, una compagnia… dopo che la mamma… ci ha lasciati? Ma dimmi: cosa ci fai qui in città?

LEOLUCA. Se permetti, replicherò ad ogni domanda con una risposta. Bisogna dare un metodo alla conversazione, altrimenti si rischia di fare confusione. Come nella collezione di francobolli: vanno catalogati, ordinati per nazione, per anno di emissione… altrimenti la collezione perde la sua anima e diventa un ammasso di quadratini di carta colorata.

ALFONSO. Giusto! La tua collezione di francobolli… ce l’hai ancora? Ricordo quando me la mostravi, c’era quella serie di animali… Mongolia o Terra del Fuoco… grandi, colorati… belli.

LEOLUCA. (Dispregiativo). Patacconi! Ma procediamo con ordine: nessuna novità al natio paesello, salvo le corna di cui la signora Bianca ha gratificato la sommità del capo del marito, il sindaco. Il signor Giustino è deceduto, pace all’anima sua,  senza lasciare un soldo ai figli che, oltretutto si sono dovuti sobbarcare le spese del funerale… e con i prezzi che corrono, per le onoranze funebri. Due: come me la passo. Come un modesto pensionato che si accontenta di sbarcare il lunario, con qualche piccolo hobby.

ALFONSO. Andiamo, babbo: modesto pensionato. Non sarai il maggior contribuente per le finanze del tuo paese ma con la tua pensione ci puoi campare discretamente.

LEOLUCA. La vita è dura… Tre! Vivo sempre da solo! Non ho nemmeno una domestica, colf, come le chiamano, badante… filippina o polacca. Mi piace stare da solo: un piatto di minestra riesco a costruirmelo, per pulire la casa ci sono tutte queste diavolerie moderne…

ALFONSO. Certo. Anche la vita di un single si è molto semplificata.

LEOLUCA. Non ho ancora finito il punto tre! Non ho una nuova compagna. Quando morì quella santa donna di tua madre, ovviamente ne rimasi molto scosso ma, tu mi conosci e sai che per legarmi ad una donna io devo sentire… affetto… quello che comunemente viene definito amore e, a questa età… Insomma, un nuovo legame non potrebbe essere una specie di società per azioni.

ALFONSO. Certo, ogni uomo ha i suoi principi, le sue convinzioni morali.

LEOLUCA. E finalmente arriviamo al punto quattro: cosa ci faccio qui!

ALFONSO. Sono molto contento di vederti.

LEOLUCA. Avrai letto da qualche parte, o forse ti sarà sfuggito, non sono notizie da prima pagina, non ci sono morti e feriti… Comunque, domani inizia, nel palazzo delle esposizioni, al primo piano, un convegno filatelico. Voglio visitarlo… come si dice: tastare il polso al mercato. Ci sono dei pezzi che inseguo da parecchi anni, potrebbe essere la volta buona, potrei scambiarli con valori che ho doppioni o addirittura acquistarli. Sono un buon investimento.

ALFONSO. Certo, i soldi sono tuoi, puoi farne quello che credi.

LEOLUCA. Il “Penny black” è una vita che lo cerco… o il “Tre lire di Toscana”… ma forse sono soltanto dei sogni proibiti.

ALFONSO. Non bisogna mai disperare. Ti ricordi? Me lo dicevi sempre, agli inizi del mio lavoro.

LEOLUCA. Come procede questa sorta di attività? Io continuo ad essere alquanto scettico: creativo pubblicitario, inventare cose che convincano la gente a comprare roba del tutto inutile… Mah! A questo mondo, tutto è possibile. Se ti piace, se ne ricavi soddisfazione… considerando che siamo circondati da cretini che abboccano…

ALFONSO. L’hai detto: si tratta di inserire la spina, al momento giusto, nel cervello giusto.

LEOLUCA. Nel non cervello. Quando sei riuscito a togliere a un uomo la sua facoltà di pensare, di decidere, quando hai annullato la sua volontà, puoi fargli comprare tutto quello che vuoi.

ALFONSO. Papà, perché non butti a mare i tuoi francobolli e ti metti a fare il pubblicitario? Saresti una cannonata, un mago! Hai già capito come funziona!

LEOLUCA. Non è detto. Per ora preferisco coccolarmi i miei quadratini di carta colorata; la sera, seduto nella mia poltrona, con l’album sulle ginocchia… mi raccontano di paesi lontani, di re e imperatori che si combattevano per conquistare imperi. Mi ricordano scienziati, artisti, rivoluzionari, poeti ma anche mostre, avvenimenti: dalla beatificazione di una santa alla vittoria nei campionati del mondo…

ALFONSO. Tutto un mondo sulle tue ginocchia, comodo, secoli di storia come in un film tutto per te. Non ci avevo mai pensato: tutto il mondo in un pezzetto di carta! Può essere uno slogan.

LEOLUCA. Naturalmente questo mio soggiorno necessita di un punto d’appoggio, un luogo, un posto, un letto dove riposare le stanche e, ahimè, non più giovani membra.

ALFONSO. Certo, certo. Tu qui, sei a casa tua! Potrai dormire nel letto matrimoniale.

LEOLUCA. Non ci dormi tu? Con la tua nuova donna? E dove giacete, se non sono indiscreto?

ALFONSO. È una storia lunga. Dopo la partenza di Marta, mia moglie, tu sai che ho cercato di rifarmi una vita.

LEOLUCA. Giusto! Se riesci a non costruire una società per azioni, fai bene.

ALFONSO. Heidy, la mia nuova compagna, non ha mai voluto dormire in quel letto, dice che ci sente una presenza precedente…

LEOLUCA. Anima sensibile questa Heidy, ma tua moglie non è un fantasma, è ancora viva e, voglio sperare, in buona forma.

ALFONSO. Sai com’è: per amore del quieto vivere… allestimmo una nuova camera nel mio studio, trasportando il tavolo da disegno e uno scaffale qui, in questo salottino. Non sta molto bene, ma per ora…

LEOLUCA. Eh… figlio mio: quando una donna rifiuta il letto, non è donna! O è una donna con altre mire nella testa! Vogliamo prendere possesso del maniero? (Sguardo interrogativo di Alfonso). Volevo dire della stanza matrimoniale. È un letto col baldacchino?

ALFONSO. No. È un letto normalissimo.

LEOLUCA. Peccato. Mi sarebbe piaciuto.

ALFONSO. Ti accompagno. Da questa parte. Hai tutto l’occorrente per la notte?

LEOLUCA. Poche cose, ma sufficienti: pigiama, spazzolino da denti. Come sai, ho sempre avuto abitudini spartane. Ho tutto qui, in questa piccola valigia. Andiamo. (Escono).

SCENA 4

TEREWSKA – BENNY

Suona il campanello. Terewska attraversa la scena e rientra con Benny.

TEREWSKA. Prego signorina, chi cerca lei?

BENNY. Nessuno in particolare. Volevo intanto vedere il posto, rendermi conto. Dovrò dormire qui un paio di notti.

TEREWSKA. Due notti? No. Non è possibile: non c’è posto. Letti casa tutti occupati!

BENNY. Non preoccuparti, nonnetta, io mi arrangio, ho il mio sacco a pelo … qui (indica il pavimento) starò benissimo.

TEREWSKA. In terra? In casa di dottore Alfonso? Lui sarà molto arrabbiato!

BENNY. Stai tranquilla, nonnetta cara, non darò nessun fastidio.

TEREWSKA. Io non sono tua nonna! Ho solo due figli in terra di Polonia. Io lavora qui per mandare soldi a loro e a padre di loro, così loro sposare e fare figli che saranno miei nipoti, ma è ancora abbastanza presto, loro molto giovani, pure io non così vecchia per essere nonnetta, come tu dice.

BENNY. Non te la prendere! Due figli hai detto? Almeno uno avrà figli e allora…

TEREWSKA. Sarò nonna di figlio di figlio! Nonna tua, no! Mai!

BENNY. Non c’è bisogno di arrabbiarsi, cara vegliarda. La vita è bella e va vissuta con allegria… musica, fiori, sesso… Ti piace la musica rock? E i fiori? In quanto al sesso lasciamo perdere.

TEREWSKA. Non lasciamo perdere un cavolo niente! Tu pensa ai cavoli tuoi! I miei me li gestisco da me!

BENNY. Ok, nonnetta! Hai imparato bene l’italiano. Bene. Andremo d’accordo. Parleremo di musica, di sesso… in Polonia succede come in Italia? Mi dirai tutto. Per ora, siamo d’accordo: un metro quadrato di pavimento mi è sufficiente. Ci starò come un papa, anzi una papessa.

TEREWSKA. Quale papessa, tu eretica! Tu vai via prima che dottore venga qui a fare a me  ri… sciacqua… come si dice quando si lava testa, grande saponata e poi acqua per… risciacquare! Ecco. Trovata la parola: dottore mi farà risciacquata per avere permesso a te di entrare qui con sacco con pelo. A proposito, dove lo tieni?

BENNY. Non preoccuparti, salterà fuori al momento giusto. Per ora è giù, in fondo alle scale.

TEREWSKA. Scale? Qualcuno potrà rubare.

BENNY. C’è il mio ragazzo che fa la guardia.

TEREWSKA. Ragazzo? Non vorrai portare anche lui a dormire qui!

BENNY. Stai tranquilla. Lui ha dove andare. C’è una ragazza che conobbe tempo fa, andrà a dormire da lei.

TEREWSKA. Ragazzo tuo, dormire con ragazza… non si sa di chi?

BENNY. Che c’è di strano.

TEREWSKA. (Scandalizzata). Che mondo! Che mondo! Povera Italia!

BENNY. Anche in Polonia non è tanto diverso, stai sicura, nonnetta.

TEREWSKA. Non chiamare nonna! Io ancora abbastanza giovane per dare lezione a te e a tuo ragazzo!

BENNY. Ok, non arrabbiarti. Vai pure in giro a dare lezioni… anche se, ritengo che il tuo libro di testo, abbia bisogno di qualche aggiornamento.

SCENA 5

ALFONSO – BENNY – TEREWSKA

ALFONSO. (Entra). Che succede? Questa ragazzina chi è?

BENNY. Ragazzina? Caro papi, potrei insegnarti cose che tu nemmeno immagini! Ragazzina a me!

TEREWSKA. Ragazzina dice che dormirà qui, in metro quadrato perché suo ragazzo l’ha lasciata per andare con altra donna.

BENNY. Non è affatto vero. il mio ragazzo non mi ha lasciata. La nonnetta ha equivocato.

TEREWSKA. Io cosa? Io capito benissimo e non sono tua nonna!

ALFONSO. Calma, per favore, stiamo calmi. Cos’è che puoi insegnarmi?

BENNY. Ok papi, sarò la tua maestra e tu sarai il mio allievo prediletto.

ALFONSO. Facciamola finita! E cosa sarebbe questa storia del metro quadrato?

BENNY. È lo spazio minimo vitale per poter dormire qualche ora. Giusto per recuperare un po’ le forze…. Dopo un concerto rock.

TEREWSKA. Lei vuole metro quadrato su pavimento per dormire nel sacco con pelo.

ALFONSO. Sacco a pelo? Qui, in casa mia?

TEREWSKA. Io detto che non possibile ma lei persiste… no: insiste. Ora che lei è qui, dottore Alfonso, io posso andare in cucina a preparare pranzo? Bistecchina con patate… al sangue!

BENNY. Patate cotte nel sangue? Ma è una ricetta da cannibali!

TEREWSKA. Tu non deve mangiare qui! Per fortuna! (Esce indispettita).

ALFONSO. Potresti spiegarmi chiaramente chi sei, che ci fai qui, che cosa vuoi, come sei entrata?

BENNY. Sono entrata dalla porta, ho suonato il campanella, quella… distinta signora, chiamiamola così, è venuta ad aprire. Abbiamo litigato subito ma mi dispiace: è tanto una cara nonnetta.

ALFONSO. Chi sei? È possibile saperlo?

BENNY. Ti servo subito. Tu devi essere Alfonso… il marito di Marta.

ALFONSO. Che c’entra mia moglie? E poi, siamo ormai separati.

BENNY. Devo dire che ti trovo mica male. Non sei più un ragazzino ma hai il fascino dell’uomo maturo… I ragazzini stancano, sai. A un certo punto si sente il bisogno di trovare un qualcosa di solido, di sicuro… se poi, c’è anche un certo fascino virile, la cosa non guasta.

ALFONSO. Ho molto da fare, devo finire un lavoro. Per favore: dimmi che vuoi, poi lasciami tranquillo e tanto piacere di avere fatto la conoscenza.

BENNY. Deciso ma gentile: un vero uomo! Mi piaci! Ti facevo diverso, sentendo la descrizione di Marta.

ALFONSO. Una volta per tutte: cosa ha a che vedere la mia ex moglie con tutta questa storia?

BENNY. Ah, già, tu non lo sai. Marta, quando vi siete lasciati, venne ad abitare da me, cioè da mio padre, Antonio, che avrai sentito nominare.

ALFONSO. Sì, sono al corrente. Sicché tu saresti la figlia del nuovo convivente di mia moglie?

BENNY. Esatto. Permetti? Benny, per gli amici.

ALFONSO. (Automaticamente risponde alla presentazione). Tanto piacere, Benny. Cioè, volevo dire, non pensavo di incontrarti. Ora che ci siamo presentati, dimmi quello di cui hai bisogno e poi… ho molto da fare.

BENNY. Sono venuta qui per andare al concerto rock che ci sarà questa sera allo stadio. Un gruppo favoloso, inglese, famoso come i Beatles, forse di più: The Black Shadow! L’ombra Nera! Hanno già dato un concerto in Germania ed uno in Francia! Pensa: sei ragazze sono morte dall’emozione!

ALFONSO. La settima è prevista per questa sera?

BENNY. Spiritoso! Devi capire: è un’esperienza che capita una volta nella vita!

ALFONSO. D’accordo ma,dico, il concerto sarà allo stadio, la mia casa che c’entra?

BENNY. Dovrò dormire un paio d’ore dopo la maratona del concerto. Marta parla spesso di questa casa, allora ho pensato: perché non fare un’improvvisata al caro Alfonso? E sono qui!

ALFONSO. Ti vedo. Ma, purtroppo temo che non ci sia posto.

BENNY. Non preoccuparti, ho il mio sacco a pelo. Ora vado, dobbiamo riunirci con i ragazzi, organizzarci per accaparrare i posti migliori. A proposito: perché non vieni anche tu? Facciamo tutta una gang! Vedrai che ti divertirai!

ALFONSO. Io in quel parapiglia? Siamo matti?

BENNY. Ok, resta pure a casa, non sai cosa ti perdi! Tornerò stanotte, dopo il concerto; un metro quadrato mi basta. La mattina mi alzo tardi, ma tu non preoccuparti, fai le tue cose; quando sono dentro il mio sacco a pelo non mi svegliano nemmeno le cannonate. Ciao. Ah, resterò anche domani sera: sai com’è, abbiamo un registratore e domani ci riascolteremo il concerto durante la giornata. Ci vediamo. Posso darti un bacio? (Lo bacia). Ciao. (Esce).

ALFONSO. (Con una mano sulla guancia che ha ricevuto il bacio). Un momento! Benny! Aspetta, Benny! (Esce).

SCENA 6

TEREWSKA – HEIDY – LEONIA

TEREWSKA. (Evidentemente ha origliato. Fa capolino, poi entra). È andata via. Bene! (Studia il pavimento, prende la misura, è perplessa). Sacco con pelo… metro quadrato. (Riflette). Ragazza andata via. Dottore Alfonso andato con lei. Molto sospetto. (Si sentono le voci di Heidy e Leonia che stanno entrando. Non sa come comportarsi, finge di riordinare il tavolo di lavoro).

HEIDY. (Entra con Leonia). Vieni zietta, entra. Non è un sontuoso castello ma… in mancanza di meglio…

LEONIA. Bella casa. (Saluta Terewska). Salve.

HEIDY. Questa è la governante. Polacca… Terewska, sai che non devi riordinare il tavolo del dottore. È così disordinato che se gli metti in ordine i suoi appunti, i suoi disegni, finisce che non li trova più e chissà cosa combina.

TEREWSKA. Perdona, signora Heidy. Rimetto tutto in disordine. (Sposta alcuni fogli gettandoli qua e là).

HEIDY. Hai preparato il pranzo? È quasi l’ora.

TEREWSKA. Tutto pronto. Basta accendere fornello. Bistecchina con patate al sangue.

LEONIA. Patate cotte nel sangue… bovino,suino o… umano? Io non le mangerò sicuramente!

TEREWSKA. Non preoccuparti zietta. Caso mai andiamo al ristorante. Ce n’è uno qui all’angolo. Cinese.

LEONIA. Di male in peggio. Odio i ristoranti cinesi. Mi rimane tutto qui; forse i loro condimenti…

HEIDY. Va bene. Andiamo in pizzeria.

TEREWSKA. Posso andare cuocere bistecchina con patate?

HEIDY. Vai pure, ma cerca di non adoperare troppo sangue. Ah, no. Aspetta. Prima c’è da sistemare la signora Leonia, mia zia per parte di madre: dormirà qui stanotte, bisognerà preparare la camera matrimoniale.

TEREWSKA. Quella del pappagallo? Rococò.

LEONIA. Uh, bello! C’è il letto col baldacchino?

TEREWSKA. No, solo letto e piccola cassetta con piccola lampada per appoggiare libro di preghiera, orologio e bicchiere con acqua… forse per mettere apparecchio di denti.

LEONIA. Che impudenza! Io non porto la dentiera! Ho tutti i denti miei!… Quasi tutti.

HEIDY. Sorvoliamo. Andiamo a preparare la stanza. Ci starai bene, zia Leonia, è il punto più tranquillo di tutta la casa.

LEONIA. Oh, sì, ho proprio bisogno di riposare in tutta tranquillità. Quell’autobus per arrivare fin qui, mi ha distrutto. Doveva essere un vecchio residuato proveniente da chissà dove… qualche paese del terzo mondo, o peggio.

TEREWSKA. Signora Leonia starà come papa in letto di pappagallo. Anzi: come papessa!

LEONIA. Quale papessa? quale pappagallo? Cos’è, un’altra ricetta… polacco – cinese?

HEIDY. Non ci badare. A Terewska piace scherzare, ogni tanto.

LEONIA. D’accordo… Un piccolo riposino prima di andare a vedere i miei gatti.

TEREWSKA. Gatti qui? Contratto di lavoro non dice che io deve servire anche gatti! Io allergica a pelo di gatto!

HEIDY. Non ti preoccupare, non ci sarà nessun gatto. Rimanda le tue proteste sindacali. Piuttosto, ci sarà bisogno di cambiare i lenzuoli?

TEREWSKA. Non credo. Molto spesso io levo e cambio, anche se nessuno ci dorme.

HEIDY. Molto bene. Vai pure. Zietta. Terewska ti mostrerà tutto. Io ti raggiungo subito, devo fare una telefonata.

TEREWSKA. Prego signora, da questa parte.

LEONIA. Siamo proprio sicuri che non ci sia il baldacchino? Peccato… Non si può avere tutto nella vita. (Esce con Terewska).

HEIDY. (Consulta un giornale, va al telefono, compone un numero). Pronto, Accademia del Comportamento?… Ho qui sott’occhio il vostro annuncio… cercate indossatrici, vallette per programmi televisivi… io potrei fare anche l’annunciatrice, la conduttrice… no, non l’ho mai fatto, ma spesso mi piazzo davanti allo specchio del bagno e, improvviso… vedesse: una cosa che definirei sublime… sì, lo specchio è grande… tutta la persona… I dettagli… ecco: i dettagli… riesco sempre bene… sì… Non ne avete bisogno… caso mai, facendo un corso, una scuola… caspita! Costa caruccia!… Capisco… L’indossatrice! È sempre stato il mio sogno… Dio mio, non sono più giovanissima… caro signore, si hanno gli anni che si dimostrano!… Modelle per taglie forti… medio forti… Anche lì ci vuole la scuola… Beh, allora… comparsa nel cinema?… Sì, la carriera cinematografica potrebbe interessarmi… Un film di ambiente romano… una tunica… Ma, dico, che tipo di tunica? Non si vedrà qualcosa? Io certe pellicole non le giro!… Mille comparse… con l’eruzione del Vesuvio e la distruzione di Pompei… Io la morta non la faccio, non mi viene bene… capisco, saremo in mille… qualche morto… pagano bene?… non è che sia molto… Ah, c’è anche il cestino pranzo. Allora… senta: domani provo davanti allo specchio, poi le faccio sapere… La richiamo. A presto. (Riattacca)

SCENA 7

ALFONSO – HEIDY

ALFONSO. (Entra sulle ultime parole). Ciao, Heidy, con chi stavi parlando?

HEIDY. Alfonso caro, stavo parlando con Meg, la mia amica. Forse un giorno di questi andrò a trovarla.

ALFONSO. Ma non abita qui in città?

HEIDY. Sì, ma… forse mi inviterà a pranzo, passeremo assieme… forse tutta la giornata.

ALFONSO. Vai pure. Non potrò accompagnarti: il lavoro. Mi dispiace.

HEIDY. Come procede la tua campagna pubblicitaria? Di cosa si tratta, piselli surgelati o sturalavandini? (Sguardo gelido di Alfonso). Ah… Abbiamo un ospite!

ALFONSO. Sì, mi ero dimenticato di dirtelo. Questione di un giorno o due, non ci darà molta noia. Starà nella camera matrimoniale.

HEIDY. Come lo sai?

ALFONSO. Scusa, non ti ho avvertita: eri fuori.

HEIDY. Anche tu eri fuori. A proposito: dove eri andato?

ALFONSO. Giusto un salto… dal tabaccaio… a comprare le sigarette.

HEIDY. Ma se non fumi.

ALFONSO. Già, non fumo… L’ospite! Può darsi che voglia fumarsi un mezzo toscano. Non possiamo farci trovare sprovvisti. È il minimo per un ospite di riguardo.

HEIDY. La zia Leonia fuma il mezzo toscano? Non lo sapevo.

ALFONSO. Hai una zia che fuma sigari?

HEIDY. No! E tu?

ALFONSO. Io non ho zie. Ho solo un padre che… non ricordo bene ma, nell’eventualità… gli farebbe piacere.

HEIDY. E dov’è questo padre tuo?

ALFONSO. Nella camera matrimoniale.

HEIDY. Con la zia Leonia?! Alfonso, questa non me la dovevi fare!

ALFONSO. Cosa?

HEIDY. Infilare tuo padre nello stesso letto con mia zia Leonia!

ALFONSO. Ma chi ce l’ ha infilato? Mio padre è abbastanza adulto per infilarsi nei letti che preferisce!… Un momento. Questa zia… Leonia, hai detto? Chi è? Dov’è? Cosa fa? Soprattutto: in che letto sta?

HEIDY. Nel letto rococò; cioè, nella camera matrimoniale!

ALFONSO. E chi ce l’ha infilata?

HEIDY. Io!

ALFONSO. Ma c’è mio padre!

HEIDY. Io che ne sapevo?

ALFONSO. Stiamo calmi! Ho da finire il mio lavoro. Fra poco passerà Guidetti a ritirarlo… Dunque: mio padre è qui per il suo convegno filatelico. Fin qui è chiaro?

HEIDY. Non molto ma vai avanti.

ALFONSO. Non posso mandarlo in albergo. Dormirà qui.

HEIDY. Nella camera del pappagallo !

ALFONSO. C’è un pappagallo? Dove?

HEIDY. Scusa. È una fissazione della tua governante polacca!

ALFONSO. Sempre più strana quella donna.

HEIDY. E mia zia Leonia è arrivata qui perché deve visitare una mostra concorso di felini: gatti!

ALFONSO. E, naturalmente, l’ hai ospitata qui!

HEIDY. Mi sembrava una cosa naturale.

ALFONSO. E, naturalmente l’ hai messa nel letto del pappagallo!

HEIDY. Quale pappagallo?

ALFONSO. L’ hai detto tu!

HEIDY. Lo dice la tua governante polacca!

ALFONSO. Un pappagallo polacco? Mai sentito!

HEIDY. Bisogna fare qualcosa!

ALFONSO. Purché non abbiano già fatto loro… qualcosa.

SCENA 8

ALFONSO - HEIDY – TEREWSKA – LEOLUCA – LEONIA

LEONIA. (Entra, seguita dagli altri). Insomma, io protesto! Heidy, nipote mia, non dovevi fare questo alla tua cara zietta! Quando penso che ti ho coccolato sulle mie ginocchia, eri piccolina così, un soldo di cacio come si suole dire e ti davo i biscottini con il cioccolato, ti piacevano tanto… me li toglievo di bocca, in senso figurato naturalmente, per darli a te!

ALFONSO. Bèlin, cioccolato e panna,

                  per i bambini buoni è proprio la manna.

                  Bèlin, panna e cioccolato,

                  il bravo bambino ne rimane affascinato…

LEONIA. Chi è questo?                                                                             

ALFONSO. Scusate: campagna di lancio dei biscotti Bèlin, i biscotti nutrienti e saporiti con le vitamine B e L. – Bèlin. I vostri figli cresceranno forti come campioni. – Roba di qualche anno fa. Ricordate?

LEONIA. No!

LEOLUCA. Questo è mio figlio Alfonso. È un creativo.

LEONIA. Cosa crea?

LEOLUCA. Creativo pubblicitario. Inventa slogan e immagini per vendere prodotti.

LEONIA. I biscotti… come si chiamano. Io non li mangio! Mai mangiato biscotti in vita mia!

HEIDY. Quando ero piccolina, l’hai detto ora, mi davi i biscotti al cioccolato mentre mi coccolavi sulle tue ginocchia.

LEONIA. Ma quando mai! Chi ti ha mai coccolato! Vorrei sapere come ti sei inventata certe cose!

LEOLUCA. Cara signora Leonia, se posso permettermi di chiamarla per nome, ogni piccola alterazione aumenta vieppiù in lei quel fascino che già possiede in dote naturale. Un fascino che ricade, ovviamente anche sulla nipote sua, Heidy (le bacia la mano) un nome che richiama alla memoria visioni boschive di ninfe che si immergono in piccoli ruscelli che scendono dal monte giù giù fino al fiume che porterà le loro acque al grande mare della felicità.

TEREWSKA. (è commossa, si asciuga gli occhi al fazzoletto, poi si soffia il naso rumorosamente. A Alfonso). Come parla bene suo padre, dottore Alfonso. Mi commuove. Più di teleromanzo con puntate in tivvù.

LEOLUCA. Una dea, scesa dal piedistallo per correre incontro a quest’uomo, bello, forte, virile, intelligente: mio figlio!

HEIDY. Alfonso, possiedi tutte queste cose? Non me lo avevi mai detto.

LEOLUCA. Modestia! È lo stemma di famiglia… Ma ha sempre avuto gusti raffinati in fatto di donne. Come suo padre, del resto.

LEONIA. Anche modesto! Heidy, dove hai trovato questa perla d’uomo?

ALFONSO. Grazie per considerarmi una perla, anche se non mi sembra proprio di possedere un tale splendore… Purtroppo ho da terminare un lavoro, quindi vi pregherei di trovare una soluzione al problema.

LEONIA. Io sono stata invitata e non me ne andrò in albergo! Vero Heidy, nipote carissima?

HEIDY. Certo, zietta bella. Tu resterai qui: devo ricambiare l’ospitalità che mi offrivi sulle tue ginocchia, quando ero piccolina come un soldo di cacio.

ALFONSO. Certo, nessuno vuole cacciarti, zietta cara… mi permetti di chiamarti così?

LEONIA. Lo hai già fatto.

ALFONSO. Già. D’altra parte anche mio padre, non ricordo bene se mi abbia coccolato o meno, ma è pur sempre uno di famiglia: non posso cacciarlo.

LEOLUCA. Grazie, figliolo. Io mi adatto. Ho fatto la guerra.

ALFONSO. Tu? Non me lo avevi mai detto.

LEOLUCA. Ricordi… che vanno e vengono nella mente, vecchie foto sbiadite nel gran libro della memoria.

HEIDY. Quale guerra hai fatto… Leoluca, posso chiamarti così? Anzi, sintetizziamo: Luca. Ti va bene?

LEOLUCA. Qualunque suono esca da quella bocca, sarà sempre un dolce richiamo per le mie orecchie. Come il canto delle sirene al naufrago Ulisse… Guerra? Quale guerra… non ricordo ma certamente in una ci sarò capitato nel mezzo. Ce ne sono tante. Questo è il secolo delle guerre.

     Terewska, commossa si soffia il naso fragorosamente. Tutti la guardano.

     Cara amica, hai dovuto abbandonare il tetto natio, la dolce terra di Polonia dove crescono le agavi e il sole inturgidisce gli ulivi, con i rami piegati fino a terra sotto il peso dei succosi frutti.

TEREWSKA. In mio paese abbiamo tanta neve, poco sole… cosa sono le agavi?

LEOLUCA. Fa niente. Ogni terra ha il suo fascino.

TEREWSKA. Io avevo pensato in mia testa un poco stupida, una soluzione per questa notte.

ALFONSO. Tu sai come risolvere il problema?  Ok, esponi. (Agli altri). Le persone di servizio conoscono la casa meglio dei padroni. Avanti, parla.

TEREWSKA. Letto in camera di Rococò molto grande.

LEONIA. Chi è questo Rococò? Io non dormo con estranei!

HEIDY. È soltanto uno stile di mobili. Ascolta.

TEREWSKA. Letto molto grande: signora zietta e signore Leoluca possono dormire ai lati, unoqui e uno là. Io posso sistemare in modo che ciascuno abbia suo lenzuolo e non dare noia all’altro.

LEOLUCA. Ottima soluzione! Letto grande… uno qua, uno là… e nel mezzo… chissà?

LEONIA. Non mi convince molto questa soluzione. (A Terewska). Sei ben sicura di poter lasciare in mezzo uno spazio… sufficientemente invalicabile?

LEOLUCA. Tu hai paura? Di che?

LEONIA. Io? Nella peggiore delle ipotesi, saprei come difendermi!

TEREWSKA. Zietta Leonia, lascia fare a me. So io come fare.

LEOLUCA. Terewska carissima, devi sapere che io la notte… ho bisogno di molto spazio: mi capita di allungare le gambe… e allargare le braccia… Capisci, vero?

TEREWSKA. Signore Leoluca, lascia fare a me. So io come fare.

LEOLUCA. Brava! Saprò compensarti. Tu fai collezione di francobolli?

TEREWSKA. No. Al mio Paese scriviamo poche lettere.

LEOLUCA. Peccato. Beh, non preoccuparti, qualcosa troveremo.

TEREWSKA. Bene. Io vado preparare camera (a Leonia) Doppio lenzuolo! (a Leoluca). Molto largo. (ad Alfonso). Spiacente, dottore, con tutto questo daffare, bisogna rimandare cuocere bistecchina con patate nel sangue.

ALFONSO. Non importa. Non ho fame. Dovrò lavorare, stasera. Un panino mi basterà.

TEREWSKA. Allora io vado preparare letto. Con permesso. (Esce).

HEIDY. Sarà meglio organizzarci per una cena, anche frugale. Ho l’impressione che in questa casa, stasera…

ALFONSO. Devi capire, c’è da preparare per gli ospiti…

LEOLUCA. Il nostro caro angioletto polacco ha da preparare il talamo!

LEONIA. A me basta un angolino… l’orlo del lenzuolo… dormo tutta rannicchiata sul fianco destro.

LEOLUCA. (Galante). Non c’è problema. Mi giacerò a sinistra.

HEIDY. Tirate a sorte, una moneta. Deciderete poi. Zietta, andiamo a vedere se troviamo una pizza?

LEOLUCA. Vi accompagno. A me, la sera basta una tazza di caffellatte… con un bel bicchiere di grappa, naturalmente!

HEIDY. Tu non vieni, Alfonso?

ALFONSO. Devo finire quel lavoro.

LEOLUCA. Dobbiamo portarti qualche genere di conforto, figliolo?

ALFONSO. Grazie, non ho bisogno di nulla. Andate pure.

HEIDY. Torniamo presto.

LEOLUCA. Domani mattina mi aspettano i miei pezzetti di carta colorata.

LEONIA. I gatti! Non voglio perdermene nemmeno uno!

ALFONSO. Buon appetito… e divertitevi. (Gli altri escono)

HEIDY. (Rientra subito). Alfonso caro, c’è il signor Guidetti che chiede proprio di te.

ALFONSO. Non ho ancora niente di pronto. Va bene, fallo passare.

HEIDY. (Introduce Guidetti). Venga, entri signor Guidetti. Il dottore la sta aspettando. Allora io vado. Con permesso. (Esce)

SCENA 9

ALFONSO – GUIDETTI

GUIDETTI. (Dopo aver salutato Heidy). E così, caro Alfonso, a che punto siamo?

ALFONSO. A buon punto. A buon punto.

GUIDETTI. Hai trovato qualche buona idea? Sono clienti nuovi e bisogna colpirli con qualcosa di strepitoso, mai visto! Cosa hai preparato? Dov’è, dov’è?

ALFONSO. Tutto qui.

GUIDETTI. Qui dove?

ALFONSO. (Si tocca la testa). Qui. Tutto qui dentro.

GUIDETTI. No, no, scusa: fammi capire. Vuoi dire che non hai ancora preparato niente? Io, domani devo illustrare a quei signori il piano della campagna promozionale. Te lo immagini cosa succede se mi presento a mani vuote? “Il mio creativo ha tutto qui, nella sua testa”… Te lo immagini? Quelli vengono qui e ti spaccano la testa per vedere le idee che ci sono dentro!

ALFONSO. Dio mio, non siamo più ai tempi dei cannibali.

GUIDETTI. Però, potrebbe essere un’idea: un pubblicitario che viene squartato, con il cervello sezionato a piccoli pezzi e sottoposto al cliente per un esame microscopico dei metodi di lancio del suo prodotto! Peccato che, anche se la cosa avesse successo, il poveruomo sarebbe da buttare.

ALFONSO. Beh, progettato per la televisione, con una serie di playback, voci fuori campo, magari qualche animazione… Sì, può essere un’idea!

GUIDETTI. No! Io ti porto proprio in persona! Ti faccio dividere, sezionare… dal vero!

ALFONSO. Hai delle idee piuttosto truculente.

GUIDETTI. Hai ragione: sezionare la gente è consentito solo alle scuole mediche delle università. Mi dispiace, dovrò rinunciare… mi sarebbe piaciuto!… Ma licenziarti sì, quello posso farlo!

ALFONSO. Devi capire, ho avuto dei contrattempi, la mostra felina, il convegno filatelico…

GUIDETTI. Mostra felina? Se non hai mai potuto soffrire gatti e altri animali… e, in quanto alla filatelia, tra fax, telefono e internet, scommetto sono anni che non vedi un francobollo. Non trovarmi scuse!

ALFONSO. Mi sono capitati qui in casa, dei parenti: mio padre che non vedevo da tanto tempo… una zia… ho dovuto ospitarli, decidere, preparare… ma ora è tutto sistemato.

GUIDETTI. Hai messo su un albergo, per caso? O una casa di riposo per anziani?

ALFONSO. Né l’uno né l’altra! Non posso cacciarli. Sai com’è quando c’è gente per casa?

GUIDETTI. Un professionista serio, si chiude nella sua stanza e dice: “Ho da lavorare! Non disturbatemi!”

ALFONSO. Mi sistemo qui, al mio tavolo, vedrai cosa sono capace di tirare fuori!

GUIDETTI. Ma come puoi lavorare qui? È un salotto, ingresso, soggiorno… c’è un passaggio continuo di sfaccendati. Avevi una stanza sistemata a studio. Cosa ne hai fatto?

ALFONSO. Ho dovuto ristrutturare. Sai com’è, dopo che mia moglie se ne andò…

GUIDETTI. Già! Cose che succedono. Ma uno si adegua, si organizza.

ALFONSO. Appunto, mi sto organizzando. Stanotte, quando tutti saranno andati a dormire, mi piazzo qui e domani mattina sarà tutto pronto. Ho tutto qui (si tocca la testa) che ci vuole a metterlo qui ? (tocca la carta sul tavolo)

GUIDETTI. Se credi di farcela… Ricordati bene, però: se domani, quello che hai qui (gli tocca la testa) non sarà qui tocca la carta) questo uomo qui (lo indica) sul libro paga della mia azienda (traccia una croce per aria) non ci sarà più! Chiaro il concetto?

ALFONSO. Hai sempre voglia di scherzare tu! Sei un gran burlone… Ma simpatico.

GUIDETTI. Grazie per la simpatia, ma ricorda (mimica: indica la testa di Alfonso, poi la carta, gesto come cacciare qualcuno, infine una croce come per cancellare). A domani! (Esce).

SCENA 10 - ALFONSO – TEREWSKA

ALFONSO. (Siede al tavolo, cerca di riunire le carte. È sconsolato. Campanello. Gesto di stizza, poi chiama). Terewska! Hanno suonato. Vai ad aprire! (Entra Terewska). Per favore, vai a vedere chi è. Io vado in cucina a bere qualcosa. Acqua: ho sete e devo lavorare.

TEREWSKA. Mangi anche qualche cosa. Mi dispiace non posso cuocere bistecchina con patate…

ALFONSO. Nel sangue! Lo so! Vedrò se c’è un pezzo di pane… un po’ di prosciutto… Va bene così. Non preoccuparti.

TEREWSKA. Ho preparato camera: lenzuolo bello stretto… altra parte bello largo, ma in fondo, dove stanno piedi, io lasciato passaggio… non si sa mai!

ALFONSO. Ma senti cosa sa inventare questa… (campanello). Vai a vedere chi è, io vado in cucina. Chiunque sia, cerca di liberartene. (Esce. Terewska va ad aprire. Rientra con Marta e Antonio, hanno una valigia).

SCENA 11 – TEREWSKA – MARTA – ANTONIO

MARTA. C’è Alfonso?

TEREWSKA. Dottore Alfonso non c’è.

MARTA. Come non c’è? La sua automobile è parcheggiata proprio qui, sotto casa. Non può essere lontano.

TEREWSKA. Forse dottore sta dentro automobile. Guardato bene?

ANTONIO. Ha delle strane abitudini questo tuo ex marito

TEREWSKA. Quando dottore Alfonso crea, deve subito scrivere su pezzo di carta, prima che idea vada via.

ANTONIO. Cosa avrà mai da creare questo tuo… ex Alfonso.

MARTA. Non darle retta. Non ha mai creato niente di buono, quello là!

TEREWSKA. Molto bravo dottore Alfonso. Quando ha idea che viene di testa, lui scrive su tutto: su tovagliolo di ristorante, che cameriere aggiunge su conto. In strada, su manifesto che poi stacca da muro e paga contravvenzione per danneggiamento. In toilette su carta igienica…

ANTONIO. Chissà che romanzi!

TEREWSKA. No, non scrive romanzi: solo pubblicità! Meglio che romanzi!

ANTONIO. Ma chi è questa valchiria?

MARTA. Probabilmente è la governante di Alfonso. Viene dalla… Cecoslovacchia… Ucraina…

TEREWSKA. Io vengo di Polonia, terra di nobili origini. Venuta qui per aiutare dottore, dopo che moglie sua partita con amante.

ANTONIO. Oh, dico! Modera il linguaggio, se non vuoi che ti insegni un po’ d’educazione!

MARTA. Va bene, va bene, Antonio. Non esageriamo… Dunque: tu sei la governante polacca.

TEREWSKA. Terewska, per servirla. Tanto piacere.

MARTA. D’accordo. Allora: stavamo sull’altro lato della strada e abbiamo visto uscire il padre di Alfonso, con quella che suppongo sia la sua nuova compagna…

TEREWSKA. Heidy, nuova signora di dottore.

MARTA. Poteva trovarsela più bella… mah: de gustibus… C’era anche una signora più anziana.

TEREWSKA. Zietta Leonia. Zia di signora Heidy

MARTA. Mantiene anche i parenti! Se penso che mia madre sarà venuta qui solo un paio di volte… dalla mattina alla sera… Dunque: questo Alfonso non c’è, vero?

TEREWSKA. Io non visto. Forse passato da buco di serratura.

ANTONIO. Ma cos’è, un fantasma? (A Marta). Questa vuole prenderci in giro!

MARTA. Calma, Antonio, calma. Ricorda perché siamo venuti qui: abbiamo un problema più grande. /Si siede sul divano). Se il signore non c’è, lo aspetteremo… Però, mi pare che ci sia qualche cambiamento: il divano non era qui… era là (indica) e il tavolo da lavoro era nello studio. Chi ha cambiato tutto?

TEREWSKA. Io, con dottore e signora Heidy. Posso conoscere chi è lei, signora, che entra non invitata, siede su divano e vuole sapere cose di casa?

MARTA. Hai ragione, non mi sono presentata. Sono Marta, la ex moglie del signor Alfonso

TEREWSKA. Ah, dottore dice speso di lei.

MARTA. Cosa dice? Spero bene.

TEREWSKA. Racconta… dice di suo modo di cucinare.

MARTA. Ah, sì? Non sono mai stata molto forte in cucina, ma trovavo sempre qualcosa per accontentarlo.

TEREWSKA. Lui ricorda molto bene sue uova in tegamino, patate cotte in acqua con poco sale… ah, anche spaghetti con burro e poco formaggio.

ANTONIO. Devo dire che non sei cambiata molto.

MARTA. Arrivava sempre all’ultimo momento… dovevo improvvisare… Certo che ora, con la cameriera…

TEREWSKA. Libretto di lavoro dice: governante. Con timbro di ufficio di polizia.

MARTA. Quando c’ero io, non ha mai voluto prendere una donna di servizio! Ora, con la signora Heidy…

TEREWSKA. Io venuta lavorare qui, quando dottore era solo. Poi venuta signora Heidy. Io rimasta.

MARTA. Va bene… Terewska, se non ho capito male il tuo nome. Noi siamo qui per una questione molto importante: dobbiamo parlare con Alfonso, abbiamo bisogno del suo aiuto, è una persona sensibile, buona, altruista… ci aiuterà senz’altro.

TEREWSKA. Dottore molto buono, vero, ma non so se… cos’avete da chiedere?

ANTONIO. (A Marta). Possiamo dirglielo?

MARTA. Penso di sì… Terewska è nostra amica, vero? Ci aiuterà.

ANTONIO. Vedi, Terewska, io ho una figlia, ragazzina, adolescente… che vive con noi. È scomparsa, non sappiamo dove cercarla abbiamo denunciato la cosa alla polizia, abbiamo anche segnalato il caso alla televisione: hanno promesso di mandare in onda un servizio, quindi domani mattina faranno un’intervista a me e a Marta. Dovremo essere agli studi di buon’ora… per il pernottamento abbiamo cercato negli alberghi ma è tutto pieno: il concerto… dice che ci sarà tanta di quella gente

MARTA. C’è anche l’esposizione felina, il convegno filatelico… Pare che si siano dati appuntamento!

ANTONIO. Abbiamo pensato: dimentichiamo tutto e, per una sera restiamo buoni amici..

MARTA. Vorremmo passare la notte qui. Ci basta un angolino. Poi, domani mattina, prima di andare in televisione dovrò farmi un trucco più marcato, dovrò scegliere un vestito fra quelli che ho portato, stirarlo, smacchiarlo… sai com’è la televisione, ti vedono in tutta Italia, forse più in là.

ANTONIO. Certo, ci sono i satelliti…

TEREWSKA. Mi dispiace per bambina, ma io non posso decidere.

MARTA. Aspettiamo che venga Alfonso… Intanto potrei disfare la valigia, appendere i vestiti.

TEREWSKA. Prego aspettare. Io chiamo. (Esce).

ANTONIO. Allora era in casa! Io, questi polacchi non li ho mai potuti soffrire! Basta vedere come giocano al calcio! Commettono falli su falli… e vincono sempre loro!

MARTA. Terewska non gioca al calcio… e credo non sia nemmeno tifosa.

ANTONIO. È proprio la scuola, la mentalità. Qui da noi ci potranno essere certi elementi, pochi in verità, un po’ aggressivi… che vengono puniti : cartellini gialli, cartellini rossi, espulsioni, squalifiche…

MARTA. Comunque, non mi sembra il momento adatto. Tanto più che Terewska non è che meriti proprio il cartellino rosso.

ANTONIO. Hai ragione. Il fatto è che quando vedo certe cose… perdo il lume!

MARTA. Cerca di non perderlo proprio ora. Dobbiamo mostrare tutta la simpatia possibile, essere gentili e cortesi. Abbiamo bisogno di un posto dove riposare qualche ora e riordinarci… la televisione non è uno scherzo.

ANTONIO. Ho portato quel vestito, gessato, con la cravatta rossa. Pensi che vada bene? Non ho portato le scarpe nere! Quelle marroni sono troppo sportive!

MARTA. Le scarpe, in televisione non si vedono mai, fanno solo primi piani… Dovrò studiare il trucco: più marcato ma non pesante… ci saranno truccatori? Quel vestito verdolino potrebbe andare bene, ma ha quei risvolti bianchi… il bianco non va bene in tivvù: spara, crea quei riflessi rossastri… Capisci, devo apparire al meglio, non si sa mai… ci può sempre essere un produttore, qualche regista che sta a guardare o che si trova lì, negli studi. Le grandi carriere delle più famose attrici, sono cominciate spesso da incontri occasionali.

ANTONIO. Hanno sempre bisogno di volti nuovi… che abbiano un carattere, una personalità… (Si atteggia con espressioni diverse, dal “duro” al “fascinoso” come se si guardasse in uno specchio).

MARTA. (Asseconda la mimica di Antonio,assumendo atteggiamenti languidi o provocatori).

SCENA 12 – ANTONIO – MARTA – TEREWSKA – ALFONSO

ALFONSO. (Entra con Terewska. Ha un thermos e una tazzina, che poserà sul tavolo). Chi si vede! Marta, che ci fai qui?

MARTA. Salve, Alfonso, come stai? Mi dispiace disturbarti ma Antonio ed io abbiamo bisogno di riposare qualche ora… la tua governante ti avrà spiegato…

ALFONSO. Marta cara, e anche lei, signor Antonio, credo di non avere un angolino dove ospitarvi. E ora, se volete scusarmi, ho molto da fare, devo finire un lavoro per domani mattina.

MARTA. Non hai cambiato le tue abitudini: lavoro notturno, il thermos del caffè… e la mattina dopo ti trovavo con le braccia stese sul tavolo, la testa reclinata sopra… che dormivi come un angioletto.

ANTONIO. Ciascuno ha il suo modo di lavorare.

ALFONSO. Anche lei fa il creativo pubblicitario?

ANTONIO. No, faccio… altre cose… commercio, affari.

ALFONSO. Capisco. Ho veramente pochissimo tempo. Dovete scusarmi. (Comincia a selezionare alcune carte).

MARTA. Capisco che non vorrai darci la camera matrimoniale… non osiamo chiederlo, ma penso esista ancora la cameretta per gli ospiti.

TEREWSKA. Ora è camera di governante!

MARTA. Forse, la governante potrebbe trovare un’altra sistemazione, per stanotte.

TEREWSKA. Mi dispiace tanto per povera bambina sparita… Potrei sdraiarmi qui, su questo divano e dare a voi la mia camera. Solo per povera piccola bambina!

MARTA. Carissima Terewska, come potremo ringraziarti? Sei veramente buona! Allora possiamo andare? (Antonio prende la valigia).

TEREWSKA. Padrone di casa deve dare permesso (ad Alfonso che è già occupatissimo con i suoi disegni) Dottore Alfonso, lei permette?

ALFONSO. Cosa?… Mah, fate quello che volete, basta che mi facciate lavorare in pace!

TEREWSKA. Andiamo. (Esce con gli altri due).

ALFONSO. (Rimasto solo, scrive alcuni appunti, poi si versa un po’ di caffè, lo sorseggia, pensa). L’orto di nonna Agatina… (è indeciso)… Agatina… (prende la sua decisione). Ma sì: Agatina!

SIPARIO

SECONDO ATTO

SCENA 1 – TEREWSKA – ALFONSO – BENNY

Circa le sei e mezza del mattino del giorno dopo. Alfonso, dopo aver lavorato tutta la notte, dorme con le braccia allungate sul tavolo e la testa reclinata sopra. Terewska dorme sul divano, vestita, coperta da un plaid. Suona il campanello.

TEREWSKA. (Si sveglia). Chi è?… Che ore sono? Le sei e mezzo!… Chi può essere a quest’ora? (Si alza e va ad aprire. Rientra con Benny). È questa ora per tornare a casa e svegliare gente che dorme tranquilla?

BENNY. (Ha il sacco a pelo. È stanca e assonnata). Scusami tanto, nonnetta, non volevo disturbare, ma non sono riuscita a trovare  un altro mezzo per entrare, senza suonare il campanello. (Apre il sacco a pelo e lo stende per terra). Il concerto è stato meraviglioso. Dovevi esserci, ti saresti divertita da morire, nonnetta cara! Un entusiasmo da non poter descrivere… Tutti insieme, mano nella mano a ballare, cantare… (Sbadiglia). Ora devo proprio riposare.

TEREWSKA. (Rimprovero, ma con voce smorzata per non destare Alfonso). Tu non crederai di dormire in sacco con pelo, proprio qui! Questa non è ora di andare a dormire! Sole è già alto. Dottore ancora dorme perché lavorato tutta la notte ma fra poco si sveglierà… tutta la gente di questa casa si sveglia, si alza…

BENNY. Ok nonnetta, non preoccuparti: non mi daranno nessuna noia. Sono talmente stanca… nemmeno le cannonate mi sveglierebbero. (Entra nel sacco a pelo). C’erano più di diecimila persone… abbiamo cantato tutti assieme. A un certo punto mi sono trovata fra le braccia di un ragazzo… con i capelli rossi… non so chi sia… mi è rimasto un bottone del suo giubbetto fra le dita… Buona notte, nonnetta, sogni d’oro. (Si chiude nel sacco. Dorme).

TEREWSKA. Ragazzina… ragazzina Benny!… Dorme. (Ripiega il plaid, aggiusta il divano). Sonno rapido… dorme con bottone di giubbetto rosso… no: ragazzo rosso… (ci ripensa). Nonnetta? Se io viene a concerto, altro che bottone! Tutto giubbetto… con ragazzo dentro, porto con me! Sss… Nonnetta!… Che mondo! Da una parte… beati loro. (Va a svegliare Alfonso). Dottore… dottore Alfonso… è giorno ormai. Il sole è spuntato e gli uccellini cantano su rami di albero.

ALFONSO. Ehh?… quali uccellini? Quale albero? (Si sveglia). Che ci faccio qui? Perché non sono nel mio letto?

TEREWSKA. Lei lavorato tutta la notte. Non deve fare così, dottore Alfonso, pensi alla sua salute.

ALFONSO. Oh. La salute (Ormai definitivamente sveglio). Ho lavorato tutta la notte. Il progetto è pronto, Guidetti sarà soddisfatto. Modestamente, credo di aver trovato il filone giusto: l’Orto di Nonna Agatina! Questa volta dovrà pagarmelo bene! (Prende il thermos, si accorge che è vuoto). Bisognerà preparare dell’altro caffè, devo svegliarmi del tutto… (sbadiglia). Voglio che Guidetti ci resti di sasso. Me lo pagherà… il doppio… il triplo! Che ne dici?

TEREWSKA. Preparo subito caffè ma, se permette vado prima nel bagno… sono proprio ora svegliata.

ALFONSO. Vai pure, fai con comodo. Il caffè posso prepararlo da solo. È un divertimento. (Si accorge del sacco a pelo). E questo, che roba è?

TEREWSKA. Sacco con pelo con ragazzina dentro!

ALFONSO. In casa mia? Quale ragazzina?

TEREWSKA. Benny. Ricorda? Concerto rock!

ALFONSO. Benny? Che concerto?

TEREWSKA. Ieri, venuta qui ragazzina. Dato bacio a lei…

ALFONSO. Mi ha baciato?… Ah, sì… quella esaltata… mi pare di ricordare…

TEREWSKA. Ragazzina andata con diecimila… e più persone. Uomo di capello rosso ha dato a lei bottone di suo giubbetto! Ora è stanca.

ALFONSO. Lo credo bene… dopo essere stata con diecimila…

TEREWSKA. Più che diecimila!

ALFONSO. Addirittura! Terewska, voglio sperare che tu stia facendo un po’ di confusione. È quasi naturale, la mattina presto. Ora vai in bagno, sistemati per bene e poi, questa ragazzina, diecimila o più… stanca o non stanca, deve andarsene! Io vado in cucina a preparare un po’ di caffè. Ci vediamo dopo. (Esce dalla prima porta a sinistra. Terewska prende il plaid ed esce pure lei)

SCENA SECONDA – LEONIA -  LEOLUCA – BENNY.

LEONIA. (Entra dalla seconda porta a sinistra, indossa una variopinta vestaglia su pigiama. Ha una borsa da toilette. Entra nella prima porta)

VOCE DI TEREWSKA. (Di dentro). Occupato!

LEONIA. (Rientra e si dispone ad aspettare). Va bene.

LEOLUCA. (Entra dalla seconda porta. Indossa una camicia da notte e berretto con nappa, si vedono i mutandoni di lana e le ciabatte. Ha un asciugamano sulle spalle e un tubetto di dentifricio in una mano, uno spazzolino da denti nell’altra). Oh. Carissima zietta Leonia… che fai, aspetti?

LEONIA. Aspetto… spero che si liberi presto.

LEOLUCA. Al mattino preso, lo spirito si libra nell’aria…

LEONIA. Cosa fa?

LEOLUCA. Si eleva… vola… galleggia, si potrebbe dire. Il sonno purificatore lo ha liberato, ripulito da tutte quelle brutture, tutte le angosce che la vita, inevitabilmente ti appiccica addosso. Al mattino siamo tutti candidi come innocenti bambini, come angioletti.

LEONIA. Se lo dice lei. (Occhiata alla porta). Speriamo che si sbrighi.

LEOLUCA. Purtroppo il corpo non è così; la materia che lo compone, durante la notte giace inattiva e si appesantisce, si carica di organismi indesiderati e… deve essere rimesso, per così dire, a nuovo.

LEONIA. Parole sante.

LEOLUCA. Hai riposato? Hai dormito bene?

LEONIA. Benissimo. Tutto un sonno!

LEOLUCA. Tutto un sonno. Capisco. Anch’io ho dormito saporitamente… ma devo avere sognato. C’è stato un m omento che mi pareva… avrò sognato… sei proprio sicura di non esserti mai svegliata… nemmeno per pochi minuti?

LEONIA. Io, la sera, appena tocco le lenzuola mi addormento… e mi sveglio solo la mattina, quando il sole sta già sorgendo.

LEOLUCA. Quindi, non ricordi niente di stanotte?

LEONIA. Niente.

LEOLUCA. Nemmeno io, purtroppo… mi piacerebbe sapere… Non hai sognato? Un sogno piccolo… breve… tanto così…

LEONIA. Ah, sì, un sogno l’ho fatto! Lo ricordo bene.

LEOLUCA. (Indagatire, pieno di speranza). Sì? Era bello? Eri felice?

LEONIA. Un sogno meraviglioso… vorrei riprovarlo domani notte… e le notti successive… sempre.

LEOLUCA. (Al colmo dell’eccitazione). Sì? Cos’hai sognato? Io c’ero?

LEONIA. No.

LEOLUCA. Come no? Forse non mi hai riconosciuto… al buio… forse non ho parlato. Certe cose… una parola, un suono può rovinare tutto. Il silenzio è il complice naturale in certe situazioni…

LEONIA. No, no. Ho sentito distintamente: “Mi chiamo Priscilla”

LEOLUCA. Leoluca! Forse, nel sonno ti sarà sfuggito qualcosa…

LEONIA. Rosso! Con qualche macchia bianca.

LEOLUCA. Sai com’è: gli anni… ma in gioventù avevo i capelli neri, non rossi.

LEONIA. Ha allungato la zampina per prendere il cibo che gli porgevo… mi ha quasi graffiata.

LEOLUCA. Devo ammetterlo: in quei momenti, certe volte divento brutale! Sì, le mie braccia possono sembrare zampe che vogliono ghermire, avvinghiare. Un animale selvaggio: è la mia seconda natura!

LEONIA. Poi, si è lasciata accarezzare.

LEOLUCA. La quiete dopo la tempesta. Adoro la tempesta che sconvolge… e poi, la quiete, il silenzio, l’oblio.

LEONIA. Alzava la coda, faceva le fusa.

LEOLUCA. Cosa facevo?

LEONIA. Proprio una graziosa femminuccia.

LEOLUCA. Femmina? Non credo di aver mai dato una simile impressione. Forse fai un po’ di confusione con i sogni. Cerca di ricordare… dunque: eravamo lì, nel letto, io a sinistra e tu a destra… poi è successo… (fra se) cosa è successo? Che dramma non poter ricordare…

LEONIA. Non volevo svegliarmi, era così bello…

LEOLUCA. Mi carezzavi… e la coda, com’era la coda?

LEONIA. Fra le zampe: era accoccolata. Mi fissava con quegli occhietti furbi sopra i suoi baffi bianchi.

LEOLUCA. Uomo baffuto, sempre piaciuto!… Ma io non porto baffi!

LEONIA. Poi mi ha parlato… con una vocina così tenue, leggera, un soffio…

LEOLUCA. Cosa ti ha detto? Parole di fuoco, immagino!

LEONIA. Un accordo musicale, sembrava. Ha fatto: “Miaooo”

LEOLUCA. Cosa ho detto?! Vuoi ripetere, per favore!

LEONIA. Miaooo. (Sospira). Priscilla, la gattina dal pelo rosso, con macchie bianche…

LEOLUCA. Vuoi farmi credere che hai sognato… una gatta?

LEONIA. Pelo rosso con macchie bianche. Priscilla.

LEOLUCA. (Si altera). Acc… porc… ma come si fa! Una volta che capita l’occasione… quella va a sognare Priscilla! Una gatta!

LEONIA. (Ancora sognante). Con il pelo rosso…

LEOLUCA. (Ancora agitato). E le macchie bianche! Ho capito!

LEONIA. Forse è stato un segno premonitore: al concorso felino troverò la mia gattina preferita. Che ne dice? Lei, signor Leoluca, crede nei sogni premonitori?

LEOLUCA. Veramente, ora che mi ci fai pensare… non lo so. Si potrebbe provare: è ancora presto, se tornassimo a giacerci… forse… giusto per fare l’esperimento.

LEONIA. Ho già dormito abbastanza. Sei o sette ore di sonno è il mio limite massimo, altrimenti sto male per tutta la giornata.

LEOLUCA. Hai ragione, ma devi capire… un gatto, anzi una gatta, non è precisamente il massimo delle mie aspirazioni (fra se) cosa sarà successo? Avrò veramente dormito tutta la notte o… mah! Chissà!

SCENA 3 – TEREWSKA – LEOLUCA – LEONIA – BENNY

TEREWSKA. (Entra). Oh, zietta Leonia, signor Leoluca, bene alzati.

LEOLUCA.  Salve. Buona giornata.

LEONIA.  Buongiorno, Terewska. Stavo aspettando. È libero?

TEREWSKA. Volete usare bagno? C’è altro bagno più grande, più bello, con grande specchio in fondo a corridoio. Questo è solo bagno per servizio. Andate in altro bagno, in fondo a corridoio, dopo camera di pappagallo.

LEONIA. Ah, va bene. Potevi dircelo subito, certe attese… pesano. (Esce).

TEREWSKA. Anche lei, signor Leoluca, vada…

LEOLUCA. In fondo al corridoio! Ho capito. Ascolta, Terewska… puoi dirmi se vedi qualche capello rosso sulla mia testa?

TEREWSKA. Sotto berretto con nappa, io vede capello bianco.

LEOLUCA. Qualche macchia bianca, d’accordo, ma, capelli rossi?

TEREWSKA. Non ce ne sono.

LEOLUCA. Infatti: sono tutti neri… erano neri.

TEREWSKA. Se dice lei…

LEOLUCA. E, le mie mani… ti sembrano zampe che possono graffiare?

TEREWSKA. Sue mani molto delicate, da artista che suona pianoforte. Mani di angelo.

LEOLUCA. Non esageriamo! Una certa prepotenza maschile… si dovrebbe vedere.

TEREWSKA. Come pittura di Raffaello in Cappella Sistina.

LEOLUCA. Raffaello? Che ci fa nella Cappella Sistina?

TEREWSKA. Io non so. Mai andata lì.

LEOLUCA. Ho capito, sarà meglio che vada… in fondo al corridoio, a spazzolarmi i denti. (Esce).

SCENA 4 – ALFONSO – TEREWSKA – BENNY

ALFONSO. (Entra fischiettando). Una buona tazza di caffè è quello che ci vuole per cominciare bene la giornata. (Ultimo controllo al lavoro fatto. Mette tutto in una cartella che sistema nello scaffale). Sì sì, tutto a posto. Non rimane che mettere tutto dentro una cartella, sistemare nello scaffale… e il Guidetti ci resterà di sasso! Quanto posso chiedergli?

TEREWSKA. Io non so, non capisco di queste cose

ALFONSO. Dovrò pensarci… senz’altro di più, molto di più dei lavori precedenti.

TEREWSKA. Bravo dottore Alfonso! Di più! Così potrà aumentare un poco anche mio salario.

ALFONSO. Non intendevo in quel senso lì. Sai com’è: ci sono i sindacati, l’ufficio del lavoro…

TEREWSKA. Io chiede… lei decide.

ALFONSO. Va bene, vedremo… Intanto esco, voglio fare una bella passeggiata per respirare l’aria fresca della mattina. Voglio fare un giro… non tornerò molto presto… Ah, se Marta dovesse cercarmi, le dirai che sono partito… per ignota destinazione. Voglio assaporare il gusto della libertà… (inciampa nel sacco a pelo). E questo? È ancora qui? Non ti avevo detto di buttarla fuori!

TEREWSKA. Sì, ma non ho trovato tempo: signorina Leonia e signore Leoluca aspettavano per andare in bagno. Ho dovuto spiegare.

ALFONSO. Ah, già. Ci sono anche gli ospiti. Ascolta: è una bella giornata, c’è il sole, l’aria è fresca; non voglio rovinarmi il fegato con queste faccende familiari. Pensaci tu: butta fuori tutti! Quando torno voglio stare tranquillo! Hai capito? Conto su di te. (Esce).

TEREWSKA. (Si rivolge al sacco a pelo: chiama). Ragazzina… ragazzina Benny! È arrivata ora di alzarsi… e andare via. (Naturalmente nessuno risponde dal sacco a pelo). Mah. Forse sogna concerto… Povera bambina, molto stanca… diecimila, più che diecimila, ha detto lei. Come possibile? Mah! Io lascio dormire ancora per poco. Vado in cucina a controllare cosa manca per pranzo. (Esce pensando). Diecimila… mah!

SCENA 5 – MARTA – ANTONIO – BENNY

Scena vuota per pochi istanti. Movimento nel sacco a pelo, forse Benny che si gira.

MARTA. (Entra con Antonio. Indossa un abito blu o rosso, ha un telo sulle spalle, finisce di pettinarsi. Ha una trousse per il trucco). Uno specchio! Non posso farmi un trucco decente con quello specchietto che c’è in quel bagno! Nel bagno grande, in fondo al corridoio c’è un bello specchio grande. Quando abitavo qui, ci passavo parecchio tempo. È occupato!

ANTONIO. (In pantaloni e camicia, ha in mano la giacca e la cravatta). È ancora presto per la televisione, avrai tutto il tempo per farti bella.

MARTA. Grazie del complimento. Pensavo che tu mi considerassi già bella. Almeno un poco.

ANTONIO. Certo, cara Marta, lo sai… Ma non devi preoccuparti più di tanto: alla televisione hanno i loro truccatori che sapranno come sistemarti.

MARTA. Tu, non ti fai niente? Marcare un po’ gli occhi, scurire le guance… sei troppo, non so come dire… insignificante. Scusami, un padre angosciato per la scomparsa della figlia deve avere il viso scavato, gli occhi accesi… un po’ spettinato…

ANTONIO. Ci penseranno loro. La cravatta dovrò metterla?

MARTA. Certo! Un uomo senza cravatta è un uomo qualunque! Hai scelto un colore serio? (Antonio la mostra). Sì, può andare.

ANTONIO. Quanta gente pensi che ci vedrà? Dieci milioni?

MARTA. Mi sembra un po’ troppo. È audience da varietà del sabato sera.

ANTONIO. O una partita di Champions League!

MARTA. Noi non giochiamo al calcio.

ANTONIO. Potrebbero registrare il nostro intervento, e mandarlo nell’intervallo! A proposito, domani ci sarà una partita della Nazionale.

MARTA. Meglio la Formula Uno.

ANTONIO. Dipende. La Nazionale è sempre la Nazionale… magari una partita amichevole non chiama come un campionato del mondo.

MARTA. Tu sei fissato sul pallone! Per te, non esiste altro! Tua figlia: non sei mai capace di avere con lei un dialogo. Sai che a lei piace la musica ma non ti ho mai visto entrare in casa con un disco… un mazzo di fiori…

ANTONIO. Che disco dovrei comprare… non mi intendo di musica. In quanto ai fiori, per quello che ne so, non le piacciono.

MARTA. Piacciono a me!

ANTONIO. Ah! Capisco.

MARTA. Quando vivevo qui, c’erano sempre molti fiori… li compravo io. Alfonso ci pensava molto di rado, poveretto, non aveva mai tempo, era sempre assillato dal suo lavoro.

ANTONIO. Non deve essere molto divertente avere un compagno sempre immerso nel suo lavoro e… assente per il resto.

MARTA. Hai ragione ma può darsi che la colpa sia anche mia, avrei dovuto capirlo: inventare slogan, disegni, scenette sempre diverse, sempre nuove… c’è bisogno di concentrazione.

ANTONIO. Meglio avere un’attività che ti lascia più tempo libero, non credi?

MARTA. Nel genere di attività che tu svolgi, e che non ho ancora ben capito in cosa consista, è molto più il tempo libero di quello che ti tiene impegnato.

ANTONIO. Gli affari, sai com’è, possono lasciarti molta libertà, poi, cinque minuti, una telefonata… bastano per racimolare tanti bei soldoni!

MARTA. Se devo essere sincera, non li ho ancora visti… i soldoni.

ANTONIO. Arriveranno! Gli affari sono imprevedibili.

MARTA. (Guarda in giro). Hanno fatto dei cambiamenti. Questo era un salottino grazioso, forse un po’ civettuolo, ma ci si stava bene. Ora, con la roba che hanno portato qui dallo studio, non si riesce a capire cosa sia. Hai notato che hanno messo la camera, dove prima era lo studio?

ANTONIO. Affari loro.

MARTA. Nella camera matrimoniale, la nostra camera, non ci dorme nessuno. Forse, Alfonso non vuole portare la sua nuova donna nel letto dove dormiva con me. È sempre stato sensibile quell’uomo, sensibile e gentile, bisogna ammetterlo.

ANTONIO. Si è trovato una stanza in più, non sapeva come utilizzarla…

MARTA. Ogni stanza aveva un ruolo ben preciso… Forse vuole serbare il ricordo di tanti bei giorni felici… È sempre stato un romantico.

ANTONIO. Non sentirai mica nostalgia? Ormai tu stai con me, e il tuo posto è ben rimpiazzato, a quanto ne so… Finisci di prepararti che fra poco dobbiamo andare. Io, intento scendo a fare colazione; mi pare di avere visto un bar qui vicino.

MARTA. Va bene: cinque minuti, se riesco a recuperare quello specchio..

ANTONIO. (Uscendo, inciampa nel sacco a pelo). Che razza! Qui c’è da inciampare e rompersi l’osso del collo! Che è questo coso?

MARTA. Sembra un sacco a pelo… con qualcuno dentro… Ma, io l’ho già visto… mi sembra quello…

ANTONIO. (Scopre la testa di Benny). Ma è lei! Benny! Cosa ci fa qui? (La sveglia). Benny! Svegliati!

BENNY. (Ancora assonnata). Lasciatemi stare… sono stanca…per favore…

MARTA. Benny, su svegliati. Che ci fai qui? Ti abbiamo cercata dappertutto. Come ci sei capitata qui?

ANTONIO. Alzati. Esci fuori da questo aggeggio.

BENNY. (Esce dal sacco a pelo). Perché non volete farmi dormire… sono stanca. Non ho dormito tutta la notte.

ANTONIO. Devi spiegarmi perché sei fuggita di casa. Abbiamo denunciato la scomparsa ai Carabinieri.

MARTA. Stiamo andando alla televisione per fare un appello…

BENNY. Televisione? Carabinieri? Perché?

ANTONIO. Non ti abbiamo più trovata! Eri sparita! Una ragazzina che fugge di casa…

BENNY. Ma chi è fuggita? Sono qui e domani sarei tornata a casa!

MARTA. Noi non lo sapevamo. Se ne sentono tante: ragazzine che vengono rapite…

BENNY. E dagli con la ragazzina! So badare a me stessa!

ANTONIO. Devi capire: stavamo in ansia…

BENNY. Sono venuta per il concerto rock che c’è stato ieri sera. Abbiamo fatto tardi. Ho dormito pochissimo… perché mi avete svegliata?

ANTONIO. Hai capito! La colpa è nostra!

MARTA. Devi capire, Benny: una ragazzina… scusa, adolescente… insomma, desta qualche preoccupazione. Potevi avvertire.

BENNY. È stato il Dick! Big Dick, come lo chiamiamo noi.

ANTONIO. Chi è questo… Dick… che razza di nome!

BENNY. È il nostro boss… quello che organizza le nostre spedizioni.

ANTONIO. Quali spedizioni?

BENNY. Per esempio, il concerto di ieri. È passato da casa, ha detto che si andava tutti a sentire questo complesso… così ho preso il mio sacco a pelo e sono partita. Il Guercio ha il camioncino.

ANTONIO. Chi è questo Guercio?

BENNY. Lo chiamano così perché è un po’ strabico. Ogni tanto prende il camioncino di suo padre che fa il muratore.

ANTONIO. E… lo guida lui?

BENNY. Sì. Ah, l’occhio strabico! Con l’altro ci vede benissimo.

MARTA. Com’è che sei capitata in questa casa?

BENNY. Dovevo andare in un posto tranquillo, per riposare. Tu ne parli sempre: un luogo di delizie, secondo te, perciò mi sono detta: andiamo a vedere! Ed eccomi qui!

MARTA. Come sei entrata?

BENNY. Dalla porta, suonando il campanello. Devo dire che, come casa non è niente male… anche il proprietario, il tuo ex… niente male… bell’uomo.

ANTONIO. Benny! Controllati!

BENNY. Che ho detto di male?

ANTONIO. Che ha detto di male! E questa è figlia mia!

MARTA. Talis pater…

ANTONIO. Non tirare fuori le lingua straniere! Sai che io parlo solo l’italiano!

MARTA. L’italiano… calcistico. In quello sei un professore.

ANTONIO. Meglio che vada fuori! Farò una buona colazione… Bisognerà avvertire la televisione, inutile fare l’intervista ora che la fuggiasca è stata ritrovata.

MARTA. Purtroppo…

ANTONIO. Purtroppo per l’intervista o perché è stata ritrovata?

MARTA. Fai tu.

ANTONIO. Vado! Intanto preparatevi, si torna a casa! (Esce).

BENNY. Io devo dormire ancora. Devo recuperare.

MARTA. Dormirai quando saremo a casa.

BENNY. Non posso venire a casa, proprio ora. Big Dick ha detto che stasera andremo in giro a riascoltare il concerto… lo abbiamo registrato.

MARTA. Cerca di renderti conto. Non puoi restare in questa casa.

BENNY. Uffa! Come siete complicati! Ve bene: andrò a dormire ai giardini pubblici. Ci sarà una panchina! (Arrotola il sacco a pelo).

MARTA. Fai come vuoi. In fin dei conti, non sei mia figlia.

SCENA 6 – MARTA – BENNY – HEIDY

HEIDY. (Entra). E voi? Chi siete? Cosa ci fate in casa mia?

MARTA. Non preoccuparti, ce ne andiamo.

HEIDY. Chi sei tu? Io ti conosco, ti ho già vista da qualche parte!

BENNY. Marta, dimmi: vi conoscete? Siete amiche? Che avventura! Solo un bell’uomo come il tuo ex, poteva inventare una situazione simile!

HEIDY. Marta? Ho capito! Sei la ex moglie di Alfonso!… Avete dormito qui, stanotte! Come ti sei permessa di entrare in casa mia?

MARTA. Se permetti, è ancora un po’ casa mia. Siamo separati, è vero, ma non abbiamo ancora fatto la divisione dei beni!

BENNY. Ok, mà! Digliene Quattro! (Si siede in attesa degli eventi).

HEIDY. Cosa vuole questa ragazzina?!

BENNY. Se non la piantate con la “ragazzina” giuro che sfascio tutto! E poi vado via!

HEIDY. Bravissima! Vai, vai pure! Ma non sfasciare niente, potresti farti male! E tu, Marta carissima, vai con lei!

MARTA. Vado, non avere paura. Almeno, fammi prendere la mia valigia. (Esce a sinistra).

HEIDY. Prendi tutto! Non lasciare niente! E apri la finestra! (A Benny). E tu? Che ci fai ancora qui? Sloggia! Ragazzina!

BENNY. (Prende il sacco a pelo). Tranquilla! Stai tranquilla, me ne vado… (per uscire urlando). E non chiamarmi ragazzina!! (Esce a destra).

HEIDY. Che impudenza! Che gente si deve incontrare in questo mondo! Alfonso dovrà ascoltarmi: ho da dirgliene quattro!

SCENA 7 – HEIDY – LEOLUCA – LEONIA

LEOLUCA. (Entra con Leonia, entrambi vestiti, pronti per uscire). Da questa parte, zietta cara.

LEONIA. Buongiorno, Heidy carissima… Il signor Leoluca si è offerto di accompagnarmi alla mostra felina.

HEIDY. Molto gentile.

LEOLUCA. Dovere. Dopo, andremo a visitare anche il convegno filatelico.

HEIDY. Tu? Se non hai mai capito niente di francobolli! Le poche volte che mi mandi una delle tue orribili cartoline, non azzecchi mai la tariffa giusta! E devo pagare la tassa!

LEOLUCA. Non è mai troppo tardi… Imparerà. Penserò io a svelarle i segreti del mondo postale. Sarò il suo Pigmalione.

HEIDY. Il suo cosa?

LEOLUCA. Pigmalione: maestro, educatore, insegnante. Zietta cara, ti condurrò passo passo, mano nella mano… percorreremo tutta la strada… dalla Norvegia all’Australia, l’Argentina… senza dimenticare il Regno delle Due Sicilie… o il Granducato di Toscana.

HEIDY. Un bel viaggio! E, quando avete intenzione di partire?

LEOLUCA. Anche subito! Ho il mio album, basta voltare le pagine, una per una… pensa: tutto il mondo dentro un album!

LEONIA. Prima i felini!

LEOLUCA. Giusto, zietta cara, più che giusto! La gattina Priscilla…

LEONIA. Con il pelo rosso…

LEOLUCA. E qualche macchia bianca.

HEIDY. Scusate, non voglio disturbare i vostri progetti… chiamiamoli… felinofilatelici. Ho da fare. Vi auguro un buon viaggio nel… Granducato delle Sicilie… quante erano? Tre?

LEOLUCA. (Scandalizzato). Due! E non era un granducato…

HEIDY. Va bene! C’era la regina Priscilla… con i capelli rossi… va bene.

LEOLUCA. Fai un po’ di confusione, piccola cara. Ma è naturale, ovvio, oserei dire: lapalissiano. Quando non si hanno adeguate conoscenze… Potrei essere anche nei tuoi confronti, un valido Pigmalione.

HEIDY. Lo sei già per la zia… Io vado a sistemare… con permesso. (Esce).

LEOLUCA. (La segue con lo sguardo). Bella donna! Donna di classe! Dovrai abituarti, cara Leonia: sono sempre stato sensibile al fascino femminino.

LEONIA. Andiamo a trovare Priscilla!

LEOLUCA. Giusto. Anche lei è femmina… capelli rossi…

LEONIA. E baffi bianchi!

LEOLUCA. Una donna coi baffi! Ah, già: è una gatta. Andiamo.

LEONIA. Abbiamo da fare un bel giro, sbrighiamoci.

LEOLUCA. I gatti, i francobolli… le piccole grandi cose della vita.

LEONIA. Voglio vedere tutto! Andiamo! Quando torneremo…

LEOLUCA. Non mettiamo limiti, Leonia cara, non mettiamo limiti. (Escono).

SCENA 8 – TEREWSKA – HEIDY  – MARTA

     Squilla il telefono.

HEIDY. (Entra e va a rispondere. Terewska la segue). Pronto… chi?… ma chi è lei?… Antonio? Mai sentito… La televisione? Mi funziona benissimo, non devo comprarne una nuova!… Ne ho una in ogni stanza… anche nel bagno!… Annullata l’intervista… quale intervista?… Un momento. Non so proprio cosa potrei dire, ma se lei crede… facciamola questa intervista. Un minuto, giusto il tempo di rendermi presentabile… un colpo di spazzola ai capelli, un po’ di fondo tinta… Signor… Antonio, se ho capito bene… l’aspetto… Come? Annullata? Pronto?… (Aggancia). Ha riattaccato. Che razza di gente! Prima ti chiedono l’intervista e poi… annullata! Senza darti una spiegazione! Io l’ho sempre detto: non c’è da fidarsi di quella gente!

TEREWSKA. Credo di poter spiegare io. Antonio voleva fare intervista assieme a sua donna in televisione. Poi, sua figlia è tornata e intervista è annullata.

HEIDY. Cosa, cosa? Grazie per la spiegazione ma ci capisco meno di prima. Ricapitoliamo: tu sai chi è questo Antonio?

TEREWSKA. Signore Antonio è convivente di ex moglie di tuo convivente. Chiaro?

HEIDY. No! Chi sarebbero tutti questi conviventi?

TEREWSKA. Il tuo è dottore Alfonso, che prima era sposato con signora Marta, che ora sta con signore Antonio, che è padre di ragazzina Benny.

HEIDY. (Reazione incontrollata). Non chiamarla ragazzina!… cioè, la ragazzina Benny ha un padre, che è questo Antonio… poi c’è Marta… e fin qui, più o meno bene, ho capito. Ma cosa c’entra la mia casa?

TEREWSKA. Antonio e Marta cercano ragazzina Benny che è sparita.

HEIDY. Sparita? Ma se era qui, pochi minuti fa!

TEREWSKA. Loro non sapevano. Venuti qui per fare intervista in televisione per cercare ragazzina Benny. Non sapevano dove andare, poveretti, venuti qui per dormire.

HEIDY. Capisco. Cioè, non capisco! Voglio fare finta di capire!

TEREWSKA. Brava signora Heidy! Ragazzina molto stanca, andata con diecimila persone!

HEIDY. Diecimila?

TEREWSKA. Più! Suo ragazzo le ha regalato bottone rosso!

HEIDY. Molto generoso… Spero di non avere capito bene. Fortunatamente siamo alla fine della storia. (Entra Marta). Hai preparata la valigia? La porta è quella!

MARTA. Conosco benissimo questa casa, so da quale parte si esce… e da quale si entra!

HEIDY. Per te c’è solo l’uscita: quella!

TEREWSKA. Scusate, vado in cucina, non voglio disturbare questa piacevole e amabile discussione. Preparerò bistecchina con patate al sangue.

HEIDY. Vai, vai! Il sangue potrai trovarlo qui! Fra un minuto ce ne sarà un lago! (A Marta). Il tuo!

TEREWSKA. Con permesso. (Esce).

MARTA. Bistecchina poco cotta, al sangue. Era il suo piatto preferito.

HEIDY. Vuoi andartene? Hai portato il tuo ganzo qui! Avete dormito nella nostra camera!

MARTA. Veramente, abbiamo dormito in un’altra stanza, ma devo ricordarti che quella è la mia camera! Tu non ci hai mai dormito! Io sì! È rimasta la mia camera! Mia e di mio marito… e tu non ci sei mai entrata! Non hai mai fatto parte della vita di Alfonso!

HEIDY. Tu ne hai fatto parte, ma ne sei uscita! E non ci rientrerai più! Alfonso è il mio uomo e di te, non sa proprio che farsene!

MARTA. E di te, sa che farsene? Ho l’impressione che non gli vai molto a genio.

HEIDY. Come ti permetti? Vai fuori di casa mia!

MARTA. Ti lascio il campo libero, non preoccuparti! Mi è bastato stare qui queste poche ore per capire tante cose!

HEIDY. Ma cosa vuoi capire, tu!

MARTA. Oh, non ci vuole molto a rendersi conto! Alfonso è un essere tranquillo; per fare il suo lavoro ha bisogno di pace, di silenzio, di serenità.

HEIDY. E tu, gli davi tutte queste cose?

MARTA. Penso di sì! L’aiutavo nel suo lavoro, qualche volta.

HEIDY. Allora, perché ti ha piantata?

MARTA. Non so… Queste sono faccende private che non devono interessarti!

HEIDY. Finché stai in casa mia, mi interessano e come!

MARTA. Casa tua! Ti ho già detto che non abbiamo ancora fatto la divisione dei beni! E… secondo come mi gira…

HEIDY. Deve girarti da quella parte! La parte dell’uscita! Fuori!

SCENA 9 – ALFONSO – HEIDY – MARTA

ALFONSO. (Entra). Cosa c’è da urlare tanto? Vi sentono fino sulla strada!

HEIDY. (Calma forzata. Ironica). Stavo dicendo, molto gentilmente, alla tua ex di lasciare questo appartamento. (Sbotta). Io non ce la voglio! Capito?

MARTA. (Altrettanto ironica). Alfonso caro, seguendo il gentile invito della tua simpatica compagna, me ne stavo andando, ma devi convenire che certi “inviti” dovrebbero venire dal capo di casa, dal legittimo proprietario… dell’immobile, cioè tu! (Decisa). Dimmi di andare via e ti libero immediatamente della mia presenza!

ALFONSO. Calma, tranquille, state calme. Marta cara, io non ti caccio, non caccio nessuno.

HEIDY. (Furiosa). Non cacci nessuno?! Non la getti fuori di casa? Questa intrusa, questa commediante che si introduce con la scusa della ragazzina scomparsa, per distruggere un focolare domestico, un nido. Il nostro nido!

ALFONSO. Non usiamo parole grosse. Fra persone civili, i problemi si risolvono con la calma e la serenità.

HEIDY. Eih, dico: non avresti mica intenzione di organizzare una specie di convivenza allargata: ménage a trois, come dicono i francesi?

ALFONSO. Non ho detto assolutamente questo! Dico soltanto che… l’ospite è sacro e… può trattenersi… più o meno a lungo.

HEIDY. L’ospite è come il pesce: dopo tre giorni puzza! Siamo già al secondo giorno! Inoltrato!

MARTA. Quindi, mi spetta ancora un giorno di permanenza? Ti ringrazio di avermelo fatto notare. Ne approfitterò.

HEIDY. (Ad Alfonso). La senti! La senti? Anche strafottente! Alfonso devi decidere: o lei o me!

ALFONSO. Parliamone con calma, da persone civili.

HEIDY. O lei o me!!

ALFONSO. Nessuno vuole cacciarti.

HEIDY. Devi decidere!

ALFONSO. Non devi prenderla su questo tono…

HEIDY. Ho capito: decido io! Me ne vado!… Ma non corrermi dietro!… Alfonso pensaci bene: se passo quella soglia, non mi vedrai più!…Vado?… Non cercare di trattenermi!… Va bene: vado via… manderò a prendere la mia roba… Alfonso, sei ancora in tempo… Dopo, non cercarmi: non mi troverai… Vado! (Esce)

SCENA 10 – ALFONSO – MARTA – ANTONIO

MARTA. Ha recitato bene la scena madre, ottima interpretazione. Forse, bisognava applaudirla… Povero Alfonso, ti sono capitata qui, all’improvviso e ho scombussolato tutto il tuo mondo.

ALFONSO. Ma forse, ogni tanto, qualche sterzata brusca ci vuole… altrimenti la vita diventa troppo monotona.

MARTA. Hai ragione ma, dimmi: anche quando cacciasti me, lo facesti per rompere la monotonia?

ALFONSO. Un momento: non fui io a cacciarti. Diciamo che fu… una separazione consensuale.

MARTA. Perché ci lasciammo? Tradimenti non ce ne sono mai stati, né da parte tua, né da parte mia… Quale fu la ragione?

ALFONSO. Probabilmente non ci fu una ragione. Quanti matrimoni finiscono, quante coppie si dividono senza che ci sia una ragione determinante…

MARTA. Forse l’abitudine, la noia che ne deriva… la vita piatta, sempre uguale che ci viene imposta… dal benessere, dai media; orribile parola, ma purtroppo esistono…

ALFONSO. Ogni tanto ci vuole una sterzata brusca: può essere pericoloso ma è il condimento, il sale della vita… forse è la gioventù che ogni tanto va agguantata per i capelli… per non lasciarla scappare. (Si sente suonare il campanello alla porta). Chi viene a rompere la scatole proprio ora! (Va ad aprire, rientra con Antonio).

ANTONIO. Scusate. Ho parlato con quelli della televisione, l’intervista è annullata. La bambina è stata ritrovata, quindi non c’è più il motivo… Mi dispiace per te, Marta, ci tenevi ad apparire sul piccolo schermo.

MARTA. Capiterà qualche altra occasione.

ANTONIO. Alfonso carissimo, ci dispiace di averti recato un po’ di confusione ma, come si dice, tutto è bene quel che finisce bene.

ALFONSO. Anzi: la vostra visita mi ha fatto un grandissimo piacere; dirò di più: mi è stata utile, mi ha aiutato a riconsiderare un po’ tutta la mia vita. Bisognerebbe, ogni tanto fare il punto della situazione… per rompere qualcosa… o ricominciare da capo.

ANTONIO. Rompere? Hai ragione, forse ti abbiamo rotto la scatole! (Ride della sua battuta). Devi scusarci. Andiamo via subito e togliamo il disturbo. Comunque, grazie, è stato un piacere conoscerti. Marta, prendi la nostra roba, chiama Benny… dov’è?

MARTA. È uscita.

ANTONIO. Dov’è andata?

MARTA. A dormire… da qualche parte. Forse su una panchina dei giardini pubblici.

ANTONIO. È scappata un’altra volta! Ha bisogno di una bella lezione, quella bambina! Dove sarà?

ALFONSO. Forse in qualche posto tranquillo, a dormire, a sognare…

MARTA. Sarà con i suoi amici… avranno qualche concerto.

ANTONIO. Che idea! È scomparsa di nuovo: possiamo fare l’intervista alla televisione! Ormai conosco quel tale, quel giornalista che si interessa di questi casi. Telefono subito, ho il suo numero privato! Marta, questa è la volta buona! Ce la faremo! Prendi il tuo vestito rosso… no, forse è meglio il blu, il rosso ammazza i contorni… me lo ha detto il mio amico, il giornalista.

MARTA. Vai da solo, Antonio. Mi sarebbe piaciuto apparire in tivvù, ma ora non è più il caso, ci sono cose più importanti nella vita.

ALFONSO. Parole sagge. Rifletti, Antonio, rifletti.

ANTONIO. Beh, se non proprio un’intervista, almeno un incontro, pochi minuti… li concedono a tutti, perfino ai giocatori di serie B!

MARTA. Benny tornerà a casa da sola, è abbastanza grande ormai per ritrovare la strada

ANTONIO. Come vuoi. Io, una dichiarazione… breve… l’avrei fatta. Ma se tu non vuoi. Se pensi che ritroverà la strada… d’accordo. Prendi la nostra roba e andiamo via. Qui, abbiamo già creato abbastanza disturbo.

ALFONSO. Affatto, è stato un piacere.

ANTONIO. Va bene, ringraziamo… ma certe situazioni è meglio troncarle subito, prima di giungere… all’irreparabile! Marta, prendi la nostra roba: andiamo via!

MARTA. La valigia è nella camera dove abbiamo dormito. Prendila tu, io non posso fare troppi sforzi: nelle mie condizioni può essere pericoloso.

ANTONIO. Quali condizioni?

ALFONSO. Cosa vuoi dire?

MARTA. È semplice: aspetto un bambino.

ANTONIO. Tu? E come hai fatto? Voglio dire: chi è il padre?

MARTA. Prova a indovinare.

ALFONSO. Marta, sei andata via di qui già da un po’ di tempo… credo di non essere io. Anche se mi sarebbe piaciuto.

ANTONIO. Eih! Un momento! Non vorrete affibbiarmi un marmocchio che non è mio!

ALFONSO. Sei il maggiore indiziato.

ANTONIO. Andiamoci piano! Non accetto una paternità, come se nulla fosse! Son sicuro del mio comportamento!

MARTA. Eppure, non esistono altre soluzioni.

ANTONIO. No, eh! No! Non cercare di mettermi in mezzo! Io, un altro figlio, non lo voglio! Ne ho già una che mi dà tanti grattacapi! No! Assolutamente non lo voglio!

ALFONSO. Potrebbe essere una bella notizia per il telegiornale: padre che rifiuta un figlio! Perché non ne parli a quel tuo amico giornalista?

ANTONIO. Ma siete tutti matti! Cosa vi siete inventati?

MARTA. Capisco: l’emozione, certe notizie ti lasciano un po’ scosso. Ti abituerai. Andiamo, Antonio,andiamo nella nostra casa.

ANTONIO. Che nostra! Fino a prova contraria è casa mia!… E non c’è posto per un nuovo arrivato!

MARTA. Ci restringeremo un poco. C’entreremo tutti, non preoccuparti.

ANTONIO. Ma poi, i bambini costano… dovremo rinunciare a tante cose. La nostra libertà! Che ne sarà? No, guarda: non ci sono vincoli legali fra noi due. Io posso non riconoscere il figlio e impedirti di entrare in casa mia… perciò regolati di conseguenza!

MARTA. Rischierò di trovare la porta sbarrata? Va bene. Vuol dire che non mi farò nemmeno vedere dalle parti di casa tua. Troverò un posto. Non preoccuparti per me.

ANTONIO. Vuoi dire… che è tutto finito? Mi rendi la mia libertà?

MARTA. Quando mai me l’hai data?

ALFONSO. Quante parole grosse! Comportiamoci da persone civili.

ANTONIO. Giusto! Siamo persone civili! Marta, se vorrai tornare da me… forse potrai trovare la porta aperta… ma devi venire sola, senza marmocchi!

MARTA. Sarà molto difficile, Antonio caro.

ANTONIO. Come vuoi! Ah, quelle mie cose che sono nella valigia, puoi tenerle, te le regalo!

MARTA. Lo spazzolino da denti… un paio di calzini… molto generoso.

ANTONIO. Non ricordo bene. Tieni tutto! Addio… Signor Alfonso, mi scusi per l’intrusione e… a mai rivederci! (Esce).

SCENA 11 – ALFONSO – MARTA – TEREWSKA

MARTA. È andata! Anche questa è passata. (Sospira). La vita! Cos’è la vita… una casa bianca con le finestre esposte verso il sole… che entra e riscalda…

ALFONSO. Bella immagine! Un bel poster: la casa dei sogni… con tanto elettrodomestici dentro. Sì, è un’idea.

MARTA. Materialista! Però, hai ragione, bisogna pur vivere. Il mondo vuole la casa piena di elettrodomestici… magari senza il sole. E noi diamogli la casa dei sogni! Sembra di essere tornati ai bei tempi. Ti ho suggerito parecchie idee… Ricordi? L’impermeabile “Aquastop”: un cigno che vive nell’acqua e non si bagna.

ALFONSO. Devo ammettere che, in questi ultimi tempi mi è mancata la tua collaborazione; sapevi trovare spesso la parola, l’immagine, l’atmosfera adatta.

MARTA. L’ostrica che usa il dentifricio “Dentisan” per far venire la perla bianchissima.

ALFONSO. Fu difficile trovare il modo di introdurre lo spazzolino dentro la conchiglia, ma il successo fu clamoroso!

MARTA. Tutti compravano quel dentifricio… che non sbiancava affatto i denti, anzi…

ALFONSO. Bisogna convenirne: insieme, abbiamo trovato qualche idea.

MARTA. Non pensiamoci più… Ora ti saluto, devo andare.

ALFONSO. Dove hai intenzione di andare?

MARTA. Non lo so. Da Antonio, certamente no! Praticamente mi ha chiuso la porta in faccia, e, se devo essere sincera, non me ne dispiace affatto.

ALFONSO. Potresti restare qui, per qualche tempo…

MARTA. Per aiutarti a trovare scemenze da distribuire in giro, per incrementare le vendite?

ALFONSO. Chiamiamola… consulenza. Oh, intendiamoci: non potrei pagarti! Non guadagno abbastanza da potermi permettere una dipendente. Ma… in fondo, siamo ancora sposati e, come dice la legge, la moglie deve aiutare il marito.

MARTA. Anche una moglie incinta?

ALFONSO. Perché no.

MARTA. In attesa del figlio… di un altro uomo?

ALFONSO. Non chiederò mai l’esame del DNA. Lo giuro!

MARTA. Potrei restare… finché non trovo una sistemazione…

ALFONSO. Questo bambino in arrivo, potrebbe ispirarci nuove idee, nuove campagne… i bambini fanno sempre effetto. I bambini e i piccoli animali, sono i migliori venditori.

MARTA. Funzionerà? Voglio dire: questo tentativo di riconciliazione… con un bambino in mezzo?

ALFONSO. Io dico di sì!… Chiamo Terewska e le facciamo preparare la camera matrimoniale, quella del pappagallo!

MARTA. Quale pappagallo?

ALFONSO. Niente. Un’idea sua… La nostra camera. È disabitata ormai. (Chiama). Terewska!

MARTA. (Fra se). Tanto vale riprovarci. Non si sa mai.

TEREWSKA. (Entra). Ha chiamato, dottore Alfonso?

ALFONSO. Sì, ci sarebbe da preparare la nostra camera. Vedi di fare il meglio possibile.

TEREWSKA. Lenzuolo rosa?

ALFONSO. Come credi. (A Marta). Ti va bene il rosa? (Marta accenna indifferenza). Va bene, lenzuola rosa. (Fra se). Colore afrodisiaco

TEREWSKA. In camera di matrimonio c’è ancora roba di signore Leoluca e zietta Leonia. Cosa devo fare?

ALFONSO. Getta via tutto! Cioè, no… si tratterranno ancora per molto?

TEREWSKA. Io penso questa notte, poi andranno via.

ALFONSO. Sopportiamoli per questa notte poi, se non partono, li buttiamo fuori a pedate!

MARTA. Alfonso… è tuo padre! Ma, questa zietta, non ho ben capito come si chiama…

ALFONSO. Leonia. È una storia lunga, sarebbe la zia di Heidy.

MARTA. Non avrà mica intenzione di rimettere piede qui, la cara Heidy?

ALFONSO. Tranquilla. Tutto finito. Questa zia Leonia è uscita con mio padre, non so cosa combineranno, ma sicuramente lo combineranno fuori di qui. Domani mattina, via! (A Terewska). Trasporta le loro cose nell’altra camera e metti la valigia di Marta nella nostra stanza.

MARTA. Posso farlo io.

ALFONSO. No. Nelle tue condizioni non devi fare sforzi. Ti prego, Terewska, pensaci tu: la signora Marta aspetta un bambino.

TEREWSKA. Signora Marta incinta? Complimenti… però è strano, molto strano.

ALFONSO. Che c’è di strano, tutte le donne, prima o poi mettono al mondo dei figli… quasi tutte.

TEREWSKA. Giusto. Queste cose non riguardano me.

ALFONSO. Ecco, fai quanto ti è stato chiesto, per favore.

TEREWSKA. Vado, subito vado. (Si avvia, poi ci ripensa). Una cosa non posso capire… molto strana…

ALFONSO. Cosa non capisci?

TEREWSKA. Io ho trovato in piccolo bagno, certe cose, piccole buste che signore adoperano… ogni tanto… quando non aspettano bambino.

ALFONSO. Cosa vuoi dire?

TEREWSKA. Se non sono cose di signora Marta, chi lasciate in piccolo bagno? Signora Heidy, no: io so. Io, anche no. Zietta andata in altro bagno ed ha età che certe cose… non adopera più. Molto strano!

ALFONSO. Va bene, faremo delle indagini, risolveremo questo mistero. Ora vai, non pensarci più.

TEREWSKA. Come vuole, dottore Alfonso. (Esce).

ALFONSO. (Breve pausa). Cos’è questa storia… delle piccole buste… trovate nel bagno piccolo?

MARTA. Beh, Alfonso caro, posso spiegarti…

ALFONSO. Terewska è una donna un po’ strana, non parla un italiano perfetto, ha le sue idee, un suo modo di valutare le situazioni… ma non può sbagliare su dati di fatto ben precisi,,, e concreti!

MARTA. Non far cadere le cose tanto dall’alto. Guardiamo con obiettività: i bambini, si sa, vanno e vengono…

ALFONSO. A quanto ne so, inizialmente, vengono! Cosa significa questo “vanno”?

MARTA. Un bambino in arrivo, è naturale, può esserci, ma anche non esserci.

ALFONSO. Nel caso specifico, c’è o non c’è?

MARTA. Si può sempre sbagliare qualche valutazione: si vive in maniera così frenetica…

ALFONSO. Un nascituro appena concepito, a quanto ne so, sta lì, nel suo angolino, calmo e tranquillo. Tutta questa frenesia, proprio non ce la vedo.

MARTA. Ti dispiacerebbe proprio tanto se, se non ci fosse?

ALFONSO. Ah, non so… non credo.

MARTA. Sei paradossale, dottore Alfonso: quasi ti dispiace che tua moglie non sia incinta. Tutti i mariti diventano cattivi, violenti, tremendi se si ritrovano la moglie col figlio di un altro. Tu, invece accetti la cosa con molta sportività e rimani addirittura turbato se la cosa non avviene.

ALFONSO. Ricapitolando: questo bimbo, non c’è!

MARTA. No.

ALFONSO. Ti sei inventata tutto. Perché?

MARTA. Volevo lasciare Antonio, ho detto la prima cosa che mi è venuta in mente. So che lui è un tipo molto egoista e non avrebbe accettato qualcosa o qualcuno che potesse rubargli un po’ del suo benessere… che poi, non è che sia molto.

ALFONSO. Astuta, devo ammetterlo. Quasi diabolica.

MARTA. So ottenere quello che voglio.

ALFONSO. Anche quando lasciasti me per correre dietro al tuo “bell’Antonio”, ci riuscisti. Ma perché lo hai voluto lasciare?

MARTA. Non l’ho mai amato… e non mi ha dato quel tono di vita brillante che avevo sperato. Meglio tornare al calore umano, agli affetti… sicuri…

ALFONSO. Come sapevi che avrei accettato il bambino di un altro?

MARTA. Tu sei un maestro nel fare accettare agli altri quello che vuoi vendere. Qualcosa ho imparato, standoti vicino. Importante è saper proporre le cose al momento giusto, nella maniera giusta… il resto viene da se.

ALFONSO. Non so la nostra vita sentimentale, ma la nostra attività professionale… sarà, sicuramente un successo.

MARTA. E se capiterà un bambino, interamente nostro, sarà ancora meglio.

ALFONSO. Certo, sarebbe l’organigramma completo della ditta!

TEREWSKA. (Si affaccia). Dottore Alfonso, signora Marta: camera di pappagallo è pronta! Possono accomodarsi!

Alfonso e Marta, tenendosi per mano, escono.

TEREWSKA. (Sospira e sorride). Eh… ragazzi! Bravi ragazzi! (Esce).

La scena si fa buia. Musica che suggerisce il passare delle ore. Torna l’illuminazione, ormai è sera.

SCENA 2 – TEREWSKA – LEOLUCA – LEONIA

Campanello. Terewska attraversa la scena e va ad aprire. Rientra con Leoluca e Leonia.

TEREWSKA. Prego, accomodatevi, signore Leoluca e signorina Zietta.

LEOLUCA. Cara Terewska, sei stata promossa al grado di guardaportone? Complimenti!

TEREWSKA. Grazie, ma non capisco… Avete passato una buona giornata? Il tempo è stato bello, molto sole, e aria non troppo calda.

LEONIA. Abbiamo trascorso una magnifica giornata, la mostra felina era un amore, vero Leo?

LEOLUCA. Superba! Ho fatto un’indigestione di gatti!

TEREWSKA. In quale ristorante fanno mangiare gatti? Roba da cannibali!

LEOLUCA. Ristorante? Ah, (A Leonia) ha capito… (ride) Oh! Buona, buona questa.

TEREWSKA. Lei trova buoni gatti cucinati? Orribile! In terra di Polonia, quando un gatto non piace… noi affogare! Non cucinare!

LEOLUCA. È molto meglio! Non c’è paragone!

LEONIA. Leo voleva dire che abbiamo visto molti gatti, di tutte le razze, e l’indigestione si riferiva a quanti che ha visti.

TEREWSKA. Mangiato con occhi? In terra di Polonia, quando uno ha fame mangia con bocca, con denti… ma non mangia gatti!

LEONIA. Nemmeno qui da noi! Oggi ci siamo fermati in un ristorante piccolo, grazioso… coinvolgente. Abbiamo mangiato una loro specialità, che non ho ben capito cosa fosse ma era buona, vero Leo?

LEOLUCA. Abbiamo annaffiato il tutto con una bottiglia di quel vino squisito, vero Lea?

TEREWSKA. Cambiato vostri nomi? Avete nuova identità? Leoluca e Leonia ora sono Leo e Lea?

LEOLUCA. Più breve, più veloce, meno faticoso a pronunciare.

LEONIA. Soprattutto, più confidenziale.

LEOLUCA. Certo, cara Lea: la brevità nel richiamo riduce anche la distanza… fisica; avvicina, per così dire le persone che vengono perciò racchiuse in un’unica espressione, Lui e Lei, Tu ed Io.

TEREWSKA. Meglio che io vado a preparare cena: minestrina con verdure.

LEONIA. Certo, la sera bisogna stare leggeri.

LEOLUCA. Intanto noi andiamo a sistemarci un po’.

TEREWSKA. Ah, dimenticavo: voi avete nuova camera, quella che prima era studio di dottore Alfonso.

LEOLUCA. Ma non ci dorme mio figlio con quella sua…

LEONIA. Mia nipote Heidy.

TEREWSKA. Signora Heidy non più qui, andata via.

LEONIA. Come sarebbe a dire?

TEREWSKA. Tornata signora Marta. Dottore Alfonso andato con lei in camera matrimoniale.

LEONIA. Quella del pappagallo?

LEOLUCA. Quindi, se ho ben capito, stasera noi andiamo nell’altra camera…

LEONIA. C’è il letto col baldacchino?

TEREWSKA. Niente baldacchino.

LEONIA. Lo immaginavo. Pazienza.

LEOLUCA. (Prende in disparte Terewska). A proposito di lenzuola: non occorre fare quella specie di muraglia cinese… uno a destra, l’altro a sinistra… troppo complicato.

TEREWSKA. Mi dispiace. Io ho già preparato camera, non ho tempo ora per cambiare. Con permesso. (Esce).

LEOLUCA. Questi polacchi! Personalità orientale, non una briciola di comprensione. Tipi impenetrabili e insensibili. Che gente!

LEONIA. Dicevi?

LEOLUCA. Pare che anche per stanotte saremo divisi da un lenzuolo, abilmente rimboccato. Ma io, nella mia vita ho scalato ben più alte muraglie! Non sarà difficile, vedrai.

LEONIA. Tu non scavalcherai un bel niente!

LEOLUCA. Ma come! Abbiamo vissuto una bellissima giornata insieme! Gatti e francobolli! Mi sembra che ormai possiamo considerarci piuttosto intimi.

LEONIA. Ci sono ancora da definire alcuni dettagli.

LEOLUCA. I dettagli… quando c’è l’intesa sui punti principali…

LEONIA. Vacci piano. Credo che dormirò tutta la notte, sognerò Priscilla. L’abbiamo trovata, proprio come piace a me, pelo rosso con macchie bianche. Domani andrò a prenderla.

LEOLUCA. Ti ho già detto che i gatti in casa mi danno fastidio… sono bestie infide.

LEONIA. Non chiamare bestia la mia Priscilla!

LEOLUCA. Scusa… quell’essere celestiale…

LEONIA. E a me, darà fastidio vedere un uomo passare ore ed ore a guardare i suoi pezzetti di carta colorata!

LEOLUCA. Non chiamare pezzi di carta i miei francobolli! Sono pezzi di storia, di cultura!

LEONIA. (Breve pausa). Priscilla potrebbe avere un suo recinto, una sua piccola stanza dove poter giocare… e tu, hai uno studio dove conservare i tuoi pezzi… di francobolli. Pezzi rari, intendo.

LEOLUCA. (Scettico). Li vedo già tra le zampe di un gatto… che li strappa, li lecca… e poi li appiccica in tutta la casa!

LEONIA. Le bestie vanno educate. Bisognerà insegnare alla gattina… la storia e farle una cultura.

LEOLUCA. Spiritosa!

LEONIA. Vedrai che tutto andrà bene! Piuttosto: se dovremo coabitare, come tu mi proponi, dovremo fare due conticini… La tua pensione basterà per tutti e due? Io non ho molte esigenze, per le mie piccole necessità, potrò provvedere in prima persona: riscuoto una modesta rendita.

LEOLUCA. Sarà motivo di soddisfazione, per un vecchio gentiluomo provvedere ai bisogni della sua donna! Argomento chiuso!

LEONIA. Va bene. Io, da parte mia saprò prepararti dei pranzetti che non ti immagini! Modestamente, sono piuttosto brava in cucina.

LEOLUCA. Solo in cucina?

LEONIA. Per ora, contentati di quello.

SCENA 13 – ALFONSO - LEOLUCA - LEONIA

ALFONSO. (Entrando). Ben tornati. Caro papà, ti vedo in ottima forma! E questa gentile signora…

LEOLUCA. È una mia carissima amica: Leonia, Lea per gli amici.

ALFONSO. Ne ho sentito parlare.

LEONIA. La ringrazio per l’ospitalità, signor Alfonso. Stiamo per partire.

LEOLUCA. Passeremo qui anche la prossima notte e poi, domani, partiremo… liberi come due gabbiani che volano sul mare.

ALFONSO. Ah, bene… siete già a questo punto?

LEOLUCA. Vedi, figliolo, in questo mondo si ha bisogno di una compagnia. È bello avere la propria libertà… se puoi dividerla con qualcuno.

ALFONSO. Giusto. Vi faccio i miei complimenti più sentiti.

MARTA. (Entra).Chi si vede! Caro papà, come stai?

LEOLUCA. (La bacia). Mai stato bene come ora! E tu? A quanto ne so, sei tornata all’ovile. Brava! Ottima scelta. Forese tu non conosci la mia carissima amica Leonia, Lea per gli amici.

MARTA. La zietta?

LEONIA. Le voci corrono… Ma la zietta non c’è più. Visto che sarò molto amica di tuo suocero, potrai considerarmi… quasi suocera. (Si baciano).

MARTA. Per me va bene. Vi trattenete ancora per molto?

LEONIA. Solo per questa notte.

LEOLUCA. Domani mattina partiremo. Andremo al paesello.

LEONIA. Prima passeremo a prendere Priscilla.

MARTA. Chi è? Qualche anziana parente o… hai una figlia?

LEOLUCA. È solo una gatta. Pelo rosso e macchie bianche.

ALFONSO. Papà, sei sempre stato allergico ai gatti!

LEOLUCA. Invecchiando… si guarisce da tutte le malattie.

LEONIA. Leo caro, non credi sia meglio ritirarci un momento nella nostra camera per riordinarci e rinfrescarci?

LEOLUCA. Giusto. Se permettete, ci ritiriamo. Cari figlioli: vi benedico.

MARTA. Che c’entra la benedizione?

LEOLUCA. Così, un saluto come un altro. (A Leonia, conducendola fuori). La benedizione… mah… i figlioli…

MARTA.sempre il solito, tuo padre!

ALFONSO. Sempre con le sue citazioni, e qualche volta ci azzecca. Per esempio quella citazione sulla libertà: bellissima cosa, insostituibile, la vita stessa dell’uomo… che per goderla appieno deve dividerla con qualcuno… allora non è più libertà. Ma, un uomo non può stare da solo…

MARTA. A te, pesa così tanto la vita in due?

ALFONSO. No, anzi! Addirittura sarebbe bella la vita in tre… un figlio. Perché non ci abbiamo mai pensato?

MARTA. Un bambino! Potrebbe essere fonte di ispirazione per i tuoi spot pubblicitari. Un bambino fa sempre effetto.

ALFONSO. Non pensavo precisamente alla pubblicità. Essere padre… potrebbe essere meraviglioso, non credi?

MARTA. Certo. Il mondo è pieno di padri felici.

ALFONSO. Anche di madri.

MARTA. Naturalmente. Ma prima bisogna organizzarsi, mettere ordine nella nostra vita… valutare le spese.

ALFONSO. Ce la faremo! Ho certe idee in testa! Tanto per cominciare, ho questa nuova campagna. Guidetti dovrà pagarmela bene! Ora, vicino a te, con i tuoi suggerimenti verranno fuori cose eccezionali! Capolavori!

MARTA. Non lo metto in dubbio però, non per raffreddare i tuoi entusiasmi, ma cerca di stare con i piedi sulla terra. Bisogna saper valutare… e fare le scelte giuste.

ALFONSO. Che vuoi dire? Ti sei già pentita di essere tornata da me?

MARTA. Ma no, cosa vai a pensare. Te l’ho detto: la scelta giusta nel momento giusto.

ALFONSO. Non riesco a capire.

MARTA. Capirai. Non crearti problemi, la vita va presa così… mordere il frutto quando è maturo… né troppo presto né troppo tardi.

ALFONSO. Me la segno! Slogan per auto di grossa cilindrata. Non averla quando si è troppo giovani: potrebbe renderti la mano e portarti a sbattere contro il guardrail, ma nemmeno quando si è vecchi e i riflessi non son più tanto veloci. Brava! Vedi che, stando insieme possiamo fare grandi cose?

MARTA. Non ne ho mai dubitato.

ALFONSO. Sì, vedo già la stampa: un’auto, grossa, elegante, con il frontale aggressivo che esce da una mela… verde, matura. Ai lati, un ragazzo e un vecchietto che guardano con invidia.

Campanello. Marta esce e rientra subito con Guidetti.

SCENA 14 – ALFONSO – MARTA – GUIDETTI

MARTA. Venga, signor Guidetti. Come sta? Non ci vediamo ormai da un bel po’ di tempo

GUIDETTI. Devo dire che la trovo ancora più affascinante, con licenza di suo marito.

ALFONSO. La cortesia verso l’ospite fa parte della cultura di una brava padrona di casa. L’ospite deve adeguarsi e dire parole gentili… Vieni, Guidetti, ho da farti vedere un progetto che ti lascerà… incantato!

MARTA. Prima di correre questo pericolo, posso prepararle una tazza di tè, o preferisce un liquore?

GUIDETTI. Se proprio vuole disturbarsi, una tazza di tè la gradisco volentieri.

MARTA. Nessun disturbo. Vado a dare ordini. Con permesso. (Esce, rientrerà a tempo).

GUIDETTI. Allora, è pronto finalmente questo piano di lancio per i nuovi prodotti?

ALFONSO. Prontissimo e, non per vantarmi ma mi sembra riuscito molto bene.

GUIDETTI. Meno male. Sono clienti nuovi, vanno catturati! Sono cinesi, rappresentano una grossa fetta del mercato orientale. Bisogna entrarci, avremo lavoro assicurato per diversi anni! E soldi! Ne hanno parecchi, maneggiano pacchi di dollari come fossero noccioline!

ALFONSO. Caro Guidetti, prepara le valigie fin da ora! Ti piazzerai a Pechino, nel più alto grattacielo, un ufficio in tutto l’ultimo piano, per dominare la città, la Cina, l’Oriente!

MARTA. ( è rientrata). Chi va a Pechino?

GUIDETTI. Dovrei andarci io, secondo le intenzioni di suo marito…

MARTA. Fortunato mortale!

GUIDETTI. Dicono che Pechino sia una bellissima città. Tutta la Cina deve essere affascinante.

MARTA. L’Oriente! Il sole che sorge molto prima che sorga qui da noi…

ALFONSO. Tutte le nazioni hanno un’alba e un tramonto.

GUIDETTI. È vero, ma in Cina… Bene, vogliamo vedere il progetto di questa nuova campagna?

ALFONSO. Ok. Ecco qua! (Mostra il contenuto della cartella). Il primo impatto è dato da una pioggia… pioggia di carciofi, piselli, carote… scendono dal cielo, accompagnati da una musica di arpa e clavicembalo, cadono sulla terra e… rinascono: piante verdi con i frutti di diversi colori… e la musica, il risveglio della natura, arpa e violino. Tutta roba da farsi al computer, costerà pochissimo. Nel finale, poi, dovrà apparire una donna, vecchia, con la testa ben dritta che guarderà con amore ma anche con aria di sfida i prodotti del suo orto. Infine la panoramica con un bel cielo turchino, carico di stelle dorate e il logo, rosso vivo: l’orto di Nonna Agatina! Trenta secondi di successo! Lo garantisco!

GUIDETTI. Sì, mi sembra che possa andare. Questa è la bozza per gli affissi?

ALFONSO. Ogni angolo di ogni rione di ogni città italiana sarà ricoperto dalla simpatica vecchietta! Eh, che ne dici?

MARTA. Mi sembra che quel nome, Agatina, non sia molto cinese.

GUIDETTI. È vero. Bisognerà tradurlo. Come si dirà Agatina in cinese?

ALFONSO. A – Gat – Ina! Più o meno… Guarda questa immagine: Sun – A – Gat che calpesta scatole di medicinali. I prodotti dell’orto sono le migliori medicine!

GUIDETTI. Sun – A – Gat? Chi è?

ALFONSO. La solita vecchietta! Le troveremo un nome, non preoccuparti! Allora, ti piace? Oh, dico, bisognerà rivedere il capitolo compensi. Mi sembra una cosa eccezionale. Modestamente.

GUIDETTI. Hai ragione. È molto bello, ben congegnato: piacerà. In quanto al compenso, ci troveremo d’accordo, tu sai che non sto a lesinare sul centesimo, quando una cosa è valida.

ALFONSO. Veramente, io pensavo a qualcosa più di un centesimo.

GUIDETTI. Stai tranquillo! I cinesi pagheranno bene e tutti ci troveremo bene! Mi permetterò di omaggiare la signora con un piccolo regalo… con licenza di suo marito.

MARTA. Troppo buono. Non vedo l’ora di scartare il suo piccolo regalo.

GUIDETTI. Si dice piccolo, così per dire. Lasciamo indefinita la cosa.

ALFONSO. Intanto io studierò un nome adatto… che suoni cinese.

GUIDETTI. D’accordo. Prendo l’incartamento e vado a mostrarlo. (Si avvia all0uscita). Un momento. Al tempo! Nonna Agatina, l’orto delle delizie… il paradiso terrestre! I cinesi non trattano generi alimentari! Si occupano di strumenti elettronici, radio, telefoni, computer! E questo lo sapevi!

ALFONSO. Davvero? Lo sapevo? Dove ho messo quel foglio che mi avevi dato… sono desolato, caro Guidetti, forse ho fatto un po’ di confusione. C’è stato un po’ di trambusto in casa…

GUIDETTI. Ma, dico io, come si fa a sbagliare così? Lo capisci che sono rovinato!

ALFONSO. Si rimedia. Dammi ventiquattrore e cambio tutto. Vedo già: la vecchietta al computer che ciatta con tutto il mondo… dodici ore… Domani mattina ti faccio trovare tutto pronto.

GUIDETTI. No! Con me hai chiuso! Non farò una gran fatica a trovarmi un altro creativo!

ALFONSO. Dammi l’ultima possibilità.

GUIDETTI. Non ne voglio più sapere! Di te, dei tuoi disegni, dei tuoi spot! È finita! Addio! Signora, sono desolato ma, lei capisce…

MARTA. Certo. Le mogli sono sempre comprensive… Lei è sposato?

GUIDETTI. Sono solo e libero come una colomba o, se preferisce, come un’aquila.

MARTA. Un rapace con il candore di una colomba. Spero che ci incontreremo ancora…

GUIDETTI. Lo spero anch’io. Quel piccolo regalo… è ancora lì, chiuso nella sua scatolina, non aspetta che di essere aperto dalle tue manine delicate.

MARTA. Guidetti, non tentarmi… sono curiosa… e un po’ eccitata…

GUIDETTI. (Piano). Teniamoci in contatto. (Forte). Con licenza di tuo marito. Arrivederci. (Esce).

Breve scena silenziosa. Nessuno dei due sa cosa dire.

SCENA 15 – ALFONSO – MARTA – TEREWSKA

TEREWSKA. (Entra. Ha un vassoio con teiera e tazzine). È pronto il tè, signora… Il signor Guidetti non c’è?

MARTA. No, è andato via.

TEREWSKA. Torna, per prendere il tè?

MARTA. Non credo. Riporta in cucina questo vasellame.

TEREWSKA. Del tè, cosa devo fare?

MARTA. Devilo tu.

TEREWSKA. Oh, grazie. In terra di Polonia, sempre bevevo tè. Molto buono.

ALFONSO. Brava. Fanne un’indigestione!

TEREWSKA. Posso bere tutto? Grazie. Con permesso. (Esce).

ALFONSO. Finalmente… ci sarà una persona felice.

MARTA. Povero Alfonso, dovrai ricominciare tutto da capo, ma non abbatterti, ce la farai.

ALFONSO. Tu mi aiuterai?

MARTA. Vedremo… vedremo…